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Geografia delle lingue 06-12-17

LINGUE CELTICHE

Nel II millennio a.C. nelle pianure dell’Europa centrale si affermava lentamente la presenza stabile
delle popolazioni celtiche. Con movimenti successivi i Celti si spinsero ad occupare tutti gli spazi a
nord della catena alpina, senza però riuscire a consolidare i loro insediamenti in forme organizzative
e in sistemi economici di grande resistenza. Divisi in tanti gruppi poco aggregati l’uno con l’altro, i
Celti, pur dotati di una cultura viva e ricca non riuscirono mai ad affermare duraturamente la loro
presenza sull’Europa centrale.

I Latini dal sud e i Germani dall’est cominciarono ad occupare verso la fine del primo millennio a.C. i
territori da loro colonizzati e ad imporre le loro lingue sulle parlate celtiche. I toponimi di origine
celtiche, le tracce archeologiche ci testimoniano oggi l’ampiezza del territorio che, in qualche modo,
ha subito la colonizzazione dei Celti, ma in realtà essi non riuscirono a rimanere indenni dal processo
di deculturazione operato nei loro riguardi da altri popoli più forti se non nei territori marginali
dell’Europa, dove i Latini e i Germani non avevano trovato le condizioni ambientali adatte a mettere
in atto le loro tecniche di colonizzazione.

Le isole britanniche hanno rappresentato il rifugio più sicuro per le lingue celtiche: qui all’epoca
dell’invasione romana, nel 55 a.C., erano già distinguibili tra britico e nel goidelico. Da queste due
parlate sono derivate diverse lingue: dal britico derivano il gallese, il cornico e il bretone (parlato
nella Bretagna francese) e dal goidelico, il gaelico irlandese, il gaelico scozzese e il manx dell’isola di
Man.
Ma mentre il cornico ha praticamente cessato di esistere come lingua parlata a partire dal XVIII
secolo a causa della preponderante presenza inglese in Cornovaglia, il manx conta ancora parlanti
nell’isola di Man, ma non è più una lingua d’uso, mentre le altre lingue celtiche hanno opposto una
forte resistenza al processo di acculturazione da parte dell’inglese e, per il bretone e il francese.

Gaelico scozzese
Il gaelico scozzese ha cominciato ad essere la lingua maggioritaria della regione scozzese solamente a
partire dal III secolo d.C. col consolidarsi delle dinastie locali. Ma già a partire del Medioevo il gaelico
scozzese cominciò a contrarsi sotto la spinta inglese, il potere era ormai in mano a chi parlava inglese
e questa lingua, entrata nella corte di Edimburgo, nella Chiesa e nei circoli culturali, si impose
dapprima come lingua di prestigio e divenne poi la lingue della nuova amministrazione e dei rapporti
commerciali che si stavano sviluppando fra Scozia e Inghilterra. Dopo l’unificazione fra Scozia e
Inghilterra, nel 1707, che segnò la definitiva fine dell’autonomia del clan gaelici. Il governo di Londra
promulgò le leggi anti-gaeliche, che proibivano non solo l’uso della lingua, ma anche tutte le altre
manifestazioni della cultura locale. Quando queste leggi vennero abrogate, nel 1782, ormai la cultura
gaelica era entrata in definitivo declino.

Il gaelico scozzese riuscì a resistere in qualche modo all’inglese solo dove i poteri locali rimasero
saldamente in mano alle famiglie del posto o dove le chiese locali riuscivano a organizzare scuole e
centri di cultura nella lingua celtica, e soprattutto in quelle aree che avevano scarsi legami con i
grandi centri commerciali della Scozia meridionale. Solamente alla fine del secolo scorso vennero
presi i primi provvedimenti per consolidare la lingua almeno nelle aree dove essa era ancora viva, gli
Highlands e le Ebridi. Nel 1872 venne adottato un provvedimento che consentiva l’insegnamento di
questa lingua nelle scuole delle aree dove vivevano ancora monolingui. L’area di lingua gaelica era
ormai ridotta alla sezione nordoccidentale degli Highlands e alle isole Ebrodi, cioè alla sezione più
povera e lontana dai centri urbani della Scozia, quella che l’emigrazione massiccia rendeva sempre
più spopolata.

Il turismo, i legami economici con altri centri di produzione e di marcato hanno finito per distruggere
ormai quasi del tutto la lingua gaelica. Attualmente il gaelico conta circa 80 mila unità. I
provvedimenti presi negli ultimi anni per fermare la morte di questa lingua (scuole con insegnamento
bilingue, radio, televisione…) pare abbiano rallentato il declino del gaelico, cosi come l’aiuto dei
privati e della Chiesa che cercano di rallentare ancora di più il declino.

Gaelico lingua nazionale nella Repubblica d’Irlanda


Questa lingua pone oggi più problemi rispetto alle altre lingue, dato che è ancora attiva e offre
considerazioni sulla vita nell’Irlanda.
Prima dell’indipendenza concessa dagli Inglesi nel 1921 dopo una lunga lotta di liberazione, le
condizioni della lingua gaelica erano già tempo decadenti, iniziato con l’occupazione dell’isola nel XIV
secolo e premendo sempre di più anche con la lingua. Il primo censimento avvenuto nell’isola (1851)
sottolineò che solo il 25% della popolazione parlava l’irlandese, percentuale che era composta da
pastori ancora rimasti legati a forme di produzione arcaiche e a un’economia di autosussistenza. Il
declino della lingua si è accelerato a partire dal XVIII secolo fino ad arrivare ad una situazione critica.
Tutto questo portò nel 1893 a formare la Lega Gaelica con lo scopo di sostenere la lingua dell’isola, in
particolare la Lega sostenne l’idea che non era possibile riappropriarsi della propria lingua senza
avere l’indipendenza nazionale. Ancora meno parlanti furono registrati nel censimento del 1901,
come risultato della violenta oppressione inglese nell’isola. Quando nel 1921 l’Irlanda ottenne
l’indipendenza, una delle prima riforme che attuò fu proprio quella per la restaurazione della lingua
gaelica. Con la Costituzione del 1937, l’irlandese divenne la “prima lingua ufficiale” della Repubblica
d’Irlanda. Il governo organizzò gruppi di esperti che avevano il compito di trovare un modo per ridare
vita al gaelico tramite nuove forme espressive adatte ai tempi, stimolare iniziative culturali, rendere
l’insegnamento del gaelico obbligatorio in tutte le scuole, la toponomastica diventò bilingue così
come tutti gli atti dell’amministrazione. Nonostante tanti sforzi e tanto denaro speso, il processo era
stato solo rallentato, come evidenziò il censimento del 1981, nel quale le persone “in grado di parlare
il gaelico” erano ridotte a quasi 60 mila. Vi sono alcuni territori non contigui sulla costa occidentale
dove si concentrano di più i parlanti del gaelico per evitare che abbiano intromissioni dall’esterno; la
situazione del gaelico irlandese è molto interessante, perché sta a dimostrare che l’indipendenza
politica non sempre aiuta quella linguistica e che molti provvedimenti presi a volte hanno effetti
opposti.
Gaelico gallese
Rispetto agli altri gaelici, la situazione di quello gallese si presenta molto diversamente, in quanto la
lingua è ben radicata nel territorio e il numero di parlanti rallenta molto più lentamente rispetto agli
altri. La sua importanza era già molto forte a partire dal Medioevo grazie ad opere religiose e
letterarie, tuttavia con il declino della Chiesa di Roma e la perdita dell’indipendenza, anche la lingua
cominciò a perdere il suo prestigio. Il gallese, però riuscì sempre a rimanere attivo sostenuto dalle
comunità e dalle chiese locali. L’ala più filo-gallese della Chiesa anglicana, quella dei Non-conformati,
fondò alla fine del XVIII secolo le Sunday Schools, che diedero un altro prezioso contributo alla
diffusione delle forme scritte e standardizzata del gallese. I Non-conformati si staccarono sempre di
più dalla Chiesa anglicana e formarono nel 1811 la Chiesa metodista, che si diffuse rapidamente
attraverso le Sunday Schools e che ebbe un’importanza straordinaria nella vita sociale e culturale del
Galles nel momento della Rivoluzione industriale. Entrambi i censimenti del 1901 e del 1971
registrarono un decadimento del gaelico gallese, resistito di più nelle zone interne nella regione dei
monti Cambrici, dovuto specialmente alla Rivoluzione industriale del secolo precedente, che gestita
dagli inglesi, portò ad un nuovo controllo passivo nella vita gallese.

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