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RIFL RIFL (2014) vol. 8 n.

1: 62-66
DOI 10.4396/20140610
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modifica tutta la corporeità umana


(Lo Piparo, 2003). In effetti tutto il
Giorgio Agamben, Il fuoco e il pensiero antropologico di Agamben
racconto, Nottetempo 2014. (Kelly, 2007) prende le mosse da
questa premessa. Nella psicoanalisi
questa consapevolezza si riflette nella
distinzione fondamentale (senza la
quale non è possibile l’esistenza stessa
della psicoanalisi) fra “istinti” e
“pulsioni”, quelle che Lacan definisce
«l’eco nel corpo del fatto che ci sia un
Sì, stanno tornando.
Vengono a prenderci. dire» (Lacan, 2006, trad. it. 2006, p.
Sono gli animali. 16). La pulsione è quello che diventa
(Carlo D’Amicis, un istinto quando incontra il
Quando eravamo prede) linguaggio. Si pensi, per non fare che
un esempio ovvio, a cosa può
Sono molti i temi affrontati nell’ultimo diventare il comportamento di un
libro di Giorgio Agamben, Il fuoco e il animale quando è capace di pensare
racconto, ma quello principale è non solo quello che direttamente
quello dell’animalità umana. Una percepisce, ma anche a quello che non
animalità completamente sconosciuta vede (Virno, 2013). Un ‘pensiero’
e ancora tutta da pensare. In effetti come questo: “devo cercare tutti i fiori
sappiamo molto, o almeno crediamo che non sono blu” permette di cercare
di sapere molto dell’animalità non quello che non si vede, che forse non
umana, ma di quella dell’Homo si è mai visto, che è semplicemente
sapiens, in realtà, non sappiamo possibile. È la ‘fissità’ dell’istinto che
ancora nulla (Cimatti, 2013). Una subito si perde, quando incontra il
animalità che non è quella dell’istinto linguaggio. Un animale che prima
e del passato della specie umana (il ‘reagiva’ alla vista di uno stimolo
fantomatico EEA, Environment of ambientale, a cui rispondeva nel solo
Evolutionary Adaptedness di cui modo ‘cablato’ nel suo sistema
parla la psicologia evoluzionistica; cfr. nervoso, ora è in grado di prendere in
Cosmides, Tooby, 2013). In effetti c’è considerazione anche mosse
un equivoco, sulla faccenda della alternative, semplicemente perché –
istintività umana. L’istinto è un attraverso il pensiero linguistico – può
dispositivo adattativo innato che pensarle, può rappresentarsele, può
permette ad un organismo vivente di ‘vederle’.
rispondere ad un ‘problema’ La prima ‘vittima’ di un dispositivo del
ambientale; il punto di forza biologico genere è il corpo. Quando un animale
dell’istinto è che si tratta appunto di è in grado di pensare a sé stesso come
uno schema comportamentale innato, ad un “io” subito dopo penserà a sé
e relativamente fisso (Whalen, 1971). stesso come qualcosa di autonomo
Ora, ammessa l’esistenza nel corpo rispetto, appunto, al ‘proprio’ corpo (il
umano di dispositivi istintivi (non si dualismo è innato; Bloom, 2004). Il
capisce perché Homo sapiens passaggio dall’istinto alla pulsione è il
dovrebbe esserne privo, chi lo nega si passaggio da un movimento sempre in
dimentica che l’uomo è un presa diretta con il mondo ad un
mammifero, prima di tutto), il punto è rapporto sempre mediato: un’azione
che non c’è aspetto della corporeità (e istintiva è immediata. Un movimento
quindi della psicologia) umana che pulsionale è sempre il movimento di
non venga toccato dal linguaggio. un corpo che si rappresenta la propria
Agamben parte da questa azione, la pensa e la progetta. La
considerazione, in particolare in Il distinzione concettuale fra ‘soggetto’ e
linguaggio e la morte (1982) e ‘oggetto’ è possibile solo per un
nell’Aperto (2002). Il fatto di parlare animale che pensa sé stesso come ad

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un agente, come ad un “io”. E il primo stampa) che produce l’umano in


e fondamentale oggetto dell’“io” è il quanto umano, ossia in quanto corpo
‘proprio’ corpo (per questo Lacan, che dice di sé di essere un “io”. È la
correttamente, sostiene che l’animale soggettività ciò che qualifica il corpo
umano non è un corpo, bensì ha un dell’animale che parla. Ed è intorno
corpo; cfr. Miller, 2000, p. 23). alla soggettività che si gioca la partita
Provare allora a ragionare dell’animalità umana. Una soggettività
sull’animalità umana significa è un corpo che delimita il proprio
prendere in considerazione, intanto, la spazio, è un corpo che traccia confini,
peculiare biologia dell’Homo sapiens, un corpo che deve proteggersi e
una biologia pulsionale e non istintiva, distinguersi dagli altri corpi. Come
fatta di parole quanto di muscoli e non c’è proprietà privata senza
sangue, di “negazione” e di percezione. soggettività, così non c’è Stato senza
Per questo l’animalità di cui scrive soggettività. Da questo punto di vista
Agamben è tutta da pensare, è una chi pensa che per risolvere
animalità che verrà, non una l’incombente crisi ecologica planetaria
condizione che sia già stata. E per basti la decrescita o la moderazione
cominciare a pensarla, occorre dei consumi, non ha compreso che il
mettere a fuoco il linguaggio umano. problema non è l’avidità del capitale,
In effetti è soprattutto di questo che si bensì quella intrinseca ad ogni “io”. È
occupa Il fuoco e il racconto. Il tema “io” che per sopravvivere – in quanto
dell’animalità è la faccia nascosta di “io”, non in quanto semplice corpo
quello del linguaggio. Homo sapiens, vivente – ha bisogno della proprietà
nonostante tutte le somiglianze che lo privata, della polizia e dei tribunali,
avvicinano al resto del mondo della carta di credito e delle impronte
animale, è prima di tutto e soprattutto digitali: «ciò significa» – scrive
l’animale che parla, l’animale del Agamben – «che ciò che unisce la
linguaggio. Preveniamo subito la colpa e la pena non è altro che il
consueta obiezione: molti altri animali linguaggio» (Agamben, 2014, p. 22).
dispongono di sistemi complicati e La colpa è quella di essere diventato
complessi di segni, molti animali sono una soggettività, e quindi di essersi
capaci di comunicare. È vero, in realtà separato dal corpo e dal mondo; la
non c’è vita senza comunicazione. Il pena è quella che non può non colpire
punto è che la facoltà del linguaggio una soggettività separata e autonoma,
umana, nonostante il luogo comune, che non può non entrare in conflitto
non serve alla comunicazione, anche con il suo ambiente, perché la guerra
se la comunicazione è una funzione comincia con il gesto che traccia la
importante delle lingue (Hauser et al. prima linea di frontiera:
2014).
In realtà il linguaggio, propriamente, avere pronunciato la formula
non serve, perché non è uno rituale è irrevocabile, così
strumento, cioè non è qualcosa che sia come per il vivente che un
stato progettato per uno scopo giorno, non si sa come e
perché, ha cominciato a
determinato. Il fatto incontestabile è
parlare, aver parlato, essere
che gli animali umani parlano. In entrato nella lingua è
questo libro Agamben esplora in irrecusabile. Il mistero della
dettaglio le conseguenze e i possibili colpa e della pena è, cioè, il
esiti di questo dato di fatto biologico. mistero del linguaggio
Nel libro L’aperto. L’uomo e l’animale (Ibidem).
Agamben presentava la «macchina
antropogenica», il dispositivo (che Il linguaggio è un «mistero» perché i
corrisponde a quella che per Chomsky suoi effetti si estendono ben oltre le
è la caratteristica definitoria del sue (eventuali) funzioni adattative
linguaggio umano, l’«infinità (Pennisi, Falzone, 2010). In effetti, se
discreta»; cfr. Cimatti, in corso di prendiamo in considerazione tutti i

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fenomeni distruttivi tipici della nostra vivente che si ponga al di là del


specie (che cominciano proprio con il linguaggio (perché è il linguaggio
dispositivo logico della negazione), è all’origine di questa distinzione). Per
abbastanza conseguente interpretare questa ragione è l’animalità umana ciò
quella che Freud chiama «pulsione di di cui si occupa questo libro. Si tratta
morte» (Freud, 1921) come di animalità perché ha in comune, con
l’equivalente pulsionale della «facoltà gli animali non umani, la mancanza di
del linguaggio». Ecco allora perché, una soggettività individuata; è una
continua Agamben, «la pena che animalità umana perché è una
l’uomo sconta, il processo che da condizione che si potrà raggiungere
quarantamila anni – cioè da quando solo a partire dal corpo dell’animale
ha cominciato a parlare – è sempre in già segnato dal linguaggio, e quindi
corso contro di lui non è altro che la già soggettivato. In questo senso è
parola stessa» (Ibidem). Perché il molto forte la vicinanza fra queste
linguaggio è molto di più che uno pagine di Agamben e quelle di Jacques
strumento di comunicazione: perché il Lacan, in particolare quello degli
linguaggio modifica il corpo umano, lo ultimi seminari, a partire almeno dal
trasforma in qualcosa di diverso da Seminario XXIII, dedicato a Joyce.
quello che era prima che acquisisse Quel Lacan si pone una domanda
questa capacità: «prendere il nome» – molto simile a questa di Agamben: che
continua Agamben – «nominare sé corpo è quello di chi esce dalla analisi,
stessi e le cose significa potersi e ossia il corpo di chi ha attraversato il
poterle conoscere e padroneggiare; ma linguaggio (la psicoanalisi è una
significa, insieme, sottomettersi alle talking cure)? La risposta di Agamben
potenze della colpa e del diritto» è tutta intorno allo speciale statuto
(Ibidem). Nel momento stesso in cui della poesia. L’animalità umana è
un “io” – cioè appunto un corpo che comunque una animalità di un corpo
nomina sé stesso, che si divide in due, segnato dal linguaggio. Si diventa
un padrone ed uno schiavo, un “io” e umani entrando nel linguaggio, ossia
un corpo al suo servizio – dice che una non c’è umanità non linguisticizzata.
cosa è sua, in quello stesso momento In questo senso l’animalità umana
sorge la possibilità, e di fatto la non è nella ‘natura’ o nell’incontro con
necessità, del conflitto. Che vuol dire gli animali, come se fosse possibile
che questa terra è tua? In che senso privarsi con un atto di volontà (cioè un
questo frutto sarebbe tuo? Che atto dell’“io”, ossia del linguaggio)
significa che qualcosa appartiene a della propria stessa umanità. Si tratta,
qualcuno? Perché non posso invece, di scorgere nel linguaggio un
attraversare la tua terra? Perché, se ho uso non comunicativo né cognitivo
sete, non posso bere quest’acqua che che lo ponga al di là, questa volta, non
tu dici che ti appartiene? Perché, se ho della «pulsione di vita» bensì della
fame, non posso mangiare questa «pulsione di morte» che lo ha abitato
mela che tu dici essere tua? Tutto fin qui. Qui è importante distinguere
questo ha a che fare non tanto con il un uso «inoperoso» del linguaggio da
capitalismo, con l’ecologia, o tanto tutti i suoi altri usi funzionali e
meno con il diritto, bensì con comunicativi: si tratta di raggiungere,
l’antropologia, e quindi – seguendo le come capita al poeta, «questa zona
analisi di questo libro – con il impersonale di indifferenza, in cui
linguaggio. Perché senza linguaggio ogni nome proprio, ogni diritto
non ci sarebbe “io”, non ci sarebbe d’autore e ogni pretesa di originalità
Homo sapiens né proprietà privata. vengono meno» (Ivi, p. 40).
Ecco perché, allora, il tema del Il Al contrario, un qualunque enunciato
fuoco e il racconto è come pensare linguistico, seguendo Chomsky, è una
«l’abbandono del dispositivo sequenza di parole che si può
soggetto/oggetto» (Ivi, p. 54), cioè estendere indefinitamente. Prendiamo
appunto come immaginare un essere un esempio banale, l’enunciato Maria

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mangia la mela; basta incassare in sé stessa, contempla la sua


un’altra proposizione e subito diventa potenza di dire? (Ivi, p. 59).
Maria, che abita vicino al Comune,
mangia la mela, che poi diventa Quando il linguaggio diventa poesia
Maria, che abita vicino al Comune, non c’è più bisogno di soggettività e
quel vecchio palazzo con le persiane “io”, proprio perché la poesia non è al
scrostate, mangia la mela, e così via. servizio di nessun potere, di nessuno
Il dispositivo linguistico, di per sé, Stato, perché non esiste più proprietà
potrebbe non arrestarsi mai, si ferma privata quando la poesia scende in
solo perché il corpo umano non ce la campo. L’animalità umana, allora, è
fa a stare dietro alla sua potenza quella formata dalla poesia, una
sintattica, e finisce presto per animalità fatta di «viventi anonimi»
stancarsi. È questa la forza maligna (Ivi, p. 142), cioè appunto senza “io”.
del linguaggio (quella che, come Solo allora, conclude Agamben, gli
abbiamo visto, Freud chiamava esseri umani saranno capaci di
«pulsione di morte»), che è anche «costituire la loro vita come forma-di-
quella algoritmica e incontrollabile del vita» (Ivi, p. 141), cioè una vita che
capitalismo finanziario, che in fondo vive di sé (che è forma di sé stessa),
non è che un unico infinito enunciato che non ha bisogno di cose, che non sa
che vive di vita propria (si pensi agli che farsene del Pil e dello spread, del
sguardi pieni di devozione con cui i denaro e dei reticolati. Nel passaggio
cosiddetti esperti economici da una vita a una «forma-di-vita» è
contemplano gli schermi con le contenuto il senso del movimento
quotazioni di borsa, fra l’altro ormai verso l’animalità umana. Una vita
quasi del tutto automatiche. Non è umana non può essere che una vita
esattamente lo stesso sguardo del che sia passata attraverso il filtro della
pellegrino in estasi di fronte alla soggettività e del linguaggio, e quindi
statua della Madonna che sanguina?). del dualismo fra soggetto e oggetto
Un dispositivo di cui scontiamo le (appena sorge “io” ha bisogno di
conseguenze senza trovare modo di qualcosa, un “oggetto” contro cui
fermarlo, e nemmeno di scagliarsi, senza del quale non sa chi è,
comprenderlo (per tutti quelli che non ha alcuna identità; senza
pensano si possa distinguere “oggetto” non c’è nemmeno più “io”).
l’economia reale da quella finanziaria; Questo dualismo produce tutte le
il capitalismo è esattamente questa coppie che segnano l’esistenza umana,
forza semiotica; cfr. Marazzi, 2002). da quella fra “io” e “tu”, a quella fra
Cos’è, invece, la poesia? È appunto “immanenza” e “trascendenza”. Per
una entità linguistica che tuttavia non fermare questa macchina che produce
ha bisogno di altre parole, al contrario distinzioni e conflitto, occorre
una poesia arresta il movimento del disinnescare il «dispositivo»
linguaggio. La poesia non si biolinguistico che li ‘genera’ (nel senso
interpreta, cioè non si trasforma in tecnico della grammatica generativa;
altre parole (come il denaro in cfr. Graffi, 2008), il linguaggio.
interessi), la poesia si prende per quel Questo sabotaggio linguistico interno
che è, semplicemente: alla stessa facoltà del linguaggio è la
poesia. Nella poesia il linguaggio
cos’è, infatti, la poesia, se non diventa inoperoso, diventa appunto
un’operazione nel linguaggio, forma. La poesia è una «forma-di-
che ne disattiva e rende vita», ossia è una forma che diventa
inoperose le funzioni vita, diventa la nostra carne. Una
comunicative e informative, carne che, a questo punto, conserverà,
per aprirle a un nuovo, della poesia, i suoi tratti essenziali:
possibile uso? O, nei termini
impersonalità e musicalità (ancora
di Spinoza, il punto in cui la
lingua, che ha disattivato le una volta troviamo un riferimento
sue funzioni utilitarie, riposa implicito alla psicoanalisi lacaniana; la

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«forma-di-vita» di Agamben è molto pensatore – e, in generale,


vicina alla «lalingua» di cui parla chiunque pratichi un’“arte” e
Lacan nel Seminario XX, che tutt’altro un’attività – non sono i
dalla lingua asservita alla soggetti sovrani titolari di
un’operazione creatrice e di
comunicazione e al dialogo, che è
un’opera; sono, piuttosto, dei
invece una «elucubrazione di sapere viventi anonimi che,
su lalingua»; Lacan, 2010, p. 139). A contemplando e rendendo
questo punto, dopo questo passaggio, ogni volta inoperose le opere
la «forma-di-vita» sarà del linguaggio, della visione e
semplicemente una vita (Deleuze, dei corpi, cercano di fare
1995). Ecco perché il tema di Il fuoco e esperienza di sé e di
il racconto è l’animalità umana; mantenersi in relazione con
perché quando il linguaggio diventa una potenza, cioè di
poesia l’umano si colloca oltre la costituire la loro vita come
forma-di-vita (Agamben,
soggettività linguistica, oltre “io”, oltre
2014, pp. 141-142).
la «pulsione di morte». In questo
senso il concetto di “animalità umana”
e di “immanenza” finiscono per
coincidere (Cimatti, 2013). Felice Cimatti
L’animalità umana è la condizione che Università della Calabria
si vive quando si è disinnescata la felice.cimatti@gmail.com
«macchina antropogenica» del
linguaggio. Nella poesia in quanto
«forma-di-vita» non c’è né senso né
trascendenza, c’è soltanto una vita,
come diceva Deleuze, ossia appunto
soltanto e finalmente immanenza;
quella della poesia è infatti una voce
che la «sua [del corpo] voce» –
coincide cioè con il corpo, è diventata
una «forma-di-vita» – «così come il
canto è la voce degli uccelli, il frinito la
voce della cicala e il raglio è la voce
dell’asino» (Agamben, 2005, p. 90). Il
corpo è passato per il linguaggio, e lo
ha infine decantato in poesia:

veramente poetica è quella


forma di vita che, nella
propria opera, contempla la
propria potenza di fare e di
non fare e trova pace in essa.
Un vivente non può mai
essere definito dalla sua
opera, ma soltanto dalla sua
inoperosità, cioè dal modo in
cui, mantenendosi, in
un’opera, in relazione con
una pura potenza, si
costituisce come forma-di-
vita, in cui in questione non
sono più né la vita né l’opera,
ma la felicità. La forma-di-
vita è il punto in cui il lavoro
a un’opera e il lavoro su di sé
coincidono perfettamente. E
il pittore, il poeta, il

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