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Leggiamo un brano di Plotino, grandissimo filosofo greco del III secolo d.C., e poi diremo qualche
parola di commento.
Un brano molto bello e anche in sintonia - per certi versi - con quella che è la pratica della meditazione.
"Non smettere di scolpire la tua propria statua interiore": è questo il senso corretto in cui intendere il
lavoro meditativo. Lavoriamo per un percorso di purificazione, di pulizia, non di accumulo. Non
aggiungiamo nulla, bensì togliamo. Togliamo qui, togliamo là, decostruiamo, destrutturiamo, e
progressivamente si rivela quella bellezza, quella purezza silenziosa, quel Bene già e sempre presente in
noi, nascosto da tanti strati inutili e deturpanti.
Un'altra frase interessante è: "Anche rimanendo quaggiù tu sei salito né più hai bisogno di chi ti guidi".
È uno dei principi su cui si fonda la pratica meditativa. Cioè l'assoluta certezza che non viviamo in una
valle di lacrime da cui è impossibile uscire, ma che c'è invece una reale possibilità di crescita, di salita
rispetto all'indifferenza di molti, alla superficialità quotidiana. La guida la scopriamo e la coltiviamo in
noi stessi: non siamo più alla ricerca affannosa, adolescenziale, dualistica di qualche guru, santone, di un
maestro nelle cui mani porre il proprio destino. Non in un atteggiamento anarchico e violento di
ribellione, ma quieto e rilassato di equanime benevolenza e abbandono fiducioso alla propria natura
originaria.
Un'altra esperienza vissuta dal meditante e che ritroviamo in questo brano è che solo il simile conosce il
simile. Un'anima non vedrebbe il bello se non fosse bella, dice Plotino. Qui ritorna il nostro tema del
rapporto tra interno ed esterno: più mi purifico internamente, maggiore è la purezza che trasferisco e
vedo all'esterno. Ma anche: più mi elevo ad una purezza via via più assoluta, e più mi avvicino e mi
rendo sensibile alla vera natura del Sé.