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APPUNTI DI TEOLOGIA NOTIZIARIO DEL CENTRO PATTARO DI VENEZIA PALAZZO BELLAVITIS EVENTI CAMPO SAN MAURIZIO. SAN MARCO 2760 30124 VENEZIA - TELEFONO 041/5238673 Notiziariotrimestrale -Anno XXII -n. | - Gennaio-Marzo 2009 - Sped. in AP art. comma 20/c legge 662/96 - Fil le di Venezia it PAPA LUCIANI NEL RICORDO DI DON GERMANO (2: parte) La pubblicazione, nel precedente numero di “Appunti di Teologia”, della prima parte di wn capitolo del libro I. ‘mio cuore & ancora a Venezia. Albino Luciani di Camil- lo Bassotto, capitolo dedicato a un incontro tra Papa Giovanni Paolo I e don Germano Pattaro, ha suscitato perplessita ¢ critiche, anche severe, da parte di alcuni lettori, amici del Centro. Consistent riserve e dubbi erano, del resto, gid emersi in sede di Redazione ed erano stati ‘oggetto di un attento esame e dibattito: a cominciare datla non-credibilita di una stesura cosi ampia e dettagliata, raticamente stenografica, di un colloquio del quale pro- babilmente don Germano riferi a Bassotto soltanto qualche frase; per continuare con la diffcolt, in qualche momento ‘insormontabile, di sceverare nel testo le parole pronunciate dal Papa, le idee espresse da don Germano ¢ le osserva- zrioni aggiuntive di Bassotto: ancora, con la scarsa~ al limite, in nulla ~ verosimiglianza di alcune affermazioni attribuite al, Papa in merito ai suoi rapporti passati con don Germano e alle sue precedenti prese di posizione in ‘materia di dottrina, che rispeechiano piuttosto speranze di don Germano e di Bassotto: e con l'evidente - anche se non segnalato neppure ortograficamente - arricchimento del dialogo con parole di Papa Luciani tratte da suoi precedenti scrtti e discorsi, fors’anche dai collogui che Bassotto aveva avuto con Luciani patriarca, con il quale era stato in lunga e assidua confidenca. Un preciso cenno a queste perplessita e riserve era del resto gid comparso su “Appunti di Teologia”, nel numero 3 del 2003, nel testo in memoriam di Camillo Bassotto, da me firmato, nel quale annotavo criticamente sia Vat- tribuzione dell’ "io narrante” a Luciani, sia il metodo non filologico nell'utilizzo di testimonianze e di fonti ricordando peré che “quello che muoveva Bassotto non era il rigore dello storico ma la passione del credente” (forse, sarebbe stato pte esatto dire “del devoto"). Le stesse riserve - ¢ le stesse parole - che avevo usato, nel 1990, per la recensione sul “Gazzettino” e che Bassotto aveva condiviso, nella conferenza di presentazione pubblica del libro, Del resto, I'uso dell’ “io narrante” - che Bassotto stesso si era sentito in dovere di giustificare nella pre- ‘mesa, quale “un modo vivo e parlante di sentire Luciani presente come l'abbiamo canosciuto" - si era Spinto, ne l mio cuore & ancora a Venezia, fino allo sconcertante (e inopportuno) dialogo tra it Signore Gesis e il Papa ‘morente: un testo di fantasia che da solo bastava per incrinare la credibilits del libro e mettere in dubbio ta veridicitd anche di molte altre pagine, ma che rivelava in filigrana la profonda familiarita che Bassotto aveva avuto con il patriarca Luciani, spinta fino a una consonanza del sentire, tanto da potersi azzardare a identificarsi con lui e a interpretarne il pensiero, Grande familiarita, del resto, Bassotto ebbe anche con don Germano, fin dai giorni assai lontani degli albori det Cinit - Cineforum Italiano, nell'immediato dopoguerra e ‘poi per tutti lunghi anni dell'impegno nell’‘Azione Catto- lica e nella politica. Ed é stata questa duplice familiarta, con tutta evidenca, a portare Bassowto ad ampliare e ad arricchire, anche in modo esagerato, il nucleo originario = certamente assai scarno ma altrettanto certamente pre- ciso - del ricordo di quella udienza, confidatogli da don Germano, anch’egli, del resto, come Bassotto, narratore vivace, entusiasta e “creative”, capace cio’ di adeguare i raccom alle attese dell'ascoltatore. Furono queste riserve e questi dubbi che, all’epoca, por- tarono il nostro “Notiziario” a non dar nemmeno cenno del libro: e questo, benché Camillo Bassotto fosse quoti- dianamente presente net Centro, in una stanza del quale aveva insediato I'Uffcio del Cinit, e garantisse al Centro, oltre che una memoria vissuta dell'amico don Germano, € il dono di un saluto, di un ricordo, di una confidenza, anche un sostegno financiario. Passati rapidamente i giorni della pubblicazione de 1! mio cuore & ancora a Venezia ~ che peraliro ebbe anche vari consensi ¢ non soltanto critiche e polemiche, sia detto a onor del vero - su di esso (€ quindi anche sulle pagine dedicate a don Germano), calé presto Voblio, E nell oblio i libro sarebbe ancora rimasto, anche per il Centro Pattaro e per “Appunti” - rnessuno di noi, nemmeno in occasione delle iniziative per il ventennale della morte di don Germano, ha pensato di riproporne queste pagine - se proprio questa testimonianza su Luciani non fosse stata citata e segnalata da due fonti assai autorevoli ¢ in contesti di grande importanza, come abbiamo ricordato nel numero precedente. Sono state proprio queste due autorevoli voci che hanno Portato la Direzione e la Redazione di “Appunti di Teologia’ 4 prendere - 0 a riprendere - in mano il libro di Bassotto, a leggere - 0 a rileggere - le pagine su don Germano, ¢ 4 decidere la pubblicazione di quel testo, nel trentennale della morte di Giovanni Paolo 1, “come uno spunto di riflessione sulla figura di Papa Luciani e sulle suggestioni conservate da don Germano”, avvertendo che esse erano ritoccate ed arricchite dalla penna del curatore” ma ‘pur capaci di rivelare “la profonda sensibilita ecclesiale di don Germano", come & scritto nella introdutiva nota rredazionale del numero precedente. Nonostante il supporto che ci poteva essere dato dalle autorevoli citazioni sopra ricordate, proprio per le riserve che ci venivano invece da una autonoma accurata lettura, non abbiamo dato al testo alcun valore di documento storico. Rimane comungue il fatto cche I'incontro ebbe certamente logo, che don Germano ne {fit emozionato e commosso (come hanno testimoniato degli ‘amici che lo incontrarono poche ore dopo) ¢ ne conservé evidentemente un ricordo positive e grato, che pitt tardi confidd anche ad altri, olire che a Bassotio. Ho conosciuto e frequentato tutti i tre protagonist, it atriarca Luciani, don Germano, Camillo Bassotto: anche per questo, in sede di valutazione redazionale ho insistto perché fossero attentamente valutatipregie limit di queste ppagine, € ho infine condiviso la scelta di pubblicarle e la stesura della nota introduttiva che ne spiegava i motivie indicava la chiave di lettura. Esprimo rammarico e chiedo sseusa se quella nota non é stata per tutti suficientemente chiara. Sono certo che questo edivoriale, che firmo in prima persona, nella pienezza del mio ruolo di direttore responsabile, anche se é condiviso dalla Redazione, abbia defnitivamente spiegato il senso della nostra iniziaiva “Appunti di Teologia" propone percid oggi la seconda arte del testo, con serena coscienza, Anche se queste Pagine sono frutio di quel genere letterario apologeti- 0, che va sotto il nome di “fiorett”, e vanno percid ampiamente sfoltite dagli arriechimenti dell autore, esse conservano net profondo il ricordo di un inconiro tra due persone centrali nella vicenda dela Chiesa veneziana del secondo Novecento, ¢ rivelano comungue la “passione” di don Germano per la Chiesa. Sono certo che i letori Sapranno cogliere queste suggestioni. Leopoldo Pietragnoli [1 Con il patriarca Luciani e oggi con il Papa ho avuto ccasione di parlare tante volte del Concilio e dell’ecume- nismo. I! Santo Padre mi confidava: Tu ne sei testimone. Il Concilio non aveva rotto gli argini, come si diceva e come si va dicendo anche oggi da menti sprovvedute Non era stato la causa del disgregarsi di idee e di valor, 4i regole, tradizioni e costumi fino allora validi e intoc- cabili. I! Concilio arriva per volere di Dio in un mondo in rapidissima trasformazione culturale, sociale e religio- sa. Un mondo dove le nuove tecnologie, la scienza e i massmedia stavano cambiando radicalmente l'uoro ¢ la societa. Nascevano nuove esigenze, mutavano rapidamente i modi di pensare, di apprendere, di parlare e di scrivere; ‘mutava sopratttto il costume e il senso religioso della vita e dell'uomo, Nascevano nuove occasioni di incontro tra uomo e uomo, tra popolo ¢ popolo in ogni parte della terra. Le arti e specialmente le scienze offrono campi sconfinati alle esperienze dell’uomo. Siamo passati dalla tavola pitagorica al computer. Siamo affascinati dall’in- finitamente piccolo, I'atomo, ¢ dall’infinitamente grande, la natura delle stelle e delle galassie Oggi la Chiesa e i ctistiani sono chiamati a dare delle risposte chiare davanti al progresso scientifico che coinvol- ge in modo inaspettato, ¢ a volte sconvolgente, i principi ‘morali dell"etica cristiana. Davant alla contraccezione, alla sterlizzazione di masse di uomini, davanti al crescere di quella prassi chiamata ingegneria genetica, che sfiora in vitro la costruzione di mostri umani, davanti alla eutana- sia, davanti a tutti fatti che toccano I'essenza della vita nell’uomo e nella natura, noi non possiamo tacere. Sulla rapida, crescente evoluzione della cultura, del co- stume, della tecnica ¢ della scienza, il Concilio arrivava come una illuminazione, una presa di coscienza su un mondo e una societa che si stavano aprendo alle forme pitt abbaglianti di un secolarismo che sconfinava in un raffinato paganesimo, Eravamo in ritardo sulla modernita, del linguaggio religioso, sui metodi di insegnamento, sulla qualita della cultura e della formazione religiosa e pastorale da dare ai preti, ai fanciulli, ai giovani, all'uomo € alla donna ¢ alla famiglia, impegnati nelle sfide che provengono dal pensiero moderno. Basta. II discorso ci porta lontano, torniamo a noi, @ te, don Germano. II mio elogio, la mia testimonianza per te, & 4qui, ora, Starai al mio fianco. Voglio ora confidarti alcuni pensieri che mi stanno molto a cuore. Se Cristo Signore mi dara vita, se avré la forza, la giusta luce e i giusti consensi, ho in mente di convocare una rappresentanza di vescovi di tutto il mondo per un atto di penitenza, di umilta, di riparazione, di pace ¢ di amore della Chiesa universale, da ripetersi ogni anno dal Papa e dai Vescovi nelle chiese local, il venerdi santo. Noi eristiani abbiamo peccato contro gli ebrei nostri frateli in Dio ¢ in Abramo; calunniati per secoli. Gli ebrei non hanno un nome. L’accusa ¢ teologicamente infondata e moralmente ingiusta, La morte di Cristo, che era nei disegni di Dio Padre, & tun mistero di infinita misericordia e di immenso amore verso I'uomo caduto nel peceato. Sul piano di Dio, Gesii ha chiesto al Padre: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Le 23,24). Pietro disse agli ebrei “Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza come i vostri capi” (At 3,17). Cristo Gest, Maria sua madre, Giuseppe suo padre, gli apostoli e i discepoli, le prime comunita cristiane, formate da ebrei, discendono {uti dall’ebraismo. L’Antico Testamento é il fondamento comune, la radice teologica e storica dell'ebraismo e del cristianesimo, Senza Antico Testamento la Chiesa perde la sua identita e immagine di se stessa. Dio in Gest Cristo hha voluto nascere ebteo. Gli ebrei sono il popolo della promessa, Israele é il testimone nei secoli della fedelta e della veritt di Dio nel mondo. San Paolo lo dice: “Dio non ha ripudiato o dimenticato il suo popolo. Stende su i esso Ia sua mano protetrice e alla fine salvera tutto Israele” (Rom 11,26). Nella dichiarazione conciliare Nostra aerate (n. 4) si leg- ‘ge: “Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento 2 spiritualmente legato alla stirpe di Abramo. La Chiesa i Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede ¢ della sua elezione si trovano gia, secondo il mistero della salvezza, nei patriarchi, in Mosé e nei profeti”. San Paolo rinforza quella dichiarazione dove dice: “E se appartenete a Cristo, allora siete seme di Abramo, eredi secondo la promessa” (Gal 3,29). La Chiesa peccatrice sono i eristiani, i preti i vescovi, i papi che hanno operato ¢ operano nelle istituzioni della Chiesa. Siamo tenuti a pregare Dio perché ci venga ri- ‘messo questo peccato. La Chiesa pellegrina nella storia ha bisogno di perdono. La confessione delle proprie colpe @ un modo autentico di restare fedeli a Dio e dargli lode esaltando la sua misericordia. In nome di Gesti dobbiamo fare pace per sempre con gli ebrei. La strada del dialogo ebraico-cristiano ha gia fatto molti passi, Ci sono ancora tante ombre sedimentatesi nei secoli. Ovcorre trasparenza 4i intenzioni, chiatezza di idee, umilta e buona volonté di ‘continuare, Ci sono voluti i campi di sterminio nazisti per ridestare la coscienza dell'umanita € dei cristiani verso ali ebrei, L’olocausto & anche un fatto religioso. Gli ebrei sono stati uccisi anche per la loro religione. I pensiero e Iatteggiamento della Chiesa sono profon- damente cambiati nei riguardi degli ebrei, Noi dobbiamo illuminare i cristiani e spronare preti e vescovi a parlare chiaramente e apertamente. Noi cristiani abbiamo anco- ra molto da imparare dai fatti ¢ dalla storia del popolo ebreo, Dobbiamo togliere al venerdi santo il significato di memoria contro gli ebrei, che durd per quasi duemila anni. Papa Giovanni lo ha gi fatto, ma occorre fare di pi, Non dimentichiamo che queste due parole “'venerdi santo” suonano ancor oggi nella mente dei veechi ebrei, sparsi nel mondo, come un triste ricordo, a volte tragico, per i fatti che in quel giorno accadevano contro le loro comunita. Deve essere giorno di pace e di fratellanza, di penitenza e di silenzio in cui tuti gli uomini sono chiamati inita misericordia di Dio. [...] siero che abbiamo tenuto per secoli verso i fratelli delle Chiese cristiane. Noi non abbiamo cercato in un tempo pit lontano, con maggiore tenacia ¢ carita, lungimiranza e fiduefa e umilta la via del’ unita, senza nulla togliere all’essenza, alle radici e al patrimonio della nostra fede. Gesit ci dice: “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri come io vi ho mato”. Noi non ci siamo amati gli uni gli altri. Per secoli ci siamo ignorati e combattuti. Tutte le Chiese cristiane, noi compresi, hanno peceato contro l'amore € contro il comando di Cristo. Voglio dirti un altro mio pensiero, ‘maturato fin dai miei primi viaggi in Africa e nelle Ame- riche latine. Noi cristiani in alcuni momenti della storia siamo stati tolleranti di fronte ai massacri degli indios, al razzismo e alle deportazioni dei popoli afticani. Si dice che furono 50 milion’ i neri portati a forza come schiavi dall’Africa nelle Americhe. Ci sono stati anche allora uomini coraggiosi che hanno gridato allo scandalo e al delitto, Ne conosco uno, il domenicano Las Casas, il padre degli indios dell’ Amazzonia, profeta inascoltato € perseguitato. Le sue denunce di genocidio di quei po- poli non furono fatte propric dalle comunita cristiane del tempo, che non si mossero per difendere quelle genti ‘Con Davide diremo al Signore: “Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto: Confesserd al Signore le mie colpe ¢ Tu hai rimesso la malizia del mio peccato” (Sal 31). Confessare le colpe storiche della Chiesa & segno di umilta e di verita, & se- no di speranza in un futuro migliore. Da duemila anni Tunica misura per i cristiani & ['amore, & il Vangelo di Cristo Signore. Si dice, non si pud giudicare i fatti di allora con la sensibilita di oggi. Non & un problema di sensibilita, @ un fatto di verité. La Chiesa é la coscienza critica di oggi come di ieri. La Chiesa deve ritrovare la sua forza profetica, il suo si e il suo no evangelico, alla luce del sole, davanti a tutti ‘A contatto con le genti afficane e americane ho visto € hho imparato che la teologia non pu fermarsi ad esplorare solo i mondi misteriosi e prodigiosi dell’Essere Dio, ma deve scendere, secondo il comando evangelico, accanto all’uomo e alla donna di ogni terra, lingua e raza. Avevo fame, avevo sete, ero infermo. Oggi Cristo i dice: Sono un nero dell’A rica, un indio del Brasile, un peone messicano, tun profugo perseguitato dalla Cambogia e dal Vietnam, tun intoccabile dell’India, sono un bimbo africano che ruore di fame, sono un nero del Sud Africa perseguitato € torturato da 400 anni, sono un palestinese cacciato a forza dalla sua terra, sono un figlio de! Libano che non ha pid casa, pit figli, pid patria. Don Germano interviene: Santo Padre, gli indios delle Americhe e altri popoli africani sono torturat discriminati anche oggi nelle terre dei loro padri, special- ‘mente in Sud Africa, dove una minoranza di Boeri bianchi tiene in schiaviti da secoli, umiliato e oppresso un intero popolo di milioni di neri, privati da sempre dei sacri diritti della liberta, del possesso della terra, totalmente esclusi dalla scuola, dalla cultura, dalla religione e dall’economia. In quel paese l'apartheid & legge dello Stato. Tutte le leggi di questo paese sono studiate per ridurre e comprimere i neti nel ghetto. 1! razzismo, dichiarato e comandato, & la colpa pit vile e pit obbrobriosa di un popolo. 1 Boeri

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