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A'.N~~A&J. ClfIUPlJNGCO
II
LlttJPg/a fondamentale
PONTIFICIO ISTITUTO LITURGICO
SANT'ANSELMO
SCIENTIA
LITURGICA
Manuale di Liturgia
Direzione di
ANSCARJ.CHUPUNGCO
II
Liturgia fondamentale
O>p~ina: Swdio Aemm-c
I Edizione 199a
·~ 199& E.DIZIONI PIEMME Spa.
150>3 Cnsalc Monkrrato (AL> - Via dcl Carmine, 5
Td. 0142/}361 - Fa." 0142/74223
Stampa: arti grafiche TSG s.rJ., Via Mazzini 4, 14100 ASTI - Tel. 0141/598516
· Autori
AtrrORI 5
PRESENTAZIONE
Anscizr]. Chupungco
PRESENTAZIONE 7
munità della Chiesa. TI terzo aspetto epistemologico affronta la
quCstione della spiritualità. La liturgia è la fonte e il culmine della
vità cristiana-; infatti la sua celebrazione è la forma fondamentale
della spirìtwdifa. Un'intensa spirituali}à;· assieme alla glorificazio-
ne di Dio, è il fine ultimo delle celebrazioni litutgiche. Quarto
~tto è il rapporto tra liturgia e pastorale. La liturgia non viene
celebrata nel vuoto ma nella realtà quotidiana dell'assemblea. Vat-
te!lzione alle necessità pastorali della comunità cultuale deriva
d~a pt-0fonda cons{lpevolezza che si celebra la lirurgia nell'inte-
resse del popolo. Per essere efficace la liturgia deve essere pasto-
rale. Infine, per favorire la partecipazione attiva alla liturgia non
vi è strumento migliote della catechesi.
Dopo r episteln0logia in questo voll.ime si passa ad esaminare
la celebrazione liturgica. Anche questa sezione consiste in quat-
tro:.aspetti. Il primo riguarda l'ecclesiologia liturgka. La liturgia è
un'azione non solo di Cristo ma anche della Chiesa che egli asso-
cia ·seD!JPre a sé nell':opera della redenzione. È la Chiesa, la comu-
nità d·et fedeli, che celeb:ra·Ja liturgia e .per conto della quale i
ministri presiedono o assistono la celehrazione. Le celebrazioni
liturgiche sono sempre un evento ecclesiale. Il secondo aspetto
riguarda l'assemblea liturgica. La riforma conciliare pòne l'accen-
to sul carattere -comunitario della. liturgia reso evidente <lall'assem-
blea che si riums-ce. Nella liturgia lassemblea diventa la realtà,
presente hic et nunc, della Chiesa nel culto. Terzo aspetto è la '"
partecipazione attiva che è il fine principale della riforma conci-
liare. Sì evidenzia l'uso della lingua locale, la revisione e la sem-
plificazione dei riti, la catechesi liturgica e l'inculturazione. Quar-
to aspetto è là ministerialità liturgica. !1assemblea tle-v.e essere
guidata da ministri, ordinati o laici, che esprimano perciò r auten-
tico significato della gerarchia, dell'ordine e del servizio cristiano.
Nella sezione finale di questo volume viene esamillata la rela-
.zione della liturgia con le scienze u~ane. 'Dal momento che la li-
turgfa.~è un'azione rituale, il suo studio riguarda tutto ciò che vie-
nè indicato ·con la parola «rito». Il rito .denota aspetti psicosocio-
logici e antropologici ed è regolato dai lòro principi. Ecco perché
la liturgia, che rientra nella categoria del cito, deve essere esami-
nata. nel contesto degli esseri wnanì, del 1oro genio culturale, del-
le loro caratteristiche .soci-ali e tradizioni. Inoltre, il rito viene
8 PRESENTAZIONE
espresso e forgiato dal linguaggio dell'uomo. Qui la parola <<lin-
guaggio» comprende non solo le parole pronunziate o scritte ma
anche il simbolismo della gestualità. Perciò la liturgia, essendo un
rito è un fenomeno linguistico. Il rito assume anche f-0rme artisti-
che affinché si manifesti la bellezza e la nobiltà del ·s uo contenuto
o messaggio. La liturgia ha sempre cercato di abhellire il suo
messaggio divino dal punto di vista visivo e uditivo.~ non solo per
riguardo a Dio, ma anche per l'assemblea. Infine, il rit-0 si innesta
nei valori, nei modelli, nelle istituzioni -culturali di particolari
gruppi. La liturgia in quanto rito è una fusione di culture diffe-
renti che sono per la maggior parte estranee a molte assemblee in
varie parti del mondo. E un problema che viene affrontato me-
diante l'inculturazione.
ABBREVIAZIONI PRINCIPALI
ABBREVIAZIONI PRINClPALI 11
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DSp Dictùmnaire de SpiritUll/ité, Ascéti'que et MystÌ4ue, Paris 1932 ss.
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di R. Kaczynski, Torino 1976.
EDIL2 Enchiridi011 Documentorum lnst1Juralionis Liturgicae II (4.12.1973-
. 4.,12.1983} a cura di R KaczynSki, Ròma 1988.
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FCh Fontes Christiani, Freiburg.
POP Faith. and Order Paper, Geneva, WorJd Council of Churches Publications.
FS Festsehrift.
GCS Dic gciechischen christlichcn Schriftstelkr der ersten drei Jahrhunderte,
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GeV Soaamentarium Gelasianum Vetus.
GrH Sacramentartum Greg&rianum H4driamtm.
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1GMR Institutio ·Ge-n-eralis Missaiis R0111ani [General Instruction of the Roman
'Missnll (EDILl, 1381-1756, pp. 469-546; DOL 1376-1731, pp. 465-533).
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12 ABBREVIAZIONI PRINCIPALI
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renze-Venezia 1757-1798, rist. e cont. L. Petit-J.B. Martin, 53 voll. in
60, Paris 1889-1927, rist. ·Graz 1960 ss.
MD La Maison-Dieu, Paris 1945 ss.
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MGH Monumenta Germaniae Historica, Berlin 1826 ss.
MHS Monumenta Hispaniae Sacra, Madrid 1946 ss.
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Ponl. Max. iussu editum (varie edizioni. Per es. MissaleRomanum ex decre-
to Sacrosancti Conci/ii Tridentini restitutum Summorum Ponti/iaim cura
recognitum, Editio XIX iuxta typicam, Torino-Roma 1961).
MR1975 Missale R.mnanum ex decretoSacrosancti Oecumenici Condlii Vaticani Il in-
stauratum .auctoritate Pauli Pp. VI p1'<>1'11Ulgatum, Editlo typka altera,
Città del Vaticano 1975.
MS Medieval Studies, Tor-0nto-London 1938 ss.
MuS Musicam Sacram {EDILI 733-801, .PP· 275-291; DOL 4122·4190,
pp. 1293-1306).
NBA Nuova Biblioteca Agostiniana, Roma.
NDL Nuovo Dizionario di Liturgia, a cura di D. Sartore -A.M. Triacca, Roma 1984.
NHL Neues Handbuch der Litet'aturwissenschaft, a cura di LJ. Engels - H. Hof-
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OBP Rituale Romanum. Ordo baptismi parz>u/orum, Città del Variamo 1%~. 19732 •
OCA Orientalia Christiana Aruùecta, Roma 1935 ss.
OCP Orientalia Chrisùana Periodica, Roma 1935 ss.
ODEA Pontificale Romanum. Orde dedicati'onis ~cclesiae et .altarir, Ottà dd Vati-
cano 1977.
Oe Rituale Romanum. Ordo ·exsequiarum, Città dcl Vatincaoo 1%9.
ÒICA Rituale Romanum. Orda initil:ztionis cbristianae adultorum, Città dd Vati-
cano 1972; ed. rev. 1974.
OLM Ordo Lectionum Missae, Editio typica altera [Lectionary for Mass: Intro-
duction (2nd ed.)} (EDil.2 4057-4181, pp. 337-370; LD, pp. 135-176).
ABBREVIAZIONI PRINCIPALI 13
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OPR RitualeR.omanum. .Ordo professioni:; religiosae, Città dd Vaticano 1970;
ed. re.v. 197:5.
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Monasrique Revue de Liturgie et Monastique, Maredsous 1911-1940.
RG Revue Grégorienne1 Paris 1911 ss.
RHE Revue d'Histoire Ecdésiastique, Louv.ain 1900 ss.
Righetti Manuale di storia liturgica, voli. 1-4, Milano 1949-1955.
RL Rivista Liturgic;a, Pr.aglia-Finalpia 1914 ss.
RSPT Rev.ue des Sciences Philosophiques et Tbéologiques, Paris 1907 ss.
RSR Recberches de Science .Religieuse. PMÌ!l 1910 ss.
SA Studia Anselmiana, Roma 1933 ss.
SAEMO Sancti Ambrosii Episcopi Mediolanensis Opera.
SCA Studies in Christian Antiquiry. Wa5hington 1941 ss.
ScC Scuola Cattolica, Milano 1873 ss.
SCh Sources Chrétienoes, Paris 1941 ss.
SE Sacris Erudiri, Steenbrugge 1948 ss.
SF Spicilegium Friburgense, Freiburg 1957.
SFS Spicilegii Friburgensis Subsidia.
SL Studia Liturgica, Rotterdam 1962.
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StudPat Studia Patavina, Padova 1954.
ThS Theological Studies, W-00dstock 1940 ss.
TQ Theologische Quartalschrift, Tubiogen 1819 ss.
TRE Theclogische Realem.ylelopiidie, Berlin 1947 ss.
TS Typologie des sources du moyen age occidental.
1Tl Trierer Theologische Zeitschrift, Trier 1947 ss.
TIJ Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen Li-
·teratur, Berlin 1882 ss.
TuA Texte und Arbeiten, Beuron 1917 ss.
ve Vigiliae Christianae, Amsterdam 1947 ss.
Ve Sacramentarium Veronense.
VtSpi Vie Spirituelle, Paris 1947 ss.
WUNT W.asseoschaftliche Untersuchungcn zum Neuen Testamene, Tiihingen 1950.
Wor Wo.rship. Collegeville/Minn. 1951 ss.
ZAW Zeitschrift fi.ir Alttestamendiche Wissenschaft, Berlin 1881 ss.
ZRGRA Zeitsch.rift der Savigny-Stiftung fiit Rechtsgeschichte (Romanrische
Abteilung), Weimar.
14 Al!BREVJAZIONI PRINCIPALI
PAirrE PRIMA
EPISTEMOLOGIA LITURGICA
l
TEOLOGIA DELLA LITURGIA
Alceste Catella
I Assai utili risultano alcune ricostruziorù cli questo cammino; cfr. S, MARSIU, La litur.gia,
momento st<Jrico della salo.e:w1, in Anamnesis 1, pp. 33-156 (si vedano.specialmente le pp. 47-84);
Io., T~gia liturgica, NDL, pp. 1508-1525; In., LA liturgia nel discorso teologico odierno. Per una
fomla:done 4.e1la. /iturgill pastQrale: individuazione delle prospettive e degli ambiti specifici, in Una
liturgia per l'1,1omc; La liturgia pastorale e i suoi .compiti (Caro Salutis Cardo - Studi, 5), Padova
19.86, pp. 17-47; A. l<AvANAGH, On Liturgica/ Theolcgy, New York 1984.
2 Per fare questa tutti si rifanno accogliendone le conclusioni o H. STRA1l!MANN • R MEYER,
«t\e~-coUQ'YÉW», in Grande Lessico del Nuovo Testamento, voi. VI, Brescia 1970, pp. 188 ss.
18 I - EPISTEMOLOGIA LlruRGICA
Le osservazi-0ni che vengono svolte a proposito del termine~
del suo uso (e, corrdativamente) del suo non-uso nella Sacra
Scrittura; le osservazioni circa il senso che si attrihuis.ce alfa re-
altà designata da questo. termine..., servono a far emergere la
concezione originale di culto di cui l'esperienza ebraico-cristia-
na è portatrice.
L'analisi terminologica evidenzia la presenza nella Scrittura
della volontà di riscattare i momenti rituali da un'interpretazione
esterioristica, legalistica e formale ritenuta improduttiva.
Nella traduzione della LXX il termine leito.urgia aveva assunto
un valore tecnico per indicare il culto levitico: si accentuava così
la dicotomia tra culto spirìtµale e culto rituale, a differenza di una
prima ed originale concezione per la quale la componente spiri-
tuale era intrinseca al culto. Il Nuovo Testamento prende le di-
stanze da questa concezione.: tralascia, in genere, il termine tecni-
co e recupera la comprensione di culto nella linea spirituale, nella
linea della più genuina tradizione profetica. ·
A questo punto crediamo necessarie alcune riflessioni a partire
da un dato dì fatto che sta davanti ai nostri occhi: il perseverare
nella prassi cristiana del momento cultuale.
Senza dubbio Cristo, unico mediatGre tra Dio e l'uomo, ren-
de desuete e inutili tutte le mediazioni religiose (cfr. Eb 11); ma
il mistero della Chiesa, fondata e voluta da Cristo come suo
Corpo, ha riproposto il valore della medlazi-0ne sacramentale tra
i tempi. Ne consegue che i riferimenti che qualifiqmo come ori-
ginale la concezione del culto dicono> in realtà, d'una assoluta e
indeducibile novità quanto al contenuto> ma d'"una continuità
con il linguaggio e il programma rituale dell'Antico Testamento;
siamo di fronte ad un processo di assimilazione e reinterpreta-
zione ~.
Al fondo della comprensione biblica della natura <(teologi-
ca» del culto sta la coscienza del rapporto inscindibile che lega ...
il rito ·all' awenimento detl' alleanza e ciò genera come due con-
seguenze:
1. il rito non è mai sostitutivo della vita: è quest'ultima a essere
per intero c.hiamata adessere alleanza; luogo di incontro con Dio; ..
l Cfr. N. FOGLI~, Il valore salvi/ice della Pasqua, Brescia 1976, pp. 103. 125. 134. 298.. 302.
20 I - EPISTEMOLOGIA LITIJRGICA
ché centrale nell'esperienza di vita della comunità cristiana ed
espressiva della natura della Chiesa.
I.: evoluzione (come pure rmvoluzione) pare doversi collegare
ad un duplice polo: quello estemo/culturale 4 e quello. interno/
teologico-pastorale,. Comunque la liturgia appare manifestazio-
ne della fede di una Chiesa inserita nel tempo e nella storia.
Quelle che sono involuzioni vànno poi lette prestando atten-
zione alla prospettiva ecclesiologica; è il mutare di <<immagine»
(di «autocomprensione») della Chiesa a dar conto dell'evoluzio-
ne (o, se più piace, delI'involÙzione) nella comprensione del cul-
to. E questo pur esistendo una linea che privilegia la prospettiva
secondo cui la liturgia è evento che realizza il mistero di Cristo;
evento che «genera» la Chiesa. Ma verrà tosto il tem,po del sorge-
re di una problematica moderna; il tempo in cui una «teologia
della liturgia», intesa in senso rigoroso e tecnico dovrà riflettere
perché esista il culto e come esso abbia quel senso e quella ·effica-
cia nella complessiva esperienza di fède.
22 i ·.EPISTEMOLOGIA LITURGICA
significanti e ai significati liturgici. Fare storia della liturgia viene
sempre più configurandosi come indagine critica, a volta a volta
con svariate chiavi interpret~tive, auspicabilmente con uno stru-
mento ermeneutico sintetko ed nnitario che riesca a·far emergere
le modalità con cui le espressioni liturgiche riescono a tradurre la
novità del culto cristiano che è essenzialmente memoria dell' alle-
anza pa~quale 6 •
Vogliamo ora soffermarci su alcuni modelli che esplicitamente
intendono la «scienza liturgica)> come vera e propria riflessione
teologica. Intendiamo quegli studi che appaiono accomunati dal-
l'intento di porre significanti e significati liturgici in rapporto con
la storia della salvez.za (in rapporto con l'-0pera salvifica attuata
da Dio in Gesù Cristo, nella storia). Si tratta qui di pervenire ~
valore di verità dei ·significati liturgici ossia la loro relazione con
la totalità della realtà salvifica.
Nel contesto del movimento liturgico che tanta. rilevanza ha
avuto nel nostro secolo possiamo ricordare come l'iniziatore di
una vera e propria linea teologica nello·sroclio del culto cristiano
L. Beaudin '. Egli rkupera I'aspetto teologico della liturgia colle-
gandola strettamente con il soggetto celebrante: la Chiesa; la li-
turgia è il culto della Chiesa.
Ma una spinta decisiva verso una comprensione teologica del
culto cristiano si ha con O. Casel 8 • La categoria che questo auto-
re utilizza è quella di «mistero»; essa gli permette di tenere insie-
me - e qui sta la sua originalità - due momenti che appariranno
sempre più inseparabili là dove si voglia fare una teologia della
liturgia: intendiamo dire il momento teologico e quello antropo-
logico-filosofico. «Mistero», inf!ltti, è il darsi storico dell-a salvez-
za operata da Dio in Cristo, nel «frattempo>> la Chiesa vive nella
fede e nel mistero del culto di Cristo.
6 Una puntuale ricostruzione dei due modelli fin qui presentati si trova in: F. BRO'lELLI, Per
rm.o sftfdio della liturgia, ScC, 104 tl976). pp. 567-635. Cfr. pure G . Bo.'IACCORSO, burod1wolfe
allo studio della lit11rgia (Caro Salutis Cardo· Sussidi, 1), Padova 1990 e Io., Lo stuàio della
liturgia nel dib111tito teologico conlemporaneo, in Celebrare il mistero d.i Crista, 1. La celebrrlVone,:
introd11:t.ione alla liturgia cristiana <BELS 73 I Studi di liturgia · Nuova se.rie, 25). Roma 199},
pp. 21-44.
7 CfL specialmente la sua opera: La piété de l'Eglise. Principe; et faits, Lou\lain 1 ~14.
8 Opera fondamentale è il mistero del culto cristiano (Le idee e la vita, 28), Torino 1966. Assai
importante è la prefazione ~d opera di S. Marsili.
scritti dei Padri e nel testi liturgici primitivi {Nuovi saggi teologici. 24). Bolognn 1987, pp. 15-56.
10 E. RUFFINI, Orientamenti..., cit., p. 42.
11 -O. CAS!iL, Il mistero del culto crislùJn.o, dt., pp. 42-44.
12 La sùa opera fu.odamentale è li s-enS9 teofugico della liwgù1. Saggio di liturgUi teologica,
(Theologh:a, 17), Roms 1957. Nella linea dcl 'lagaggini possiamo porre: P. VISE.'-:11N, Lo studio
della teoiogùJ nella liltlrgio, in lntrru/uzùme agli studi l/wrgid (Liturgica, I ). Romn 1962, pp. 189-
223. I principali scudi dì questo autol'C sono raccolti in: P. V1sENTIN, Culme11 et Fons. &ccolta di
studi di liturgia e ;pirilualità, a cura dì R. Cccolin e F. Trolese, I: Mysterium ChriHi ab Ecclesia
celebratum. II: Lex orandi e Jex credendi, (Caro Saluris Cardo - Studi, 3-4), Padovll 1987.
24 I ·EPISTEMOLOGIA Ll11.JRGICA
S. Marsili 13 • La principale preoccupazione del Vagaggini consiste
nelrinserire la liturgia all'interno della teologia sintetica generale;
si rivela qui la sua tempra di teologo sistematico.
Per Vagaggini l'approfondimento teologico della liturgia è il
presupposto fondamentale per poterla vivere adeguatamente su
un piano spirituale e per evidenziarne concretamente e proficua-
mente il valore pastorale. Risulta indispensabile pertanto consi-
derare la realtà liturgica alla luce dei suoi ultimi principi, ovvero
rischiarare il fatto liturgico con la luce della intelligen.za e, per far
ciò, occorre ripensare l'insieme della sintesi teologica sistematica.
Si tratta di assumere il valore veramente scienti.fico del metodo
induttivo ed applicarlo ai riti e alle formule liturgiche. ·«Una litur-
gia teologica dovrebbe impostare nettamente tutto lo studio della
liturgia sul suo valore teologico, al quale r aspetto storico dovreb-
be servire da base e presupposto e l'aspetto di vita spirituale e
pastorale di conseguenza. Si avrebbe così una liturgia teologica
generale che studierebbe, incentrandoli sul punto di vista teolo-
gico, gli elementi comuni alle singole parti delfa liturgia; e una
liturgia teologica speciale che studierebbe nello stesso modo gli
dementi speciali a queste stesse singole parti: alla Messa, all'anno
liturgico, agli altri sacramenti e sacramentali» N.
Questa «liturgia teologica» è teologica quanto al metodo e
quanto al referente che è costituito dalla rivelazione come storia
sacra. «La liturgia è un modo sui" generis per cui dalla Pentecoste
alla parusia si compie la storia sacra mistero di Cristo, mistero
della Chiesa» 15 •
Vorremmo, in conclusione, rimarcare come quella statura teo-
logica sopra accennata permetta a Vagaggini di utilizzare una
metodica teologica «classica» e, insieme, d i aprirsi equilibrata-
mente ad una comprensione della rivelazione come storia di cui
fa parte la liturgia che sì realizza esattamente come culto , come
azione cultuale.
S. Marsili si propone come il maggiore conoscitore italia-
no dell'opera di Casel, come originale e personale interprete del
13 Oltre alle op ere gi-à segnalate nelle precede nci note, sono importaQti gli articoli Li liturgù1
nella strutturazione della teologia. RL, 58 (1971), pp. 153- 162 e Liturgia e teo{Qgi11. Propmia teore-
tica, Rl.., 59 (l 9ì2), pp. 455-473.
1~ C. VAGAGca~1 . Il senso teologico dello liturgia, cit., p. 13.
15 lbid., p. 30.
26 I - EPISTEMOLOGIA LllURGICA
sa tutto il sistema. Proprio per affermare il valore teologico del-
la scienza liturgica che gli deriva dalla incomparabile grandezza
del suo oggetto, Marsili è portato a saltare fondamentali passag-
gi e snodi (fondamentale tra tutti l'affrontamento teoretico del
rapporto tra storia e storia della salvezZJI o quello tra storia e
ritualità cultuale... ) per approdare ad una comprensiooe della
liturgia quale valore assoluto e questo affermato a prescindere
dal rito e dal culto.
Nella vicenda che abbiamo sommariamente tratteggiato emer-
ge come un paradosso: partiti per giustificare e rendere spiritual-
ment~ proficuo il culto la cui ovvietà culturale non appariva. più
evidente, si perviene a ritenere che l'assolutezza di questo valore
che è la liturgia non esiga la fatica di riflettere, da teologo, sul rito
e che si debba, anzi, affermarè una sorta di non ritualità (non
cultualità) della liturgia cristiana 16 •
A integrazione della presentazione dei modelli di «scienza li-
turgica» desideriamo rilevare come la ques~ione della ritualità
insuffideritemente tematizzata nelle elaborazibnireologiche è sta-
ta presente negli studi di carattere pastorale/Dapprima con pre-
occupazioni di tipo pratico e pervenendo, infine, a pensare la
riflessione liturgica come affrontamento del problema del celebra-
re assunto in tutto il suo spessore antropologico e teologico. Esat-
16 I più recenti interventi intesi a riflettere sulla problematica .della «teologia ddla liturgia» Hn
genere e nel pensiero marsilianol sono di A.M. TRIACCA, Teologia della liturgia o teologia lit.urgiai?
Co111rib.uto di P. Salvawre Manili per 1machÌllri/icazione, RL, 80{199})., pp. 267-289 e di S. MAG-
GIANl,.l.a teologia liturgica di S. Marsili come «0pera aperia», in RL, 80 (l993}. pp. .Ml ·357. Mentre
pct il primo autore l'opera di Marsi:li è inCQ!llpiuta e occorre pervenire ed uoa clilacazione del
significato di liturgia che inglobi mistero - azione - vite (insomma la totalità ddl"espressione eccle-
siale), per ii secondo autore l'opera marsiliana contiene in sé rile\Panti «semi» che se non fnutifi-
carono in lui scanno fruttificando ora; dato che Mars.ili è stato capace di rinnovare almeno in parte
il proprio giudizio sul rapporto tra liturgia e rito rivalutando la simbolicità proprfo come «luogo»
adatto dcl vivere il culto in spirito e verità.
Ci pare necessario ricordare alcuni significativi lavori che perseguono la strada della riflessio-
ne teologica suHa liturgie facendosi rigorosamente carico della sua dimensione di cult0, di rito, di
azione simbolica: L.M. CHAU.l/r.1, Linguaggio e simbolo. Saggio sui sacramenti (Llttll'gia e vita, 2),
Leumann-Torino 1982; Io., Simbolo e sacramettlo, Uno rilettura sacr411tenlale lklfesistem:JJ crish"a-
nn (Saggi di teologie), Leurnann-Torino 1990.
Utili le recensioni e le riflessioni sulle opere di Chauvet; cfr. la recensione fatta da G. L AFONT
in EO, 5 (1988), pp. 231·235 e l'articolo di A. GRILLO, Rogumidel simboloerifi'uto del fondamento
nello sacramentario generd/e di L.M. Cho11vet. Spunti per una criti<'A «in bonam p11rletn», EO, 12
(1995), pp. 173-193.
III. LA LEZIONE
DELLA COSTITUZIONE CONCILlARE SACROSANCTUM CONCTUUM
28 1 . EPISTEMOLOGIA LITURGICA
questo è descritto come «aver parte» («partecipare>>), nella cele-
brazione, della molteplice presenza del Signore.
4) La SC utilizza una comprensione di Parola e di sacramento
che esige la loro mutua implicazione e una sorta di reciproca im-
manenza: la Parola è già sacramento; il sacramento è attuazione
della Parola.
5) Infine occorre ricordare che è impossibile una corretta in-
terpretazione della se se si fa astrazione dalla sua recezione; in
specie da quella singolare recezione costituita della riforma litur-
se
gica (libri e prassi ecclesiale); la spiega la riforma liturgica e la
concreta attuazione della riforma liturgica interpreta la se.
Esattamente quest'ultima riflessione condiziona ìl nostro modo
di interrogare la SC; vorremmo compiere una sorta di ritorno cri-
tico alla costituzione conciliare SC: la sfida (teoretica e pratica}
appare ancora quella costituita dalla necessità di dover risignili-
care il rito in quanto tale (quale momento atto a dire nel suo pe-
culiare linguaggio il <<tutto» dell'esistenza cristiana) e riconsegnar-
lo alle comunità come realtà antropologicamente e culturalmente
situata nell'oggi della nostra storia.
«La liturgia infatti... contribuisce in sommo grado a che i fedeli
esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cri-
sto e la genuina natura della Chiesa>> (SC 2).
«Le azioni liturgìche non sono azioni private, ma celebrazioni
della Chiesa, che è sacramento di unità, cioè popolo santo radu-
nato ed ordinato sotto la guida dei vescovi. Perciò tali azioni ap-
partengono all'intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo im-
plicano» (SC 26).
L'agire liturgico è qui configurato come momento della vita
della Chiesa: momento chiamato ad essere adt;:,uuata manifestazio-
ne della sua natura e del suo mistero. E questa sottolineatura del
valore teologico della liturgia ci pare correttamente filtrata. attra-
verso una visione teologico-pastorale e della prassi globale della
Chiesa e della prassi liturgica. Infatti quando la se comprende
teologicamente la liturgia> contestualmente la propone quale pras-
si capace di esprimere il modo con cui la liturgia si pone all'inter-
no della vita della Chiesa, nonché la misura con cui essa è capace
di configurarsi quale segno vero della Chiesa.
cicordare alcuni interventi pr.ovcnicnti da ambienti teologici non specificamente liturgici: AA.Vv.,
Il mangiare di Dio con noi !Quaderni di studi e memorie, .3). Bergamo 1980; AA.Vv., Eucaristia e
3Ù I - EPISTEMOLOGIA LITURGICA
La SC afferma che Cristo è presente nelle azioni liturgiche (n. 7);
che la liturgia è attuazione del mistero di Cristo per virtù dello
Spirito santo attraverso un rito conviviale (n. 6); che la liturgia è
l'esercizio del sacerdozio di Cristo: mediante segni sensibili (n. 7);
che la liturgia è storia della salvezza in atto: per mezz-o del sacri-
ficio e dei sacramenti (nn. 2. 5. 6. 48).
Sembra lecito affermare che la novità del concilio circa la litur-
gia sia propriamente la formalizzazione della sua natura di azione
di Cristo e della Chiesa.
Laddove poi si ripercorra con cura la fase preconciliare e
conciliare della genesi del documento, si perviene a scorgere il
farsi strada di una comprensione di liturgia che passa dal sempli-
ce al complesso, cioè da una concezione ristretta ed essenzialisti-
ca di rito in senso giuridico, ad una concezione allargata che com-
prende altri elementi singolarmente presenti nell'analisi fenome-
nologica di rito 19•
Che non sia il caso di attribuire al documento conciliare, visto
nella sua genesi, nelle sue parti, nel suo insieme, nd suo essere
recepito, una comprensione in atto della liturgia assai-complessa,
non riconducibile ai soli elementi detti de necessitate, presenti ad
decorem vel ad sollemnitatem, o quali caeremoniae secunda1'iae?
L'azione liturgica nella sua complessità sembra prendere i con-
torni ben definiti, analoghi a quelli del «fenomeno rituale», quale
emerge dalle analisi antropologiche.
In sintesi, il complessivo guadagno della riflessione che ritorna
rito (Quaderni di studi e memorie, 4), Bergllillo 1982~ AA.Vv., Celebrare I'E!«Uis,tia. Significato e
problemi dello di111e11sione riJ14afe (-Collana di teologia. pratica, 3), Leumann-Torino 1983; AA.Vv.,
Il sacramento dello Penitenw e la sua celebr.ax,ione (Qu11dem di studi e memorie, 5), Bergamo 1983;
G. ANGELINI, ll movimento liturgico: rilettw:a critica di istanze, orie11Jamenti e pl'Qbkmi, in AA.Vv.,
Riforma liturgico: tra passato e futuro (Studi di liturgia . Nuo!la serie, 13}, Ca$iùe Monfetraco 1985,
pp. 11-29; ID., Devozione e serolari:rzazione, in Parrocr:hia e dintorni. Tracce per una rifkss«me pa-
storale {Strumenti per il lavoro pastotHle, 4). Milano 1993, pp. 71-97; AA.Vv., CrisJÌIJflesi11w, reli-
gione e religioni (Quaderni di studi e memorie, 11), Milano 1993; RG. BRAMBJLtA, Gesùpant!vivo
per la vita del mondo. Per tm cammino di appropriazione delfEucarfstia, in Varc4re la s<>g/ia. L'Eu-
caristia tra vigilia ed esperienza (Str:umenti per il lavoro pllstomle, 6), Milano 1994, pp. 69-108; La
questione teologica del «Sacro», in ScC, 123 (1995), fascicolo 5 .
19 Cfr. A. CATELLA - R. TAGLlAl'ElUU, Le domande e le intenzionalità cui risponde fip:pia,n/Q. di
«Sacrosanctum Concilium», RL, 77 (1990), pp. 129-143; R. T A,GUAPEIW. Qtuife modello di parlmtlk
liturgica f/rnerge dal Concilio? Riflessione di «emte11e11tica» conciliare, RI.., 79 0992), pp. 25-3:8; A.
CAlELLA, Forme de/l'iniziativa pastora/e recente. L'ambito dei/a ceiel:,razione, in Progetto pastorJJl.e e
cura della fede (Disputatio, 7l, Milano 1996, pp. 85·99.
N. ALCUNE LINEE
PER UNA «TEOLOGl.A LITURGICA»
studio e olla ricerro pluridisciplinari (Universo teologia, 2&}, Ciniscllo Balsamo ]994, pp. 240·251.
32 I ·EPISTEMOLOGIA L!TIJRGICA
teologia liturgica (ahneno in questo suo mornent-0 metodologico)
ci pare corretto indicare questi obiettivi:
<<Pervenire a comprendere l"'orizzonte di senso" dell,azione
cristiana del celebrare 21 ; una teologia della pratica cristiana del ce-
lebrare non può non discorrere scientificamente della pratica ri-
tuale, e ciò a partire fin dal momento fondativo; non può espun-
gere la riflessione sul "perché" è necessario celebrare i riti per en-
trare in contatto con Dio; non può non risolvere il paradosso per
cui quel Gesù che esige un culto "in spirito e verità" deve poi ritua-
lizzare il suo dono e il suo testamento onde affidarlo ai suoi».u.
Siamo ben cònsci della difficoltà e della delicatezza del.compi-
to che si presenta alla teologia liturgica nell'approfondire il <<per-
ché» della pratica rituale. Ci sembra di poter dire che il rapporto
tra rito/culto e liturgia cristiana sia un caso serio all'interno di
quei più generali rapporti che intercorrono tra l'evidenza e la
fede, tra il sacro e la fede, tra la religione e la fede ... Ed è dawero
interessante ed utile al nostro assunto e al nostro compito tener
presenti i sentieri percorsi da studiosi che pervengono a superare
separazioni e dicotomie) ovvero facili giustapposizioni o omolo-
gazioni per dimostrare le pertinenze teologiche delle rispçttive
categorie su accennate 23 •
Per essere ora più espliciti e più semplici ritorniamo a un testo
della SC: «Ogni celebrazione liturgica, .in quanto opera di Cristo
sacerdote e del suo Corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccel-
lenza, e nessun'altra azione della Chiesa, allo stesso titolo e allo ·stes-
so grado, ne eguaglia l'efficacia» (n. 7).
Come si vede sono qui presenti realtà specifiche della fede cri-
stiana e tali realtà sono «dette» (si afferma che «accadono») tra-
mite realtà realmente e pienamente umane quali relazione, azio~
ne ... Non si dice che i due livelli siano identici o che quello della
fede sia omologabile a quello umano; si dice però che per accede--
21 Si osservi che in questa espressiòne per «cclehrare» intendiamo la realtà liturgica vissuta
nelle sue svariate e concrete modalità e per «orizzonte di senso» intendiamo l'i.nterr-Oglire teso a
cogliere l'inten'Zionalità: cfo A.N. TERR.tN, /\mouQyl.a. Dimmsione fenmnenologica e aspeiJi semi<>-
tici, (Le scienze umane), Brescia 1988, p. 16.
12 A. CATEIJ..A, Introduzione generale, in Celebrarr: il mistero di Cristo... , cit., pp. 13-18.
:?J Oltre ad alcuni studi già indicati in precedenti note, indic:hiarno i:::ome fonda.mentale
G. COLOMBO (a cura dil, I.:evidenza e la fede (Quaestio). Milano 1988; D. POWER, Unsearchi:b/e
Ricbes. The Symbolic Nature of Liturg_-v, New York 1984.
2
~ Così si esprime A. BErruLF:rn, Il sacro e lafede. La pertimmza di una categoria leologica, in
ScC, 123 (1995), pp. 665-66a; q1JÌ alle pp. 67'5-676 dove l'A. cita P. BEAUCHAMP, Le rédt, fu /e/tre
el le airps, Paris 19922.
V Jbid., p. 667.
34 I · EPISTEMOLOGIA LITURGICA
l'azione celebrativa in quanto linguaggio simbolico e simbolo in
azione mentre pennette la comunicazione/comunione con Dio, ne
presel'Va sempre la differenza, l'eccedenza e la sproporzione. E
questo esattamente per la nativa e caratteristica eccettuatività sim-
bolica della mediazione rituale 26•
Vorremmo concludere questo tentativo di riflessione sul «per-
ché» della celebrazione con un'espressione di S. Agostino.
Nel Sermo 272 (Senno indie Pentecasten ad infantes, de sacra-
mento) rivolto ai neofiti che partecipano all'eucaristia, il vescovo
di Ippona vuole spiegare il mistero in cui sono. introdotti: Vos estis
corp.us Christi..., si ergo vos estis corpus Christi et membra, myste-
rium vestrum z'n mensa Domini p.ositum est: mysterium vestrnm
accipitis. Ad id quod estis, Amen dicz'tisz7•
Ci semhra che Agostino offra qui una significativa compren-
sione dell'azione liturgica: un'esperienza capace cli instaurate un
singolare circolo comunìcativo. Troviamo, infatti~ un mittente che
è primo, che ha l'iniziativa... eppure non annulla il destinatario
che, anzi, vi è necessariamente e completamente coinvolto.
È razione liturgica: un circolo comunicativo caratterizzato da
un continuo incremento di senso fondato sul vissuto cli fede della
comunità cristiana che si conforma sempre più, lungo la storia,
ad un progetto che sta· alrinizio e insieme attende un compimen-
to escatologico.
2. A questo punto intendiamo entrare in quello che è il nodo
centrale della teologia liturgica: la riflessione su «che cosa» si ce-
lebra, o meglio, «che cosa celebra la .c omunità cristiana»?
Il compito è quello di indagàre su che cosa il cristiano crede
e su che cosa il cristiano celebra:· tuttavia non intendendo il «che
cosa crede>> come un contenuto posto dentro a un e<:mtenitore
(la liturgia). Si tratta di studiare la concreta prassi liturgica per
cogliervi «la fede in quanto celebrata»: il mysterium celebrato
dalla comunità cristiana. ·
Riteniamo necessaria un'ulteriore riflessione che potrebbe
esprimersi in forma di domanda: «fimpostazione data a tutta la
precedente riflessione e I'articolazione stessa degli argomenti, non
l6 Traggo questo «itinerari0» e queste riflessioni da: R. T>.Gl.IAFEUU. Li via liJurgica, in Serui-
tium, 28(1994) e da G. BoNACCORSO, La liturgia: celebrare il mistero, Padova li)%.
27 A GOSTINO, Scrrno 272: PL 38, 1247.
36 I · EPISTEMOLOGIA UTURGICA
zione liturgica cristiana è il concreto momento dell'appropriazio-
ne credente del dono di Gesù Cristo alla vita del cristiano 31 •
Ora questo dono di Gesù Cristo alla vita del cristiano può es-
sere ridetto con il termine di mistero; e sarà a partire .dalla rifles-
sione su questa realtà che prende le mosse lo studio delroggetto
della celebrazione.
Volendo descrivere i passi fondamentali da percorrere si po-
trebbe procedere così.
a) Si tratta, innanzi tutto, di approfondire la genuina nozione
di mysterium e di sacramentum pervenendo a cogliere due fonda-
mentali elementi. La realtà «mistero» è inseparabilmente espres-
siva di «evento della salvezza» e di celebrazione di tale evento. La
realtà <<mistero» ha natura e struttura stotico-salvifica.
b) È la stessa se
che nei nn. 5-6-7 ci invita a compiere un se-
condo passo. Investigare la storia della salvezza per coglierne il
complessivo progetto e le interne dinamiche giungendo a scopri-
re che la celebrazione fa parte integrante di questo progetto e di
queste dinamiche; come a dire: della storia della salvezz·a fa parte
la celebrazione, proprio l'assolutezza e rindeducihilità del proget-
to salvifico e della sua attuazione in Cristo esige una parola ed
una azione che abbiano quelle connotazioni esposte là dove ab-
b iamo fondato la pertinenza del linguaggio simbolico e dell' azio-
ne celebrativa all'esperienza religiosa.
Crediamo opportuno riproporre onde rileggerlo alla luce di
quanto detto il testo di se
6 (che è logica conseguenza di 5): se
«Come il Cristo fu inviato dal Padre, così anch'egli ha inviato gli
Apostoli, ripieni di Spirito Santo, non solo perché predicando il
vangelo a tutti gli uomini annunziassero che il Figlio di Dio con la
sua morte ci ha liberati dal potere di Satana e dalla morte e trasfe-
riù nel regno del Padre, ma anche perché attuassero, per mezzo
del Sacrificio e dei sacramenti, sui quali s'impernia tutta la vita
liturgica, ropera della salvezza che annunciavano».
e) Il terzo passo da compiere è quello che ci porta d:avvero al
cuore della indagine teologico-liturgica: comprendere la presenza
della storia della salvezza nella celebra-zione liturgica.
~2 S. MAGGJANI. JJn ritc per celebrare oggi: valore simbolico e pastorale, in Riuniti per fare 1ne-
nrori4 del Signore riso.rio. Senso, arte e prassi della celebrazione lihlrg1èa, (Nuova collana liturgic:11 -
seconda serie, 5), Milano 1986,. pp. 9-37; C. Rocon::rrt., Celebrare il mistero di Cristo. Dall'unicità
delfevento alla mol:epliciJà de/Je forme liturgiche e a1lil risona~ nella vua, ìbid,_, pp. 38·59; ID.•
Liturgia: evento e memoria, in La celebrazione cristuma: dimensioni costitutive dell'agÌl'e liturgico
~Srudi di lirurgia ·Nuova scr«;, 14), Genova 1986, pp. 45-78~ c:fr. JJ. Von ALI.MEN, Celebrare la
~altJeall. Dottrina e pI'llSSi del culto cristia.no, Leumann-Torino 1986_
38 1 - EPISTEMOLOGIA LITURGICA
d) Un altro momento del lavoro di indagine teologico-liturgica
è costituito dall'esplorazione del rapporto che intercorre tra la
fede e la liturgia.
Riteniamo che si debba partire dalla convinzione che la cele-
brazione ha come suo fondamentale scopo ratto di fede, cioè che
la fede si esprima attualmente come effettivo incontro con il mi-
stero della Pasqua del Signore. La celebrazione è correlativa .al-
1'atto della fede: intende incrementare l'atto della fede, è espres-
siva della complessa e complessiva esistenza credente e fa ciò in e
attraverso una peculiare azione atta a porre l'uomo di fronte al-
1'evento salvifico e a divenire contemporaneamente riconoscimen-
to (accoglienza/adesione) che solo nel mistero della Pasqua del
Signore si dà la salvezza.
A partire da qui la riflessione deve esercitarsi sul rapporto tra
Parola di Dio e liturgia, tra Bibbia e liturgia. Intendiamo dire che
dapprima sarà importante evidenziare come la celebrazione litur-
gica (testi e gesti) sia sostanziata di parola biblica la quale forni-
sce il senso profondo di quanto nella liturgia si va compiendo. Va
inoltre rilevato che molte parti della Bibbia hanno la loro scaturi-
gine da situazioni liturgiche ovvero sono sorte per queste.
Fondamentale però è il fatto che la Bibbia letta diventa parola
di Dio nella proclamazione liturgica; parola che Dio dice «ora e
qui» a chi l'accoglie con ascolto credente, interpretante, attualiz-
zante; parola che genera l'azione celebrativa nella quale si ha il
riconoscimento, r atto della fede a cui sopra si accennava.
L'assemblea celebrante esprime la sua adesione rispondendo
con la sua parola che riconosce e prega e partecipando al gesto
simbolico (ovvero: aprendosi nello Spirito all'interiore appropria-
zione del mistero che nel rito si dà e si compie). Nella liturfii_a la
parola si fa evento suscitatore della fede: di quell'atto della libertà
~ana che accoglie l'evento e il suo dono di grazia 33 •
Proprio la comprensione del cammino della parola dentro
l'azione liturgica (dalla parola proclamata e celebrata alla fede che
accoglie) individua un altro aspetto del rapporto tra la fede e la
H Per queste tematiche cfr. G . LATHROP, Holy Things. A Lit111·g/col Tbeology, Minaea·
polis 1993; AA.Vv., Bibbia e liturgia. 1. Dall'esegesi atl'erme.netttica altnwers.o ·la cekbravone.
2. Scripturo crescit cmn orante. 3. Dove rinasce la Parola (Caro Salutis Cardo· Contributi, 6-7-8),
Padova 199 1-1993.
40 I · EPISTEMOLOGIA LITURGICA
semblea stessa 35 • Ma se quest'ultima espressione è vera, allora
occorre affermare che la Chiesa ha una natura (dimensione) litur-
gica per sua intima costituzione. Essa nasce là ove il popolo è
convocato davanti a Dio per aver parte del suo dono cli alleanza;
quel <<giorno di santa convocazione» è la fonte della vita della
Chiesa. Essa vive la «santa convocazione» come momento sintesi
e come culinine della sua vita: infatti 1à essa riconosce Dio come
tale e ne accoglie la Parola che si fa progetto di vita e giudizio; e
questo progetto e questo giudizio è l'Amore.
Un'ultima conseguenza vogliamo ricordare: se la liturgia è
azione comunitaria, se la Chiesa è comunità che ha come sua
fonte e come suo vertice il partecipare all'alleanza, .allora l'-as-
semblea liturgica non può che costituirsi e vivere in forza della
relazione, sia essa quella con Dio, sia essa quella tra le persone.
Si radica qui tutto il dinamismo della actuosa pa:rticipatio e tale
dinamismo assume una dimensione e una forma ministeriale (di
servizio) che si attua in una pluralità e complementarietà di ca-
rismi e di ministeri 36 •
A conclusione di questo punto in cui abbiamo tentato di indi-
care le principali linee di riflessione sul «che cosa» celebra la li-
turgia cristiana, riteniamo di poter sottolineare il fatto che questa
strada, la quale unisce strettamente il «perché>> e il «che cosa» ,
permette poi anche di affrontare correttamente alcuni problemi
che sembrano rendere più difficile e problematica la recezione
dell'esperienza liturgica da parte del popolo cristiano. Esemplifi-
cando indicheremo alcuni rapporti bisognosi di ·maggior attenzio-
ne: rapporto della liturgìa con la visione del cosmo, dell'uomo,
della storia, della corporeità... ; rapporto x:on l'etica, con la carità;
rapporto con la spiritualità, la devozione, la preghiera (oggettivi-
tà versus soggettività?, comunitarietà versus individualismo...?).
3. Alla teologia della liturgia rimane ancora un terzo campo di
studio: quello sul «come si celebra». E una risposta a questo in-
terrogativo può essere: si celebra con il <<corpo vissuto», owero si
}5 S. M ·\GGIANI, Celebrare il 111istero di Cristo alla luce della riflessione pne1"11ntologica, in Spi-
rito Santo e litztrgia (Studi di liturgia · Nuova serie:, 12}, Casale Monferrato 1984, pp. 59-84.
~6 Per questo tema dcl rapporto U'a Chiesa e liturgia resta fondamentale la riflessione di S.
MARSILI, La titurgia culto dello 0Jiesa, in Anàmnesis, l , pp. 107-136.
J7 Cfr. A. Rlzzl, Categorie culturali odierne nell'ùrJerpretazione del tempo. in L'anno liturgico
(Studi di liturgia · Nuova serie, 11), Casale Monferrato 1983, pp. 11·22.
42 I · EPISTEMOLOGIA UTIJRGICA
rapporto si fonda sulla «connaturalità» tra la struttura della sal-
vezza e la struttura della celebrazione liturgica. La salvezza è una
realtà che, non solo si realizza nel tempo, ma anche nello spazio:
nello spazio cosmico e nello spazio che l'uomo costruisce e abita.
In qualche modo la liturgia è I' «ambiente» dell' ~ttuale donarsi
dell'evento salvifico, l'ambiente ove è data possibilità all'uomo di
in.contrarlo e di accoglierlo.
Ma la liturgia origina - così come per il tempo - una sorta di
«spazio altro»: le chiese che con la loro struttura e il loro arredo
sono quella «sala superiore ben adornata>> che non solo contie-
ne, ma anche dice il mistero che ivi si fa presente. E quello spa-
zio, in quanto «fatto» (abitato) da ognuno e dalla assemblea, è
capace di dire la natura e i compiti di ciascuno e dell'assemblea
tutta; anzi, in realtà, è l'assemblea la vera chiesa, il vero spazio,
il vero luogo dove l'evento della salvezza si attua sacramental-
mente.
È alla luce di queste osservazioni che può trovare fondamento
ogni riflessione teologica sul luogo del culto, ogni riflessione sulla
eelebrazione della dedicazione delle chiese e degli altari, ogni di-
rettiva pratica per la costruzione e l'arredo delle chiese.
e) Le azioni liturgiche, in quanto azioni celebrative (sìmboliche
e rituali), constano di diversi elementi: quali le parole, i gesti, i
suoni, i silenzi, i movimenti. N~a loro umana ricchezza e pover-
tà essi sono il modo liturgico di esperire e di aver parte al mistero
della salvezza.
Un elemento che appare massicciamente presente nella cele-
brazione liturgica è certamente la parola>1i.
Possiamo elencare svariate situazioni di parola: uno legge da
un libro davanti a tutti e correlativamente tutti ascoltano; uno
rivolge a Dio la preghiera in nome di tutti e correlativamente
tutti partecipano e aderiscono; tutti dicono una parola che può
essere di risposta, di adesione, di proclamazione, di lode di in-
vocazione ...
Osserviamo come le situazioni di parola quando non siano
analizzate singolarmente ma nel loro intrecciarsi e nel loro prove-
}6 P, DE. CLF.RCK, Le la.ngage liiurgiqu(!: sa nécessiti et ses traits spécifiq11es, in QL, 73, 1-2 {1992),,
pp. 15·34 .
44 l - EPISTEMOLOGIA LlTURGICA
Appare qui veramente verificata l'espressione secondo cui caro
salutis est cardo: in effetti i gesti liturgici non sono come prolunga-
menti strumentali dell'uomo; sono la corporeità umana che acco-
sta, vede, tocca, percepisce, esprime, <<f°a>> il mistero della salvezza.
CONCLUSIONE
«Nel tempo della Chiesa, Cristo non è più visibile. Luca insiste
su questo punto: una volta risorto, egli è il "Vivente", titolo divi-
no, (Le 24, 5); egli vive in Dio, non è più di questo mondo, come
si compiace di sottolineare il racconto dell'Ascensione. E tuttavia
l'assente è presente... E la Chiesa è obbligata per vivere della sal-
vezza del suo Signore a ritrovare le dinamiche deU'incamazione
e quindi a ritrovare nella sua ·componente umana quelle "chi-avi
di volta" che hanno suturato e sigillato rincontro col Verbo nd.-
la carne: la Parola dei vangeli, il battezzare con acqua e spirito
(Mt 3, 11; Mt 28, 19), la frazione del pane... (Mt 26, 26ss.; Mc 14,
22-25; Le 22, 19-20; 1 Cor 11, 23-25). Se con stupore e gr~tuità
entriamo nel "gioco» celebrativo non è difficile ascoltare la Vo-
ce, entrare e cenare con il Vivente. È in questo stesso incontro
che possiamo ricevere collirio per gli occhi e recupera.re là vista....
e calore per il cuore (cfr. Ap 3, 14ss.) !» 40•
.io S. .MAGG!ANI, Un rito per celebrare oggi, cìt., p. 25; Jv..Vv., Lihlrgia e incarnazione, (Caro
Salutis Cardo • Contributi, 14}. Padova 1997.
46 1 · EPISTEMOLOGIA LITURGICA
Cosa che propone, .d 'altra parte, due conclusioni non trascura-
bili. La· prima sul fatto che la scienza teologica della liturgia, sia
contenutisticamente sia metodologicamente, non precede ma segue
l'azione liturgica; e ciò è valido a mostrare sul campo teologico che
la teologia è in se stessa impegno attuativo della biologia cristiana o
non è teologia cristiana. La seconda sul fatto che il rivitalizzarsi
.della scienza teologica a seguito della praticità messa in moto nella
prima metà del secolo xx dal movimento liturgico, dal movimento
biblico e patristico, e sfociata nella seconda metà del nostro secolo
alle indicazioni del Vaticano II OT 16, per moto all'incontrario è
esso stesso matrice produttiva di maturazione episte.µiologica, in
campo liturgico, in campo biblico, in campo patristico; e ciò è va-
lido a indicare come i pilastri portanti della edificazione teologica,
la Sacra Scrittura e i Padri con la liturgia e la spiritualità e la pasto-
rale, stanno in interazione necessaria e permanente.
In questo orizzonte, tanto interessante per l'intero giro vitale
della cristianità quànto entusiasmante vers9. nuove architetture
della teologia, dalla prospettiva della scienza liturgica e delle de-
clinazi,oni e coniugazioni epistemologicamente ad essa conseguen-
ti, si coglie la simbolka liturgica quale chiave di vo)ta. E (dopo le
crisi degli anni '60 e '70) c'e da reinterrogarsi, ad esempio, se il
linguaggio simbolico sia da esorcizzare o non sia da ricercare, se
della simbolizzazione <<ruomo ·moderno, l'uomo di oggi», poiché
è moderno poiché è d'oggi, diffida davvero più che della concet-.
tualizzazione. Per la liturgia fondamentale, e in essa per la episte-
mologia litu(gica, accenniamo perciò alla nostra accezione di ·sim-
bolo e ne percorriamo la specificità sacramentale del nostro caso:
dìciamo ciò, «simbolica>> liturgica in assonanza alla <<Simbolica>>
teologica, la teologia dei simboli di fede. Ed effettivamente la ,sitn-
bolica liturgica è la simbolica della fede iIÌ atto nelle Chiese e in-
sieme teologia dei simboli liturgi.ci.
· 2 · LITURGIA E SIMBOLO 47
na che sono il tempo-spazio. Ma è pure una foresta che alcuni,
quelli che vorrebbero disboscarla, trovano difficile o impossibile
attraversare, e che altri, quelli che pensano d1 assumerla tale qua-
. le è, pur moltiplicando gli schemi descrittivi e interpretativi, fan-
·no fatica a ripetere discorrendo.
Linguistkamente (il simbolo è fenomeno linguistico perché
l'uomo è io linguistico nella sua struttura metafisica) simbolo è
il segno che non soltanto rinvia a realtà indicata ma, in modo
mediato, riesce anche a farla presente. Ad esempio, stando al
codice stradale, la freccia di direzione è un semplice segno indi-
ce mentre, stando al concilio ecumenico Niceno II, l'icone di un
evento salvifico ne è invece segno simbolo; la mediazione segni-
ca dell'indice rimane astrattamente neutrale tra noi e il nostro
interesse, mentre la mediazione segnica del simbolo coinvolge
in concreto, facendosi per noi segno storico della r~altà a cui ·
intendiamo rivolgerci. Tra l'indice e il simbolo si situa, poi, la
serie indefinita di segni che variamente mettono in composizio-
ne valenze indicative con valenze simboliche e sono perciò in
parte indici in parte simboli; i linguisti tentano di schematizzar-
ne l'inventario puntualizzandoli con una certa arbitrarietà, e
inseriscono nelle serie cosl composite anche s.egni già classificati
altrimenti: metafore, metonimie, emblemi, stemmi, e tutta l'al-
tra segnalètica dei repertori semiologici. Il rischio di equivoci
ed errori sorge nella eventuale confusione tra le valenze proprie
cli un segno e le valenze proprie di altri segni. Ad esempio, guar-
dare alla icone come fosse indice e non simbolo quale è, ha com-
portato gli errori e gli orrori di <<lmmagini sacr~> p~co o nulla
attinenti con la liturgia, con il culto e la fede o:istiana, dipen-
denti quali allora esse sono da un <<immaginario» più ·o meno
«religioso» incontrollatamente disciolto. Ma ancota, gli equivo-
ci derivano dalla facile usualità con cui sotto la denominazione
di simbolo si riassume ogni sorta di segnicità.
Parlando di simboli spesso si sbanda} inoltre, sotto la pressio-
ne di aspetti operativi. E ciò distrae gravemente dalla percezio-
ne fontale della nostra simbolica. «Rinnovare» i simboli misteri-
ci non è un'impresa catechistica, di pedagogia o di didattica; è
coerenza nel rilevare p\llltualmente le r.ealtà misteriche e dlrle
con i segni che al modo loro pròprio le facciano presenti, nn che
48 l - EPISTEMOLOGIA LlTIJRGICA
vi alludano soltanto. «Far comprendere» i simboli liturgici non
è una spiegazione da aggiungere ai riti, idee discorsive assom-
mate all'opera rituale e da essa i.mtnancabilmente distorcenti; è
elaborazione nel condurre la celebrazione e i celebranti tutti
secondo la taxis con cui essa si costruisce e di cui essi partecipa-
no attivamente, no con logiche che si apprestino alla liturgia se-
condo il proprio piacimento. «Attenersi>> ai simboli della gran-
de tradizione ecclesiale non è ripetere ciò che.è stato fatto come
l'hanno fatto; è prendere~con-sé la pregnanza della memoria
ecclesiale e rifarli originalmente, no ricalcandoli a stampo~ La
lista di tali aspetti è elenco aperto e trasborda dalla nostra que-
stione epistemologica ad altri versanti,
Ad ogni modo si faccia attenzione allo scoglio delr allegoria.
Nel linguaggio comune l'«allegoria», doè il «parlare una cosa
dicendone un'altra», .è figura usuale; e nel linguaggio teologi-
co l'allegoria intesa così generalm.e nte è figura sollecitata dalla
necessità di conglobare svariate prospettive a parlare di Dio e
delle realtà divine ottimizzando il nostro discorso umano. Tut-
to sta nella migliore esattezza di senso ottenuta riferendo il
rapporto che intercorre tra la cosa che diciamo e la cosa di cui
parliamo; di fatto, poi, è sempre in svariatissima gamma, di
realtà e/o di convenzionalità, che il rapporto tra la cosa che
diciamo e la cosa di cui parliamo si stabilisce. L'allegoria è un
genère dalle molteplici specie. Però, dalle intuizioni di Goethe
che per primo ha fatto distinguere l'allegoria dal simbolo sino
alla scienza linguistica del nostro secolo che p\llltigliosamente
ha indagato -sull'insieme semiologico, si è andata stabilendo .
una sistematica delle fig\lre allegoriche per cui si preferisce
non denominare affatto o denominare altrimenti il genere e si
preferisce dire <<allegoriche» le sole specie di segni che si com-
pongono non per rapporto reale ma in forza: di un rapporto
soltanto convenzionale della cosa da noi detta con la cosa di
cui parliamo. Sistematica e uso, certo più adeguati alla com-
plessità del linguaggio umano ma non da tutti adottati. Né è
sistematica tuttora adottata dalla usualità che - come dice-
vamo - generalizza adesso ogni mediazione semiologica non
più con la denominazione «allegoria» ma con la denominazio-
ne «simbolo».
2 - LITURGIA E SIMBOLO 49
Per·il nostro caso vanno fatte particolarmente due segnalazio-
. ni. La prima è.che «allegoria bihlic3>> è detta, se.condo l'uso clas-
sico, la serie tutta di mediazioni linguisti.che che si fondano sia
sulla realtà, natura o avvelliinenti, sia sulla convenzione, metafore
Q metonimie; per cui le mediazioni semiologi.che delle Scritrure
hanno bisogno .d i puntualizzazioni specifiche. I.: altra è che la vi-
cenda dell' allegorizzazione e della simbolizzazione occidentale
postnicena (seguente il concilio ecumenico VII) dalla fase carolin-
gia all'ultima fase medievale documenta un pesante pendolarismo
tra uso e abuso dell'allegoria, gravido di conseguenze perniciose per
il simbolo vero e proprio; abusatissima da Amalario di Metz o da
G. Durando sino a svilirla, l'allegoria è stata esorcizzata da Floro di
Lione o Alberto Magno ma è·stata usata da Tommaso d'Aquino...
I: allegoria convenzionale non strettamente biblica è inusabile se- _
riamente senza tener conto di circostanze da analizzare scientifica-
mente e di accorgimenti. scientificamente stabiliti nei diversi conte-
sti. Nell'insieme delle mediazioni semiologiche non è invece mai
abbastanza sottolineata la funzione insostituibile della struttura sim-
bolica. Al di là della descrizione fenomenologica entro cui la fun-
zione del simbolo è una schematizzazione delle caratteristiche
scientifiche comuni a tutti i fenomeni descritti (+; -; ...f"...; il moder-
no simbolismo logico-matematico) il simbolo gioca sempre un ruo-
lo di esperienza limite, quale è I'accostamento prezioso e raffinato
di ciò che trascende l'approssimazione fenomenica.
C'è> per sé, sincronia tra rautentico linguaggio simbòlico signi-
ficante e l'ontologia dell'ineffabile significato. Perciò nel linguag-
gio teologico, per sé> il simbòlismo raffina e impreziosisce il .di-
scorso e r appro.ccio in modo imparagonabile alla raffinatezza e .
alla preziosità che esso apporta a qualsiasi .altro discorso e ·a pproc-
cio. È la formazione del linguaggio teologico pieno, pregnante
d'ogni virtualità semiologicàmente.e insieme onticamènte impie-.
gabile dall'uomo verso Dio. ·È la formazione del linguaggio teolo-
gico misterico, pregnante esso stesso della .s acramentalità che la
professione cristiana riconosce nei segni efficaci del rapporto te-
andrico stabilito graziosamente nella storia dall'alleanza di Dio
con l'uomo. Peraltro sel,1Za illusioni quasi di utopie pienamente
realizzate; la pregnanza di ogni virtualità nella simbolica misteri-
ca è pienezza da incontrare nel travaglio superativo d'una distan-
50 I - EPISTEMOLOGIA LITURGICA
za trattabile unicamente con ascesi mentale e operativa. Ascesi-
sanazione dei quattro scismi iniziali, da Dio, da noi stessi, dagli
altri, dal cosmo. Per lo scisma da noi stessi - ma è dinamica antro-
pologica verificabile in ognuno dei livelli e in tu'.ttl e quattro insie-
me - ne aveva lampeggiato qualcosa il mito dell'androgino origina-
rio: «Ciascuno di noi è simbolo dell'uomo intero perché da uno
che era è stato diviso in due. Perciò ciascuno di noi è sempre in
cerca dd simbolo di se stesso» 1; e l'eco d'altra provenienza che ha
considerato l'uomo maschio e l'uomo femmina <<Simbolo» recipro-
camente2. Per lo scisma dal cosmo - ma, ugualmente, in dinamica
antropologica comune a tutti e quattro i livelli- se S. Th. III, 61 R.,
sulla scia del De sacramentis christianae /idei 1, 9, 3 d'Ugo di San
Vittore, sottolinea la «situazione dell'uomo dal suo peccato sotto-
posto alle realtà corporee» per dedurne come <<mediante i sac.ra-
menti l'uomo sottoposto alle realtà corporee si umilia riconoscen-
dosi soccorso dalle medesime realtà corporee>>, noi dobbiamo guar-
dare in modo altro dei medievali a tale umiliazione - humi I liare
è «sciogliere I a terra»: il che diviene positivamente esponenziale
se è guardato in sincronia .alla umiliazione kenotico-te-a ndrica
(Fil 2, 7-8). Cioè noi possiamo lì valu~are la valenza sacramentale
che la natura spettacolare e la natura nella nostra stessa corporeità
dichiarano dopo lavvento, ad opera dello Spirito, dd Figlio di Dio
nella corporeità dell'uomo (cfr. Rm 8, 19-23 ). Noi cristiani la riso-
luzione, ontologica, la troviamo entrando nell'universale sistema
simbolico di Dio, che è circolo virtuale d'ogni vi.carietà di pre-
senza, scismatica e sanata, imperfetta e perfetta, intramondana e
intematurale - l'uomo egli stesso simbolo di Dio.
2 • I.JTURGIA E SIMBOLO 51
sino inquietante. Perciò siamo d'accordo sul fatto che ~<la critica
dell'idolo è condizione per conquistare il simbolo» 3 • Perché non
è questione di semplice somiglianza-dissomiglianza tra significan-
te e significato; per un verso, meno un simbolo ha di somiglianza
situazionale meno è valido il suo ambito referenziale, per altro
verso, più un simbolo ha di somiglianza più rischia di frapporsi
quale eidolon, «fantasma>>, ab~rrante dalla sua trascendenza. Se a
farli velanti fosse la dissomiglianza e a farli rivelanti fosse la somi-
glianza senza altre coimplicazioni, non ci sarebbero difficoltà per-
ché i simboli si porrebbero da sé in graduatoria di rivelazione
secondo la gradualità della loro somiglianza e i simboli del tutto
dissomiglianti si escluderebbero da sé dall'ambito rivelativo, cioè
non si porrebbero affatto come simboli. Invece tra il velare e il
rivelare dcl simbolo si sviluppa un'ascetica, una dialettica di effi-
cacia - la critica del fantasma aberrante - per cui la tensione è
tanto della somiglianza quanto della dissomiglianza rivelante -
«rivelante» è prima questione di referenzialità e poi questione di
trasparenza del velo simbolico, prima questione del soggetto sim-
bolizzatore e poi questione dell'oggetto simbolizzato.
Dunque, verso il mistero, il simbolo sarebbe ostacolo no ap-
poggio? più ostacolo che appoggio? Esattamente il contrario.
Come è spesso verificabile, la specificità cristiana non è la solu-
zione da spiegare e giustificare radicalmente; essa è soluzione ele-
mentare, con-naturale nella storica economia teandrica; cioè, in
sincronia alla fede, soluzione fondante. Nota Ireneo di Lione:
«Non c'è nulla che non significhi Dio» 4 • Ma la critica del fantaM
sma aberrante, dalla quale dipende la validità referenziale del sim-
bolo, comincia dal rendersi conto che la simbolizzazione sacra-
mentale è un sistema dato; e, da parte sua, comincia simbolizzan-
do a catena per costellazioni in un unico cielo~ Attività simbolica
è rilevare il sistema significativo dell'uni/versum, del «rivolto al-
l'uno», e atteggiarsi coerentemente nell'organizzazione semiofo-
gica del proprio universo; insegna Massimo il Confessore: <<La
teorizzazione simbolica delle realtà intelligibili mediante le realtà
sensibili è sdenza spirituale e sapienza delle realtà visibili median-
52 I · EPISIEMOLOGIA LITURGICA
te le invisibili>»'. La simbolizzazione attua un'osmosi tra l'intelli-
gibile e· il sensibile, è un admirabile commercium, <<meraviglioso
scambio», in se stessa.
I simboli non sono sostantivo: sono verbo, non sono nomina-
~one imputativa di distanza: sono azione computativa c:ll presen:.
za. Nell'ambito referenziale simbolico il significante non sta a in-
dicarti il significato ma te lo mette insieme - sym/hallo, <<metto in
uno, insieme, nello stesso tempo, nello stesso luogo ...» - e la si-
gnificanza consiste nella vicarietà che il significante si assume ri-
spetto al significato: il significato assente ti è fatto presente vica-
riamente nel significante. Il fatto è che purtroppo si ritaglia il sim-
bolo intendendolo soltanto un significante; cosa mutilante per
qualsiasi segrio, ma che cade addirittura nella contraddizione dei
suoi termini nel caso del sym/baleo, del vero e proprio «mettere
insieme» significante e significato e significa112a. La critica del fan-
tasma aberrante si adoperi quindi a valorizzare la valenza ontica
del velo simbolico, consistente nella mediazione della sua vicarie-
tà che rivela l'immediatezza della presenza rivelata; per tale para-
dossale mediazione d'immediatezza il simbolo è la realtà sacra-
mentale stessa in quanto «epifania>> e in .quanto «gloria>>.
5 Mistagogia 2.
2 - LITIJRG IA E SIMBOLO 53
scambio, le nozze teandriche nella incamazi.Qne divinizzante del
Verbo di Dio: «0 admirabile commercium! Il creatore della natu-
ra umana... si fa uomo e ci dona la sua divinità» (Antifona ai Ve-
spri nell'Ottava di Natale). Il concilio Vaticano II ha parafrasato
·Ef 3, 9: «... il progetto salvifico cli Dio, cioè (scilicet) il ~tero
del Cristo, cioè (seu) il sacramento nascosto da secoli in Dio»
(PO 22). Ed ecco la .riflessione alla quale si rifà la costituzione
dommatica del medesimo Vaticano II sulla Divina Rivelazione, Dei
Verbum (DV 13), per illustrare l'uguaglianza di synlkatabasis, <<Ve-
nuta giù I con», la condiscendenza di Dio uguale nel rendere il suo
parlare simile alle parole d~'uomo e nel rendere il suo Verbo simi-
le all'uomo: «Dio disse: Sia la luce! E la luce fu. Dio vide che
la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la
luce giorno e le tenebre notte (Gn 1, 3-5)... Hai visto come il beat9
agiografo e anzi, mediante il linguaggio dell'agiografo, Dio mise-
ricordioso si è fatto condiscendente con la pochezza della capaci-
tà umana ... Infatti per la pochezza di quelli che lo ascoltavano lo
Spirito Santo ispirava il linguaggio dell'agiografo in modo che ri-
ferisse ogni cosa adeguandosi. Per comprendere l'ineffabile beni-
gnità di Dio e quale condiscendenza nel suo parlare egli ha usato,
sollecito e provvidente ~ella nostra umana natura, guardiamo
come il figlio del tuono (Mc 3, 17) non si muove con gli stessi
passi ma, poiché il genere umano era progredito nella sua capaci-
tà, conduce quelli chè lo ascoltano a conoscenza più ·s ublime.
Dice: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il
Verbo era Dio (Gv 1, 1) e aggiunge: Veniva nel mondo la lqce
vera, quella che illuminà ognj. uomo (Gv 1, 9). Infatti, come per la
parola di Dio è creata la luce sensibile e sono fugate le tenebre
visibili, così la luce intelligibile fuga le tenebre dell'errore e guida
gli erranti alla verità {Gv 1, 14). Con .somma gratitudine ri~evia
ino dunque dall~ divine Scritture...» 6 • Per ciò, per tale divina ve-
nuta giù con gli uomini, i nostri simboli misterici sono, ciascuno
nel proprio ordine; satr~entali cioè, ognuno alle .c ondizioni del
suo ordine, rivelativi ed efficaci dall'alto; non sono magia, pretesa
manipolazione del divino catturato a piacimento dal basso. Con
somma gratitudine riceviamo ·dunque ogni accondiscendere di
54 I • EPISTEMOLOGIA LITURGICA
Dio misericordioso per cui il suo Spirito Santo ci adatta e adegua
ogni parola- «Lo Spirito del Signore riempie l'universo, è abbrac-
ciando ogni cosa conosce ogni parola» (Antifona d'ingresso della
solennità di Pentecoste).
Epifania dall'alto che è l'apparire della Santità. Cioè, l'epifania
del rapporto interpersonale di Dio unotrino a noi e cli noi al nostro
Dio. E precisiamo: epifania della Santità, no del sacro («sacro» nel
senso della fenomenologia delle religioni, cioè nel senso adesso cor-
rente); ché questo essendo una trascendenza <<llÌessa a parte>> («sa-
cra>>, dopo R. Otto) non sta nella nostra concatenazione simbolica e
suscita problemi ermeneutici altri per i suoi modi di presenza; anche
se, purtroppo, non è infrequente che alla «Santità», si surroghino
forme indebite di «sacro». Unic~ forma cristiana di sacro nella sim-
bolica·sacramentale è la santità cioè, ripetiamo, il trascendente divi-
no messo in rapporto personale con l'immanente uomo no la tra-
scendenza messa a parte; S. Tb. ill, 60, 1 R ricorda: «Sacramento si
dice qualcosa e perché ha in sé una recondita santità- in questo sen-
so sacramentum equivale a sacro recondito (sacru.m secretum) - e
perché ha in sé un ordinamento a quella santità...».
2 - L!TURGIA E SIMBOLO 55
tipo di esperienza cristiana della presenza di Dio., esperienza mi-
sterica liturgica. È qui che scatta l'aggancio imprescindibile, epi-
stemologico ed ermeneutico, normale e biologico, della nostra li-
turgia alla nostra teologia, alla nostra spiritualità, alla nostra pa-
storale.... Se nella biologia cristiana, per attingere la vita divina e
il suo infinito di Verità, di Bontà, di Bellezza, si realizza una siner-
gia tra simbolizzazione e concettualizzazione, tra logica simbolica
e logica del terzo escluso che, logica entrambe, non si elidono
razionalisticamente ma si postulano antropologicamente; il sim-
bolo non è razionalmente «meno vero» ·d el concetto, è antropo-
logicamente «più reale» del concetto. E come la concettualizza-
zione teologica ha la sua qualificazione al modo razionale così al
modo di procedimento poietico-estetico la simbolizzazione litur-
gica ha la sua specifica qualificazione di norma: gloria dell'Im-
manenza, cioè epifania in bellezza di Dio-con-noi. Poietike è de-
rivazione da <<formare con arte, dare essere dando alla luce, susci-
tare celebrando, compiere frequentando»/<<farsi fare creativamen-
te»; e afsthetz"ke è derivazione da «percepire contemplare. coglie-
re, sensibilmente».
Sono, tutte, variazioni del fare I farsi fare in simbolicità sensi-
bilmente percepibile in cui si attua emblematicamente il mistero
cristiano, nella liturgia, con la liturgia. Variazioni convenienti alla
pregnanza variegata del sym-, «com>, nel simbolo misterico cri-
stiano, nel simbolo liturgi.:o: syn è «coesistenza, uguaglianza,
completezza, sussidiarietà, complementarità, reciprocità; simulta-
neità temporale, copresenza spaziale,...». Il nostro sim-bolo è con-
nivente con l'eveb.to del Figlio di Dio apparso per la distruzione
di ogni dia-bolicità (1Gv3, 8) - dia-bal!O, «disunisco, metto male
tra due, sconvolgo, colpisco moralmente; accuso, caluniìio, scre-
dito, rendo odioso; inganno, mi oppongo a qualcuno»; dia, «pe-
netrazione a traverso e divisione conseguente1 separazione teip-
porale, allontanamento spaziale, rivalità, differenziazione per qua-
lità incompleta, per superiorità surclassante, per compimento rin-
forzato, per tempo protratto, per spazio esasperante,...»-. E però,
la divina economia dell'incarnazione del Figlio per lo Spirito -
« ...si fece carne e venne ad ahi.tare in mezzo a noi; e noi vedemmo
la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia
e di verità>>'(Gv 1, 14) - è economia connivente con la divma eco-
56 I - EPISTEMOLOGIA LrruRGICA
nomia della creazione primordiale - «Egli era in principio presso
Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è
stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce
degli uomini...» (Gv 1, 2-4) - è la connivenza pasquale (SC 5)
dello statuto iconico teandrico di ere.azione .e di incarnazione, di
teologia dell'uomo e di teologia della grazia.
2 · LITIJRGIA E SIMBOLO 57
è dissennato equivocare sulla simbolica sacramentale ed è dissen-
nato ugualmente trascurarla p.er rimanere al sicuro da dissenna-
tezze, l'omettere ha la stessa grave serietà del commettere.
Donde gli atteggi.amenti registrabili da quando sotto l'influen-·
za determinante del Vaticano Il si è inteso ricomprender.e l' esten-
sione della categoria sacramentale all'intera simbolica liturgica
passando dalla fondazione sacramentaria medievale prima e tri-
dentina p.oi a una epistemologia fondativa del continuum sui· ge-
neris cosi risultante. Per la liturgia è l'acquisizione di una teologia
sacramentale dell'azione rituale celebrativa; per la teologia siste-
matica è revisione rifondativa della sacramentaria generale. L' as-
sennato riferimento diverso, cioè analogico, al simbolo sacramen-
tale postula l'interazione della scienza liturgica con la teologia si-
stematica, e di entrambe con le scienze .umane e teologiche del- ,
l'antropologia e del linguaggio. Cose che nell'ultimo trentennio
hanno suscitato tentativi teoretici oramai classici pur se non defi-
nitivi, e anche processi di vivisezione del fondamento del .fonda-
mento del fondamento ... Evidentemente, quelli sono da accumu-
lare nella progressione del pensiero teologico e liturgico; questa è
inammissibile in quanto retrocessione oziosa (più o meno intel-
lettualistica, o positivistici) che smentirebbe sl,Ù campo la siner-
gia tra la simbolizzazione e la concettualizzazione. Discorrendo
proprio del simbolo, il concetto non può procedere soltanto per
via di concettualizzazione. Tanto più che la flessione di senso per
inadeguazioni rituali (si pensi alla illuminazione battesimale per
infusione, alla confermazione ctismale successiva ali'eucaristi~,
alla comunione eucaristica con il solo pane.. J riducendo la com-
prensione della globalità costitutiva a validità minimAfist~ del rito
ha distratto e distrutto la consistenza celebrativa fondante. E ana~
lizzando proprio il simbolo sacramentale della teologia crisilima>
la fenomenologia deve procedere con la circospetta cautela che la
sua diversità specifica impone. Infatti, per la irruzione del divino
nell'umano tipicamente cristiana, malgrado le continuità o gli ag-
ganci persino impressionanti con la simbolizzazione delle civiltà e
delle culture, la nostra simbolica liturgica non permette una omo-
logazione semplice delle discontinuita e delle rotture in essa ri-
scontrabili. Riflettendo sui tentativi divenuti classici nell'ultimo
trentennio e insieme sulla diversità che occorre identificare, due
58 I· EPISTEMOLOGIA LITURGICA
poli appaiono fondamentali: a) il polo che è la cerniera sacramen-
tale tra la simbolica liturgica nel suo complesso tutt'uno, da una
parte, e dall'altra parte il settenario risultante dai sacramenti di
iniziazione, nozze, ministero-sacerdozio, penitenza nel peccato e
unzione nella infermità; b) il polo che è quel -sacramento del set-
tenario valido a catalizzare gli altri sacramenti del settenario stes-
so e l'intero complesso tutt'uno.
a) Ciò che io dico «cerniera» sacramentale, e altri dicono sa-
r
cramento con l'una o altra qualificazione che ne indichi comun-
que l'identità di mediazione fondativa, è (la) soglia critica nel (del)
Vaticano II - SC 5. 7; Lumen Gentium (LG) 9.48; Ad Gentes
(AG} 1. 5; ... - è la costituzione sacramentale (simbolica) della
Chiesa. Secondo Gaudium et Spes (GS) 45 «ogni bene che il po-
polo di Dio può offrire alla famiglia umana ... scaturisce dall,esse-
re, la Chiesa, universale sacramento di salvezza che insieme rivela
e attua il mistero dell'amore di Dio airuomo». Chiesa sacr$D.ento
adegua dunque compiutamente lo statuto del simbolo sacramen-
tale della teologia cristiana, velo di rivelazione, epifania della San-
tità, gloria dell'Immanenza. Ma se la costituzione sacramentale
della Chiesa dice di lei, al passivo, il suo titolo di piena apparte-
nenza all'universo della simbolica cristiana, ciò non basta a iden-
tificare, all'attivo, la sua mediazione fondati.va riguardo agli altri
simboli sacramentali e al settenario sacramentale. Né soddisfa
r aggiunzione del Cristo sacramento, quasi fondativa a sua volta.
Vadmirabile commercium eristico imperniò sulla iconicità origi-
naria dell'uomo a Dio la sacramentalità delle alleanze antiche
dalla creazione a Israele, perché sulla iconicità originaria dell'uo-
mo a Dio, e l'iconicità di Dio condisceso kenoticamente nella sto-
ria an·uomo, e l'iconicità dell'uomo divinizzato nella storia a Cri-
sto Gesù Uomo-Dìo, esso impernia la sacramentalità dell'alleanza
definitiva dalla Pasqua alla Chiesa. La mediazione fontale della
Chiesa in ordine all'universo della simb9lica cristiana - e recipro-
camente del Cristo- è data dalla sua unificazione, a modo di fon-
te unica in reciprocità, con la mediazi0ne fontale del Cristo stes-
so, «...colui che è venuto con acqua e sangue... non con acqua
soltanto ma con l'acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che rende
testimonianza... Poiché tre sono quelli che rendono testimo-
nianza: lo Spirito, I' acqua e il sangue, e questi tre sono concor-
2 • LITURGIA E SIMBOLO 59
di..» (1Gv5, 6-8): la Chiesa è manifestata sacramento fontale in
quanto appare testimonfanza dello Spirito, concordia testimonia-
le dello Spirito dell'acqua e del sangue; cioè concordia testimo-
niale delle nozze teandriche sulla croce. (<lnfatti, dal fianco di
Cristo addormentato sulla croce è scaturito (.Gv 19, 34) il mira-
bile sacramento di tutta la Chiesa>> 9• La Chiesa risulta fonda-
mentale sacramento del Risorto, cioè simbolo nuziale di lui; re-
ciprocamente il Risorto di lei, sposa-sacramento di sposo-sacra-
mento. Per ciò, la Chiesa è tempo-spazio condizionante i sacra-
menti e la simbolica liturgi.ca in intero. L'anamnesi delle nozze
teandriche di Cristo e della Chiesa risulta fondativa dei sacra-
menti perché è diastole per lo Spirito della sistole che è l'epicle-
si dello Spirito> «La convocazione dei credenti che guardano a
Cristo autore della s.alvezza principio di "unità e di pace è stata ,
costituita da Dio Chiesa perché sfa a tutti e ai singoli
visibile sacramento di questa salvifica unità... 10• Procedendo
(nella storia) ... in virtù della grazia di Dio promessale dal Si-
gnore la Chiesa è corroborata per... permanere degna sposa del
suo Signore...» (LG 9). «Cristo elevato da terr~ attirò tutti a sé
(Gv 12, 32) risorgendo dai morti infuse il suo Spirito vivificante
ai discepoli (Gv 20, 22) e in virtù di lui costituì il suo corpo che
è la Chiesa, universale s:acramento di salvezza...» (LG 48).
Tempo-spazio della nostra· epistemologia è la Chiesa nell' eser-
cizio della sua sponsalità in virtù dello Spirito. Il <<grande mistero
di Cristo e della Chiesa (E/5, 32) è però fontale dei sacramenti in
quanto è ecclesiotipito. La referenzialità dei sacramenti alla Chiesa
sposa deve dar conto dell' ru!Somigliarsi nuziale di essi tutti e singo-
li. Secondo LG 35 «i sacramenti della Nuova Legge... preQgurano
un nuovo cielo e una nuova terra (Ap 21, 1)» m.aAp 21, 2-3 vede
realizzata quella novità nella «città santa, la nuova Gerusalemme,...
pronta come una sposa adorna per il suo sposo» e ode che essa è
indicata «dimora di Dio con gli uomini ... , essi suo popolo ed egli
Dio-con-loro»: è la sponsali.tà ecclesiale, l'admirabile commercium
teandrico, «novità>> ultima che i sacramenti «prefigurano».
9 SC 5; il testo con~ dta Agpsùno, Ena"ationes in Psalmos 138, 2 e l'orazione dopo la se-
cond.a lettura dd Sabato Saiito nel messale romano antecedente la riforma della Settimana Santa.
10 CIPRIANO, Epistola 69,6: inseparabile :unitatis sacram.entilm.
60 I • EPISTEMOLOGIA LTIURGICA
b) Il sacramento che io dico «catalizzatore>> degli altri sacramen-
ti dd settenario stesso, e altri dicono sacramento con l'una o l' al.-
tra qualificazione che ne indichi comunque una qual sorta di de-
rivazione attivamente identificante, è l'eucaristia <<fonte e culmi-
ne» (LG 11) della biologia cristiana. «Tutti gli altri sacramenti,
cÒsì come tutti i ministeri ecclesiali e tutte le opere di apostola-
to, sono una connessione unitaria con la santa Eucaristia e ad
essa sono ordinati. Infatti nella santissima Eucaristia è contenu-
to tutto il bene spirituale della Chiesa, il Cristo stesso nostra
Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne dallo Spirito vivi-
ficata e (in virtù sua) vivificante, dà la vita agli uomini...» 11 • In-
vece di Tommaso d'Aquino io preferisco riferire lo Pseudo-Dio-
nigi che S. Th. 65, 3 riecheggia esplicitamente a suo modo, e che
si commenta da sé: <<1 riti della Sinassi. L'eucaristia è il sacra-
mento dei sacramenti. Bisogna trattare di essa prima di trattare
degli altri sacramenti e poi, d~scrivendo i sacri riti, bisogna risa-
lire .dalla divina e gerarchica scienza sec~ndo le Scritture e per
lo Spirito Santo alla sua sacra contemplazione. Consideriamo
santamente, dunque, innanzitutto perché la caratteristica comu-
ne anche agli altri sacramenti gerarchici è attribuita particolar-
mente ad essa e non agli altri, perché essa sola è chiamata comu-
nione e sinassi mentre ognuna delle azioni sacramentali ricon-
duce la nostra vita individuale all'unica divinizzazione e (ognu-
na) dà comunione e riunioni (sinassi) con l'Uno mediante l'unir-
si divino di realtà individue. Noi diciamo che la partecipazione
agli altri simboli gerarchici riceve il suo compimento dai doni
teandrici e perfettivi di essa. Infatti non è possibile che uno sia
iniziato a un sacramento gerarchico senza che al culmine di ogni
rito la divinissima eucaristia realizzi divinamente la riunione (si-
nassi) all'Uno di chi partecipa al sacramento e attui in lui la
comunione con Dio... Poiché, dunque, ogni singolo sacramento
gerarchico non àttua da solo la nostra com.unione e riunione
(sinassi) con l'Uno, perché ha una sua incompiutezza relativa-
mente al compimento perfettivo, malgrado la partecipazione
dell 1iniziato ai misteri divini sia il fine e il coronamento di ogni
singolo sacramento; è convenientemente adatto, adeguato all~
11
.
PO 5; il testo conciliare cita S. Th. ID, 73, 3; 79, l; e specialmente 65, 3.
2 - LITIJRGIA E SIMBOLO 61
verità del fatto reale, il no;me (di ogni singolo sacramento•.. : Si-
nassi - riunione - il .nome dell'eucaristia) ...» 12•
n ricorso alla connessione unitaria di tutti gli altri sacramenti
con l'eucaristia non è davvero devozionistico o inutile. È che
senza la sua çap~cità catalizzatrice, senza che i sacramenti si
situino relativamente ad essa, la loro identificazione non è
possibile. <<Dell'eucaristia la Chiesa continuamente vive e cre-
sce» (LG 26) e ~<l'eucaristia perfeziona la Chies.a>> (AG 39). Così
che tra la sacramentalità font~e della Chiesa-sposa-corpo e la
sacramentalità somma e ottimale dell . 'eucaristia
. «fonte e culmi-
. ..
62 I - EPfSTEMOLOGIA U1URGICA
3
LITURGIA E SPIRITUALITÀ
Jesus Castellano Cervera
3 ·LITURGIA E SPIRr:tuALITA 63
a realtà indissociabili della vita dei fedeli e della comunità eccle-
siale. Non si può pensare in maniera coerente ad una liturgia che
non esprima ed alimenti la spiritualità cristiana. Non si può par-
lare di una vera spiritualità cristiana che non trovi nella liturgia
celebrata e vissuta la sua sorgente, il suo culmine, la sua scuola.
A livello di linguaggio e di significati la terminologia usata è
fluida. Il binomio può essere espresso con i termini liturgia e spi·
ritualità o liturgia e vita spirituale; nei due casi la liturgia è intesa
come celebrazione del mistero cristiano; spiritualità o vita spiri- t.
tuale significa l'esperienza cristiana vissuta, nella ricchezza dei
suoi molteplici aspetti. Si può parlare anche di spiritualz'tà liturgi-
ca, nel senso di una esperienza spirituale che nei suoi principi
dottrinali e vitali e nel suo stile ùspira, si nutre, si modella e si
esprime a partire dalla liturgia.
Queste distinzioni mostrano che la terminologia è fluida e sono
necessarie precisione e chiarezza per una giusta impostazione te-
ologica. Allo stesso modo, risulta evidente quanto siano vicine le
due realtà, in una chiara comprensione della liturgia e dell'esisten-
za cristiana alla luce della teologia del culto liturgico e spirituale
nel Nuovo Testamento.
L'importanza del tema e il desidedo di giungere ad un fecondo
rapporto teorico e pratico ha radici storiche lontane, nella così
detta dissociazione fra teologia e santità, fra liturgia e pietà popo-
lare, e per conseguenza fra liturgia e spiritualità; o nella distinzio-
ne, alquanto imprecisa di fatto , fra pietà oggettiva e soggettiva,
intesa la prima come pietà e spiritualità radicate nelle sorgenti
ecclesiali ed oggettive dclla vita cristiana - parola e sacramenti -
e la seconda in quanto fondata in espressioni più individuali e sog-
getti.ve, come la preghiera personale, la contemplazione, l'ascesi,
la vita mistica. In realtà, la spiritualità cristiana non può non af·
fondare le rad.id nel mistero Jella salvezza e non può prescindere
dalla risposta personale, e quindi dal coinvolgimento soggettivo,
a partire dalla vita teologale.
Non è il caso di rifare qui la lunga storia dei rapporti fra litur-
gia e spiritualità, che in questo secolo ha dato origine ad una
Espiritualidad», 2U·214 (1995). Dal 1993 la rivista spagnola «0raci6n de las horas» ha assunto il
titolo significativo: «Liturgia y espiritualìdad».
64 I - EPISTEMOLOGIA LITIJRGICA
nutrita bibliografia. Essa ha interessato notevolmente gli inizi ed
il periodo del rinnovamento liturgico, fino alle soglie del Vatica-
no II ed oltre 2•
Oggi la ritrovata armonia fra queste due realtà, fattualità del
tema e il desiderio di orientare in modo positivo il loro rapporto,
è evidenziata, ad esempio, dalla presenza di co.çsì di liturgia e
spiritualità, o di spiritualità liturgica, sia negli istituti specializzati
di liturgia sia in quelli di teologia spirituale. Tentativi di proposte
unitarie si riscontrano anche nei diversi dizionari di liturgia, dove
ha un notevole spazio la voce «spiritualità liturgica>>, o in quelli di
spiritualità, dove la voce «liturgia» occupa un posto di rilievo>.
L'integrazione rimane ancora problematica nell'ambito delle trat-
tazioni e nei manuali sia di liturgia sia di teologia spirituale, dove
la sintesi stenta ad essere raggiunta, quando non si tratta di una
vera e propria assenza del tema., come se nulla dovesse dire in
proposito la liturgia alla spiritualità o la spiritualità alla liturgia~.
Eppure il rapporto fra le due prospettive è logico e necessario.
La liturgia richiama l'attenzione della spiritualità in quanto è la
sua fonte, a livello di scienza teologica e di esperienza di vita. La
spiritualità mette l'accento sulla necessità di una celebrazione e.di
una assimilazione del mistero celebrato, guidate e animate dalle
virtù teologali, compiute con un vero senso contemplativo, che
orienta verso la santità e la mistica cristiana. D'altra parte la litur-
gia richiede una spiritualità, una celebrazione che si possa dire a
pieno titolo «mistagogica», e si prolunghi nel quotidiano, secon-
1 Cfr. S. MAR.~ILI, Ln «spiriJu11'itò liturgica» in clima di polemica, in RL. 61 tl974). pp. 337-354;
F. BROVELLI, Liturgia e spMiunlità: storici di un problema recente e suoi svilu'f1Pi, in AA. Vv., Ritorno
alla liturgia. Saggi sul Movimento liturgico, Edìzioni Liturgiche, Roma 1989, pp. 213-278; B. SE-
CONDIN. Liturgia e spiritualità: dialoghi incompii1ti e impeefctti. in RPL, 4 (1988), pp. 47·54.
1 Liturgie et vie spii'itur:llr:, in DSp, IX, 1976, pp. 8ì3-939, pubblicato in volume separato dalla
stessa casa editrice, Paris 1977 e nella versione italiana: Liturgia e uita, M.arieui, Torino 1980;
E. RUFFINI, Celebrazione iitrngica, in N11ovo Dkiottario di Spiritualità, Ed. Paoline, Roma 1979,
pp. 154· i 76; D. SARTORE, Ut11rgia, in Dizionario di Spiritualità dii laici, O.R, Mihino 1981, pp. <lZ7442;
B. NEU>XHEl.:SER, Spirituali/.à liturgica, in NDL, Ed. Paoline, Roma 1984. pp. 1419-1442;]. CAsrEL-
L,\NO, Litl!rgia, in Dizionario Enciclopedico di Spilitualità. Città Nuova, Roma 1990, pp. 1450· I 468;
K. W. I.nw1N, Liltlrg_y, in Tbc NC'w Dictiorrnry o/Catholic Spirit11ality. The Lltmgical Press, Coilège-
ville Minnesor.1, 1993, pp. 602-310.
4 In alcuni recenti 1Dnnualì di liturgia il tem:t è diventato un capitolo specifico. Cfr. J. LoPEZ
MAK!1N, «In Spirito e verità». fotmduz.iom· q[/a lìturgia, Cinisello BalS2mo 1989, PP· 457-501;
M. AuGf., Liturgia. Storia, celebrazione, teologia, spiritt1alità, Ed. S1m Paolo, Cinisello Bil.tsa-
mo 1994i, 301-313.
3 . UTURGlA E SPIRITUALITÀ 65
do le diverse vocazioni, con gli impegni della vita evangelica, del-
la testimonianza e della missione.
Nell'ambito ·delle questioni introduttorie manca una trattazio-
ne metodologica sul compito specifico, i temi caratteristici e il
metodo adatto, sia all'interno di un corso sistematico di liturgia
che di teologia spirituale. Esistono tuttavia tentativi validi d'inte-
grazione, in akrmi manuali di liturgia più recenti, ed in genere
negli istituti specializzati di liturgia o di spiritualità ~ .
Dal punto di vista dello studio scientifico, occorre compiere *
alcune chiarifkazioni essenziali, dalle quali dipende una retta
impostazione dei rapporti fra liturgia e spiritualità e, di conse-
guenza, una nozione di spiritualità liturgica. Esse riguardano, pri-
ma di tutto e a livello teologico, la natura spirituale della liturgia e
la coerente dimensione liturgica della spiritualità cristiana. In se-
condo luogo, può essere interessante, nel campo della storia della
liturgia e della spiritualità, studiare il mutuo rapporto fra la cele- '·
brazione del mistero cristiano e la sua espressione vitale, come
viene documentata attraverso le varie epoche. In terzo luogo una
attenta visione dei rapporti fra la liturgia e la spiritualità deve
porre l'attenzione sulle condizioni oggettive e soggettive del cele-
brare, cioè su quella. necessaria partecipazione personale che si
apre al mistero celeb.rato e si esprime in una coerente continuità
nell'esistenza quotidiana. Finalmente, può essere utile, ai fini di
una retta impostazione globale, illustrare il rapporto della liturgia
con alcune tematiche che la spiritualità ha privilegiato come pro-
prie: la preghiera personale, la contemplazione, la vita mistica,
rascesi, l'impegno nel mondo, l'apostolato, la missione, la pietà e
la religiosità popolare. E coerentemente illustrare la necessaria
dimensione. spirituale di alcuni settori· della liturgia: sacramenti,
celebrazione eucaristica, liturgia delle ore. Tutto può convergere
nella esposizi.one della leghtimità, nozione e caratteristiche della
spiritualità liturgica.
' Cfr. A.M. TRIACCA, Rilievi critici in vista di una "i!pistemologia" della «Spiritt1alità liturgica»,
in B. CAu.u -B.St:CONDIN-T. 'IN.CA (a cura di), Spiritualità: Fisianomia e compili, LAS, Roma 1981,
pp. 115-128; h>., LA Spiritualité liwrgique est-ellt: possible? De la méthode ò la vie, in AA.Vv., Litur·
gie, Spirituaiité; Cultttres. Co11/irences Saint-Serge. XXIX, Sémaine d'Etudes titurgiques, Paris 29
juin-2 juillet 1982, éditées par A.M. Trincea et A. Pistoia, CLV. Roma 1983. pp. 317-339.
66 I · EPISfEMOLOGIA LITIJRGICA
I. LITURGIA E SPIRITUALITÀ:
ILLUMINAZIONE TEOLOGICA
68 I - EPISTEMOLOGIA lJTIJRGICA
della vita cristiana come punto di inserimento nella storia della
salvezza, continua celebrazione del mistero di Cristo e dello Spi-
rito, cammino che accompagna l'esperienza quotidiana ·dei fedeli,
dal battesimo fino all'ultimo momento del passaggio pasquale
dalla morte alla vita.
La vita spirituale è segnata dai sacramenti dell'iniziazione cri-
stiana: battesimo, -confermazione, eucaristia. Per questo fa spiri-
tualità, nelle sue varie espressioni, nelle esigenze supreme della
contemplazione, della verginità, del martirio, della carità, è essen-
zialmente spiritualità del battesimo e della confermazione, parte-
cip~ione al mistero della Pasqua e della Pentecoste; spiritualità
che Peucaristia conferma, alimenta e matura, portandola a com-
pimento, e che altri sacramenti e riti (ordine, matrimonio, consa-
crazione verginale, monastica e religiosa) determinano. Il battesi-
mo caratterizza la vita cristiana: in quanto sorgente e causa inizia-
le, per vivere in forza del battesimo; come contenuto essenziale di
grazia, per agir'e secondo le sue virtualità, con il triplice ufficio
sacerdotale, profetico e regale; in quanto modello del vivere cri-
stiano, sollecita un continuo dinamismo di morte-risurrezione,
rinnovato ed arricchito con la celebrazione dell'eucaristia e délla
preghiera, nel quadro dell, anno liturgico, secondo la vocazione
personale, nella concretezza della storia.
Il CCC conferma tale visione della spiritualità quando defini-
sce la vita cristiana come «vita in Cristo» o <<Vita secondo lo Spi-
rito» e la descrive in dimensione trinitaria (nn. 1691-1696. 1699).
In tal senso prospetta la santità cristiana (n. 2012) e la stessa mi-
stica cristiana, distinguendo chiaramente la vocazione comune alla
santità, che è comunione al mistero e ai misteri di Cristo; aggiunge
che esiste, accanto ad una essenziale «mistica sacramentale», aper-
ta a tutti, il carisma dei mistici che hanno una particolare espe-
rienza del mistero di Cristo e lo testimoniano «allo scop·o di ren-
dere manifesto il dono gratuito fatto a tutti>> (n. 2014). La liturgia
quindi accompagna nel suo nascere e nel suo sviluppo tutta la vita
spirituale del cristiano fino alle vette della santità e della mistica.
Occorre quindi ricordare l'impostazione che il Vaticano II ha
dato ai rapporti fra la liturgia e la vz'ta spirituale. In realtà non è
sfuggita ali' attenzione dei padri conciliari la questione nel mo-
mento di esanùnare e redigere la se. n tema era stato dibattuto
} • LlTURGIA E SPDUTUALITÀ 69
nei decenni precedenti e non poteva essere ignorato. Pio XII ne
aveva parlato nella sua enciclica Mediator Dei; nella.continuità del
magistero bisognava fare un riferimento esplicito.
I nn. 9-13 della SC illuminano taluni aspetti della spiritualità con
una prima formulazione di tipo generale: rapporto della liturgia con
le altre attività della Chiesa; esigenza delle dovute disposizioni eti-
che e personali per la partecipazione attiva, consapevole e fruttuo-
sa; relazioni con la preghiera, l'ascesi, i pii esercizi 6 •
«Fonte e culmine». Alla spiritualità cristiana si può applicare*-
quanto il concilio afferma delle attività della Chie$a: «La litw:gia è
il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, 1-a fonte
da cui promana tutta la sua virtù» (SC 10). La liturgia, e in modo
speciale la celebrazione dell'eucaristia, è fonte e culmine di tutta
l'attività della Chiesa perché essa è l'attuazione della santificazione
(fonte) e del culto (cuhnine). Infatti, «dalla liturgia ... e particolar-
mente dall'eucaristia deriva a noi come da sorgente, la grazia, e si "
ottiene, éon la massima efficacia quella santificazione degli uomini
e glorificazione di Dio in Cristo, verso la quale convergono, come
a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa». (SC 10)7.
Infatti ogni vita cristiana incomincia col battesimo e fa confer-
mazione, si restaura con la penitenza, si nutre con l'eucaristia. La
vita dei fedeli matura e cresce a contatto con Cristo. Tutti gli altri
mezzi per accr~scere ed esprimere la vita spirituale (ascesi, pre-
ghiera, devozioni, favoro, testimonianza ...) hanno nella liturgia la
loro sorgente, specialmente nel battesimo e nella confermazione;
per il carattere sacramentale costituiscono i fedeli nella perenne
dllnensione del sacerdozio regale e del culto spirituale. Fuori del-
la liturgia si possono ricevere grazie speciali, si deve attuare una
risposta effettiva alla grazia ricevuta; tali atti sono una esplicita-
zione della grazia battesimale ed eucaristica oppure, come nel
caso di una conversione, tendono ad essa. I fedeli possono avere
momenti forti di esperienza spirituale fuori dalle azioni liturgiche;
in essi la loro risposta a Dio arriva ad un vero culmine (nel mar-
tirio, nella contemplazione, in un momento dì preghiera intensa,
6 Cfr. S. MA!tsu.t, LJturgW., in JJkionario del Cond lio Ecument(o Vaticano II, Roma 1968, pp.
1294-1.>43.
ì R FALSINl- G. CAVAGNOU , La liturgia come «culmen et fonr». Genesi e sviluppo di un Jema
conciliare, in. AA.Vv., Litt•rgia e spirit1.1alità, Edizioni Liturgiche, Roma 1992, pp. 27 ·49: 51·70.
70 I · EPISTEMOLOGIA LITURGICA
di offerta di sé, di amore del prossimo ecc...); tale risposta proce-
de dalla grazia dei sacramenti e tende al culto di glorificazione
reso al Padre per Cristo nello Spirito.
Si noterà che già la SC appoggia la sintonia del celebrare spiri-
tualmente e del vivere il mistero celebrato con due espressioni
della spiritualità liturgica tradizionale: il principio della Regola di
S. Benedetto~ c. 19: mens concordet voci; e raureo principio della
colletta pasquale per i neofiti: vivendo teneant quod fide percepe-
runt (SC 11 e 10).
«Le attività extraliturgiche». Con lo stesso concilio occorre af-
fermare: <<La vita spirituale non si esaurisce nella parte.cipazione
alla sola liturgia» (SC 10. 12). Tra la «fonte>> ed il <<culmine>> esi-
ste l'ampio margine del culto spirituale della vita; in esso sono in-
cluse tutte le altre attività dei fedeli, senza le quali sarebbe incon-
cepibile una spiritualità concreta e4 impegnata. Di tutte queste
attività il concilio ne ricorda alcWle in particolare: l'osservanza dei
comandamenti, le opere di carità, di pietà e di apostolato, l'evange-
11.zzazione che precede e segue ogni celebrazione liturgiça (SC 9); la
preparazione prossima e remota per una partecipazione consa-
pevole, attiva e fruttuosa nella liturgia, intrisa di vita teologa-
le (SC 11); la preghiera personale e l'ascesi (SC 12); gli es.ercizi di
pietà (SC 13 ).
La liturgia è il momento fontale e culminante della vita spiri-
tuale; ma mancherebbe di un suo genuino dinamismo se non fos-
se vissuta con le esigenze della vita teologale e non avesse un in-
flusso concreto nell'esistenza quotidiana. Il concilio afferma espll~
citamente: «La liturgia spinge i fedeli, nutriti dai sacramenti pa-
squali a vivere in perfetta unione, e domanda che esprimano nella
vita quanto hanno ricevuto mediante la fede» (SC 10). È un'esi-
genza della dimensione dialogale della storia della salvezza: ri-
spondere al dono di Dio, attuarlo nella concretezza della vita.
Rimane però l'importanza e la centralità della liturgia nella vita
spirituale. Da essa riceve luce e forza ogni impegno di ascesi e di
apostolato; ad essa tende ogni esercizio di virtù e ogni opera di
carità. «Infatti, il lavoro apostolico è ordinato a ·c he tutti, diventa-
ti figli di Dio mediante la fede ed il battesimo, si riuniscano in
assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e
alla mensa del Signore» Ubid.).
3 • LITURGIA E SPIRITUALITÀ 71
Per accogliere e assimilare la santificazione, per approfondire
il senso del vero culto a Dio, ha un'impo-rtanza decisiva la pre-
ghiera personale; essa nasce dalla condizione di figli di Dio,
ricevuta nel battesimo ed attua la comunione con Cristo, frut-
to dell'eucaristia. Nell'attenzione al binomio preghiera e ascesi
(SC 12) il concilio sintetizza due grandi atteggiamenti della spi-
ritualità, quasi a rendere evidente il necessario rapporto con
· - tutta la vita spirituale dei fedeli. La formulazione della legittimi-
tà della preghiera è sostenuta dal pr·e cetto e dall'esempio di ~
Cristo; ma in realtà ogni preghiera autentica ha la sua radice nel
dono dello Spirito e nella grazia filiale del battesimo. L'accenno
all'ascesi cristiana viene illustrato dalla necessaria conformazio-
ne al mistero di Cristo, radicata nel battesimo e nel culto spiri-
tuale della vira che ha un vero carattere eucaristico.
Tenendo conto anche dell'importanza che per la spiritualità ha
avuto ed ha tuttora la pietà popolare ed i suoi esercizi, special- ~
mente in alcuni luoghi ed in alcune epoche, il concilio illustra
anche questa espressione della vita cristiana nel suo rapporto ~on
la liturgia. È noto che molti pii esercizi sono nati in margine alla
liturgia, e spesso come sostitutivi cli un.a pietà che non poteva
nutrirsi alle sue sorgenti. Il concilio ammette la loro legittimità,
ma esorta: «Bisogna che tali esercizi tenendo conto dei tempi li-
turgici, siano ordinati in mo<lo da essere in armonia con la sacra
liturgia, da essa traggano in qualche modo ispirazione, e ad essa,
data la sua natura di gran lunga superiore, conducano il popnlo
cristiano» (SC 13 ).
Alcuni autori ritengono che talune espressioni della se non
esprimono del tutto il rapporto unitario fra la liturgia e la spiri-
tualità, perché manca una piena esplicitazione dell'unità della
vita cristiana e del culto spirituale mediante il sacerdozio dei
fedeli. Tale impostazione dottrinale si trova nella LG dove si ri-
cupera pienamente il senso del «sacerdozio dei fedeli>> e del
«culto spirituale», a livello biblico, liturgico e teologico, che
collega felicemente la liturgia con la vita intera dei fedeli. È
sulla base della teologia biblica del culto spirituale e del sacer-
dozio dei fedeli (LG 10 e 11) che deve essere valorizzato il sen-
so cultuale della vita spirituale in tutte le sue manifestazion.i: pre-
ghiera, as·cesi, carità, apostolato, lavoro, contemplazione, vita
72 l • EPISTEMOLOGIA LITURGICA
mistica. Tutto nel dinamismo della carità e nella costante azione
dello Spirito Santo. Alla luce di tale dinamismo le dicoto:tnie
vanno superate. Tutta la vita dei cristiani, in forza del bat-
tesimo, della confermazione, e dell'eucaristia, con la grazia di al-
tri sacramenti e l'esercizio delle virtù, diventa un culto spiritua-
le (LG 34).
Si può spingere il rapporto fra litur.gia e spiritualità fino a sta-
bilire una certa equazione: «L'intera vita dei fedeli, infatti, attra-
verso le singole ore del giorno e della notte, è quasi una "leitour-
gia", mediante la quale essi si dedicano in servizio di amore a
Dio e agli uomini, aderendo all'azione di Cristo che con la sua
dimora tra noi e con l'offerta di se stesso, ha santificato la vita
di tutti gli uomini>> 8 • Il CCC congiunge liturgia e vita quando
afferma: «Il termine '(Liturgia" nel Nuovo Testamento è usato
per designare non soltanto la celebrazione del culto -d ivino, ma
anche l'annunzio del Vangelo e la carità in atto. In tutti questi
casi, si tratta del servizio di Dio ·e degli uomini. Nella cele-
brazione liturgica, la Chiesa è serva, a immagine del suo Si-
gnore, l'unico "Liturgo", poiché partecipa del suo sacerdozio
(culto) profetico (annunzio} e regale {servizio della carità)»
(CCC n. 1070). Liturgia e spiritualità risplendono nelPunità
della stessa vita di Cristo e dei cristiani, partecipi del suo sacer-
dozio nel culto, nell'annunzio, nella carità.
IL LA PROSPEmvA STORICA
3 - LITURGIA E SPIRITUALITA 73
esente da polemiche, attraverso il rinnovamento liturgico, fino al
concilio e ai nostri giorni 9 •
Tale impostazione ha il rischio delle grandi sintesi che non
possono non essere che parziali. Con una visione più ampia e
coerente la storia dei rapporti fra liturgia e vita spirituale dovrà
essere riscritta, se non completamente almeno in modo parziale.
Le visioni generali proposte in tempi di polemica sono troppo
condizionate dal desiderio di far prevalere una tendenza sull' al-
tra. Troppe sono le distinzioni da fare, molti sono i luoghi corrru~
ni che non reggono davanti a seri studi monografici di epoche, di
autori, di scuole· di spiritualità. La serietà scientifica in questo
campo ormai deve essere di rigore; le grandi sintesi che abbrac-
ciano $ecoli di storia con giudizi sommari sul rappEJrto fra liturgia
e vita spirituale sono da prendersi con molta cautela, sia per quan-
to riguarda l'epoca primitiva, sia per il Medioevo, sia finalmente
per la spiritualità postridentina, liquidata sommariamente com~
antiliturgica o scarsamente attenta alla liturgia 10 •
Occorre fare studi monografici seri che possano dare ragione
della complessa intera.zione fra liturgia e vita spirituale, tenuto con-
to che, pur avendo subito la liturgia una lunga-crisi nella compren-
sione del popolo e nella piena partecipazione, non è stato mai in-
terrotto il flusso sacramentale della vita liturgica nelle-grandi espe-
rienze spirituali, personali e collettive, della storia della Chiesa.
Questa visione, compiuta con rigore scientifico, dovrebbe of-
frire un panorama più imparziale dei rapporti fra la liturgia e la
spiritualità nel corso della storia. Possono essere messi così in luce
i momenti di splendore, di evoluzione o di involuzione, dovuti
spesso non alla liturgia o alla spirirualità in se stesse, ma alle loro
prassi diversificate, sia in alcuni gruppi, sia nella situazione cultu-
74 I · EPISTEMOLOGIA UTIJRGICA
rale della vita della Chiesa. Si tratta di un, analisi dclla spiritualità
nel suo sviluppo storico che non si può scindere dalla stessa sto~
ria della liturgia. Una storia aggiornata della spiritualità liturgica
potrebbe essere importante e chiarificatrice.
11 1
rienza vissuta, non viceversa • Ora, nonostante. tutta 1 opera del
rinnovamento liturgico, pur valutando positivamente tutti i frutti
venuti dalla partecipazione alla liturgia, siamo ancora lontani dal-
r aver raggiunto una piena interazione. Non si può affermare che
esista di fatto a livello generale e popolare una spiritualità consa-
pevolmente modellata dalla liturgia. Forse per questo, nella prati-
ca, manca ancora oggi una forte esperienza di spiritualità liturgi-
ca vissuta e abbondano esperienze spirituali troppo sconnesse dai
contenuti e dallo stile della liturgia.
Si costata invece la necessità di una partecipazione liturgica che
impegni le migliori energie spirituali. Ciò è richiesto dalla natura
stessa. della liturgia che, essendo esercizio dell'ufficio sacerdotale
di Cristo nella santificazione e nel culto, chiede alla Chiesa sposa,
unita intimamente con Cristo nella liturgia, una partecipazione ri-
tuale animata dalla vita teologale, aperta alla contemplazione e alla
santità liturgica. La liturgia postula una partecipazione spirituale,
ihterna ed esterna, affinché possa esprimere e nutrire una nobile
spiritualità 12 •
3 - LITURGIA E SP.mmJALITÀ 75
Fra liturgia e spiritualità vi è quindi una necessaria dimensione
di continuità nella vita, un dinamismo di interiorizzazione e di
crescita, per essere e vivere in Cristo, fino alla totale conforma-
zione al mistero pasquale. La chiave di tale unità, secondo il CCC,
è opera dello Spirito Santo: la sua azione lega la celebrazione e la
vita. La comunione o sinergia con lo Spirito offre la possibilità di
un molteplice dinamismo di interiorizzazione e di continuità: «Il
desiderio e l'opera dello Spirito nel cuore della Chiesa è che noi
viviamo della vita del Cristo risorto. Quando egli incontra in not
la risposta di fede, da lui suscitata, si realizza una vera coopera-
zione. Grazie ad essa, la liturgia diventa l'opera comune dello
Spirito e della Chiesa» (n. 1091). Ogni celebrazione liturgica deve
essere preparata ed attuata nel dinamismo dello Spirito: <<l.:assem-
blea deve prepararsi ad incontrare il suo Signore, essere "un po-
polo ben disposto". Questa preparazione dci cuori è opera dello
Spirito Santo e dell'assemblea, in particolare dei suoi ministri. La ,
grazia dello Spirito Santo cerca di risvegliare la fede, la conversio-
ne del cuore e l'adesione alla volontà del Padre. Queste disposi-
zioni sono il presupposto per 1' accoglienza delle altre grazie offer-
te nella celebrazione stessa e per ·i frutti di vita nuova che essa è
destinata a produrre in seguito» (n. 109-8).
La via regale di una rinnovata interazione fra celebrazione ed
esperienza cristiana non può non essere che l'intensificazione
della mistagogia liturgica nelle sue tre articolate esigenze: la mi-
stagogia della iniziazione alla comprensione ed impostazione della
vita spirituale a partire dalla parola, dai sacramenti, dall•anno li-
turgico; la mi'stagagia della partecipazione alla celebrazione del
mistero e dei misteri di Cristo, con tutte le migliori energie spiri-
tuali, in un cammino di perseverante fedeltà; la mistagogia della
assimilazione, per la conformazione perfetta a Cristo nell'agire e
nel soffrire, fino a rivivere il mister.o pasquale nella propria esi-
stenza, archetipo fondamentale, battesimale ed eucaristico, della
ascesi e della mistica cristiana; e ciò seguendo il ritmo della litur-
gia ·giornaliera, settimanale e annuale della Chiesa 13 •
76 1 · EPISTEMOLOGIA UTIJRGICA
IV. CAMPI DI RICERCA E TEMI FONDAMENTALI
V. SPIRITUALITÀ LITURGICA:
NOZIONE E CARATTERISTICHE
. 16 Molte di queste temntiche trovano buone sintesi di carattere teologico, pastorale e spiritua-
le oelle .rispettive voci dei dfaiooari, come oe! NDL, Ed. Paoline, Roma 1984. Cfr. A. F1WALE,
Mwimenti di risveglio religio.so e vita Liturgica, in RL, 73 (1986), pp. 449-468.
17 O~ Cl.ÉMFNI', Sources. Les mystiques cbrétiens d:es origmes, Stock, P11ris 1982; B. B/\ROFFlO, La
mistiauiella Parola, in Al...Vv., La mistica. Fenomenologia e riflessione teofugica, Città Nuova, Roma
1984, pp. 31-46; C. ROCO-IEITA, La mistica del :regno sacramentale, cit., pp. 47-76; J. CAsTELt.llNO
CERVERA, La mistictz dei sacramenti Jelfini7.iazione cristiana, cit., pp. 77-111; Mystère... Mystique, in
DSp, X, pp. 1861-1874. 1889-1984; G. RAPISMDA, La liturgia propedeutica-alla esperienza mistica, in
N..Vv., Mistica e sciem.e umane, Ed. Dehoniane, Napoli 1983, pp. 83-99.
18 Cfr. S. MARslu, Spiritualità liturgica, in I segni del mistero di Cristo, dt., p. 509; A.M. TRJAC·
CA, Per una de/initione di «spin'tualità cristiana» d_alfambiente liturgico. in Not, 25 (1989), pp. 7-18.
78 l • EPISTEMOLOOIA UTIJRGICA
Alcuni autori hanno tentato cli esprimere in una breve defini-
zione il contenuto della spiritualità liturgica. Basti citare solo una
che eccelle per la sua completezza: «La spiritualità liturgica è
l'esercizio (per quanto è possibile) perfetto della vita cristiana con
il quale l'uomo rigenerato nel battesimo, pieno dello Spirito san-
to ricevuto nella confermazione, p.artecipando alla celebrazione
deli' eucaristia, impronta tutta la sua vita di questi sacramenti, allo
scopo di crescere, nel quadro delle celebrazioni ricorrenti dell' an-
no liturgico, di una preghiera continua - concretamente: la pre-
ghiera o Liturgia delle Ore - e delle attività della vita quotidiana,
nella santificazione mediante la conformazione a Cristo, crocifis-
so e risorto, nella speranza dell'ultimo compimento escatofo.gico,
a lode della sua gloria» l'l.
Altri autori descrivono la spiritualità liturgica illustrandone al-
cune caratteristiche. Il metodo è adatto, purché si tenga conto di
quanto è stato espresso a proposito del concetto di spiritualità li-
turgica. Essa infatti, essendo la spiritualità della Chiesa, mette in
luce alcune note che dovrebbero ritrovarsi in ogni altra spiritualità
crisùana. S. Marsili per primo ha illustrato alcune note: spiritualità
cristocentrica, pasquale, biblica, sacramentale, ciclica. Altri aggiun-
gono la sua indole storica, profetica, mistagogica, dinamica.
La spiritualità liturgica è trinitaria e teocentrica, perché ricono-
sce il primato dell'azione salvifica di Dio e della sua iniziativa
gratuita, e tutto finahnente riferisce a lui, in un atteggiamento
dove prevale la lode, la riconoscenza, la gratuità. Riconosce il
Padre come sorgente e termine di ogni azione, mette al centro il
mistero pasquale; celebra nei sacramenti e speciahnente nell'eu-
caristia la presenza attiva e reale d;i Cristo, che comunica la sua
grazia nella sua multiforme ricchezza, porta i fedeli ad una comu-
nione di vita con lui, morto e risorto; nella preghiera e nella lode
si unisce al suo sacerdozio. È' spiritualità pneumatologica, per-
ché in tutti i suoi aspetti di santificazione e di culto, nelle sue
componenti - parola, sacramenti, segni - lo Spirito dd Padre e di
Cristo pervade la liturgia, per comunicarsi alla Chiesa e ai singoli
fedeli, e compiere nel corpo mistico il mistero dell'unità in un solo
3 · LIWRGIA E SPIRITIJALITÀ 79
Spirito, e la perfetta configurazione a Cristo. Per Cristo e nello
Spirito, la sorgente ultima e il termine definitivo delle azioni litur-
giche rimane sempre il Padre, che Cristo ci ha rivelato e lo Spirito
ci spinge ad invocare: Abbà, Padre!
È ecclesiale e comunitaria; sottolinea l'aspetto comW1itario del
disegno salvifico, l'unione e la solidarietà di tutti nel peccato e
nella salvezza, l'unità del popolo di Dio, presente in tutte le legit-
time assemblee locali sparse sulla terra, la necessaria comunioné
dei santi, o comunione nelle cose sante; dal punto di vista spiri-
tuale riafferma l'esigenza della carità reciproca in Cristo, l'inter-
dipendenza di tutti nella crescita comune verso la santità. La spi-
ritualità liturgica è anche ecclesiale, in quanto le sue espressioni
di culto e cli smtificazione sono regolate e stabilite dalle legittime
autorità ecclesiali, le quali vegliano nel rispetto delle tradizioni e
etÙture delle singole Chiese locali, per la purezza e l'ortodossia
delle formule e delle forme di culto e di santificazione nell'unità ··
della stessa fede apostolica.
In riferimento ai suoi elementi costitutivi, è innanzitutto bibli·
ca. La parola di Dio occupa un luogo eminente nella liturgia,
come componente essenziale degli atti liturgici, ispiratrice del
senso cli tutti i sacramenti e preghiere; la liturgia infatti è l'attua-
lizzazione della storia della salvezza nell'oggi, proclamato dalla
parola, realizzato n-ei sacramenti.
È misterica, in quanto l'esperienza spirituale liturgica passa at-
traverso i misteri e i segni liturgici; la fede e la catechesi aiutano a
percepire il significato dei simboli liturgici; essi nella loro varietà
conferiscono una ricchezza inesauribile di senso al mistero di
Cristo nella santificazione e nel culto; per e$si, la persona tutta
intera è assunta alla partecipazione della vita divina, e lo stesso
cosmo, nelle sue creature, diventa mezzo ed espressione della
comunione dell'umanità con Dio. Rimane aperta all'adattamento
culturale e ad una spiritualità che sia legittima espressione della
varietà delle culture.
. La spiritualità, ispirata alla liturgia, in quanto segnata dal ritmo
temporale delle celebrazioni della Chiesa, è ciclica, senza rimanere
imprigionata in un circolo, ma in linea crescente e quasi «a spira-
le>>, orientata verso il definitivo compimento; nei diversi cicli litur-
gici (giornaliero, settimanale, annuale), con proprie e specifiche
80 1 - EPISTEMOLOGIA Lm.JRGICA
celebrazioni commemorative, i fedeli immergono la propria esisten-
za nel mistero di Cristo; la preghiera quotidiana ton la santificazio-
ne e l'offerta del tempo, ·col) il suo punto culminante .nell'eucari-
stia, immette il fugace tempo umano, le fatiche e il lavoro, nel tem-
po salvifico di Dio e nella eternità; ogni settimana nel giorno del
Signore rinnova, nella festa e nel riposo, il mistero della creazione
e della nuova creazione, nell'attesa della definitiva venuta del Si-
gnore. Nel ciclo annuale i fedeli sono messi a contatto con la realtà
salvifica dei misteri della vita di Cristo e della sua morte gloriosa,
alle quali devono conformare la propria vita.
La spiritualità liturgica è inoltre personale, pur essendo anche
comunitaria. La comunità infatti, l'assemblea liturgica, è compo-
sta di persone vive, nelle quali il disegno di salvezza si realizza
nelle singole persone con particolari doni e missioni. La spiritua-
lità liturgica è tanto più ricca quanto più personale, quanto più
personalmente vissuta e assimilata ndle circostanze concrete di
ciascuno nella comunità cristiana, con i propri doni di narura e di
grazia (carattere, mentalità, doti, carisma, impegno nel mondo).
Così la liturgia realizza il mistero dell'unità nello Spirito e nella
varietà nei suoi carismi.
Per il suo dinamismo, è missionaria; spinge a manifestare al
mondo la grazia ricevuta; dopo aver coinvolto il mondo nella sua
intercessione, la Chiesa, che nella liturgia si manifesta come co-
munità convocata (ekklesia), tende a diventare epi'phania, manife-
stazione del mistero di Cristo al mondo con le parole e con le
opere. La leitourgia tende alla diakonia, al servizio dei fratelli nel-
la èarità, all'annuncio missionado e al dialogo.
Finalmente, la spiritualità liturgica è escatologica, tende alla sua
piena realizzazione nella gloria; la santificazione e il culto tendo-
no verso la loro perfetta espressione finale nella Gerusalemme
celeste. Ogni celebrazione liturgica, pur essendo una pregustazio-
ne delle ultime realtà, rimane segnata dalla speranza e dall'attesa;
ogni incontro con Cristo nella Chiesa rimanda, nella speranza,
all'incontro definitivo con lui e alla piena realizzazione del regno;
la liturgia suscita e celebra la «beata speranza»; i testi liturgici ri-
tornano spesso su questa attesa, che è la promessa parzialmente
realizzata; ogni celebrazione è un maranà tba della Chiesa e del
cosmo, tesi, nella speranza, verso la consumazione finale.
3 . LITURGIA E SPJRITUALITÀ 81
Finahnente, la spiritualità liturgi.ca, ·alla luce della Marialis Cultus
è anche essenzialmente mariana. La Chiesa, nel suo <<profilo maria-
- no» si appropria infatti, nel celebrare i misteri, degli stessi atteggia-
menti. con cui la Vergine Maria si è associata al mistero di CristQ:
come Vergine in ascolto e in preghiera, Vergine offerente e Vergine
Madre, modello e maestra di vit:a spirituale per tutti ì ò:isti.ani, quan-
do insegna a fare della propria vita un culto gradito a Dio 20•
CONCLUSIONE
82 I • EPISTEMOLÒGIA LITURGICA
4
LITURGIA E PASTORALE
Domenico Sartore
Bibliografia
Pastorale liturgica: AM. ROGUET, La Pastorale liturgique, in AG. M.ARTIMoirr,
I:Eglise en prière. Introduction à la Liturgie, Tournai 1961;}. GELINEAu, La pastora-
le Uturgica, in Nelle vostre assemblee. Teologia pastorale delle celebra:t.ioni liturgi-
che, Brescia 1970, pp. 26-41; M. SEARLE, New TaskS, NewMethods: The Emergence
o/ Pastora/ Liturgica! Studies, Wor, 57 (1983), pp. 2-91-308; L. DELLA TORRE, Pro-
spettive ed esigenze per una pastorale liturgica, in P. VISENnN - A.N. TEIUUN - R
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in NDL, pp. 1040-1061; B. ]EGGLE-MEiz, «Pastoralliturgik»: Eigenberechtigter
Zweig oder Anwendungsdkiplin der Liturgiewissenschaft, ALW, 29 (1987), pp. 352-
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146 (1985) (La educacion liturgica); D. SARTO~, Catechesi e Liturgia, NDL, pp. 219-
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tur-gia e catechesi); A. CHAVASSE, Histoire de l'initiation chrétienne des enfants de
l'antiquité à nos jo_urs, LMD, 28 (1951), pp. 26-44; SACRA CoNGREGATIO PRO CUCTU
DIVINO, Dfrectorium de Missis cum Pueris, Typis polyglottis Vaticanis 1971; ed. it.
nel vol. ufficiale: La messa dei/anciul/1~ Libreria editrice vaticana, 1976; E. MAT-
THEWS, Celebrating Mass with Children, New York 1978; E. MAzzA, Fanciulli, NDL,
pp. 536-543; D. SARTORE, Giovani e lz'turgia, vent'anni di riflessioni e di esperienze,
RL, 75 (1988), pp. 221-245; anche: RL, 79 (1992); M. KwclcENER. Lesjeunes et la
lit"Urgie: un rapport d'aliénation, LMD, 179 (1989), pp. 111-144; dr. anche in ingle-
se: «Studia liturgica>>, 20 (1990), pp. 137-161;
·Formazione dei ministri - Animazione liturgica: CNPL, Fiches pour la forma-
tion des animateurs de céléhration, Paris 1975-19n; L. BRANDOLlNI, Animazione,
NDL, pp. 52-64; G. GENERO, Per una promozione della liturgia: la formazione dei
celebranti, in AA.Vv., Riforma liturgica tra passato e futuro, (Studi di liturgia /NS,
13), Casale Monferrato 1985, pp. 112-113.
Presidenza liturgica: R GANTOY, Le ministère du céléhrant dans la liturgie
nouvelle, (Vivante liturgie 85}, Paris 1970; J. ALoAZABAL, El libro litUrgico como
4 ·LITURGIA E PASTORALE 83
pedagogia de la celebracion, Ph, 116 (1980), pp. 111-124; B.D. MAru..IANGEAS, Clés
pour une théologie des ministères: In persona Christi - In persona Ecclesiae, (Théo-
logie historiques 51), Paris 1978; D. SAIIT.ORE, La formazione del presbiter.o presi-
dente, RL, 68 (1981}, pp. 623-637; cfr. anche: NDL, pp. 601-608; RT. SZAFRA.NKI,
The One·who Presides at Eucharist, Wor, 63 (1989), pp. 300-316; Ph, 106 {1990)
(La Jormaci6n .liturgica del sacerdote); Liturgiewissenschaft in der Priesterausbil-
dung, LJ, 47 (1992), pp. 79-·80.
PREMEssA
Il concilio ecumenico Vaticano II ha espresso) fin da SC l , la
convinzione di realizzare attraverso la riforma liturgica il primo e
principale degli scopi che Giovanni XXIII gli avèva ~ssegnato>
quello di <dar crescere ògni giorno di più la vita cristiana dei fe-
deli>>. Tutta la costituzione Sacrosanctum Condlium (SC) rivela
questo fondamentale intento pastorale, che ha trovato mirabile
espressione in uno dei passi piò profetici del concilio: <<l'interesse
per l'incremento e il rinnovamento della Liturgia è giustamente
considerato come un segno dei provvidenziali disegni di Diò sul no-
stro tempo> come un passaggio dello Spirito Santo nella sua Chiesa;
esso imprime una noui caratteristica alla sua vita, anzi a tutto il modo
di sentire-e di~ religioso del nostro tempo» (SC 43) 1•
Negli anni immediatamente successivi alla promulgazione del-
la se (1963), si è lavorato con intensità, a tutti i livelli, «per svi-
luppare sempre più questa azione pastorale liturgica nella Chie-
sa>>, come chiedeva se 43, ma rimane ovunque di pressante at-
tualità l'orientamento autorevohnente proposto da Giovanni Pao-
lo Il a tutte le componenti del popolo di Dio: « ... la riforma se
della Liturgia, voluta dal concilio Vaticano Il, risulta ormai posta
in atto, la pastorale liwrgica, invece, costituisce un impegno per-
manente per attingere sempre più abbondantemènte dallà ric-
chezza della Liturgia quella forza vitale che dal Cristo si diffonde
alle membra del suo corpo, che è la Chiesa>> 2 •
84 I · EPISTEMOLOGIA LrTI)RGICA
I. LEZIONI DELLA TRADIZIONE ANTICA
3 J.A. }UNGMANN, La pastorale liturgica cume chi.avi! della storta dello Liturgia, in ID., Eredità
liturgica e attualità pastorale, Roma 1962, p. 557.
4 · LTIVRGIA E PASTORALE 85
ca era compresa e i riti erano semplici e intuitivi, la Chiesa antica
si preoccupava che il popolo fosse preparato alla celebrazione,
particolarmente con le catechesi, che erano destinate soprattutto
ai neofiti, ma costituivano momenti preziosi di form~one per-
manente anche per i fedeli. Scrive Teodoro di Mopsuéstia: «se si
trattasse solo di realtà materiali, sarebbe superfluo spiegarle, per-
ché la vista -stessa sarebbe sufficiente a mostrarci ciascuna delle
cose che hanno luogo. Ma siccome nel sacramento ci sono i segni
di ciò che avrà luogo o che avvenne precedentemente, ci vuole un
discorso che spieghi il senso dei segni e dei misteri»".
4 Cfr. A.G. MMmMORT, La pastorale liturgica nell'esperienZJJ storica, in Introduzione agli studi
liturgici, CAL, Roma 1962, pp. 149-173. Cfr. anche B. NEUNHEUSE.R, Leçons dJJ passé pour la parté-
cipati.on à la Messe, ia QL, 42 ( 1962}, pp. 109-127. -
5 TF-QPoRO DI MoPSUES1'1A, Hom. XII, 2 in R lONNEAU-R DEVRESSE, Les homélies catéchéti-
ques de Théorlore de Mopsueste (ST 145), Città del Vaticano 1949, p. 325.
86 I - EPISTEMOLOGIA LITURGICA
cifica collocazione nell'ambito più ampio della scienza liturgica e
della teologia pastorale. Questi progetti teorico-pratici non sono
formulati secondo un metodo unitario, ma rivdano impostazioni,
terminologie e aperture diverse.
4 · LITURGIA E PASTORALE 87
La responsabilità della pastorale liturgica si pone ai vari livelli
del popolo di Dio, il quale tutto, nel suo insieme, è soggetto della
celebrazione, ma compete soprattutto ai pastori, con i quali colla-
borano i ministeri laicali e vari organismi di studio1 consultazione
e animazione, che esigono gradi diversi di formazione specifica.
In Italia, dove C. Vagaggini già prima del concilio aveva evi-
denziato la necessaria <<Unione tra pastorale e liturgia» 8, L. Della
Torre riconosce il fondamento della pastorale liturgica nei tre
munera della Chiesa, che preferisce chiamare pratiche: la pratica
della parola, la pratica della celebrazione cristiana, la pratica del-
la progettazione e della verifica ecclesiale 9 • Questa distinzione ha
certo la sua utilità, nota L. Della Torre, ma la pastorale liturgica,
come quella catechetica e quella organizzativa, ha in concreto una
competenza specifica che attraversa tutte e tre le pratiche, aven-
do per ognuna di esse esigenze· da rilevare e ìniziative da propor-
re, La prospettiva di fondo della pastorale liturgica è quella cli
favor~re il passaggio dalla pratica rituale alla pratica ecclesiale,
intendendo per «pratica rituale» non solo il «progetto» rituale,
ma anche <<l modelli operativi» che sgorgano da essa, con riferi-
mento al contesto della celebrazione, che la rende esistenzialmen-
te efficace e culturahnente significativa. Il pastoralista (e liturgi-
sta) spagnolo C. Floristan considera fondamento della pastorale
liturgica il fatto che la liturgia è azione 10• Ma l'autore preferisce
parlare di prassi, un termine che connota impegno, attitudine
critica, concretezza, ed in definitiva rivoluzione o cambio radica-
le nel profondo dell'uomo e della società, con riferimento speci-
fico al marxismo. La liturgia è azione pastorale in quanto esige
l'esercizio di una pastorale, anche se non la esaurisce, poiché,
come si è già visto, rispetto al tempo della celebrazione esiste un
«prima» (il tempo dell'evangelizzazione e della catechesi) e un
«poi>> (il tempo della comli11ità e del servizio al mondo).
B Cfr. J. GELCNEAU, La pastorale liturgica, in Nelle vostre ossemhlee. Teologia pastorale delle
celebrazioni liturgiche, Brescia 1970, pp. 264 1; cfr. anche nell'ed. it. del 19~.
9 Cfr. L. Dar.A Tol!RE, Prospettive ed esigent.e per una p~storale .liturgica, in P. VISENTIN • A.N.
TERRIN · R CECOUN, Una liturgia per l'uomo, P adova 1986, pp. 83-105; In., Postcrale liturgica, in
NDL, pp. 1039·1061. .
10 CTr. C. FI..ORJSTAN, Pastorak li.turgica, in D. BoROB!O (a Clll'.a di), La celebrazione nella Chie-
sa. L Liturgia e sacramentaria fondamentale, Leumann-Torino 1992, pp. 565-614; In., Teologia pra-
tica, Salamanca 1991, pp. 477-537.
88 I - EPISTEMOLOGIA LITURGICA
La finalità della pastorale liturgica consiste nel favorire la par~
tecipazione piena, consapevole ed attiva del popolo cristiano, ma
questa prospettiva viene specificata dalle annotazioni dell'autore
stÙ contesto socioculturale dell, attuale liturgia: il perdurare di una
certa accentuazione sacrale (una ritualità atemporale, clericale,
interclassista), il processo di secolarizzazione, la dimensione poli-
tica, ecc.
Viene approfondito infine il discorso circa lo stile della cele-
brazione, in relazione alla dimensione comunitaria dell'assemblea,
alla proclamazione profetica del messaggio cristiano, al significa-
to dell'azione simbolica, al rapporto liturgia-impegno, alla funzio-
ne presidenziale e all'esercizio dei ministeri.
Nei paesi di lingua tedesca, fin dagli anni '20 ha avuto inizio
un dibattito sul concetto di pastorale liturgica (Pastoralliturgik), ·
che si è successivamente sviluppato da vari punti di vista: in rap-
porto alla scienza liturgica, alla teologia pratica, alla valorizzazio-
ne delle scienze umane, alle esigenze della riforma liturgica, ecc.).
Il contributo più illuminante sùlla complessa ricerca ci sembra
quello di B. Jeggle-Merz 11, che si presenta come una rilettura di
un discusso saggio di A. Wintersig risalente al 1924 12•
B. Jeggle-Merz non ritiene più attuale la discussione se la pa-
storale liturgica sia una componente della scienza liturgica nel
contesto della teologia pastorale, oppure se essa assuma pura-
mente una funzione applicativa, o di un semplice aiuto per la
prassi. Wintersig attribuiva alla pastorale liturgica il rango di
una scienza effettiva e propria, che entrava nella trattazione
scientifica della liturgia a fianco della storia e della teologia del
·4 - LITURGIA E PASTORALE 89
culto cristiano. B. Jeggle-Merz riconosce alla pastorale liturgica
due principali compiti:
a) l'analisi .d i una data situazione liturgico-pa~torale, eviden-
ziando le deficienze che la caratterizzano, a confronto con un
modello ideale; ,
b) µna guida ben motivata per un impegno di correzione e di
rinnovamento.
Ma una pastorale liturgica che rivendica un suo proprio posto
nel campo di lavoro della scienza liturgica deve darsi dei principi
metodologici che ispirino la sua ricerca, particolarmente nel rap-
porto con le scienze umane. Una determinata interpretazione te-
ologica di una data situazione liturgica deve essere verificabile e
perfezionabile attraverso contributi e modelli interpretativi delle
varie scienze umane che entrano nel probl~a studiato. La ne-
cessità di un «metodo integrativo» che valorizzi gli ·a pporti della
ricerca antropologica oggi non costituisce più un problema. Ma
una accettazfone acritica dei metodi e dei risultati delle scienze
umane non fonderebbe adeguatamente la pastorale liturgica com.e
ramo ddla scienza liturgica, ma porterebbe ad un puro pragmati-
smo, che ne ridurrebbe il compito ad una funzione applicativa.
Tra gli studiosi americanì che hanno affrontato il problema
della pastorale liturgica (Pastora! Liturgy) intesa come una nuova
disciplina accademica, ci 3embra particolarmente interessante un
contributo di M. Searle, che preferisce parlare di <(studi liturgi.co-
pastoralli> (Pastora! Liturgica! Studies), in quanto il termine «pa-
storale liturgica» indica troppo unilateralmente un'affiliazione alla
teologia pastorale o pratica, con un riferimento prevalente all' ope-
ra di supervisione e di guida delle celebrazioni liturgiche della
Chiesa da parte dei pastori 13 •
Questa disciplina assume invece come punto di partenza l'atti-
vità cultuale di tutta la comunità riunita in ~ssemblea, ed ha come
oggetto formale la vita liturgica attuale delle Chiese contempora-
nee, nei confronti della qu.ale essa esercita un triplice compito:
a) un compito empirico: descrizione fenomenologica dell'even-
to della celebraziùne; esplicitazione dd significato delle parole e
13 M. SEARLE, New Tasks, NewMethods: The Emergence o/ PastoralLiturgicalStudies, Wor, 57
90 I - .EPISTEMOLOGIA LITURGICA
dei gesti, che costituiscono i riti; le attitudini liturgiche e la capa-
cità di recezione dell'assemblea concreta; ·
b) un compito ermeneutico: come i simboli operano e come il
linguaggio simbolico comunica, se i nostri contemporanei entra-
no effettivamente in comunicazione con essi;
e) un compito critico: confronto con i risultati di altre discipli-
ne; valutazione critica delle varie forme di imrnagihazione religio-
sa nelle varie Chiese; identificazione delle varie forme, nelle quali
la liturgia contemporanea può essere alienata ed alienante.
Searle completa il quadro di questo progetto di pastorale li-
turgica con alcune annotazioni metodologiche: l'interdisciplina-
rietà e la multidisciplinarietà della ricerca liturgico-pastorale
derivano dalle caratteristiche stesse dell'evento liturgico; si sot-
tolinea l'applicazione al dato liturgico dei metodi delle scienze
umane, rispettando il primato del mistero della grazia professa-
to e celebrato nella liturgia; l'oggetto formale degli <.<studi di
pastorale liturgica>> è l'attuale culto della Chiesa che rende pre-
sente il mistero della grazia e la risposta umana a questo miste-
ro; l'approccio sincronico alla liturgia rappresentato da questa
disciplina pone nuovi problemi agli storici e ai teologi del. culto
cristiano; stimola le ricerche che già si fanno circa i rapporti tra
scienze umane e liturgia; e accresce il numero degli studiosi che
estendono l'orizzonte dei loro studi all'esperienza rituale delle
comunità cristiane.
Abbiamo così presentato sinteticamente una serie di modelli
di riflessione epistemologica circa la pastorale liturgica, che si
aprono a diversi punti di vista:
a) i tre contributi dell'area latina delineano alcuni progetti ope- ·
rativi di pastorale liturgica, intesa come azione della Chiesa: quel-
li dell'area tedesca ed americana trattano piuttosto del concetto
di pastorale liturgica, in rapporto con la scienza liturgica e con la
teologia pastorale;
b) il fondamento della pastorale liturgica è colto, con sottoline-
ature diverse, nella duplice componente umano-divina della litur-
gia; nei tre munera della Chiesa, e nella liturgia come «prassi>>;
e) l'oggetto formale della pastorale liturgica, ci sembra che
possa essere identificato nello studio di come i gesti e le parole
4 - LITURGJA E PASTORALE 91
della liturgia operano e possono essere accolti nell, ambito di una
determinata assemblea;
d) la finalità specifica della pastorale liturgica è indicata per lo
più nella partecipazione consapevole e attiva di tutto il popolo
cristiano alle azionì liturgiche, precisando che essa esige un, effet,.
riva comunicazione attraverso i segni ed un reale passaggio da una
pratica rituale ad una pratica ecclesiale; .
e) altri parlano di compiti della pastorale liturgica, riconoscen-
dole una triplice funzione empirica, ermeneutica e critica e sot-
tolineano l'interdisciplinarietà di questa discipliha.
III.UNPROGRAMMACONCRETO
DI PASTORALE LITURGICA
1. F-otmaziorte liturgica
92 I - :EflSTEMOLOGIA LITIJRGICA
più approfondita formazione liturgica a tutti i livelli del popolo
di Dio. D'altra parte, già il Vaticano II aveva con forza affermato:
<<È ardente desiderio della Madre Chiesa che tutti vengano for-
mati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle azio-
ni liturgiche... A tale piena e attiva partecipazione di tutto il po-
polo va dedicata una specialissima cura nel quadro della riforma
e della promozione della liturgia. Essa infatti è la prima e indi-
spensabile fonte dalla quale i fedeli possono attingere il genuino
spirito cristiano, e perciò i pastori d,anime in tutta la loro attività
pastorale debbono sforzarsi di ottenerla attraverso una adeguata
formazione» (SC 14).
Era già avvenuto nel corso del movimento liturgico che dopo i
primi entusiasmi per le nuove forme di partecipazione si era av-
vertita una crisi parziale, dovuta ad una insufficiente formazione
liturgica 14•
a. Esperienze negative
Queste esperienze negative, queste fondate preoccupazioni per
il futuro spiegano .storicamente come la costituzione se, accanto
alle chiare disposizioni per una generalis instauratio della liturgia,
si rivela così sollecita per promuovere un'adeguata formazione li-
turgica a tutti i livelli del popolo di Dio. Questo documento, in-
fatti, dopo aver esposto i principi fondamentali della liturgia, e
prima di presentare gli orientamenti che devono guidare la rifor-
ma liturgica e le sue modalità concrete, insiste -sulla necessità pri-
maria di una solida formazione del clero e del popolo, dedican-
dovi una serie di articoli (SC 14-19), dei quali «non si potrebbe
esagerare l'importanza>> 11•
L'Is~ione Inter Oecumenici (1964), a sua volta, presenta in
sintesi l'esplicita intenzionalità formatrice di tutta la riforma: «è
prima di tutto necessario convincersi che scopo della costituzione
liturgica non è t~to di cambiare i riti e i testi liturgici, quanto
14Cfr. W. D URIG, Die Zukunft der liturgischen Erneuenmg, M~inz 1962, p . 9; cfr. anche C.
VAGAGGINI, Il senso teologico della l.Jturgia, Roma 1958, pp. 11-12.
15 P. GY, 2. Conci/e du Vatican Il. La Constitution sur la l.Jturgie. Commentaù·e complet: n. 14,
LM1:>, 77 (1964), p. 32.
4 • LITURGIA E PASTORALE 93
piuttosto di suscitar.e quella formazione dei fedeli e promuovere
quell'azione pastorale,· che abbia come suo culmine e sorgente la
sacra liturgia...» (n. 5) . Un testo di somma ìmportàtlZ~ che forni-
sce una chiave di interpretazione non solo per la se, ma anche
per tutto il percorso riformatore successivo definendo il criterio
sostanziale ed ermeneutico dell'intera storia liturgica postconci-
liare, sintetizzandolo nella/idelium institutio 16•
La complessità della formazione liturgica appare ~che d~
ricchezza .d ei termini usata nei testi conciliari citati (institutio,
eruditto, instructio, formatio, educatio, mànuductio, collegati con
verbi come adpetere, adquirere, excitare, prosequ~ consulere... Ma
a noi sembra preferibile usare il terlnine formazione, perché si
presta ad indicare un momento più specifico ed intenso nell' edu-
cazione cristiana, vista nella sua globalità, sulla linea della dichia- -
razione conciliare Gravissimum educationis (GE) 2. Questo do-
cumento indica tra gli obiettivi fondamentali dell'educazione cri-
stiana, che «Ì fedeli imparino ad adorare Dio Padre in spirito e
verità (cfr. 4, 23), specie attraverso le azioni liturgiche»; nello stes-
so tempo, il termine formazione si raccomanda per le sue riso~
nanz.e pedagogiche, preziose in questo contesto.
16 G. GENERO, Per una promox.ione della liturgia: la formazione dei celebranti, in AA.Vv., Rifer-
ma liturgica tra passato e futuro, (Studi di liturgia /NS, 13), Casale Monferrato 1985, pp. 112-113,
94 I · EPISTEMOLOGIA LITIJRGICA
opere che l'avevano preceduta: Lo spirito della liturgia e I santi
segni (1919) 17•
L'interesse del Guardini per la liturgia significa non solo lari-
scoperta della preghiera comunitaria, al di là di una pietà indivi-
dualistico-borghese, ma· anche il superamento di una religiosità
puramente concettuale o sentimentale del razionalismo e del ro-
manticismo religioso, per pervenire ad una religiosità saldamente
ancorata alla realtà della vita e del mondo.
Partendo dalla situazione spirituale del suo tempo, l'autore si
propone di «creare veramente le premesse per una viva for-
mazione liturgi.ca>> 18 , Egli intende il termine «formazione» nel
suo significato più essenziale: <<bisogna che i singoli e le co-
munità siano educati a quel particolare modo di comporta-
mento spirituale, quale è richiesto appunto dalla natura della
liturgia» 19•
Da una parte, si tratta di chiedersi: <<in che cosa consiste l' es-
senza dell'azione liturgica>>; dall'altra; «come dev'essere l'uomo,
come deve essere la comunità, se vogliamo avere un giusto com-
portamento liturgico» 20 , evidenziando i peculiari compiti forma-
tivi della liturgia ·Stessa.
17 R GUAI!DINI, Fonna;ione liturgica, Brescia 1988. La prima ed. tedesca è dd 1923. Le altre
due opere f90ç{amcnten~ sono: I santi segni, Br_ escia 1937; Lo rpirito de[kz liturgia, Br.escia 1946;
le prime edizioni tedesche delle due opere sono del 1919.
18 R GUARDINI, Formazione liturgica, cit., p. 17.
19 Ibid., p. 18.
2() lbid.
21 lbid., p. 21
4 · UTIJRGIA E PASTORALE 95
Il ricupero profondo di questa «interiorità manifesta~>, di
questa <<manifestazione esterna piena di profonda interiorità»,
porta alla ricomprensione del «composto umano», sia nel senso
del simbolico-attivo, che nel senso del simbolico-recettivo.
Si delinea così <<il primo compito di un'autentica formazione
liturgica: quello di guidare ad una percezione veramente unitaria
del composto umano, perché l'uomo possa nuovamente essere
capace di simboli>>. .
In particolare, pòi, si tratta di sviluppare questo impegno for-
mativo, nel senso di una «educazione ad un adeguato comporta-
mento simbolico di corpo e di ~a» . Partendo dai gesti liturgi-
ci più elementari, .si può salire alle azioni più complesse, guidan- ·
do i bambini fin dall'infanzia a conoscere ed a sperimentare i vari
comportamenti liturgici, nei quali essi realizzeranno una piena
esperienza umana 22 •
22 Ibid., p. 30
96 I · EPISTEMOLOGIA LITURGICA
e similitudini, né di collegare ad una forma esteriore qualunque
significato, ma di far condividere ai bambini l'esperienza di una
trasform-azione delle cose in simboli, per cui le realtà materiali
diventano per l'uomo come dei mezzi per esprimere la propria
interiorità religiosa e per cogliere quella degli altri 23 •
4 - LITURGIA E PASTORALE 97
Il soggettivo e l'oggettivo - Gli aspetti che abbiamo finora evi-
denziato nel comportamento liturgico si collocavano sul piano del-
1'espressione: ma questa potrebbe rimanere nell'ambito del sogget-
tivo. È solo partendo dall'oggettivo che il comportamento acqu1sta
il suo pieno significato. Guardini esorta i giovani a connettere la
loro ricerca di nuove esperienze, di una forte personalità, di senti-
menti eccezionali con le realtà oggettive che esigono disciplina ed
obbedienza. Proprio la liturgia rappresenta quella forma di espe-
rienza religiosa, che si manifesta come la più intensamente oggetti-
va. I vari aspetti della vita liturgica che abbiamo evidenziato hanno
tutti un.fondamento oggettivo: l'uomo integrale, il suo rapporto
con la natura, il singolo nella comunità. La liturgia ha un carattere
oggettivo, perché è fedele a Dio e all'uomo, dipende da una storia
e da una legge positiva, è costituita da parole e gesti determinati,
coinvolge comunità concrete, si inserisce in una tradizione e in una
cultura.
Da tutto ciò proviene un quinto compito per la formazione li-
turgica: uscire dalle angustie del soggettivo, verso l'ampiezza e
l'ordine dell'oggettivo, vivendo la gioia di una forte obbedienza
e di una impegnativa disciplina che cl porta ad aderire saldamen-
te alla Chiesa con tutta la nostra persoha. Comprenderemo allo-
ra quanto dovremo elevarci per fare nostro il grande stile di pre-
ghiera della Chiesa, per partecipare in pienezza alle forme subli-
mi della sua liturgia.
In definitiva, <<la formazione liturgica ... è un'educazione al
sentire curn Ecclesia, ad unire il nostro cuore e la nostra voce
all'Ecclesia orans» 25 •
Conclusione - Oggi il contesto culturale è decisamente cambia-
to e si colgono continuamente nelle pagine del Guardini accen-
tuazioni di carattere contingente. Tuttavia ci sembra che I'attep-
zione al contesto culturale, su çui Guardini insiste molto nella
conclusione dell'opera Formazione liturgica, e là perenne validità
degli orientamenti che egli ci propone, possano anche oggi essere
rivisitati fruttuosamente in rapporto ad altre prospettive antropo-
logiche e teologiche, che sono più recentemente venute ad ·ar-
98 l · EPISTEMOLOGIA LITURGICA
ricchire la nostra riflessione sulla liturgia della Chiesa e conse-
guentemente, sull'impostazione di una illuminata ed efficace for-
mazione liturgica. Ricordiamo, ad es.: le prospettive aperte dalla
secolarizzazione/desacralizzazione; il rapporto evangelizzazione/
sacramenti; l'accentuata attenzione alla celebrazione concreta:
animazione/partecipazione; presidenza/ministerialità; adattamen-
to/inculturazione; il binomio simbolismo/festa; la dimensione im-
pegnativa e sociopolitica; vari aspetti della cultura postmoderna.
26 Desumiamo questa te.oninologia e l'impostazione del paragrafo seguente da: ML. PEDRAZ-
ZINI, Formazione liturgica, NDL, pp. 582-60L
4 . LITURGIA E PASTORALE 99
assumere corne punto di partenza considerazioni di carattere bi-
blico (la storia della salvezza come pedagogia di segni) o di carat-
tere antropologico (significato della ritrnilità nelfa vita umana) per
introdurre alla liturgia cristiana come presenza di Cristo attraver-
so i segni della Chiesa. La necessaria informazione sui diversi
momenti e sui diversi elementi celebrativi deve condurre al mi·
stero di Cristo> _p erché sia illuminata la fede e sia nutrita la vita
cristiana> valorizz~do opportunamente t>esperienza liturgica già
awiata e sempre da perfezionare.
- formar~ attraverso la litutgia: si valorizzer~ !,efficacia peda-
gogica che le azioni liturgiche hanno in se stesse> già .a livello di
una esperienza simbolico-rituale> e per la particolare ricchezza del
linguaggio di una celebrazione> ma soprattutto per la efficacia
della grazia) che è propria della liturgia cristiana, nella quale la
salvezza ci viene donata attraverso modalità che ci aiutano a capi-
re e a partecipare più intensamente.
28 Cfr. M. ALErn, Fanciulli e liturgia. Note dipsia;JÙJgU1 della religione: RL, 61 (1974), pp. 615-
633; A. GomN·Sr. MARnrE, Mentaliré magique et vie sacramentelle chez dès enfants de 8-14 ans, in
LV, 25 (1960), pp. 268-288); M. AMMAN-GAINOTII, La genesi della funzione simbolica nel bambino,
RL, 67 (1980), pp. 317-327: A. GooIN, La /onction historique. Pour une psycopédagogie du chrétien
dans le temps, in LV, 14 (1959), pp. 229-2.50.
29 Comm..aat. iliturgie-enfance», 1.es enfants à la messe, Paris 1968, pp. 34-45 : cfr. traduzio-
ni varie.
30 S. CoNG. PRO Cur:ru DMNo; Directorium de missis...
l-1 Cfr. L DEU.A TORRE • G. STE.FANI, La mesa nelle comu11ilÌl giovanili, Brescia 1%8: L. ZE-
Nl-.T n, Zeiunsage. AnregµnJ1,ell /i1r àen Gotiesdienst einer neue11 Ge11er.o.tion, Miinchcn 1%9.
}~ R. SAUER. Juge111J und Liturgie. Gmndsiitzliche Oberlegungen z.u einevz pasloralen Notsta11d,
in KB, 98 (1973), pp. 397-409; D. BoROBIO, Posre/:omJJJ l.itiirgica ett (os ]rivettes ftenJe a la referma
liturgica de la lglesia, in Ph, 97 (1977), pp. 33·5.l; D. SA!n'oru:., Giov.ani e liturgia; uent'onnÌJi rifles-
sioni e di esperienze, io RL, 7'5 tl988), pp. 221-245; Rl.., 79 (1992); M. KLOCKENER, lesfezmes 6 ~
liturgie: un rapport d'a/itfnotion, in LMD, 179 (1989), pp. 111-144; cfr. anche in inglese: «Studia
liturgica», 20 (1990), pp, 137-161.
2. Animazione liturgica
~ 6 G1ov~Nl PAOLO II. Lett.. apost. Vigesimus qtrinlus annus, 19-21: Not, XXV (1989}.
pp. 419-422.
n Cfr. L. BRANooL!Nt, Anim11vo11e, in NDL, pp. 52-65; G. GENERO, Il presidente dell'a~sem·
blea e l'animatore della comunità, in RPL, 168I1991), pp. H-.33: SEGRETARIADO NAOONAL ESPANOL
DE. LlWRGtA, Equipo de animoci6n. Direct<Jrio liJurgico-pastoral. Pian de fom1ad6n, Madrid 1989
(trad. ital.: Direttorin liturgico-pastorale per Nquipe di animazione litursica, io RL, 77 [1990].
pp. 325-.345).
ministère 4u célébr.ant d4ns la liturgie nouvelle, Paris 1978; BD. MAlu.IANGEAS, C/és pour 11ne théo-
/t:1gie des ministères: In persona Christi - ln Persona &desiae, Paris 1978; A.G. MARTIMORT, In per-
sona Cbristi, in MeflS concorde/ vod, Paris 1983, pp. 330-337; cfr. varie possibilità di presidenza
laicale: P. ~. Z:euentuale fJT<tside.nza litzv-gictl dei laici in assenza del presbitero, in Lit, 10 NS
(1986), pp. 538-556; cfr. ttad. spagnola: Ph, 158 (1987), pp. 113-BS; cfr. anche: CoNGR. PRO CUt:rU
OTVINO, 'Directorium de ~lebrationibus domenical.ibus absente presbytero, in Not, 24 (1988), pp.
366-378; trad. it.: ihid,. pp. 379-392.
a. Un compito impegnativo
Un tempo il ruolo del celebrante assorbiva praticamente tutti gli
aspetti della celebrazione, ma era un compito meno impegnativo,
più esecutivo ed individuale, quasi a sé stante rispetto alla comuni-
tà. Oggi, pur restando fondamentale l'impegno di fede e di parte-
cipazione personale, il presidente deve continuamente avere la con~
sapevolezza del mistero celebrato e il «Senso» delrassemblea che
egli presiede, di cui è chiamato ed essere guida, interprete ed ani-
matore. L'esercizio della presidenza dovrà proporsi di realizzare
una celebrazione che di.a ai riti e ai testi tutta la loro forza di espres-
sione e di comunione, animata dal dinamismo dei ruoli differenzia-
ti, dall'alternarsi di tempi forti e deboli e da forme di partecipazio-
ne diverse e complementari.
>9 Cfr. G. GENERO, 11 presidenle de/l'asstwzblea.. ., art. cit., pp. 31-35 D. Mosso, La/cml.razione dei
futuri preti olla presiden-r.a liturgica, in RPL, 168 (l~l). pp. 70-77; A. SANTt.NTONI, Arte Jel «iebrare:
uno stile per camunicare, in C.Omm. ep. per la liturgia, Celebrare oggi, CEI, Roma 1988, pp. 76-'JO.
40 .J. ALDAZABAL, El libro /imrgico como pe<kgogia de Lt cekbrr1ci6n, in Ph. 116 (1980), pp. U 1-124.
4. Organizzazione liturgica
Nei vari bilanci che sono stati tracciati, a livello più o meno uffi-
ciale sulla rifor.tna liturgica, si sottolinea spesso l'insufficienza degli
organismi o centri promozionali del rinnovamento liturgico e sulla
urgenza di un loro vigoroso rilancio operativo. È un discorso che si
inquadra nel più vasto problema teologico, giuridico, e pastorale
della <<recezione.>> del concilio Vaticano II nella Chiesa di oggi 41 •
Non ci riferiremo tanto ai compiti specifici degli organismi o
delle persone che hanno la responsabilità gerarchica dell' attuazio-
ne della riforma liturgica: alla Congregazione del Culto e della
41 GIOVANNI PAOLO Il, Vigesimùs quintus annus, 17, in Not, XXV (1989), pp. 418419.
44 In ltali.ll, nel 1973, ad es., la segreteria generale della CEI ha istituito come suo organo ese-
rutivo stabile l'Ufficio· litorgico nazionale, a cui è stnto affiancata una consulta, composta dni de-
legati regionali per la liturgia, dai direttori di riviste liturgkhe, dai responsabili di associazioni.
centri, istituti liturgici. A questo Ufficio sono stati affidati i seguenti com piti: coordinare e pro-
muovere l'attuazione della pasto.raie liturgica in Italia; rurarc la traduzione, l'ed,i.zione ( e più re-
centemente, di fatto anche l':iggiomamc:nto) dei libri liturgici; mancenere i contatti con i vari enti
e organismi del settore. anche a livello europeo, mettersi a servizio degli uffìd corrispondenti dio ·
cesano e regionale.
b. Difficoltà e limiti
Nonostante che si possano registrare un po' dovunque aspetti
molto positivi nell'accoglienza e nell'attuazione della riforma li-
turgica, si lamenta spesso una scarsa incidenza dei centri promo-
zionali ai vari livelli ·d i responsabilità. Questo fatto problematico
si può attribuire a varie cause: il peso negativo di una prassi seco-
lare che nei suoi fondamenti ecdesiologici e nelle articolazi-oni
liturgiche era molto lontana dai nuovi orientamenti del Vatica-
no Il; i mutamenti rituali1 anche quando sono stati accolti con fe-
CONCLUSIONI
LA CELEBRAZIONE LITURGICA
1
ECCLESIOLOGIA LITURGICA
Nathan Mitchell
1 Myrtid Corpuris 13 .
1 Ea:lesia Carholica Roman-a esJ Mystietnn Christi Corptts, Schema 1%2, p. 12, n. 7, co me ci-
ano (con discussione) in E. S1GUllllJORNSSON, Ministry Within the People e/ God, {Studia Theologi-
ca Luodensia 34). Lnnd 1974, p. 31.
6 LG 9.
II. Ut-tECCLESIOLOGIA
MODELLATA DAllA DOSSOLOGIA
IO GS 1.
11 GS 11 (il corsivo è delt'nurore}.
12 «Che la regola della preghiera modelli la regola della fede». Il brano completo sottolinea le
condizioni che Prospero attribuisce a questo assioma: «Guardiamo poi .anche le preghiere sacre
che mantenendo la rradi:done Qpostolica i nostri sacerdoti offrono seguendo una nonna in ogni
chiesa cattolica dd mondo. Che la regola della preghiera modelli la regola della .fede>>. Pro Augfl-
stù10 rerpo1tsiones, PL 51, 209.
III.
CARATIERISTICHE
DI UN'ECCLESIOLOGIA LITURGICA
1. Il significato di «Chiesa»
20 L.M. WHITE, Building God's House i11 the Roman \florld. ArchitectJ1ral Adaptatio1f among
Pagans, ]ews, 11nd Christians, Baltimore 1990, p. 105.
21 Ibid.
22 lbiJ., p. 106
13 0 Il • LA CELEBRAZIONE. UTURGICA
una chiesa domestica era fondamentale. A Corinto, nel contesto. della
cena comune, una mancanza di ocu.L:itezza riguardo al cibo che .e ra se-
gno d'amicizia tra i membri del gruppo creava dissensi. Ancora, il pasto
comune era il centro della comunione (koinonia), poiché mangiare era
un segno delle rdazioni sociali con gli altri. L'offerta del/' ospitaht4 attra.-
verso il pasto era l'atto centrale che serviva a definire la comunità cultua-
le, la Chiesa (ekklesia) nell'assemblea domestica 23 •
L'ospitalità eucaristica è la chiave dell'identità cristiana, un sine
qua non dell'esistenza di qualsiasi comunità in quanto <<Chiesa»
che viene dunque definita dal suo pasto, da come si comporta
quando si raccoglie per la «cena del.Signore». Paolo comprese,
come fecero altri scrittori cristiani più tanfi. che quando si cele-
bra l'eucaristia, il corpo di Crìsto non è solo sopra la tavola, ma
anche a tavola. Forse la descrizione più grafica di questa realtà
viene da un sermone ai nuovi battezzati, attribuito ad Agostino:
Se vuoi comprendere (il mistero) del corpo di Cristo, ascolta l'Apostolo
Paolo che dice ai fedeli: "Voi siete il corpo di Cristo e sue membra" (1
Cor 12, 27; Rm 12, 5). Se voi dunque siete il corpo e le membra di Cri-
sto. sulla mensa è deposto il mistero .di voi: ricevete il mistero di voi. A
ciò che siete rispondete: Amen e rispondendo lo sottoscrivete. 1i si dice
infatti: "Il corpo di" Cristo" e tu rispondi '"Amen!". Sii membro del cor-
po di Cristo, perché sia veritiero il tuo Amen. Perché dunque (il corpo
di Cristo) nel pane? Non vogliamo portare niente di nostro; ascoltiamo
sempre l' Apostolo il quale parlando di questo sacramento dice: "Pur
essendo molti formiamo un solo pane, un solo cor:po" {1 Cor 10, 17).
Cercate di capire e esultate! Unità, verità, pietà, carità. "Un solo pane":
chi è questo urùco pane? "Pur essendo molti, fonniamo un solo corpo".
Ricordate che il pane non è composto da un solo. chicco di grano, ma da
molti. Quando si facevano gli esorcismi su di voi venivate, per cosl dire
macinati; quando siete stati battezzati, siete stati per così dire impastati;
quando avete ricevuto il fuoco dello Spirito Santo, siete stati per così
dire cotti. Siate ciò che vedete e ricevete ciò che siele 24 •
l . ECQ.ESJOLOGIA LITIJRGJCA 13 1
mane fermamente radicato nella tradizione cattolica: senza la pie-
na celebrazione dcll'eucaristia da parte dell'assemblea e dei suoi
ministri, non -vi è Chiesa, poiché in un senso veramente fonda-
mentale, l'eucaristia crea la Chiesa, la porta ad essere il sacramen-
to visibile «della intima unione con Dio e dell'unità cli tutto il
genere umano» (LG 1).
21 K. RAHNER, Considerations on tbe Active Rolc o/ the Person in the Sacramenta! Evenl, in
Zb Jbid.. p. 169.
2; Ibid.
28 lbid.
29 lbid., p. 172.
I - ECCLESIOLOGlA LITURGICA 13 3
ma piuttosto, «come noi cristiani siamo presenti e partecipiamo
al mistero di Cristo?». Per Paolo, la risposta a questo problèma
era piuttosto semplice e diretta: la fede è il nostro modo primario
di partecipare a Cristo ed .è una risposta sostenuta dallo Spirito
alla proclamazione (kerygma), alla parola parlata. Ascoltare è per-
ciò l'evento che risveglia la fede e che induce a fare attenzione,
cioè la fede conduce all'obhedienza (cfr. Rm 1, 5, «l~obbedienza
alla fede>>). Per Paolo, dunque, il Vangelo è un messaggio che ri-
volge una decisiva richiesta a chi lo ascolta ed esige una risposta
non solo intellettuale ma anche etica e morale.
Quella risposta è anche liturgica e sacramentale. Paolo credeva
chiaramente che anche i cristiani partecipassero al mistero di Cri-
sto non solo attraverso Pobbedienza alla fede, ma anche attrave~- .,
so il battesimo e l'eucaristia.
L'insistenza di Paolo sull' «oggettività>>della partecipazione d el
cristiano a Cristo riflette la più tarda tradizione cattolica sull'effi-
cacia sacramentale (il potere del sacramento non dipende dai s.e n.
timenti o dalle disposizioni personali dei partecipanti). Il battesi-
mo e reucaristia, per Paolo, non sono tentativi di controllare la
presenza, la grazia e il potere di Dio, 9 di <<localizzarli» e «restrin-
gerli>>_d entro qualche «<:ontenitore» sacramentale. Il vero proble-
ma, nel celebrare tali sacramenti, non è come rendere Cristo pre-
sente ai credenti, ma come portare i credenti a contatto con il
mistero della salvezza di Cristo attraverso la fede, la grazia e lo
Spirito. Perciò, per Paolo, partecipare a Cristo attraverso l'eu-
caristia significa riconoscere che il corpo del Signore non è solo
sulla tavola ma a tavola (cfr. 1 Cor 11, 29). Il pasto non solo
mette in contatto i credenti con la morte di Cristo, esso li coin-
volge reciprocamente anche nella vita.
In conclusione, la liturgia della Chiesa non tenta di to-
gliere eventi salvifici (p. es, la passione e morte di Cristo) dal
loro contesto storico, ma ci conduce piuttosto in quegli eventi,
ci mette in contatto con essi, ci rende ad essi presenti. Questo
contatto avviene attraverso quello che la liturgia chiama
anamnesis, il «memoriale» degli atti di salvezza di Dio ìn parole
rituali e azioni di culto che ci fa fare esperienza, sempre nuova,
sempre fresca, del mistero di Dio che riconcilia il mondo in
Cristo.
INTRODUZIONE
2 Il rapporto con lassemblea occupò gran parte degli studiosi di lingua francese durante la
prima pane dd secolo. Cfr. p.es. il documento della XVI settimana liturgica, Louvain 1933, La
parleciptrtion adive des /itlèles l1U culte, Couts et conférence des Semaines liturgiques 11, Mont
Cèsar, Louvain 1934 con documenti di B. Gtpelle, B. Botte, P Chorlier e altri. H. Chirat, L:'1ssem-
btée chrétie1111e ò l'age apo:rtolique, DuCerf, Paris 1'349. A.G. MARTIMORT, I:anemblée liturgique,
MD 20 (1949), pp. 153-175; cfr. anche una revisione dci contributi allo studio sull'assemblea litur-
gica prima dcl concilio specialmente alla luce delle rdazioni ecclesiologichc:: Y. CONGA!\, Réflexions
et redherches achfelles sur l'ass1mtblée liturgique, MD. 115 H973), pp. 7·29.
3 22 novc11ibte 1903; cfr. A. BuGN!NI, Doamwrrla pontificia ad instaurationem /iturgicam
:rpewmtziz, Ed. Lirutgichc, Roma 19.'53, pp. 12-13.
4 Costituzione llpostolica Divini cultus, 20 dicembre 1928 {9); AAS 21 (1929), p. 40.
~ lt111p1e animus Slltius aptiusque ad Dell11t erfgitur; oc lesu Cbristi sar:erdotium per omnem SM·
culomm decursu111111Jllo t/Oll ~mpore viget, amr S4cra Liturgit1 nihil aliud sit, nisi huius sacmlmalis
.munen's exerdtatio, in AAS 39 (1947), pp. 5ì9. Cfr. anche p. 521.
6 Sacra igitur LiturgilJ_., integrum constituit publiczrm cultum mystid Ie.ru Christi, Gtpitis nem-
7 Ecclesia mmrpe societas est, atqt1e adeo proprùml postulai auctorilatem ac Hi"arcbiam, in ibid.,
p. 5}8. È interessante il fatto che, nello stesso pnrag·rafo, il papa alluda al concetto del:J'-0rgaaizza-
zione terrena della Chiesa che riflette in qualche modo la gerarchia divina, un concetto .già presen-
re nello Pseudo-Dionigi nel sec. ve che ha costituito spesso il fondamento delle strucrure ecclesia-
stiche durante tutta la storia della Chiesa.
s Quo11i11111 igitm· sacra Liturgia imprimis o sacerdotibus Ecclesiae nomine absoluitur,
idcirco eùiS ordinatio, moderatio acformo ab Ecclesiae aucloritate non pendete non potesi, ìnibiJ.,
p. 539.
9
Cfr. H. CAZEUES, The OU Testament Liturgica/ Assembly. Pueblo, New York 1977, pp. l 01 -113.
2 · L. ASSEMBLEA LITURGICA 13 9
la sua concezione dell'azione eucaristica di condividere un solo
pane (1 Cor 10, 17) e istituisce la Chiesa come corpo di Cristo,
che è partecipe di una vita di profonda comunione e cooperazio-
ne (koinoma) 12• I battezzati in Cristo Gesù che formano r assem-
blea godono di assoluta uguaglianza, senza differenze sociali poi-
ché, avendo ricevuto Cristo n:e:l battesimo, non appartengono più
alle precedenti strutture del mondo, ma sono diventati «nuova
creatura>> (2 Cor 5, 17). Paolo perciò dichiara ai Galati che dal
momento che sono stati battezzati, «non c'è più né Giudeo né
Greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, ,
poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3, 28). Questa
immagine della Chiesa considerata come corpo di Cristo è più
ampiamente sviluppata nelle lettere agli Efesini e ai Colos-
sesi, dove si dichiara che Cristo è il capo del corpo, la Chiesa
(Col l, 18. 24) e la Chiesa stessa è la pienezza (pleroma) del cor-
po di Cristo (E/ 1, 23 ). Nella tradizione paolina, dunque, la
Chiesa come corpo di Cristo, l'assemblea eucaristica e la presen-
za sacramentale di Cristo sono così strettamente legate da essere
inseparabili.
Sebbene non tutti gli autori del Nuovo Testamento usino la
metafora del corpo riferita a ekklesia, l'identificazione dell'assem-
blea dei battezzati con fa vera presenza del Signore risorto diven-
ta una questione di fede rer la Chiesa primitiva. La promessa fat-
ta da Gesù «dove sono due o tre riuniti (rynegmenot} nel mio
nom~, là sono io, in mezzo a loro>> (Mt 18, 20) riflette l'esperienza
della comunità cristiana primitiva in preghiera. È questa presenza
del Signore risorto che rende la preghiera cristiana efficace dal
momento che è Cristo stesso, in preghiera con l'assemblea, lo
strumento di salvezza e di grazia per l'umanità alla presenza del
Padre. Gli incontri regolari deJ.r ekklesia garantiscono perciò la
continua presenza di questa fonte di salvezza. Per questo motivo,
non sorprende vedere che la Chiesa primitiva ha lasciato una te-
stimonianza molto rilevante dell'importanza dell'assemblea.
Un• esortazione contenuta nella lettera agli Ebrei ben esprime la
convinzione dei primi cristiani che mettevano in relazione I' assem-
blea con l'intera vita cristiana vissuta in attesa del ritorno finale di
Il ...quod esseni soliti ria/o dit: atrle lucem convenire carmettque Christo quasi tko dir:ere seCJJ111
inuicem... , in Pui-.~o. Epistola IO, 96.
14 Cfr, R.H. CONNOLl.Y, DidascalUi Apostolomm, The Clarcndon Press 1929, Oxford 1969,
xxvii. Trad. ingl. (parziale ma moderna) L. DEISS, Tbe Spri_ngtime of tbe Liturgy, The Limrgical
Press, Collegeville 1979, pp. 176-177.
u ...et minus membrum facere ccrpu:r Christi, in Didascalia Apostolorum. io CoNNOU.Y. op cit.•
cap. XIII. p. 5.
16 GIOVANNI CRISOSTOMO, De propbetarum obscuritate, Hom. 2, n. 4, tracl. M. Jeannin, vol. VI,
p. 467.
17 2 Cor, Hom. 18, 3: PG 61, 527.
ts F. MAASE.-<, Concilia aevi Merovingici, Hannover 1893, M.G. Il. 157, citato in A.G. MAim-
MOKf. Dimanche, a>semblée el· parois.se. MD. 57 (19591. p. 75.
21 Ordo serv11nd11s per saccrdotes in cclebratione Missae sine cantu e/ .rine minirtris secundt1m
ritum S.Romanae Ecclesial!, cfr. B. NEUNHEUSEll, Tbc Liturgies of Pius V and Paul Vl, -in Roles in
tbe Ultlrgical Assembly. Pueblo, NewYork 1977, 208; J.K. LEoNARD e N.D. Mrromu, Tbe po-
sluret ofthe Arsembly d11ri11g !be Eucharistit: Prayer, Llturgy Training Publicaì:ions, Chicago 1994,
p p. 72 -74.
.u CONGREGAZJONE PER IL Cu1.:ro D1vtNO. E I.A DISCIPLJNA DEI ShCMMENTI, La l.iJurgia l'01Tl41la e
l'incu/turll'l.ione: N istrutione per una con:etlo applicazione della costituzione cond/iare sulla sacra
liturgia, nn. 37-40, 22 (in seguito: LRD.
3. IJ.assemblea liturgica
come anticipazione del regno di D.io
CONCLUSIONE
24 Comme le prévoit sulla tradU2ionc di testi liturgici per 1a cdebrazio_ne con W1ll copgregazio-
ne, 25 gennaio 1969, Not 5 (1969) 3-12.
2.5 IbUJ., p. 43.
I. h. QUADRO STORICO
1. I primi secoli
1 Cfr. C!u'.lM.\ZJO o'AQUll.EIA, Sermo XXXIII 1-3, Étaix-Lemaire, CCL IXA, 150-153; vedi nn·
che AGOSTINO, Senno ccxun, 9 : PL 38, 1147.
2 C. P/m;us Traiano lmpera't(Jri, Libc:F X , 96 (97) l, Duny, 74: Quod essent solili stato die an'le
lucem comm1ire CDrmenque Christo quasi deo dicere secum inuiaem.
3 Cfr. AGOSTINO, Enarraliones in Psalmos XLVI, l , Dekkcrs, CCL xxxvm. 529. 4-8.
4 Cft. GtusnNo, J Apologia I.Xv, Otto, 176-178.
~ Cfr. CIPJUANO, De dominica oratione 31, Moreschini, CCL IIW2, 109,.562-569: Cnuuo DI
GERUSALEMME, 'C.atécbèses 111)•stagogiques V, 4, Piédagnd, SCh 126, 150-152.
6 Cuuuo Dl GERUSALEMME, Catéchèses mystagogiques V, 5, Piédagncl. SCh U6, 152.
7 Ibid. 152-154; EusmE DE Ci:sAJU:.E, Histoire ecclésiastique X, 4. Baroy, SCh 55. HB.
s GiuS11No, I Apologia LXV, Ono, 178.
~ Tmmn.LIANO, De oratio11e XVIII, 1-5, Diercks, CCL I, 267 ;l-9.
IO CIRILLO Dl GERUSALEMME, Catéchèses myslagogiques V, 3, Pié.dagnd, SCh 126, 148.
11 ClRILLO DI GERUSALEMME, Catéchèses mystagogiques V, 11,.Piédagnd, SCb 126, l6U. Mentre
in Occidente questa preghiera è recitata dal celebran~ e i fedeli ascoltano: AGOSTINO, Senno 58, 12,
Vebraken, EO 1984/1, 131, 233·235.
1
~ CJRJLLO or GERUSALEMME, Catécbèses mystagogìques \I, 19, Pièdagn~. SCb U6, 168: espres-
sioni analoghe si trovano pure in Les Constitz1tiones Apostoiiques, Livre Vlll, 13,u.JJ, ·Mctzger,
SCh 336, 208, 42-46.
2. Dal Medioevo
alla costituzione .Sacrosanctum Condlium
2. Ueucaristia fa la Chiesa
26 AGOSTINO, Serrno 56, 10. Verbraken, RBén 68, 32, 170-172; Imo., Senno 59, 6. Poque, se
116, 192. 76-78.
27 AGOSTINO, Sermo 57, 7: PL 38, 389-390.
28 Cfr. LEoNc; MAGNO, In nativitat.e Domini Semzo 5, 1, Dolle, SCh 22 bis, 122.
29 TERTULLIANO, De orotione VI. 2, Diercks, CCL I, 261, 11-12. Cfr. anche CIPIUANO, De ®mi-
nico orotione, 18, Moreschin.i, CCL IIlA/2, 1-02, 345-347; AG05TINO, Semzo 56, 10, Verbraken,
RBén .6g,32,177-180; lb.id., Sermo 58, 5, Vcrbraken, EO (1984/1), 123, 80-87:lbid., Sermo 59, 6,
Poquc, SCh 116, 192, 68-75; ecc.
JO Cfr. CROMAZIO o'AQtnLEIA, Senno 32, 3 . Étaix-Lemairé, GCL IX A, 145. 65-72.
CONCLUSIONE
INTRODUZIONE
1 Cfr. due testi d assici che si riferiscono indirettamente ·alle fondamenta tti,stclpgiche ed ec-
clesiologic:he della ministerialità liturgioc E. Sam.!..EBEECIOC, Christ, tbe Sacroment 4 E11counter
1oith God, Sheed 11nd Ward, Nev.· York 1963 e A. Duu.ES, MoJels o/ the Chun:h, Doubleday.
New York 1974.
2 Ad Epbesios 7, 2.
l Cfr. Tbe Sacrametltal Plan of Salvation, in J.P. ScHAN"t , lntmduçlion to tbe 5ammren/S, Pue·
blo, New York 1983, 25·39, che segue l'oriemamento di O . CAsa, The Myste1y o/ Ch1"istian Wor-
ship. Newman Press, Wc:soninster MD 1%2.
4 F. HA\'\'KlNS pone l'accento sulla continuità storica della ministeriàl.ità ordinata in Orders and
Ordination in thl' New Testamen/. ar. C. JoNES - G. WAINWIUGH'f - E. YARNOU> {a cura di). The
Study o/ the Utmg_1'. Oxford Univers.iry P ress, New York 1978, pp. 290-297.
3 La relazione tra sacerdote: e vescovo viene trattata più a lungo da R BRO\'VN, Priest arzd
Bisbop, Biblico/ Reflectiorzs, G. Chapman London 1971.
7 Durante il t'lldoo<> nuions.le delle commissioni litutgic:be (1984). fu esaminato il ruolo dei
laici nella liturgia. Non è staca fatrJt una sintesi degli inte1VC0ci che sarebbe storicamente interes-
sante. Cfr. CoNGREGAZJONE PER n. Cm:ro DMNO, ComJeg71IJ Commissioni Nazi011ali di Li1urgia 1'984,
ed. MCSSllS!lero Padova, Roma 1986. io vista di susseguenti sviluppi.
10 Varie confcrcn:ze episcopali na7lionali hanno pubblicaco norme per coloro che s'impegnano
nel ministero dei luoghi sacci. C&. BISHOPS' COM.'·tlf!TEE ON THE LI'11JRGY (USA), EnviTonme11t a11d
Art in Cotbolic Warsbip, United Srotes Cathalic Conference, Washington DC 1978.
17 8 ll • LA CELEBRAZIONE UTURGICA
p AKI'E TERZA
LITURGIA
E SCIENZE UMANE
1
L'ASPETTO PSICOSOCIOLOGICO
DELLA LITURGIA
Lucio Maria Pinkus
INTRODUZIONE
1 Nd presente conuibuto col termine liturgia - salvo diverso contesto - intende} sempre rife-
rirmi a quella della Chiesa cattolica.
2 Cfr. Dei Verbum, l, 4, 9,
IV. IL RITO
V. CORPO E RITO
VI. LAMEMORIA
VII. LE EMOZIONI
VIII. IL SACRIF1CIO
r
Se è vera laffermazione che eucaristia è la celebrazione litur-
gica per eccellenza del cristianesimo, è altresì vero che essa costi-
tuisce anche wio dei nodi problematici dell'esperienza religiosa
contemporanea. Il rito eucaristico infatti è imperniato s.ul bino-
mio convito-sacrifido 1 laddove il primo di questi elementi ci è
facilmente sperimentabile, mentre il secondo è distante dalle ca-
tegorie del vissuto contemporaneo. Infatti la via della spiegazione
storica di solito è troppo razionale mentre la comprensione psi-
cologica del sacrificio può portare qualche aiuto. La psicologia ci
consente di comprendere che l'essenza psicodinamica dd sacrifi-
cio è la distruzione 9 , ma non di cose (primi2ie, animali) bensì della
relazione con queste cose e con il loro contenuto affettivo e sim-
bolico, sia personale che collettivo. Distruggendo la relazione, il
sacrificio sconvolge un ordine e non per crearne un altro bensì
per creare un vuoto che, separandoci dai legami che l'esperienza
quotidiana del reale ci mostr-a come ineluttabili o ìmmodificahili,
crea le condizioni perché emerga la novità della vita. Il sacrificio,
proprio nel suo rappresentate l'estrema distruzione che è la mor-
te, restituisce potenzialmente una sorta di inutilità-verginità ai
valori che fondano la realtà e dunque il loro senso per noi. È la
nostra abituale relazione con la realtà quella che fa scaturire il bi-
sogno di un ordine diverso, quello simbolico appunto . A questo
riguardo è importante il cambiamento culturale, in base al quale
non d viene proposta la proiezione di noi stessi sulla vittima sa-
s Con tale termine, preso dall'embr-iologia, la psicanalisi indica la cap acità di una struttura di
orienrarc Io sviluppo di più forze, operando differenze quantita tive, e integrandole in un nuovo
U\-ello evolutivo; cfr. R SPrrz, A Genroc Field Theory o/ Ego Formation, Int. Univ. P ress, New
York 1959; E.H. ERn:soN, ChildhooJ ttml Society, Norton, New York 19632.
9 U . G ALIMBERTI, Il simbolismo del sacrificio in una letmra psiroanalitica in «Servitium», 98
(m11r20-aprile 1995), pp. 21 -30.
CONCLUSIONI
I. LA QUESTIONE
1. Posizione
2 lo., Anthropologie de la liturgie, in J- -P. JOSSUA . Y. -M. CONG1\R (a cura cli), La liturgie.aptis
Vatican 11- Bilan, i tudes, prospeclive, Paris 1%7, pp. 159-177.
l R.
GUAkDINl, Vom Geisl der Ut111·gie, Freiburg 1919.
4 O . CASEL. Il mistero del culto cristiano. ed. it. (a cura di B. Neunheuscr sulla 4 ed., Regen-
sburg 1960) con prefuzione di S. Marsili, Torino 1966.
2. Figure
1. Antropologi~...
«Liturgia» può contare· su fondazioni arcaiche in un modo o
l'altro pennanenti; è su ciò, che ha contato il movimento liturgico
raccogliendone i travagli e trasmettendone i depositi. «Antropo-
logia» deve fare i conti con irreversibili rotture di vecchie piste
5 S. M!.Rs1u, 1A liturgia nel discorso teolcgico odierno. Per una fondazione della liturgia paslo·
raie: indiuiduetzione delk prospettive e degli ambiti specifici, in P. VISEl'ITIN • A.N. TERJUN • R. CE·
COLIN (a cura di), f)na liturgia per l'uomo, Padova 1.986, 43. 4647.
6 E. P RZYWARA, Mensch. Typologiscbe Anthropowgie, Nurnbcrg 1958; ed. it. da cui riprendo,
L'uomo, Milano 1968, pp. 37-39 passim.
19 G.S. KIRK ·].E. R1WtN, The Presocrotic Philosopber, Cambridge Mass. 1957.
.:?o Cfr. C. MoELI.ER, Rénouveo11 de la doclri11e de l'homme, in AA.Vv .. La théo/.ogie tltt rénou·
11ea11, Momreal-Paris 1968, I, pp. 211-247; R. J;.vm.ET, lmage el ressemblance au ·dozaième siede,
Strasbourg 1967.
:n M.·B. DE Soos, Le mystère liturgique d'oprès Saù1t Léon le Grond, Mùnster 1985.
~~ e>
% ra di campi espressivi di natur~ com~osita che articolandosi tra
~ loro costitmscono una trama simbolica che permette una vera e
L~~ ropria comunicazion , con vartantJ. a seconda dei tempi storici
~Ca~~, e e c ture m cui si compie I'«esperienza». È proprio del-
~4 ~/è l'esistenza umana costituire l'uomo/donna m relazio.ne tra loro
c;r/P;......_~ç ~con il mondo, con la realtà che li circonda tramitç,parole, azio-
lo
q o 1' ç't.....,.=: • • • . • • 1 . --,--
'111, gesti, moyimentl, cose e oggetti, suoru, musica, co on, proru-
~';;''"J,; mi, in cui l'uomo/donna de .ositano si · ' ti es erienziali di
"'I°~ varia natur-a, e 1 cui c1 si serve utilizzando · come lingua . Il
Per 4 linguaggio pennettç di fare propria la realta, ara esistere
7;..,~f.1 come possibilità di unione e di comunione consapevole con e
~ ~. tra soggettl e con il !!!2lli19, e permette, nena diversità crer suo
?C(q à rucolars1, dì giungere ad una plur_alità -di livelli compreso quel-
'tr;:. lo religioso di cui l' «esperienza» liturgica può essere considera-
ta uno dei più alti e/o profondi. In questo caso, pur non unico,
il lin ua io è un linguaggio qualsiasi ma si qualifica come
inguaggio simbolico poiché vive della polarità propria di ogni
slm. o o capace · «tenere unita» l'esperienza umana e divina del
celebrare cristiano.
'" . Il lillguaggto simbolico, dà da pensare, pennette di conosce-
re. Ma quando è strutturato in trama simbolica si trova ad esse-
re dispiegato in un contesto agente in cui dire è fare, agire è
esprimere significati, il_linguaggio trova ,il suo coordin3.q!ento
nell' azion.e rituale e la ritualit~_p.ermette e attu_a_çh~e-11 lin~-
' gio simbolico nell'agire liturgico diventi esperienza trasforman-
te il soggetto e comunicante ìfdivino. In questa ottica possiamo
affermare che lesperienza litur ica vive e di un · ua · ·o sim-
bolico e di un agire ritu ·e, se,!llpre riferiti ad un oggetto (nel-
l'esperienza cristiana: l'Evento Gesù Cristo) e acflùlS"oggetto
(nell'esperienza cristiaÒa: la Chiesa che cetebra e che prega), in
un determinato tempo e spazio. Ciò che è sperimentato nella
celebrazione è confermato dalla scienza liturgica ogni volta che
riflette sulla prassi celebrativa con un'ottica di natura teologico-
storico-antropologica e con. una attenzione particolare ai libri
liturgici, autorevoli Modelli della Pratica, sia quelli della tradi-
zione e occidentale e orientale, sia agli Ordines voluti e rinnova-
ti dal concilio Vaticano II. ..,..__
La SC, pur non volendo dare un elenco dei signa sensibt'lia, se-
gnala asistematicamente, ma con chiarezza di finalità, un numero
assai vasto di elementi considerati pro ri del contesto della media-
zione liturgica e del linguaggio: t xtus et rt'tus (SC 21) lectiones,
psalm~ preces, orationes, carmina liturgica, actiones, signa (SC 24);
2 L. GIRABDI, «Confenna le parole della nostra fede». Il linguaggio della celebrazione, Roma
1998, p. 35, studio assai importante per il nostro argomento.
3 Cfr. M.-D. CHENo, Pour une anthropologie sacramentelle, MD, 119 (1974), pp. 85-100.
4 Cfr. S. MAGG1ANI, Dalla «Sacrosanctum Condlit1m» al libro rituale. Analisi e valutazioni, RL,
69 (1982), pp. 31-83; ID., La proposta celebrativa del nuovo «Rito della Confermazione», RL, 76
(1989), pp. 232-234; ID., La proposta celebrativa del «Rito de/l'Unzione degli infermi», RL, 80
(1993), pp. 29-53.
' Cfr. G. VENTIJRI, Temi linguimci nella co.titu:i.il.Jne liturgica, in Costituzione liturgica «Sacro-
sanctum umcilium», Congregazione per il Culto Divino (ed.), Roma 1986, pp. 237-266. in part.
pp. 246-265.
3 · IL LINGUAGGIO LITURGICO 23 5
,rienz_Jt liturgica cristiana (la sacrament~tà, orari.età, i sacramenta-
li: n. 21; la celebrazione eucaristica: n. 48):
SC21 SC48
1. textus .et ritus ita ordinari 1. christif:ideles [.. .1 per ritus et
oportet preces
2. ut sancta, quae significant, 2. id (;mysterium fidei)
datiilséXpr.imant
3. eaque popul\ls christlanus, in 3. bene intellegentes
quantum fieri potest, facile
percipere
4; atqne Qlena, ~a et com- 4. sacram actionem conscie, pie
munitatis propria celebratio- et actuose parttetpent...
ne partici!Jf!J'e possit.
Nei due paragrafi si chiarisce come per mezzo dei riti e delle'
preghiere si esprime il mistero celebrato e nello stesso tempo si
partecipa liturgicamente al mistero eèf è messa in risalto r ope-
ratività simbolica del linguaggio ritu~Ie, la sua.....capacit~ di
mediazione, Che ermette ai fedeli «di incontrare una reiltà'.che
trag,tn.~ la ~azione ma che si dà in essa, giacché è"' nella
forma rituale che si dispiega l'efficacia della liturgia. E questa
stessa mediazione · arda l'atto stesso della fede; infatti i sa-
cramenti ' _OEs~u~ll'.9rìo~ e_ ma con le parole e gii
~rituali (verbis et rebu la nutron , la irr~stiscono e
~o'' (SC 59)» 6 • ... .
4
- . --:...
6 G. LuKKEN, La liturgie comme lieu théologique i"emplaçahle, in ID., Per visibilia ad invisibi-
lia, Kampcn 1994, pp. 256-268 (in it. cfr. «Concililllll», 9 [197.3], pp. 217-233) e L-M. CRAUVET,
La slfJJCturotion de lafoi dans les célébrations sacramentelles, MD, 174 (1988), pp. 75-99.
7 Cfr. la voce «langage», in J. DuBOIS (a cura cli) Dictionnaire de linguistique, Paris 1973,
pp. 274-276.
3 · IL LINGUAGGIO LITURGICO 23 7
gio. Parlare di strumento vuol dire contrapporre l'uomo alla na-
tura. La zappa, k freccia, la ruota non si trovano in natura, sono
n
degli artefatti. lingu;iggio è nella natura dell'uomo, che non l'ha
fabbricato ... Non possiamo mai cogliere l'uomo separato dal lill-
guaggio e non lo vediamo mai nell'atto di inventarlo» 8 •
Non si può dare preesistenza del soggetto e qumdi non si può
presupporre una strumentalità del linguaggio di cui un soggetto
irreale si servirebbe. Operando con il linguaggio il soggetto in-
comincia a essere nella sua soggettività e si relaziona a sé, agli
altri al mondo . .«Per poter "inventare" il linguaggio, bisogna
pensarci; ma per poter pensare, bisogna già e.ssere nel linguag-
gio. È dunque vero che "il linguaggio detta la definizione stessa
~ di uomo~ e che, come soggiunge lo stesso E. Benveniste, "è nel
IJ.1"" linguaggio e mediante il linguaggio che l'uomo si costituisce
l'lzec/, ~/o come soggetto"»~· Da qui 1~ medi~zione che o era il linguaggio
~ e che permette di essere e cace: il soggetto nel rapportarsi a
~eaità, quando instaura cioè una relazione significante e quindi ·
ro riamente umana . i serve aena
medìazione dcl lìiiguagg10 e
fa cultura. Mentre costruisce il reale nel senso on azione
culturale, lo stesso soggetto s1 costruisce e diventa, e diventa
<ift1e hr reiazione al tempo) che è tale per il soggetto in quanto
tempo è il <<tempo in cui si parla». «Il linguaggio è quindi la
possibilità della soggettività, per il fatto che contiene sempre le
~rme adeguate alla sua espressione, e il discorso provoca
l'emergere della soggettività, per il fatto che consiste di situazio-
ni discrete. Il linguaggio propone per così dire delle forme ''vuo~
te" di cui ogni parlante si appropria nell'esercizio del discorso e
e r ensce a -a sua .e rsona , definendo çontemporaneamen-
te se stesso come io e un artner come tU>> 10• La realtà è come se
venisse 1amata dalla sua datità ad una specie di esistenza di
senso, che a sua volta diviene significante per il soggetto, così
nelle forme «vuote» si istituisce il reale proprio all'uomo/don-
na, si costruisce il mondo/cultura per situarsi e porsi.
m. IL LINGuA<iG10 sIMBOuco
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foresta dei simboli, Brescia 1976.
11 Cfr. F. DE .SAUSSURE, Caurs de linguistique générale, Lausanne 1972 (nuova ed.) e i successivi
approfondimenti in U. Eco, Il segno, Milano 1980.
12 G. BoNACCORSO, Celebrare la salvew, Padova 1996, p. 24.
16 M. BERNARD, Le corps, Paris 1976; C. BRqMRE, Philorophie du corps, Paris 1968; M. HENRY,
Phil-Osophie et phénomenowgie du corps, Paris 1965; V. MacmbRRE, Corpo e persona, Genova 1995,
rist.; A. VERGOTE, Le corps. Pensée contemporaine et catégorie bibliques, Rev. Théol. Lov., 10 (1979),
pp. 157-179.
11 Mila.no I 98QJ, p. 31.
pp. 243-244.
19 Cfr. Y.M.J. CoNGAA, I.:«Ecclesia» ou communaité chrétienne, st1jet integrai de l'action litur-
gique, J.P. }OSSUA - Y. CoNGAR (a cura cli), La liturgie après Vatican Il, Paris 1967, pp. 241-286.
20 Lo spirito del!d liturgta. franti segni, Brescia 1980, pp. 39-41.
21 APL (a cura di), Celebrare in Spirito e Verità, Roma 1992, pp. 33-34.
Convenzioni che regola- +-1- Codici cinesici gene- -<-+ Norme per l'interpreta-
no il gesto, il movimen- ~ali zione del movimento se-
to, l'espressione condo i ministeri
~
brazione
~
e.i
"'
~gole per gli abiti Utur-
gici e loro connotaZioni - Codici vestimentari - Regole -p er assegnare gli
abiti secondo i ministeri
Limitazioni all' accom- ...,. Codici m\lsiçali ...,. Norme che regolano
pagnamento musicale, l'uso della musica nel
canti, supporti;"etc. rito
~
della comunicazione
...:I interpersonale
Regole testuaU che re- Competenza testuale Regole testuali che go-
!
+-+ +-+
golano l'integrazione generale: riconosci- vernano la coerenza
semantica di messaggi mento dei testi tome del testo rituale e la
! differenti e l'ordine
sintattico del!'azione
strutture sintattica-
mente e semantica-
s1,1a stmttl.Uìl
Cornice dell'agire lit. +-+ Episteme (organizza- ~-I- Cornice rituale (co-
(de.6.nizione della real- zione concettuale del struzione del mondo
tà liturgica come tale) mondo) possibile del rito in
~
quanto tale
~~ 1
modalità tradizionali nimenti sto.tici, pozioni differenze storiche nel-
dell'agire rituale, eredi- riguardanti le caratteri- le sequenze rituali, nel
tà della storia liturgica stiche di un periodo linguaggio, usanze ...
( 1. Il silenzio
~b · a M. DoWNEY, Silence, Liturgìcal Role of, in The New Dictionary o/
Sacramentai Worship, Peter E. Fink (a cura cli}, Collogeville 1990; D . SARTORE, «Si-
lent.io», in NDL; I nn. monografici delle riviste; «CarmeluS», 23 (1976); «Commu-
nautés et Liturgie», 63 (1981); RL, 76 (1989); <<PhUosophy Today>>, 27, Sununer
(1983); AA.Vv. Parola e silent.io di Dio, Roma 1991; AA.Vv., Chi è come te fra i
muti?, Milano 1993; M. BAIDINI, Le parole del silent.io, Cinisello Balsamo 19862;
In. (a cura di), Le dimensioni del silentio, Roma 1988; B.P. DAUENHAUER, Silence.
The Phenomenon and its Ontological Significance, Bloomington 1980; I. Dou-
GHEKIY, Silence in the Liturgy, Wor, 69, 2 (1995), pp. 142-154.
3! K. RlarrER, Die Messe lesen? Gottesdienst in der Spannung von /rei gesprochenem und gele-
senem Wort, in A.T. KHOURY - L. MurH (a cura di), Glauben durch le:ren? Fiir christlicbe Lesekul-
tur, Freiburg-Basel-Wien 1990, pp. }9-65.
32 A. Mai {a cura di), Svolta linguistica e parola della fede, Roma 1991, p. 153.
33 Ibid., 157.
34 C. Mn.rrn).LO, Donna in questione. Un itinerario di ricerca, Assisi 1992, pp. 91·93.
Bibliografia J.M. JoNCAS, Hymnum tuae gloriae çanimus. Toward .an Analy-
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Filosofia della musica, Milano 1991, (bibl. passim); F. RAfNOLDI, Sentieri della
musica sacra. Dall'Ottocento al Concilio Vaticano II. Documentazione su ideologie
e prassl Roma 1996.
no. ~-= ,, ,
resenza nell'agire rituale e ndl' azione lìtur 'ca dcl mistero cnstia-
pur attraversata da una concezione i musica
oscillante tra una concezione di sacralità della musica in sé, come
opera, e, quella mat~rata lungo 1a riflessione del moVlmento litur-
3~ Cfr. C. CIB!JlN, Quale cndi/icozione sonora per celebrare la liturgia, in A.N. TERRIN (a cura
di), Musica per la liiurgia. Presupposti per una fruttuosa interazione, Padova 1996, pp. 139-165.
>6 G. STEFANI, Capire la musica, Milano 1985, pp. 14-15.
I.: arcaica relazione tra il gesto che diventa azione per permette-
re al soggetto uinano di elazionarsi con la realtà e operarvi e che
diventa linguaggio per esprimere la stessa realtà · ·
senso costituisce c10 e e · . · o il codic~ non verbale. In
questa dinamica interattiva di azione ed espressione e a seconda
delle funzioni che la comunicazione non verbale ha di mira, in un
contesto umano dato, i codici si possono declinare e, in relazione
]! canale Che si usa per attivarli:, si può espletare lo scopo per cui
sono usati. Alcuni codìci non verbali o tra il verbale e il nonver-
bale sono già stati segnalati; presentiamo graficamente altri codici
che sono reperibili in un contesto rituale e propriamente liturgico
e che brevemente illustreremo 40•
CODICE CANALE DESCRIZIONE
Vocale non verbale Vocale - uditivo Toni della voce, pause, escla-
mazioru
Sp~ale: prossemico
-Visivo Relazione dei soggetti ad un
lu~
-
Spaziale: .cinesica
Spaziale: topografico
-
Visivo
Wsivo
~ei soggetti in un
l~
<;?rganizzaiione dei luoghi
Temporale [Molteplicz1 ~uenze cronologiche
Musicale Vocale-uditivo Musica e c;;m;;-
Iconico Visivo Valore simbolico deglj oggetti
Ottico Visivo Qioco dei segnali luminosi e
d~lori
Tatòle Tattile Il contatto fisico
Olfattivo Olfattivo La trasmissione di odori
Gustativo Gustativo-visivo Il mangiare e il b~
--.
40 Cfr. J. ScHF.RMANN, Die Sprache im Gottesdienst, Innsbruck·Wìen 1987, pp. 79-94.
41 M. AnGYLE, Il corpo e il suo linguaggio, cit., p. 297; a conferma di questi affermazioni cfr. le
----
ossibilità a es erienze interiori ed emozionali e ·
soggetto celebrant s1one» tr é e ersone e
fuggetto e si celebra 46 • Per quanto riguarda i colori l'IGMR307
.
46 Cfr. AA.Vv., Il sentimento del colore. I:esperienza cromatica come simbolo, cultura e sdenza,
RED, Como 1990.
47 Cfr. S. MAGGIANl, La proposta celebrativa del «Rito dell'Unv'one degli Infermi», RL, 80
(1993), pp. 45-48. e lo., La sperant.a celebrata, op. cit,, pp. 298-301.
CONCLUSIONE:
Lo SPIRITO, L'ACQUA t
IL SANGUE
A - L'ESTETICA E LA P01ErtCA
NELLA LITURGIA
Silvano Maggiani
PREMESSA
} Per la storia del sintagma e la sua çollocazione <>riginaria, ma con la stessa funziooe, cfc. J.A.
JUNGMANN, Missarum sollemnia, n, Casale Monferrato 1%32, pp, 155-156.
4 Cfr. S, MAGGIANI, La celebrazione cristiana: celebrare «in Spinio e verilli per mezzo dei riti
e delle preghiere», ìn M. Dos10 - A. M!ìNEGHETTI (a cùra di), Celebriamo il Signore, Roma !995,
pp. 91-119.
l. L'ESTETICO
NELl...A CELEBRAZIONE DELLA SALVEZZA
.221; HebdoTnJtda sancta, Il/2, ihid., 1957. Inoltre H. At1F DER MAUR, La /iJurgia della Chiesa. 5. Le
celebrazioni nel ritmo del tempo. I, Leumanb·Torino 1990. pp. 93-122; 133-153; 193-207.
11 Cfr. lo srudio di A. CtJ\111, La presemt1 di Cristo 11ell4 liturgia, Roma 1973.
12 Per l'approfondimento può essere utile clr, S. 'ZECCHJ·E, FRANZINI !a cUTI1 di), Storia del-
l'estetica. Antologia di testi, I: Dai presocratici a Hegel; Il: Dalla crisi dei grandi sistemi alla ricerca
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tica. Uno sguardo attraverso, Milano 1992; R BooEt, Le forme del bello, Bologna 1995; S. KOFMAN,
I:imposture de la beauté, Paris 1995.
13 H. URs VON B/\UHASAA, Gwria, l: La percezione dellafonna, Milano 1975, p. ~04. Dell'Auto-
re sooo assai importanti ai fini della nostra riflessione anche gli altri volumi di Gloria, comples~i·
vamcnte sette.
14. ar. i conmbuti dì P. SEQUERI, Estetica e teologia. Milano 1993; la voce «Estetica», in Dwo·
nario delk religioni, Cinisello Balsamo 1993.; Il Dio llffidabile. Saggw di teologiri fondamentale,
Brescia 1996, ptJSSim e relativi rinvii bibliografici.
IS Or. K.·J. KuscHJ;J., Generato· pn'mo di Ittiti i secoli? La controversia wll'origint; di Cristo,
Brescia 1996.
16 MR, 1975, p. 395; per le fonti cfr. E. MOEl.LER, Corpus Prae/atiomim, Tumholti 1981, p.
1322; Not, 24 (1987), nn. 252-254, pp. 455-459.. Trad. ìt.: <<Nel mistero dcl Ver:bo incarnato è ap·
parsa agli occhi della nostra rocnte la luce nuova del tuo fulgore. petché conoscendo Dio visibiJ.
mente, per mezzo suo siamo rapiti ali'amore delle realtà invisibili» (MR, 1983, p. 316).
19 R. GuARDINJ, La funzione delln sensibilità nella conoscenza religiosa, in Scritti /ik>so/ici, II,
Milano 1964, p. 165.
20 ar. P. Ricotun, li conflitto Jelle interpreJuzioni, Milano 1977. p. 26. cit. do G. BoNACCORSO,
Celebrare la salvev:tZ, Padova 1996, a cui rimando per l'approfondimento, pp. 13·37 con relativa bibl.
21 G. BoNACCORSO, s.c.. p. 36.
1. La parola di Dio
2:5 Numerosi sono gli studi sulla connessione «liturgia e bibbia», sia nella sua comprensione di
«Sacra Scrittura nella liturgia» che «Sacra Scrittura e litul'gia». Cfr. per es. la voce con ampia bibl.
di A.M. TRIACCA, Bibbia e liturgia, NDL, pp. 175-197; ed. sp., pp. 230·257; cd. fr., pp. 129-144.
Cfr. ancora AA.Vv., La Bibbia ,,ella /it11rgia, Atri della XV Settimana di studio APL 1986, Genova
1987;Ja cril'ogia: At..Vv., Dal/'esegesi ali'ermeneutica a!mwerso la celebrarione · Bibbia e liturgia. I,
Padova 1991; At..Vv.. Scriptura creu:it cum orante - Bibbia e liturgia. II, Padova 1993; AA.Vv., Dove
r.inasce la parola - Bibbia e liturgia. ID, Padova 1993. Cfr. anche gli Atù dcl XXXI Convegno litur-
gico-?Qstorale ddl'OR: lt FALS!Nt (a cura di}, Fomlamento bìhlù:o del linguaggio liturgico, Mila.no
1991; i contributi dcl numero monografico di MD 189 (1992) e D. HUERRE, Une liturgie imprégnée
par /'Ecriture, in MD, 190 (1992). pp. 7-24.
2. La funzione poetica
)() A questo riguardo sono veramente preziose le annotazioni partlcolari di A. DuvAl., La con·
fession, nei suo volume di studi Des saa:eme1W au Conci/e de Trente, Paris 1985, pp. 151-222.
ll CL:. l'edizione critica con annotazioni e rraduzione ·di A. ELsroN, The Eucharistic Prayer o/
Ad.dai and Mari, Oxford 1992. Sul racconto dell'istituzione cfr. le pp. 72-76.
12 S. MAGGtANI, La Parola che diuenta canto e ùmo, in R fALSlNl (a cura di). Fondamento bi-
bliCQ... , cit., pp. 106-120; cfr. inoltre L.-M. CHAUVET, Simbolo e sacramento..., cit., pp. 36-78.
B - CANTO LITURGICO
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tbolic Church Music, Washington 1984.
CONCLUSIONI
C - LITURGIA E ICONOLOGIA
Crispino Valenziano
1 C. RIPA, Iconowgio. Opero nella quale si descrivono diverse immagini di Virt1ì Vitii Affetti
Passioni bumane, Arti Discipline, Humori Elementi Còrpi celesti, Provincie d'Italia Fiumi Parti del
Mondo, e/ altre in/in.ile materie, Roma 1613 (cd. definitiva.); J. B1\UDOIN, lconologie, 011 la Science
des Emblèmes, D~ises, etc. qui qpprend à /es expliquer, dessiner et inventer. Ouvrage très utile aux
orateurs, poètes, peintres, sculpteurs, graveurs, e/ généralement à 1011/es sor(es de curù:ux des Beaux
Artes et des Sciences, Amsterdam 1698.
2 A. W ,\RBURG, lta:lianische Kun.st und lnternationale Astrologie im PalazwSchifanoio ::cu Ff!TTa·
ra, in Atti del X umgresso lntenurdonale di Storia .dell'Arte, Roma 1912, Ro01a 1922, 179-193 !vi
si usa per la prima volta il termine con la nuova accezione); G.J. HOOGEWERFF, L'Ico11ologie et son
impor/ance pqur l'ét11de systém.aHque de l'arJ chrélien (Amplification d'une conférence faite devant
la section spéciale pour fkooographie au Congrés International Historique é Oslo, aour 1928),
~vista di archeologia cristiana», 8 (1931), pp. 53-82 (vi si riferisce sul nuovo metodo); E. PANO·
FSKY, Zum Problem der Beschi:eibung u11d Jnbaltsdeutung t/011 Werken der bildenden Ktmst, «Lo-
go:;», 21 (1932), pp. 103-119; lo., Studies in Iconology, New York 1939 (vi si teorizza il procedi-
mento metodologico);..• Vedi anche W.S. HEa:scHER, The geJ1esis of lcor1ology, in Akte11 des XXI.
lnternahanal Kongresses/iir Kunstgeschicbte. Bonn 1964, t. 3, Berlin 1967, 239-262; G. HERMERÉN,
Representatian and Meaning ùz tbe Visual Arts: A Study i11 tbe Methodolngy o/ lcanography and
Iconolagy , Stock:holm 1%9; J.BIAl.OSl'OCIG, Iconografia e lccmologìa, in Enciclopedia Universale del-
l'Arte, t. 7, Venezia-Roma 1971, pp. 163-ln; E. K!ù~.MMERUNG, lkonagraphie und Jkonologie: The-
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exegesis o/ illusi'onism. fòr St:miolics, «Semeiotiai», 50 (1984/J-4), pp. 335-357; W.J.T. MrrcltELL,
lcoll()/cgy: Image, Text, Ideolci,y, OUcago-London 1986; T. GoUMAPETERSON· P. MATHEws, The
Fem'inisl Critiqae o/At'I, «Tue -Art Bulletin~, 69 (1987), pp. 32li·357; G. Pot..LOCK, Femininily and
HisJcries<Jf Art, London-New York 1988. Vedi anche B. CROCE, Estetica come scien'Ztl delfespres-
sione e linguistica generale, Milano 1902.
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i MANSl 12, 951.13, 496.
s Duodecìmum saeculu711, Lettera apostolica di Giovanni Paolo II, 4 dicembre 1987 nella
memoria liturgica di S.·Giovanni Damasceno, 1.
9
NICEFORO DI CosrANTINOroU, Antirretici 3, 3. Vedi anche Apologetico 61; Contro Ep1Janide 2.
io TEODORO DI STUDION, Antirretid 3, l. Vedi anche Lettera a Nicola.
11 ID., A?JtirretUi 3, 4.
u ID., Lettera 11 Niceta.
Il lPAztO DI EFEso, Lettera a Giuliaho d'Atramizia.
14 BERNAf\00 01 CH!ARAVAU.E, Apologia a Gug/.ieltno 12, 28.29.
I~ GREGORlO MAGNO. Lettera a Sereno di Marsiglia.
SC7 SC33
1. in qua (Liturgia)
2. per signa sensibilia 2. signa v.isibilia
1. quibus utimr sacra Liturgia
3. signi/ìcatur 3. ad res divinas invt'sibiles signifi-
candas
4. et e/ficitur sancti/icatio hominis
5. et a Jesu Christi Corpore 5. dum Ecclesia
6. capite ·nempe eiusque membris 6. vel orat vel canit vel agit ...
7. integer cultus publicus exercetur 7. ut rationabile obsequium ei prae-
stent
4. gratiam:que eius (Dei) redpiant
Il. AGIOGRAFICITA
20 Enl 'ti) 1200 I\ (Epi tè 1200 e l. Lettera enciclica di Dimitcios I e del suo Sinodo. 14 settembre
1987 nella festa ddl'esaltazkme della Croce, 6. 8, 11.