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1.

Premessa
Una recente analisi dell’agenzia di rating Moody’s sulle implicazioni finanziarie
dell’investimento nucleare ci permette alcune riflessioni e confronti con la situazione
italiana, dove Enel, in accordo con il governo e insieme con EDF (Electricité de France),
ha proposto la realizzazione di ben quattro reattori nucleari da 1,6 GW a tecnologia EPR
francese.
La decisione del governo italiano di tornare al nucleare è in contrasto con molte
analisi secondo cui non solo il nucleare è troppo costoso ma è anche rischioso sia
per l’ambiente che per la salute dei cittadini.
Per valutare su scala finanziaria ed economica gli effetti del nucleare in Italia siamo partiti
da uno studio di Moody’s.
Moody’s sviluppa la sua analisi definendo un'azienda elettrica “modello” statunitense,
solida, denominata genericamente ‘NukeCo.’ e ha valutato gli effetti sui suoi conti della
decisione di costruire un nuovo impianto nucleare.
Nel documento di Moody's si evidenziano le problematiche dell'investimento nucleare, sia
per gli effetti sul rating dell'azienda elettrica, che tende a peggiorare, sia, più in generale,
per la reale convenienza di un investimento ingente, rischioso e a lungo termine.
Le conclusioni di Moody's confermano tutte le perplessità del mercato ad investire sul
nucleare. Tuttavia, riportando l'analisi al caso del possibile rilancio del nucleare in Italia,
l’analisi puramente economica-finanziaria va integrata con considerazioni sul contesto nel
quale Enel ed EdF si muovono. In Italia e in Francia, infatti, il peso della decisione politica
è ancora in grado di incidere profondamente sulle scelte industriali dei due colossi
dell’energia.

2. L'analisi di Moody's sul rating nel nucleare


Il costo e la complessità di costruzione di un nuovo impianto nucleare può indebolire i
parametri finanziari di un’impresa elettrica, e porre sotto pressione il suo rating per
parecchi anni. Questo è ciò che emerge dall’analisi condotta dagli analisti di Moody’s
attraverso un modello di calcolo finanziario basato su previsioni a 15 anni dei parametri di
aziende elettriche USA coinvolte nel nucleare.
Attraverso il suo modello di calcolo, Moody’s deduce che un’azienda elettrica che si lancia
nell’impresa di costruzione di un nuovo impianto nucleare, può dover subire un
deterioramento compreso tra il 25% e il 30% del livello di rating. Per un’azienda
quotata in borsa, un abbassamento del rating è tutt’altro che indolore. Il rating misura
infatti il prezzo da pagare al rischio d’investimento: più il rating si abbassa, più l’azienda
deve pagare per ‘soddisfare’ gli investitori. Quando il rating scende aumenta il rischio, e
tale aumento deve essere compensato da un aumento del premio pagato a chi investe.
Inoltre, il declassamento del rating provoca un rialzo degli interessi e dunque un aumento
degli oneri finanziari.
Sintesi del risultato del modello applicato da Moody’s:
• all’inizio della costruzione dell’impianto, e per i primi anni, si ha uno scarso effetto sul
rating, mentre gli effetti diventano rilevanti tra il quinto e il decimo anno, quando il
deterioramento dei parametri-chiave del credito diviene significativo; nel caso descritto dal
modello, l’azienda “NukeCo.” subisce la riduzione del rating da ‘A’ al livello inferiore
‘Baa’.

3. Il costo medio del capitale nel nucleare


La costruzione di un impianto nucleare comporta un investimento di svariati miliardi di
euro. L'ingente esborso, che si protrae per oltre 15 anni, viene coperto di norma da un mix
di debito (70%) e capitale proprio (noto anche come “equity”, 30%).
Un parametro di riferimento è il costo medio pesato del capitale, Wacc, (weighted average
capital cost, in inglese), che è la media pesata del costo dell’indebitamento e del capitale
proprio.
Il costo del debito è quello richiesto dai tassi di mercato per prestiti e finanziamenti a lungo
termine dagli istituti di credito e dalle banche. Il costo del capitale proprio (equity) è la
remunerazione attesa sul rischio di investimento dei mezzi propri (risorse dell'azienda).
Entrambe le voci di costo, del debito e dell'equity, nel nucleare sono molto elevate a
causa della lunghezza dei tempi di costruzione, del rischio di ritardi e di problemi
tecnici. Molti impianti nucleari iniziati non sono mai stati portati a termine, altri, come sta
accadendo nel caso della centrale di Olkiluoto, in Finlandia, sono soggetti a gravi ritardi
che compromettono il piano di business dell’azienda elettrica.
Per questo motivo il costo medio del capitale nel nucleare, pari al 10%, è superiore a
quello delle altre fonti energetiche, pari al 7,8% (fonte M.I.T.).
Nel caso del nucleare, l'elevato costo del capitale è uno dei fattori determinanti nella
sostanziale stasi nella costruzione di nuove centrali atomiche nei paesi occidentali.
Investire capitale proprio richiede una rigida previsione di rientro, pena la perdita di risorse
aziendali o mancati guadagni da altre opportunità, che si avrebbero investendo ad
esempio su altre fonti energetiche meno rischiose e più rapidamente remunerative.

4. Confronto con le altre fonti energetiche


La prima questione che si pone un’azienda operante nel libero mercato dell’energia è se
una certa scelta industriale è competitiva rispetto alle altre disponibili, verificando se vi
sono opportunità più remunerative.
Nell’analisi di Moody’s sono state confrontate diverse opzioni di investimento, tra le varie
fonti energetiche, fissando un ritorno dall’investimento sul capitale, ROE, pari al 10% per
tutte le ipotesi.
Sono stati inseriti tutti i costi, fissi, variabili, gli oneri finanziari, gli ammortamenti
differenziati per la diversa durata degli impianti (30 anni per il gas, 50 anni per il nucleare).
Ne risulta un prezzo medio dell’energia (dollari per Megawattora):
• GAS: 120 $

• EOLICO 125 $

• NUCLEARE151 $

Da questo risultato emerge che, a pari redditività, Il prezzo medio dell’energia nucleare
risulta più costoso non solo di gas (+26%) ma anche dell’eolico (+21%).
Il vero problema del nucleare rimane l’elevato costo del capitale e dell’indebitamento.

Secondo un rapporto del M.I.T. (Massachusetts Istitute of Technology) del 2009 ‘dal 2003 i
costi di costruzione per tutti i tipi di progetti di ingegneria a grande scala sono cresciuti
enormemente. I costi stimati per la costruzione di un impianto nucleare sono cresciuti al
tasso del 15% all’anno, sino all’attuale crisi economica’.
Questo significa che il costo di un impianto nucleare negli ultimi 5 anni è
raddoppiato.
Il M.I.T. ammette che per le altre fonti, come il gas, il trend di crescita è stato inferiore.
Infatti, dalla comparazione delle tabelle del MIT si osserva che il costo di costruzione
“secco”, overnight in inglese (come se si pagasse in un’unica notte), ossia senza
considerare i costi di interessi e oneri finanziari, è passato dal 2002 al 2007 per il nucleare
da 2000 a 4000 $ al kW (+100%), mentre per il gas è passato da 500 a 850 $ al kW
(+70%).

Anche il MIT ha comparato il costo al kWh tra il nucleare e le fonti fossili, giungendo a
conclusioni non dissimili da quelle di Moody’s: nucleare 8,4 $c/kWh, carbone 6,2 $c/kWh,
gas 6,5 $c/kWh – da cui si ricava che il kilowattora nucleare è più caro del 29% rispetto al
gas e del 35% rispetto al carbone.

Bisogna evidenziare che tale confronto non tiene conto di eventuali addizionali, come la
carbon-tax, che dovrebbero penalizzare le fonti fossili (soprattutto carbone e petrolio, in
misura minore il gas) a causa delle emissioni di CO2 che contribuiscono ai cambiamenti
climatici.

Dallo studio del MIT risulta che l’eventuale applicazione di un’addizionale pari a 25$
per tonnellata di CO2 emessa porterebbe il costo del carbone pari al nucleare,
mentre gas (ed eolico) resterebbero più convenienti.
Moody’s ribadisce che il problema del nucleare è l’obsolescenza tecnica e i costi in
continua ascesa, mentre le tecnologie rinnovabili, al contrario, procedono velocemente
verso tecnologie sempre più efficienti e riduzione dei costi.

Secondo Moody's, la comparazione complessiva penalizza il nucleare


L'energia nucleare non vive nel vuoto. È una delle tante fonti di energia elettrica e
compete con quelle a combustibili fossili, come il carbone, o rinnovabili, come il sole e il
vento. Scegliendo il nucleare un'azienda fa una scommessa a lungo termine su una
tecnologia che è rimasta ferma nel progetto e dove i costi di costruzione stanno
rapidamente crescendo (in primis per il costo del lavoro e dei materiali). Come risultato, i
rischi di mercato e tecnologici possono condurre alla valutazione che un nuovo impianto
nucleare non sia economico nel corso degli anni di costruzione.

6. Il caso Italia e le quattro centrali di Enel


Rispetto al modello teorico usato da Moody’s, lo scenario reale italiano differisce
significativamente. È diverso il contesto nazionale, visto che gli USA sono già un paese
nucleare, mentre l’Italia riparte da zero dopo 23 anni di abbandono della produzione
nucleare. Sarà necessario formare adeguate competenze, nonché ricostruire una intera
filiera tecnica.
Inoltre, alla luce di sondaggi recenti, l’impresa nucleare si scontrerà con la forte
opposizione delle popolazioni nei pressi dei siti prescelti. Saranno inevitabili i ritardi, prima
e durante la costruzione.

7. Impatti finanziari dei 4 reattori italiani


Enel e governo italiano affermano di voler costruire almeno 4 reattori nucleari EPR da 1,6
GW al prezzo complessivo di 20 miliardi di euro.
Sappiamo che questa cifra non corrisponde alla realtà, in quanto in una recente
proposta per lo stato canadese dell’Ontario (luglio 2009), Areva, l’azienda francese
che produce i reattori EPR, ha quotato 11 miliardi di dollari (8 - 9 miliardi di euro) il
prezzo reale del reattore da 1600 MW.
Questa cifra è simile al costo totale stimato da Moody’s, pari a 7500 $/MW.

Si tratterebbe dunque di un investimento reale di 32 - 36 miliardi di euro, dei quali,


presumibilmente, circa 25 miliardi dovranno essere ottenuti attraverso debito e 10 da
capitale proprio.
Anche per un colosso come Enel, la complessità di un incremento del debito di tale
portata, quasi pari all’intera esposizione attuale di Enel verso le banche (30 miliardi di
euro), diventa estremamente complicato

8. I costi nel tempo

Secondo i piani di Enel ed EdF si inizierebbe a costruire la prima centrale nel 2015, e
poi le successive a distanza di 18 mesi ciascuna, con un tempo di costruzione pari a
10 anni.
Sviluppando il costo dei 4 reattori da 9 miliardi secondo il modello dei costi di
Moody’s risulta che per 11 anni l’esposizione finanziaria supera il miliardo di
euro/anno, con picchi oltre i 3 miliardi di euro per ben 7 anni consecutivi, e anche
oltre i 4 miliardi.
Esposizione rilevante che dovrebbe essere coperta in parte dal debito ma in parte dal
capitale proprio. L'effetto sui parametri economici, come il rapporto CFO/D (flusso di cassa
da operazioni/debito) è significativo, anche dividendo in due i costi con EDF.

9. Il problema del credito


C'è poi la questione del finanziamento attraverso istituti di credito e banche, che dovrà
coprire circa il 70% del costo di costruzione. Una quota potrà essere ottenuta attraverso
fondi pubblici e crediti agevolati – nonostante le restrizioni dell’UE.
Ma il grosso dovrà comunque arrivare attraverso le banche. Si tratta di importi di grande
rilievo: per i 4 reattori, oltre 20 miliardi di euro.
Il problema principale è reperire una così elevata quantità di credito da istituti bancari in
grave sofferenza, sofferenza che si protrarrà per vari anni finché dureranno gli effetti dei
titoli tossici che hanno scatenato la crisi nel 2008.
L’erogazione di crediti andrà rimborsata al tasso di interesse di mercato, di solito elevato
per questo genere di investimenti a lungo termine, e farebbe aumentare notevolmente
l’esposizione debitoria di Enel ed EDF, già molto indebitate - Enel (51 miliardi di euro) e
EDF (36 miliardi di euro).
Dalle dichiarazioni dell’AD di Enel, Conti, si intuisce l’intenzione di far entrare le banche, i
fondi e gli istituti tra i partner dell’impresa, proponendo loro l’acquisizione di quote del
futuro impianto atomico. In questo caso, si tratterebbe di partner e non di finanziatori.
Il problema è l’elevato rischio connesso al nucleare: aumenti nei costi di costruzione,
ritardi nella messa in esercizio dell’impianto – eventi questi normali nel nucleare -
possono compromettere i ricavi attesi dal piano di business.
Servono dunque garanzie, affinché i partner finanziatori accettino il rischio.
Per questo Enel ha proposto di fissare a priori un prezzo del kWh nucleare abbastanza
alto da remunerare le banche e gli altri istituti finanziatori, quando la centrale entrerà in
esercizio e venderà energia.
Questo è un punto critico dell'impresa nucleare italiana: innanzitutto smentisce
l'idea che il nucleare possa essere conveniente per gli utenti. Inoltre, è un azzardo
decidere, ancora prima della costruzione, un prezzo dell'energia che entrerà in
vigore dopo dieci o quindici anni. È evidente il rischio che, quando la centrale
giungerà in esercizio, il prezzo inizialmente pattuito non risponda al livello di
mercato. In questi casi, in genere, è sempre l’utente a pagare gli errori di
pianificazione commessi dalle aziende elettriche.
Ad esempio, nel 2007, le stime di vari istituti prevedevano un sostanziale raddoppio del
prezzo dell’energia elettrica in 15 anni, con tassi di incremento del 6 – 7% annuo (negli
USA si passerebbe da 9 a circa 18 cent $ al kilowattora). A causa della crisi, invece, il
prezzo dell’energia non è aumentato nel 2008 e 2009, spingendo al ribasso le previsioni
per il 2020.

10. Considerazioni finali

Per concludere, nonostante:

• Tutte le indicazioni di mercato sconsiglino il nucleare;


• I rischi di un investimento del genere nel nostro Paese, a 23 anni dal Referendum;
• L'evidenza che il costo del kWh nucleare sia superiore rispetto alle altre fonti
energetiche;
• Le difficoltà ad ottenere crediti ingenti dalle banche in crisi;
• Nonché la gravità dei problemi ancora irrisolti della gestione delle scorie e del rischio
• connesso a incidenti e contaminazione;

l’interesse a breve termine, la speculazione finanziaria, la volontà del governo


faranno sì che, se non ci saranno cambiamenti nel quadro politico, l'impresa
nucleare vada avanti in Italia.

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