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Buddismo e Società n.

95 - novembre dicembre 2002

Speciale La Soka Gakkai oggi

Un dialogo sul ruolo sociale della religione

Organizzazione: mezzo o fine?


di Daisaku Ikeda e Bryan Wilson

Riproponiamo alcuni brani tratti dal libro Human Values in a


Changing World, un dialogo tra Bryan Wilson, sociologo delle
religioni, e Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai
internazionale.

Ikeda: Alcuni pensano che l�organizzazione sia l�opposto della vera


fede religiosa. È impossibile negare che grandi e potenti strutture
religiose spesso operino per la loro prosperità a spese delle esigenze e
dei diritti dei singoli membri. Le organizzazioni religiose che si sviluppano
in questo modo tradiscono gli obiettivi per i quali sono nate.
Nondimeno l�organizzazione è necessaria. Sebbene alcune persone con
una ferma convinzione possano da sole mantenere la fede nonostante le
difficoltà, la maggior parte della gente è troppo debole per emulare
individui così forti, e ha bisogno del supporto che offre una religione
organizzata. [�]

Wilson: [�] Le strutture organizzative che richiede una religione non sono
come quelle richieste, ad esempio, da una struttura sanitaria o da
un�attività sportiva. [...] La religione non può essere gestita come una
questione di affari. Non c�è alcun livello di produttività che possa essere
stabilito con criteri strettamente razionali. Quindi certe tecniche rilevanti
per le imprese � che possono essere fatte funzionare secondo valori
strettamente strumentali e pragmatici � non possono essere adattate alle
necessità della religione, perché questa è strettamente connessa
all�intrinseca qualità della vita, che va oltre le misure quantitative. [...]
Come lei ha giustamente detto, le organizzazioni possono sovvertire i fini
del sistema spirituale per il quale sono state fondate. I sociologi
definiscono tale processo �rimozione dell�obiettivo� � gli scopi religiosi
originali vengono oscurati dalla preoccupazione di mantenere

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un�organizzazione ben funzionante per quanto riguarda le tecniche, le
procedure e l�efficacia. Le questioni puramente procedurali possono
essere spinte così all�estremo che l�originaria purezza della verità
religiosa non è più considerata il fine per il quale era nata
l�organizzazione. L�organizzazione continua quindi a vivere per se
stessa e non per gli obiettivi per i quali era stata istituita.
Chiaramente le tecniche moderne di organizzazione e il coordinamento
razionale degli sforzi diventano indispensabili per i movimenti religiosi,
così come per tutte le altre iniziative che cercano di mantenere una
presenza sociale o internazionale nel mondo moderno. D�altra parte, tali
tecniche e procedure devono essere sempre considerate solo dei mezzi
verso obiettivi che vanno oltre il sistema razionale dell�organizzazione
stessa, e tali obiettivi devono continuare a ispirare e purificare la mente
dei fedeli. I cosiddetti �tecnici� talvolta perdono di vista il fine per il
quale la tecnica viene utilizzata; alle persone interessate agli obiettivi
fondamentali talvolta va ricordata l�utilità della �tecnica�. Data la diffusa
tendenza, nel mondo contemporaneo, a sovvertire i valori assoluti e
sostanziali con valori puramente strumentali e procedurali, bisognerebbe
forse sottolineare il fatto che lo sviluppo di un�organizzazione elaborata
all�interno di un movimento religioso richiede una costante vigilanza
affinché i mezzi non sovvertano i fini.

Ikeda: Sono assolutamente d�accordo sul fatto che il vero pericolo è


enfatizzare i mezzi e trascurare i fini. [...]

Ikeda: [...] Per garantire il funzionamento efficiente delle attività di


un�organizzazione possono essere necessarie strutture di tipo
gerarchico e l�uso di una certa autorità, ma allo stesso tempo vanno
prese anche delle precauzioni che ne evitino l�abuso.
Secondo me uno dei sistemi che permettono di sfruttare al meglio i
vantaggi di un�organizzazione, minimizzando al tempo stesso i rischi
insiti nell�esercizio dell�autorità, è una decentralizzazione che garantisca
la massima autonomia ai singoli nuclei.
[...] Sfortunatamente, però, le organizzazioni, crescendo, diventano
sempre più centralizzate e in esse l�individuo viene ad assumere la
funzione di un mero ingranaggio di una macchina più grande, in cui gli
aspetti della personalità non direttamente pertinenti con il suo ruolo
vengono ignorati o eliminati. In organizzazioni più piccole, invece, specie

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regionali o urbane, i membri di ogni livello di autorità tendono a
socializzare di più e a fare esperienze insieme, creando maggiori
occasioni di incontro e riducendo in tal modo i rischi di autoritarismo e di
isolamento dalla società. [...] È per questa ragione che nella Soka Gakkai
io cerco di ridurre al minimo la centralizzazione dell�autorità, dando
massima autonomia ai nuclei regionali. [...]

Democrazia

Ikeda: [...] Chi nutre convinzioni religiose è, come chiunque altro, figlio
del suo tempo. Nel cercare modelli di organizzazione per le proprie
attività, dovrebbe perciò scegliere quelli che gli sono più familiari, come i
primi cristiani costruirono la loro Chiesa sul modello dell�Impero romano.
[...] Una religione può seguire le tradizioni esistenti senza perdere di vista
i suoi scopi fondamentali. Nella Soka Gakkai fino a poco tempo fa
avevamo adottato il tradizionale schema piramidale ma, in accordo con il
fondamentale principio buddista dell�eguaglianza e parallelamente alle
più recenti tendenze affermatesi nella società giapponese, specie fra i
giovani, abbiamo iniziato un processo di cambiamento verso un sistema
organizzativo circolare, che garantisca eguaglianza e solidarietà. Non
vogliamo però imporre alle organizzazioni della Soka Gakkai di altri paesi
la nostra stessa tendenza: ogni popolo e ogni nazione ha tradizioni e usi
diversi che si devono riflettere nelle organizzazioni religiose locali. Credo
che, nei tentativi di trovare sistemi che si adattino ai bisogni locali, la
flessibilità costituisca l�approccio più efficace, tenendo salda la
correttezza delle interpretazioni e delle spiegazioni delle dottrine di base
e aprendo al maggior numero di membri la partecipazione al controllo
organizzativo.

Wilson: [...] Una religione moderna deve trovare il proprio equilibrio


organizzativo a metà fra i due opposti del �quietismo congregazionale� e
dell��efficienza burocratica�.

Ikeda: [...] In termini leggermente diversi questo implica la necessità che


un�organizzazione garantisca a ogni membro la partecipazione a ogni
fase del proprio lavoro in completa indipendenza, assicurando allo
stesso tempo un nucleo di persone autorevoli in grado di esporre le
dottrine della fede in modo corretto e che i membri accettino

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incondizionatamente. Questa autorità non deve derivare dal mero
esercizio del potere o della formalità, ma dalla capacità di convincere e di
diradare i dubbi in merito religioso. Sottolineo ancora l�importanza della
flessibilità: per poter davvero funzionare in modo efficace in ogni
possibile circostanza, un�organizzazione religiosa deve combinare nella
giusta proporzione, e a seconda delle circostanze, una struttura
autoritaria piramidale con una egualitaria circolare.[...]

Autoritarismo

Ikeda:L�esercizio dell�autoritarismo nelle organizzazioni religiose può


soffocare il libero dibattito e il pensiero creativo, portando a un
indebolimento della fede e alla sua totale devitalizzazione. Tutto il genere
umano subisce una perdita quando una fede religiosa di grande qualità e
vitalità viene danneggiata in questo modo. Qual è la sua interpretazione
sulle origini dell�autoritarismo religioso e quali sono i suoi suggerimenti
per combatterlo?

Wilson: [...] L�autoritarismo in campo religioso sembra nascere perché le


persone richiedono certezze sulle verità religiose fondamentali.
Considerano gli insegnamenti devianti o contraddittori come ingannevoli
e minacciosi, perché possono portare alla perdizione, e chiedono quindi
di sopprimere l�eresia e la falsa dottrina. La gente vuole che l�autorità
religiosa sia pienamente legittimata e senza rivali: l�autorità
sovrannaturale è quella che più di ogni altra ha queste caratteristiche. [...]

Ikeda:Sono anch�io d�accordo sul fatto che l�autoritarismo non sia


solamente imposto dall�alto, ma che possa essere sostenuto e forse
anche generato dal basso, da ciò che lei definisce una richiesta di
certezze e di modi autoritari di imposizione di direttive. Comunque,
seppure una parte del gruppo può gradire la sottomissione, c�è
senz�altro un�altra parte che si oppone violentemente a essa. Forzare
tali persone a piegarsi all�autorità equivale ad assoggettarle a una
schiavitù disumana, e questo non deve esseretollerato. Di conseguenza
io credo che dobbiamo insegnare ai membri di tali organizzazioni ad
avere un occhio critico, a capire che aver piacere a essere sottomessi
alla volontà altrui produce un danno a se stessi. Dobbiamo
costantemente vigilare per prevenire i richiami all�autoritarismo ai quali i

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gruppi religiosi, come lei ha suggerito, sono più vulnerabili di altre
organizzazioni. Essere consapevoli di ciò e apportare i necessari
cambiamenti al comportamento individuale e alla struttura organizzativa
è la chiave per la creazione di gruppi religiosi con una vitalità duratura.

Wilson: L�eliminazione delle tendenze autoritarie è più difficile nei


movimenti religiosi che in altri ambiti. Chiaramente lo sviluppo dello
spirito critico, che può essere incoraggiato, ad esempio, in un contesto
puramente intellettuale può, in un movimento religioso, operare contro
l�armonia, perché in tali gruppi l�unità di intenti e l�impegno comune
sono considerati elementi preziosi in se stessi. Forse l�autoritarismo può
essere frenato soltanto se i responsabili di ogni livello capiscono che
devono favorire la partecipazione e il confronto con le persone che
occupano il livello sottostante. La diffusione della responsabilità è in se
stessa un modo per prevenire lo sviluppo di tendenze autoritarie. L�idea
che ogni individuo abbia un suo contributo da dare, non semplicemente
seguendo le direttive ma anche in modi che richiedono iniziativa,
favorisce la differenziazione delle attività impedendo la formazione di una
struttura tipicamente autoritaria � controllo unificato e risposta
prefabbricata della massa. I responsabili, a volte, devono rifiutarsi di
guidare: possono proporre discussioni, richiedere suggerimenti e
partecipazione. Possono indicare ai seguaci le questioni che implicano
discrezionalità e scelta personale, definendo la fede semplicemente
come il contesto in cui operare tali scelte. Ci sono comunque dei pericoli
in tale linea d�azione. Possono venire alla luce fratture che prima erano
nascoste. Tale rischio può essere corso solo se c�è già una fiducia di
base e una profonda comprensione della condivisione di responsabilità.
Quando un tale impegno diventa comune, e quando i membri hanno già
un forte senso di sostegno reciproco, l�utilizzo dell�esperienza
individuale e delle competenze personali come talenti complementari per
il bene di tutti è forse una tecnica per prevenire un flusso di informazione
e di insegnamento a senso unico, che ha spesso conseguenze
autoritarie.

Ikeda: Lei sta colpendo nel segno quando afferma che è possibile
scoraggiare l�autoritarismo nella religione se i responsabili favoriscono la
partecipazione e l�interazione delle persone del livello sottostante,
permettendo a ogni individuo di dare il suo peculiare contributo. Sono

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inoltre d�accordo sul fatto che l�impiego dell�esperienza individuale e
delle capacità personali per il bene di tutti sia un�utile strategia per
contrastare l�autoritarismo.
[�] I buddisti credono che gli insegnamenti contengano indicazioni dirette
e indirette su tutte le principali questioni di fede, e che gli argomenti non
contenuti nelle dottrine siano insignificanti dal punto di vista strettamente
religioso. In questo contesto, le diverse interpretazioni sono considerate
naturali e facili da accettare come la varietà dell�aspetto e della
personalità degli esseri umani.
I buddisti � inoltre � hanno spesso stimolato dibattiti e discussioni tra
scuole che interpretavano gli insegnamenti da punti di vista diversi. In
Cina e in Giappone chi perdeva nel dibattito religioso accettava
l�interpretazione del vincitore; rappresentanti dell�autorità secolare
presenziavano alle discussioni per assicurarsi che tutto avvenisse in
maniera corretta.
Non vorrei dare l�impressione che l�autoritarismo non abbia mai avuto
luogo nel Buddismo, anzi. Comunque i buddisti hanno, io credo, dato
maggior priorità agli insegnamenti, alla saggezza e alla morale da essi
derivate, piuttosto che ai singoli interpreti, che possono tendere a
divenire autoritari. I pochi casi in cui ciò è avvenuto, con dimostrazioni di
venerazione nei confronti di singoli individui, sono eccezioni alla regola.

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