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Dalle reti locali alla televisione digitale, passando per il satellite, fino alle piattaforme
come Netflix, la neo-televisione si presenta oggi più che mai come un dispositivo mobile
di distribuzione di messaggi. In questo senso l’accumulazione di tecnologie ci obbliga a
dover riconsiderare la stratificazione delle nuove configurazioni egemoniche. Accanto
alla comunità nazionale, infatti, si stringono nuove comunità affettive composte da
collettivi che si riconoscono in determinati contenuti, format, affetti. Come ripensiamo e
riformuliamo le nostre categorie di popolare rispetto a questi cambiamenti? É possibile
immaginare la riappropriazione di tecnologie di distribuzione e la produzione di
contenuti che non abbiano come fine trasmettere un messaggio, quanto piuttosto
raccogliere comunità affettive di soggetti che agiscono il cambiamento?
Esiste una questione preliminare che riguarda il vettore su cui si sposta il testo/flusso
televisivo; questo non è uno strumento neutro rispetto alle implicazioni politiche
interpellate dal regime di visibilità. L'asservimento macchinico cattura le componenti
pre-individuali, pre-verbali pre cognitive del soggetto rendendolo ingranaggio della
macchina stessa. Prima di tutto di cosa stiamo parlando quando parliamo di
neo-televisione? Se in passato l'accumulazione di cambiamenti tecnologici aveva
materialmente permesso di intervenire sullo scorrere del tempo per poter determinarne
ritmi, consumi e modelli di vita oggi le recenti innovazioni “macchiniche” ( telecomando,
digitale, distribuzione di stagioni intere, contemporaneità) hanno riformulato tempi e
spazi di consumo e di vita. Mentre combattiamo con l’attitudine bulimica in cui ci
coinvolgono le piattaforme di distribuzione delle serie televisive e dei format on line, ci
domandiamo se l'ottimismo di poter controllare al massimo la propria vita con la
televisione on demand, sia messo in discussione dalla realtà di una televisione sempre
più demanding. Come attuare un intervento di insubordinazione alla macchina, liberarsi
e rovesciare l’asservimento macchinico? Come valorizzare nuove possibilità di
interazione tecnologica, mutuando e modificando strutture (gabbie) narrative,
detournando, ibridando i generi ed inventandone nuovi, dando spazio a forme di
resistenza culturale (e politica) e cooperazione del comune? In che modo ci
riappropriamo della tecnologia battendo i nostri ritmi e ed un altro tempo al fine di
liberare le nostre esistenze?