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1. Ciao, benvenuta sul Tucamingo! Raccontaci chi sei e di cosa ti occupi.

Ciao, sono Fabiana, ho 28 anni, sono nata in Sardegna e vivo sulla costa est, a Bari Sardo. Tre anni fa ho
aperto un’azienda agricola biologica in cui lavoro con mio marito. Produciamo verdure biologiche in campo
aperto e le consegniamo direttamente alle persone che richiedono e apprezzano i nostri prodotti.

2. Come sei arrivata a gestire un’azienda agricola?

Il mio precedente lavoro era quello di estetista. Un’ambiente di certo molto diverso da quello in cui sono
inserita ora. La passione per la natura però l’ho sempre avuta, sin da bambina giocavo nel fango, guardavo
mio nonno curare l’orto e mi prendevo cura delle aiuole comunali. Ovviamente non avevo dei soldini per
prendermene cura a dovere, ma a me bastava fare le talee con i fiori del balcone di mia mamma o utilizzare
piante e foglie recuperate dai vicini.
Il vero progetto si è avviato quando mio suocero ha lasciato a me a mio marito 2500 m di terreno coltivabile.
Lì ho capito ciò che mi piaceva davvero e ciò che sentivo importante fare.
Abbiamo iniziato con l’orto classico, poi siamo passati all’orto sinergico, ho acquistato una marea di libri e
ho iniziato a studiare. Seguivo i ruscelli per raccogliere ortiche ed equiseto, facevo decotti e intanto crescevo
io e cresceva il nostro raccolto.

3. Cosa rappresenta per te questo tipo di lavoro? Cosa significa “biologico”?

L’azienda agricola aggiunge valore alla mia vita. Sento che sto facendo qualcosa di importante, cosa che non
succedeva quando stavo tra le quattro mura dello studio di estetista. Ora faccio tutto il giorno quello che
amo. Per me è importante sapere di produrre cibo sano nella tutela dell’ambiente. Questo è ciò che vuol dire
“biologico “: tutelare il territorio, la biodiversità e tutte quelle risorse naturali che non sono illimitate.

4. In cosa consiste produrre alimenti in modo biologico?

La produzione in biologico consiste nel seguire un disciplinare di sistemi atti a mantenere fertili i terreni. Le
produzioni intensive ed estensive a lungo andare impoveriscono il terreno, inquinano le falde acquifere e
stancano il territorio. Il biologico evita tutto questo e riporta l’equilibrio tra la nostra necessità di ottenere un
prodotto sano e la capacità della terra di darcelo.
Una delle pratiche di concimazione biologica ad esempio è la rotazione. Il terreno è diviso in settori e le
piante non verranno mai coltivate nello stesso punto. Ogni famiglia di piante ha infatti diverse capacità sia di
assorbimento di nutrimento dal terreno, sia di rilascio di sostanze benefiche nel suolo. In questo modo viene
mantenuto l’equilibrio dei microorganismi e sarà questo stesso equilibrio che manterrà salubri le piante.

5. Potresti fare qualche altro esempio di queste pratiche di coltivazione biologica?

Certo. Ad esempio, sempre per aumentare la fertilità del suolo facciamo dei sovesci, ovvero degli
interramenti di piante diverse con particolari capacità benefiche per il terreno e per coltivazione. La stessa
decomposizione di queste piante interrate porterà dei benefici: diventeranno hummus e aumenteranno la
fertilità del campo.
Nel biologico poi le piante che fanno concorrenza alle nostre coltivazioni vengono tolte a mano, a zappa o
col trattore e non tramite diserbanti. La presenza delle così dette “erbacce” tuttavia porta anche varietà di
insetti e di microorganismi, il che può essere un bene. Se ci fossero degli insetti nocivi, allora inseriamo degli
insetti antagonisti che possiamo attirare piantando tra gli orti particolari tipi di fiori o erbe.

6. Incontri discriminazioni in questo settore in quanto donna?

Bisogna partire dal presupposto che nel mio precedente lavoro io mi rapportavo direttamente ad altre donne.
Il mio ruolo mi era riconosciuto e non mi era mai capitato di trovarmi in situazioni in cui il mio essere donna
compromettesse ciò che potevo dire o chiedere. Quando all’inizio abbiamo cominciato ad ingrandire i campi
e andavo a chiedere in affitto i terreni mi è capitato invece che degli uomini mi ridessero in faccia: “ahaha
ma lo sai che ti serve il trattore?!”. Per alcuni uomini una donna in agricoltura era impensabile.
Ancora oggi se sono con mio marito e dei colleghi ci pongono, che ne so, una domanda sulla coltivazione dei
funghi, la mia risposta non viene presa in considerazione e i più anziani aspettano che mio marito ripeta
sostanzialmente ciò che avevo appena finito di dire io. La sensazione è che a Sergio venga data più
attenzione, più affidabilità. Mi è capitato che volessero proporci dei terreni in affitto e che volessero parlare
con lui, nonostante l’azienda sia la mia!
Da un certo punto di vista ho una posizione privilegiata, perché ho un marito che comunque mi spalleggia e
con cui posso fare lavoro di squadra, e che allo stesso tempo è a disposizione per “rassicurare” i colleghi più
anziani, tra i 50 e i 70 anni, a differenza di altre donne che essendo sole in questo settore vengono screditate
da alcune figure e devono lottare con le unghie e con i denti per andare avanti.

7. Come reagisci a queste forme di discriminazione?

Devo ammettere che ormai non mi metto più a discutere, anche perché da un certo punto di vista entra in
gioco, secondo me, una sorta di debolezza emotiva. Tanti uomini di una certa età sentono il bisogno di
parlare con Sergio perché forse è una persona in cui si rivedono di più, mentre alcuni sono davvero in
difficoltà o in imbarazzo in mia presenza. Allo stesso modo vedo che tante signore si sentono più tranquille
se le consegne le faccio io, quello diventa un momento di scambio e magari si ritrovano a chiedermi ricette
che a mio marito non avrebbero osato chiedere.

8. Cosa speri che imparino le tue bimbe dalla tua esperienza in questo settore e dallo loro esperienza in
Pachamama?

Come tutti i genitori vorrei che si costruissero gli strumenti per affrontare la vita. Vorrei che si sentissero
sicure di poter vivere una vita piena e felice e spero che magari questa avventura, con le sue difficoltà, possa
dare loro il coraggio di seguire i loro sogni, a prescindere da quanto distanti possano sembrare.

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