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Braccio da Montone

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Andrea Fortebraccio[1], noto come Braccio da Montone (Perugia, 1º
Andrea Fortebraccio
luglio 1368 – L'Aquila, 5 giugno 1424), è stato un condottiero, capitano di
ventura e politico italiano.

Fu principe di Capua, conte di Foggia e Montone, signore di Arcevia,


Assisi, Cannara, Castel Bolognese, Castel San Pietro Terme, Cingoli, Città
della Pieve, Città di Castello, Gualdo Cattaneo, Gualdo Tadino, Jesi,
Medicina, Montecassiano, Narni, Nocera Umbra, Orte, Orvieto, Ostra
Vetere, Perugia, Pieve di Cento, Rieti, San Gemini, Sassoferrato, Spello,
Spoleto, Teramo, Terni e Todi. Fu inoltre governatore di Bologna, capitano
generale della Chiesa e gran connestabile del Regno di Napoli. Con le sue
imprese fu quasi pronto a formare uno Stato proprio nell'Italia centrale del
XV secolo.

Indice
Anonimo, Ritratto del condottiero
Biografia
Andrea Fortebraccio "Braccio da
Leggende sulla morte
Montone" (1368-1424), Perugia.
Carattere e personalità In alto a sinistra è riportato lo stemma
Ascendenza della sua famiglia: D'oro, al montone
Discendenza saliente reciso di nero, cornato
Note d'argento.
Bibliografia Conte di Montone
Voci correlate In carica 28 agosto 1414 –
Altri progetti 5 giugno 1424
Collegamenti esterni Predecessore Stato Pontificio
Successore Carlo Fortebracci

Biografia Signore di Perugia


In carica 1416 – 1424
«...Braccio / ...che per tutto ancora / Con maraviglia e
Predecessore Stato Pontificio
con terror si noma»
Successore Stato Pontificio
(Alessandro Manzoni, in Il Conte di Carmagnola, 1816)
Trattamento Conte
Andrea Fortebraccio nacque a Perugia[2] dai nobili Oddo Fortebracci,
Altri titoli Principe di Capua
conte di Montone, e Giacoma Montemelini. Sin da giovane si dedicò alla
Conte di Foggia
carriera militare, iniziando come paggio nella compagnia di Guido
Nascita Perugia, 1º luglio
d'Asciano. La sconfitta dei nobili di fazione popolare a Perugia - i
1368
cosiddetti beccherini - comportò l'esilio dalla città per la famiglia dei
Fortebracci e la perdita della proprietà di un castello a Montone, nell'alta Morte L'Aquila, 5 giugno
valle del Tevere. Braccio si diede quindi alla ventura, entrando nella 1424
compagnia di San Giorgio (della quale faceva parte pure il futuro rivale Dinastia Fortebracci
Muzio Attendolo Sforza), nella scuola di Alberico da Barbiano, conte di
Padre Oddo Fortebracci
Cunio.[3]
Madre Giacoma Montemelini
Nel 1390 tornò a Montone, e qui, aiutato da due fratelli, uccise tre membri
Coniugi Elisabetta Armanni
della fazione avversaria dei Raspanti: per questa azione risoluta si
Nicolina da Varano
guadagnò una taglia sulla sua testa (da parte del governo di Città di
Figli Carlo (legittimo)
Castello, per l'omicidio di un abitante del tifernate che si trovò lì di
Oddo
passaggio), e l'appellativo di "Braccio" al posto del nome Andrea.
Innamorata
Fortebraccio decise quindi di abbandonare nuovamente i luoghi d'origine
Camilla
per formare una compagnia di quindici cavalieri e per mettersi al soldo dei
Lucrezia
Montefeltro contro i Malatesta.[4]
Carlotta
Nel 1391 venne ferito al petto e alla nuca durante l'assalto alla rocca di Religione Ateismo
Fossombrone, e da quella battaglia rimase leggermente zoppo alla gamba
sinistra. Sconfitto presso Fratta Todina, rifiutò di entrare al servizio di
Biordo Michelotti. Nell'aprile del 1395 tornò a combattere per Alberico da Andrea Fortebraccio
Barbiano, nel Regno di Napoli, qui incontrò nuovamente lo Sforza. Nel
1397 passò al soldo della Repubblica di Firenze ed ottenne il comando di
trenta uomini d'arme. Nel 1398 affiancò lo Stato Pontificio nella guerra
contro Perugia, assediando prima Montone e poi, alla morte di Michelotti
(signore di Perugia), attaccando la città che l'aveva esiliato. Finì per
devastare il territorio assisiate nell'inutile tentativo di penetrare nell'attuale
capoluogo umbro. Nel 1400 Perugia finì in mano ai Visconti e Braccio
tornò alle sue battaglie in lungo ed in largo per la penisola. Nel 1402, alla
morte di Gian Galeazzo Visconti, agli ordini di Mostarda da Forlì,
combatté per i pontifici contro i viscontei. Nel 1403 Papa Bonifacio IX si
accordò con il nuovo ducato di Milano e finirono sotto il controllo dello
Stato Pontificio Bologna, Perugia e Assisi: la fazione dei nobili perugini
dei Raspanti ottenne però che i fuoriusciti non potessero avvicinarsi a
meno di venti miglia dalla città.[5]

Nel 1404 Braccio tornò così al servizio di Alberico da Barbiano, conte di Braccio da Montone, litografia del 1850
Cunio, combattendo di nuovo a fianco di Lorenzo Attendolo, contro 1368 – 1424
Faenza e lo Stato Pontificio: questa seconda battaglia rimarrà ricordata Soprannome Braccio da Montone
come uno degli esempi della perizia nell'arte della guerra di Braccio. Nei
Nato a Perugia
pressi del fiume Reno, nella pianura padana, le truppe del conte di Cunio
Morto a L'Aquila
rimasero in minoranza di fronte al nemico, e Braccio, che componeva la
retroguardia, fece costruire tre ponti ad uso militare, per attraversare il Luogo di Chiesa di San
fiume e trincerarsi oltre le sponde, riuscendo così a resistere agli assalti sepoltura Francesco al Prato,
delle truppe papali. Per questa impresa Braccio si poté fregiare del titolo Perugia
di cavaliere e del diritto di inserire nel suo stemma le insegne del conte di Dati militari
Cunio. I primi successi del giovane condottiero finirono per suscitare Paese servito Repubblica di
invidie nella compagnia: qualcuno lo calunniò avvertendo Alberico che
Firenze
Braccio voleva ucciderlo per prenderne il posto, e così Braccio, avvertito
Stato Pontificio
dalla moglie del conte di Cunio, dovette fuggire dall'accampamento per
non essere a sua volta assassinato. Più tardi Alberico si pentì di questo suo Regno di Napoli
proposito e chiese a Braccio, vanamente, di tornare nella sua Regno d'Aragona
compagnia.[6] Forza armata Mercenari
Nel 1406 combatté con i fuoriusciti contro Perugia, e nel 1407 formò una Grado Condottiero
compagnia di ventura composta principalmente da esuli perugini, Battaglie Liberazione di
danneggiando e ricattando vari piccoli comuni del contado romagnolo e Roma (1409-1410)
dell'alta valle del Tevere per finanziarsi con queste scorrerie, ponendo la
Battaglia di
sua base presso Sansepolcro. In maggio gli abitanti di Arcevia gli
Sant'Egidio (1416)
offrirono la signoria della città, in cambio del suo aiuto contro il marchese
Guerra dell'Aquila
di Fermo Ludovico Migliorati, che stava assediando la città.[7] Il Montone
(1424)
accettò, occupò il monte Conero e devastò il territorio di Fano, dove si
impadronì di alcuni castelli. In seguito Braccio si rappacificò con il voci di militari presenti su Wikipedia
Migliorati e passò al servizio del Re del Regno di Napoli Ladislao
d'Angiò-Durazzo proprio presso Fermo. Ai suoi ordini vi erano ormai più
di 1200 cavalieri e 1000 fanti, cui dispensò complessivamente una paga di
14.000 fiorini. Devastò le terre dei Trinci di Foligno poiché si erano rifiutati di
vettovagliare le sue truppe. Nel 1408 Perugia si arrese al Re di Napoli Ladislao,
ma ottenne da questi una dichiarazione di belligeranza verso tutti i fuoriusciti
dalla città. Braccio ripiegò nelle Marche, ad Ancona, dichiarandosi a sua volta
nemico di Ladislao, e s'impossessò di Jesi.

Nel 1409 combatté dapprima a Città di Castello, quindi ad Arezzo a fianco dei
fiorentini e poi si diresse alla volta di Roma, assediando Castel Sant'Angelo, Il fiume Reno, luogo di una celebre
salvo ripiegare nelle Marche per l'arrivo dell'inverno. Nel 1410 Roma subì battaglia di Braccio
attacchi da parte di Luigi II d'Angiò-Valois e Ladislao d'Angiò-Durazzo e
diverse compagnie di ventura; tra queste pure quella di Fortebraccio, che, una
volta viste in ritirata le truppe napoletane, le inseguì e le sconfisse presso Sora, poi saccheggiata. In agosto i fiorentini gli
consegnarono 14.000 fiorini nel perugino, in settembre Spoleto gli commissionò scorrerie punitive nel territorio di Terni, in
novembre attaccò nuovamente Perugia assediandola da porta San Pietro, senza riuscire nell'intento. In questi anni di guerre,
concentrate per lo più nell'attuale regione Umbria, Braccio ebbe modo di perfezionare la sua tecnica militare, impostata sulla
rapidità della manovra e sulla velocità dei movimenti, e questa fu la caratteristica di una nuova scuola d'arme, che venne definita
braccesca.[8]

Nel 1413 l'antipapa Giovanni XXIII lo nominò feudatario di Montone, inoltre lo


chiamò a governare Bologna. Braccio sfruttò la situazione per accumulare molto
denaro, taglieggiando le città di Ravenna, Forlì, Rimini, Cesena e Castel San
Pietro. Nel 1414 combatté a Todi contro lo Sforza (passato al soldo di Napoli); in
giugno, al termine della battaglia, venne accolto con tutti gli onori a Firenze, con
cui siglò un'alleanza di dieci anni. In agosto Ladislao d'Angiò-Durazzo morì,
Braccio lasciò Bologna in libertà, per la cifra di 180.000 ducati d'oro, e
raggiunse l'Umbria, occupando città e castelli durante la sua discesa; Perugia,
temendo il suo arrivo, si affidò a Carlo Malatesta, nominato "Difenditore dei Montone, porta del Verziere
Perugini per la Santa Chiesa"; lo scontro, molto duro, avvenne a Sant'Egidio il
12 luglio 1416, con la vittoria dei bracceschi. Nella battaglia si distinsero il
figlio di Braccio, Oddo, e l'allievo Niccolò Piccinino.
Quindi la città di Perugia non poté far altro che aprirgli le porte, e nominarlo Signore, ed in seguito fu la volta del libero comune
di Terni. In una prima battaglia vinse la città dalle insegne del drago in campo rosso, ma alla seconda volta i ternani dovettero
cedere con molta fatica per mancanza di aiuti esterni sufficienti. Todi era già stata conquistata subito dopo Perugia, Narni neanche
provò a ribellarsi e poi Orvieto; gli abitanti lo vollero come loro reggitore senza troppi scrupoli. Fu così che si venne a suggellare
il dominio di Braccio nel territorio dell'odierna Umbria. Braccio chiese quindi al neoeletto Papa Martino V di concedergli il
vicariato sull'Umbria, ma questi glielo negò e gli mandò contro Guidantonio da Montefeltro, suo parente, e lo Sforza suo alleato,
che il Montone sconfisse puntualmente in una memorabile battaglia presso Spoleto. Sfruttando la vittoria, Braccio mosse contro i
territori del Montefeltro. Dopo aver provato a sottomettere Gubbio senza successo[9], si spinse in alta Umbria con obiettivo
Urbino: conquistandola, Braccio avrebbe potuto governare sino al mare Adriatico. Ma nel 1417, appena valicato lo spartiacque
appenninico, la sua avanzata verso Urbino si bloccò presso il castello di Cantiano che, sbarrando in maniera inespugnabile la via
Flaminia, divenne per anni il quartier generale dell'esercito di Guidantonio da Montefeltro contro quello del Montone. Dopo un
estenuante ed inutile assedio, Braccio abbandonò il progetto e vide così infrante le mire espansionistiche verso la Marca e
l'Adriatico. È ricordata a tal proposito la frase dell'illustre capitano di ventura nei confronti del castello di Cantiano: "maledicto
arnese de guerra". Il 14 marzo 1419 incontrò allora il Papa a Firenze, e trovò un accordo, che consisteva nella riconquista di
Bologna. Braccio la occupò e poi si ritirò a Perugia, lasciando intatti tutti i territori dei Montefeltro.[10]

Braccio da Montone andò allora in aiuto della Regina di Napoli Giovanna II d'Angiò-Durazzo, scomunicata dal Papa, venendo
però esso stesso interdetto dai sacramenti. Controllando in poco tempo, grazie alla sua abilità militare, quasi tutti i territori
dell'Abruzzo e parteggiando per Alfonso V d'Aragona contro gli Angioini, conseguentemente ai suoi successi, nel febbraio 1424
fu nominato gran connestabile del Regno di Napoli, e feudatario di Capua e Foggia. Passato dalla parte degli Aragonesi, perse la
carica di gran connestabile del Regno (venendo rimpiazzato dallo Sforza, al soldo degli Angioini) e ricevette da Alfonso V
l'incarico di assediare L'Aquila con la promessa dell'ottenimento del governo di tale feudo, di importanza cruciale nel territorio
del Regno di Napoli.

In marcia verso lo scontro finale, presso Pescara morì lo Sforza; contemporaneamente Braccio da Montone cominciò l'assedio di
L'Aquila distruggendo i "99 Castelli Fondatori" e spezzando ogni tipo di collegamento. Ma la città, guidata dal suo governatore
Antonuccio Camponeschi, gli oppose una strenua e duratura resistenza che fece durare il conflitto più di un anno. Così la Regina
Giovanna II d'Angiò-Durazzo mandò in suo soccorso un folto esercito capitanato dal gran connestabile Jacopo Caldora, potente
ed esperto condottiero, ex allievo di Braccio, il quale affrontò il suo maestro presso la Piana di Bazzano, luogo in cui si era
stabilito quest'ultimo, in una battaglia che fu veramente feroce. L'esercito braccesco venne sconfitto. Braccio da Montone riportò
gravi ferite alla testa (in particolare al collo) per aver ricevuto un colpo di mazza ferrata, venne catturato ed imprigionato sul
posto e morì il 5 giugno 1424, data che pose fine alla guerra, guerra che decise il destino di gran parte della penisola italiana.
Essendo morto scomunicato, il Papa lo fece seppellire in terra sconsacrata, dove quivi rimase fino al 1432, quando, per iniziativa
di suo nipote Niccolò Fortebraccio, fu tumulato ed i suoi resti furono custoditi nella chiesa di San Francesco al Prato di
Perugia.[11]

Nella città di L'Aquila gli è stata dedicata la strada in cui sarebbe deceduto; è stato inoltre oggetto di interesse anche a Terni[12].

Leggende sulla morte


Circolano diverse leggende sulla morte di Braccio da Montone[13][14]:

una di queste riporta che mentre Braccio giaceva gravemente ferito nell'accampamento nemico come prigioniero,
il chirurgo sbagliò ad operare le medicazioni, poiché spinto bruscamente ed intenzionalmente da Francesco
Sforza, cosicché i bisturi si andarono a conficcare nella sua testa, nella quale aveva riportato le ferite,
determinandone la sua morte;
un'altra riporta che dopo alcuni giorni di prigionia Braccio venne condotto al cospetto di Jacopo Caldora, il quale
lo avrebbe ucciso, adirato per il suo mutismo;
un'altra ancora riporta che il condottiero venne raggiunto ed ucciso da un certo Andreasso Castelli, nobile, il
quale voleva vendicarsi poiché Braccio in passato gli aveva ucciso suo padre, tre suoi zii ed il suo nonno
paterno;
un'ultima riporta che Braccio, chiuso in se stesso e rifiutando ogni sorta di cibo e di medicamento, morì in cella
alcuni giorni dopo la sua cattura, a causa della gravità delle ferite riportate in battaglia.

Carattere e personalità
«Fù di natura crudele, e empia, e poco amico di S. Chiesa, che fè gettare vn pouero curriere dentro del
barbacane di Viterbo, il quale raccomandatosi à Dio, e inuocando l'aiuto di S. Antonio da Padoua, fù
liberato dalla morte; ma egli lo fè la seconda, e terza volta buttare in quel precipitio, e fù dal detto Santo
miracolosamente liberato per sua gran confusione, e dal popolo fù rimprouerata la sua crudeltà, volendo
contender col Santo. Fè da vn campanile buttar sei frati minori, li quali stauano cantando, e diceua li
dauano fastidio.»

(Camillo Tutini, Discorsi de' Sette Officii overo de' Sette Grandi del Regno di Napoli, volume 1, Roma,
1666, p. 131.)

«Braccio fù di uita empia, nemico d'ogni religgione, e si uantaua non hauer uisto 30 anni messa né ufficio
diuino, fù crudele, e lasciò memoria di infiniti esempij di crudeltà; ma nel mistier del'arme fù ualentissimo, e
di grande ingegno, se ben alfine per superbia si perdesse; fù fedele, à tutti quelli â cui seruì, e sarebbe
stato uno de maggior huomini che mai in Italia fosser nati, se questi enormi uitij non hauesse hauuti.»

(Giovanni Battista Carafa, Dell'historie del Regno di Napoli, volume 7, Napoli, 1572, p. 175.)

Ascendenza
Nonno paterno:
Padre: Guido Fortebracci
Oddo Fortebracci Nonna paterna:
?
Andrea Fortebraccio
Nonno materno:
Madre: ?
Giacoma Montemelini Nonna materna:
?

Discendenza
Braccio da Montone si sposò due volte:

la prima volta con Elisabetta Armanni, da cui non ebbe figli;


la seconda volta nel 1420 con Nicolina da Varano, da cui ebbe un figlio, Carlo (1º settembre 1422 - Cortona, 31
giugno 1479), condottiero, che si sposò prima con Anna Colonna e poi con Margherita Malatesta.[15]
Ebbe inoltre da relazioni extraconiugali un figlio e quattro figlie:

Oddo (15 febbraio 1410 - Marradi, 1º febbraio 1425), condottiero, il quale sposò nel 1418 Elisabetta Trinci;
Innamorata, andata in sposa al condottiero Malatesta I Baglioni;
Camilla, andata in sposa al condottiero Francesco Piccinino;
Lucrezia;
Carlotta.

Note
1. ^ Il cognome del condottiero è riportato anche nella forma Fortebracci.
2. ^ Ariodante Fabretti, Biografie dei capitani venturieri dell'Umbria, scritte ed illustrate con documenti, Angiolo Fumi
Tipografo, Montepulciano, 1842, p. 111.
3. ^ M. V. Baruti Ceccopieri, Braccio da Montone e i Fortebracci, le compagnie di ventura nell'Italia del XV secolo,
Narni, 1993, p. 25.
4. ^ Giuseppe Milli, Andrea Fortebraccio conte di Montone, Città di Castello, 1979, p. 35.
5. ^ C. Brizzi, Il sogno del Principe. Braccio da Montone, Roma, 2006, p. 49-50.
6. ^ M. Rufini, Braccio da Montone, Roma, 2004, p. 64-65.
7. ^ N. Capponi, La battaglia di Anghiari, Milano, 2011, p. 31.
8. ^ M. Rufini, Quasi re. Le vicende di Fortebraccio capitano di ventura, Bologna, 2013, p. 70-71.
9. ^ Oderigi Lucarelli, Gubbio, memorie e guida storica, Cerboni editore, 1888, p. 95.
10. ^ A. Ascani, Montone, Città di Castello, 1965, p. 47-48.
11. ^ Giuseppe Milli, Andrea Fortebraccio conte di Montone, Città di Castello, 1979, p. 120.
12. ^ Ghostbusters a caccia del fantasma di Braccio Fortebraccio - Terni - Corriere dell'Umbria, Ghostbuster a caccia
del fantasma di Braccio Fortebraccio-Terni -Corriere dell'Umbria, in 03 agosto 2016.
13. ^ La battaglia dell'Aquila (http://www.arsbellica.it/pagine/battaglie_in_sintesi/L%27Aquila.html)
14. ^ Quando L'Aquila disse no a Fortebraccio: assedio e vittoria di una città testarda (https://www.abruzzoweb.it/cont
enuti/quando-l-aquila-disse-no-a-fortebraccio-assedio-e-vittoria-di-una-citta-testarda/552821-399/)
15. ^ Giovanni Vincenzo Giobbi Fortebracci da Montone, Lettera istorico-genealogica della Famiglia Fortebracci da
Montone all'illustrissimo e reverendissimo monsignor Giacomo Marchese Giandemaria, Bologna, 1689, p. 67-68-
84.

Bibliografia
A. Ascani, Montone, Città di Castello, 1965.
Ariodante Fabretti, Biografie dei capitani venturieri dell'Umbria, scritte ed illustrate con documenti, Angiolo Fumi
Tipografo, Montepulciano, 1842.
C. Brizzi, Il sogno del Principe. Braccio da Montone, Roma, 2006.
F. Pasquali, Braccio da Montone, G. B. Paravia & C., 1940.
Francesco Lomonaco, Vite de' famosi capitani d'Italia, volume 2, Milano, 1804.
Giovanni Antonio Campano, L'historie et vite di Braccio Fortebracci detto da Montone, et di Nicolò Piccinino
pervgini, Venezia, 1572.
Giovanni Vincenzo Giobbi Fortebracci da Montone, Lettera istorico-genealogica della Famiglia Fortebracci da
Montone all'illustrissimo e reverendissimo monsignor Giacomo Marchese Giandemaria, Bologna, 1689.
Giulio Roscio, Agostino Mascardi, Fabio Leonida, Ottavio Tronsarelli et al., Ritratti et elogii di capitani illvstri,
Roma, 1646.
Giuseppe Milli, Andrea Fortebraccio conte di Montone, Città di Castello, 1979.
M. Rufini, Braccio da Montone, Roma, 2004.
M. Rufini, Quasi re. Le vicende di Fortebraccio capitano di ventura, Bologna, 2013.
M. V. Baruti Ceccopieri, Braccio da Montone e i Fortebracci, le compagnie di ventura nell'Italia del XV secolo,
Narni, 1993.

Voci correlate
Oddo Fortebracci
Nicolina da Varano
Liberazione di Roma
Battaglia di Sant'Egidio
Strage dei Trinci
Guerra dell'Aquila
Montone
Via Fortebraccio
Altri progetti
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Collegamenti esterni
Condottieri di ventura - Braccio da Montone, su condottieridiventura.it.
Roberto Valentini, BRACCIO DA MONTONE (http://www.treccani.it/enciclopedia/braccio-da-montone_%28Enciclopedia
-Italiana%29/), Dizionario Biografico degli Italiani, 1930.
VIAF (EN) 47566172 (https://viaf.org/viaf/47566172) · ISNI (EN) 0000 0001 1193
451X (http://isni.org/isni/000000011193451X) · LCCN (EN) n85155350 (http://id.loc.g
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