Sei sulla pagina 1di 25

La guerra gotica (535-553), detta anche guerra greco-gotica, fu un lungo conflitto

che contrappose l'Impero bizantino agli Ostrogoti nella contesa di parte dei
territori che fino al secolo precedente erano parte dell'Impero romano d'Occidente.
La guerra fu il risultato della politica dell'imperatore bizantino Giustiniano I,
gi� messa in atto precedentemente con la riconquista dell'Africa contro i Vandali,
mirante a riconquistare all'impero le province italiane e altre regioni limitrofe
conquistate da Odoacre alcuni decenni prima e a quel momento dominate dagli
Ostrogoti (Goti orientali) di Teodorico il Grande.

Il conflitto ebbe inizio nel 535 con lo sbarco in Sicilia di un esercito bizantino
guidato dal generale Belisario. Risalendo la penisola le forze di Belisario
sconfissero le truppe gote dei re Teodato prima e Vitige poi, riconquistando molte
importanti citt� tra cui le stesse Roma e Ravenna. L'ascesa al trono goto di Totila
ed il richiamo di Belisario a Costantinopoli portarono alla riconquista da parte
dei Goti di molte delle posizioni perdute. Solo con l'arrivo di una nuova armata
sotto il generale Narsete le forze imperiali poterono riprendersi, e dopo la morte
in battaglia di Totila e del suo successore Teia la guerra si concluse nel 553 con
una completa vittoria per i Bizantini.

La lunga guerra provoc� vaste distruzioni alla penisola, spopolando le citt� ed


impoverendo le popolazioni, ulteriormente flagellate da un'epidemia di peste e da
una carestia; l'occupazione dell'Italia da parte dei bizantini si rivel� effimera
visto che gi� dal 568 le forze dei Longobardi iniziarono a calare nella penisola,
occupandone vasti tratti anche grazie alla debolezza dei difensori.

Indice
1 Contesto storico
2 Forze in campo
2.1 Impero romano d'Oriente
2.2 Regno ostrogoto
3 Fasi della guerra
3.1 Conquista della Sicilia e della Dalmazia (535-536)
3.2 Presa di Napoli e Roma (536-537)
3.3 Assedio di Roma (537-538)
3.4 Distruzione di Milano e conquista di Ravenna
3.5 Ascesa di Totila
3.6 Il fallimento della controffensiva di Belisario
3.7 Presa di Roma
3.8 Campagne di Narsete e vittoria bizantina
3.8.1 551: preparativi di Narsete e tentativi di negoziazione
3.8.2 552: campagne di Narsete e uccisione di Totila e Teia
3.9 L'invasione franco-alemanna
3.9.1 553: l'assedio di Cuma e l'invasione di Butilino e Leutari
3.9.2 554: la battaglia del Volturno e la sconfitta di Butilino
3.9.3 555-562: le ultime sacche di resistenza
4 Conseguenze
4.1 Reazioni immediate
4.2 Impatto nella storia
4.2.1 Decadenza dell'Italia
4.2.2 Conquista effimera: l'invasione longobarda e la perdita dell'unione politica
5 Fonti storiografiche
6 Influenze sulla letteratura e sulle arti
7 Note
8 Bibliografia
8.1 Fonti primarie
8.2 Studi
9 Voci correlate
10 Altri progetti
11 Collegamenti esterni
Contesto storico
Nel 476 Odoacre, il generale delle truppe mercenarie barbariche dell'esercito
romano d'Occidente in Italia, depose l'ultimo imperatore romano d'Occidente, Romolo
Augustolo, assumendo il governo dell'Italia nominalmente sotto l'autorit�
dell'Imperatore d'Oriente Zenone ma di fatto governando autonomamente; durante il
suo regno Odoacre difese con successo l'Italia dai Visigoti e dai Vandali,
recuperando la Sicilia. Contrasti con Zenone convinsero tuttavia quest'ultimo a
spingere il re degli Ostrogoti Teodorico, che stava devastando le province
balcaniche dell'Impero, a invadere l'Italia e porre fine al regime di Odoacre. Nel
489 Teodorico invase l'Italia con circa 100.000-125.000 goti di cui 25.000
guerrieri e, dopo una guerra di cinque anni, conquist� interamente la penisola
rovesciando Odoacre. Il regno ostrogoto in Italia fu caratterizzato da molti
risultati positivi, come il ristabilimento di parte dell'antica prosperit�
dell'Italia e la conquista di vari territori dell'ex Impero romano d'Occidente,
come la Provenza, il Norico e la Pannonia. Il sistema statale tardo-romano non
venne abolito: le cariche civili (come i governatori civili delle province, i
vicari delle diocesi e il prefetto del pretorio) continuarono ad essere esercitate
da cittadini romani, sebbene la loro autonomia fosse limitata da un funzionario
goto detto "conte". Teodorico, nonostante fosse di fede ariana, come del resto il
suo popolo, si dimostr� tollerante nei confronti dei suoi sudditi romani e
cattolici.

Teodato (qui raffigurato in una moneta antica) depose la reggente ostrogota


Amalasunta, alleata di Giustiniano che ebbe cos� un pretesto per dichiarare guerra
al nuovo re ostrogoto.
Deceduto Teodorico (526), il trono fu ereditato dal nipote Atalarico sotto la
reggenza della madre Amalasunta. Nel frattempo (527) era asceso sul trono
dell'Impero romano d'Oriente un nuovo ambizioso imperatore, Giustiniano I, che
ambiva alla riconquista dei territori che un tempo appartenevano alla pars
occidentis. Conclusa una pace con la Persia (532), Giustiniano decise di
riconquistare l'Africa, finita in mano ai Vandali: la spedizione, affidata al
generale Belisario, si risolse con un successo e con l'annessione dell'Africa
vandalica all'Impero. Giustiniano strinse relazioni amichevoli con Amalasunta, la
cui reggenza era per� osteggiata da parte della nobilt� ostrogota, e quando ella
venne a conoscenza che era stata ordita una congiura per detronizzarla, prese in
considerazione anche la possibilit� di fuggire a Costantinopoli presso Giustiniano,
salvo poi ripensarci dopo essere riuscita a sventare il golpe. Nel frattempo il
giovane Atalarico si era gravemente ammalato e Amalasunta, consapevole di non
riuscire a conservare a lungo il potere dopo la morte del figlio a causa della
crescente opposizione al suo governo, intavol� trattative con Giustiniano per la
cessione dell'Italia all'Impero.[1] Nel frattempo, mentre le trattative erano
ancora in corso, Atalarico si spense in tenera et�, costringendo Amalasunta a
condividere il trono con il cugino Teodato (534),[2] il quale non tard� a mettersi
d'accordo con gli oppositori di Amalasunta e a organizzare un colpo di Stato con
cui rovesci� ed esili� Amalasunta sull'isola Martana del Lago di Bolsena;
quest'ultima venne poi strangolata per ordine di Teodato nel 535, si vocifer�
istigato dall'imperatrice Teodora per mezzo dell'ambasciatore bizantino Pietro;
secondo la Storia Segreta di Procopio, Teodora, nel timore che Giustiniano potesse
subire il fascino e l'influenza di Amalasunta e di essere dunque messa in ombra,
intendeva impedire che fosse liberata ed esiliata a Costantinopoli e per tale
motivo avrebbe istigato Teodato a farla uccidere.[1] Giustiniano, alleato di
Amalasunta, colse il pretesto per dichiarare guerra ai Goti.

Forze in campo
Impero romano d'Oriente
La forza iniziale che invase il regno ostrogoto nel 535 era costituita da soli
10.000 uomini (4.000 tra comitatensi e foederati, 3.000 isauri, 200 bulgari, 300
mauri e i bucellarii al servizio di Belisario). Durante l'assedio di Roma, tra il
537 e il 538, ulteriori rinforzi arrivarono in Italia, portando il totale teorico
dei soldati a disposizione di Belisario a circa 24.000 uomini, a cui per� deve
essere detratta la diserzione di 2.000 eruli che si erano rifiutati di servire i
Bizantini dopo il richiamo a Costantinopoli del loro leader Narsete.[3]

Nella seconda fase del conflitto, a partire dal richiamo di Belisario a


Costantinopoli, il numero di soldati bizantini in Italia si assottigli� sempre di
pi�, a causa delle perdite subite per opera del re goto Totila e delle massicce
diserzioni.[4] Al contrario, l'esercito goto era diventato molto numeroso,
crescendo dagli appena 1.000 soldati del 540 ai 15.000 del 552.[5] Nel 552
Giustiniano, constatando che la situazione in Italia era molto critica, diede il
comando della guerra a Narsete, affidandogli un esercito di circa 20.000-30.000
uomini, con il quale il generale pot� annientare dapprima l'esercito di Totila
(forte di 15.000 goti contro i 25.000 soldati bizantini) a Busta Gallorum, poi
quello di Teia sui monti Lattari, ponendo fine al regno dei Goti.

Per quanto riguarda la tattica adoperata, sotto il comando di Belisario i Bizantini


evitavano per quanto possibile lo scontro in campo aperto con il nemico, adoperando
soprattutto la guerriglia; inoltre assediavano e conquistavano sistematicamente
tutti i centri fortificati che incontravano sul loro cammino, per non correre il
rischio di lasciarsi alle spalle eserciti ostili in armi.[6] La conquista delle
citt� costiere di Ancona e Otranto fu essenziale per garantire il rifornimento
(tramite la flotta) all'esercito imperiale, ma i centri conquistati potevano essere
utilizzati anche per logorare l'esercito nemico assediante con piccole sortite
fuori le mura.[7]

La tattica del generale Narsete (utilizzata nel 552-553) era invece diversa,
privilegiando i grandi scontri campali alla guerriglia e all'assedio dei centri
fortificati.[8] Quando giunse in Italia, nel 552, and� subito a scontrarsi con
Totila in campo aperto senza assediare alcuna citt�; successivamente, dopo aver
recuperato Roma, combatt� un altro grande scontro campale con Teia, annientando
l'esercito goto. Solo dopo aver annientato l'esercito dei Goti in queste due
battaglie campali Narsete procedette ad assediare le citt� ancora in mano nemica
che rifiutavano la resa.

Regno ostrogoto
Il regno ostrogoto nel 537 poteva contare probabilmente su 30.000 soldati, stima
degli studiosi moderni che hanno ritenuto non credibile ed esagerata la cifra di
150.000 soldati fornita da Procopio.[3] A causa delle sconfitte subite, il numero
si assottigli� a circa 1.000 soldati nel 540.[4] L'ascesa di Totila e la discordia
tra i generali imperiali in seguito alla partenza di Belisario risollev� l'esercito
goto, che gi� nel 542 poteva contare su 5.000 soldati.[4] A causa della politica di
affrancamento dei servi (che poi venivano arruolati nell'esercito goto) attuata da
Totila e dell'accoglimento dei disertori imperiali, l'esercito ostrogoto si
accrebbe di molto, fino a raggiungere i 15.000 soldati nel 552.[5] Le sconfitte
inflitte da Narsete nel 552 portarono tuttavia alla rapida disgregazione
dell'esercito goto. Si ignora il vero numero delle armate franco-alemanne che nel
553-554 invasero la Penisola accorrendo in soccorso delle ultime sacche di
resistenza ostrogota: Agazia riporta la non attendibile cifra di 75.000 guerrieri,
troppo elevata per essere reputata credibile.[9]

L'esercito goto era costituito prevalentemente da cavalieri, anche se esistevano


alcuni reggimenti di fanteria. La loro cavalleria era corazzata e usava come armi
da combattimento spada e lancia.[10] L'esercito goto era relativamente inferiore a
quello bizantino, soprattutto per quanto riguarda la flotta e le tattiche negli
assedi. Nella prima fase del conflitto i Goti mostrarono pi� volte di non
padroneggiare appieno le macchine e le tattiche di assedio, errori che spesso
risultarono in insuccessi e in perdite consistenti. Nonostante l'iniziale
superiorit� numerica dei Goti sui Bizantini, l'uso sapiente dei centri fortificati
da parte di questi ultimi, oltre alla loro abilit� nello scagliare frecce da
cavallo, permise loro di logorare le forze assedianti gotiche, che subivano perdite
consistenti negli assalti e in piccoli scontri fuori le mura.[11] Per quanto
riguarda la flotta, quella ostrogota era molto inferiore rispetto a quella
imperiale e nella prima fase del conflitto non pot� impedire a quest'ultima di
rifornire i soldati e le citt� assediate. Totila, quando ascese al trono nel 541,
comprese gli errori tattici dei suoi predecessori e cerc� di non ripeterli,
evitando per quanto possibile gli assalti alle mura e costringendo le citt� alla
resa per fame. Inoltre, una volta conquistata una citt�, ne abbatteva le mura, per
evitare di doverla assediare di nuovo se i Bizantini se ne fossero nuovamente
impadroniti e per costringere il nemico alla battaglia campale;[12] Inoltre,
compresa l'importanza della flotta (che i suoi predecessori avevano trascurato), la
potenzi� al punto che inizi� ad essere una seria minaccia per quella imperiale.[13]
La flotta ostrogota fu determinante negli assedi di Napoli e di Roma e nella
conquista ostrogota di Sicilia, Sardegna e Corsica, e inizi� persino a compiere
incursioni piratesche nell'Illirico e in Dalmazia, anche se si dimostr� ancora
inferiore a quella imperiale in una battaglia navale al largo di Senigallia, dove
sub� pesanti perdite.

Fasi della guerra

Rappresentazione di Belisario a Palazzo Beneventano del Bosco, a Siracusa.


Conquista della Sicilia e della Dalmazia (535-536)
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Presa di
Palermo (535).
Cogliendo come casus belli l'assassinio di Amalasunta (secondo uno schema gi�
collaudato contro i Vandali di Gelimero in Africa), nel 535 Giustiniano incaric� il
generale Belisario (console per quell'anno) di dirigere le operazioni contro i
Goti. Ancora una volta, Belisario ricevette pieni poteri, come conferma anche il
fatto che Procopio lo definisca strategos autokrator (che potrebbe essere tradotto
con "generalissimo").[1] Belisario salp� per l'Italia alla testa di 7.200 cavalieri
e di 3.000 fanti.[14][15] Belisario ricevette l'ordine da Giustiniano di fingere
che la propria flotta fosse in realt� diretta a Cartagine, ma, una volta giunto in
prossimit� della Sicilia, avrebbe dovuto simulare uno sbarco tecnico sull'isola;
una volta sbarcato, avrebbe dovuto tentare di conquistare l'isola e, in caso di
fallimento, reimbarcarsi per Cartagine.[15]

Il generale bizantino conquist� in breve tutta la Sicilia. In particolare, la


conquista di Palermo venne raggiunta grazie ad un'astuzia: le scialuppe vennero
issate con funi e carrucole fino alla cima degli alberi delle navi, e furono
stipate di arcieri, che da quella posizione dominante sovrastavano le mura della
citt�.[15][16] Entrato a Siracusa, Belisario, per celebrare il suo ultimo giorno da
console, distribu� medaglie d'oro alla plebe che, essendo scontenta della
dominazione gota, lo aveva accolto da liberatore.[15][17] Belisario svern� a
Siracusa, nel palazzo degli antichi re della citt�.[15][17]

Nel frattempo la Dalmazia fu invasa e conquistata da un'armata imperiale sotto il


comando del generale Mundo, ma i Goti contrattaccarono e in una schermaglia nei
pressi della capitale Salona ebbero la meglio uccidendo il generale bizantino
Maurizio, figlio di Mundo. Addolorato per la perdita del figlio, Mundo cerc� la
vendetta in battaglia, nella quale stava riportando la vittoria, al punto di
mettere in rotta i nemici, ma lanciandosi al loro inseguimento accecato dall'ira,
venne colpito da uno dei fuggiaschi e mor�. Cos� l'inseguimento ebbe fine ed
entrambi gli eserciti si ritirarono.[15]

Intanto, il Re dei Goti Teodato, temendo di seguire la stessa sorte di Gelimero,


accett� di cedere all'Impero d'Oriente la Sicilia, mostrandosi addirittura disposto
a cedere l'Italia intera ai Bizantini in cambio di una pensione di 1.200 libbre
d'oro.[18] Tuttavia la notizia del provvisorio successo della controffensiva
ostrogota in Dalmazia lo indusse a rivalutare tale scelta e a respingere gli
ambasciatori bizantini a lui inviati per concludere la pace. La guerra di
conseguenza continu�.[19][20]

Dopo la morte di Mundo, Giustiniano invi� il comes sacri stabuli Costanziano con un
esercito per recuperare il controllo di Salona e della Dalmazia: il nuovo generale
riusc� nell'intento sottomettendo anche la Liburnia (inverno 535/536).[20]

Presa di Napoli e Roma (536-537)


Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di
Napoli (536).

Prima fase delle guerre gotiche


Nel giugno 536 cominci� l'invasione bizantina della penisola italiana: Belisario
salp� da Messina e fece rotta verso Reggio Calabria, dove era pronto ad attenderlo
un esercito goto sotto il comando di Ebermore, il genero di Teodato; tuttavia
Ebermore non oppose resistenza e disert�.[21][22] Belisario si diresse verso
Napoli, non trovando quasi alcuna opposizione durante il suo tragitto: gli abitanti
della Calabria, scontenti del malgoverno goto, si arresero facilmente ai Bizantini,
adducendo come pretesto il cattivo stato delle mura.[21][22]

Durante l'assedio di Napoli, Belisario diede udienza ai deputati del popolo, che lo
esortarono a cercare il re goto, vincerlo, e dopo rivendicare come proprie Napoli e
le altre citt�, invece di perdere tempo ad assediarla.[23] Il discorso non convinse
Belisario che, sulla base della propria strategia militare, era ben deciso a
conquistare tutte le fortezze lungo il tragitto, per non lasciarsi eserciti ostili
alle spalle.[6] Dopo il fallimento delle negoziazioni, Belisario procedette ad
assediare la citt�, tagliando l'acquedotto; ma la citt�, dotata di buone mura,
resistette a numerosi assalti, in cui l'esercito di Belisario sub� perdite non
trascurabili. Dopo venti giorni di assedio, Belisario, impaziente di marciare
contro Roma, era sul punto di rinunciare alla presa di Napoli,[24] quando venne
informato da un suo soldato isaurico della possibilit� di aprirsi un passaggio per
entrare in citt� attraverso l'acquedotto; la notte successiva dunque 400 soldati
bizantini penetrarono in citt� attraverso l'acquedotto e aprirono le porte ai loro
compagni.[25] Nel conseguente saccheggio e massacro si distinsero per efferatezza
gli alleati Unni; Belisario, per�, riusc� a fermare la strage in corso, consentendo
ai suoi soldati di impadronirsi di tutto l'oro e l'argento della citt�, premio per
il loro valore, ma ordinando loro di risparmiare gli abitanti, che erano cristiani
come loro.[25] I napoletani uccisi prima che le parole di Belisario riuscissero a
fermare i soldati dovettero essere comunque molti, se si vuole prestare fede a una
tarda fonte che sostiene che, in seguito al sacco, la citt� dovette essere
ripopolata con persone provenienti dall'Africa, dalla Sicilia e dall'Italia
Meridionale.[26]

Nel frattempo i Goti di Roma e della provincia di Campania, delusi per l'inazione
di Teodato, lo detronizzarono e lo uccisero, eleggendo come suo successore Vitige,
un guerriero distintosi nelle campagne militari contro i Gepidi.[27] Il nuovo
sovrano si rec� nel Nord Italia per negoziare una pace con i Franchi ai quali
cedette la Provenza. Nel frattempo Belisario, dopo aver fatto fortificare Cuma e
Napoli,[28] si diresse verso Roma dove, nel dicembre 536, venne acclamato come un
liberatore, e gli furono aperte le porte nonostante la presenza della guarnigione
ostrogota in citt�.[29] Il Capitano della guarnigione gota, Leutari, venne inviato
a Costantinopoli per consegnare le chiavi della Citt� Eterna a Giustiniano.[29] La
liberazione di Roma dai Goti venne festeggiata con i Saturnalia, e ad essa fecero
subito seguito la sottomissione di citt� come Narni, Perugia e Spoleto.[30]

Assedio di Roma (537-538)


Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di
Roma (537-538).
Belisario era tuttavia consapevole che ben presto avrebbe dovuto subire la
controffensiva gota, condotta da re Vitige, volta a riconquistare la Citt� Eterna.
Il generale, una volta insediatosi nella Domus Pinciana, all'estremo nord di Roma,
diede subito l'ordine affinch� venissero rinforzate le fortificazioni della citt� e
prese provvedimenti affinch� l'Urbe fosse rifornita di grano dalla Sicilia. Nel
frattempo Vitige, con il grosso del proprio esercito (Procopio fornisce la cifra
iperbolica e inattendibile di 150.000 soldati, mentre in realt� probabilmente
disponeva solo di circa 30.000 uomini), si diresse verso Roma per stringerla
d'assedio.[31] Belisario richiam� allora i due generali inviati in Tuscia, Bessa e
Costantino, ordinando loro di evacuare tutte le fortezze di quella regione ad
eccezione di Narni, Spoleto e Perugia - essenziali per il controllo della Via
Flaminia - e di ritornare a Roma.

Belisario, inoltre, fece edificare un forte in corrispondenza del ponte Salario al


fine di rallentare l'avanzata di Vitige; ma la guarnigione di tale forte fugg�
all'arrivo del nemico e Belisario, ignaro di tutto, il giorno successivo,
dirigendosi verso il ponte, si imbatt� nell'esercito nemico; segu� uno scontro tra
cavallerie, da cui Belisario e le truppe al suo seguito, in netta inferiorit�
numerica, fuggirono, cercando di trovare riparo entro le mura di Roma; ma i soldati
a difesa delle mura non riconobbero il loro generale, anche perch� si era diffusa
la voce infondata della sua morte in battaglia, e non gli aprirono le porte.
Belisario allora, con le poche truppe a disposizione, caric� il nemico, che, nella
convinzione che fossero uscite nuove truppe dalla porta, batt� in ritirata; poco
tempo dopo Belisario fu riconosciuto e gli furono aperte le porte. Il generale
pass� tutta la notte successiva ad allestire le difese della citt�, in vista
dell'assedio nemico che sarebbe cominciato il giorno successivo.

I Goti, essendo in numero insufficiente a bloccare completamente la citt�, non


circondarono completamente l'intero circuito della citt�, ma costruirono sette
accampamenti, di cui uno sul lato occidentale del Tevere e gli altri sei a est del
fiume. Procedettero poi a tagliare i quattordici acquedotti che rifornivano la
citt� di acqua. Essendo in inferiorit� numerica (5.000 bizantini contro 30.000
goti), Belisario decise di attuare la sua tattica preferita, ovvero evitare di
affrontare per quanto possibile in uno scontro aperto il nemico ma piuttosto
rinserrarsi in una fortezza ben protetta e logorare il nemico assediante conducendo
azioni di guerriglia.[32] La tattica funzion� e nel 18� giorno di assedio un
assalto alle mura da parte dei Goti fu respinto infliggendo al nemico pesanti
perdite; da quel momento in poi i Goti non osarono pi� assaltare le mura,
preferendo piuttosto cercare di spingere il nemico alla resa per fame, bloccando i
rifornimenti alla citt� assediata con l'occupazione di Porto (il porto di Roma). La
superiorit� della flotta imperiale su quella gota permise comunque alla citt� di
ricevere comunque rinforzi e rifornimenti anche nei momenti peggiori.[32]

Durante l'assedio della citt� il popolo pat� la fame e la carestia per il


progressivo esaurirsi delle riserve di cibo; Belisario cerc� di fare quello che
pot� per soddisfare i bisogni dei Romani ma rigett� con disdegno la proposta di
capitolare al nemico.[33] Prese delle severe precauzioni per assicurarsi la fedelt�
dei suoi uomini: cambiava due volte al mese gli ufficiali posti a custodia delle
porte della citt�,[33] ed essi venivano sorvegliati da cani e da altre guardie per
prevenire un eventuale tradimento.[34][35] Quando venne intercettata una lettera
che assicurava al re dei Goti che la Porta Asinaria sarebbe stata segretamente
aperta alle sue truppe,[34] Belisario band� numerosi senatori e convoc� nel suo
ufficio (Palazzo Pinciano) papa Silverio e gli comunic� che per decreto imperiale
non era pi� Papa e che era stato condannato all'esilio in Oriente.[35][36] Al posto
di Silverio venne nominato papa Vigilio, che aveva comprato la nomina a Papa per
200 libbre d'oro.[36] Belisario, nel fare ci�, obbediva agli ordini
dell'imperatrice Teodora che voleva un Papa contrario alle tesi propugnate al
Concilio di Calcedonia.[36]
Belisario chiese urgentemente all'Imperatore nuovi rinforzi in quanto le truppe che
aveva non erano sufficienti per portare a termine la riconquista dell'Italia.[37]
[38] Giustiniano rispose alle richieste del suo generale inviando in Italia 1.600
mercenari tra slavi e unni, sotto il comando dei generali Martino e Valente; in
seguito vennero inviati anche 3.000 isauri e pi� di 2.000 cavalli[39], e tutti
questi rinforzi si riunirono a Roma. Sentendosi pi� sicuro, Belisario continu� ad
attuare la sua tattica di logoramento, inviando di volta in volta piccoli
reggimenti di arcieri a cavallo fuori le mura a combattere brevi scontri contro il
nemico, raccomandando loro di tenersi a distanza dal nemico usando solo frecce e di
tornare entro le mura non appena queste fossero finite. Grazie alla superiorit�
degli arcieri a cavallo bizantini, contro i quali i mal equipaggiati e appiedati
arcieri goti non potevano competere, i Bizantini uscirono complessivamente
vincitori nei 69 combattimenti svoltisi fuori le mura nel corso dell'assedio.[40]

I Goti, successivamente, bloccarono la via Appia e la via Latina nel tentativo di


impedire l'arrivo di rifornimenti alla citt� assediata. Nonostante i Romani,
oppressi dalla fame, pregassero il generale di affrontare i Goti in campo aperto
per porre fine all'assedio e, con esso, alle loro sofferenze, Belisario si mantenne
fermo nel suo proposito di non tentare azioni rischiose, conscio che ben presto
sarebbero giunti da Bisanzio nuovi rinforzi. Per risolvere il problema del cibo,
invi� il suo segretario Procopio a Napoli con l'incarico di procurarsi alimenti da
trasportare nella Citt� Eterna, missione che ebbe successo e non fu ostacolata dai
Goti. La mancata opposizione dei Goti fece comprendere a Belisario che anch'essi
erano esausti per il lungo assedio, per cui decise di adoperare una nuova tattica:
diede ad alcuni suoi soldati il compito di assalire i convogli dei Goti e prese
altre misure per fare in modo che �credessero di essere assediati non meno dei loro
nemici�.[41] Ben presto anche i Goti soffrirono la fame e furono colpiti da una
carestia. Nel frattempo ulteriori rinforzi raggiunsero Roma, ingrossando le file
dell'esercito di Belisario.

I Goti decisero di negoziare allora la pace, proponendo ai Bizantini la cessione


della Sicilia in cambio della fine delle ostilit�.[42] Belisario, pur rifiutando le
offerte dei Goti, permise ai loro ambasciatori di parlare con Giustiniano, che
concesse una tregua di tre mesi durata poi per tutto l'inverno.[43]

Durante la tregua, i Goti si comportarono in maniera sleale tentando invano di


penetrare con l'inganno nell'Urbe, dapprima attraverso un acquedotto,
successivamente con l'aiuto di traditori. Per rappresaglia Belisario ordin� al
generale Giovanni, nipote di Vitaliano, di conquistare il Piceno, provincia che
conteneva molte ricchezze e che era stata sguarnita dai Goti per tentare la presa
di Roma.[44][45] Belisario aveva raccomandato espressamente a Giovanni di
conquistare tutte le fortezze che incontrava per la via, in modo da non lasciarsi
eserciti ostili alle spalle, ma Giovanni non condivideva la tattica consueta di
Belisario, basata sulla guerra di posizione, e fece di fatto di testa sua: era
consapevole che se avesse conquistato con una rapida sortita la citt� di Rimini, a
solo un giorno di marcia dalla capitale ostrogota Ravenna, Vitige molto
probabilmente avrebbe levato l'assedio della Citt� Eterna, per non correre il
rischio che la propria capitale venisse conquistata dai Bizantini. Per tali motivi,
Giovanni marci� direttamente su Rimini e la espugn�, senza curarsi di sottomettere
tutte le fortezze lungo la via.[46] Vitige, venuto a conoscenza che Giovanni aveva
conquistato il Piceno e concentrato le sue ricchezze nelle mura di Rimini, decise
di togliere l'assedio a Roma. Dopo un anno e nove giorni di assedio, i Goti si
ritirarono dalle mura della Citt� Eterna.[44]

Distruzione di Milano e conquista di Ravenna


Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di
Milano (538-539) e Assedio di Ravenna (539-540).
Orecchini ostrogoti, Metropolitan Museum of Art, New York.
Durante l'assedio di Roma Belisario aveva ricevuto dei Romanici provenienti da
Milano che chiesero al generale di inviare truppe nella provincia di Liguria
(corrispondente grossomodo alla regio XI Transpadana) per strapparla ai Goti.[47]
Belisario accett� e durante la tregua di tre mesi invi� un contingente di un
migliaio di uomini a sottomettere la provincia: sbarcati a Genova, i Bizantini si
impadronirono in breve tempo dell'intera provincia, compresa Milano.[47] Vitige
tuttavia reag� prontamente mandando un esercito ad assediare Milano; ben presto
giunsero in sostegno dei Goti diecimila guerrieri burgundi inviati dal re dei
Franchi Teodeberto I, che decise prudentemente di non impiegare direttamente i
guerrieri del suo popolo nel conflitto dato che aveva stretto degli accordi con
Giustiniano.[47]

Vitige al contempo invi� un esercito ad assediare Rimini, che era stata conquistata
da Giovanni: errori di tattica impedirono tuttavia ai Goti di impadronirsi della
citt�, mentre ben presto, nell'estate del 538, sbarc� nel Piceno un nuovo esercito
imperiale di 7.000 uomini condotto dall'eunuco Narsete.[48] Questi and� subito in
attrito con Belisario: il generalissimo riteneva infatti prioritario espugnare
Osimo, mentre l'eunuco al contrario intendeva salvare dall'assedio goto l'amico e
generale Giovanni; alla fine Belisario cedette, e l'esercito bizantino marci� in
direzione di Rimini, che venne liberata dall'assedio goto.[49]

Dopo il salvataggio di Giovanni, Belisario decise di inviare un contingente per


liberare Milano, anch'essa assediata dai Goti. Tuttavia, nuovi contrasti con
Narsete gli impedirono di attuare questa decisione: infatti il generale eunuco
riteneva pi� opportuno dare la precedenza alla sottomissione dell'Emilia, in modo
da avvicinarsi alla capitale gota Ravenna. Nel tentativo di ricondurlo all'ordine,
Belisario gli mostr� una lettera di Giustiniano che confermava Belisario al comando
supremo dell'esercito:

�Non abbiamo spedito in Italia Narsete prefetto dell'erario coll'incarico di


capitanare l'esercito, essendo nostro volere che il solo Belisario regga e valgasi
di tutte le truppe siccome giudicher� della maggior convenienza. Voi tutti lo
dovete seguire cooperando ai vantaggi dell'Impero nostro.�

(Procopio di Cesarea, De Bello Gothico, II, 18.)


Narsete, tuttavia, prese a pretesto l'ultima frase della lettera per disobbedire a
Belisario ogniqualvolta riteneva che non stesse agendo a vantaggio dell'Impero.
Dunque il generale eunuco part� con i soldati a lui fedeli per l'Emilia, che venne
rapidamente conquistata, mentre Belisario assediava Osimo e Urbino.[49] La rivalit�
tra Belisario e Narsete ebbe quindi l'effetto di generare divisioni nell'esercito,
con una fazione dalla parte di Belisario e un'altra dalla parte di Narsete,
rendendo pi� difficoltosa la conquista dell'Italia.

A pagare le conseguenze di questa rivalit� furono i cittadini di Milano, che,


assediati da 30.000 Goti guidati da Uraia (rinforzati da contingenti burgundi) e
difesi solamente da una guarnigione di 800 uomini al comando di Mundila, furono
costretti per fame a capitolare; Mundila fu spedito a Rimini, ma i cittadini
milanesi furono in gran parte trucidati e la citt� saccheggiata e devastata (marzo
539). Dopo la distruzione di Milano, i Burgundi abbandonarono di nuovo la penisola
con un ricco bottino, mentre a Costantinopoli Giustiniano, comprendendo come fosse
deleteria la rivalit� tra Belisario e Narsete, decise di richiamare l'eunuco a
Costantinopoli ridando cos� a Belisario il completo controllo dell'esercito.[50]

Nel frattempo Belisario, prima di marciare alla volta di Ravenna, decise di


espugnare le fortezze di Osimo e di Fiesole, sempre in virt� della sua tattica
fondata sulla guerra di posizione.[8] Forse intuendo la mossa del generale
bizantino, Vitige aveva con previdenza munito Osimo di una guarnigione
considerevole, al fine di rallentarne l'avanzata su Ravenna, e in effetti l'assedio
si protrasse per parecchio (dal maggio al novembre 539).[8] Si narra che durante
l'assedio di Osimo Belisario rischi� di perdere la vita, ma si salv� grazie al
gesto eroico di un soldato che si frappose tra Belisario ed un dardo scoccato in
direzione del generale bizantino, rimettendoci una mano.[51]

Mentre l'assedio di Osimo era ancora in corso, i Franchi invasero improvvisamente


la penisola con l'intento di impadronirsene di una buona parte approfittando
dell'indebolimento delle due contendenti. Condotti da Teodeberto in persona,
valicarono le Alpi senza trovare resistenza armata da parte dei Goti, convinti che
fossero venuti in loro aiuto. Una volta attraversato il Po nei pressi di Pavia,
tuttavia, i Franchi svelarono le loro reali intenzioni aggredendo proditoriamente i
Goti di Pavia, le cui mogli e figli furono rapiti e sacrificati alle divinit�
pagane.[50] L'esercito goto attaccato proditoriamente dai Franchi fu costretto a
ripiegare in direzione di Ravenna; nel corso della ritirata attirarono l'attenzione
di un esercito bizantino che, convinto che fossero stati messi in rotta da
Belisario, avanz� senza volerlo verso i Franchi, venendo poi anch'esso sconfitto
dall'esercito di Teodeberto.[52] Quando Belisario fu informato dell'invasione dei
Franchi, scrisse una lettera a re Teodeberto, accusandolo di aver violato i
trattati precedenti e intimandogli di ritirarsi dall'Italia. Nel frattempo,
tuttavia, i Franchi furono colpiti da un'epidemia di dissenteria, che stermin� un
terzo del loro esercito, costringendoli a lasciare l'Italia, cosa che fecero non
prima di aver messo a sacco Genova.[52]

Dopo aver conquistato tutte le fortezze che si era lasciato alle spalle, Belisario
attacc� nel 540 Ravenna, capitale degli Ostrogoti; nel corso dell'assedio della
citt�, tuttavia, un'ambasceria franca si rec� a Ravenna per proporre ai Goti
un'alleanza in funzione anti-bizantina in cambio di alcune cessioni di territori ai
Franchi; Belisario reag� inviando un'ambasceria presso Vitige avvertendoli di
diffidare dai Franchi, un popolo la cui fedelt� era alquanto dubbia, come avevano
dimostrato del resto i saccheggi dell'anno precedente ai danni degli stessi Goti.
La mossa ebbe effetto e gli ambasciatori franchi furono congedati tornando a mani
vuote. Gli assediati Goti avviarono trattative con Belisario che tuttavia continu�
a bloccare l'introduzione delle provviste in Ravenna e, per mezzo di traditori,
provoc� anche l'incendio del magazzino pubblico di grano della citt�.[53]

Nel frattempo erano arrivati da Costantinopoli due senatori, Domenico e Massimino,


inviati dall'Imperatore per negoziare la pace con i Goti. Il trattato proposto
dall'Imperatore stabiliva che questi ultimi avrebbero ceduto ai Bizantini solo
l'Italia al sud del fiume Po mentre l'Italia al nord del Po sarebbe rimasta in loro
possesso.[54][55] Vitige e i Goti accettarono immediatamente le condizioni
proposte. Quando gli ambasciatori tornarono nell'accampamento bizantino, tuttavia,
Belisario rifiut� di ratificare il trattato; il generalissimo, infatti, era
contrario alle condizioni proposte dall'Imperatore, essendo determinato a condurre
Vitige in catene ai piedi di Giustiniano. Il rifiuto di Belisario insospett�
Vitige, che cominci� a considerare l'ipotesi che le trattative fossero una
trappola, e rifiut� di rispettare le condizioni del trattato se queste non fossero
state ratificate da Belisario.[55]

Nel frattempo la carestia all'interno della citt� cominci� ad accrescere il


malcontento dei Goti nei confronti del loro sovrano. I nobili goti ebbero allora
l'idea di proporre a Belisario di diventare loro sovrano, in qualit� di Imperatore
d'Occidente, carica rimasta vacante fin dai tempi di Romolo Augusto.[55] Belisario
fece finta di accettare la proposta, allo scopo di farsi aprire le porte con la
promessa che sarebbe stato incoronato successivamente;[55] entrato nella citt�,
ordin� che Vitige fosse fatto prigioniero ed inviato con sua moglie a
Costantinopoli.[55] Approfittando della convinzione da parte dei Goti che Belisario
sarebbe presto diventato loro sovrano, il generale ottenne la sottomissione
spontanea delle fortezze gote nel Veneto; successivamente ripart� con Vitige, il
tesoro del sovrano e i prigionieri per Costantinopoli, deludendo i Goti convinti
che il generale avrebbe mantenuto la promessa di diventare loro sovrano.

I Goti nominarono allora re Ildibaldo, mentre Belisario, tornato a Costantinopoli,


fu accolto freddamente da Giustiniano che non volle decretargli il trionfo (come,
invece, era avvenuto in occasione del ritorno vittorioso dalla guerra vandalica) e
non permise che il tesoro di Teodorico il Grande venisse esposto al pubblico,
riservando a s� il diritto di conservarlo ed ammirarlo.[56] Probabilmente l'offerta
dei Goti a Belisario aveva suscitato sospetti sulla sua fedelt� nella mente di
Giustiniano, il quale decise allora di trattenerlo in Oriente, anche perch� la sua
presenza era decisiva per respingere i Persiani i quali nel 540 avevano
vittoriosamente invaso le terre orientali dell'Impero, dando alle fiamme
l'importante citt� di Antiochia.

Ascesa di Totila
L'assenza di Belisario dall'Italia e i dissensi fra i vari generali bizantini
permisero ai Goti di riorganizzare le loro forze in Italia settentrionale, sulla
scia del successo avuto a Milano. Poco tempo dopo la partenza di Belisario,
l'imperatore Giustiniano, per aumentare la pressione fiscale nella penisola, invi�
un rapace esattore fiscale: Alessandro, detto Forficula ("forbicina") per la sua
abilit� nel rifilare i bordi delle monete d'oro. Insediatosi a Ravenna, questi si
attir� le antipatie dei romani e dei soldati imperiali stessi con un avido
fiscalismo e la riduzione del soldo.[56] Nel corso del 540, nella generale inazione
dei comandanti imperiali, solo il generale Vitalio prese l'iniziativa, venendo per�
sconfitto nei pressi di Treviso da re Ildibaldo. Quest'ultimo fu assassinato nel
corso del 541, e il suo successore, il rugio Erarico, avvi� dei negoziati con
l'Impero, inviando degli ambasciatori a Costantinopoli: Erarico si dichiar�
ufficialmente disposto ad accettare la pace soltanto a condizione che ai Goti fosse
concesso di conservare l'Italia a nord del Po, ma in realt� gli ambasciatori
ricevettero l'ordine segreto di riferire a Giustiniano che, in cambio del titolo di
patrizio e di denaro, Erarico sarebbe stato disposto a rinunciare al trono e a
cedergli l'Italia intera.[57] Prima che le trattative potessero andare in porto,
tuttavia, Erarico, tacciato di inettitudine e sospettato di tradimento, fu
assassinato da quella frangia dei Goti contraria alla sua elevazione al trono e
alla sua politica rinunciataria. Questi acclamarono Bad�ila (passato alle cronache
come Totila, "l'immortale"), capo della guarnigione di Treviso, come loro nuovo
condottiero, dopo che questi si era mostrato d'accordo con l'assassinio del
predecessore.[57]

Totila cap� subito gli errori commessi da Vitige ed evit� di impegnarsi in


estenuanti assedi, in cui i Bizantini potevano avere la meglio. Anche per questo
motivo, quando conquistava delle citt�, ne abbatteva le mura, per evitare che i
Bizantini, nel caso fossero riusciti a riconquistarle, si rinserrassero dentro di
esse costringendo il re goto a un altro assedio.[58] Inoltre, resosi conto che con
una flotta avrebbe avuto maggiori possibilit� di vittoria, allest� una potente
flotta in grado di intercettare le navi nemiche e saccheggiare i territori
dell'Impero.[59] Il re goto si rese poi conto che la guerra non poteva essere vinta
senza l'appoggio delle genti italiche, che erano in massima parte favorevoli ai
Bizantini: non potendo per� avere il sostegno dei latifondisti e dei patrizi locali
(in gran parte legati all'Impero), cerc� e in parte ottenne l'appoggio delle
popolazioni rurali, impegnandosi in una riforma agraria di stampo egualitaristico
in base alla quale i grandi latifondisti venivano espropriati dei loro terreni e i
servi venivano affrancati per entrare in massa nell'esercito di Totila.[59] Per lo
stesso scopo cerc� di essere il meno brutale possibile con le popolazioni civili
sottomesse.[59]

Giustiniano, mosaico nella chiesa di San Vitale a Ravenna.


Nel frattempo, su pressioni di Giustiniano, verso la fine del 541 i comandanti
imperiali decisero di sferrare l'offensiva finale al regno goto: il loro piano era
quello di espugnare Verona e poi annientare in battaglia Totila. In un primo
momento i Bizantini riuscirono a far penetrare a notte fonda, grazie all'aiuto di
un traditore, una forza di 100 uomini in citt� al comando dell'armeno Artabaze. I
Goti, ritenendo erroneamente che si trattasse dell'intero esercito, fuggirono da
Verona accampandosi su una altura dinanzi alla cinta muraria, da cui era possibile
osservare gli avvenimenti all'interno di essa; nel frattempo, i generali bizantini,
invece di far entrare subito il resto dell'esercito in citt�, si attardarono a
discutere sulla spartizione del bottino, per cui all'alba i Goti si resero conto
dello scarso numero di nemici entro le mura, fecero ritorno in citt� per la stessa
porta dalla quale erano fuggiti e la rioccuparono, uccidendo gran parte dei nemici
e costringendo il resto a gettarsi dalle mura per scampare al massacro, per cui
solo una piccola parte dei 100 bizantini penetrati in citt� riusc� a mettersi in
salvo, tra cui lo stesso Artabaze.[60] L'esercito bizantino si ritir� a Faenza.[61]
Totila, avutane notizia, and� ad affrontare i Bizantini proprio l� dove si erano
ritirati ed ottenne, nonostante l'inferiorit� numerica, un'altra vittoria nella
Battaglia di Faenza (542).[62] Rinvigorito dal successo, il re goto tent� l'assedio
di Firenze ma, alla notizia dell'arrivo di un forte esercito imperiale, prese la
decisione di abbandonare l'assalto della citt� e di dirigersi nella valle del
Mugello dove si scontr� con l'esercito imperiale.[63] La scarsa coordinazione tra i
comandanti imperiali, unita alla falsa notizia diffusasi tra i Bizantini che il
loro generale Giovanni fosse morto, favor� una nuova vittoria di Totila, che in
estate si impadron� di Cesena, Rocca Pertusa, Urbino e San Leo, mentre i comandanti
sconfitti nella battaglia del Mugello si rinserrarono nelle loro rispettive
fortezze timorosi di affrontarlo.[64] Il re goto scese quindi lungo la Flaminia
(pur lasciando in mano bizantina alcune roccaforti come Spoleto e Perugia) e,
evitando Roma, penetr� nel Sannio espugnando Benevento e facendone radere al suolo
le mura; invase poi la Campania impadronendosi di Cuma e di altre citt�, e cominci�
l'assedio di Napoli; nel frattempo distaccamenti del suo esercito occuparono senza
opposizione le province di Lucania et Bruttii e di Apulia et Calabria (seconda met�
del 542).[65]

Totila, re di un popolo ariano, rapido nelle decisioni, audace e nemico dei


proprietari terrieri (fra cui molti ecclesiastici) fu dipinto a tinte fosche dai
membri della Chiesa in Italia, guidata all'epoca da un papa, Vigilio, legato
strettamente a Giustiniano che lo aveva posto al soglio pontificio. Papa Gregorio I
descrisse poi Totila come un anticristo, e lo stesso San Benedetto (che secondo la
leggenda ricevette a Montecassino la visita del re goto poco prima della conquista
di Napoli) gli predisse il successo, la conquista di Roma, ma poi la rovina se non
si fosse redento dai suoi "propositi delittuosi".[66]

Mentre Totila assediava Napoli, Giustiniano invi� il neoeletto prefetto del


pretorio d'Italia Massimino in soccorso della citt� partenopea, ma quest'ultimo,
essendo inesperto negli affari militari e timoroso di affrontare il nemico, si
attard� prima nell'Epiro e poi in Sicilia, inviando soccorsi alla citt� solo dopo
molte pressioni e con molti mesi di ritardo; il risultato fu che Totila riusc� a
vincere la flotta bizantina e a costringere la citt� alla resa per fame.[67] Totila
fu clemente con i vinti: demol� le mura della citt�, ma risparmi� e sfam� la
popolazione e scort� il presidio bizantino con cavalli e uomini fino a Roma. Il re
goto riusc� nel frattempo a inviare al senato e al popolo romano dei messaggi di
propaganda in cui contrapponeva i benefici ricevuti dagli Ostrogoti alle vessazioni
subite per mano dei rapaci funzionari fiscali imperiali (definiti spregiativamente
dei "Greci") esortandoli a passare dalla sua parte. Per tutta risposta i Bizantini
espulsero dall'Urbe i sacerdoti ariani, sospettati di essere i latori dei messaggi.
Totila mand� parte della sua armata ad assediare Otranto, e con il resto
dell'esercito marci� verso Roma. La situazione per l'Impero era ora disperata:
Totila, oltre a Napoli, aveva sottomesso molte regioni del sud Italia, aveva
accresciuto il proprio esercito con l'accoglimento di prigionieri e di disertori, e
si era inoltre accattivato l'appoggio della popolazione, inasprita dall'eccessivo
fiscalismo bizantino.[68]
Il fallimento della controffensiva di Belisario

Presunto ritratto di Belisario in un mosaico della Basilica di San Vitale a


Ravenna.
Vista la situazione disperata, nel 544 Belisario fu nuovamente inviato in Italia.
Anche a causa della guerra contro la Persia ancora in corso, Giustiniano non pot�
mettere a disposizione di Belisario alcun esercito, ad esclusione delle truppe che
gi� si trovavano in Italia; per tali motivi Belisario aveva dovuto provvedere da
s�, di tasca propria, al reclutamento di volontari in Tracia e in Illirico prima di
sbarcare in Italia, e in questo modo era riuscito a mettere assieme un esercito di
appena quattromila uomini.[69] A pesare sull'esiguo numero di truppe messe a
disposizione di Belisario fu anche la sua recente caduta in disgrazia: sospettato
di tradimento due anni prima, nel 542, Belisario era stato destituito e privato dei
suoi bucellarii (una sorta di milizia privata al suo soldo) e dei suoi
possedimenti. Sfruttando l'amicizia tra sua moglie Antonina e l'imperatrice
Teodora, Belisario riottenne gran parte delle proprie ricchezze, e gli fu affidata
la guerra in Italia contro Totila. Tuttavia non gli furono restituiti i suoi 7.000
bucellarii, che si erano rivelati decisivi nelle sue vittorie contro Vandali e
Ostrogoti, e ci� influ� negativamente sulla guerra.

Mentre si trovava ancora a Salona, invi� una flotta, sotto il comando del generale
Valentino, a liberare Otranto dall'assedio goto.[69] Valentino riusc� nell'intento,
e, dopo aver rifornito la citt� di provviste sufficienti per un anno, ritorn�
presso Belisario, che si trovava ancora a Salona.[69] Belisario salp� poi per Pola,
dove rimase per qualche tempo.[69] Totila, nel frattempo, aveva escogitato uno
stratagemma per conoscere la composizione dell'esercito di Belisario sbarcato a
Pola: invi� cinque goti presso Belisario istruendoli di fingere di essere
messaggeri di Bono (il comandante del presidio bizantino di Genova); essi
consegnarono la falsa lettera di Bono a Belisario e nel frattempo ne approfittarono
per esaminare l'effettiva consistenza dell'esercito bizantino; Belisario, ignaro
dell'inganno, ordin� ai sedicenti messaggeri di riferire a Bono che il suo esercito
sarebbe presto accorso in suo soccorso, e li conged�; le spie tornarono poi presso
Totila informandolo dell'esiguo numero delle truppe sotto il comando di Belisario.
[69] Nel frattempo Totila espugn�, grazie al tradimento degli Isauri posti a
guarnigione, Tivoli, la cui popolazione venne massacrata insieme al vescovo. Il
possesso di Tivoli era fondamentale in vista di un futuro assedio all'Urbe in
quanto consentiva di controllare il Tevere e dunque di impedire l'introduzione di
provviste via acqua nella Citt� Eterna.[69]

Nel frattempo Belisario aveva raggiunto Ravenna, dove pose la propria sede, scelta
che tuttavia si rivel� erronea finendo con l'influenzare negativamente l'andamento
del conflitto, in quanto l'ex capitale dell'Impero d'Occidente era distante sia da
Roma che dal Mezzogiorno d'Italia, che occorreva recuperare agli Ostrogoti di
Totila. Visto l'esiguo numero di truppe a sua disposizione, Belisario tent� di
convincere i disertori bizantini e goti nella regione a ritornare a servire
nell'esercito bizantino, ma invano.[70] Invi� inoltre Vitalio con i soldati
illirici a conquistare le fortezze dell'Emilia cadute in mano gotica; nonostante
alcuni successi iniziali, tuttavia, ben presto i soldati illirici disertarono
lamentando un ritardo nella paga e facendo ritorno in patria.[70] Nonostante questa
defezione, che indebol� ulteriormente il gi� esiguo esercito a disposizione di
Belisario, Vitalio e Torismunto riuscirono a respingere la controffensiva di Totila
e a conservare il possesso delle fortezze riconquistate.[70] Belisario allora invi�
rinforzi in soccorso di Osimo, stretta d'assedio da Totila, riuscendo nell'impresa
di rifornirla.[70] Belisario riusc� inoltre a restaurare le mura di Pesaro e Fano,
che erano state gravemente danneggiate in precedenza da Vitige, nonostante il vano
tentativo di Totila di impedirlo.[70]

Totila, tuttavia, pass� rapidamente all'offensiva, e cinse d'assedio Fermo e


Ascoli.[70] Belisario, non disponendo di truppe sufficienti per accorrere in
soccorso delle due citt�, fu costretto a richiedere all'Imperatore ulteriori
rinforzi.[71] Nell'estate del 545 Belisario scrisse all'Imperatore la seguente
lettera:[72]

�Sono arrivato in Italia senza uomini, cavalli, armi, o soldi. Le province non
possono fornire entrate, sono occupate dal nemico; e il numero delle nostre truppe
� stato ridotto da larghe diserzioni ai Goti. Nessun generale potrebbe aver
successo in queste circostanze. Mandatemi i miei servitori armati e una grande
quantit� di Unni e di altri Barbari, e inviatemi del denaro.�

(Procopio, De Bello Gothico, III, 12.)


Con questa lettera Belisario invi� Giovanni presso Giustiniano. Giovanni, tuttavia,
invece di tornare subito con i rinforzi, si ferm� nella capitale per alcuni mesi,
sposando la figlia di Germano Giustino.[72] Nel frattempo Totila, dopo aver
espugnato Fermo e Ascoli, ottenne la resa anche di Spoleto e Assisi. Il comandante
della guarnigione di Spoleto, Erodiano, acconsent� a consegnare la fortezza ai Goti
nel caso non fosse giunto alcun aiuto entro trenta giorni, mantenendo poi la
parola; secondo la Storia Segreta di Procopio, Erodiano avrebbe consegnato Spoleto
ai Goti per risentimento nei confronti di Belisario, che gli avrebbe chiesto dei
soldi giungendo persino a ricattarlo con ogni sorta di minacce.[73] La situazione
poi si aggrav� ulteriormente con la conquista ostrogota di Chiusi e di Osimo, e,
dopo aver di fatto interrotto le comunicazioni tra Roma e Ravenna, Totila
procedette a cingere d'assedio la Citt� Eterna (dicembre 545).[74]

Verso la fine del 545 Belisario lasci� Ravenna e si diresse a Durazzo dove invi�
all'Imperatore richieste di rinforzi,[75] e venne qui raggiunto dai generali
Giovanni e Isacco intorno al 546; Belisario decise quindi di spingersi via mare a
Roma mentre Giovanni sarebbe sbarcato in Calabria e lo avrebbe raggiunto nell'Urbe
via terra. Sbarcato a Porto, Belisario rimase l� in attesa di Giovanni ma
quest'ultimo, dopo aver recuperato le province di Apulia et Calabria e di Lucania
et Bruttii, decise di non spingersi fino a Roma, forse nel timore di essere
attaccato dai Goti di stanza a Capua. Secondo la Storia segreta di Procopio il
rifiuto di Giovanni di raggiungere Belisario a Roma sarebbe dovuto ai suoi timori
di venire assassinato da Antonina, moglie di Belisario ed amica dell'imperatrice
Teodora, a sua volta ostile allo stesso Giovanni.[76]

Nel frattempo proseguiva l'assedio ostrogoto di Roma, difesa dal generale Bessa, il
quale per� si arricchiva a spese della popolazione vendendo le scorte di cibo a
carissimo prezzo: di conseguenza la popolazione soffr� la fame e molti, per la
disperazione, abbandonarono la citt�.[77] Belisario da Porto tent� di portare
provviste in citt� cercando di superare con uno stratagemma ingegnoso gli
sbarramenti goti piazzati sul fiume Tevere, ma, proprio quando il suo piano stava
per funzionare, al generale giunse la notizia che Isace, a cui era stata affidata
la difesa di Porto, era stato vinto dai Goti; temendo che Porto, importantissima
strategicamente come punto di riparo, fosse stata occupata dai Goti, Belisario
ordin� ai suoi uomini di abbandonare il piano e di ritornare in fretta a Porto per
cercare di salvarla; quando scopr� che Porto era ancora in mano imperiale e che per
un falso allarme aveva fatto fallire il suo piano, tanto fu lo sconforto che
Belisario si ammal�.[78] Nel frattempo le truppe isauriche a presidio di Roma
aprirono a tradimento le porte della citt� a Totila, il quale vi fece ingresso il
17 dicembre 546. Le offerte di pace di Totila tramite il prelato Pelagio (futuro
papa) furono per� rifiutate da Giustiniano che rispondeva di "trattare direttamente
con Belisario"; Totila minacci� di distruggere la citt� ma a fargli cambiare idea
giunse una lettera di Belisario che gli intim� di non deturpare la bellezza di
Roma.[79] Totila con generosit� risparmi� la citt� e momentaneamente si ritir� da
essa, perdendola in tal modo pochi mesi pi� tardi: dopo aver recuperato Spoleto,
Belisario decise infatti di marciare contro Roma, rioccupandola e ricostruendo
parzialmente le mura abbattute da Totila.[80] Nonostante non avesse ancora
sostituito le porte della citt�, distrutte dai Goti, riusc� a respingere un primo
assalto di Totila che aveva tentato invano di reimpadronirsi della citt�;[80]
ottenuto questo successo, il generale ricostru� le porte e sped� le chiavi della
citt� a Giustiniano.

Nel frattempo Totila, dopo aver risollevato il morale delle proprie truppe, si
diresse ad assediare Perugia, mentre in Lucania continuavano le operazioni militari
del generale bizantino Giovanni: questi, dopo aver assediato Acerenza, si diresse
in Campania con il proposito di liberare i senatori romani tenuti in ostaggio dai
Goti, riuscendo nell'intento grazie a una vittoria conseguita nei pressi di Capua;
i senatori liberati furono inviati in Sicilia.[81] Totila, informato di ci�, lasci�
una piccola parte della sua armata a continuare l'assedio di Perugia e si diresse
in Lucania, dove attacc� l'esercito di Giovanni nel cuore della notte: Totila usc�
complessivamente vincitore nello scontro ma le tenebre favorirono la fuga dei
Bizantini, che subirono in questo modo meno perdite di quanto ne avrebbero potuto
subire se si fosse combattuto di giorno. Giovanni riusc� quindi a rifugiarsi a
Otranto.[82]

Nel frattempo Belisario scrisse numerose lettere a Giustiniano chiedendo rinforzi,


ed alla fine l'Imperatore decise di accontentarlo inviando truppe in Calabria sotto
il comando del generale Valeriano (dicembre 547).[83] Belisario part� quindi per
raggiungere i rinforzi a Taranto, dopo aver selezionato 900 tra i suoi uomini
migliori, 700 cavalieri e 200 fanti;[83] la difesa di Roma venne affidata al
generale Conone con il resto dell'esercito.[83] Il cattivo tempo costrinse per�
Belisario a sbarcare a Crotone per poi ripiegare a Messina.[84]

Nel giugno 548, dopo un lungo viaggio, arrivarono i rinforzi guidati da Valeriano;
Belisario quindi, facendo affidamento sull'amicizia tra Antonina e Teodora, invi�
sua moglie a Costantinopoli per ottenere dall'Imperatrice ulteriori aiuti: tuttavia
al suo arrivo Antonina scopr� che Teodora era morta (28 giugno 548).[85] Con i
rinforzi Belisario tent� di liberare Rossano dall'assedio dei Goti ma il suo sbarco
venne impedito dal nemico.[85] Il generale decise quindi di tornare a Roma,
affidando l'esercito a Giovanni e a Valeriano; costoro tuttavia non riuscirono a
impedire la caduta di Rossano in mano ostrogota. Nel frattempo, Belisario venne
richiamato a Costantinopoli dall'Imperatore, sembrerebbe su richiesta di
Antonina[85] (secondo la Storia Segreta invece fu Belisario stesso a chiedere di
ritornare a Costantinopoli).[76] Mentre Belisario era in viaggio per
Costantinopoli, Totila espugnava Perugia.

Questo fu il giudizio di Procopio sulla seconda campagna in Italia di Belisario:

�Belisario fece un ben vergognoso ritorno dalla sua seconda missione in Italia. In
cinque anni non riusc� mai, come ho detto nei precedenti libri, a sbarcare su un
tratto di costa che non fosse controllato da un suo caposaldo: per tutto questo
tempo continu� a bordeggiare le coste. Totila era ansioso di sorprenderlo al riparo
delle mura, ma non ci riusc� perch� un profondo timore aveva colto lui e l'intero
esercito romano. Per questo non ripar� in nulla ai danni subiti, ma perse anche
Roma e, per cos� dire, tutto. [...]�

(Procopio, Storia Segreta, 8.)


Presa di Roma

Porta San Paolo nel XVIII secolo. Da qui nel 550 Totila entr� in Roma occupando la
citt�.
Dopo la partenza di Belisario dall'Italia, Giustiniano I, assorto nel tentativo di
risoluzione di importanti controversie teologiche (come quella dei Tre Capitoli),
continu� a dilazionare l'invio di rinforzi in Italia, malgrado i solleciti in tal
senso da parte dei senatori rifugiatisi a Costantinopoli. Nel 549 la flotta
ostrogota, condotta da Indulfo (disertore ex bucellario di Belisario), devast� con
successo la Dalmazia. In estate, inoltre, Totila assedi� nuovamente Roma, difesa da
Diogene: questi garant� agli abitanti della citt� il rifornimento di grano, che
venne fatto seminare all'interno delle mura in modo che non soffrissero la fame
neanche quando i Goti conquistarono Porto.[86] Tuttavia il tradimento dei malpagati
soldati isaurici segn� per l'ennesima volta la capitolazione della citt�: il 16
gennaio 550 Totila, messosi d'accordo con essi, ordin� a parte dei suoi di suonare
le trombe mentre il resto dell'esercito fu posto in prossimit� della Porta San
Paolo; quando i Bizantini udirono suonare le trombe, accorsero subito verso la zona
da dove veniva il suono nella convinzione che i Goti stessero attaccando l�, mentre
i traditori indisturbati aprirono la porta San Paolo al nemico.[86] Pochi
sopravvissero al massacro dei Goti, anche se parte dei soldati bizantini riuscirono
a rinserrarsi nel mausoleo di Adriano, dove resistettero all'assalto goto per due
giorni; Totila propose ai soldati bizantini o di andarsene indenni senza armi e
cavalli dalla citt� oppure di entrare nel suo esercito: i soldati, tranne il loro
comandante, optarono per la seconda opzione.[86]

Totila, insediatosi a Roma, cerc� di non comportarsi da nemico vittorioso dandosi


da fare per ripopolarla e portarla all'antico splendore;[87] tuttavia la guerra
aveva inferto colpi mortali alla citt�, con la distruzione di statue e monumenti
(utilizzati per gettarli dalle mura contro i nemici oppure per la ricostruzione di
chiese o per rinforzare le porte) e il crollo demografico della popolazione
(passata da 100.000 abitanti di inizio VI secolo a non pi� di 30.000 alla fine
della guerra gotica).[88] Totila tent� quindi di negoziare la pace con Giustiniano,
inviando un messo romano di nome Stefano a Costantinopoli, ma l'Imperatore rifiut�;
[87] il re goto decise quindi di stringere alle strette il nemico, espugnando
dapprima Civitavecchia e successivamente Taranto e Rimini.[87] Ad aggravare
ulteriormente la situazione, gi� da tempo gran parte dell'Italia a nord del Po era
stata occupata dai Franchi.

Giustiniano fu costretto pertanto a lanciare in quello stesso anno (550) una nuova
campagna di conquista dell'Italia; era per� indeciso se affidare il comando della
spedizione al senatore romano Liberio o a Germano Giustino, suo cugino. Mentre
Giustiniano ancora indugiava sulla scelta del generalissimo, i Goti, dopo aver
rinunciato all'espugnazione di Reggio, nel maggio 550 invasero e saccheggiarono la
Sicilia. Per tutta risposta Giustiniano allest� una spedizione di riconquista
dell'isola affidandone il comando dapprima a Liberio e poi ad Artabane.[89] Alla
fine Giustiniano scelse come generalissimo (strategos autokrator) suo cugino
Germano, che ricevette uomini e mezzi ritenuti sufficienti per ottenere una
vittoria definitiva su Totila; Germano, per legittimare di fronte ai Goti la
restaurazione imperiale, spos� Matasunta, la vedova di Vitige, ma per� prima ancora
di giungere in Italia.[90] Il comando dell'esercito venne momentaneamente affidato
a Giovanni, e verso la fine del 550 Totila decise di abbandonare la Sicilia per
andare ad affrontarlo, lasciando sull'isola solo quattro presidi goti che vennero
poi abbandonati un anno dopo.[90]

Campagne di Narsete e vittoria bizantina


551: preparativi di Narsete e tentativi di negoziazione
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di
Sena Gallica.
Nel 551 Narsete ottenne di nuovo il comando delle operazioni in Italia:[91] radun�
un esercito imponente, senza farsi molti scrupoli di arruolare con generosi
donativi barbari Unni, Gepidi, Eruli, Longobardi e Persiani fra le sue schiere;[92]
l'esercito di Narsete radunatosi a Salona arriv� quindi a comprendere all'incirca
30.000 uomini.[92] Totila reag� ai preparativi di Narsete ripopolando Roma con una
parte dei cittadini e dei senatori tenuti in cattivit� in Campania e affidando agli
stessi senatori il compito di provvedere alla difesa dell'Urbe;[92][93]
successivamente ordin� alla flotta gota (di 300 navi) di saccheggiare la Grecia e
Corf�, intercettando in questo modo alcuni dei rifornimenti destinati all'esercito
di Narsete.[93][94] Infine decise di conquistare la strategicamente importante
citt� di Ancona, senza per� riuscirci in quanto la flotta gota che assediava la
citt� insieme all'esercito terrestre, a causa della relativa inesperienza dei Goti
nella guerra in mare rispetto agli imperiali, sub� una completa disfatta in una
battaglia navale presso Sena Gallica; non pi� supportati dalla propria flotta, i
Goti dovettero quindi levare l'assedio.[94][95] Totila ordin� allora l'invasione
della Sardegna e della Corsica, che ebbe buon esito in quanto la flotta bizantina
inviata dall'Africa venne sconfitta dai Goti presso Cagliari.[94][96]

Questi furono per� gli ultimi successi per i Goti, che iniziavano a mostrare segni
di declino: infatti in quello stesso anno il generale bizantino Artabane riusc� a
cacciarli dalla Sicilia,[96] mentre l'assedio goto di Crotone fall� per l'arrivo di
truppe bizantine provenienti dalle Termopili.[94][97] Totila invi� degli
ambasciatori alla corte di Giustiniano, facendogli notare che una consistente parte
dell'Italia era in mano ai Franchi, mentre il resto era desolato a causa della
lunghissima guerra; proponeva quindi all'Imperatore la pace in cambio della
cessione della Sicilia e della Dalmazia all'Impero e di un tributo annuale.[96]
Giustiniano, tuttavia, rifiut� le proposte di pace provenienti da Totila, e invi�
un ambasciatore, Leonzio, presso i Franchi al fine di persuaderli ad allearsi con
l'Impero contro i Goti, ma senza esito positivo.[96]

552: campagne di Narsete e uccisione di Totila e Teia


Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di
Tagina e Battaglia dei Monti Lattari.
Terminati i preparativi nella primavera del 552, Narsete da Salona part� per
l'Italia, cercando di raggiungerla via terra non avendo abbastanza navi a
disposizione per giungervi via mare;[98] il rifiuto dei Franchi stanziatisi nelle
Venezie di concedere il passaggio nei loro territori agli imperiali costrinse
Narsete a raggiungere Ravenna passando per le lagune, allora disabitate, su cui poi
sorger� Venezia.[98][99] Non potendo attraversare la via Flaminia da Fano, perch�
la roccaforte della gola del Furlo era ben presidiata, Narsete probabilmente prese
la via di Sassoferrato e Fabriano, evitando di attardarsi in assedi in quanto li
riteneva una perdita di tempo; la tattica di Narsete dava infatti la priorit�
all'annientamento del nemico attraverso rischiose battaglie campali, a cui seguiva
solo successivamente la cattura delle fortezze che rifiutavano la resa.[100] Gli
eserciti di Totila e Narsete si scontrarono in campo aperto nella battaglia di
Tagina (Gualdo Tadino), detta dei Busta Gallorum: dopo un'accesissima battaglia gli
imperiali, sfruttando un attacco imprudente dei Goti (che li espose ai dardi degli
arcieri imperiali), ebbero nettamente la meglio sul nemico, infliggendogli
gravissime perdite; Totila riusc� a fuggire ferito, ma mor� nelle immediate
vicinanze in un luogo chiamato Caprae, corrispondente all'attuale frazione di
Caprara, dove tuttora esiste un sito chiamato "Sepolcro di Totila".[101]

Dopo la battaglia decisiva, Narsete conged� i guerrieri mercenari longobardi al suo


seguito, perch� si abbandonavano al saccheggio delle citt� (al punto di "violare le
donne nei templi"), affrettandosi quindi a rispedirli alle loro sedi (anche se
Paolo Diacono, egli stesso appartenente a tale stirpe, nella sua Historia
Langobardorum, non fa menzione dell'episodio pur essendo un religioso).[102] Affid�
quindi i Longobardi al generale Valeriano e al nipote di lui Damiano, ordinando
loro di vigilare affinch�, durante il loro ritorno in Pannonia, non commettessero
atti iniqui.[102] Mentre Valeriano, fatti ritornare i Longobardi nelle proprie
terre, tent� di espugnare Verona senza riuscirci a causa dell'opposizione delle
truppe franche a presidio delle Venezie, e gli Ostrogoti eleggevano a Pavia un
nuovo re, Teia, gli imperiali si reimpadronivano di Narni, Perugia e Spoleto,
giungendo infine ad assediare Roma.[102] Grazie a una sortita di Dagisteo, i
Bizantini riuscirono infine a costringere alla resa i Goti che ancora occupavano la
citt�.[102] Qui si inserisce il celebre commento di Procopio, che mise in evidenza
come la vittoria bizantina si rivelasse invece un'ulteriore disgrazia per gli
abitanti di Roma: i barbari arruolati nelle file di Narsete si abbandonarono al
saccheggio e al massacro, e lo stesso fecero i fuggitivi Ostrogoti mentre si
apprestavano a lasciare dalla citt�; inoltre il nuovo re goto Teia, alla notizia
della caduta della citt� in mano imperiale, per rappresaglia fece giustiziare
diversi figli di patrizi in sua mano.[103]

Battaglia dei monti Lattari tra Romani e Goti (l'equipaggiamento � anacronistico).


Mentre i Bizantini si impadronivano anche di Porto e Petra Pertusa, Teia tent�
senza successo di stringere un'alleanza con i Franchi.[103] Narsete, nel frattempo,
invi� truppe ad assediare Civitavecchia e soprattutto Cuma, dove era custodito il
tesoro dei Goti;[103] Teia, allarmato, raccolse le truppe che aveva a disposizione
e part� per la Campania, riuscendo ad eludere, con lunghe marce, le truppe
imperiali condotte da Giovanni e dall'erulo Philemuth, inviate da Narsete nella
Tuscia per ostacolare la sua avanzata.[103] Narsete, allora, richiam� i due
generali e procedette alla volta della Campania, con l'intento di scontrarsi con i
Goti in una battaglia decisiva che avrebbe decretato le sorti della guerra.[103] I
due eserciti stettero per pi� di due mesi a stretta vicinanza tra loro, senza per�
scontrarsi direttamente perch� separati dal fiume Draconte: gli unici scontri che
avvenivano erano quelli a distanza tra gli arcieri, mentre i Goti costruirono
baliste con cui colpire dall'alto i nemici.[104] A cambiare la situazione fu
l'intercettazione da parte degli imperiali della flotta gota che, attraverso il
fiume, riforniva il proprio esercito: ci� costrinse gli Ostrogoti a ripiegare sui
monti Lattari, dove speravano che il terreno impervio del luogo li avrebbe protetti
dagli attacchi del nemico, ma ben presto compresero l'errore commesso, trovandosi
lass� privi di vettovaglie per s� stessi e per i cavalli.[104] Non avendo altra
scelta, i Goti decisero quindi di affrontare in una disperata battaglia gli
imperiali, scendendo dai monti e assalendo il nemico: nella conseguente battaglia
dei Monti Lattari, combattuta nell'ottobre 552, i Goti si batterono accanitamente
ma alla fine Teia fu ucciso e, dopo una disperata resistenza, i suoi guerrieri si
arresero e si sottomisero a Bisanzio.[104] Teia fu l'ultimo re dei Goti.[104]

L'invasione franco-alemanna
553: l'assedio di Cuma e l'invasione di Butilino e Leutari
La morte di Teia non segn� tuttavia la resa definitiva di tutto l'esercito goto:
Indulfo, con mille guerrieri, si rifugi� a Pavia, che dopo la caduta di Ravenna era
diventata la sede della corte ed il maggior centro goto d'Italia, dove resistette
ai bizantini per diverso tempo.[104] Inoltre, non solo alcune fortezze gote sparse
per la penisola ancora rifiutavano la resa, ma gli Ostrogoti che avevano rifiutato
di abbassare le armi avevano inviato un'ambasceria al re dei Franchi Teodebaldo,
chiedendogli sostegno militare contro i Bizantini;[105] il re dei Franchi,
tuttavia, rifiut� di intervenire direttamente nel conflitto pur non impedendo a due
comandanti alemanni del suo esercito, Butilino e Leutari, di invadere la penisola
alla testa di un'orda franco-alemanna comprendente, secondo almeno Agazia, ben
75.000 guerrieri (cifra che sembra comunque esagerata).[106][107] Narsete ricevette
la notizia dell'invasione franco-alemanna mentre era alle prese con l'assedio di
Cuma, che opponeva una strenua resistenza, e reag� marciando in Tuscia con il
grosso dell'esercito per spingere alla resa le fortezze ostrogote ancora ostinate a
resistere e per respingere la nuova minaccia franco-alemanna, lasciando comunque
parte dell'esercito a continuare l'assedio di Cuma.[106] La sottomissione della
Tuscia fu raggiunta senza incontrare resistenza, fatta eccezione per la fortezza di
Lucca che continu� a resistere sperando nel soccorso franco-alemanno;[106] Lucca si
arrese a dicembre, dopo tre mesi di assedio, mentre quasi contemporaneamente nel
sud anche Cuma capitol�.[106][108] Durante l'assedio, Narsete aveva inviato una
parte consistente della sua armata a sorvegliare il Po, nel tentativo di
contrastare l'invasione franco-alemanna, anche se senza successo: infatti, i
franco-alemanni avevano nel frattempo espugnato Parma e sconfitto i mercenari Eruli
che avevano tentato di riprenderla, e inoltre Giovanni e Valeriano si erano
ritirati a Faenza, segno che la sua strategia era fallita ed era ora esposto a un
attacco nemico.[109]
Lasciata una forte guarnigione a Lucca, Narsete ordin� ai suoi soldati di ritirarsi
nei propri quartieri invernali per poi ricongiungersi a Roma nella primavera
successiva, e si insedi� a Classe, il porto di Ravenna;[110] qui ricevette la
notizia della resa di Cuma e della conquista del tesoro dei Goti,[111] e invi�
quindi il goto Aligerno presso i franco-alemanni per informarli che ora esso era in
mano bizantina, sperando che, visto sfumare il sogno di impadronirsene, si
sarebbero cos� ritirati: tale tentativo, per�, non ebbe esito favorevole.[111] In
seguito Narsete si diresse a Rimini, dove strinse un'alleanza con Teodobaldo,
comandante dei Varni.

554: la battaglia del Volturno e la sconfitta di Butilino


Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia del
Volturno (554).

Uomo tradizionalmente identificato con Narsete, dal mosaico raffigurante la corte


di Giustiniano nella Basilica di San Vitale, a Ravenna.
Dopo aver messo in fuga un esercito franco-alemanno di 2.000 uomini nella primavera
del 554, Narsete ritorn� a Ravenna e da qui si diresse verso Roma;[112] rimase
nella citt�, dove si era riunito tutto l'esercito, fino all'estate del 554,
addestrando i suoi uomini in modo che potessero migliorare le loro abilit�
combattive.[113]

Nel frattempo i franco-alemanni, giunti nel Sannio, si erano divisi in due gruppi:
uno, condotto da Leutari, raggiunse Otranto per poi ritornare in nord Italia;
l'altro invece, condotto da Butilino, raggiunse lo Stretto di Messina. Entrambi gli
eserciti compirono saccheggi ed uccisioni: i Franchi, tuttavia, a differenza degli
Alemanni, non saccheggiarono gli edifici religiosi in quanto cristiani.[114] Mentre
l'esercito di Leutari tornava nel nord Italia venne sconfitto presso Pesaro dagli
Imperiali; i superstiti trovarono rifugio nella Venezia in mano franca dove per�
molti morirono di dissenteria, tra cui lo stesso Leutari.

Nel frattempo Butilino, mosso dall'ambizione di diventare re dei Goti una volta
vinti i Bizantini, decise di marciare in Campania per affrontare Narsete; il
comandante franco-alemanno si accamp� a Capua preparandosi allo scontro con gli
Imperiali e rimanendo in attesa dei rinforzi che Leutari gli aveva promesso, ancora
ignaro della sua morte. I due eserciti si scontrarono nella battaglia del Volturno
(554): Butilino disponeva di 30.000 uomini, seppur colpiti in parte dalla
dissenteria, mentre Narsete, con 18.000 soldati, era in inferiorit� numerica; in
ogni modo, in virt� della superiore capacit� tattica, Narsete ottenne una vittoria
schiacciante annientando completamente il nemico; Butilino trov� la morte sul campo
di battaglia insieme alla quasi totalit� del suo esercito mentre gli imperiali
subirono perdite irrisorie.[115] Questa vittoria, che pose fine alle grandi
operazioni militari della guerra gotica, venne celebrata da Narsete a Roma.[115]

555-562: le ultime sacche di resistenza


Alcune citt� rimanevano tuttavia ancora in mano gota e franca; deciso a
conquistarle, Narsete si diresse in direzione di Conza, ultima fortezza a sud del
Po ancora in mano gota, per assediarla: nonostante la strenua resistenza della
guarnigione gota, essa fu costretta a capitolare (555).[115] Negli anni successivi
Narsete procedette alla sottomissione delle restanti fortezze a nord del Po ancora
in mano gota e franca: queste campagne, iniziate probabilmente nel 556, portarono a
buoni risultati e gi� nello stesso anno, se prestiamo fede al cronista Mario di
Avenches (non sempre esatto nelle date), i Franchi furono almeno temporaneamente
espulsi dall'Italia.[116] Tre anni dopo, nel 559, Milano e gran parte delle Venezie
erano di nuovo in mano imperiale.[115]

Rimanevano per� alcune sacche di resistenza, come Brescia e Verona, che


continuavano a resistere sembra sotto la guida del nobile goto Widin, che nella sua
rivolta aveva ricevuto il sostegno del comandante dell'esercito franco nelle
Venezie, Amingo. Narsete, dirigendosi verso Verona e Brescia per riconquistarle,
tent� di oltrepassare il fiume Adige, venendo per� impedito in ci� dal condottiero
Amingo che alla guida di un numeroso esercito si era posto sulla riva opposta del
fiume: un'ambasceria inviata dal generale bizantino per convincerlo con la
diplomazia a concedergli il passaggio del fiume non ebbe successo,[117] e Narsete
fu costretto ad affrontare gli eserciti di Amingo e Widin in battaglia. Tale
scontro fu vittorioso per i Bizantini: Amingo �venne ucciso dalla spada di Narsete�
mentre Widin, catturato, venne inviato in esilio a Costantinopoli.[118] Sconfitti
gli eserciti ribelli in battaglia, Narsete procedette cos� all'assedio delle due
citt�: Verona fu espugnata il 20 luglio 561, mentre Brescia si arrese nel medesimo
anno o al pi� tardi nell'anno successivo.[115][119] Sottomesse ormai le ultime
sacche di resistenza, il generale bizantino inform� Costantinopoli degli ultimi
trionfi: la notizia della resa delle due fortezze arriv� nel novembre 562.[120]

Conseguenze
Reazioni immediate

La prefettura del pretorio d'Italia, suddivisa in province.


Il 13 agosto 554, con la promulgazione a Costantinopoli da parte di Giustiniano di
una pragmatica sanctio pro petitione Vigilii ("Prammatica sanzione sulle richieste
di papa Vigilio"), l'Italia veniva fatta rientrare, sebbene non ancora del tutto
pacificata, nel dominio "romano";[121] con essa Giustiniano estese la legislazione
dell'Impero all'Italia, riconoscendo le concessioni attuate dai re goti fatta
eccezione per l'"immondo" Totila (la cui politica sociale fu quindi annullata
portando alla restaurazione dell'aristocrazia senatoriale e costringendo i servi
affrancati da Totila a ritornare a servire i loro padroni), e promise fondi per
ricostruire le opere pubbliche distrutte o danneggiate dalla guerra, garantendo
inoltre che sarebbero stati corretti gli abusi nella riscossione delle tasse e
sarebbero stati forniti fondi per promuovere la rifioritura della cultura.[122]

Narsete rimase ancora in Italia con poteri straordinari e riorganizz� l'apparato


difensivo, amministrativo e fiscale; a difesa della penisola furono stanziati
quattro comandi militari, uno a Forum Iulii, uno a Trento, uno presso i laghi
Maggiore e di Como ed infine uno presso le Alpi Graie e Cozie.[123] L'Italia fu
organizzata in Prefettura e suddivisa in due diocesi, a loro volta suddivise in
province.[123] La Sicilia e la Dalmazia vennero per� separate dalla prefettura
d'Italia: la prima non entr� a far parte di nessuna prefettura, venendo governata
da un pretore dipendente da Costantinopoli, mentre la seconda venne aggregata alla
Prefettura dell'Illirico;[123] la Sardegna e la Corsica facevano gi� parte, fin dai
tempi della guerra vandalica (533-534), della Prefettura del pretorio d'Africa.
Secondo la "Prammatica Sanzione" i governatori provinciali sarebbero stati eletti
dalle popolazioni locali, ovvero dai notabili e dai vescovi; tuttavia
sull'effettiva applicazione di tale principio sono emersi dubbi, dato che da tempo
i governatori provinciali erano controllati dall'autorit� centrale.[122] Inoltre la
politica di Giustiniano e dei suoi successori fu quella di affidare le principali
cariche civili e militari dei territori italici a funzionari di provenienza greco-
orientale, in contrasto con la politica degli Ostrogoti, che avevano invece
concesso ai membri dell'aristocrazia italica e del senato romano di detenere
importanti cariche civili, come quella di prefetto del pretorio.[122] La guerra
aveva comunque inflitto all'Italia danni che non fu possibile cancellare in breve
tempo e, anche se Narsete e i suoi sottoposti ricostruirono numerose citt�
distrutte dai Goti, la situazione della penisola era comunque disastrosa, dato che,
come ammise in due lettere papa Pelagio, le campagne erano talmente devastate da
essere irrecuperabili e la Chiesa riceveva proventi solo dalle isole o da zone
esterne alla penisola.

Se si presta fede alla "Prammatica Sanzione", le tasse non furono incrementate


rispetto all'epoca gotica, ma evidentemente i danni provocati dalle devastazioni
belliche resero molto difficile pagarle e, del resto, sembra che Narsete non
ricevesse sussidi da Costantinopoli, ma dovesse provvedere da s� per il
mantenimento dell'esercito e dell'amministrazione. Nel 568 Giustino II, in seguito
alle proteste dei Romani per l'eccessiva pressione fiscale,[124] rimosse
dall'incarico di governatore Narsete sostituendolo con Longino. Il fatto che
Longino sia indicato nelle fonti primarie[125] come prefetto indica che governasse
l'Italia in qualit� di "prefetto del pretorio", sebbene non si possa escludere che
fosse anche il generale supremo delle forze italo-bizantine.[126]

Impatto nella storia


Decadenza dell'Italia
Le conseguenze della guerra si fecero sentire sull'Italia per alcuni secoli, anche
perch� la popolazione, per non essere coinvolta, aveva abbandonato le citt� per
rifugiarsi nelle campagne o sulle alture fortificate meglio protette, portando a
compimento quel processo di ruralizzazione e di abbandono dei centri urbani
iniziato nel V secolo.[127] Anche se le cifre delle vittime riportate da Procopio
sono forse esagerate,[128] si pu� stimare che buona parte della popolazione
italiana fosse stata decimata dagli assedi, dalle carestie e dalla peste.
Particolarmente raccapriccianti sono, nella testimonianza di Procopio, i dettagli
degli stenti subiti dalla popolazione di Milano durante l'assedio del 539 e quelli
subiti dalle popolazioni della Penisola nello stesso anno:

�Pass� il tempo e venne di nuovo l'estate. Nei campi il grano maturava, ma non pi�
abbondante come negli anni precedenti. Non era stato seminato in solchi ben
tracciati dagli aratri e lavorati dalla mano dell'uomo, ma sparso solo sulla
superficie, e perci� la terra aveva potuto farne germogliare soltanto una piccola
parte; siccome poi nessuno lo aveva mietuto, giunto a maturazione, era caduto a
terra, e non era pi� nato niente. Questo era accaduto anche in Emilia; perci� gli
abitanti di quella regione avevano lasciato le loro case ed erano trasmigrati nel
Piceno, pensando che, siccome quella terra era sul mare, non dovesse soffrire una
totale mancanza di viveri. Anche i tusci erano angustiati per la fame... e molti di
essi, che vivevano sui monti, macinavano le ghiande delle querce come se fosse
frumento, e mangiavano le pagnotte fatte con quella farina. Naturalmente moltissimi
caddero vittime di ogni specie di malattie... Nel Piceno, si parla di non meno di
50.000 tra i contadini, che perirono di fame, e molti di pi� ancora furono nelle
regioni a nord del golfo Ionico... Taluni, forzati dalla fame, si cibarono di carne
umana. Si dice che due donne, in una localit� di campagna sopra la citt� di Rimini,
mangiarono 17 uomini... Molte persone erano cos� indebolite dalla fame, che... si
gettavano su di essa [sull'erba] con bramosia, chinandosi per strapparla da terra;
ma siccome non riuscivano perch� le forze le avevano completamente abbandonate,
cadevano sull'erba con le mani tese, e l� perirono... non si accostava neppure un
avvoltoio, perch� non offrivano nulla di cui essi potevano cibarsi. Infatti tutta
la carne... era stata ormai consumata dal digiuno. Cos� stavano le cose in
conseguenza della carestia.�

(Procopio, La Guerra Gotica, II,20.)


Se alcune fonti propagandistiche parlano di un Italia florida e rinata dopo la
conclusione del conflitto,[129] la realt� doveva essere ben diversa.[130] Le misure
legislative di Giustiniano atte a contrastare gli abusi fiscali in Italia
risultarono vane e, nonostante Narsete e i suoi sottoposti avessero ricostruito, in
tutto o in parte, numerose citt� distrutte dai Goti,[131] l'Italia non riusc� a
recuperare la sua antica prosperit�.[130] Nel 556 papa Pelagio si lament� in una
lettera al vescovo di Arelate delle condizioni delle campagne, �cos� desolate che
nessuno � in grado di recuperare�;[132] proprio a causa della situazione critica in
cui versava l'Italia, Pelagio fu costretto a chiedere al vescovo in questione di
inviargli i raccolti dei patrimoni pontefici nella Gallia meridionale, oltre a una
fornitura di vesti, per i poveri della citt� di Roma.[133] A peggiorare le
condizioni del paese, gi� provato dal fiscalismo bizantino, contribu� inoltre
un'epidemia di peste che spopol� l'Italia dal 559 al 562; ad essa, inoltre, fece
poi seguito anche una carestia.[134]
Anche Roma fatic�, nonostante i fondi promessi, a riprendersi dalla guerra e
l'unica opera pubblica riparata nella citt� di cui si ha notizia � il ponte
Salario, distrutto da Totila e ricostruito nel 565.[135] La guerra rese Roma una
citt� spopolata e in rovina: molti monumenti divennero fatiscenti e dei 14
acquedotti che prima della guerra fornivano acqua alla citt� ora solo uno, secondo
gli storici, rimase verosimilmente in funzione, l'Aqua Traiana fatto riparare da
Belisario.[135] Anche per il senato romano inizi� un irreversibile processo di
declino che si concluse con il suo scioglimento verso l'inizio del VII secolo:
molti senatori si trasferirono a Bisanzio o vennero massacrati nel corso della
guerra.[127][135] Roma, alla fine della guerra, contava non pi� di 30.000 abitanti
(contro i 100.000 di inizio secolo) e si avviava alla completa ruralizzazione,
avendo perduto molti dei suoi artigiani e commercianti e avendo accolto al contempo
numerosi profughi provenienti dalle campagne.[127] Il declino non coinvolse,
tuttavia, tutte le regioni: quelle meno colpite dalla guerra, come la Sicilia o
Ravenna, non sembrano aver risentito in misura rilevante degli effetti devastanti
del conflitto, mantenendo la propria prosperit�.[127]

Anche i patrimoni della Chiesa subirono le conseguenze della guerra: nel 562 papa
Pelagio si lamentava, scrivendo al prefetto del pretorio d'Africa Boezio, del fatto
che a causa delle devastazioni provocate dalla lunga e distruttiva guerra ormai
riceveva proventi solo dalle isole e dalle zone al di fuori dell'Italia, essendo
impossibile, dopo venticinque anni continui di guerra, ricavarli dalla penisola
desolata; e, essendo i proventi della Chiesa necessari per sfamare la popolazione
povera di Roma, anch'essa ne avrebbe fatto le spese;[136] tuttavia Pelagio e la
Chiesa riuscirono a superare la crisi e a riprendersi, anche grazie alla confisca
dei beni della Chiesa ariana che passarono alla Chiesa cattolica.[132]

Il governo bizantino sul territorio italiano fu, inoltre, contraddistinto da una


forte pressione fiscale che ricadeva sulle genti italiche, dovuta alla natura
stessa del sistema fiscale bizantino, ereditato dall'Impero romano.[137] Il sistema
romano-bizantino della iugatio-capitatio, istituito da Diocleziano e rimasto in
vigore fino al VII secolo,[138] stabiliva infatti in anticipo l'ammontare della
tassa in annona (spesso commutata in denaro per aderazione) che i contribuenti
dovevano sborsare, senza tener conto di eventuali devastazioni ad opera di
invasori, carestie, epidemie e altri fattori che potessero provocare un cattivo
raccolto; solo in casi di devastazioni molto gravi le autorit� riducevano
temporaneamente il carico fiscale della provincia colpita dalla catastrofe.[139]
Nonostante la "Prammatica Sanzione" avesse stabilito che le tasse non sarebbero
state incrementate rispetto all'epoca gotica, evidentemente i danni provocati dalle
devastazioni belliche e le continue pestilenze e carestie che afflissero la
penisola tra il 562 e il 571 avevano reso molto difficile pagarle e, del resto,
sembra che Narsete non ricevesse sussidi da Costantinopoli, ma dovesse provvedere
da s� per il mantenimento dell'esercito e dell'amministrazione, venendo quindi
costretto ad incrementare la pressione fiscale.[140] A ci� si aggiunse la
corruzione di taluni funzionari imperiali, i quali abusavano del proprio potere per
arricchirsi a spese dei sudditi e dello Stato, male tipico del Tardo Impero romano.
I provvedimenti di Giustiniano per alleviare l'oppressione fiscale, come una
moratoria di cinque anni per coloro i quali si fossero indebitati durante la
guerra, oppure i vari tentativi di porre fine alla corruzione dei funzionari
fiscali, non ebbero inoltre particolare successo e, in un'epistola diretta alla
moglie dell'imperatore Maurizio (risalente alla fine del VI secolo), papa Gregorio
Magno si lament� delle iniquit� commesse dagli esattori imperiali in Sicilia,
Sardegna e Corsica che avevano spinto parte della popolazione ad emigrare nella
�nefandissima nazione dei Longobardi�.[141]

Non va nemmeno dimenticata l'impellente necessit� di entrate che affliggeva


l'Impero romano d'Oriente, a causa non solo del fatto che il lungo conflitto aveva
drenato le casse dello Stato ma anche a causa dell'epidemia di peste del 542, che
aveva compromesso gravemente l'economia statale.[142] Storici moderni hanno
attribuito molti degli abusi commessi dai ministri di Giustiniano alla necessit� di
mantenere il bilancio in attivo nonostante l'epidemia di peste avesse ridotto di
molto le entrate statali, provocando al contempo una netta crisi nei commerci,
nell'agricoltura e in altri settori dell'economia.[143]

A vanificare, almeno a breve termine, ogni possibile, anche se molto difficile,


tentativo di ripresa dell'Italia, fu l'invasione dei Longobardi (568) che provoc�
devastazioni e saccheggi nella penisola, a dire di Ravegnani �per nulla inferiori a
quelli della guerra gotica�.[144] I Longobardi in un primo momento esercitarono sui
Romanici un brutale diritto di conquista[145], e si narra che Venezia sia sorta
proprio perch� gli abitanti, in cerca di riparo dai Longobardi, si sarebbero
stanziati nelle lagune. Durante il Periodo dei Duchi (574-584), le condizioni degli
italici sottomessi ai Longobardi si aggravarono, avendo i duchi �spogliato le
chiese, ucciso i sacerdoti, rovinato le citt� e decimato le popolazioni che erano
cresciute come messi sui campi�;[146] nello stesso capitolo Paolo Diacono sostiene
che �molti nobili Romani furono uccisi per cupidigia�, mentre gli altri furono
�divisi tra i Longobardi secondo il sistema dell'ospitalit� e �resi tributari con
l'obbligo di versare la terza parte dei loro raccolti ai Longobardi�.[146][147] I
duchi longobardi, inoltre, condussero scorrerie nei territori ancora in mano
bizantina, saccheggiando le chiese, violentando i monaci e devastando a tal punto
la citt� di Aquino che dopo alcuni anni era senza popolo e senza vescovo; Roma,
minacciata, richiese aiuti militari sia all'Imperatore che dai Franchi, ma senza
risultati.[148]

Tuttavia, gi� ai tempi di Autari (584-590), le condizioni dei Romanici sotto il


dominio longobardo migliorarono:

�C'era per� questo di meraviglioso nel regno dei Longobardi: non c'erano violenze,
non si tramavano insidie; nessuno opprimeva gli altri ingiustamente, nessuno
depredava; non c'erano furti, non c'erano rapine; ognuno andava dove voleva, sicuro
e senza alcun timore.�

(Paolo Diacono, Historia Langobardorum, III,16.)


Il suo successore Agilulfo avvi� la conversione al cattolicesimo del suo popolo e,
su richiesta di papa Gregorio Magno, firm� nel 598 una tregua con Bisanzio che,
salvo alcune sporadiche guerre (601-603; 605; 617-619; 639-643; 663), fu rinnovata
quasi ogni anno e port� la pace in Italia per quasi tutto il VII secolo,
consentendole una graduale ripresa. Nell'VIII secolo, ai tempi del re longobardo
Liutprando, i Longobardi erano in gran parte romanicizzati, abbandonando molti dei
loro costumi adottando invece quelli romanici, e si verific� una relativa ripresa
demografica ed economica, con l'espandersi del commercio, che provoc� a sua volta
un'espansione dell'economia monetaria; anche se non si raggiunse mai una completa
parificazione sociale, le condizioni dei Romanici migliorarono al punto che alcuni
di essi riuscirono, in virt� delle loro capacit� e di un po' di fortuna, a
ricoprire posizioni di un certo rilievo nella societ� longobarda.[149] La completa
ripresa economica dell'Italia, in ogni modo, potr� dirsi conclusa non prima della
nascita e dello sviluppo dei primi comuni (XI secolo).[123]

Conquista effimera: l'invasione longobarda e la perdita dell'unione politica


Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Regno
longobardo ed Esarcato d'Italia.

L'Italia nel 572.


La conquista di alcune regioni italiane risult� essere effimera per i Bizantini,
mentre il dominio di altre si protrasse per alcuni secoli. Stando a ci� che scrive
Paolo Diacono, dissensi fra Narsete e il nuovo imperatore Giustino II (oppure, come
indica Paolo Diacono con ironia, le continue contumelie dell'imperatrice Sofia),
spinsero il primo a chiamare in Italia il re dei Longobardi Alboino.[150] Tali
asserzioni sono prive di fondamento storico:[151] gli storici moderni ritengono pi�
probabile che i Longobardi abbiano invaso l'Italia piuttosto perch� pressati
dall'espansionismo degli Avari;[152][153] altri studiosi invece, nel tentativo di
rendere pi� credibile la leggenda dell'invito di Narsete, hanno congetturato che i
Longobardi potrebbero essere stati invitati in Italia dal governo bizantino con
l'intenzione di utilizzarli come foederati per contenere eventuali attacchi
franchi, ma le loro asserzioni non sono verificabili e universalmente condivise.
[154] Secondo la tradizione riportata da Paolo Diacono, il giorno di Pasqua del 568
Alboino entr� in Italia; sono state avanzate varie ipotesi sui motivi per cui
Bisanzio non ebbe la forza di reagire all'invasione:[145][154]

la scarsit� delle truppe italo-bizantine, indebolite anche da una pestilenza


seguita da una carestia;
la mancanza di un generale talentuoso dopo la rimozione di Narsete;
il probabile tradimento dei Goti presenti nelle guarnigioni che, secondo alcune
ipotesi, avrebbero aperto le porte ai Longobardi;
l'alienazione delle genti locali per la politica religiosa di Bisanzio;
la possibilit� che potrebbero essere stati i Bizantini stessi a invitare i
Longobardi nel nord Italia per utilizzarli come foederati;
la prudenza dell'esercito bizantino che in genere, invece di affrontare subito gli
invasori con il rischio di farsi distruggere le proprie truppe, attendeva che si
ritirassero con il loro bottino e solo in caso di necessit� interveniva.
Cos� negli anni settanta del secolo i Longobardi posero la loro capitale a Pavia
conquistando tutto il nord della penisola tranne le coste della Liguria e del
Veneto. Al centro e al sud si formarono invece i ducati longobardi di Spoleto e di
Benevento: i duchi fondatori (Faroaldo a Spoleto e Zottone a Benevento) non
sembrerebbero essere venuti in Italia con Alboino, ma secondo alcune congetture -
ora divenute maggioritarie - sarebbero arrivati in Italia gi� prima del 568, come
foederati al servizio dell'Impero rimasti dopo la guerra gotica; solo nel 576, dopo
il fallimento della spedizione contro i Longobardi del generale bizantino Baduario,
i foederati longobardi di Spoleto e Benevento si sarebbero rivoltati a Bisanzio,
formando questi due ducati autonomi.[155] Dopo la formazione dei due ducati
longobardi meridionali, Roma era apertamente minacciata e nel 579 fu essa stessa
assediata; il senato romano invi� richieste di aiuto all'imperatore Tiberio II ma
questi, essendo impegnato sul fronte orientale, non pot� far altro che consigliare
al senato di corrompere col denaro i duchi longobardi per spingerli a passare dalla
parte dell'Impero e combattere in Oriente al servizio di Bisanzio contro la Persia,
oppure di comprare un'alleanza con i Franchi contro i Longobardi.

Per arginare l'invasione longobarda il nuovo imperatore Maurizio prese nuovi


provvedimenti nell'Italia bizantina, decidendo di sopprimere la "prefettura del
pretorio d'Italia" sostituendola con l'"Esarcato d'Italia" governato da un esarca,
la massima autorit� civile e militare della nuova istituzione; la carica di
"prefetto d'Italia" non venne abolita fino ad almeno a met� del VII secolo anche se
divenne subordinata all'esarca.[156] Il primo riferimento nelle fonti dell'epoca
all'esarcato e all'esarca si ha nel 584 in una lettera di papa Pelagio II in cui si
menziona per la prima volta un "esarca" (forse il patrizio Decio citato nella
medesima lettera); secondo storici moderni l'esarcato, all'epoca della lettera
(584), doveva essere stato istituito da poco tempo.[156] I confini dell'Esarcato
d'Italia non furono mai definiti dato l'incessante stato di guerra tra Bizantini e
Longobardi.

Grazie alla riforma mauriziana, Roma e parte del Lazio, Venezia, Ravenna e la
Romagna, la Sicilia e la Sardegna resteranno in mano bizantina per altri due
secoli, e vaste zone costiere dell'Italia del sud faranno parte dell'Impero romano
d'Oriente fino alla conquista normanna (XI secolo). Inoltre, la differenziazione
fra domini longobardi nella terraferma, tipicamente organizzati in ducati (tra i
principali, Friuli, Trento, Verona, Brescia, Bergamo, Pavia, Tuscia, Spoleto,
Benevento), e domini bizantini sulla costa (Venezia, Napoli, Ravenna, la
Pentapoli), diede avvio a un processo di frammentazione politica che sar� tipico
dell'Italia fino al XIX secolo.

Fonti storiografiche
La gran parte delle informazioni oggi disponibili sulla guerra gotica sono state
tramandate da Procopio di Cesarea, segretario di Belisario, in 4 degli 8 libri che
formano la sua Storia delle guerre di Giustiniano. Procopio partecip� direttamente
alle prime fasi del conflitto, in particolare durante il primo assedio di Roma
(537-538); lo storico, per�, non era favorevole a Giustiniano e per tale ragione,
secondo alcuni studiosi, le sue affermazioni e valutazioni non sono sempre
attendibili. Non vanno dimenticate le Storie di Agazia, continuatore di Procopio,
che narr� la campagna di Narsete contro i Franchi e gli Alemanni (553-554).

Un'altra fonte per la conoscenza del popolo dei Goti � offerta dal De Bello Gothico
("La guerra gotica"), un panegirico composto da Claudio Claudiano dove per� in
realt� si celebra un episodio delle invasioni barbariche accaduto pi� di 150 anni
prima, in particolare la battaglia di Pollenzo e la cacciata di Alarico
dall'Italia. La storia � raccontata dal punto di vista di Flavio Stilicone,
generale dell'Impero Romano d'Occidente, che Claudiano definisce come "il
restauratore della gloria della civilt�".

Infine, una testimonianza importante � fornita dalla opera De origine actibusque


Getarum dello storico Giordane, meglio nota come Getica: Giordane, essendo di
origine gotica, fornisce una visione complementare di molti fatti testimoniati da
Procopio.

Influenze sulla letteratura e sulle arti


Sembra che la guerra gotica abbia suscitato l'interesse di Torquato Tasso: infatti,
come scrisse Edward Gibbon nella sua opera Storia del declino e della caduta
dell'Impero romano (Capitolo 43):[157]

�Procopio riferisce tutta la serie di questa seconda guerra gotica e della vittoria
di Narsete (l. IV c. 21, 26-35). Splendido quadro! Fra i sei argomenti di poema
epico che il Tasso volgeva in mente, egli esitava tra la conquista d'Italia fatta
da Belisario e quella fatta da Narsete (Hayley's Works, vol. IV p. 70).�

Il letterato vicentino Gian Giorgio Trissino (1478-1550) dedic� alla guerra gotica
addirittura un poema epico, L'Italia liberata dai Goti, definito da alcuni critici
letterari come �il poema pi� noioso della letteratura italiana�.[158] Il poema in
questione, in 27 canti e in endecasillabi sciolti, � dedicato all'Imperatore
mecenate Carlo V d'Asburgo:[158] esso inizia con Giustiniano che riceve da un
angelo che gli appare in sogno la missione di liberare l'Italia dalla tirannia
degli eretici Ostrogoti (di fede ariana);[158] Giustiniano affida quindi la
missione a Belisario ma, dopo alcuni iniziali successi, la profanazione di un
altare da parte di un soldato greco fa s� che la Vergine Maria inizi a favorire gli
Ostrogoti, con il risultato che Belisario viene sconfitto.[158] La guerra comunque
volge in favore di Bisanzio grazie all'arrivo di una nuova armata condotta da
Narsete che, dopo aver vinto il re goto Vitige in una disfida tra 12 guerrieri
greci e 12 guerrieri ostrogoti, lo fa catturare e sottomette tutta l'Italia a
Bisanzio, riunendola all'Impero.[158]

Nel 1876 il letterato tedesco Felix Dahn scrisse il romanzo storico Ein Kampf um
Rom (traduzione letterale: Guerra per Roma), ispirato liberamente all'opera di
Procopio di Cesarea. Esso narra la lotta tra Bizantini e Ostrogoti per il possesso
di Roma e dell'Italia, ma inserisce anche una terza fazione, quella capeggiata dal
senatore romano fittizio Cetego, il quale vorrebbe restaurare l'Impero romano
d'Occidente, cacciando sia i Greci che gli Ostrogoti dalla penisola; alla fine del
romanzo il re ostrogoto Teia viene sconfitto dal generale Narsete, portando alla
rovina della nazione ostrogota, sottomessa a Bisanzio. Per questi motivi, il
romanzo � stato interpretato a posteriori come una predizione della caduta
dell'Impero tedesco (Secondo Reich) al termine della prima guerra mondiale. Per
l'inserimento nel romanzo di diversi atti di sacrificio eroici, il romanzo venne a
lungo considerato "per ragazzi", venendo letto da generazioni di adolescenti
tedeschi.

Nel 1968 e nel 1969 usc� anche un adattamento cinematografico in due parti
dell'opera di Dahn, Kampf um Rom I e Kampf um Rom II - Der Verrat. Il film, a cui
prese parte persino Orson Welles, usc� anche in Italia con il titolo La calata dei
Barbari, ma in versione rimaneggiata: per ridurre le due parti del film in una
sola, furono tagliate diverse scene, con il risultato che la versione italiana dura
solo 89 minuti contro i 189 minuti della versione originale.[159]

Potrebbero piacerti anche