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CRITERI E INDICATORI
DI DINO RIZZI*
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Preside della Facoltà di Economia – Professore ordinario di “Scienza delle finan-
ze“ – Università Cà Foscari di Venezia
Dino Rizzi
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Introduzione
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Nel caso degli enti pubblici, invece, non vi è un controllo così diretto
poiché la minor efficienza non comporta delle perdite immediate. Infatti,
non vi sono degli azionisti ben identificabili: l’unico azionista è rappre-
sentato dalla collettività. È per questo che governi, comunità locali e na-
zionali, tendono a dotarsi di strumenti di valutazione che permettano di
ottenere informazioni sul livello di efficacia e di efficienza delle pubbliche
amministrazioni, finanziate tassando la comunità. In quest’ottica la valu-
tazione fa pienamente parte del controllo democratico delle nostre socie-
tà, in quanto permette al cittadino di assicurarsi che i soldi delle proprie
tasse non vengano sprecati.
Nei primi anni ’90 sono state varate le prime leggi che regolavano la
valutazione nella pubblica amministrazione e presto esse si estesero an-
che all’università. In quest’ultimo ambito la valutazione ottenne anche
dei risultati migliori, perché nella pubblica amministrazione essa fu inte-
sa in un modo particolare: dovendo valutare una particolare istituzione e
i suoi dirigenti, le prime applicazioni della valutazione della pubblica
amministrazione italiana sono servirono a giustificare l’aumento di sti-
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Modelli di valutazione
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Ad esempio, quando un docente scrive un articolo al termine di una ricerca e lo
manda ad una rivista perché lo pubblichi, altri docenti valuteranno se il lavoro è
meritevole di pubblicazione o meno (pag. 8).
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Fino ai primi anni ’90 erano previsti solo dei controlli formali, come
quelli affidati alla Corte dei Conti, ma già con la legge 537 del ’93 ven-
nero introdotte norme risultate poi decisive per la storia dell’Università.
In quel momento, infatti, venne attribuita autonomia di bilancio agli ate-
nei e ciò ha comportato l’eliminazione della definizione dell’organico del
personale e di una serie di controlli formali, l’istituzione di nuclei di valu-
tazione interna e dell'Osservatorio per la valutazione del sistema univer-
sitario.(p.13) Con tale procedimento si voleva ridurre al minimo la parte
formale dei controlli e concentrare l’attenzione sul nocciolo delle attività
universitarie, intese come didattica e ricerca.
Già nel ’92, la Conferenza dei Rettori istituì una commissione di de-
legati rettorali (p.13) che tentò un primo approccio alla valutazione in-
terna. I lavori durarono per un triennio e nel ’95 venne prodotto un do-
cumento che rappresentava una specie di manuale per l’istituzione dei
nuclei di valutazione interna: si suggerivano la composizione, le attività
da svolgere e le informazioni da raccogliere. Questo è un merito che va
certamente riconosciuto alla Conferenza dei Rettori, perché ancor prima
della legge 537 del ’93 aveva avviato un ragionamento sulla valutazione
interna facendo in modo che l’Università iniziasse ad analizzare il proprio
operato. Prima di quel momento i docenti, pur esperti di tutti i settori
dello scibile umano, erano chiamati a decidere senza adeguate informa-
zioni: le decisioni venivano prese all’interno di atenei che non avevano
informazioni sulle proprie attività, non disponendo di indicatori di effica-
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Il paragrafo è basato sugli articoli di Rizzi e Silvestri (2001, 2002).
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All’estero vi furono nei primi anni '90 anche altre esperienze di valu-
tazione. Ad esempio il progetto pilota dell’Unione Europea (anch’esso
gestito in Italia dalla Conferenza dei Rettori), che già nel ’95 prevedeva
una relazione di autovalutazione, basata su una batteria di indicatori e di
informazioni quantitative sull'attività universitaria, e un rapporto finale
redatto da una commissione di valutatori esterni.
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noltre, si puntò molto l'attenzione sulla necessità di relazioni con
l’esterno, soprattutto col territorio di riferimento. Con l’autonomia si
scoprirono enormi lacune in tal senso, poiché gli atenei erano abituati ad
avere un Ministero che decideva tutto, ad esempio quali docenti assu-
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mere, e non era ancora stato avviato il meccanismo per cui, in base agli
obiettivi, si stabiliva come gestire e dividere le risorse a disposizione. Fu
un cambiamento radicale di mentalità e molte critiche furono mosse dai
Rettori europei alle Università italiane, poiché queste non erano neanche
in grado di descrivere i propri obiettivi: ogni docente aveva un fine par-
ticolare ma non vi erano obiettivi condivisi a livello di istituzione.
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I primi nuclei furono istituiti nel 1994 e la loro diffusione fu più velo-
ce nell’Università che nel resto della pubblica amministrazione, tanto che
dai tre nuclei istituiti nel ’94 si arrivò ad averne 51 (quasi tutte le uni-
versità statali) alla fine del ’96.
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Alla fine del decennio scorso una serie di leggi e decreti assegnaro-
no, in modo non sempre coordinato, nuovi compiti ai nuclei di valutazio-
ne.
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sulenza del nucleo agli organi accademici: il parere arriva fino al Comita-
to nazionale della valutazione che poi stende una relazione per il Mini-
stero, per il Parlamento e per la Corte dei Conti. Anche in questo caso
viene attribuita una valenza esterna alla valutazione interna.
Infine, nel 1999 venne varata la legge 370 che ridefinisce il sistema
di valutazione, trasformando l’Osservatorio in Comitato e definendolo
"organo del Ministero". Viene poi imposto un programma di valutazione
esterna all’Università sullo stile di quello proposto dalla Conferenza Eu-
ropea dei Rettori.(p. 28). Anche la posizione dei nuclei viene precisata
meglio, ma nel complesso la loro configurazione cambia meno rispetto a
quella del Comitato: i nuovi compiti vengono fissati in una relazione ob-
bligatoria sulla valutazione della didattica (basata sui questionari som-
ministrati agli studenti) e nel dovere di fornire annualmente dati e in-
formazioni sull’ateneo al Comitato per la valutazione. Ciò che prima era
semplicemente un consiglio dato dall’Osservatorio ai nuclei adesso di-
viene un obbligo che comporta anche una eventuale sanzione: per la
prima volta viene stabilito che se i nuclei non adempiono ai loro compiti
l’ateneo può perdere parte dei finanziamenti.
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Com itato
Ministero
valutazione
valut azione
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bozza di progetto
Organi
Nucleo
decisionali
valutazione in itinere valutazione
ateneo
Comitato
Ministero
valutazione
valutazione
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Da qualche anno il Comitato raccoglie dei dati in forma comune da tutti gli ate-
nei con una procedura unica attraverso internet. per la metodologia e i dati rac-
colti si veda il sito: http://www.vsu.it/dati/nuclei/default.asp
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Inoltre sono importanti i dati riguardanti gli studenti fuori corso, co-
loro che abbandonano, quelli che si trasferiscono. Vanno rilevate anche
le informazioni sul modo in cui è stata effettuata la valutazione della di-
dattica.
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Per un esempio di relazione annuale del nucleo, con i relativi indicatori, si veda
Nucleo di valutazione di Ca' Foscari (2002).
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Conclusioni
Sono state qui presentate alcuni aspetti della valutazione delle uni-
versità, privilegiando l'aspetto storico dell'evoluzione di questa attività,
in modo da permettere una comprensione, più delle tecniche, dell'am-
biente in cui si svolge.
Molti argomenti sono stati trascurati, ma non sono certo meno im-
portanti. Vorrei ricordarne uno in particolare, per le sue implicazioni po-
tenzialmente dirompenti e invece ancora non sviluppate. Si tratta della
valutazione della didattica da parte degli studenti. Iniziata come attività
pionieristica in alcune facoltà agli inizi degli anni '90, è stata poi resa
obbligatoria dalla legge 370 del 1999 (Osservatorio, 2000 e Comitato,
2001). La legge ha obbligato le università a svolgere una dispendiosa at-
tività di distribuzione di questionari a tutti gli studenti frequentanti e di
elaborazione dell'enorme massa di informazioni ottenute. Purtroppo la
legge non prevede un utilizzo di tali informazioni, quindi le università si
guardano bene, al momento, di utilizzare o divulgare i risultati della va-
lutazione. Le università sono ora in possesso dei giudizi degli studenti
sul comportamento e sulle performance didattiche dei singoli docenti,
nonché sulle condizioni in cui si svolge la didattica. Tali giudizi potrebbe-
ro guidare gli organi accademici nelle decisioni in merito alle carriere dei
docenti o, più semplicemente, per migliorare la fornitura di servizi didat-
tici. Invece non avviene niente di tutto questo e rimane per gli studenti
solo la scocciatura di dover compilare ogni anno dei questionari con la
consapevolezza dell'irrilevanza dei loro giudizi. E' un esempio di come
un'attività di valutazione potenzialmente utile (e apparentemente indi-
spensabile) stia lentamente degenerando in uno spreco di risorse.
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Riferimenti bibliografici
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