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N. 09361/2018 REG.RIC.

Pubblicato il 21/03/2019 03798 2019 REG.PROV.COLL.


N. _____/____
N. 09361/2018 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9361 del 2018, proposto da


Giunta Natale, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Geraci, con domicilio digitale
come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Palermo, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale
dello Stato, con domicilio eletto ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
previa sospensione dell’efficacia
- del provvedimento contenuto nella nota prot. n. 1235/18 – S.d.S. –n.c. del 10
luglio 2018 (che pure si impugna) della Prefettura di Palermo, notificata il 17 luglio
2018, con la quale sono state comunicate le “motivazioni che hanno supportato la
revoca della misura ravvicinata” della “tutela su autovettura non protetta (4° livello
di rischio)” (provvedimento ad oggi non conosciuto e che pure si impugna), nonché
è stato negato l'accesso al provvedimento di revoca della suddetta misura di
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protezione personale nei confronti del ricorrente;


- del provvedimento del Ministero dell'Interno – Dipartimento della P.S. – Ufficio
Centrale Interforze per la Sicurezza Personale, adottato a seguito di proposta
formulata dalla Prefettura di Palermo (proposta che pure si impugna) con il quale è
stata disposta la revoca della misura della “tutela su autovettura non protetta (4°
livello di rischio)”, mai notificato, di cui, pertanto, si ignorano attualmente gli
estremi, la data e il contenuto;
- (ove occorra e per quanto di ragione) dei verbali delle riunioni di coordinamento
delle forze di polizia territoriali, ad oggi sconosciuti, e citati nella suddetta nota del
10.7.2018 della Prefettura di Palermo prot. n. 1235;
- (ove occorra e per quanto di ragione) del provvedimento n. 601/1B16
15452V/5605/OES/2018/R del 28 giugno 2018 indicato nella nota prot. n. 1235/18
– S.d.S. –n.c. del 10/07/2018, ad oggi non conosciuto;
- nonché degli atti tutti presupposti, connessi e consequenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;


Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio
Territoriale del Governo Palermo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2018 la dott.ssa Francesca
Romano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Con ricorso notificato il 27 luglio 2018 e depositato il successivo 1° agosto, il
sig. Giunta Natale ha adito questo Tribunale al fine di ottenere l’annullamento del
provvedimento del 10 luglio 2018, prot. n. 1235 con il quale la Prefettura di
Palermo ha lui comunicato la disposta revoca della misura di protezione della tutela
su autovettura non protetta (4°livello di rischio), nonché degli altri provvedimenti
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presupposti e connessi, come in epigrafe specificati.


2. Il ricorrente è un giovane imprenditore siciliano, chef di fama mondiale, vittima
di richieste estorsive quando, nel 2012, decise di avviare un’azienda fornitrice di
servizi di catering e banqueting.
Determinato a non cedere alle minacce ricevute, ha denunciato le estorsioni subite e
ha collaborato attivamente con le autorità inquirenti nell’istruzione del processo che
ha portato alla condanna definitiva di cinque imputati.
In conseguenza ai numerosi gravi episodi intimidatori di cui lo stesso è stata
vittima nel 2012 e nei primi mesi del 2013, il Ministero dell’Interno ha disposto,
nei suoi confronti, la misura della “tutela su autovettura non protetta”,
corrispondente al 4° livello di rischio di cui al d.m. 28 maggio 2003.
Nonostante la conclusione dei processi e la reclusione dei responsabili delle
estorsioni, il ricorrente ha continuato ad essere esposto ad ulteriori intimidazioni.
In particolare:
- nel febbraio 2015, il ricorrente ha subito il danneggiamento del bagno del locale e
delle fotocellule del sistema di allarme, che sono stati distrutti a colpi di bottiglia;
- nella notte fra l’1 ed il 2 marzo 2015, malgrado il sistema di allarme e i controlli
notturni dei carabinieri nel sito, alcuni malfattori sono riusciti ad entrare nel suo
ristorante e a distruggere la porta della cucina a colpi di mazza e picconi;
- nel maggio 2016, le videocamere hanno ripreso l’ennesimo raid nel ristorante del
ricorrente: cinque malviventi sono penetrati all’interno del locale, distruggendo la
cucina, urinano sui dolci ivi riposti che subito dopo hanno scagliato contro i
furgoni aziendali;
- appena 48 ore dopo i malviventi hanno provato nuovamente a colpire l’attività
dello chef, cercando di scardinare la porta secondaria del suo ristorante. Il tentativo
questa volta viene sventato dall’allarme, che scattando, ha messo in fuga i
malviventi;
- nel giugno 2016 si è verificato il quarto furto al ristorante. Dal sistema di
sorveglianza è emerso che i ladri sono entrati nel sito con il proprio furgone e
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hanno rubato 48 sedie, per un valore complessivo di 5000 euro;


- nel marzo 2017, è stata recapitata al ricorrente, presso la sua abitazione, una busta
contenente una missiva dal tenore intimidatorio ed una cartuccia per arma da fuoco.
Le indagini su tale atto intimidatorio sono ancora in corso;
- il 15 giugno 2018, ignoti hanno lanciato delle uova ai clienti del locale sito a
Palermo;
- inoltre, come denunciato alle Autorità in data 19 giugno 2018, unitamente
all’episodio appena citato, si sono verificati tra l’11 e il 16 giugno, ulteriori episodi
in danno dei dipendenti del ricorrente;
- ed ancora, il 23 luglio 2018, durante la notte ignoti hanno rotto il finestrino della
vettura del Giunta posteggiata sotto casa.
Ciò nonostante, il ricorrente ha ricevuto la nota della prefettura con cui, in data 10
luglio 2018, è stata lui comunicata la decisione dell’Ufficio Centrale Interforze del
Ministero dell’Interno di revoca della misura di protezione della quale era stato
destinatario e il diniego d’accesso agli atti del relativo procedimento, perché
classificati come riservati.
3. Avverso le gravate determinazioni, il ricorrente deduce i seguenti motivi di
diritto:
I. Sul diniego di accesso:
1) Violazione dell’art. 24 cost. e degli artt. 22 ss., legge n. 241/1990, nonché
dell’art. 3, legge n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di motivazione.
II. Sul provvedimento di revoca:
1) Violazione dell’art. 7, legge n. 241/1990. Mancata comunicazione dell’avvio del
procedimento. Violazione dell’art. 24 cost. Eccesso di potere per difetto di
istruttoria.
2) Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di
motivazione
3) Violazione dell’art. 97 cost. Eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità
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dell’azione amministrativa; erroneità dei presupposti.


2. In sede monocratica, essendo stati ravvisati i presupposti dell’estrema gravità ed
urgenza, con decreto presidenziale n. 4686 del 2 agosto 2018, è stata accolta la
misura cautelare richiesta.
3. L’amministrazione si è costituita in giudizio.
4. Parte ricorrente, in data 7 settembre 2018, ha depositato copia della denuncia di
altri fatti intimidatori compiuti nei suoi confronti negli ultimi giorni nonché il
documento attestante l’avvenuto ripristino della misura di protezione, da parte
dell’amministrazione, in adempimento del decreto cautelare.
5. All’esito della camera di consiglio del 12 settembre 2018 è stata confermata la
misura cautelare già adottata in sede monocratica ed è stato altresì richiesto
all’amministrazione di depositare gli atti del procedimento de quo.
6. L’amministrazione ha adempiuto alle richieste istruttorie depositando in giudizio
il provvedimento di revoca delle misure del 17 maggio 2018 e gli stralci dei verbali
delle riunioni di coordinamento delle Forze di Polizia.
7. Il ricorrente ha, infine, depositato la denuncia di un ulteriore furto avvenuto nella
sua abitazione in data 11 settembre 2018, dalla quale è stato, tra l’altro, portato via
lo zaino contenente gli effetti personali.
8. Alla pubblica udienza del 18 dicembre 2018 la causa è stata discussa per passare,
infine, in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
L’amministrazione ha depositato in giudizio il provvedimento, finora ignoto al
ricorrente, con cui, all’esito di varie riunioni tecniche di coordinamento delle Forze
di Polizia, l’Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza Personale, ha disposto la
revoca del dispositivo di 4° livello “tutela su auto non protetta” attuato nell’ambito
della sola regione Sicilia, ed il contestuale mantenimento di un servizio di vigilanza
dinamica presso le sedi delle attività imprenditoriali nonché vigilanza generica
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radiocollegata in prossimità delle abitazioni dell’interessato e della madre, poiché


“è stata riscontrata una insussistenza di episodi di possibile natura intimidatoria e
di accadimenti eventualmente pregiudizievoli per la sicurezza personale del
nominato in oggetto” (provvedimento n. 601/I/B16 /15452P)/4363 del 17 maggio
2018).
Il contenuto del provvedimento di revoca è stato reso noto al ricorrente dal Prefetto
di Palermo con nota del 10 luglio 2018, oggetto del presente gravame, in cui, oltre a
dar conto della permanenza delle altre misure di protezione territoriali, si dà altresì
atto della valutazione dell’episodio dell’8 marzo 2017 quando al sig. Giunta è stata
recapitata una missiva dal tenore intimidatorio, contenente un proiettile, nonostante
il quale sono state ritenute comunque adeguate le misure territoriali in atto vigenti
per l’imprenditore.
2. In considerazione dell’avvenuta ostensione di tutti gli atti procedimentali in
corso di causa, deve innanzitutto essere dichiarata la sopravvenuta carenza di
interesse rispetto al motivo spiegato avverso il diniego di accesso.
3. Con riguardo all’impugnazione, in via principale, della revoca delle misure di
protezione di 4° livello, con il primo motivo di ricorso è censurata la violazione
dell’art. 7, l. n. 241/1990 per la mancata comunicazione dell’avvio del
procedimento di revoca.
Il motivo è meritevole di accoglimento.
Costituisce, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza amministrativa quello
secondo cui ogni volta che la p. a. intenda emanare un atto di secondo grado
(annullamento, revoca, decadenza), incidente su posizioni giuridiche originate dal
precedente atto, oggetto della nuova determinazione amministrativa di rimozione, è
necessaria la comunicazione dell'avvio del procedimento, ai sensi dell'art. 7 l. 7
agosto 1990 n. 241, qualora non sussistano ragioni di urgenza da esplicitare
adeguatamente nella motivazione del provvedimento (in tal senso, Tar Campania,
Salerno, II, 12 dicembre 2011, n. 1983).
Il principio è stato ribadito, da questa Sezione, peraltro, proprio con specifico
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riferimento ad un analogo provvedimento di revoca della misura di protezione su


auto non protetta (Tar Lazio, I ter, 23 febbraio 2015, n. 3148).
Poiché l’amministrazione non ha in alcun modo esplicitato le ragioni di urgenza
volte a giustificare la mancata comunicazione di avvio del procedimento di secondo
grado, l’omessa comunicazione è da ritenersi illegittima non avendo reso possibile
la partecipazione del soggetto inciso dalla disposta revoca.
Il provvedimento adottato in aperta violazione dei principi posti agli artt. 7 ss, l. n.
241/1990 è, sotto tale profilo, illegittimo.
4. Ma il provvedimento, a giudizio del collegio, come già rilevato in sede cautelare,
si palesa illegittimo anche sotto i dedotti vizi del difetto di motivazione e
dell’erroneità dei presupposti, sollevati con il secondo ed il terzo motivo di ricorso.
Giova chiarire, al riguardo, che l’oggetto della revoca impugnata è una misura di
protezione personale disposta nei confronti dell’odierno ricorrente ai sensi e per gli
effetti del decreto legge n. 83/2002, convertito con modificazioni in legge n.
133/2002.
Tale normativa prevede specifiche forme di tutela e di protezione in favore “delle
persone che per le funzioni esercitate o che esercitano o per altri comprovati
motivi, sono soggette a pericoli o minacce, potenziali o attuali, nella persona
propria o dei propri familiari, di natura terroristica o correlati al crimine
organizzato, al traffico di sostanze stupefacenti, di armi o parti di esse, anche
nucleari, di materiale radioattivo e di aggressivi chimici e biologici o correlati ad
attività di intelligence di soggetti od organizzazioni estere” (art. 1, comma 1, d.l.
83/2002).
Al fine di garantire tale speciale protezione, detta legge ha istituito un apposito
apparato che opera su due livelli: uno periferico, l’Ufficio provinciale per la
sicurezza personale, presso ogni Prefettura, con compiti propositivi, e l’altro
centrale, l’Ufficio Centrale interforze per la sicurezza personale (UCIS), con
compiti decisionali.
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Le misure di protezione e vigilanza sono, nello specifico, individuate dal d.m. 28


maggio 2003 che prevede, all’art. 8, quattro livelli di rischio in ordine decrescente e
quattro correlati dispositivi di protezione.
L’odierno ricorrente, a seguito: a) delle denunce sporte contro esponenti della
consorteria mafiosa, b) della collaborazione fornita nelle indagini che hanno poi
condotto alla condanna di cinque imputati e c) del ruolo esemplare assunto
nell’ambito dell’anti-racket, quantomeno per la comunità locale, è stato oggetto di
specifica valutazione da parte dell’apparato amministrativo, quale persona soggetta
ai peculiari pericoli contemplati dalla legge e, all’esito di tale valutazione, è stato
ritenuto esposto ad uno dei suddetti livelli di rischio e, segnatamente, al quarto
livello di rischio, ragione per la quale è stata disposta nei suoi confronti la apposita
misura della “tutela su auto non protetta” contemplata dal citato D.M. del
28.5.2003.
Appare evidente come, a fronte di una così approfondita e specifica valutazione
posta alla base della originaria erogazione della misura di protezione in questione,
la opposta decisione della revoca della misura medesima non possa essere adottata
se non sulla base di una valutazione e, dunque, di una motivazione, altrettanto
approfondita e specifica in ordine alla situazione di rischio in cui versa il soggetto
protetto, motivazione che, nel caso di specie, è invece del tutto mancata.
Il ricorrente ha, infatti, ampiamente documentato e rappresentato in giudizio la
considerevole serie di atti intimidatori di cui è stato ininterrottamente vittima a
decorrere dalla sue prime denunce alle autorità di pubblica sicurezza ed aventi ad
oggetto le richieste estorsive subite.
Atti intimidatori che non solo si sono susseguiti nel tempo a partire dal 2012 ma
che hanno persino raggiunto un livello di considerevole gravità con l’episodio, più
recente in ordine temporale, allorquando il ricorrente ha ricevuto una lettera
intimidatoria corredata dall’invio di un proiettile, nel marzo del 2017.
Ciò nonostante, nel verbale di riunione di coordinamento del 4 maggio 2018 si
afferma, apoditticamente, che “non sono stati rilevati ulteriori elementi
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confermativi in merito alla sussistenza di una concreta ed attuale esposizione del


sig. Giunta a pericoli o minacce correlabili ad uno dei livelli contemplati dal
richiamato d.m., anche in considerazione dell’ormai lontananza nel tempo degli
episodi di presumibile natura intimidatoria”.
Episodi che ben lungi dall’essere risalenti, giova ribadire, si sono peraltro verificati
sino alla prossimità della camera di consiglio quando il ricorrente subiva un furto
dalle dubbie modalità attuative.
In conclusione ed in relazione a tutte le rappresentate circostanze, non risultano
essere state operate adeguate ed approfondite valutazioni, ad opera delle competenti
autorità, in relazione alla situazione di potenziale pericolo alla quale potrebbe
essere ancora esposto l’interessato.
5. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve, quindi, essere
accolto con conseguente annullamento del gravato provvedimento di revoca del 17
maggio 2018, oggetto della comunicazione prefettizia del 10 luglio 2018, con
obbligo per l’Amministrazione di rivalutare la situazione dell’interessato.
6. Sussistono gravi ed eccezionali motivi, legati alla particolarità della vicenda e
delle questioni trattate, per compensare le spese di giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e,
per l’effetto annulla il gravato provvedimento di revoca.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno
2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla
Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro
dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2018 con
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l'intervento dei magistrati:


Germana Panzironi, Presidente
Anna Maria Verlengia, Consigliere
Francesca Romano, Primo Referendario, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesca Romano Germana Panzironi

IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini
indicati.

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