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Elettronica I

Corso di Laurea in Ingegneria Elettronica e Informatica

Gino Giusi
Università degli Studi di Messina
Dipartimento di Ingegneria
Contrada di Dio, 98166 S.Agata, Messina
Informazioni sul corso
Obiettivi: analisi e progettazione di circuiti elettronici analogici basati
su diodi e transistors.

Prerequisiti: teoria delle reti elettriche lineari in DC e AC.

Tipologia delle lezioni: teoria ed esercitazioni supportate da


proiezione di slides e alla lavagna. Esercitazioni al calcolatore.

Testo di riferimento:
“Microelettronica”, R.C. Jaeger, T. N. Blalock, Mc Graw Hill.

Altro Materiale :
slides delle lezioni e prove svolte disponibili su www.ginogiusi.com

Ricevimento: prenotare per email

Contatti: e-mail:ggiusi@unime.it tel: 090-397-7560 (7381)


Informazioni sul corso
Tipologie di esame:

• prova scritta (o 2 in itinere) + prova orale • prova scritta (o 2 in itinere)


VALUTAZIONE VALUTAZIONE
VALUTAZIONE FINALE SCRITTO FINALE
= (SCRITTO + ORALE)/2 18-21 18

22-24 19

25-27 20

28-30 21

Prenotazione esame:

• la prova orale può essere sostenuta in un appello diverso da quello dello


scritto (entro l’ultimo appello disponibile dell’anno accademico)

• è necessario indicare su ESSE3 se la prenotazione è relativa alla prova


scritta, a quella orale, o scritto+orale (stesso appello)
L’Elettronica
Scienza dei sistemi hardware dedicati a elaborare l’informazione contenuta in
grandezze fisiche (tensioni/correnti elettriche, campi elettromagnetici).

Esempio: l’amplificatore audio


Microfono: converte le onde acustiche in una tensione/corrente elettrica
Amplificatore: amplifica l’ampiezza del segnale elettrico proveniente dal Mic
Casse acustiche: convertono il segnale elettrico amplificato in onde acustiche amplificate
L’Elettronica
Scienza dei sistemi hardware dedicati a elaborare l’informazione contenuta in
grandezze fisiche (tensioni/correnti elettriche, campi elettromagnetici).

Esempio: sistemi di telecomunicazioni


L’Elettronica
Scienza dei sistemi hardware dedicati a elaborare l’informazione contenuta in
grandezze fisiche (tensioni/correnti elettriche, campi elettromagnetici).

Esempio: computer
Elettronica vs. Elettrotecnica
L’elettronica si diversifica dalle Scienze elettriche ed elettro-meccaniche
che si occupano della generazione, distribuzione, immagazinamento e
conversione dell’energia elettrica da e verso altre forme di energia usando
conduttori, motori, generatori, batterie, trasformatori, resistori e altri
componenti passivi.
condensatori trasformatori
batterie

motori resistori
induttori

Un insieme di componenti passivi collegati tra di loro è detto circuito elettrico


L’Elettronica
L’elettronica ha a che fare con componenti attivi che consentono
di elaborare l’informazione immagazzinata nei segnali elettrici

tubi a vuoto diodi

circuiti integrati

transistors

I circuiti elettrici costituiti da componenti attivi insieme ai componenti passivi


e alle tecnologie di interconnessione sono detti circuiti elettronici
L’Elettronica
L’elettronica è parte fondamentale della nostra società
Il mercato dell’elettronica

l’elettronica rappresenta il 10% (4 trilioni di dollari) del prodotto


interno lordo mondiale (PIL).
Branche dell’Elettronica

analogica  digitale
bassa frequenza  alta frequenza
bassa potenza  alta potenza
discreta  integrata
L’Elettronica Analogica
In elettronica analogica l’informazione può assumere una numero infinito di
valori.

Esempio: l’amplificatore audio


L’Elettronica Digitale
In elettronica digitale l’informazione può assumere solo un numero finito di
valori.
segnale elettrico digitale

L’elaborazione digitale dell’informazione ha preso il sopravvento su quella


analogica:
• maggiore capacità di immagazzinare informazione
• maggiore capacità di elaborare l’informazione
• maggiore robustezza e sicurezza dei sistemi
L’Elettronica delle alte frequenze

Basse frequenze
Suoni udibili 20 Hz - 20 KHz
Alte Frequenze
Radio FM 88 - 108 MHz
Televisione 54 - 216 MHz
Comunicazioni navali e governative. 216 - 450 MHz
Telefoni cellulari e wireless 1710 - 2690 MHz
TV via satellite 3.7 - 4.2 GHz
Dispositivi Wireless 5.0 - 5.5 GHz
L’Elettronica di potenza
alimentatore carica batterie

amlificatore audio di potenza


UPS
Il componente fondamentale
dell’elettronica: il transistor
Transistor = Transfer Resistor (resistenza di trasferimento)

la tensione (corrente) al terminale di


controllo determina la conducibilità
(corrente) tra i terminali A e B.

 funzioni principali:
• interruttore controllato (elettronica digitale)
• amplificazione dei segnali elettrici (elettronica analogica)

 tutti i moderni sistemi (digitali) di elaborazione (computer, smartphone,


ecc…) sono fatti di transistors ( fino a 109÷1010 )
 maggiore è il numero di transistor, maggiore è la capacità (potenza) di
elaborazione
I progenitori dei transistors:
i tubi a vuoto (valvole)
Diodo (1904, Flemming) il filamento incandescente riscalda il
catodo che emette elettroni, i quali sono attirati dal potenziale
positivo dell’anodo. Se l’anodo è negativo gli elettroni sono
respinti e non si ha passaggio di corrente.

Triodo (1907, Le de Forest). Primo componente


amplificatore costruito dall’uomo. La griglia viene posta ad
un potenziale negativo ed agisce da terminale di controllo: il
suo potenziale determina il numero di elettroni che arrivano
all’anodo.

1907, Le De Forest.
Primo triodo a vuoto
Prima generazione di computer (1946-1956)
Il primo calcolatore elettronico (1942)
Tra il 1937 e il 1942 – insieme al suo studente Clifford Berry –
John Atanasoff costruì l’ABC (Atanasoff-Berry Computer)

ABC (Atanasoff-Berry Computer)


John Atanasoff
(Iowa University, USA)

280 valvole, 1.6 km di cavi, 1600 condensatori


Il primo calcolatore programmabile (1943)
COLOSSUS venne progettato dal matematico Max Newman, e realizzato da Tommy
Flowers nella Post Office Research Station a Dollis Hill (UK) durante la seconda guerra mondiale.

Max Newmann COLOSSUS (1500 valvole)

Fu in grado di forzare i codici sviluppati dalla cifratrice Lorenz SZ 40/42 usata dai nazisti per
proteggere la corrispondenza fra Adolf Hitler e i suoi capi di stato maggiore, oltre che alle
comunicazioni Purple e Red giapponesi, basate sulla tecnologia di Enigma.
ENIAC (1946)
John Mauchly e Presper Eckert,
University of Pennsylvania (USA)

Difetti:
 capacità di memoria molto
limitata (solo 20 numeri);
 troppe valvole, che si
bruciavano spesso
 non aveva un programma
modificabile
Il primo calcolatore riprogrammabile: EDVAC (1949)

Johnny von Neumann


Architettura di von Neumann
Il computer fuori dai laboratori

Univac I Ibm 701

Ibm 7090/94
Ibm 750
L’inizio dell’era dell’elettronica moderna (1947)

Il transistor

• componente fondamentale di qualunque


apparecchiatura elettronica moderna

• dispositivo elettronico a semiconduttore a


3 terminali

• inventato nel 1947 da Brattain, Shockley,


Bardeen nei laboratori Bell (premio Nobel
1956)
Il primo transistor (1947)
transistore bipolare al
germanio a punta di contatto

• due punte metalliche a contatto con


una base di germanio

• le punte sono i terminali A e B, la


base è il terminale di controllo
Il primo transistor (1947)

La tensione imposta sulla base (rispetto agli elettrodi) determina la


conducibilità della regione compresa tra i due elettrodi di metallo.
Vantaggi dei transistors rispetto ai tubi a vuoto

• piccole dimensioni e peso ridotto  dispositivi elettronici miniaturizzati


• processo di costruzione automatizzato ed efficiente
• tensioni di alimentazione ridotte  dispositivi portatili
• nessun periodo di “riscaldamento” dopo l’accensione
• più bassa dissipazione di potenza  migliore efficienza energetica
• lunga durata di vita

Transistors “discreti”
Seconda generazione di computer (1946-1956)
I circuiti integrati (1958)
1958: Kilby e Noice sviluppato il primo Transistors “integrati”
circuito integrato
Terza generazione di computer (1964-1979)
Il primo microprocessore (1971)
Ted Hoff Intel 4004

2300 transistors
Lo scaling dei transistors

I miglioramenti delle tecnologie di fabbricazione hanno consentono la


riduzione delle dimensioni dei transistors
Lo scaling dei transistor: elettronica consumer

Obiettivi del processo di integrazione:

• dispositivi più piccoli e portatili


• minore consumo energetico
• maggiori prestazioni
Lo scaling dei transistor: la legge di Moore

Gordon Moore (Intel)

Legge di Moore (1965): « Le prestazioni dei processori, e il


numero di transistor ad esso relativo, raddoppiano ogni 18 mesi. »
Lo scaling dei transistor: circuiti di memoria

moduli di memoria SO-DIMM


Lo scaling dei transistor: i circuiti integrati

livello di integrazione componenti/chip


Small Scale Integration (SSI) <10
Medium Scale Integration (MSI) 10-100
Large Scale Integration (LSI) 100-104
Very Large Scale Integration (VLSI) 104-109
Ultra Large Scale Integration (ULSI) 1010
Quarta generazione di computer (1980-oggi)
USA (2007), 1,75 quadrilioni di operazioni al secondo
quadrilione = un milione di miliardi
Tianhe 1A
(cinese)

2,57
quadrilioni
di
operazioni
al
secondo
Tappe fondamentali dell’elettronica
1874 Braun inventa il raddrizzatore a stato 1958 Kilby e Noyce sviluppano i circuiti
solido. integrati
1895 Marconi effettua le prime 1961 Primo circuito integrato
trasmissioni via radio commercializzato dalla Fairchild
1904 Fleming inventa il diodo a vuoto Semiconductor
1906 DeForest inventa il triodo a vuoto 1968 Primo amplificatore operazionale
1907-27 Primi circuiti radio sviluppati con integrato
diodi e triodi. 1970 Cella DRAM a un transistore inventata da
1925 primo prototipo di TV Dennard alla IBM.
1925 Lilienfeld brevetta il dispositivo ad 1971 Presentazione del processore Intel 4004.
effetto di campo 1978 Prima memoria commerciale da 1-kilobit.
1947 Bardeen e Brattain ai Laboratori Bell 1974 Presentazione del processore 8080.
inventano il transistore bipolare. 1984 Presentazione del chip di memoria da 1
1952 Texas Instruments inizia la Megabit.
produzione commerciale di transistori 1995 Chip di memoria da 1 gigabit presentato
bipolari. alla IEEE International Solid-State
1956 Bardeen, Brattain, e Shockley CircuitsConference (IEEE ISSCC)
ricevono il premio Nobel. 2000 Alferov, Kilby, e Kromer vincono il
premio Nobel
Tecnologie moderne
Tecnologie moderne

oggi il mercato consumer dell’elettronica è dominato dalla


tecnologia a MOSFET e si basa sul Silicio
Il futuro dell’industria MOS
la legge di Moore è vicina alla fine

Nuove opzioni tecnologiche sono necessarie per continuare lo scaling:

 nuovi materiali (Ge, GaAs, Graphene, SiC, ….. )

 nuove architetture di dispositivo (transistor molecolari, quantistici, …..)


Contenuti del corso

analogica  digitale
bassa frequenza  alta frequenza
bassa potenza  alta potenza
discreta  integrata
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali
richiami di teoria dei circuiti
la simulazione circuitale con SPICE
elementi di Elettronica dello stato solido

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


amplificatori a BJT e FETs
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali
 richiami di teoria dei circuiti
 la simulazione circuitale con SPICE
 elementi di Elettronica dello stato solido

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


 amplificatori a BJT e FETs
Circuiti elettronici
Definizione: insieme di componenti elettrici ed elettronici
connessi tra di loro da conduttori “ideali”.

Problema da risolvere: determinare tutte le tensioni e le


correnti della rete (soluzione della rete).

Input del problema: generatori di tensione e di corrente


indipendenti.

Metodo di risoluzione: leggi di Kirchoff.


Convenzioni
Potenziale di un punto della rete: si intende la differenza di
potenziale (d.d.p.) tra il punto considerato e un punto (nodo) di
riferimento assunto con potenziale nullo.

M: nodo di riferimento
VM=0V (definizione)
VA=VA-VM=VAM

A
Il simbolo VCC indica che
è presente una batteria tra
il nodo VCC e il nodo di
riferimento (M) M
Convenzioni
Potenziale di un punto della rete: si intende la differenza di
potenziale (d.d.p.) tra il punto considerato e un punto (nodo) di
riferimento assunto con potenziale nullo.

M: nodo di riferimento
VM=0V (definizione)
VA=VA-VM=VAM

A
Il simbolo VCC indica che
è presente una batteria tra
il nodo VCC e il nodo di
riferimento (M) M
Convenzioni
VA non ha significato perchè non è specificato il riferimento
VAM continua ad avere senso
VCC non ha significato: l’alimentazione non c’è!

M
Convenzioni
Segnale elettrico: componente continua+componente
variabile (valor medio nullo)

Esempio: potenziale del punto A v A  V A  va


VA: componente continua
va: componente variabile
vA: segnale totale

v A  5 sin(2000t )  4  3 cos(1000t ) V
V A  4V
va  5 sin(2000t )  3 cos(1000t ) V
Relazioni costitutive
La relazione costitutiva f di un componente elettronico è la legge (o insieme di
leggi) matematica che lega le correnti che scorrono ai suoi terminali con le
tensioni applicate ai terminali stessi. Ad esempio per un bipolo (2 terminali)

La relazione costitutiva f è anche chiamata modello di ampio segnale


Componenti lineari e non lineari
• un componente elettronico è lineare se f è lineare
• la funzione f è lineare se e solo se vale il principio di sovrapposizione degli
effetti, ovvero se e solo se f(ax1+bx2)=af(x1)+bf(x2)

Esempi di componenti elettronici lineari

iR((t)) +
R vR(t)
_

iR(t) = vR(t)/R dvC (t ) di L (t )


iC (t )  C v L (t )  L
f(x)=x/R dt dt

Esempio di componente elettronico


non lineare : il diodo

iD (v D )   e v D  1 
Caratteristica corrente-tensione (IV)
La caratteristica corrente-tensione (IV) di un componente elettronico è la
relazione costitutiva in DC (detta anche modello in DC)
Esempio

in DC
relazione costitutiva caratteristica IV
v (t ) dv (t )
i (t )  C I V / R
R dt  / t  0
 sperimentalmente la caratteristica IV di un bipolo si ottiene applicando una tensione
(corrente) continua V (I) e misurando, dopo che si sono esauriti i transitori (t→∞), la
corrente (tensione) I (V)
 rappresenta la risposta del bipolo anche in condizione di segnale applicato lentamente
variabile (/t ≈ 0)
Circuiti lineari e non lineari
Un circuito è lineare se e solo se è costituito da tutti componenti
lineari
i
iC iL

circuito elettronico lineare circuito elettronico non lineare

la maggior parte dei sistemi elettronici sono costituiti da componenti non lineari (es:
gli amplificatori sono fatti con transistors)
nella maggior parte dei casi si richiede un funzionamento lineare (es: il concetto di
amplificazione è lineare)
 è possibile far lavorare sistemi non lineari in regime di funzionamento lineare
(linearizzazione)
Linearizzazione dei circuiti non lineari
La caratteristica I(V) può essere
linearizzata intorno ad un punto di lavoro
(I0, V0) se v(t) ha piccole variazioni
intorno a V0 (piccolo segnale).

I
Geq  1 / Req 
I V
I (V )  I (V0 ) 
V
V  V   I
0 eq  GeqV
V0

V0 I eq  I (0)  I (V0 )  GeqV0

modello di piccolo segnale per segnali lentamente variabili

 Req, Ieq : parametri del modello (dip. dal punto di lavoro )


 rete lineare
 per segnali velocemente variabili il modello va
completato con gli effetti non inclusi nella risposta in DC
(es. effetti capacitivi in parallelo)
Analisi nel dominio del tempo
gli input del problema sono matematicamente rappresentati da
espressioni nel dominio del tempo.

Es: v(t)=V0+VM sin (2ft+f0)

La soluzione della rete sono espressioni nel dominio del tempo.

circuito
elettronico

L’analisi nel dominio del tempo è particolarmente utile quando


l’informazione da elaborare sta nell’ampiezza del segnale.
Analisi nel dominio del tempo
Caso particolare: analisi in DC (Direct Current): gli input del
problema sono le componenti continue delle sorgenti di
tensione/corrente indipendenti (se assente vuol dire che vale 0!).

i I
iC iL IC IL
analisi in DC

La soluzione della rete è detta punto di lavoro (OP) o punto di


funzionamento a riposo ed è un insieme di numeri, ovvero le
componenti DC di tutte le correnti e tensioni della rete.
Analisi nel dominio del tempo
Caratteristica di trasferimento di una rete: y=f(x)

relazione f che lega una variabile y (corrente o tensione) della


rete ad una sorgente indipendente x della rete stessa in DC.

• reti lineari o non lineari


• le altre sorgenti indipendenti restano fisse al variare di x

Es:

DC V AB  f1 V A , V1 , V2 
I 2  f 2 V A , V1 , V2 
Analisi nel dominio della frequenza (AC)
Quando l’informazione è contenuta nella frequenza (o fase) del segnale è
particolarmente utile l’analisi nel dominio f (o AC).

I concetti matematici di serie e trasformata di Fourier consentono di


rappresentare matematicamente gli input del problema come somme di
sinusoidi

x (t )   AX ( f ) sin 2ft   X ( f )
f
AX ( f ): spettro di ampiezza di x
X ( f ): spettro di fase di x

X ( f )  AX ( f )e j X ( f ) spettro di x

AX, X sono funzioni reali di variabile reale (f)


spettro di un
X è funzione complessa di variabile reale (f)
segnale periodico
Analisi nel dominio della frequenza (AC)
Nel caso di reti lineari o nel caso di regime di funzionamento lineare è
possibile calcolare la soluzione della rete usando il principio di
sovrapposizione, ovvero calcolando la risposta della rete frequenza per
frequenza. Tale metodologia è detta analisi in AC.

Gli output del problema saranno quindi esprimibili come

y (t )   AY ( f ) sin 2ft   Y ( f ) Y ( f )  AY ( f )e j Y ( f )
f

Funzione di risposta armonica: X ( f) H ( f) Y ( f)

Y ( f ) AY ( f ) j Y ( f )  X ( f ) 
H( f )   e  H ( f ) e j H ( f )
X ( f ) AX ( f )

AX, AY, X, Y , |H|, H sono funzioni reali di variabile reale (f)

X, Y, H sono funzioni complesse di variabile reale (f)


Analisi nel dominio della frequenza (AC)
Funzione di risposta armonica:
y(t)

X ( f) H ( f) Y ( f)
t

H ( f )  H ( f ) e j H ( f )
x(t)

Significato. Si consideri per semplicità una rete lineare con un


ingresso ed una uscita. Se in ingresso alla rete applico un segnale
sinusoidale a frequenza f, con ampiezza AX e fase X, in uscita
ottengo, dopo che si sono esauriti tutti i transitori, un segnale
sinusoidale alla stessa frequenza f, ampiezza AY=|H(f)| AX e fase
Y=H(f)+X.
Analisi dei circuiti: leggi di Kirchoff
Prima legge (KCL): la somma delle correnti entranti
in un nodo è pari alla somma delle correnti uscenti.

Seconda legge (KVL): la somma algebrica delle


d.d.p. lungo un percorso chiuso è pari a zero.

• descrivono la topologia della rete e sono valide in tutti i regimi di


funzionamento (DC, AC, ...)

• si applicano ai circuiti elettronici a parametri concentrati, cioè


circuiti che non irradiano, dove l'energia si può considerare
concentrata nei componenti del circuito

• sono una approssimazione delle leggi v4  v3  v2  v1  0


dell'elettromagnetismo di Maxwell, che non implicano nessuna ipotesi v1  v2  v3  v4  0
sulla natura dei componenti del circuito (es. lineari o non-lineari)
v4  v1  v2  v3
Analisi dei circuiti: leggi di Kirchoff
Reti monomaglia
• si scelgono versi arbitrari per la corrente di maglia I e per le d.d.p. ai capi di ogni bipolo
• si scrivono le relazioni costitutive di tutti i componenti
• si scrive la KVL alla maglia (la KCL non è necessaria perchè non ci sono nodi)
• si risolve il sistema

VR1  IR1 I  V / R1  R2 


 
VR 2  IR2 VR1  VR1 / R1  R2  leggi del partitore
V  V  V V  VR / R  R  di tensione
 R1 R2  R2 2 1 2

3 eq. in 3 incognite Es: V=1V, R1=R2=500WI=1mA, VR1=VR2=0.5V


(I, VR1, VR2) I>0: la corrente circola nel verso scelto
VR1
+ -
VR1   IR1 I  V / R1  R2 
R1

 
I -
VR 2  IR2 VR1  VR1 / R1  R2  leggi del partitore
V1 R2 VR2
V  V  V V  VR / R  R  di tensione
+  R1 R2
 R2 2 1 2

I=-1mA, VR1=0.5V, VR2=-0.5V


I<0: la corrente circola nel verso opposto a quello scelto
(NON E’ UN ERRORE)
Analisi dei circuiti: leggi di Kirchoff
Reti con più maglie (n nodi)
• si scelgono versi arbitrari per le correnti su ogni ramo e per le d.d.p. ai capi di ogni bipolo
• si scrivono le relazioni costitutive di tutti i componenti
• si scrivono le KVL alle maglie indipendenti
• si scrivono le KCL ai nodi indipendenti (n-1)
• si risolve il sistema

VR1   I1R1
V  I R
 R2 2 2 relazioni costitutive
VR 3  I 3 R3

V1  VR1  VR 2  V2
V1  VR1  VR 3 leggi di Kirchoff
 (topologia rete)
I1  I 2  I 3
•2 termini noti: V1, V2
•6 eq. in 6 incognite (I1, I2, I3, VR1, VR2,VR3)
Analisi dei circuiti: divisore di corrente

VR1  I1R1

VR 2  I 2 R2 I1  I
R2
 R1  R2
VAB  VR1
V  V I2  I
R1
 AB R2
R1  R2
I  I1  I 2
leggi del divisore
di corrente
Sovrapposizione degli effetti
La risposta di una rete lineare alla sollecitazione di più generatori indipendenti può essere
ottenuta considerando ciascun generatore separatamente attivo e sommando le rispettive
riposte della rete.

2 sorgenti ind. (V1, I2) V1=0 I2=0


A A
+ +

R3 R3
V1 V1
I2

I1 I3
VAB
= + I’’1 R1 I’’3
V’’AB

R1
- -
B B

V AB  VAB
'
 V AB
''

I1  I1'  I1''
I 3  I 3'  I 3''
Circuiti equivalenti di Thévenin e Norton
Teorema di Thevenin (Norton): qualunque rete elettrica lineare, vista tra due
punti A e B della rete, è rappresentabile come un generatore reale di tensione
(corrente).

Thévenin

Rth: resistenza “equivalente” tra A e B


vth: tensione “a vuoto” tra A e B
in: corrente di “corto-circuito” tra A e B Norton

Nota: l’equivalenza vale per ciò che concerne il resto della rete (RL)
Analisi dei circuiti: equivalente di Thévenin
Calcolo generatore equivalente
A
di Thevenin: si calcola la
iS
tensione a vuoto tra A e B

3 equazioni:
B
2 maglie indipendenti, 1 nodo

vS  R1i1  v AB
 termini noti: vS
v AB  RS iS incognite: i1, iS, vAB
i  i  i 3 equazioni in 3 incognite
1 1 S

vth  v AB 
   1RS
vs 
50  1103
v  0.718vs
  1RS  R1 50  110  10
3 3 s
Analisi dei circuiti: equivalente di Thévenin
Calcolo resistenza equivalente di
A
Thevenin: si calcola la resistenza “vista”
iS
tra A e B

1. si passivano le sorgenti indipendenti


2. si applica un generatore di tensione vX B

(corrente iX) di prova tra i punti dove si


vuole calcolare Rth
3. si calcola la corrente iX (tensione vX) erogata
(sviluppata) dal genetore di prova.
4. Rth = vX/iX
Analisi dei circuiti: equivalente di Thévenin
Calcolo resistenza equivalente di Thevenin:

3 maglie ind.
2 nodi ind.

 R1i1  VAB
V  R i
 AB S S

VAB  v X
i  i  i termini noti: vX
1 1 2 incognite: i1, vAB , iS , i2 , iX
i2  i X  iS 5 equazioni in 5 incognite

R1 20 kW
Rth  RS  1 kW  1 kW 392 W  282 W
 1 50  1
Analisi dei circuiti: equivalente di Norton
Calcolo generatore equivalente di Norton:
• si cortocircuitano i terminali di uscita A e B
• si calcola in col verso di erogazione del circuito equivalente
(1   )
in  i1   i1  i1 (1   )  vs 
R1
50  1 1
 v
3 s
 2 . 55  10 -3
W vs
20 10

Calcolo resistenza equivalente di Norton: stesso procedimento di Rth


Circuiti equivalenti di Thévenin e Norton

Thévenin Norton

• la semplificazione di una porzione di circuito che contiene generatori controllati è


possibile SOLO SE le grandezze di controllo fanno parte della porzione di circuito
semplificata

• se la porzione di rete da ridurre non contiene generatori indipendenti, vth=0, in=0 e la


rete equivale alla sola Rth
Analisi dei circuiti: teorema di Millaman
• velocizza la risoluzione di reti lineari costituite da più rami in parallelo tra due nodi A e B
• nei rami devono solo apparire generatori indipendenti
• si calcolano le correnti di corto circuito entranti nel nodo A
• si calcolano le conduttanze di ogni ramo (si passiva la relativa sorgente ind.)
• la d.d.p. VAB si calcola come il rapporto tra la somma delle correnti di cortocircuito di ogni ramo e
la somma delle conduttanze di ogni ramo

V1 V2 V1 V2
 0 
R R2 R1 R2
VAB  1 
1 1 1 1 1 1
   
R1 R2 R3 R1 R2 R3
le variabili incognite possono essere calcolate a
partire da VAB (Es.: I3=VAB/R3)
A

R3 V1 V1
V1 I2  I2  0  I2
R1 R1
VAB  
1 1 1 1 1
R1   
R1  R3 R1 R3
B
Errori e Metodologia per l’analisi dei circuiti
Errori tipici

• equazioni dimensionalmente errate


• equazioni alle maglie (nodi) con segni errati
• la d.d.p. ai capi dei generatori di corrente non è 0!
• potenziali indicati senza nodo di riferimento
• grandezze presenti nelle equazioni non indicate nello schema elettrico
• equazioni con simboli e numeri senza dimensioni

Metodologia consigliata

L’approccio più robusto (ed elegante) alla risoluzione delle reti elettriche è quello di
effettuare tutti i passaggi in forma simbolica e sostituire solo alla fine i valori
numerici.

Questo approccio permette:

• di ottenere equazioni che possono essere riutilizzate


• di effettuare ragionamenti sul circuito
• di scoprire più facilmente errori (in particolare dimensionali)
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali
 richiami di teoria dei circuiti
 la simulazione circuitale con SPICE
 elementi di Elettronica dello stato solido

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


 amplificatori a BJT e FETs
La simulazione circuitale
strumento per prevedere la risposta nel dominio del tempo e/o della
frequenza di un circuito elettronico soggetto ad uno stimolo di ingresso
attraverso l’uso del calcolatore.
La simulazione circuitale
 input della simulazione:

• descrizione del circuito (componenti e connessioni)


• descrizione analitica delle relazioni costitutive dei compontenti (modelli)
• descrizione tipo di analisi (in continua, in frequenza, ecc...)

 l’insieme di queste componenti definisce un set di equazioni da risolvere ed il


problema diventa essenzialmente di calcolo numerico

 il simulatore non introduce conoscenza

 l’accuratezza dei risultati dipende

• dalla bontà della modellizzazione dei componenti che costituiscono il


circuito
• dai metodi numerici implementati per la risoluzione del problema.
Perchè effettuare una simulazione?
 al crescere delle dimensioni del circuito diventa molto difficile e spesso
impossibile risolvere il circuito analiticamente (carta e penna).

 permette di prevedere la risposta del cirtuito senza montarlo in laboratorio


con conseguenze riduzione di costi e tempo di progettazione.

 permette di riprodurre situazioni difficilmente realizzabili in laboratorio


(effetti parassiti, temperatura diversa da quella ambiente, ecc...)

 permette di effettuare analisi parametriche e statistiche per prevedere la


robustezza del comportamento di un circuito.

Queste problematiche sono state enfatizzate con l’avvento dei circuiti integrati
che, insieme con la diffusione di sempre più potenti sistemi di calcolo, hanno
portato alla nascita della simulazione circuitale.
Storia di SPICE
 SPICE (Simulation Program with Integrated Circuit Emphasis) è il simulatore
circuitale ad oggi più diffuso e deriva da un programma sviluppato da un gruppo
di studenti per un corso di simulazione circuitale all’Università di Berkeley
(California) tra il 1969 e il 1970

 il nome originale del programma era CANCER (Computer Analysis of Nonlinear


Circuits Excluding Radiation) e poteva effettuare analisi in continua, transitorio,
frequenza sui circuiti contenenti resistori, condensatori, induttori, diodi e BJT

 viste le notevoli potenzialità dimostrate, CANCER diventa nel 1971 la prima


versione di SPICE (SPICE1) che includeva anche JFET e MOSFET. Grazie
anche al fatto che SPICE venne distribuito gratuitamente da Berkeley, divenne
subito uno standard

 nel corso degli anni sono state rilasciate diverse versioni del programma (nel’75
SPICE2, nell’ ‘83 SPICE3) caratterizzate dall’utilizzo di metodi numerici sempre
più efficienti, da un linguaggio più potente, da modelli più sofisticati dei
dispositivi e librerie più complete.
Storia di SPICE
Oggi tutti i principali fornitori di software CAD offrono una versione arricchita o
supportata di SPICE:

• HSPICE (Meta-Software, adesso acquistato dalla Synopsys)


• PSPICE (Microsim, adesso acquistato da Cadence)
• IGSPICE
• Microwave SPICE

PSPICE è disponibile in numerose versioni per i diversi sistemi operativi (DOS,


Windows, Unix, etc.).

Faremo riferimento alla versione ORCAD PSPICE Lite (limitata nel numero di

nodi e componenti)
Struttura del simulatore SPICE

Text Editor .out Text Editor


Parser
.sch .cir &
Solver
Graphic
.dat Interface
Schematic
Editor
.lib

Le informazioni di input del simulatore, contenute all’interno


di un file *.cir, devono essere

 descrizione topologica del circuito (schematico o netlist)


 tipo di simulazione da effettuare (DC, AC, transitorio, ecc..)
 comandi di output
Descrizione del circuito: lo schematico
Descrizione del circuito: la netlist
Titolo del circuito  la prima riga del file .cir è
. riservata al titolo e non viene
*commento interpretata
.
 il carattere “*” commenta
<caricamento librerie e definizione un’intera linea
modelli>
.  SPICE è case insensitive
*commento
.  l’ordine dei comandi è
<istanziamento componenti> irrilevante

<comandi di simulazione>  per continuare a capo una riga


basta iniziare la seguente riga
con “+”
<comandi output>
.  il carattere “;” commenta la
.END restante parte della linea
Classi di analisi di simulazione
Analisi standard:
 Punto di lavoro (.OP)
 Funzione di trasferimento (.TF)
 Analisi in continua (.DC)
 Analisi in transitorio (.TRAN)
 Analisi in frequenza (.AC )
 Analisi di Fourier (.FOUR)
 Analisi di rumore (.NOISE)

Analisi multi-run:
 Analisi parametriche (.STEP)
 Analisi in temperatura (.TEMP)

Analisi statistiche:
 Monte Carlo (.MC)
 Sensibilità e caso peggiore (.WCASE)
Elementi circuitali implementati
 Componenti Analogici

• Resistenze (ideali e a semiconduttore)


• Condensatori (ideali e a semiconduttore)
• Induttori (singoli e mutui)
• Interuttori controllati in tensione o corrente
• Generatori di tensione/corrente indipendenti/dipendenti
• Linee di trasmissione
• Diodi
• Transistori (BJT, JFET, MOSFET)

 Componenti Digitali (porte logiche, MUX, A/D, D/A,


Memorie,...)
 Componenti di libreria (circuti integrati)
Istanziamento componenti
 ogni componente definisce un ramo; un
nodo è il punto di incontro di almeno 2 rami

 ogni elemento della rete è connesso tra 2 o


più nodi numerati (es. R1 tra 1 e 2)

 il nodo 0 (necessario) è assunto come


riferimento per il potenziale degli altri nodi
(massa) ed è posto a 0V

 i nomi dei componenti possono essere lunghi fino ad 8 caratteri, ma devono


iniziare con una lettera riconosciuta da SPICE che identifica il tipo di componente

 il circuito si descrive attraverso la netlist elencando, senza alcun ordine, i componenti


del circuito. Es:

R1 1 2 100
indica un resistore (si capisce dalla R) connesso tra i nodi 1 e 2 di valore 100 ohm

IS 0 1 DC 0.1
indica un generatore di corrente (si capisce dalla I) in continua (DC) di valore 0.1A
Componenti passivi ideali
Sintassi:

R<name> <n+> <n-> <value>


C<Nome> <n+> <n-> <value> [IC=<V0>]
L<Nome> <n+> <n-> <value> [IC=<I0>]

Il campo IC permette di specificare il valore iniziale di tensione


(condensatori) o corrente (induttori) per le analisi in transitorio.

Esempi:

Rload 2 10 10k
C1 13 0 1uF IC=10V
L3 3 4 1mH IC=0.7mA
Parametri
Sintassi:

.PARAM <name> <var> | <expression>

assegna un valore ad un parametro direttamente o attraverso una


espressione

Esempio:

.PARAM R1val=1M
.PARAM R2val= {10*R1val }
R2 2 0 {R2val}

.
Modelli di componenti
 la maggior parte dei componenti più semplici richiede un numero semplice e
limitato di equazioni matematiche e di parametri (es. in un resistore il modello
matematico è I=V/R e l’unico parametro necessario è R)

 componenti più complessi (diodi e transistors) sono caratterizzati da equazioni


più complicate e richiedono molti parametri fisico-tecnologici da specificare

 i modelli racchiudono un set di equazioni e di parametri fisico-tecnologici per


uno specifico componente

 i parametri dei modelli hanno dei valori di default, vanno specificati solo quelli
che si vogliono cambiare

 esistono una moltitudine di modelli di componenti commerciali racchiusi in


librerie di modelli

Sintassi:
.MODEL <MNAME> <MTYPE> [PARAM1=PVAL1] [PARAM2=PVAL2] .....
Generatori indipendenti di tensione e corrente
Generatore di corrente indipendente: Esempio: generatore di corrente
costante
I<name> <(+) node> <(-) node>
+ [ [DC] <value> ] Ipippo 3 0 DC 2.3mA
+ [ AC <magnitude value> [phase value] ]
+ [STIMULUS=<stimulus name>]
+ [transient specification]

La corrente fluisce dal nodo + al nodo –

Generatore di tensione indipendente: Esempio: generatore di tensione


per analisi in AC
V<name> <(+) node> <(-) node>
+ [ [DC] <value> ] (componente DC nulla,
+ [ AC <magnitude value> [phase value] ] componente variabile ampiezze
+ [STIMULUS=<stimulus name>] 1mV e fase nulla)
+ [transient specification]
V3 2 3 AC .001
Stimoli Transitori: PULSE
Si usa lo stimolo PULSE per generare forme d’onda pulsate periodiche:

PULSE (<V1> <V2> <Td> <Tr> <Tf> <PW> <PER>)

Td Tr PW Tf PER

V2

V1

Esempio:

ISW 10 5 PULSE(1A 5A 1sec .1sec .4sec .5sec 2sec)


Stimoli Transitori: SIN
SIN (<Voffset> <Vamp> <FREQ> <Td> <DF> <FASE>)

V=Voffset+Vamp*sin{2π*[freq*(t–Td)+FASE/360])*exp[-(t-Td)/DF]

Esempio:

I3 26 77 DC .002 SIN(.002 .002 1.5MEG)


Stimoli Transitori: PWL
Per generare una forma d’onda arbitraria si usa lo stimolo PWL

PWL (t0,V0) (t1,V1) (t2,V2) … (tn,Vn)

 ad ogni coppia corrisponde un punto


 i punti vengono interpolati tramite rette
 l’ultimo valore di tensione viene mantenuto fino alla fine della
simulazione

V1

V2

V0
Vn
t0 t1 t2 tn
Generatori lineari dipendenti
Generatore di tensione controllato in tensione (v = e v):

E<name> <n+> <n-> <nc+> <nc-> <gain>

Esempio: V(3,0)=10*V(5,6)

E1 3 0 5 6 10

Generatore di corrente controllato in tensione (i = g v):

G<name> <n+> <n-> <nc+> <nc-> <gain>

Esempio: I(3,0)=10*V(5,6)

G1 3 0 5 6 10
Generatori lineari dipendenti
Generatore di tensione controllato in corrente (v= h i):

H<name> <n+> <n-> <control device> <gain>

Esempio: V(3,0)=10*I(5,6)

H1 3 0 V1 10
V1 5 6 DC 0

Generatore di corrente controllato in corrente (i = f i):

F<name> <n+> <n-> <control device> <gain>

Esempio: I(3,0)=10*I(5,6)

F1 3 0 V1 10
V1 5 6 DC 0
Comandi di output
Sintassi: .PRINT <analysis type> [<var1> <var2> …..]
 permette di salvare il valore di correnti e tensioni del
circuito, sotto forma di tabelle, in un file *.out
 ogni variabile di uscita diventa una colonna della tabella
Esempio: .PRINT DC V(3) V(2,3) V(R1)

Sintassi: .PROBE [<var1> <var2> …..]


 output grafico (file *.dat)
 senza argomenti salva tutte le variabili
Esempio: .PROBE V(3) V(2,3) V(R1) I(VIN) I(R2)
Comandi di simulazione: punto di lavoro
Sintassi:

.OP

 valuta il punto di riposo relativo allo stato iniziale del circuito

 non vengono prodotte forme d’onda

 sul file .OUT di uscita vengono riportati tutti i valori di


tensioni e correnti e potenza dissipata nel punto di riposo
Comandi di simulazione: analisi in continua

Sintassi:
.DC [<sweep type>] <sweep variable>
+<start val> <end val > <step val> [nested sweep]

Sweep Lineare
.DC LIN I2 5mA 12mA 0.1mA
.DC VIN -.25 .25 .05
.DC VCE 0V 10V .5V IB 0mA 1mA 50uA
.DC PARAM RLval 50 1000 10
.DC RES RMOD(R) 0.9 1.1 .001

Sweep Logaritmico
.DC DEC PARAM RLval 1e3 1e5 3

List Sweep
.DC PARAM RLval LIST 50 100 200
.DC TEMP LIST 0 20 27 50 80 100
Comandi simulazione: analisi in transitorio
Sintassi: .TRAN <T step> <T stop> [<T start> [<T max>]]

 la simulazione parte sempre da t = 0

 <T stop> specifica la durata della simulazione

 <T step> specifica lo step per l’output testuale

 <T start> (opzionale) fa si che vengano salvati soltanto i valori da t = Tstart


in poi, riducendo le dimensioni dei file di uscita

 <T max> e’ il massimo valore dello step temporale usato per la


simulazione, e quindi per la risoluzione delle equazioni differenziali

 il comando .IC specifica la condizione iniziale del circuito:

.IC <V(<n_nodo>) = val


.IC <I(ramo) >= val
Comandi di simulazione: analisi in AC

Sintassi:

.AC <sweep type> <points value> <start frequency>


+<end frequency >

Esempi

.AC LIN 101 100Hz 200kHz


.AC OCT 10 1kHz 16kHz
.AC DEC 20 1MEG 100MEG
Comandi di simulazione: analisi di Fourier
Sintassi:

.FOUR <fundamental freq.> <var1> <var2> ….


 in presenza di uno stimolo transitorio in ingresso, permette di calcolare le
prime 9 armoniche, a partire dalla fondamentale, delle variabili di output

 produce l’output (modulo e fase delle armoniche) senza specificare altre


istruzioni (.PRINT, .PLOT, .PROBE)

 è possibile produrre anche un output grafico con .PROBE

Esempio

.FOUR 125kHz V(1), V(4)


Comandi di simulazione : funzione di trasferimento

Sintassi:

.TF <output var> <input source name>

 calcola il rapporto in DC tra l’output e l’input specificati

 non viene prodotto output grafico

 sul file .OUT di uscita viene scritto il valore del rapporto


out/in, nonchè le resistenze di ingresso e di uscita
Comandi di simulazione: analisi parametrica
.STEP <sweep type> <sweep variable name> <start value>
+ <end value> <increment value>

• varia a passi (LIN, LOG, LIST), durante l’analisi, il valore di una


sorgente, di un componente, o di una temperatura (anche con .TEMP)

• effettua n simulazioni indipendenti (a differenza di .DC che crea un unico


output grafico)

Esempi:

.STEP VCE 0V 10V .5V


.STEP LIN I2 5mA -2mA 0.1mA
.STEP TEMP LIST 0 20 27 50 80 100
.STEP PARAM CenterFreq 9.5kHz 10.5kHz 50Hz
Esempio: analisi del punto di lavoro

Determinare:
 punto di lavoro
 V(2)/VIN nel OP
 V(2) in funzione 0≤ VIN≤1
Primo Esempio:
*Un partitore resistivo
VIN 1 0 DC 6
*Resistenza tra 1 e 2:
R1 1 2 100
*Resistenza tra 2 e massa:
R2 2 0 100
*Analisi DC del circuito
.OP
.TF V(2) VIN
.DC VIN 0 1 0.1
.PROBE
.END
Esempio: analisi parametrica in DC

Determinare
 OP in funzione 0≤ VIN≤1

Secondo Esempio:

.PARAM Rval=100

VIN 1 0 DC 6
R1 1 2 {Rval}
R2 2 0 {Rval}
.OP
.STEP VIN 0 1 0.1
.END
Esempio: analisi in transitorio

Determinare la risposta in
transitorio al gradino di
ampiezza 5V (trise=0)

*Carica RC
VIN 1 0 PULSE 0 5
R1 1 VOUT 6k
C1 VOUT 0 10e-9
.TRAN 5n 400u
.PROBE
.END
Esempio: analisi in frequenza

Determinare la risposta in
frequenza nella banda 1 kHz-
100 MHz

Risposta in frequenza di un
**circuito RC

V1 1 0 AC 1
R1 1 2 100
C1 2 0 1n

.AC DEC 100 1e3 1e8


.PROBE
.END
Risoluzione numerica in DC-Circuiti lineari

Si applica il metodo dei potenziali ai nodi:

 per ogni nodo, eccetto lo 0, si scrive la


legge delle correnti di Kirchoff ponendo
a sinistra i termini incogniti e a destra i
termini noti

I12  IS G1V12  IS
I12  I 20  I 23 0 G1V12  G2V2  G3V23 0
I 23  I 30  0 G3V23  G4V3  0

 si sostituisce ad ogni corrente incognita Gi =1/Ri


Iij la relazione I-V del ramo connesso tra i Vij = Vi - Vj
nodi i e j
Risoluzione numerica in DC-Circuiti lineari

G1V12  IS
G1V12  G2V2  G3V23 0
G3V23  G4V3  0

può essere scritta in forma matriciale: Y∙V=I

G1  G1 0  V1   I S 
G  G1  G2  G3 G3   V    0 
 1   2  
 0 G3  G3  G4  V3   0 

matrice dei
matrice delle termini noti I
matrice delle ammettenze Y
incognite V
Risoluzione numerica in DC-Circuiti lineari

G1  G1 0  V1   I S 
G  G1  G2  G3 G3   V    0 
 1   2  
 0 G3  G3  G4  V3   0 

matrice dei
matrice delle termini noti I
matrice delle ammettenze Y
incognite V

 la risoluzione del circuito diventa un problema di inversione di matrice: V = Y-1 ∙ I

 noti i potenziali Vk è possibile determinare tutte le correnti incognite attraverso le


relazione di ramo (nell’esempio le correnti nei resistori sono Iij=GijVij)
Risoluzione numerica in DC-Circuiti non lineari

Sono circuiti che includono componenti non lineari come diodi e


transistori.

esempio:
 qV 2

I 2 (V2 )  I SAT  e  1
 kT

 
La relazione I2(V2) è
altamente non lineare

-GV2 -I2(V2) = -GVS G=1/R

• non può essere scritta in forma matriciale!


• si risolve in modo iterativo
Risoluzione numerica in DC-Circuiti non lineari
La relazione I2(V2) deve essere linearizzata intorno ad un punto di riposo iniziale (I20,
V20) sviluppando al primo ordine I2(V2) in un intorno di (I20, V20):

I 2
I 2 (V2 )  I 2 (V20 ) 
V2
V
2  V 
2  I eq  GeqV2
0

V20

I 2
Geq  1 / Req  I eq  I 2 (0)  I 2 (V20 )  GeqV20
V2 V20

Il diodo può essere sostituito col circuito equivalente lineare:


Risoluzione numerica in DC-Circuiti non lineari

Metodo di Newton-Raphson Setta punto di lavoro


iniziale: (I20, V20), n=0

di fondamentale importanza è la
scelta (algoritmo) del punto di Incrementa indice
lavoro iniziale iterazione n=n+1

può essere impostato attreverso il Calcola Ieq, Req


comando NODESET
Risolve rete e nuovo punto di
Esempio: lavoro (I2n, V2n)

.NODESET V(2)=3.4 I(R1)=3u

NO
|V2n-V2n-1|<

SI

FINE
Risoluzione numerica in AC
La risoluzione in AC prevede una serie di step

 risoluzione in DC per la determinazione del punto di lavoro (funzione solo delle


componenti continue delle sorgenti). I componenti non lineari (diodi, transistors) sono
sostituiti col modello equivalente di piccolo segnale calcolato al punto di lavoro ottenuto.

 per ogni valore di frequenza f compreso nell’intervallo di simulazione prefissato, i


condensatori sono sostituiti con ammettenze di valore j2pfC e gli induttori con
ammettenze di valore –j/2pfL. La matrice delle ammettenze ricavate avrà elementi
complessi

 per ogni valore di frequenza compreso nell’intervallo di simulazione prefissato Y∙V=I


viene risolta ottenendo tutte le tensioni e correnti che risultano essere dei numeri
complessi (rappresentabili in modulo e fase)
Risoluzione numerica in transitorio
Il vettore dei termini noti I è funzione del tempo

Il punto di lavoro viene calcolato al tempo iniziale t=0. In questo modo le condizioni
iniziali per gli elementi reattivi sono determinate (tensioni ai capi dei condensatori e
correnti attraverso gli induttori, le correnti ai capi dei condensatori e le tensioni ai capi
degli induttori sono nulli al tempo 0).

La simulazione avanza secondo time steps DT (impostabile dall’utente) costanti fino al


tempo totale di simulazione T (impostabile dall’utente):

0, DT, 2 DT, ...., T

La soluzione al tempo i DT viene calcolata usando la soluzione al tempo (i-1) DT come


condizione iniziale (soluzione quasi statica)
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali
richiami di teoria dei circuiti
la simulazione circuitale con SPICE
elementi di Elettronica dello stato solido

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


amplificatori a BJT e FETs
Classificazione dei materiali a stato solido
Classificazione in base alla disposizione atomica
Materiali dell’elettronica allo stato solido

 lo sviluppo dei materiali e delle tecnologie per la realizzazione degli ICs ha reso
possibile la moderna rivoluzione della tecnologia dell’informazione

particolare interesse rivestono i semiconduttori (cristallini) poichè la resistività può


essere modulata mediante l’aggiunta di impurità alla struttura cristallina (drogaggio).

i semiconduttori elementari sono formati da atomi di un solo tipo, generalmente della


IV colonna (Si, Ge).

i semiconduttori composti sono formati dalla combinazione di elementi della III e della
V colonna o della II e della VI (GaAs, InP)
Materiali semiconduttori
• il primo semiconduttore ad essere usato
è stato il germanio

• il silicio ha rapidamente sostituito il


germanio grazie a

 maggiore ampiezza di banda


proibita che ne permise l’impiego a
temperature più elevate

 formazione di un ossido stabile,


caratteristica molto importante nel
processo di fabbricazione degli ICs.

• GaAs e InP impiegati in optoelettronica:


LED, laser, fotorivelatori

• materiali innovativi: SiC, SiGe


Struttura cristallina del Silicio

Il Silicio appartine alla IV colonna: 4 elettroni


nell’orbita più esterna che si legano con i 4
atomi più vicini (legame covalente)

a T=0K tutti i legami sono completi. Ogni


atomo di silicio contribuisce con un elettrone
per ognuna delle coppie di legame.
Elettroni e lacune
T>0K

l ’ aumento di T aggiunge
energia al sistema e rompe i
legami generando

• elettroni liberi di muoversi


sotto l’influenza di un campo
elettrico esterno

• vacanze o lacune
Elettroni e lacune
• i legami si rompono in modo
statistico

• una lacuna si muove quando la


vacanza è riempita da un elettrone
di un legame rotto nelle vicinanze.

• nei semiconduttori la conduzione


avviene a causa degli elettroni e
delle lacune.

• n, p: concentrazioni di elettroni e
lacune [cm-3]

• per il silicio intrinseco (non


drogato), n =p= ni
Modello a bande di energia
T=0 K T>0 K

EC e EV sono i livelli di L’elettrone che fa parte di L’energia termica rompe


un legame covalente si i legami covalenti
energia ai bordi della banda
trova in uno stato di bassa generando elettroni in
di valenza e di conduzione. energia nella banda di banda di conduzione e
valenza. lacune in banda di
valenza.
Concentrazione intrinseca dei portatori

• il numero di elettroni e lacune determina la conducibilità di un materiale


• nel Si a T=300K n=p=ni≈1010 cm-3 (molto bassa, praticamente isolanti)
• all’aumentare di T si rompono più legami e n,p aumentano (maggiore
conducibilità a differenza dei metalli)
• a parità di T, materiali con più basso EG hanno maggiore conducibilità
• nei metalli EG≈0 e il trasporto di carica è dovuto solo agli elettroni
Concentrazione intrinseca dei portatori
La densità dei portatori di carica in un
semiconduttore è funzione della temperatura e
delle proprietà del materiale:
1/2
  E 
p  n  ni   BT 3 exp  G   cm-3
  kT  
EG = ampiezza di banda proibita del semiconduttore eV
k = Costante di Boltzmann, (8.62 x 10-5 eV/K, 1.38 x10-23 J/K);
T = temperatura assoluta, K
B = parametro caratteristico del materiale

EG è la minima energia necessaria per liberare un


elettrone rompendo un legame covalente.
Equilibrio termodinamico
Le variabili termodinamiche (temperatura, pressione, volume)
sono costanti (nel tempo).

In condizioni di equilibrio termodinamico gli elettroni (lacune)


si muovono in banda di conduzione (valenza) in modo caotico a
causa dell’energia fornitagli dall’ambiente (agitazione termica).
Corrente di deriva

Fp= + qE Fn = - qE

E=V/L ·
+ -

le particelle cariche e libere si muovono V


in modo ordinato (derivano) sotto
l’influenza del campo elettrico applicato q = 1.6 ∙10-19C
generando una corrente di deriva j = densità di corrente di deriva [A/cm2]
Q = densità di carica [C/cm3]
v = velocità delle cariche [cm/s]
j=Qv
Mobilità
Per bassi valori di campo elettrico E (<103 V/cm nel silicio)

vn = - nE vp = pE
vn e vp = velocità di elettroni e lacune (cm/s)
n e p = mobilità di elettroni e lacune (cm2/Vs)
• n > p

• per campi elevati (>107 V/cm nel


silicio), la velocità dei portatori
satura saturazione della corrente.

•  diminuisce all’aumentare di T
(urti col reticolo, come nei metalli)

•la mobilità limita la risposta in


frequenza. Nel GaAs è maggiore
che nel silicio applicazioni high-f
Conducibilità e Resistività
La corrente di deriva (drift) jdrift=Qv è dovuta sia agli elettroni che alle lacune

jndrift = Qnvn = (-qn)(- nE) = qn nE


jpdrift = Qpvp = (+qp)(pE) = qp pE
legge di Ohm
jTdrift = jndrift + jp drift = q(n n + p p)E = E
microscopica

 = q(n n + p p) [(cm)-1 ] conducibilità elettrica


 = 1/ [cm] resistività elettrica

j  E
I 1V L legge di Ohm
  V  RI R
S  L S macroscopica
Semiconduttori drogati
Il drogaggio è il processo con cui si aggiungono piccole quantità
di impurità in un semiconduttore per controllarne la resistività.

Tipi di drogaggio usati per il silicio:

donatore (V colonna): P, As, Sb


accettore (III colonna): B

valori tipici: 1014cm-3÷1021cm-3


Impurità di tipo donatore per il silicio
• atomi di P (o altri elementi della V
colonna) rimpiazzano atomi di Si nella
struttura cristallina.

• poichè il P ha 5 elettroni sull’orbita


esterna, ci sarà un elettrone ‘extra’

• il materiale ha ancora carica neutra, ma


basta poca energia (45 meV per il P)
per rendere disponibile l’elettrone per il
processo di conduzione

• ogni atomo di P dona un elettrone per


la conduzione

• ND (drogaggio donatore) >> ni n ≈ND


(è possibile controllare )
Impurità di tipo accettore per il silicio
• atomi di B (III colonna) rimpiazzano
atomi di Si nella struttura cristallina.

• poichè il B ha 3 elettroni sull’orbita


esterna, ci sarà un legame incompleto
(lacuna)

• il materiale ha ancora carica neutra, ma


basta poca energia (44 meV per il B)
affinchè un legame vicino si ‘sposti’

• ogni atomo di B accetta un elettrone


liberando una lacuna in banda di
valenza per la conduzione

• NA (drogaggio accettore) >> pi p ≈NA


(è possibile controllare )
Impurità di tipo accettore per il silicio

moto della lacune in banda di valenza


Concentrazione dei portatori di carica
Legge di azione di massa: pn = ni2
(semiconduttori drogati e non drogati)

Drogaggio (ND) con impurità donatori


n ≈ND p ≈ ni2/ ND n>>p (il silicio è detto di tipo n)

gli elettroni sono i portatori maggioritari, le lacune i minoritari

Drogaggio (NA) con impurità accettori


p ≈NA n ≈ ni2/ NA p>>n (il silicio è detto di tipo p)

le lacune sono i portatori maggioritari, gli elettroni i minoritari


Mobilità e resistività nei semiconduttori drogati

•n>p

• diminuisce a
causa dei maggiori
urti
Diffusione
 Le particelle materiali (non necessariamente cariche) hanno una naturale
tendenza a muoversi (a causa dell’agitazione termica) verso le zone con
concentrazione più basse.

 tale processo è detto diffusione e comporta il trasporto di massa da una zona ad


alta concentrazione C [cm-3] di particelle ad una a più bassa concentrazione.

 il flusso di particelle f [s-1cm-2] è regolato dalla legge di Fick: f=-DC/x


D : diffusività [cm2/s]
Corrente di diffusione
 nei dispositivi elettronici è abbastanza frequente avere gradienti di concentrazione
del drogante e/o drogaggio di tipo diverso.

 nel caso dei semiconduttori, oltre a trasporto di massa avviene un trasporto di


carica, e quindi la nascita di una corrente (di diffusione) Jdiff =  qf [A/cm2]

 p  p
J p ,diff  ( q ) D p     qD p
 x  x
 n  n
J n ,diff  ( q) Dn      qDn
 x  x

Dp / Dn : diffusività di elettroni e lacune


Corrente totale in un semiconduttore
n
La corrente totale è la somma j  q n nE  qDn
T

x
n
delle correnti di deriva e di
diffusione di elettroni e lacune p
j p  q p pE  qD p
T

x
Semiconduttori:
• il trasporto è dovuto ad elettroni e lacune
• il drogaggio permette di modulare la conducibilità
• la corrente è dovuta a componenti di drift e diffusione

Metalli:
• il trasporto è dovuto interamente agli elettroni
• ni è talmente alto (EG basso) che il drogaggio risulta
ininfluente non è possibile modularne il drogaggio
•solo le correnti di drift di elettroni sono significative
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 struttura e funzionamento
 analisi dei circuiti con diodi
 esempi applicativi

 transistori ad effetto di campo (FETs)


 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


amplificatori a BJT e FETs
Il diodo a giunzione pn
• 2 terminali (bipolo): anodo (A), catodo (K)
• favorisce il passaggio di corrente nella direzione AK
• impedisce il passaggio di corrente nella direzione K  A

simbolo del diodo


NA ND

Applicazioni:
• circuiti di alimentazione Metal contacts
• elaborazione dei segnali
• conversione energia elettrica luminosa (LED, celle solari)
• la struttura di transistori BJT e FET contiene giunzioni pn
Regione di carica spaziale (SCR)
• i gradienti di concentrazione danno origine a
- j + correnti di diffusione (di maggioritari)

• lo spostamento di carica mobile lascia carica


fissa non bilanciata si crea una regione di
carica spaziale (SCR) e un campo elettrico E(x)

• il campo E genera una corrente di drift (di


minoritari) che bilancia la corrente di diffusione
 equilibrio con SCR di dimensione finita wd0
A K • il campo E crea un d.d.p. ai capi della giunzione
detto potenziale di giunzione fj:
 N AND  kT
f j  VT ln  2
, VT 
 ni  q

2 s  1 1 
wd 0  ( xn  x p )    f j
q  N A ND 
• il campo E ostacola il passaggio dei
maggioritari attraverso la SCR mentre favorisce il
passaggio dei minoritari
Regione di carica spaziale (SCR)
Esempio: giunzione pn a temperatura ambiente con NA = 1017cm-3, ND =1020cm-3

temperatura ambiente (T=300K) ni (300K)≈1010 cm-3  n2i≈1020 cm-6

kT 1.381023 J/K  300K


VT    25.9mV
q 1.610 C
-19

 N AND
f j  VT ln 
  
 1017 cm -3 10 20 cm -3 
  (0.0259V) ln 

  1.01V
 ni
2
 
20
10 cm 
-6
 

S= S,r 0=11.8∙(8.85∙10-12 F/m)

2 s  1 1

 2 11 .8 8.85 10 12 F/m  1 1 

w  q   fj     1 .01V  115 nm
d0  N N  1.6 10  19 C

 10
23 m - 3 26 -
10 m  3 
 A D
La giunzione pn in polarizzazione inversa
+VD -
• polarizzazione inversa: VD<0
ID
• i maggioritari si allontanano dalla
giunzione determinando un aumento della
SCR e del campo elettrico (E) di giunzione
VD<0
• i minoritari hanno il campo E a favore
- - + +
• la giunzione è attraversata da una piccola
- +
corrente inversa sostenuta dai minoritari (la
- + corrente di drift prevale su quella di
diffusione)
E
• la corrente inversa è praticamente
ID<0 VD<0 indipendente da VD (costante)
La giunzione pn in polarizzazione diretta

• polarizzazione diretta: VD>0

• i maggioritari si dirigono verso la giunzione


determinando una riduzione della SCR e del
campo elettrico (E)

• i minoritari vicino alla SCR risentono ancora


del campo E a favore
+ - + - • la giunzione è attraversata da una corrente
- + diretta sostenuta dai maggioritari (la corrente di
diffusione prevale su quella di drift)
- +

• il numero di maggioritari (e quindi la ID) che


attraversano la SCR è fortemente dip. da E e
E quindi da VD.

ID>0 VD>0
Caratteristica I-V del diodo
VD modello di Shockley
0.1
ID 0.08
 nV
VD

I D  I S  e T  1

corrente iD (A)
0.06
 
0.04
 
0.02
VD
0
-1 -0.5 0 0.5 1
IS = corrente di saturazione inversa (10-18 ÷10-9 A) tensione vD (V)

n = coefficiente di emissione 1≤n≤2


n≈1 tipico

in forte polarizzazione inversa (VD<<0)


 nV
VD

I D  I S e 1  I S 0 1  I S
 T

 
 
Caratteristica I-V del diodo: dip. da T

• VT=kT/q  il termine entro parentesi


 nV
VD
 diminuisce all’aumentare di T
I D  I S  e T  1
  • ISni2 aumenta fortemente
  all’aumentare di T

• pol. inversa ID≈-IS  la corrente inversa aumenta


all’aumentare di T

• pol. diretta: la dipendenza di IS domina e la corrente diretta


aumenta all’aumentare di T
Caratteristica I-V del diodo: dip. da T
0.2

0.15  nV
VD

I D  I S e  1
 T
corrente ID (V)

 
0.1  
I S  1pA n  1
0.05
T=300K
0 T=325K
T=350K
-0.05
-0.2 -0.1 0 0.1 0.2
tensione VD (V)

• in pol. diretta la dip. da T è molto più forte a causa della maggiore


corrente
• coefficiente di temperatura (pol. diretta) del diodo a 300K
dVD / dT I  - 2 mV/C
D
Caratteristica I-V reale (1): resistenza serie

Problema: calcolare ID con VD=10V (IS=1fA, T=300K)


Soluzione: ID=4.8x10152A !!!!

• con una simile corrente il diodo si fonderebbe a causa dell’effetto Joule


• nella pratica si osserva una corrente molto più bassa
152
5 x 10

4
 nV
VD

corrente iD (A)

3 I D  I S  e T  1
 
2  
1

0
9 9.2 9.4 9.6 9.8 10
tensione v D (V)
Caratteristica I-V reale (1): resistenza serie
• le regioni esterne alla SRC sono
elettricamente neutre e si comportano come
resistenze (obbediscono alla legge di Ohm)

Rp Rn

Esempio: S=(2 mm)2, NA = 1017cm-3,


ND =1020cm-3 , Lp=1mm, Ln=0.5mm
1 Lp 1 Lp 10 -6 m
R     471Ω
p qm p p S q m p ( N A ) N A S 1.6 10 19 C  331.5 10 - 4 m 2 V 1s 1  10 23 m 3  4 10 12 m 2
1Ln 1 Ln 0.5 10 -6 m
R     1Ω
n qm n n S qm n ( N D ) N D S 1.6 10 19 C  6 7.1 10 - 4 m 2 V 1s 1 10 26 m  3  4  10 12 m 2
RS  R p  Rn  4 72 Ω
Caratteristica I-V reale (1): resistenza serie
• l’effetto della RS è particolarmente rilevante in forte
pol. diretta (VA>>0)
VA
V A  VD  RS I D  RS I D  I D 
RS

Es: VA=10V, IS=1nA, RS=100W, T=300K


ID≈10/100=100mA
0.1

0.08 • in pol. diretta ID è limitata


corrente iD (A)

dalla RS e non cresce in


0.06
modo esponenziale
0.04
Rdiodo
S=0 ideale • in pol. inversa la caduta su
0.02
Rdiodo
S≠0 reale
RS è trascurabile e VD≈VA
0
0 2 4 6 8 10
tensione vA (V)
Caratteristica I-V reale (2): breakdown
• l’aumento della tensione inversa può portate il
diodo nella regione di rottura, con un rapido
incremento della corrente del diodo
(breakdown). La tensione inversa a cui avviene
la rottura è detta tensione di breakdown (BV)
2V < BV < 2000 V

• il processo di breakdown è tipicamente non


distruttivo (reversibile)

• diodi progettati per operare nella regione di


rottura sono chiamati diodi Zener . La tensione
di breakdown è chiamata tensione di Zener (VZ) e
viene controllata agendo sui drogaggi. A K

• nei diodi Zener la pendenza della caratteristica simbolo del diodo Zener
nella regione di rottura è molto elevata:
applicazioni come regolatore di tensione
Effetti capacitivi: capacità di giunzione
• variazioni della tensione applicata in pol. inversa
(VR=-VD) portano a significativi cambiamenti nella
larghezza della SCR e nella carica effetto
capacitivo
sA C j0 sA
Cj   C j0 
wd VR wd 0
1
fj
Es: VR=10V, NA = 1017cm-3, ND =1020cm-3 A=(100mm)2
fj≈1V, wd0 ≈ 100 nm, Cj0 ≈ 10 pF, Cj ≈ 3pF

• l’effetto capacitivo è tipicamente negativo: limita la f di


funzionamento (tempo di recupero diretto)

• la dipendenza Cj(VR) viene usata (massimizzata) in diodi


opportunamente ottimizzati (grande Cj0) detti Varactor o
Varicap.
simbolo del diodo a capacità
• applicazioni tipiche dei Varicap sono i circuiti di sintonia variabile (Varactor)
e i filtri a RF
Effetti capacitivi: capacità di diffusione
• in pol. diretta un’ulteriore carica (dovuta alla diffusione +
dei maggioritari) è immagazzinata al confine tra i bordi
- + -
della SCR e le regioni neutre - +
Q D  I Dt T - +

tT è detto tempo di transito (10-15÷10-6s) e dipende dalle


dimensione e dal tipo di diodo

• la capacità associata (di diffusione) è quindi


>0
proporzionale alla corrente e diventa abbastanza elevata
per alte correnti (pol. diretta)
dQ D I D  I S t T Es: tT = 10ns, calcolare la Cd per ID= 10mA,
Cd   0.8mA e 50mACd=4pF, 320 pF, 20 nF.
dv D nVT
• l’effetto capacitivo è tipicamente negativo: limita la f di funzionamento (tempo di recupero
inverso)
diodi switching
• basse capacità Cj e Cd per funzionamento in commutazione (alta-f)
• bassa potenza (dovuta alla bassa A)
Diodo Schottky

• una delle regioni di semiconduttore del diodo a


giunzione pn viene sostituita da un metallo:
tipicamente la regione p • i diodi Schottky entrano in
conduzione a tensioni minori
• il contatto metallo-seminconduttore n ha le rispetto ai diodi a giunzione pn
caratteristiche del diodo-pn ed è detto rettificante
• effetti capacitivi ridotti
• per evitare la creazione di un contatto rettificante applicazioni veloci (alta frequenza)
al catodo si crea una regione molto drogata n+. a bassa potenza
Tale contatto è detto ohmico. Questa tecnica è
usata in genere nei dispositivi elettronici.
Layout del diodo a giunzione

• su un substrato debolmente drogato vengono realizzate, in modo


selettivo, regioni con drogaggio differente
• le zone di semiconduttore sono collegate all’esterno con contatti di
metallo (tipicamente Al)
• le zone di contatto sono separate tra loro con regioni di ossido
(tipicamente SiO2)
• per evitare la creazione di contatti rettificanti alle giunzioni metallo-
semiconduttore n, si creano delle zone drogate n+ (contatto ohmico)
• i contatti metallo-semiconduttore p sono generalmente di tipo ohmico
Fogli tecnici (datasheets)
Fogli tecnici (datasheets)
Modello SPICE del diodo a giunzione pn
Sintassi:

D<name> <N+> <N-> <MNAME> [AREA]


. MODEL <MNAME> D [model parameters]

<MNAME> : nome del modello


[AREA]: fattore di scala per alcuni parametri

Esempio:
D1 2 10 DIODE1
.MODEL DIODE1 D IS=1e-10
Diodo: modello in continua

RS: resistenza delle regioni neutre

  VD 
 I S  e  1  VD GMIN
nVT
VD  5nVT
  


 I S  VD GMIN  5nVT  VD   BV
ID  
 IBV VD   BV GMIN è una conduttanza che
  ( BVV VD ) 
SPICE mette in parallelo ad
 I  e T  1  BV  VD   BV ogni giunzione (anche quelle dei
 S VT  modelli dei transistori) per
  aiutare la convergenza
Diodo: modello in continua

Sintassi:
D<name> <N+> <N-> <MNAME> [AREA]
. MODEL <MNAME> D [model params]

Parametro Simbolo Significato


IS IS Corrente di saturazione
N n Coefficiente di emissione
RS RS Resistenza delle regioni neutre
BV BV Tensione di rottura
IBV IBV Corrente alla tensione di rottura
Diodo: modello per ampi segnali
CD=Cj+Cd
Cj: capacità di giunzione
Cd: capacità di diffusione

ID  IS
C j  C j ( 0) / 1  VD / f j
m Cd  t D
nVT
Parametro Simbolo Significato
TT tD Tempo di transito
CJ0 Cj(0) Capacità di giunzione a polarizzazione nulla
M m Coefficiente del profilo di drogaggio della
giunzione

I parametri IS, CJ0, RS, IBV sono proporzionali all’area del dispositivo e
sono scalabili attraverso il parametro AREA (default=1)
Esempi
Problema: plottare la curva I(V) di un diodo con IS=1pA nel range -0.5V÷0.5V
caratteristica IV di un diodo
VIN 1 0 DC 0
D1 1 0 Dmodel
.MODEL Dmodel D IS=1e-12
.DC LIN VIN -0.5 0.5 0.1mV
.PROBE
.END

Problema: plottare la curva I(V) di un diodo con IS=1pA nel


range -0.5V÷0.5V alle temperature di 300K, 325K, 350K.
caratteristica IV di un diodo al variare di T
VIN 1 0 DC 0
D1 1 0 Dmodel
.MODEL Dmodel D IS=1e-12
.DC LIN VIN -0.5 0.5 0.1mV TEMP LIST 300 325 350
.PROBE
.END
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 struttura e funzionamento
 analisi dei circuiti con diodi
 esempi applicativi

 transistori ad effetto di campo (FETs)


 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


amplificatori a BJT e FETs
Analisi dei circuiti a diodi

V e R rappresentano in generale
l’equivalente di Thévenin di un circuito
più complesso.
punto di lavoro del diodo Q = (ID, VD)

V  I D R  VD
V  VR  VD
 VVD 
IR  ID I D  I S  e  1
T

I R  f R V R   V R / R  
 VVD 
I D  f D (V D )  I S  e T  1
Metodi di risoluzione:
 
• le prime due sono le leggi di Kirckoff e sono • analitico (numerico)
imposte dalla topologia della rete
• grafico
• le seconde due sono le relazioni IV di R e D
• con modelli approssimati del diodo
Risoluzione grafica
V  VD
ID  Problema: Individuare il punto Q
R
 VVD 
Dati noti: V = 10 V, R = 10kW.
I D  I S  e  1
T

  VD  0  I D  10V 10kΩ   1 mA
VD  5V  I D  5V 10kΩ   0.5 mA

Punto Q = (0.95 mA, 0.6 V)


Analisi con modelli approssimati
Nel caso di circuiti con più diodi i metodi precedenti diventano troppo laboriosi.
In tali casi è possibile avere una stima del risultato utilizzando modelli
approssimati per il diodo.
0.1

0.08
corrente iD (A)

0.06

0.04
RS=0
0.02 diodo ideale
Rdiodo
S≠0 reale
0
0 Von 2 4 6 8 10
tensione v A (V)

•la caratteristica reale di un diodo approssima un andamento “lineare a tratti”


•nel modello approssimato è possibile definire una tensione di accensione (o di soglia) Von
•la corrente è approssimativamente nulla per VA<<Von e cresce linearmente per VA>>Von
•nell’intorno di Von (≈0.5÷0.8V) il modello perde di accuratezza e non ha senso parlare di soglia
Analisi con modelli approssimati
in forte pol. diretta (VA>>0)

 V A  VD  I D RS  I D RS

  VVD  VD

 I D  I S  e T  1  I S e T
V
  

VD
 VA 
V A  I S RS e VT
 V D  VT ln  
 RS I S 
1 • in pol. diretta VD non cambia
apprezzabilmente al variare di VA
0.8

• dipende da RSIS
tensione VD (V)

0.6

0.4
-15
• una buona stima di Von si ottiene
IS=10 A
-13
IS=10 A
per VA>>1V (es. VA=10V)
0.2 -11
IS=10 A
RS=100W
IS=10-9A
 V 
0
Von  VT ln  A  V A  1V
0 20 40 60
tensione VA (V)
80 100
 RS I S 
Modelli lineari a tratti
ID

Von  0 RS  0 Von  0 RS  0
1/RS

Von VD

Von  0 RS  0
Modello lineare a tratti con Von=0, RS=0

modello del
diodo ideale

VD =0 per ID≥0 pol. diretta (ON) nel punto (VD=0, ID=0) il diodo è
ID =0 per VD ≤ 0 pol. inversa (OFF) contemporaneamente
• OFF
• ON con corrente nulla
Metodologia di analisi:
1. ipotesi (Hp) sullo stato del diodo
2. risoluzione della rete
3. verifica della ipotesi 1
• se Hp=D-ON bisogna verificare SE ID≥0
• se Hp=D-OFF bisogna verificare SE VD≤0
Modello con Von=0, RS=0 (esempio)

1. dato che il generatore tende a forzare 1. dato che il generatore tende a forzare
una corrente positiva nel diodo, una corrente inversa nel diodo,
supponiamo che il diodo sia ON. supponiamo che il diodo sia OFF.

2. risoluzione della rete 2. risoluzione della rete

VD  10 V

(10  0) V
ID   1 mA 3. VD  10 V  0  Hp OK
10 kW
3. I D  1 mA  0  Hp OK Punto Q = (0, -10 V)
Modello lineare a tratti con Von≠0, RS=0

modello a
caduta costante Esempio

VD = Von per ID≥0 pol. diretta (ON)


ID = 0 per VD ≤ Von pol.inversa (OFF)

Metodologia di analisi:
1. ipotesi (Hp) sullo stato del diodo
2. risoluzione della rete
3. verifica della ipotesi 1 (10  0.6) V
ID  
• se Hp=D-ON bisogna verificare SE ID≥0 10 kW
• Se Hp=D-OFF bisogna verificare SE VD≤Von  0.940 mA  0  Hp OK
Modello lineare a tratti con Von≠0, RS≠0
ID

Esempio
1/RS

Von VD
VD = Von+RSID per ID≥0 pol. diretta (ON)
ID = 0 per VD ≤ Von pol.inversa (OFF)

Metodologia di analisi:
1. ipotesi (Hp) sullo stato del diodo
2. risoluzione della rete
3. verifica della ipotesi 1 (10  0.6) V
ID  
• se Hp=D-ON bisogna verificare SE ID≥0 10 .1kW
• Se Hp=D-OFF bisogna verificare SE VD≤Von  0.93 mA  0  Hp OK
Analisi di circuiti a più diodi
Problema: determinare Q1 e Q2 utilizzando il modello del
diodo ideale.
• 4 possibili stati
• il generatore di tensione da 15V tende a polarizzare
direttamente D1 e D2, mentre quello da -10V tende a
polarizzare direttamente D2 e inversamente D1.
• Hp = D1-ON, D2-ON
• risoluzione della rete:

(15  0) V
I1   1.5 mA
10 kW
0   10 V 
ID2   2 mA  0
5kW
I1  I D1  I D 2  I D1  (1.5  2) mA  0.500 mA  0

• Hp NON verificate (contemporaneamente)


• la verifica della Hp su D2 non implica che è
corretta singolarmente.
Analisi di circuiti a più diodi
Il secondo tentativo può partire dai risultati del primo:

Hp D1-OFF, D2-ON

25V
I D2  I1  1.67 mA  0
15103W Hp OK
D1 : (0 mA, -1.67 V):OFF
V 15V 1.67 10 3A 104W 
D1 D2 : (1.67 mA, 0 V) :ON
 (15 16.7)V  1.67 V  0
Analisi di diodi polarizzati nella regione di rottura

Nella regione di breakdown un


diodo Zener può essere
modellizzato con un generatore
di tensione, VZ, e con una
resistenza in serie, RZ

L’ipotesi di funzionamento in zona di


rottura risulta verificata se IZ ≥ 0
Analisi di diodi polarizzati nella regione di rottura

analisi col modello approssimato

Hp: D in breakdown

risoluzione grafica

Q: (-2.9 mA, -5.2 V)


(20  5)V
IZ   2.94 mA  0  Hp OK
5100W
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 struttura e funzionamento
 analisi dei circuiti con diodi
 esempi applicativi

 transistori ad effetto di campo (FETs)


 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


amplificatori a BJT e FETs
Raddrizzatori e regolatori a diodi
Utilizzati negli alimentatori per convertire la tensione di rete alternata da
230Vrms-50Hz in tensioni continue per alimentare i dispositivi elettronici
• un raddrizzatore (rettificatore) converte una tensione alternata (ac) a valor medio
nullo in una tensione a valor medio diverso da zero
• un filtro provvede a ridurre le ondulazioni in uscita al raddrizzatore
• il regolatore provvede a stabilizzare la tensione in uscita

Stesso approccio per misure in AC (rivelatore di picco, si vuole Vout≈Vm)


Raddrizzatore a semionda
analisi con il modello ideale

vS  0 vS  0

Hp D-ON Hp D-OFF
•lo stato del diodo varia nel vO  vS
tempo e il diodo si trova in vO  0
v
ognuna delle regioni del iD  S  0  per v S  0 Hp OK v D v S  0  Hp OK
R
modello lineare a tratti solo per
un intervallo di tempo limitato

• supponiamo che vS sia


sufficientemente lento in modo
tale da trascurare gli effetti
delle capacità del diodo
Raddrizzatore a semionda
analisi con il modello a caduta costante
• D ON solo quando vS≥Von  vO=vS-Von
• D OFF solo quando vS≤Von  vO=0
• si vuole bassa Von (<<vS) ( sopratutto in
applicazioni di misura)

vS
vO
2
Von
amplitude (V)

-2

0 0.5 1 1.5 2
time (ms)
Raddrizzatore con filtro capacitivo
analisi semplificata senza carico (R→∞)

si vuole bassa Von<<vS

vO (0)  0
t  t1 Hp : D - OFF vD  vS  vO  vS  Von  Hp OK vO  0
dvO d vS  Von  dv
t1  t  T / 4 Hp : D - ON iD  C C  C S  0  Hp OK vO  vS  Von
dt dt dt
t T /4 Hp : D - OFF vD  vS  VP  Von   vS  VP   Von  Von  Hp OK vO  VP  Von
Raddrizzatore con filtro capacitivo
analisi con carico
vD
+ -

C R +
vS vO
-
vO ( 0 )  0
t  t1 Hp : D - OFF v D  v S  vO  v S  Von  Hp OK
dvO vO
t1  t  t 2 Hp : D - ON iD  C  
dt R
dv S v S  Von
C   0  Hp OK vO  v S  Von
dt R
dv v S  Von
t  t 2 C S 0 0 D - ON vO  v S  Von
dt R
dv v  Von
t  t 2' iD  C S  S 0 D - OFF
dt R
Assumiamo t 2'  t 2  0 RC   
t t2

t 2  t  t3 D - OFF  
vO t  t 2  V P  Von e

RC

t  t3 v D  v S  vO  Von  D - ON vO  v S  Von
Raddrizzatore con filtro capacitivo
analisi con carico
vD
+ -

C R +
vS vO
-

T  T

Vr  VP  Von   VP  Von e
RC

 
T  T

La tensione di uscita contiene ondulazioni  VP  Von 1  e RC 
residue di ampiezza Vr (tensione di ripple)  

Vr può essere ridotta facendo RC>>T  Vr  V p  Von T  T e x  1  x


x 1
RC
se T<<T  Vr  V p  Von 
T
RC
Raddrizzatori a diodi
• rectifier diodes: ottimizzati per alte tensioni/correnti in pol. diretta e inversa
• in applicazioni di precisione (misura) a bassa potenza si vuole bassa Von  diodi
Schottky
Esempio SPICE
Problema: simulare la risposta temporale, ad un ingresso sinusoidale (ampiezza
10V, freq=1kHz), di un raddrizzatore a diodo (IS=1pA) con filtro capacitivo,
RL=1kW e al variare di C= 100nF, 1mF, 10 mF.

raddrizzatore con filtro capacitivo

.PARAM C1val=10u

VS 1 0 DC 0 SIN(0 10 1e3)
D1 1 2 Dmodel
.MODEL Dmodel D IS=1e-12
C1 2 0 {C1val}
RL 2 0 1e3

.TRAN 1e-5 2e-3


.STEP PARAM C1val LIST 100n 1u 10u
.PROBE V(1) V(2)
.END
Regolatore di tensione a diodo Zener
Regolatore di tensione: circuito che mantiene ad un valore costante la
tensione su un carico a partire da una tensione di ingresso di valore diverso.

vS(t): segnale di ingresso (variabile)

RL: carico

se vS(t) è tale da polarizzare sempre DZ in breakdown (Hp. RZ=0)

vL(t) rimane costante anche se vS(t)


varia
Regolatore di tensione a diodo Zener
Condizione di regolazione
regolazione:: iZ≥0

Hp DZ in breakdown
v S  VZ VZ
iZ  iS  i L   0
R RL
 R
R 
 L v  RL min

 
V
S
 1 

  Z 
  
vS  VZ 1  R   vS min  VZ
  R 
 L 
Regolatore di tensione a diodo Zener
Condizione di regolazione
regolazione:: iZ≥0
RZ≠0
R
iL vS VZ
 v V
R RZ
+ v  i  L Z 0
iZ L 1 1
 
1 Z R
Z
vS iS R RZ RL
VZ RL v L
R
- RL   RL min
 vS 
RZ   1
 VZ 

•  la tensione di uscita risulta funzione di vS e RL


1
dVL R // RZ // RL
• regolazione di linea:  R
dVS 1  1  1

R
R RZ RL

• per valori bassi di RZ, la variazione della VL è modesta


Regolatore di tensione a diodo Zener: Esempio

Hp: DZ in breakdown
VS VZ (20  5)V
IS    3 mA
R 5kW
VZ 5V
IL   1 mA
RL 5kW
I Z  I S  I L  2 mA  0  Hp OK

Condizione di regolazione
 R
R 
 L v  RL min  1.67 kW

  S  1

  VZ 
  
vS  VZ 1  R   10 V
  R 
 L 
Regolatore di tensione a diodo Zener: Esempio

RZ≠0 Hp: D in breakdown

VS VZ

R RZ
V   5.19 V
L 1 1 1
 
R RZ RL

V V 5.19V  5V
I  L Z   1.9 mA  0
Z R 100W
Z Hp OK
Esempio SPICE
Problema: Simulare il punto di lavoro e la caratteristica VRL(VS) per 0≤VS
≤20V nei casi RL=1kW, 2kW, 5kW.

1 2
regolatore con diodo zener

.PARAM Rval=5e3
VS 1 0 DC 20
R1 1 2 5e3
DZ 0 2 Dmodel
RL 2 0 {Rval}
.model Dmodel D BV=5 0
.OP
.DC VS 0 20 0.1
.STEP PARAM Rval LIST 1e3 2e3 5e3
.PROBE V(1) V(2)
.END
Circuiti limitatori
analisi con il modello a caduta costante
• la serie del diodo e VR può essere
vista come un diodo con V’on=Von+VR
• vin≤ V’on D-OFF vout = vin
• vin≥ V’on D-ON vout = V’on

v in
Caratteristica di trasferimento (in-
(in-out)
2
v out 3
amplitude (V)

2
0
1
Vout (V)
-2 V’on=2V 0
-1
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 -2
time (ms)
-3
supponiamo che vin sia sufficientemente lento -3 -2 -1 0 1 2 3
Vin (V)
in modo tale da trascurare le capacità del diodo
Circuiti limitatori
analisi con il modello a caduta costante
- +
vD • la serie del diodo e VR può essere vista
+ come un diodo con V’on=Von-VR
vout
vin
• -vin≤ V’on D-OFF vout = vin
VR
- • -vin≥ V’on D-ON vout = -V’on

v in
v out
Caratteristica di trasferimento (in-
(in-out)
2
amplitude (V)

0 2
1
-2 V’on=2V Vout (V) 0
-1
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
time (ms) -2
-3
supponiamo che vin sia sufficientemente lento -3 -2 -1 0 1 2 3
Vin (V)
in modo tale da trascurare le capacità del diodo
Circuiti limitatori
analisi con il modello a caduta costante
• la serie di D1 e VR1 può essere vista come un
diodo con V’on1=Von1+VR1
• la serie di D2 e VR2 può essere vista come un
diodo con V’on2=Von2-VR2
• vin≤ -V’on2 D1-OFF/D2-ON vout = -V’on2
•-V’on2 ≤ vin≤V’on1 D1-OFF/D2-OFF vout = vin
• vin≥V’on1 D1-ON/D2-OFF vout = V’on1

v in
2 v out Caratteristica di trasferimento (in-
(in-out)
amplitude (V)

3
0 2
1
Vout (V)
-2 V’on1= V’on1 =2V 0
-1
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
time (ms) -2

supponiamo che vin sia sufficientemente lento -3


-3 -2 -1 0 1 2 3
in modo tale da trascurare le capacità del diodo Vin (V)
Esempio SPICE
Problema: dato il circuito di figura con VR1=3V, VR2=2V, R1=1kW, IS=1pA
• simulare la risposta temporale ad un ingresso sinusoidale (ampiezza 5V,
freq=1kHz)
• simulare la caratteristica in-out per -5≤VIN≤5
circuito limitatore a diodi

VIN 1 0 DC 0 SIN(0 5 1e3)


R1 1 2 1e3
D1 2 3 Dmodel
VR1 3 0 DC 3
D2 4 2 Dmodel
VR2 4 0 DC 2

.MODEL Dmodel D IS=1e-12

.TRAN 1e-5 2e-3


.DC LIN VIN -5 5 0.1
.PROBE V(1) V(2)
.END
Termometro a diodo
VD 1

se I D1  0  I D1  I S 1e VT

VPTAT  VD1  VD 2 
 I D1   I D2 
 VT ln   VT ln 
 I S1   IS2 
D1 e D 2 identici ( I S 1  I S 2 )
kT  I D1 
 ln   T
q  I D2 

Es: T=295 K, ID1=250mA, ID2=50mA  VPTAT=40.9 mV


Optoelettronica: LED
I diodi emettitori di luce (LEDs)
utilizzano processi di ricombinazione EC
nella SCR per produrre luce.
h =EG
EG
EV
Semiconduttore Colore
AlGaAs rosso , infrarosso
GaAlP verde
GaAsP rosso, arancione, giallo
GaN verde, blu
GaP rosso, giallo e verde
InGaN blu-verde, blu
InGaAlP rosso-arancione,
arancione, giallo e verde
Optoelettronica: Fotodiodi (1)
se la SCR di un diodo a giunzione pn viene
illuminata da una radiazione a frequenza
sufficientemente elevata, i fotoni possono fornire
energia sufficiente affichè alcuni elettroni passino
dalla banda di valenza a quella di conduzione
generando coppie elettrone-lacuna e una
fotocorrente iPH
Optoelettronica: Fotodiodi (2)
• nei fotorivelatori, il diodo è in
polarizzazione inversa per
aumentare la larghezza della SCR
ovvero il numero di coppie e-h e la
fotocorrente iPH.

• il punto di lavoro è fissato dalla


batteria VB e da RL.

• Vout=iPH RL

Applicazioni: fotorivelatori, compact disk,....


Conversione dell’energia: celle solari

• fotodiodi di larga area e con


illuminazione costante  IPH è costante
• l’obiettivo è quello di estrarre potenza
dalla cella, ovvero ICVC deve essere
positivo
• la cella dovrebbe operare in prossimità
della massima potenza di uscita Pmax.
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 MOSFET
 struttura e funzionamento
 analisi dei circuiti con FETs
 esempi di circuiti applicativi
 JFET
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


amplificatori a BJT e FETs
Il transistor: principio di funzionamento

Transistor = Transfer Resistor (resistenza di trasferimento)

• dispositivo elettronico con 3 terminali


• la tensione (corrente) al terminale di controllo
determina la conducibilità (corrente) tra i
terminali A e B
• se la corrente assorbita dal terminale di
controllo è trascurabile il dispositivo si
comporta come un resistore non lineare tra A e B

Applicazioni principali:
 interruttore controllato (elettronica digitale)
 amplificazione di segnali elettrici (elettronica analogica)
Il transistore MOSFET
• transistori FET (Field Effect Transistors): MOSFETs e JFETs

• il MOSFET (Metal-Oxide-Semiconductor FET) è il componente


fondamentale dei circuiti digitali VLSI, come i microprocessori e le memorie.

• largamente utilizzato in elettronica analogica: amplificatori, riferimenti di


tensione/corrente,....

• ideato da Lilienfield (1928), Heil


(1935) e Schockley (1952).

• solo negli anni ‘60 viene


sviluppato un processo affidabile per
dispositivi commerciali
il sistema MOS

• gate: materiale a bassa resistività, inizialmente silicio policristallino, adesso metallo


(TiN/TaN)

• ossido: inizialmente SiO2, attualmente HFO2.

• substrato (Body) : silicio di tipo n (PMOS) o p (NMOS). La possibilità di realizzare


un ossido di grande qualità è una delle ragioni fondamentali del successo del Silicio.

• il sistema MOS costituisce una capacità non lineare (condensatore MOS). In


condizioni stazionarie la corrente di gate è nulla.
il sistema MOS polarizzato
- VG << 0 Regione di accumulazione (VG<<0): le lacune
sono spinte dal campo elettrico verso l’interfaccia
creando uno strato di accumulo superficiale.

Regione di svuotamento (VG>0):

• lacune sono spinte dal campo elettrico lontano


dall’interfaccia, creando una SCR (carica fissa)
+
• elettroni sono attratti alla superficie (carica mobile)

VG > 0
+
Tensione di soglia (VTN): VG per cui la
concentrazione di elettroni diventa pari al
drogaggio p (inversione di popolazione).

Valore tipico: ~1V.

- Regione di inversione: VG≥VTN


il sistema MOS polarizzato

Regione di soprasoglia (inversione)


 Qn (VG ≥ VTN)

 Q n  C ox V G  V TN 
C ox   ox / t ox [F/cm 2 ]
VG
V TN
Regione di sottosoglia
(VG < VTN)
La carica mobile può essere
V G  V TN controllata dall’elettrodo di gate:
 Qn  e VT
0 regione a conducibilità variabile
(non lineare).
MOSFET a canale n (nMOSFET)
realizzando due elettrodi (Drain, Source), che accedono alla regione di
carica mobile (canale) attraverso due pozzetti n+, si realizza un transistor
nMOSFET (MOSFET a canale n)

• 4 terminali: Gate(G), Drain(D), Source(S) e Body o Bulk (B).


• canale: regione dello strato di inversione (carica mobile)
• L: lunghezza di Gate (canale)
• struttura simmetrica: VS≤VD
MOSFET a canale n (nMOSFET)
larghezza di Gate
MOSFET a canale n (nMOSFET)
• le regioni di S e D formano giunzioni pn con
il substrato che vanno polarizzate in inversa 
IB=0

• IG=0, IB=0  ID = -IS

• su circuito integrato (appl. digitali)


VB=VMIN=0V, VS≥0,VD≥0 IB≈0
• per transistor discreti B e S sono normalmente
corto-circuitati internamente
D
G la freccia indica il verso delle
B
giunzioni B-S e B-D il B tipicamente non viene indicato
S D
G
la freccia indica il S e il
verso della corrente positiva
S
MOSFET a canale n (nMOSFET)

VGS<<0 : MOS in accumulazione, non


esiste canale, regioni SCR SB e DB.

VGS<VTN: non esiste canale, la SCR sotto il


gate si unisce alle SCR di S e D.

VGS≥VTN: oltra alla SCR si forma il canale


tra S e D.

I pozzetti di S/D sono di tipo n+ per non


creare una giunzione tra canale e S/D
MOSFET a canale n (nMOSFET)

se VGS≥VTN e VDS>0, una corrente ID > 0 fluisce tra D e S.

Tale corrente dipende da:


•VGS : determina la “R” (non lineare) del canale
•VDS: come in un resistore I=V/R
Caratteristica IV del nMOSFET

I D   I S  f V GS , V DS 

 0 V GS  V TN interdizione


  V DS2  V GS  V TN
 K N  V GS  V TN V DS   triodo
ID   2  V DS  V GS  V TN


 KN V GS  V TN

V GS  V TN 
2
saturazione
 2 V DS  V GS  V TN

il modello è completamente W  OX
K N  K N' K N'   N C OX C OX 
definito dai due parametri KN e VTN L t OX
Caratteristiche IV del nMOSFET

caratteristica di trasferimento:
trasferimento: 
I D  f V GS , V DS 
caratteristica di uscita:
uscita: 
I D  f V DS , V GS 
Caratteristica di trasferimento

I D  f V GS , V DS  ID



 
0
  K N  V GS  V TN V DS 
V DS2 
OFF
TRIODO

  2 
 KN
 V GS  V TN 2 SAT.
2

transconduttanza
I D
gm 
 V GS Q

2ID
V GS  V TN V DS  V GS  V TN V DS  V GS  V TN
g m , SAT 
V GS  V TN V GS  V TN
V GS  V TN
Caratteristica di trasferimento

2000
K N  100 μA/V 2

1500
V TN  2 V
ID (uA)

1000
VDS=1V
500 VDS=2V
VDS=3V
0
0 2 4 6 8 10
VGS (V)
Caratteristica di uscita
 


I D  f V DS , V GS ID

 
0
  K N  V GS  V TN V DS 
V DS2 
OFF
TRIODO

  2 
 KN
 V GS  V TN 2 SAT.
2

In saturazione il MOSFET approssima il comportamento di un


generatore di corrente ideale. Applicazione: riferimenti di corrente
Caratteristica di uscita
4000 K N  100 μA/V 2

V TN  2 V
3000 VGS=2V
VGS=4V
ID (uA)

VGS=6V
2000 VGS=8V
VGS=10V

1000

0
0 2 4 6 8 10
VDS (V)
• la corrente di saturazione cresce
I D , sat  K N
VGS  VT 2
quadraticamente con VGS
2
• per bassi valori di VDS le
caratteristiche sono lineari
Regione lineare
in zona triodo 500

 VDS  400
I D  K N VGS  VTN   VDS
 2  300

ID (u A )
200
se VDS / 2  VGS  VTN (regione lineare) 100

0
I D  K N VGS  VTN VDS 0 0.2 0.4
VDS (V)
0.6 0.8 1

in regione lineare il MOSFET si


1 comporta come un resistore
VDS  RDS I D RDS 
K N VGS  VTN  connesso tra S e D (RDS)
controllato dalla VGS

VDS VGS  VTN VGS  VTN


Regione lineare:   VDS 
2 10 5
Modelli equivalenti in DC
D
ID=0
IG=0

G interdizione
S

IG=0

I D ,sat  K N
VGS  VT 2 saturazione
G
2
S

IG=0
1
G RDS 
K N VGS  VT 
lineare
S
nMOSFET a svuotamento

D
G

• nMOSFET con VTN≥0 sono detti ad arricchimento


• nMOSFET con VTN≤0 sono detti a svuotamento
• viene realizzata una regione di tipo n che collega le regioni di source e drain
• per VGS=0 la corrente di drain è diversa da zero, e per interdire il dispositivo è
necessaria una VGS negativa.
MOSFET a canale p (pMOSFET)
VS VG VD

IS IG ID • pMOSFET=pMOS+2 regioni p+

• inversione di lacune per VGB ≤ VTP


• VTP<0 per dispositivi ad
arricchimento

• le regioni di S e D formano
IB giunzioni pn con il substrato che
VB vanno polarizzate in inversa (IB≈0)
arricchimento VB=VMAX=VDD, VSB ≤0, VDB ≤ 0,
D
D
G
G
• IG=0, IB=0  IS = -ID
B

S • struttura simmetrica: VS≥VD


S
(VDS≤0)

svuotamento
Caratteristica IV del pMOSFET
I S   I D  f V GS , V DS 

 0 V GS  V TP interdizione


  V DS2  V GS  V TP
 K P  V GS  V TP V DS   triodo
IS    2  V GS  V TP  V DS


 KP V GS  V TP

V GS  V TP 
2

 2 V GS  V TP  V DS saturazione

W
K P  K P' • VGS tipicamente <0
L
• il modello è completamente
K P'   P C OX definito dai 2 parametri KP e VTP
Caratteristiche di uscita

i primi MOSFET erano pMOS. Col miglioramento dei processi


(‘70) la tecnologia diventa nMOS con aumento delle prestazioni
dovuti alla maggiore mobilità degli elettroni rispetto alle lacune.
Capacità del transistore MOS

Gli effetti capacitivi sono modellizzati come CGS e CGD: CGD


D
• dovuti a Cox e CGSO (CGDO)
G
• dipendono dal punto di lavoro
• riduzione del guadagno ad alta f negli amplificatori S

• limitano la f di funzionamento nei circuiti digitali CGS


Capacità del transistore MOS: modello di Meyer

C  C WL capacità gate-canale
GC ox

zona lineare
C
C  GC  C W
GS 2 GSO
C
C  GC  C W
GD 2 GSO
CGD
saturazione D

C  2 C C W C C W
GS 3 GC GSO GD GDO G

interdizione S
CGS
C C W C C W
GS GSO GD GDO
MOSFET reali
Modulazione di lunghezza di canale:
nei MOSFET a canale corto (L<1m)

I D , sat  K N
VGS  VTN 
2
1  VDS 
2
Corrente di sottosoglia

Effetto Body

contribuisce alla potenza


dissipata in applicazioni digitali
Modello SPICE per il MOSFET
Sintassi:
M<name> <ND> <NG> <NS> <NB> <MNAME> [L=VAL] [W=VAL]
+[AD=VAL] [AS=VAL] [PD=VAL] [PS=VAL] [NRD=VAL] [NRS=VAL]
+[OFF] [IC=VDS, VGS, VBS] [TEMP=T]

ND, NG, NS, NB : nodi di drain, gate, source, sub.


MNAME nome del modello
L: lunghezza canale
W: larghezza
AD, AS: aree di drain e source
PD, PS: perimetri di drain e source
NRD, NRS: source/drain “sheet resistance”

7 modelli impostabili attraverso il parametro LEVEL

Esempio: LEVEL=1 : Shichman-Hodges model


LEVEL=2 : geometry-based, analytic model
M1 24 2 0 20 TYPE1 LEVEL=3 : semi-empirical, short-channel model
.MODEL TYPE1 NMOS LEVEL=3 LEVEL=4 : BSIM model
LEVEL=5 : EKV model version 2.6
LEVEL=6 : BSIM3 model version 2.0
LEVEL=7 : BSIM3 model version 3.1
MOSFET: modello in continua (LEVEL=1)
MOSFET: modello in continua (LEVEL=1)

K n
'
K '
p 
MOSFET: modello per ampi segnali
Esempio
Problema: simulare le caratteristiche di uscita di un transistore nMOSFET
(K’N=100A/V2, W=10m, L=1m, VTN=1.5V, LEVEL1) nell’intervallo
0≤VDS≤15V, per 0 ≤ VGS≤ 10V.

caratteristiche di uscita nMOSFET

Vgs 1 0 DC 0
Vds 2 0 DC 0

M1 2 1 0 0 Mmodel L=1u W=10u


.MODEL Mmodel NMOS KP=100e-6
+VTO=1.5 LEVEL=1

.DC Vds 0 15 0.1 Vgs 0 10 1


.PROBE ID(M1)
.END
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 MOSFET
 struttura e funzionamento
 analisi dei circuiti con FETs
 esempi di circuiti applicativi
 JFET
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


amplificatori a BJT e FETs
Analisi in DC dei circuiti con MOSFET
V GG  V GS

V DD  R D I D  V DS
 I  f V , V 
 D DS GS

risoluzione grafica

risoluzione analitica
1. ipotesi su f (OFF, triodo o saturazione)
2. si risolve il circuito e si determina Q
3. si verifica l’ipotesi 1
Analisi DC dei circuiti con MOSFET: Esempio 1

Problema: determinare Q
Dati: KN=50 A/V2, VTN=1V
VGG=2V, VDD=5V, RD=8.3 kW

Soluzione:
VGS=VGG=2V
VGS-VTN=1V≥0  M-ON

VGS-VTN=1V </>? VDS<5V

Hp: M-SAT

I
D

K
2

n V
GS
V 
TN
2  25  A

V V R I 
DS DD D D
 4 . 79 V  V V  1V  Hp OK Q: (ID=25 A, VGS=2 V, VDS=4.79V)
GS TN
Analisi DC dei circuiti con MOSFET: Esempio 2
Problema: determinare Q
Hp M-TRIODO
Dati: KN=250 A/V2, VTN=1V, VDD=4V, RD=1.6 kW
V V  4V
 GS DD

 
 I D  K n V GS  VTN  V DS / 2 V DS

V DS  V DD  R D I D

I
D

VDD  VDS
RD

K V V
n GS TN
V / 2 V
DS DS

VGS=VDD=4 V ≥VTN=1V  M-ON 2 soluzioni: V  2.3V,8.7V
DS
VGS-VTN=3V </>? VDS <4V
VDS= 8.7 V > VGS-VTN =3V Hp NO
Hp: M-SAT
V =2.3V≤V -V  Hp OK, ID=1.06 mA
DS GS TN
V GS  V DD  4 V

Q:(ID=1.06 mA, VDS=2.3 V, VGS=4V)

I
 D 
K

2
n V
GS
 
V
TN
2  1 . 13 mA

V V  R I  2 . 19 V  V V  Hp NO
 DS DD D D GS TN
Analisi DC dei circuiti con MOSFET: Esempio 3
VDD
Problema: determinare Q
Dati: KN=25 A/V2, VTN=1V, VDD=10V R2 RD
R1=1 MW, R2=1.5 MW, RD=75 kW, RS=39 kW
M1

R1 RS

R1
Vth  VDD  4V
R1  R2
Rth  R1 // R2  600kW

Vth  VGS  RS I D

VDD  RD  RS I D  VDS
 I  f (V , V )
 D GS DS
Analisi DC dei circuiti con MOSFET: Esempio 3

Vth  VGS  RS I D

VDD  RD  RS I D  VDS
 I  f (V , V )
 D GS DS

Hp M-SAT V  I ( R  R ) V  V  6.08V
DD D D S DS DS
Kn R  2
V V  S V  
th GS V
 
2  GS TN  VDS≥VGS-VTN  Hp OK
2 soluzioni: V  2.71V,2.66V Q: (ID=34.4 A, VDS=6.08 V, VGS= 2.66 V)
GS

VGS<VTN per VGS= -2.71V (non valida)

V 2.66V
GS  ID= 34.4 A
Analisi DC dei circuiti con MOSFET: Esempio 4
Problema: determinare Q
Dati: KN=260 A/V2, VTN=1V, VDD=3.3V, RD=10 kW, RG=2 MW

Kn R  2
V V V  D V V 
GS DS DD  
2  GS TN 

2 soluzioni: V  0.769V,2.00V
GS
IG =0  VG=VD
VDS=VGS≥VGS-VTN M-SAT se ON VGS= -0.769 V non accettabile (M-OFF)
Hp M SAT
 V  2.00V  I  130A
V GS D
V
 GS DS V  2V  V V  1V Hp OK
 DS GS TN
V DS  V DD  R D I D



I
 D 
K
2

n V
GS
V
TN
2 Q: (ID=130 A, VDS=VGS=2.00 V)
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 MOSFET
 struttura e funzionamento
 analisi dei circuiti con FETs
 esempi di circuiti applicativi
 JFET
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


amplificatori a BJT e FETs
Amplificatori a MOSFET

• amplificazione di segnali
• MOSFET non lineare
• funzionamento linerare in condizione di piccolo segnale
il MOSFET in elettronica digitale
Il MOSFET può essere utilizzato come un interruttore controllato dalla tensione di
gate, la quale agisce come terminale di controllo

• in interdizione il MOSFET è assimilabile ad un interruttore aperto tra D e S

• in zona lineare il MOSFET è assimilabile ad un interruttore chiuso tra D e S (VDS≈0)

interuttore normalmente interuttore normalmente


(VGS=0) aperto (VGS=0) chiuso

• in elettronica digitale tale comportamento è usato per la realizzazione delle porte


logiche
il MOSFET in elettronica digitale
• le prime porte logiche erano realizzate usando solo transistori nMOS.
• negli anni ’80 la tecnologia nMOS viene sostituita con la CMOS
(complementary MOS) con drastica riduzione della potenza dissipata.

invertitore logico CMOS

in=‘0’ Mn OFF, Mp ON  out=‘1’

in=‘1’ Mn ON, Mp OFF  out=‘0’

Metal
Thick field oxide
p+ n+ n+ p+ p+ n+ layout
n well
p substrate
Lo scaling dei transistor: i circuiti integrati

Transistors “discreti”
minimum feature size (m)

Transistors “integrati”

i miglioramenti nei processi tecnologici consentono 1958: Kilby e Noice sviluppano


la riduzione della minima L (minimum feature size) il primo circuito integrato
Lo scaling dei transistor: la legge di Moore

Legge di Moore: « Le prestazioni dei processori, e il numero di


transistor ad esso relativo, raddoppiano ogni 18 mesi. »
Riferimenti di corrente a MOSFET
VDD

rete di
polarizzazione RL
RG

VGG
RS

VSS
• in saturazione la corrente sul carico RL è costante

• se VGG>0, VSS≥0  VDD > 0 (cond. necessaria)

• se RL ha bisogno del riferimento a massa


(VDD=0)  VGG<0, VSS<0 (cond. necessaria)

• per evitare tensioni negative è possibile usare


riferimenti con pMOSFETs
il MOSFET come driver di corrente
•la max corrente erogabile dalla sorgente è VS/RS
VS  VLED
•la corrente ILED è limitata da RS I LED 
RS

+
• IG=0 VS non deve erogare corrente!
VLED
• la corrente ILED è fornita I VDD  VLED  VDS
- LED 
ILED da VDD e non da VS RD
RD
VDD
RS
M1 • M1 tipicamente si polarizza in zona lineare
VS IG poichè la più bassa VDS consente di avere una più
bassa VDD (minore potenza dissipata)
il MOSFET come driver di corrente
Problema: dimensionare RD in modo che ILED=20mA
DATI: VS=5V, RS=5kW, VDD=10V, VLED,ON=1.1V +
VLED
Q1: (KN’=100A/V2, VTN=1V, W=100m, L=1m )
-
ILED
RD
VDD
Hp M1: LINARE, D ON
RS
1
RDS   25W M1
K N VS  VTN 
VS IG
VDD  VLED ,ON
RD   RDS  420W
I LED

VDD  VLED ,ON VGS  VTN


VDS  RDS   RD  253W Hp OK
RDS  RD 5
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 MOSFET
 struttura e funzionamento
 analisi dei circuiti con FETs
 esempi di circuiti applicativi
 JFET
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


amplificatori a BJT e FETs
Junction Field-Effect Transistor (JFET)
JFET a canale n: substrato n (canale)
e due giunzioni pn che costituiscono il
gate.

Le giunzioni devono essere


polarizzate in inversa così che iG≈0 e
iD≈iS.

La regione neutra è il canale.

Dispositivo a 3 terminali: Per VDS≈0 il JFET si comporta tra S e


gate, source e drain. D come un resistore controllato in
tensione di valore
Sebbene meno diffuso del MOSFET, il JFET è
largamente impiegato sia in elettronica discreta
RDS  t L
che integrata, principalmente in applicazioni W
analogiche e RF.
La VG modula la larghezza delle
Negli IC è spesso impiegato in processi BiFET, regioni di svuotamento e quindi W,
che combinano BJT e JFET. RDS e la corrente ID≈VDS/RDS
JFET con polarizzazione Gate-Source (VDS≈0)

vGS=0, le giunzioni sono polarizzate al diminuire di vGS≤0 aumenta la


in inversa e iG≈0 larghezza delle regioni di svuotamento
(diminuisce W) e aumenta la R   L
DS tW

quando vGS=VP<0 (VP tensione di pinch-


off) il canale si strozza e RDS  ∞

La corrente è max per vGS=0 il JFET è


un dispositivo a svuotamento
JFET con polarizzazione VDS>0

all’aumentare di vDS la larghezza della quando vDS=vGS-VP il canale si


regione di svuotamento non è più strozza lato drain.
uniforme e il canale si comporta come un
resistore non lineare.

per vDS≥vGS-VP la corrente satura e


il punto di pinch-off si avvicina lato
source.
Caratteristica IV del JFET a canale n
Formalmente identico a quello del MOSFET, con VP che
prende il posto di VTN e 2IDSS/VP2 che prende il posto di KN.

iD  0 for vGS VP 


V  0 interdizione (OFF)
 P

2I DSS  vDS 
iD   vGS VP  vDS vGS VP vGS VP VDS  0 triodo
VP 2  2 

iD 
2I v V 2
DSS GS P vDS  vGS VP  0 saturazione (pinch-
(pinch-off)
V2 2
P
Caratteristica IV del JFET a canale n
Caratteristica di trasferimento Caratteristiche di uscita
in saturazione
2

 vGS 
iD  I 1

DSS 




V 
P 

-25V<VP<0
10 A<IDSS<10A
JFET a canale p
Modello SPICE del JFET
Sintassi:
J<name> <ND> <NG> <NS> <model name> [area value]
Esempio:
J13 22 14 23 JNOM
.model JNOM NJF BETA=1e-5
Esempio
Problema: simulare le caratteristiche di uscita di un JFET a canale n (VP = - 2V,
IDSS=40A) nell’intervallo 0≤VDS≤5V e -2≤VGS≤0V

caratteristiche di uscita di un nJFET

Vgs 1 0 DC 0
Vds 2 0 DC 0

J1 2 1 0 Jmodel
.MODEL Jmodel NJF BETA=1e-5
+VTO=-2

.DC Vds 0 5 0.1 Vgs -2 0 0.5


.PROBE ID(J1)
.END
Analisi in DC dei circuiti con JFET
Il JFET è polarizzato come un MOSFET a svuotamento

JFET a canale n nMOSFET a svuotamento

VDD

RD

RG RS

• le giunzioni devono sempre essere polarizzate in inversa

• non è necessario collegare un circuito di alimentazione al gate poichè VP<0


Analisi in DC dei circuiti con JFET: Esempio
Problema: determinare l’OP di J.
I 0 V  I R
G GS D S
ON o OFF ?
Hp M OFF ID=0 VGS=0>VP
Hp NO  M ON
J
TRIODO o SAT. ? Hp SAT.
2
 V 
V  I R 1  GS 
GS DSS S  V 
 P 
2 soluzioni : V  1.91V,  13.1V
GS
VGS = -13.1 V< VP = -5 V non accettabile
VGS = -1.91 V  ID = -VGS/RS = 1.91 mA
VDS  VDD  I D ( RD  RS )  6.27V  V V  3.09V Hp OK
GS P
Q: (ID=1.91 mA, VDS=6.27 V, VGS=-1.91V)
Datasheets
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)
 struttura e funzionamento
 analisi dei circuiti con BJTs
 esempi di circuiti applicativi

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


amplificatori a BJT e FETs
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)
 struttura e funzionamento
 analisi dei circuiti con BJTs
 esempi di circuiti applicativi

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


amplificatori a BJT e FETs
Il transistore bipolare (BJT)
Il BJT (Bipolar Junction Transistor) è un dispositivo a tre terminali costituito
dall’adiacenza di due giunzioni pn. Sono quindi possibili due configurazioni:

transistore PNP transistore NPN

E C E C
p n p n p n
emettitore collettore emettitore collettore

JBE: giunzione JBC: giunzione JBE: giunzione JBC: giunzione


base-emettitore B base-collettore base-emettitore B base-collettore
base base

C C
p n
B B
n p
p n
E E
Il transistore bipolare (BJT)
Primo dispositivo a stato solido di ampio successo
commerciale a causa del processo di fabbricazione più
semplice e affidabile rispetto a quello dei MOSFETs.

• inventato alla fine dei ‘40 da Bardeen, Brattain e Shockley (Nobel nel ‘56) ai Bell Labs.
• reso disponibile nel ’52 dietro una licenza di 25000$
• il primo BJT al silicio fu sviluppato presso la Texas da Gordon Teal
• la Tokyo Tsushin Kogyo compra la licenza del transistor e nel ‘55 diventa la SONY.
• alla fine dei ‘50 inizia la produzione di massa di radio a BJT
• all’inizio dei ‘60 vengono realizzati i primi IC basati su BJTs

Anche se il MOSFET rappresenta oggi la tecnologia


dominante degli IC, il BJT è largamente utilizzato in
applicazioni ad alte frequenze e ad alte correnti.
Il transistore bipolare (BJT)

• il BJT sembra costituito semplicemente da due giunzioni pn.

• se la larghezza della regione di base è sufficientemente piccola (tipicamente


0.1 mm-100mm), le due giunzioni interagiscono.

•4 regioni di funzionamento in funzione delle 4 possibili combinazioni sullo


stato delle 2 giunzioni.
Il transistore bipolare (BJT)

• nella principale regione di funzionamento, detta regione attiva (JBE-ON, JCB-OFF), l’E
inietta elettroni nella regione di B. La maggior parte vengono raccolti dal C, mentre una
minoranza (se la base è stretta) si ricombinano (con lacune) in base e generano la IB.

• il rapporto IC/IB è molto alto se la base è stretta e il BJT può essere usato come
amplificatore.

• la base agisce come terminale di controllo, modulando la frazione di elettroni raccolti


dal collettore. Il BJT è un dispositivo controllato in corrente (di base), a differenza dei
FETs che sono controllati in tensione (gate-source). Mentre iG = 0, iB è significativa.
Il transistore bipolare (BJT)

• a differenza dei FETs in cui la conduzione è unipolare, ovvero dovuta principalmente


ad un solo tipo di portatore (elettroni negli nFETs, lacune nei pFETs), nei BJT la
conduzione avviene in modo bipolare.

• il funzionamento è basato sul trasporto dei minoritati nella base e quindi i BJT npn
sono preferiti ai pnp a causa della maggiore mobilità degli elettroni rispetto alle lacune.

• struttura non simmetrica: per massimizzare il numero di portatori raccolti dal


collettore il drogaggio netto diminuisce da emettitore a collettore
Il modello DC di Ebers-Moll (npn)
•aF,aR <1: modellizzano
l’effetto reciproco delle
giunzioni
I S
a R

•il BJT non è simmetrico: I S


emettitore più drogato del a
collettore aR<aF
F
I  V BE

I  S e VT
 1
F
a  
0.95<aF<1 F  
I  VVBC 
0<aR<0.95 I  S  e T  1
R
a  
R  

•IS : corrente di saturazione 10-18A≤ IS≤10-9 A


• il modello DC è definito completamente da 3 parametri (IS, aF, aR)
Il modello DC di Ebers-Moll (pnp)

I S
a R

I S
a F

I S  
V EB

I  e VT
 1
F
a F  

I  V CB

I  S e VT
 1
R
a  
R  
Il modello DC di Gummel-Poon (npn)

iBC
I S  V T 
V BE

i BE  e  1
 F  

iT= FiBE- RiBC

I S  V T 
V BC
iBE
i BC  e  1
 R  

• i modelli di Ebers-Moll e Gummel-Poon sono


equivalenti una volta che  F  a F R 
aR
1aF 1aR
• aF ≈ 1  F >> 1
• aF> aR  F > R
• 3 parametri per descrivere completamente il modello in DC (IS, F, R)
Il modello DC di Gummel-Poon (pnp)

IS  VVEB 
i EB   e T  1
F  
 
IS  VVCB 
i CB   e T  1
R  
 
Esempio 1
Problema: Con riferimento al circuito in
figura determinare il punto di lavoro del
bjt caratterizzato dai parametri IS = 10-16 A,
F = 50, R = 1.
Soluzione:
VBE =VBB= 0.75 V
VBC = VBB - VCC = 0.75 V-5V = -4.25 V
Utilizzando la rappresentazione di Gummel-Poon
I S  V T  10  16 A
V BE
 0 .00259
. 75

I BE  e  1  e
  1   7 . 53 μA
F    50  

I S  V T  10  16 A   4 . 25
V BC

I BC  e  1   e 0 .0259  1    10 16 A
 
 R  
 1  
I C   F I BE   R I BC  I BC  376 μA
I B  I BE  I BC  7 . 53 μA
I E  I B  I C  384 μA
Esempio 2
Problema: Con riferimento al circuito in
figura determinare il punto di lavoro del
bjt caratterizzato dai parametri IS = 10-16 A,
aF = 0.95, aR = 0.5.
Soluzione:
IE = 100 mA VBC = 0-5V = -5 V
Utilizzando la rappresentazione di Ebers-Moll
C

I S  V T  10 16 A   5
V BC
 iC
IR  e  1   e 0 .0259  1    5  10  17 A
a R  
 0.5  
 iR
FiF
IF  I E  a R I R  I E  10  4 A B

I S  V T 
V BE
 a I  iB
IF  e  1   V BE  V T ln  1  F F   0 . 71 V iF RiR
a F  
  IS 
IC   I R  a F I F  a F I F  95 μA iE
I B  I E  I C  5 μA E
Regioni di funzionamento
Regione attiva diretta (JBE ON, JBC OFF)
modello equivalente
IC
modello di Ebers-
Ebers-Moll a base comune
E C

IE B VCB

IC  a F I F  a F I E
a F < 1  I C < I E

aF : guadagno di corrente
diretto a base comune
Regione attiva diretta (JBE ON, JBC OFF)
modello di Gummel-
Gummel-Poon modello equivalente
a emettitore comune

VBE ,ON

IC   F I B
 F  1  I C  I B
F : guadagno di corrente il BJT può essere usato come
diretto ad emettitore comune amplificatore di segnale (corrente)
Regione attiva inversa (JBE OFF, JBC ON)
modello equivalente
modello di Ebers-
Ebers-Moll a base comune

I E  a R I R  a R I C
a R < 1  I E < IC
aR : guadagno di corrente
inverso a base comune
Regione attiva inversa (JBE OFF, JBC ON)
modello di Gummel-
Gummel-Poon modello equivalente
a collettore comune

VBC ,ON

 IE  RIB
R  1  IE  IB
• il BJT potrebbe essere usato come
amplificatore
R : guadagno di corrente
inverso a collettore comune • si preferisce la zona attiva diretta
poichè F>>R
• VBC, ON < VBE,ON (E più drogato di C)
Regione di interdizione (JBE OFF, JBC OFF)

modello di Ebers-
Ebers-Moll

IB  0
IC  0
IE  0
poiché tutte le correnti sono nulle il BJT si
comporta da circuito aperto tra C ed E
Regione di saturazione (JBE ON, JBC ON)
modello di Gummel-
Gummel-Poon
• poiché le due giunzioni sono polarizzate
in diretta, esse possono essere
modellizzate con una caduta
costante(VBE,SAT>VBE,ON,VBC,SAT>VBC,ON)

• a causa del diverso drogaggio di E e C le


VON sono leggermente diverse
(VBE,SAT>VBC,SAT)

•VCE,SAT=VBE,SAT - VBC,SAT >≈ 0 quindi il


iC   F iBE   R  1iBC BJT è approssimabile ad un corto-

iB  iBE  iBC circuito tra C ed E

 F iB  iC  iBC  F   R  1
•le correnti ai terminali sono determinate
dal circuito esterno: aumenti di IB non
in sat. iBE ,iBC  0   F iB  iC risultano in aumenti di IC.
Regioni di funzionamento
Caratteristiche IV del BJT
caratteristica di uscita ad
emettitore comune

I C  f V CE , I B 
IC
caratteristica di uscita a C
E
base comune
I C  f V CB , I E 
IE B VCB

caratteristica di trasferimento

I C  f V BE , V BC 
Caratteristiche IV di uscita a emettitore comune
I C  f V CE , I B 

•iB = 0: BJT OFF


•vCE > vBE (vBC<0), iB >0 : regione attiva diretta, iC = F iB (indipendente da vCE)
•vCE < vBE (vBC>0), iB >0 : saturazione (il valore limite vBE tra saturazione e
regione attiva aumenta leggermente all’aumentare di iB )
•vCE < 0 : i ruoli di collettore e emettitore si invertono
Caratteristiche IV di uscita a base comune

I C  f V CB , I E 

• vCB > 0, iE >0: regione attiva diretta, iC ≈ iE è indipendente da VCB

• vCB < 0, iE >0: il diodo base-collettore viene polarizzato direttamente e iC


cresce esponenzialmente (in direzione negativa) non appena il diodo base-
collettore entra in conduzione (saturazione)
Caratteristica di trasferimento a emettitore comune

I C  f V BE , V BC 
 VVBE 
Es: I
C
V BC  0 I 
S
e T
 1

 
stessa forma dell’equazione di un
diodo.

transconduttanza
dI I
g  C
 C
m dV V
BE Q T
Effetti capacitivi

alle due giunzioni sono associati


effetti capacitivi così come per i diodi

Gli effetti capacitivi limitano:

• la velocità di commutazione ON-OFF in applicazioni digitali


• la risposta in frequenza negli amplificatori a BJT
BJT reali : resistenze serie
Problema: Con riferimento al circuito in
figura determinare il punto di lavoro del
bjt caratterizzato dai parametri IS = 10-16 A,
F = 50, R = 1. 10V
Soluzione:
VBE =VBB= 10 V
VBC = VBB - VCC = 0.75 V-5.00V = -4.25 V
Utilizzando la rappresentazione di Gummel-Poon

I S  V T  10  16 A
V BE
 0 .0259
10

I BE  e  1  e
  1   10 150 A! !!!

 F  
 50  
BJT reali : resistenze serie
C
• come nel diodo, è necessario tenere in
considerazione la resistenza delle regioni RC
neutre iC

• le correnti ai terminali devono attraversare


iBC
regioni di lunghezza non trascurabile per
B RBB’
arrivare nelle zone attive del dispositivo
FiBE- RiBC
iB
iBE

RE iE

E
BJT reali : effetto Early
In zona attiva al crescere di VCE lo spessore della SCR di JBC aumenta e lo
spessore della base diminuisce (modulazione dello spessore di base)

Le IV di uscita hanno una pendenza positiva


nella regione attiva direttala IC (F) non è
indipendente da VCE

 V 
  1  CE 
F FO  V
 A 

Tensione di Early (VA=10÷150V): le IV di uscita sono estrapolate fino al


punto in cui IC è uguale a zero.
Modello SPICE per il BJT
Sintassi:

Q<name> < collector node> <base node> <emitter node>


+ [substrate node] <model name> [area value]

.MODEL <model name> NPN [model parameters]


.MODEL <model name> PNP [model parameters]

Esempio:
Q1 1 2 3 BC107 10
.MODEL BC107 NPN BF=30
BJT: modello in continua (Gummel-Poon)
I CC IS  NFVT
VBE
 I CT  I CC  I EC  / Kqb
I BE   e  1
F BF  

I EC  VBC
IS  NR VT 
I BC   e  1
 R BR  

 NE
VBE

I GRE 
 ISE e VT
 1
 
  •RBB’, RC, RE: resistenze di accesso
 NC
VBC
 • IGRE, IGRC : correnti dovute a
I GRC  ISC e VT
 1
  fenomeni di G-R nelle regioni
 
 
svuotate
Kqb  Kq1 1  1  4 Kq 2  / 2
NK

• Kqb: parametro che tiene conto di


Kq1  1 / 1  VBC / VAF - VBE / VAR  effetti reali tra cui l’effetto Early
Kq 2   F I BE / IKF   RI BC / IKR
BJT: modello in continua
BJT: modello per ampi segnali

I CT  I CC  I EC  / Kqb
Esempio
Problema: simulare le caratteristiche di uscita di un BJT npn (parametri IS =
10-16 A, F = 50, R = 1) nell’intervallo -15V≤VCE≤15V, per 0 ≤ IB≤ 10mA.

caratteristiche di uscita bjt npn


1
IB 0 2 DC 0
VCE 1 0 DC 0 2
Q1 VCE
IB
Q1 1 2 0 bjtmodel
.MODEL bjtmodel NPN BF=50 BR=1 0
+IS=1e-16

.DC VCE -15 15 0.1 IB 0 1e-5 1e-6


.PROBE IC(Q1)
.END
Classificazione e datasheets
• general purpose • switching
• small signal • RF
• high voltage
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)
 struttura e funzionamento
 analisi dei circuiti con BJTs
 esempi di circuiti applicativi

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


amplificatori a BJT e FETs
Analisi in DC di circuiti con BJT
risoluzione analitica
IC
RC
V BB  R B I B  V BE
VCC V  R I  V
RB  CC C C CE

VBB  I C  f V BE , V CE 
IB  I B  g V BE , V CE 

risoluzione grafica (nota IB)

risoluzione analitica
V CC  R C I C  V CE

 I C  f V BE , V CE 
Analisi in DC di circuiti con BJT
risoluzione analitica
IC
RC
V BB  R B I B  V BE
VCC V  R I  V
RB  CC C C CE

VBB  I C  f V BE , V CE 
IB  I B  g V BE , V CE 

risoluzione approssimata
1. ipotesi su f, g (OFF, attiva diretta, attiva
inversa o saturazione)
2. si risolve il circuito e si determina Q
risoluzione analitica 3. si verifica l’ipotesi 1
V CC  R C I C  V CE

 I C  f V BE , V CE 
Analisi in DC di circuiti con BJT: Esempio
Problema: Calcolare il punto di lavoro di Q.
Dati noti: VBB= 3V, VCC=5V, RB=1MW, RC=1kW,
IC
Q: (F = 100, R = 1, VBE,ON=0.7, VBC,ON=0.5, VCE,SAT=0.2V) RC
VCC
Soluzione: VCC e VBB tendono a pol. dir. JBE RB
VBB tende a pol. dir. JBC, VCC tende a pol. inv. JBC VBB
IB
Hp ZONA ATTIVA (VBE=VBE,ON=0.7V, IC=FIB)

V BB  V BE 3  0 .7
IB   3
 2 . 3 μA
RB 10
I C   F I B  230 μA
V BC  V BE  V CC  R C I C   4 . 53 V
I E  I B  I C  232 . 3 μA

 I B  2 . 3 μA  0 Hp OK

V BC   4 . 53 V  V BC ,ON  0 . 5 V
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)
 struttura e funzionamento
 analisi dei circuiti con BJTs
 esempi di circuiti applicativi

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


amplificatori a BJT e FETs
Amplificatori a BJT

• amplificazione di segnali
• BJT non lineare
• funzionamento linerare in condizione di piccolo segnale
Il BJT come interruttore
• in interdizione il bjt si comporta come un C C
interruttore aperto tra C ed E B
B
• in saturazione il bjt si comporta come un
interruttore chiuso tra C ed E E E

Il bjt si comporta come un interruttore controllato dalla corrente di base, la


quale agisce come terminale di controllo

VDD

Q in=‘0’  Q OFF  out=‘1’


out
in in=‘1’  Q SAT  out=‘0’

invertitore RTL

A differenza dei FETs dove IG=0, nel caso del BJT è necessario spendere potenza
(IB≠0) per il controllo (maggiore potenza dissipata in applicazioni digitali).
Riferimenti di corrente a BJT
VCC

rete di
polarizzazione RL
RB

VBB
RE

VEE

• in zona attiva la corrente sul carico RL è costante

• se VBB>0, VEE≥0  VCC > 0 (cond. necessaria)

• se RL ha bisogno del riferimento a massa (VCC=0)


 VBB<0, VEE<0 (cond. necessaria)

• per evitare tensioni negative è possibile usare


riferimenti con PNP
il BJT come driver di corrente
•la max corrente erogabile dalla sorgente è VS/RS

•la corrente ILED è limitata da RS VS  VLED


I LED 
RS

• IB<<IC=ILED  VS deve erogare poca corrente

• la corrente ILED è fornita VCC  VLED  VCE


I LED 
da VCC e non da VS RC

• Q1 tipicamente si polarizza in saturazione:


ola più bassa VCE consente di avere una più
bassa VCC (minore potenza dissipata)
oVCE,SAT ≈ 0 e non dipende da F
il BJT come driver di corrente
Problema: dimensionare RB e RC in modo che
ILED=20mA, IS,max=0.5mA
DATI: VS=5V, RS=5kW, VCC=10V, VLED,ON=1.1V
Q1: (F=100,VBE,SAT=0.8V, VCE,SAT=50mV)

Hp Q1: SAT, D ON

I LED VS  VBE , SAT


< IB   I S ,max
F RB  RS
VS  VBE , SAT  F VS  VBE , SAT 
 RS  RB <  RS
I S ,max I LED
3.4kΩ  RB < 16.25kΩ Es: RB=4.7 kW
VCC  VLED ,ON  VCE , SAT
RC   442.5W RB, RC >0 Hp OK
I LED
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali
richiami di teoria dei circuiti
la simulazione circuitale con SPICE
elementi di Elettronica dello stato solido

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


 generalità sugli amplificatori elettronici
 modelli di piccolo segnale dei dispositivi elettronici
amplificatori a BJT e FETs:
 analisi in DC
 analisi in AC a medie frequenze
 risposta in frequenza
Reti elettriche lineari
• è possibile caratterizzare il comportamento della rete utilizzando
l’analisi in regime sinusoidale (AC/fasoriale) o quella di Laplace

• è possibile definire un guadagno dato dal rapporto tra una variabile


di uscita (corrente o tensione) e una variabile di ingresso (corrente o
tensione)
tensione: AV=VO/VI VO, VI, IO, II fasori o
corrente: AI=IO/II trasformate di Laplace di
transresistenza: AR=VO/II vO, vI, iO, iI
transconduttanza: AG=IO/VI
PL: potenza fornita al carico
potenza AP=PL/PIN
PIN: potenza fornita dalla sorgente

• la rete è un amplificatore (reale) se AP>1


• amplificatore ideale: AP=∞

• amplificatore (ideale) di tensione: AV ind. da RI e RL


• amplificatore (ideale) di corrente: AI ind. da RI e RL
• amplificatore (ideale) di transresistenza: AR ind. da RI e RL
• amplificatore (ideale) di transconduttanza: AG ind. da RI e RL

• nel caso reale l’indipendenza del guadagno da RI e RL è


limitato a ristretti range di RI, RL, f.
Rappresentazione degli amplificatori
gli amplificatori sono spesso schematizzati usando modelli a doppi bipoli
(due porte) unidirezionali
Amplificatore di tensione
 VO RIN RL
A
 V V  GV
 I RIN  RI RL  RO
 2
 A  PL  G 2 RIN  RL 
 P P V
R R R 
 IN L  L O 

amplificatore di tensione (reale)  AV  GV



RIN  RI RO  RL   R
AP  GV2 IN
 RL
amplificatore di tensione ideale
RIN=∞, RO=0

 AV  GV

 AP  
un “amplificatore di tensione ideale”
è un “amplificatore ideale”
Amplificatore di transconduttanza
 IO RIN RO
A
 G V  GG
 I RIN  RI RL  RO
 2
P
A  L  G2 R R   R 

O

 P G IN L
 PIN  RO  RL 
amplificatore di
transconduttanza (reale)  A  G
G G
amplificatore di RIN  RI RO  RL  
transconduttanza ideale A
 P  G 2
G RIN RL

RIN=∞, RO= ∞

 AG  GG

 AP  
un “amplificatore di transconduttanza
ideale” è un “amplificatore ideale”
Amplificatore di corrente
 IO RI RO
 AI  I  GI R  R R  R
 I IN I L O
 2

 A  PL  G 2 RL  RO  
 P P I
R R R 
 IN IN  L O 

amplificatore di
corrente (reale)  AI  GI

RIN  RI RO  RL   2 RL
amplificatore di corrente ideale A
 P  G I
 RIN
RIN=0, RO= ∞

 AI  GI

 AP  
un “amplificatore di corrente ideale”
è un “amplificatore ideale”
Amplificatore di transresistenza
 VO RI RL
A
 R I  G R
 I RIN  RI RL  RO
 2
P
A  L  G 2
 R 
R
 L

 P
PIN RIN RL  RL  RO 

amplificatore di
amplificatore di transresistenza (reale)  AR  GR

transresistenza ideale RIN  RI RO  RL   GR2
RIN=0, RO= 0  AP  R R
 IN L

 AR  GR

 AP  
un “amplificatore di transresistenza
ideale” è un “amplificatore ideale”
Analisi degli amplificatori

• tensioni (correnti) di ingresso (uscita) sono costituite


da una componente continua (DC) e una variabile;
l’informazione da amplificare è contenuta nella
componente variabile

• la rete deve funzionare in modo lineare; i componenti


attivi (transistors, opamp) sono componenti non-lineari

• se la componente variabile del segnale di ingresso è


un “piccolo segnale” la rete si comporta in modo
lineare

• in tale situazione è possibile usare il principio di


sovrapposizione e separare l’analisi in due step
 DC (punto di lavoro)
 piccolo segnale (AC o Laplace)
Modello di piccolo segnale

• il modello di un componente si ottiene


approssimando al primo ordine la curva
caratteristica
• l’approssimazione di “piccolo segnale”
dipende dal dispositivo
• il modello è composto da componenti
lineari (R, C, generatori controllati) i cui
valori sono funzione del Q-point.

•sostituendo alla rete non lineare il


modello, si ottiene una rete linearizzata
utile per l’analisi AC/Laplace
• è possibile definire i guadagni AV, AI,
AR, AG di piccolo segnale
Limiti di funzionamento lineare
Il funzionamento lineare degli amplificatori è limitato da
• caratteristiche non lineari dei componenti attivi (distorsione)
• tensione di alimentazione (saturazione)

Es: vI(t)=VI+vi(t)=VI+VIMsin(2pft)

affinchè vi(t) sia amplificato linearmente è è


necessario che

• vO=f(vI) sia lineare in un intorno di VI


• vI(t) piccolo segnale

in tale situazione
vO(t)=VO+vo(t) =VO+VOMsin(2pft+f)

Es:
VI=0.5V, VIM=100mVVO=10V, VOM=4V
VI=0.3V, VIM=50mV  VO=4V, VOM=1V
Limiti di funzionamento lineare: distorsione

Es: VI=0.4V : VI è tale che il


guadagno è diverso per valori positivi e
negativi di vi(t)  distorsione

Es: VI=0.5V, VIM=150mV: VIM è tale che


il guadagno cambia nella semionda negativa
(distorsione)

Es: VI=0.65V, VIM=50mV: VI e VIM sono


tali che il guadagno si annulla (saturazione)
Limiti di funzionamento lineare: distorsione

•in caso di distorsione, l’uscita non è una sinusoide


•il segnale in uscita può essere quindi sviluppato in serie di Fourier

v(t) VO V1(sinot f1) V2 (sin 2ot f2 ) V3(sin3ot f3) ...
dc segnale distorsione di distorsione di
desiderato seconda terza armonica
armonica

distorsione armonica totale


 2
V
 i
THD 100%  i2

V1
numeratore = somma RMS dei termini di distorsione
denominatore = componente desiderata
Polarizzazione

scopo della polarizzazione è quello


di cambiare la componente DC di
ingresso (VI) in modo tale da

• far lavorare l’amplificatore in


condizioni di linearità

• fissare le proprietà di piccolo


segnale (es. guadagno)
Il BJT come amplificatore

VCC

RC

vOUT
ib(t)
RI

vI

• le variazioni vI(t) determinano variazioni di iB(t), di iC(t) e quindi di vOUT(t)


•se Q è in zona attiva e vi(t) è un piccolo segnale vout(t) è una sinusoide e il circuito
funziona in modo lineare
Il MOSFET come amplificatore

VDD

RD

vOUT

RI

vI

• le variazioni vI(t) determinano variazioni di vGS(t), di iD(t) e quindi di vOUT(t)


•se Q è in saturazione e vi(t) è un piccolo segnale vout(t) è una sinusoide e il circuito
funziona in modo lineare
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali
richiami di teoria dei circuiti
la simulazione circuitale con SPICE
elementi di Elettronica dello stato solido

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


 generalità sugli amplificatori elettronici
 modelli di piccolo segnale dei dispositivi elettronici
amplificatori a BJT e FETs:
 analisi in DC
 analisi in AC a medie frequenze
 risposta in frequenza
Modello di piccolo segnale del diodo
per variazioni vd sufficientemente piccole la
relazione iD(vD) è approssimabile alla retta tangente
nell’intorno del punto di riposo Q( ID,VD)
iD
iD vD   I D  vD  VD 
vD Q

iD ID  IS conduttanza
gd  
vD VT differenziale
Q

id vd   g d vd
 vD

iD vD   I S  e VT
 1
 
  • rd=1/gd : resistenza differenziale
• è necessario aggiungere gli effetti
capacitivi inclusi nel modello per ampi
segnali (non inclusi nel modello DC)
• in pol. dir. gd≈ID/VT
• in pol. inv. gd≈0
• pol. nulla gd=IS/VT ≠ 0
Modello di piccolo segnale del diodo
sviluppando in serie di Taylor nell’intorno del punto di lavoro (ID, VD)


1  i iD  i iD ID  IS
iD vD    vD  VD 
i

i  0 i! v D vDi
i
Q Q
VTi

1  i iD i 
1  vd 
i
v 1  v 
2
1v 
3

id vd    v d   I D  I 
S  
   I D  I S  d   d    d   ...
i 1 i! v D Q
i
i 1 i! VT  VT 2  VT  6  VT  

•la serie può convergere solo se vd<VT


•sotto tale condizione i termini della serie contano sempre meno
all’aumentare di i
• la condizione di piccolo segnale (comportamento lineare) è valida
quando conta solo il termine i=1 ovvero per

2
vd 1v 
  d   vd  2VT  50mV vd  5mV (vd  VT OK)
VT 2  VT 
Modello di piccolo segnale del BJT
il modello a piccoli segnali si basa sulla rappresentazione a doppio bipolo

ib  gp vbe  g r vce rp  1 / gp resistenza differenziale di ingresso


ic  g m vbe  g o vce rO  1 / g O resistenza diffenziale di uscita

ib iB ic  iC
gr   g0  
v ce  v CE v ce  v CE
v 0 Q  po int v 0 Q  po int
be be

ic  iC ib iB
gm   gp  
v be  v BE v be  v BE
v 0 Q  po int v 0 Q  po int
ce ce
Modello di piccolo segnale del BJT
iB  iC IC
modello di Gummel-
Gummel-Poon gr  0 gm  
VT
 v CE  v BE
in zona attiva Q  po int Q  po int

 iC IC iB IC g
iB iC g0   gp    m
 v CE V A  V CE  v BE  F VT F
Q  po int Q  po int

B C
FiB
in realtà F0 (e quindi F) dipende da IC

iE
E

  vCE 
 F   FO 1  
 VA  iB  iC  i B iB g
 gp    gm  m
 v BE  v BE  v BE  iC  iC 0
 I S VT Q  po int Q  po int Q  po int

iB  e
  FO
 v BE  iC guadagno di corrente per piccoli segnali
 v   
iC  I S 1  CE  e VT 0 iB a emettitore comune del BJT
  VA 
Q  po int

• assumeremo F0 ind. da IC o ≈ F


Modello di piccolo segnale del BJT
gmvbe  gmibrp  oib

IC transconduttanza:
gm 
VT aumenta con IC •il modello va completato con la CBE e CBC
(rilevanti ad alta f)
 OVT O
rp   res. diff. ingresso
IC gm • modello a bassa f completamente definito
da 2 parametri (F, VA)
VA  VCE VA
rO   res. diff. uscita
IC IC • i parametri non dipendono dalla
geometria: transistor piccoli per high-f
VA  VCE VA guadagno di
 f  g m rO   hanno lo stesso gm di transistor grandi per
VT VT tensione intrinseco alte correnti
• poco dip. dal OP
• modello del PNP identico all’NPN
• guadagno max degli ampl. a bjt (1000÷4000)
Modello di piccolo segnale del BJT
v BE

iC vBE   I S e VT

 2 3 
v v  v 
sviluppando in serie di Taylor ic  I  1  be   1  be   ...
 be
C
nell’intorno del punto di lavoro (IC, VBE) V 2  VT  6  VT 
 T 
 

La condizione di linearità richiede che ic


sia proporzionale a vbe
vbe  2VT  vbe  5mV

•si possono avere variazioni significative in


ic gm vbe uscita (fino a 20%) in condizioni di linearità
5mV
 vbe    0.2 •valori maggiori in uscita possono essere
IC IC VT 25.9mV
ottenuti ammettendo un compromesso
ampiezza/distorsione
Modello di piccolo segnale del MOSFET
id

ig
+ modello DC (saturazione)
vds iG  0
+ 
 Kn
vgs
- - i
 D  vGS  VTN 2
1  vDS 
2

modello AC (saturazione) iG


gp  0
ig  gp v gs  g r vds vGS Q - point

id  g m v gs  g o vds gr 
iG
0
vDS Q - point

iD 2I D
gm   K n VGS  VTN 1  VDS  
ig  0 vGS Q - point
VGS  VTN

id  g m v gs  g o vds go 
iD

Kn
VGS  VTN 2  I D  1 I D
vDS Q - point
2 1  VDS  VDS

Modello di piccolo segnale del MOSFET
• resistenza di ingresso infinita
• il modello va completato con la
CGS e CGD (rilevanti ad alta f)
• modello a bassa f completamente
definito da 2 parametri (KN, )
• i parametri dipendono dalla
geometria attraverso il fattore KN
ID • modello del PMOS uguale a
gm   transconduttanza
VGS  VTN  / 2 quello dell’NMOS

 2 K n I D 1  VDS   2 K n I D
1  VDS 1
rO   resistenza diff. di uscita
I D I D
guadagno di
2K n
 f  gmro  1 tensione intrinseco
 ID
(diminuisce con ID)
Modello di piccolo segnale del MOSFET

iD vGS  
Kn
vGS  VT   VGS  VT  vgs 
2 Kn 2

2 2
id 
Kn
2

2VGS  VT v gs  v gs2 
2VGS  VT v gs  v gs2  v gs  0.2VGS  VT  condizione di
piccolo segnale

dato che il MOSFET può essere polarizzato con (VGS - VTN)


di alcuni Volt, può avere valori di vgs molto maggiori rispetto
ai corrispondenti valori di vbe per il BJT

•si possono avere variazioni significative in


id gm 0.2(VGS VTN ) uscita (fino a 40%) in condizioni di linearità
 vgs   0 .4
ID ID V GS
 VTN •valori maggiori in uscita possono essere
2 ottenuti ammettendo un compromesso
ampiezza/distorsione
confronto dei modelli di BJT e MOSFET

•gm molto più alto nei BJT • f molto più alto nei BJT (diminuisce con
(VGS-VTN)/2>>VT ID nei MOSFET)

• rp infinito nei MOSFET • vin,MAX più alto nei MOSFET


(diminuisce con IC nei BJT) • guadagno di corrente infinito nei MOSFET
• paragonabili valori di rO • parametri ind. dalla geometria nei BJT
confronto dei modelli di BJT e MOSFET
F=100,
VA=75V
VCE=10V

prestazioni confrontabili a basse correnti (<1A)


Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali
richiami di teoria dei circuiti
la simulazione circuitale con SPICE
elementi di Elettronica dello stato solido

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


 generalità sugli amplificatori elettronici
 modelli di piccolo segnale dei dispositivi elettronici
amplificatori a BJT e FETs:
 analisi in DC
 analisi in AC a medie frequenze
 risposta in frequenza
Configurazioni amplificatrici fondamentali
in zona attiva
v BE Applicazione del segnale: le correnti cambiano
iC  I S e VT
significativamente al variare di vBE (vGS) ovvero dei potenziali
iC IS
v BE di B (G) e E (S), quindi B (G) e E (S) sono utili come terminali
iB   e VT
di ingresso. Il C (D) genera modeste variazioni delle correnti
F F
v BE
attraverso l’effetto Early (modulazione di lunghezza di canale)
IS per cui non è utilizzato come terminale di ingresso.
iE  e VT

F

Prelievo del segnale: variazioni sostanziali nelle correnti di E


(S) o C (D) creano un ampio segnale di tensione sui resistori di E
D (S) o C (D) e quindi il C (D) o l’E (S) possono essere utilizzati
ID per prelevare i segnali di uscita. Dato che iB è di un fattore F più
G piccola di iC o iE (iG=0) , il terminale di base (gate) non viene
utilizzato come terminale di uscita.
IS
S

tre famiglie fondamentali di amplificatori


in saturazione
– ingresso B (G) – uscita C (D): Emettitore (Source) comune CE (CS)
K 2
iD  iS  n  v V  – ingresso E (S) – uscita C(D): Base (Gate) comune CB (CG)
TN 
2  GS – ingresso B (G) - uscita E(S): Collettore (Drain) comune CC (CD)
Configurazioni amplificatrici fondamentali
generica rete di
polarizzazione

il punto di lavoro è influenzato da

• componente continua sorgente (VI)


• resistenza sorgente (RI)
• resistenza carico (RL)
indipendenza del punto di lavoro (BJT o FET)

generica rete di
polarizzazione

•in DC le capacità (di accoppiamento) sono circuiti aperti e il punto di lavoro non è
influenzato da sorgente e carico

• il prezzo da pagare è una riduzione del guadagno alle basse frequenze ( in DC vO=0)

• in condizione di piccolo segnale è possibile separare l’analisi DC dall’analisi AC


Step 1- Analisi in DC

le capacità di accoppiamento sono circuiti aperti

 la rete di pol. si studia utilizzando il modello DC del transistor


Step 2- Analisi in AC

le componenti continue


corrispondono a variazioni nulle:

 i generatori di tensione costante


indipendenti vanno sostituiti con
corto-circuiti

 i generatori di corrente costante


indipendenti vanno sostituiti con
circuiti aperti

 la rete si studia sostituendo al


transistor il modello di piccolo
segnale

studieremo inizialmente gli amplificatori nel range delle “medie frequenze” in cui le
capacità di accoppiamento sono approssimativamente corto-circuiti, mentre le capacità del
transistor sono circuiti aperti. In questo range tutti i parametri dell’amplificatore (guadagni,
resistenze di ingresso e uscita) sono indipendenti da f.
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali
richiami di teoria dei circuiti
la simulazione circuitale con SPICE
elementi di Elettronica dello stato solido

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


 generalità sugli amplificatori elettronici
 modelli di piccolo segnale dei dispositivi elettronici
amplificatori a BJT e FETs:
 analisi in DC
 analisi in AC a medie frequenze
 risposta in frequenza
Rete di polarizzazione (BJT o FET)
generica rete di
polarizzazione VCC
RC

RB
RE
VBB

•se si hanno tutti i valori di alimentazione DC


disponibili, una delle 3 alimentazioni non è
necessaria (es. VEE=0)
•se (con VEE=0) i valori di VBB e/o VCC necessari
sono troppo alti rispetto a quelli disponibili, è
necessario usare una VEE<0
• le resistenze non sono tutte sempre necessarie
Rete di polarizzazione (BJT o FET)
applicazione del segnale prelievo del segnale
di ingresso (B o E) di uscita (C o E)

RC
VCC

vOUT

RI RB vOUT
RE
vI VBB

• RB strettamente necessaria (≠0) se • RC strettamente necessaria (≠0) se


l’ingresso è applicato sulla base l’uscita è presa sul collettore
•RE strettamente necessaria (≠0) se •RE strettamente necessaria (≠0) se
l’ingresso è applicato sull’emettitore l’uscita è presa sull’emettitore
MOSFET: stabilizzazione del punto di lavoro
VGG  VGS  RS I D VDD

 KN 2
I
 D  VGO
2 RD
(VGO  VGS  VTN )
RG
M1
VGG +
VGS -
RS ID
 I D K NVGO
 VGG  VGS  V   1  K R V
 V  TN N S GO
se  ovvero  I D  GG ind. da M1 
 R  V / I RS
 I V 2
 S D
 GO
 K N 21  K N RSVGO 
GS D

• l’indipendenza da M1 implica la
stabilizzazione del Q all’aumentare di RS si riduce la
• il prezzo da pagare è l’aumento di dipendenza di ID dai parametri: se ID
VDD e VGG e quindi della potenza di aumenta, VS aumenta, VGS diminuisce,
alimentazione necessaria contrastando l’aumento di ID
MOSFET: stabilizzazione del punto di lavoro

• consente di risparmiare una sorgente di alimentazione (VGG)


al prezzo di una maggiore dissipazione di potenza complessiva

•VGG può essere ottenuta con una R1


VGG  VDD
opportuna scelta di R1 e R2 R1  R2

• un grado di libertà (il parallelo RGG è irrilevante poichè


IG=0). Per minimizzare la potenza dissipata da VDD la somma
R1+R2 deve essere massimizzata.
MOSFET: esempio di progetto della rete DC
Problema: progettare la rete di polarizzazione R1, R2, RD, RS
DATI: RD=15kW, VDD=10V, PDD,max=2.5mW, Q:(ID=200A, VDS=5V, VGS=3V).

I2
VDD VDD  VDS
RS  RD   25kΩ  RS  10kΩ
ID
R2 ID RD R1
VG  VGS  RS I D  5V  VDD  R1  R2
D R1  R2
G
M1 PDD  VDD I D  I 2 
PDD ,max
S PDD  PDD ,max  I 2   I D  50μA
VDD
R1 I2 RS VDD
I2   R1  R2  200kΩ
R1  R2
scegliamo R1  R2  100kΩ
BJT: stabilizzazione del punto di lavoro
in zona attiva I E  I C
VBB  RB I B  VBE ,ON   RE I C
 VBB  RB I B  VBE ,ON
 V
se  oppure  I C  BB ind. da Q1
 R  R I  V RE
 E B B BE ,ON  / I C

• l’indipendenza da Q1 implica la stabilizzazione


del punto di lavoro

• il prezzo da pagare è l’aumento di VCC e VBB e


quindi della potenza di alimentazione necessaria

VBB  RB I B  VBE ,ON  RE 1   F I B I C I C 1  RE / RB 


  
I C   F I B  F  F 1  RE / RB 1   F 

all’aumentare di RE si riduce la dipenza di IC dai parametri: se IC


aumenta, VE aumenta, IB diminuisce, contrastando l’aumento di IC
BJT: stabilizzazione del punto di lavoro

IC
RC
RB C
B
Q1 VCC
VBB IB E
R1
VBB  VCC
IE RE R1  R2
RB  R1 // R2

• consente di risparmiare una sorgente di alimentazione (VBB)

• condizione necessaria alla stabilizzazione dell’OP è poter trascurare RBIB (rispetto a


VBB) ovvero VB≈VBB ovvero I2>>IB e I1≈I2 e si realizza imponendo VCC/(R1+R2)>>IB
, ad es: VCC/(R1+R2)=10IB
BJT: esempio di progetto della rete DC
Problema: progettare la rete di polarizzazione R1, R2, RC, RE
DATI: RC=6.67kW, VCC=15V, Q:(IC=750A, IB=7.5A, VCE=5V,VBE=0.7V)

V V V  R I  5V
E CC CE C C
V
R  E  6 . 60 k W
E I
E
V V
CC  10 I  R  R  CC  200 k Ω
R R B 1 2 10 I
1 2 B
R
V V V  5 .7 V  V 1  10 I R
B E BE CC R  R B 1
1 2
V
R  B  110 k W  R  90 k W
1 10 I 2
B
Reti di polarizzazione
tutte le famiglie utilizzano tipicamente la rete di
polarizzazione a quattro resistori
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali
richiami di teoria dei circuiti
la simulazione circuitale con SPICE
elementi di Elettronica dello stato solido

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


 generalità sugli amplificatori elettronici
 modelli di piccolo segnale dei dispositivi elettronici
amplificatori a BJT e FETs:
 analisi in DC
 analisi in AC a medie frequenze
 risposta in frequenza
Analisi in AC di amplificatori a BJT e FET
• le configurazioni amplificatrici di BJT e FETs sono topologicamente identiche

• le differenze nelle proprietà dinamiche di amplificatori a BJT e FET stanno nelle differenze
nei modelli di piccolo segnale di BJT e FET

BJT FET

• BJT e FET hanno modelli di piccolo segnale topologicamente simili. Il modello topologico del
FET si può ricavare da quello del BJT facendo tendere rp∞ e 0∞

• le espressioni matematiche relative alle variabili di piccolo segnale degli amplificatori a FET
possono essere ricavate da quelle degli amplificatori a BJT facendo tendere rp∞ e 0∞
Resistenze e guadagni ai terminali

• RiB, RiC, RiE : resistenze di ingresso ai terminali

• è possibile definire i guadagni ai terminali:


tensione(corrente) terminale di uscita / tensione(corrente) terminale di ingresso
• resistenze e guadagni ai terminali dipendono da resistenze di sorgente e carico
ingresso sulla Base (Gate)

 v b  ib rp  R E ib  i c 

 R E ib  i c    i c   o ib rO  i c R C

 v b  ib rp  R E   R E i c

  0 ro  R E ib  ro  R C  R E i c

 r0  R C  R E  v b  ib rp  R E i c
se   
  0  1   0 ib  i c
~0RE

vb • RE determina un aumento della RiB a spese


R iB   rp   o R E  rp 1  g m R E  dei guadagni ai terminali rispetto a vb
ib
1 r v • valori relativamente elevati di RiB (~105
 p  be W)buon accoppiamento con sorgenti di
1  g m RE R iB vb
tensione (bassa RI)
ingresso sulla Base (Gate)

 r0  R C  R E  v b  ib rp  R E i c
se   
  0  1   0 ib  ic

• i guadagni di tensione diminuiscono


con RE
• per gmRE<≈1 i guadagni AV dip.
~0RE fortemente da gm e sono maggiori per
gli amplificatori a BJT
R iB  rp   o R E  rp 1  g m R E    o RE
g m R E  1 • se gmRE>>1 i guadagni AV sono ind.
vc R i g m RC RC dal transistor (stabilizzazione dinamica)
AV , cb   C c   
vb vb 1  g m RE g m R E  1 RE • l’uscita di C è invertente e può fornire
ve R i g m RE guadagno di tensione >1
AV , eb   E e   1
vb vb 1  g m RE g m R E  1
• l’uscita di E è non-invertente e
fornisce guadagno di tensione unitario
(inseguitore o buffer di tensione)
ingresso sulla Base (Gate)

 r0  R C  R E  v b  ib rp  R E i c
se   
  0  1   0 ib  i c

~0RE
ic gm 1 • i guadagni AG diminuiscono con RE
AG , cb   
vb 1  g m R E g m R E  1 RE
• per gmRE<≈1 i guadagni AG dip.
ie i gm 1 fortemente da gm e sono maggiori per
AG , eb   c   gli amplificatori a BJT
vb vb 1  g m R E g m R E  1 RE
ic vc
A I , cb   0 A R , cb     0 RC • se gmRE>>1 i guadagni AG sono ind.
ib ib dal transistor
ie ic ve
A I , eb    0 A R , eb    0 RE •guadagni AI e AR ∞ per i FET; soggetti
ib ib ib a dispersione (0) nei BJT
ingresso sull’Emettitore (Source)
ib
B C
ic  v e   ib rp  R B    ib rp*

Oib  v e   i c   o ib rO  i c R C 
r rO    i c rO  R C    o rO ib
E 
RB
RiE RC
se rO  R C
ie ve
 v e   ib rp
*  r *

 i c  ib   0  p

 rO 
 v e  rO  o ib  i c  

ve ve rp*
R iE    rp // ro //
*
• valori relativamente bassi di RiE
 ie ib  ic 0
(~10÷100 W) buon accoppiamento
rp* 1 1 con sorgenti di corrente (alta RI)
 ro //  ro // 
 0  1 0 rp  R B gm g m ro  1 gm
• guadagno di corrente unitario
i
A I , ce  c   1 (inseguitore o buffer di corrente)
ie  0  1

v • guadagno di transresistenza ind. dai


A R , ce  c   RC parametri
ie  0  1
ingresso sull’Emettitore (Source)
ib ic
B C
Oib
r rO  v e   ib rp*
se rO  R C  
RB E  v e  rO  o ib  i c 
RiE RC

ie ve

ve rp*
i  1   R iE   rp // ro //
*

AG , ce  c     *0  ie 0
ve  ro rp 
 1  • RB determina un aumento della RiE a spese
    g m    g m
rp  R B
 ro  g m r o  1 dei guadagni rispetto a ve
vc  R C ic  1   • guadagni AG e AV relativamente elevati
AV , ce    R C   *0 
ve ve  ro rp  (maggiori nei BJT a causa del maggiore gm)
 1 
 R C   g m   g m R C
rp  R B
 ro  g m r o  1
Resistenza al terminale di Collettore (Drain)

  i b rp  R B   R E ib  i x 

 R E i b  i x    i x   o ib rO  v x

 
  i b rp*  R E  R E i x

 ib R E   o rO    i x ro  R E   v x

 rO  R E

se   
 
  ib rp*  R E  R E i x
   1   ib  o rO   i x ro  v x
 0

vx  R E // rp*    rO 1  g m R E 
R iC   rO  1   0 *
  rO 1  g m R E // rp
   rp  R E r   R
ix  rp  rp  R B  rp  R E O 0 iC , max

•RiC relativamente alta (~103÷105 W)

•la presenza di RE determina un aumento di RiC


Accoppiamento ingresso/uscita e guadagno intrinseco

G V  AV RI  0 G G  AG RI  0
RL   RL  0

G I  AI RI   G R  AR RI  
RL  0 RL  
Fattore di accoppiamento di ingresso
ingresso sulla Base (Gate)
R in , B  R B // R iB
R B ,T  R I // R B // R iB
vb R
 V ,B   B ,T  1
vi RI
R B ,T
 I ,B  1
R in , B

ingresso sull’Emettitore (Source)


• per massimizzare l’accoppiamento V,B
R in , E  R E // R iE (V,E) da una sorgente di tensione vi è
necessario che Rin,B (Rin,E) >> RI (influenza
R E ,T  R I // R E // R iE
sull’OP)
ve R E ,T
 V ,E   1
vi RI •per massimizzare l’accoppiamento I,B
R E ,T (I,E) da una sorgente di corrente ii è
 I ,E  1 necessario che Rin,B (Rin,E) << RI
R in , E
Amplificatore CE (CS) – RIN e RO

R in  R in , B  R B // R iB  R B // rp 1  g m R E 

• gmRE>>1 Rin≈RB
• per i FET Rin=RB RiC RO
ic
vc vo
Rin,B
in B RiB i io
vb b
RC RL
R* C
RI
RB

vi RE

R O  R C // R iC  R C // rO 1  g m R E   R C
Amplificatore CE (CS) – AV e AG

AV 
vo
vi
v v
 b c   V , B AV , CB R C  R C*
vi vb
 
R B ,T g m R C*

RI 1  g m RE
AV diminuisce all’aumentare
di RE e aumenta con R*C

AV  g m R C  g m ro   f
ro  R C

g m RC RC
G V  AV RI  0   AV , CB  
RL   1  g m RE g m R E  1 RE

io vo AV R B ,T gm RC
AG    
vi R L vi RL R I 1  g m R E RC  R L
gm 1
G G  AG RI  0   AG , CB  
RL  0 1  g m RE g m R E  1 RE
Amplificatore CE (CS) – AI e AR

io i gm RC
AI   o R I  A G R I   R B ,T
ii vi 1  g m R E RC  R L
gm R IN
G I  AI RI     R IN  
RL  0 1  g m RE g m R E  1 RE

vo io R L g m R C*
AR    A I R L   R B ,T
ii ii 1  g m RE
g m RC RC
G R  AR RI     R IN   R IN
RL   1  g m RE g m R E  1 RE
Amplificatore CE (CS)

CE: capacità di by-pass


resistenza di emettitore statica: RE=RE1+RE2
resistenza di emettitore dinamica: RE=RE2

•RE2 stabilizza (e riduce) il guadagno


•RE1+RE2 stabilizza il punto di lavoro
• CE introduce un grado di libertà nel progetto DC/AC
Amplificatore CE (CS)

 V RC


g R
m C 
VT

1 / 3V DD
VT
 10 V 
DD V 
1 BJT
AV 
V RD 1 / 3V DD
 
max
 g m RD    V DD V 1 FET
 V GS  V TN  / 2 V GS  V TN  / 2

• la caduta su RC (RD) è una frazione di VDD, tipicamente 1/3

• per aumentare il guadagno è necessario aumentare la VDD e quindi la


potenza di alimentazione necessaria

• a parità di VDD il guadagno massimo di un amplificatore CE è molto


maggiore di quello di un amplificatore CS
Dinamica di ingresso dell’amplificatore CE (CS)

condizione di piccolo segnale

v be  v be . max
rp
v be  ib rp  v b
R iB
R iB R
v b  v be  v be . max iB  v be . max 1  g m R E 
rp rp
R in , B  R I aumentando RE aumenta la massima
vi  v be . max 1  g m R E  ampiezza delle variazioni in ingresso
R in , B tale da garantire da linearità

 v b  5 mV 1  g m R E  BJT

 v g  0 . 2 V GS  V TN 1  g m R S  FET
Dinamica di uscita dell’amplificatore CE (CS)

a medie frequenze

v I t   V I  V I , M sin  t 
v CE t   V CE  V M sin  t 
AV  V M / V I , M
il valore massimo accettabile per VI,M deve essere tale da
mantenere il BJT (FET) in zona attiva diretta (saturazione)

BJT
 v BC ( t )  V BC , ON  v CE ( t )  V CE  V M sin  t   V BE , ON  V BC , ON V M  V CE  V BE , ON  V BC , ON
    
 iB (t )  0  v RC ( t )  I C R C  V M sin  t   0  V M  I C RC

V M  min I C R C , V CE  V BE , ON  V BC , ON 
FET
 v DS ( t )  v GS ( t )  V TN  V GS  V TN  v DS ( t )  V DS  V M sin  t   V GS  V TN V M  V DS  V GS  V TN 
    
 v GS ( t )  V TN  v RD ( t )  I D R D  V M sin  t   0  VM  I D RD

V M  min I D R D , V DS  V GS  V TN 
Amplificatori CE e CS

g m R C* g m R D*
 
1  g m RE2 1  g m RS 2

 10 V CC  V DD

R B || rp 1  g m R E 2  RG

R C || r0 1  g m R E 2  R D || r0 1  g m R S 2 

5 mV 1  g m R E 2  0 . 2 V GS  V TN 1  g m R S 2 
Esempio: Analisi di un amplificatore CE
Problema: determinare AV, AI, AR, AG, Rin, RO, vi,max per l’amplificatore riportato in
figura. DATI: RI=2kW, R1=160kW, R2=300kW, RC=22kW, RE1=10kW, RE2=3kW,
RL=100kW, VCC=12V, CAB→∞, CAC→∞, CE→∞ Q1:( F=100,VA=50V)

Analisi DC

RE=RE1+RE2=13kW

IC=245A
VCE=3.64V

Modello AC
g m  I C / V T  9 . 5 mA/V  0   F  100
0 V A  V CE
rp   10 . 57 kΩ ro   219 kΩ
gm IC
Esempio: Analisi di un amplificatore CE

Analisi AC
RiC RO
ic
vc vo
Rin,B RiB i io
vb b
RC RL
R*C
RI
RB
R B  R1 // R 2  104 k Ω
vi RE R C*  R C // R L  18 kΩ  r0  R C*  R E  v b  ib rp  R E i c
  
R E  R E 2  3 kΩ   0  1   0 ib  i c

vb
R iB   rp 1  g m R E   310 kΩ io vo A
ib AG    V   5 .65  10  5 A/V
vi R L vi RL
R in  R B // R iB  77 . 9 kΩ io i
AI   o R I  AG R I   0 . 113
ii vi
v v v R // R in  g m R C* 
AV  o  b c  I      5 . 65 AR 
vo i R
 o L  A I R L   11 . 3 kΩ
vi vi vb RI  1  g m RE  ii ii
R in  R I
vi  v be . max 1  g m R E   150 mV
R in
Esempio: Analisi di un amplificatore CE

 rO  R E
  
  ib rp*  R E  R E i x
 

   1   ib  o rO   i c ro  v x
 0

R B*  R B // R I  1 . 96 kΩ
rp*  rp  R B*  12 . 53 kΩ
vx  R E // rp* 
R iC   rO  1   0   4 . 4 M Ω
ix  rp* 
R O  R iC // R C  R C  22 kΩ
Esempio: Analisi di un amplificatore CS
Problema: determinare AV, AI, AR, AG, Rin, RO, vi,max per l’amplificatore riportato in figura.
DATI: RI=2kW, R1=1.5MW, R2=2.2MW, RD=22kW, RS1=10kW, RS2=2kW, RL=100kW,
VDD=12V, CAG→∞, CAD→∞, CE→∞ M1:(KN=500A/V2, VTN=1V, =0.02V-1)

Analisi DC
VDD
RS=RS1+RS2=12kW
R2 RD
ID=241A
M1 VDS=3.81V
VGS=1.98V
R1 RS

Modello AC ID
gm  
V GS 
 V TN / 2
 2 K n I D 1   V DS  2 K n I D  0 . 49 mA/V
1   V DS
rO   223 k Ω
I D
Esempio: Analisi di un amplificatore CS
Analisi AC

R G  R1 // R 2  892 k Ω
R D*  R D // R L  18 kΩ  v g  v gs  R S i d
r0  R  R S  
*
D
R S  R S 2  2 kΩ  g m v gs  i d

R iG   R in  R G // R iG  R G  892 k Ω AG 
io

vo A
 V   4 .45  10  5 A/V
vi R L vi RL
io i
v v g vd R // R in  g m R D*  AI   o R I  AG R I   0 . 089
AV  o   I      4 . 47 ii vi
vi vi v g RI  1  g m RS  vo i R
AR   o L  A I R L   8 . 9 kΩ
ii ii
R in  R I
vi  0 . 2 V GS  V TN 1  g m R S   389 mV
R in
Esempio: Analisi di un amplificatore CS

vs  R S ix

 v x  i x  g m v s ro  v s
v  R 
R iD  x  rO  1  g m R S  S   rO 1  g m R S   411 kΩ
ix  rO  rO  R S
R O  R iD // R D  21 k Ω
Esempio: confronto amplificatori CE e CS

Amplificatore CE Amplificatore CS
gm 9.5mA/V 0.49mA/V
gmRE (gmRS) 28.5 0.98
guadagno di tensione -5.65 -4.47
resistenza di ingresso 78 kW 892 kW
resistenza di uscita 22 kW 21 kW
variazioni massime in 150mV 389mV
ingresso

•sebbene gm,CE>>gm,CS la presenza di RE (RS) provvede ad equalizzare i


guadagni
• resistenza di ingresso maggiore per il CS
• resistenze di uscita simili
• maggiore escursione in ingresso per il CS
Amplificatore CE: esempio SPICE
Problema: simulare (OP, AC, TRAN, FOUR) l’amplificatore CE precedente soggetto
ad un ingresso sinusoidale 0.5+0.1sin(2pft) f=1kHz

amplificatore emettitore comune


VCC 1 0 12
R1 2 0 160k 1
R2 1 2 300k VCC
RC 1 3 22k
RE2 8 4 3k RC
RE1 4 0 10k R2
CAB 6 2 1
CAB 3 5 vO
CAC 3 5 1
CE 4 0 1 6 2
CAC RL
Q1 3 2 8 bjtmodel
.model bjtmodel NPN BF=100 VAF=50
R1 8
RI 6 7 2k RI
RL 5 0 100k RE2
7
VI 7 0 AC 1 SIN (0.5V 0.1 1k)
vI 4
.OP
.AC DEC 100 10 1e6 0 RE1 CE
.TRAN 0.01m 1m
.FOUR 1kHz V(5)
.PROBE
.END
Amplificatore CS: esempio SPICE
Problema: simulare (OP, AC, TRAN, FOUR) l’amplificatore CS precedente soggetto
ad un ingresso sinusoidale 0.5+0.1sin(2pft) f=1kHz
amplificatore source comune
VCC 1 0 12
R1 2 0 1.5e6
R2 1 2 2.2e6
1
RD 1 3 22k
VDD
RS2 8 4 2k
RS1 4 0 10k RD
CAG 6 2 1 R2
CAD 3 5 1
CAG 3 5 vO
CS 4 0 1
M1 3 2 8 8 mosmodel L=1u W=1u 6 2
.model mosmodel NMOS VTO=1 M1 CAD RL
+KP=500e-6 LAMBDA=0.02
RI 6 7 2k RI R1 8
RL 5 0 100k RS2
VI 7 0 AC 1 SIN (0.5V 0.1 1k) 7
.OP vI 4
.AC DEC 100 10 1e6
.TRAN 0.01m 1m 0 RS1 CS
.FOUR 1kHz V(5)
.PROBE
.END
Amplificatore CC (CD) – RIN e RO

 
R in  R in , B  R B // R iB R E  R E*   R // r 1  g
B p m R *
E 
• gmR*E>>1 Rin≈RB
RC
• per i FET Rin=RB
Rin,B RiB i
vb b

RI RiE RO
RB ie ve
vo
io
vi RE RL
R *E

1 1
R O  R in , E  R E // R iE  R E // 
gm g m R E  1 gm
Amplificatore CC (CD) – AV e AG

R B ,T g m R E*
AV 
vo
vi

vb ve
vi vb

  V , B AV , EB R E  R E 
*

R I 1  g m R E*
g mRE
G V  AV RI  0   AV , EB  1
RL   1  g m RE g m R E  1

(inseguitore o buffer di tensione)

io vo AV R B ,T g m R E* 1
AG    
vi R L vi RL R I 1  g m R E* R L
G G  AG RI  0  gm
RL  0
Amplificatore CC (CD) – AI e AR

io io g m R E* 1
AI   R I  A G R I  R B ,T
ii vi 1  g m R E* R L
G I  AI RI    g m R IN
RL  0
RC
Rin,B RiB i
vb b

ii
RiE RO
RI RB ie ve vo
io
RE RL
R* E
vo io g m R E*
AR   R L  A I R L  R B ,T
ii ii 1  g m R E*
g mRE
G R  AR RI    R IN  R IN
RL   1  g m RE g m R E  1
Amplificatore CC (CD)

VCC

R2
CAB
CAE
vO
RI R1
RE RL
vI

RC non necessaria ne dal punto di vista statico (OP) ne da quello dinamico.


Dinamica di ingresso dell’amplificatore CC

condizione di piccolo segnale

v be  v be . max

rp
v be  ib rp  v b
R iB

v b  v be
R iB
rp
 v be . max
R iB
rp

 v be . max 1  g m R E* 
R in , B  R I
vi 
R in , B

v be . max 1  g m R E*  aumentando RE o diminuendo RB
aumenta l’ampiezza massima ammessa
delle variazioni del segnale di ingresso
in condizione di linearità


 v b  5 mV 1  g m R E*  BJT


 v g  0 . 2 V GS  V TN  1  g m R S
*
 FET
Amplificatori CC e CD

g mR *
g m R S*
1 E 1
1  g m RE
*
1  g m RS *

g m R E* R B // R in , B g m R S* RG
1 1
1  g m R E* R B // R in , B  R I 1  g m R S RG  R I
*


R B || rp 1  g m R E*  RG
1 1
 
gm gm

5 mV 1  g m R E*  
0 . 2 V GS  V TN  1  g m R S* 
Amplificatore CB (CG) – RIN e RO

RiC RO
vc vo
RiB i io
b
RC RL
R*C
RiE
RB
Rin
RE RI R*
E

vi

1 1
R in  R in , E  R E // R iE  R E // 
gm g m R E  1 gm

 
R O  R C // R iC R E  R E*   R // r 1  g
C O m R *
E 
Amplificatore CB (CG) – AV e AG

R E ,T
AV 
vo
vi

ve vc
vi ve

  V , E AV , CE R C  R C 
*
 RI
g m R C*

G V  AV RI  0  g m R C  AV , CE
RL  

io vo AV R E ,T R C*
AG     gm
vi R L vi RL RI RL
G G  AG RI  0  g m   AG , CE
RL  0
Amplificatore CB (CG) – AI e AR

io io R C*
AI   R I  A G R I  R E ,T g m
ii vi RL
g m RE
G I  AI RI    g m R IN   1
RL  0 1  g m RE g m R E  1

(inseguitore o buffer di corrente)

vo io
AR   R L  A I R L  R E ,T g m R C*
ii ii
g m RE
G R  AR RI    R IN g m RC  RC  RC
RL   1  g m RE g m R E  1
Amplificatore CB (CG)
VCC
RC
R2
vO

CAC RL
CB R1
CAE

RE RI

vI

•RB (R1//R2) necessaria per il punto di lavoro

•RB dinamicamente riduce i guadagni rispetto a vi aumentando la resistenza di


ingresso (indesiderato in configurazione buffer)

•CB: capacità di by-pass: permette di avere una RB statica per l’OP, mentre corto-
circuita dinamicamente la base (gate) a massa per avere minore resistenza di
ingresso.
Dinamica di ingresso dell’amplificatore CB (CG)

condizione di piccolo segnale

v be  v be max
v b  0  v e  v be max

ve  vi
R E ,T
 vi
1 / g m  // R E // R I
RI RI
vi

R E  R I 1  g m RI
v i  v e 1  g m R I   v be max
1  g m R I 

 v i  5 mV 1  g m R I  BJT

 v i  0 . 2 V GS  V TN 1  g m R I  FET
Amplificatori CB e CG

g m R C* g m R D*

R E // R in , E R S // R in , S
g m R C* g m R D*
R E // R in , E  R I R S // R in , S  R I

R C || r0 1  g m R E 2 // R I  R D || r0 1  g m R S 2 // R I 

5 mV 1  g m R I  0 . 2 V GS  V TN 1  g m R I 
Amplificatori a BJT e FET

R C*
 g m R   10 V CC
*
C 
g m R C*  10 V CC
RE 2
(moderato)

 0 R E 2 (alto)  0 R E 2 // R L  (alto)
R C (moderato) R C (moderato)

R D*
 g mR *
D   V DD  g m R D*  V DD
RS 2

R D (moderato) R D (moderato)

amplificatore amplificatore amplificatore di amplificatore di


comportamento transconduttivo tensione
transconduttivo corrente
Buffer (inseguitore) di tensione
=vo/vi: coefficiente di accoppiamento
di tensione sorgente carico
collegamento diretto sorgente-carico
RL vo RL
vo  vi   0   1
RL  RI vi RL  RI
 R  R I  v o  v i  1
se  L
 R L  R I  v o  0   0

buffer di tensione: amplificatore di tensione


con guadagno unitario (es. CC, CD)

collegamento con buffer


• permette di disaccoppiare RI e RL

• =Bvo/vi=1 indipendentemente da RI e RL

• il guadagno effettivo rispetto al collegamento diretto


è B/01RI/RL>1
Buffer (inseguitore) di corrente
=io/ii: coefficiente di accoppiamento di
corrente sorgente carico
collegamento diretto sorgente-carico
RI io RI
i o  ii   0   1
RL  RI ii RL  RI
 R L  R I  i o  i i  1
se 
 R L  R I  i o  0   0

buffer di corrente: amplificatore di corrente


con guadagno unitario (es. CB, CG)

collegamento con buffer


• permette di disaccoppiare RI e RL

• =Bio/ii=1 indipendentemente da RI e RL

• il guadagno effettivo rispetto al collegamento diretto


è B/01RL/RI>1
Progetto di amplificatori a transistor

• le variabili di input (specifiche di progetto) minime del problema devono riguardare


le caratteristiche di sorgente e carico, e un parametro di guadagno dell’amplificatore
(tensione, corrente, ....)

• altre variabili di input (caratteristiche dei componenti) sono opzionali. Tipicamente


costituiscono un limite pratico (es. si possiede un alimentatore regolabile fino a 20V,
si dispone solo di transistor con F=100, non si dispone di resistenze di valore
maggiore di 1MW e così via....)

• un vincolo implicito nella progettazione è che il circuito si comporti in modo lineare

• non esiste un’unica soluzione al problema (e non è detto che ne esista una). Si
possono indirizzare le specifiche di progetto anche con circuiti completamente
diversi.

• più vincoli/variabili di input sono presenti, più difficile è trovare una soluzione al
problema. Se esiste, un numero maggiori di vincoli rende la soluzione sempre più
unica.

•Progettare è un’arte.....
Esempio di progetto
Problema: progettare un amplificatore a singolo transistor che fornisca un guadagno di
tensione |AV|=100 da una sorgente a 100W e VIM<1mV, su un carico di 10kW. Si
ipotizzi di avere a disposizione un’alimentazione singola e fissa a 20V e resistenze di
valore non inferiore a 100W.

DATI: |AV|=100, RI= 100W, RL= 10kW, VIM=1mV, VCC(VDD)=20V, Rmin= 100W

SOLUZIONE: scelta della configurazione


• poichè |AV|>1 escludiamo le configurazioni CC e CD
• il guadagno di tensione richiesto rientra nella classe di valori forniti dalle
configurazioni CE, CS, CB, CG
• tuttavia il guadagno di corrente richiesto è AI=|AV|RI/RL=1. Tale vincolo potrebbe
essere soddisfatto dalle configurazioni CB o CG portate al limite del guadagno.
Probabilmente un progetto con CE o CS permette di ottenere AI=1 in modo più
rilassato.
• il massimo guadagno ottenibile con un CS è dell’ordine di VDD, ovvero 20. Per tale
motivo escludiamo questa configurazione.
• il massimo guadagno ottenibile con un CE è dell’ordine di 10VDD, ovvero 200, che
rientra agevolmente nella specifica richiesta. Scegliamo quindi di progettare un CE.
Esempio di progetto
ipotesi di progetto:
1. ro>>R*C+RE
2. 0>>1
3. Rin>>RI
g m R C*
sotto tali ipotesi AV 
1  g m RE 2

Poichè R C*  R L R E 2  R min

g mRL 1 1 R min
AV     impossibile
1  g m R min AV g m RL RL

Proviamo con RE2=0 (rinunciamo alla stabilizzazione dinamica)

IC RL AV V T
AV  g mR  g m RL 
*
C  IC   259 μA
VT RL
Esempio di progetto
ipotesi di progetto:
1. ro>>R*C+RE
2. 0>>1
3. Rin>>RI

AV V T
RE 2  0  IC   259 μA
RL

Per soddisfare la 2 scegliamo un transistor con F=100

Per soddisfare la 3 deve essere R in  R1 // R 2 // R iB  R I  100 W


 0V T
Condizione necessaria è R iB  rp   0 R E 2   R I  I C  25 . 9 mA
IC
Scegliamo
IC mA AV
I C  1mA  g m   38 . 6  RC 
*
 2 . 59 kΩ  R C  3 . 5 kΩ
VT V gm
Esempio di progetto
ipotesi di progetto:
1. ro>>R*C+RE
2. 0>>1
3. Rin>>RI

I B  I C /  F  10  A  I E  I B  I C  1 . 01 mA

scegliamo R E 1  4 . 7 kΩ
V CE  V CC  I C R C  I E R E 1  11 . 8 V  V BE , ON  V BC , ON  0 zona attiva
OK
Per rendere il potenziale di base indipendente da Q1
dobbiamo scegliere

V CC V
 I B  R1  R 2  CC  2 M Ω  R1  R 2  200 k Ω
R1  R 2 IB

Per soddisfare l’ipotesi 3 deve essere anche R1 , R 2  R I  100 W


Se fissiamo R1=R2=100 kW rispettiamo sia la condizione di
indipendenza di VB da Q1 che l’ipotesi 3.
Esempio di progetto
ipotesi di progetto:
1. ro>>R*C+RE
2. 0>>1
3. Rin>>RI

Per soddisfare l’ipotesi 1 dobbiamo scegliere il bjt con

 
V A  R C*  R E 2 I C  V CE   9 . 2 V  qualunque VA va bene

Verifichiamo infine i vincoli di dinamica di uscita e ingresso


V M  min I C R C , V CE  V BE , ON  V BC , ON   3 .5 V  V IM  V M / AV  35 mV
R in  R I
V IM  v be . max 1  g m R E 2   5 mV
R in
Vincoli rispettati poichè VIM<1mV
Contenuti del corso
Introduzione e concetti fondamentali
richiami di teoria dei circuiti
la simulazione circuitale con SPICE
elementi di Elettronica dello stato solido

Parte I: Dispositivi Elettronici


 il diodo a giunzione
 transistori ad effetto di campo (FETs)
 il transistore bipolare (BJT)

Parte II: Circuiti amplificatori a transistors


 generalità sugli amplificatori elettronici
 modelli di piccolo segnale dei dispositivi elettronici
amplificatori a BJT e FETs:
 analisi in DC
 analisi in AC a medie frequenze
 risposta in frequenza
Analisi nel dominio della frequenza (AC)
La risposta in frequenza (reti lineari) è descritta dalla funzione di risposta armonica
H(f), che è una funzione complessa (modulo e fase) della variabile reale f

H ( f )  H ( f ) e j H ( f ) x(t) H ( f) y (t)
significato
y(t)
x (t )  AX sin 2pft   X 
y (t )  AY sin 2pft   Y 
t
AY
 H( f ) Y   X   H ( f )
AX
x(t)

•le relazioni ingresso-uscita di modulo e fase a regime sono descritte dalla H(f)

•|H|, H sono funzioni reali di variabile reale (f). La loro rappresentazione grafica al
variare di f è chiamata diagramma di Bode

• l’analisi in regime sinusoidale viene estesa agli altri segnali utilizzando i concetti di
sovrapposizione degli effetti e sviluppo in serie di Fourier
La trasformata di Laplace
operatore funzionale lineare che associa ad una funzione (f) di variabile
reale (t) una funzione complessa (F) di variabile complessa (s=s+j)

f (t )  F ( s )  L f (t )( s )   f (t )e  st dt
0

 L f '  sF ( s )  f (0  )
 alcune delle proprietà più importati sono quelle di  t
   F ( s)
derivazione e integrazione  
L f  d  
 0  s
 permettono di trasformare equazioni integro-differenziali nel dominio t (spesso di
difficile risoluzione) in equazioni algebriche nel dominio s (spesso di più semplice
risoluzione)

 risolta l’equazione nel dominio s, è necessario ritornare nel dominio t attraverso


l’operazione di trasformata inversa.

La trasformata di Laplace è uno strumento per risolvere equazioni (e sistemi di


equazioni) integro-differenziali.
Trasformata di Laplace e analisi circuitale
•le reti lineari, o in regime di funzionamento lineare (piccolo segnale), sono descritte da equazioni
integro-differenziali (derivate e integrali nel dominio t sono dovuti agli elementi reattivi quali
capacità e induttanze)

• quindi è possibile usare la trasformata di Laplace per la risoluzione della rete lineare nel dominio
del tempo.

• è possibile usare la trasformata di Laplace anche per l’analisi nel dominio f attraverso il concetto
di funzione di trasferimento H(s)

Y ( s)
H (s)  X ( s) H ( s) Y ( s)
X (s)
• infatti nel caso s=j s0 la H(s) si riduce alla H(f) (equivale a considerare la risposta a
regime e rendere ininfluenti le condizioni iniziali)

• piuttosto che scrivere le equazioni nel dominio t, e poi portarle nel dominio s (così come si
farebbe per la risoluzione di un problema astratto di analisi), si usa un approccio più pratico che
consiste nel L-trasformare il circuito ottenendo un circuito equivalente nel dominio s composto da
componenti le cui relazioni IV sono le trasformate di quelle del dominio s
Trasformata di Laplace e analisi circuitale
dvC (t )
iC (t )  C
dt
di L (t )
v L (t )  L
dt

I C ( s )  LiC (t ) 
I R ( s )  LiR (t )  VL ( s )  LvL (t ) 

 v (t )  V ( s )
 dv (t ) 

L C c   C sVC ( s )  vc (0  )
dt 
  di (t ) 

L  L L   L sI L ( s )  iL (0  ) 

L R   R  dt 
 R  R  1 
vc (0  )  0  VC ( s )    I C (s) iL (0  )  0  VL ( s )  sL I L ( s )
 sC 
• le condizioni iniziali possono essere assunte nulle poichè ci interessa solo la risposta a regime
• le relazioni IV di R, L, C nel dominio s sono del tipo V(s)=Z(s)I(s)
• Z(s) : impedenza complessa
Trasformata di Laplace e analisi circuitale

Calcolo della H(f) (modulo e fase) dei circuiti lineari attraverso la


trasformata di Laplace

1. si L-trasforma il circuito: si considera ogni condensatore C come una


“resistenza” di valore 1/sC e ogni induttanza L come una “resistenza” di
valore sL

2. si calcola la H(s) di interesse (es. VO(s)/VI(s), IO(s)/VI(s),.....)

3. si ottiene la H(f) come H(f)=H(s=j)


Trasformata di Laplace e analisi circuitale

La funzione H(s) dei circuiti lineari ha la forma di rapporto di


polinomi nella variabile s

N ( s ) am s m  ...  a1s  a0 mn


H (s)  
D ( s ) bn s n  ...  b1s  b0 ai , bi  

H ( s)  K
 s  z1 s  z 2  s  z m 
s  p1 s  p2  s  pn 
z1, z2, ...zm: zeri di H(s) (e di N(s))
p1, p2, ...pn: poli di H(s) (zeri di D(s))

• poli e zeri sono, in generale, numeri complessi


• nel seguito ci limiteremo ai casi in cui sono numeri reali
Trasformata di Laplace e analisi circuitale

H (s)  K
s  z1 s  z 2  s  z m 

s  p1 s  p2  s  pn 

s   s    s   
z1 z2 1  s 1  s  1  s 
zm
K  K' Z1 Z2 Zm
s   s    s    1  s 1  s  1  s 
p1 p2 pm P1 P2 Pn

 z  z  z
K' K 1 2 m

 P  P  P
1 2 n

f Zi   Zi / 2p frequenza dello zero z i


f Pi   Pi / 2p frequenza del polo p i
 Zi  1 /  Zi costante di tempo dello zero z i
 Pi  1 /  Pi costante di tempo del polo p i

• è importante non confondere uno zero (polo) con la frequenza (o costante di tempo) ad esso
associata
• ad un polo (zero) in zero (a frequenza zero) corrisponde una costante di tempo infinita
Sistemi con risposta passa-basso
funzione di trasferimento risposta in frequenza
A0 A0 A0
Av ( s )  Av ( j ) 

1  s H 1  j H 1  j 
H
modulo della risposta in frequenza
A0
Av ( j ) 
2
  
1   
 H 
   H  Av ( j )  A0 Av dB
 20 log A0
A0 
   H  Av ( j )  Av  20 log A0  20 log
 / H dB
H
fH definisce la banda passante (BW) del sistema e assume il significato di
frequenza di taglio superiore
Av ( j H )  A0 / 2 Av ( j H ) dB  20 log A0  3
Sistemi con risposta passa-basso
Esempio: filtro passivo passa-basso

1
VO ( s ) sC 1
Av ( s )   
1
VI ( s )  R 1  sRC
sC

A0  1
 H  RC
1 1
H  
H RC
 1
fH  H 
2p 2pRC
Sistemi con risposta passa-alto
funzione di trasferimento risposta in frequenza

s L j
Av ( s )  A0 Av ( j )  A0
j L
 A0
L
1  s L 1  j L 
1 j
L
modulo della risposta in frequenza

A0
L
Av ( j ) 
2
 
1   
 L 
 
   L  Av ( j )  A0 Av  20 log A0  20 log
H dB
L
   L  Av ( j )  A0 Av dB
 20 log A0

fL definisce il limite inferiore della BW del sistema e assume il significato di


frequenza di taglio inferiore Av ( j L )  A0 / 2 Av ( j H ) dB  20 log A0  3
Sistemi con risposta passa-alto
Esempio: filtro passivo passa-alto

VO ( s ) R sRC
Av ( s )   
1
VI ( s )  R 1  sRC
sC

A0  1
 L  RC
1 1
L  
L RC
 1
fL  L 
2p 2pRC
Sistemi con risposta passa-banda

funzione di trasferimento
Ks s  2 
Av s 



s  1  s  3  s  4  s  5 

•le frequenze di taglio inferiore (fL) e superiore (fH) sono definite come

Av ( j L )  Amid / 2 Av ( j L ) dB  20 log Amid  3


Av ( j H )  Amid / 2 Av ( j H ) dB  20 log Amid  3

• se 1, 2 << 3  L ≈ 3 (3 è un polo dominante)

• se 5 >> 4  H ≈ 4 (4 è un polo dominante)


Risposta in frequenza degli amplificatori

• gli amplificatori a transistor hanno una risposta di tipo passa banda, dove la parte di bassa-f è
generalmente dovuta alle capacità di accoppiamento e by-pass, mentre la parte di alta-f è
generalmente dovuta alle capacità dei transistor stessi

• tipicamente si progetta in modo tale che i limiti di


banda sono definiti da un “polo dominante”

• tutte le variabili coinvolte sono in generale


funzione di f, e quindi analizzabili nel dominio s

• è necessario studiare la risposta in frequenza dei


transistors VO ( s ) Z L (s) Z IN ( s )
AV ( s )   GV ( s )
VS ( s ) Z L ( s )  Z O ( s ) Z IN ( s )  Z S ( s )
Modello di piccolo segnale del BJT
modello SPICE
Cp  g m TF
CJC
C  MJC
 V 
1  CB 
 VJC 
valori di default :
C 0
C: capacità dovuta alla regione di C  TF  0
svuotamento BC (dipende poco dal Q) VCB CJC  0
1
f jbc MJC  0.33
VJC  0.75V
Cp: capacità di diffusione della Cp  g m F
giunzione BE

• a medie/basse frequenze le impedenze di C,Cp sono generalmente molto grandi e trascurabili

• all’aumentare di f le loro impedenze si abbassano, al punto di cortocircuitare i 3 terminali


portando l’amplificazione a 0.
Modello di piccolo segnale del BJT

  1 
VBE ( s )  I B ( s ) rp // 
 
 s C p  C 
  
 sC  

0 1 

 I C ( s)  gm  0
I
 C ( s )  I ( s )  g V ( s )   ( s )   
I B ( s ) 1  srp Cp  C   1  srp Cp  C  
 m BE

I
  ( s )  sC V
 BE ( s )
 •lo zero nel semipiano destro corrisponde a una frequenza Z=gm/C estremamente elevata e può essere

generalmente trascurato
1
• la risposta in frequenza presenta un polo a frequenza f   0 f
2prp Cp  C  

   f  f  f  f

• la frequenza fT per cui |(f)|=1 è detta frequenza di transizione 
 fT   0 f   gm
 fZ
 2p C   Cp 
• la fT rappresenta il limite di f a cui il transistor presenta guadagno di corrente
Modello di piccolo segnale del BJT

• rx: resistenza di accesso alla base (parametro SPICE : RB)


• effetti trascurabili a bassa-f, può essere rilevante ad alta-f
• il modello a medie-f può essere modificato per includere l’effetto di rx

ib ib vbe v
ib   be'  rp'  rp  rx
rp  rx rp
 rp
v  vbe rp
 rp  rx  g '
m  g m
g v  g ' v rp  rx
 m m be
Modello di piccolo segnale del FET
modello SPICE
2  ox
CGS  WL  CGSO  W
3 TOX
CGD  CGDO  W
valori di default :
TOX  100nm
CGS0  0
CGD0  0
• CGS, CGD dovute alla capacità dell’ossido di gate e alle regioni sovrapposizione
gate/source e gate/drain

• per f > 0 la corrente di gate è diversa da zero  impedenza di ingresso e guadagno di


corrente finiti

• riducendo la dimensione dei dispositivi diminuiscono CGS e CGD aumentando fT

gm W /L 1
fT    2
2p CGS  CGD  WL L
Esempio: risposta completa in bassa-f di un CS

VO ( s ) VO ( s ) VGS ( s ) VG ( s )
AV ( s )  
VI ( s ) VGS ( s ) VG ( s ) VI ( s )
RD
VO ( s )  I O ( s ) R3   g mVGS ( s ) R3 
1
RD  R3 
sC3
s
  g m RD // R3  VGS ( s )
1
s
C3 RD  R3 

1 RS
Z S ( s )  RS // 
sC 2 1  sRS C 2
VS  g mVGS Z S  g mVG Z S  g mVS Z S
1
s
C3 1 RS C 2
VGS  VG  VG
1  gm Z S 1
s
C 2 RS // 1 / g m 

C2 RG RG s
VG  VI  VI
1 RG  RI s  1
RG  RI 
sC1 C1 RG  RI 
Esempio: risposta completa in bassa-f di un CS

V (s)
A s   o 
A
mid
s2 s  
Z1
 
v V (s) s  
i P1
s 
P2

s 
P3
A
mid L 
F (s)

C3 R
G
A   g (R R )
mid m 3 D R R
G I

F (s) 

s 2 s  ( 1/C R )
2 S

C2 L  
 1  1  1 
s   s   s  
 C (R  R )     C (R  R ) 
 1 I G  C ( 1/g ) R   3 D 3 
 2  m S 



 1
 41rad/s
f Z 1  12.24Hz
 
 C (R  R )

 0  1 I G f P1  6.52Hz
  1
z  
 1
0 p  

 C (1/ g ) R
 2 m S 
 95.9rad/s
f P 2  15.26 Hz
  76.9rad/s 
C R
 2 S


1
 200rad/s f P 3  31.83Hz
  C (R  R )
2 D 3

Amid  5.05
Esempio: risposta completa in bassa-f di un CS

A s  
A
mid
s2 s  
Z1
 
v s  
P1
s 
P2
s 
P3
 


1


 41rad/s
 C (R  R ) 
 1 I G 
 1  0
p  

 C (1/ g ) R
 2

m S 95.9rad/s 
z  
 1
0
 1   76.9rad/s
  200rad/s C R
 C (R  R )  2 S
 2 D 3 

• ogni condensatore indipendente nel circuito contribuisce con un polo, la costante di


tempo è pari al prodotto capacità x resistenza vista

• i condensatori in serie C1 e C3 forniscono i due zeri a s=0 (DC), che bloccano la


propagazione della componente continua nell’amplificatore

• il terzo zero è legato alla condizione ZS=∞ che annulla la corrente e quindi la tensione
di uscita
Esempio: risposta completa in bassa-f di un CS
Bode Diagram
20

10

-10
Magnitude (dB)

-20

-30

-40

-50

-60
matlab code:
-70 bode(-5.05*[1 76.9 0 0],[1 336.9 31311.9 786380])
-80
360

315
Phase (deg)

270

225

180
0 1 2 3 4
10 10 10 10 10
Frequency (rad/sec)

f Z 1  12.24Hz
s ( s  76.9)
2 f P 3  31.83Hz
Av ( s )  5.05 f P1  6.52Hz
( s  41)( s  95.9)( s  200) Amid  5.05  14.1dB
f P 2  15.26 Hz
Metodo delle costanti di tempo

• il calcolo della risposta in frequenza complessiva è spesso complicata


(sopratutto in alta frequenza)
• spesso si è interessati solo alle proprietà a centro banda e a conoscere i limiti
di banda (fL, fH)
• i metodi delle costanti di tempo in “corto-circuito” e “circuito-aperto”
permettono di stimare fL e fH senza calcolare la risposta complessiva
Metodo delle costanti di tempo in cortocircuito

progetto delle capacità di accoppiamento/bypass


1. si supponga che, nella banda di interesse, tutte le C di alta-f
siano circuiti-aperti e si consideri la generica capacità Ci di
bassa-f della rete
Ci
ZVCi 2. ipotizziamo che tutte le altre C siano di valore così grande che
possano essere considerati cortocircuiti nella banda di interesse
 ZVCi=RVCi puramente reale

3. affinchè anche Ci possa essere considerato un cortocircuito in


tale banda, è necessario che
1 1 1 1
 RVCi  di interesse   RVCi  Ci   Ci 
C i 10 L Ci 10 L RVCi  L RVCi

4. si ripete la 3 per ogni Ci in modo che sia


verificata la 2
Metodo delle costanti di tempo in cortocircuito

stima della frequenza di taglio inferiore

Ci •sotto le condizioni precedenti la fL può essere stimata


ZVCi come
n
1 1
fL 
2p
R
1 Ci
VCi

•tipicamente si progetta a polo dominante (1, 2 << L )


Metodo delle costanti di tempo a circuito aperto

stima della frequenza di taglio superiore


1. si supponga che, nella banda di interesse, tutte le C di bassa-f
siano corto-circuiti e si consideri la generica capacità Ci di alta-
Ci f della rete
ZVCi 2. ipotizziamo che tutte le altre C di alta-f siano di valore così
piccolo che possano essere considerati circuiti aperti nella
banda di interesse  ZVCi=RVCi puramente reale

3. affinchè anche Ci possa essere considerato un circuito aperto in


tale banda, è necessario che
1 1 1
 RVCi  di interesse   RVCi   RVCi
C i  H / 10 Ci  H Ci

4. in questo caso la frequenza di taglio superiore


(fH) può essere stimata come
1
fH  n
2p  RVCi Ci
1
Esempio: amplificatore CE
Problema: determinare il guadagno AV a centro banda e i limiti di banda per l’amplificatore
riportato in figura. Simulare con SPICE. DATI: RI=1kW, R1=10kW, R2=30kW, RC=4.3kW,
RE=1.3kW, RL=100kW, VCC=12V, CAB=1F, CAC=0.1F, CE=10F, CL=10pF,
Q: F(BF)=100, VBE,ON=0.7V, fjbc(VJC)=0.75V, C0(CJC)=1pF, rx(RB)=250W, tF(TF)=0.3ns,
MJC=0.5

analisi DC:
IC=1.6mA,VCE=3V VCB=2.3V

CL: capacità (di alta-f) parassita di RL


e/o della linea di interconnessione
Esempio: amplificatore CE
g m  I C / V T  61 . 8 mA/V  0   F  100
0 V A  V CE
rp   1 . 62 k Ω ro   modello AC
gm IC
C0
C   0 . 5 pF C p  g m F  19 pF
V CB
1
f jc
rp
rp'  rp  rx  1 . 87 k Ω g m'  g m  53 . 5 mA/V
rp  rx
gm
fT   504 MHz
2 p C p  C  

analisi a centro banda


RiB  rp'  1.87 kΩ RB  R1 // R2  7.5kΩ
Rin  RB // RiB  1.5kΩ
RC*  RC // R L  4.1kΩ
Rin
Av ,mid   g m' RC*  132 (42.4dB)
Rin  RI
Esempio: amplificatore CE
analisi a bassa frequenza

RC AB  RI  Rin  2.5kΩ
1
RC E  RE // RiE  RE // '
 18.4Ω
RiC RO
CAC
gm
X X

RC RL
metodo delle costanti di
RI RB tempo in corto-circuito
1  1 1 1 
fL       911Hz
RC AC  RC  RL  104.3kΩ 2p  RC C AB RC C AC RC C E
 AB AC E


Esempio: amplificatore CE
analisi ad alta frequenza resistenza vista da Cp (C e CL aperti)

RCp  rp 0 RC*
RC*

RCp  rp 0  rp // rx  RB // RI   656W


resistenza vista da CL (Cp e C aperti)

resistenza vista da C (Cp e CL aperti)


RC* RC  RC*  4.1kΩ
L

RC*

metodo delle costanti di


v x  v  (ix  g m v ) RC* v  ix rp 0
tempo in circuito-aperto
vx  RC* 
fH 
1
 1.14MHz RC   rp 0 1  g m RC 
*

 
2p RCp Cp  RC C   RC L C L ix  rp 0 
Esempio: amplificatore CE
amplificatore emettitore comune
VCC 1 0 12
R1 2 0 10k
R2 1 2 30k
RC 1 3 4.3k
RE 4 0 1.3k
CAB 6 2 2u
CAC 3 5 0.1u
CE 4 0 10u
Q1 3 2 4 bjtmodel
.model bjtmodel NPN BF=100 RB=250
+CJC=1p MJC=0.5 TF=0.3n
RI 6 7 1k
RL 5 0 100k
CL 5 0 10p
VI 7 0 AC 1
.OP
.AC DEC 100 10 1e8
.PROBE
.END
Esempio: amplificatore CE
Problema: determinare i valori delle capacità
di bassa-f per aumentare la fL a 10 kHz

1
RC E  RE // RiE  RE //  18.4Ω
RC AB  RI  Rin  2.5kΩ g m'
Progetto a polo dominante:: fissiamo la
RiC RO costante di tempo di CE in corrispondenza di
CAC fL e quelle delle altre C a fL/10 (per avere CE
X X
non troppo alta)
RC RL 1 1
CE   865nF C AB  10  63.6nF
RB 2pf L RCE 2pf L RC AB
RI
1
C AC  10  1.5nF
2pf L RC AC

RC AC  RC  RL  104.3kΩ fL 
1
2p

 1

1

1
 RC C AB RC C AC RC C E
 1
 1
 2p RC C E
 10kHz
 AB AC E  E
Esempio: amplificatore CE
amplificatore emettitore comune
VCC 1 0 12
R1 2 0 10k
R2 1 2 30k
RC 1 3 4.3k
RE 4 0 1.3k
CAB 6 2 63.6nF
CAC 3 5 1.5nF
CE 4 0 865n
Q1 3 2 4 bjtmodel
.model bjtmodel NPN BF=100 RB=250
+CJC=1p MJC=0.5 TF=0.3n
RI 6 7 1k
RL 5 0 100k
CL 5 0 10p
VI 7 0 AC 1
.OP
.AC DEC 100 10 1e8
.PROBE
.END

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