Economia dello Sviluppo - Corso di Laurea Triennale in " Sviluppo economico, cooperazione socio-
sanitaria e gestione dei conflitti"
a.a. 2015-2016
Abstract : In this report I face, critically, causes and possible ways out of underdevelopment , for the
countries of the southern hemisphere, through the provision of Global Public Goods, thanks to
international cooperation. This is a very difficult and complicated process, both for the donor countries,
which for those beneficiaries.
PARTE PRIMA : sintesi
Stefano Rodotà
L’ identità di ogni Paese influenza la propria determinazione a finanziare la fornitura dei BPG.
Talvolta i singoli Stati sono, incapaci di gestirli.
Ma la loro impostazione e la loro gestione è difficile anche a livello generale, in quanto non esiste
un’autorità sovra-internazionale che distribuisca i Beni; inoltre la collaborazione tra le Nazioni, le
autorità locali, le organizzazioni , le associazioni internazionali, ecc., è iniqua.
Ne risulta un’insufficienza distribuzione di Beni Pubblici Globali, intesi come strumenti analitici per
affrontare alcuni problemi globali, ai quali sono correlati i diritti umani (Bizzarri, 2005).
Ebbene, di fronte al “fallimento del mercato” sorge la necessità di migliorare la loro fornitura,
soprattutto nei PVS, attraverso la cooperazione internazionale.
In questi posti la spesa per i BPG è stata stimata mille miliardi di dollari, piuttosto che cinquemila
miliardi nei Paesi Industrializzati (Kaul e Le Goulven, 2003).
L’economia dei Paesi del Sud, però, non è in grado di sostenere tali spese, e nemmeno di garantire
entrate sufficienti a farlo in un futuro prossimo; inoltre questi luoghi sono privi di strutture e risorse
indispensabili per l’accoglienza e lo sviluppo dei BPG.
Tutti i motivi appena menzionati non devono assolutamente demoralizzare il lavoro di cooperazione
internazionale che molti Paesi, soprattutto europei, stanno sostenendo.
Paesi industrializzati e istituzioni multilaterali ( NU, FAO, ecc,..), in qualità di promotori dello
sviluppo, rivestono ruoli di catalizzatori delle istituzioni necessarie ad un’efficace crescita
multisettoriale, al finanziamento di processi di sviluppo economico e di benessere sociale.
Dagli anni ’60 i livelli di contributi che i Paesi donatori si erano impegnati a versare a favore della
cooperazione internazionale sono scesi , infatti i bilanci nazionali sono, ora più che mai, sottopressione;
il processo di Globalizzazione non aiuta la situazione, trasferendo sempre più capitale nelle grinfie di
privati non interessati ad investire in Paesi sperduti e sottosviluppati.
Nel momento in cui lo Stato fallisce nel suo compito, a causa di errori burocratici, di ritardi o
imprevisti vari, è la società civile che deve spronare miglioramenti in questo campo.
E’ difficile per le Nazioni donatrici amministrare gli aiuti, quindi decidere quali beni offrire o produrre,
per che prezzo finanziarli, oppure a beneficio di chi proporli.
I BPG, quindi, tendono ad essere sotto forniti dal mercato, proprio perché sono pubblici.
Ne scaturisce un atteggiamento meschino e menefreghista : ogni Paese si aspetta che a produrre o a
finanziare quel bene sia un altro donatore.
Manca, difatti, una teoria unitaria, e ciò porta a nuove idee, quindi nuove critiche e sempre più
domande.
Sorge spontaneo, per esempio, chiedersi perché si dovrebbe sostenere lo sviluppo nelle aree
Meridionali.
Per gli Stati non prevale sempre il motivo solidale, bensì le possibili partnership che potrebbero venirsi
a creare e i conseguenti benefici ricavabili per le risorse finanziare pubbliche e private.
Un esempio esaustivo è rappresentato dal numero, in costante crescita, di multinazionali, grandi
imprese commerciali che delocalizzano le proprie attività che organizzano la propria produzione
almeno in due Paesi diversi, trasferendole nel Sud del Mondo, dove i salari sono più bassi e dove le
legislazioni locali per la tutela di ambienti e lavoratori non sono avanzate come le nostre.
Ancora una volta è la società civile a dover prendere in mano le redini della spiacevole situazione
sensibilizzando gli animi e proponendo visioni del fenomeno di Globalizzazione più positive.
Parallelamente ai sostenitori delle politiche pro globalizzazione esistono anche movimenti no-global,
ovvero gruppi e organizzazioni non governative che criticano l’attuale sistema economico neoliberista
(che ha favorito, soprattutto negli anno ’90, l’affermazione delle Multinazionali), la cui attuazione è
dovuta alle azioni, totalmente egocentriche, dei Paesi industrializzati.
Questo influenza anche la globalizzazione culturale ( la “Mcdonalizzazione) : le culture locali vengono
sradicate e sostituite dai simboli del consumismo.
Le critiche no-global sono rivolte principalmente al sistema di Multinazionali che tende, a loro parere,
ad influenzare le scelte dei singoli governi verso politiche non sostenibili a livello ambientale ed
energetico.
D’altra parte anche le comunicazioni sono migliorate, infatti è possibile comunicare, per vie telematica,
anche con le parti più sperdute del Pianeta!
Per i sostenitori della Globalizzazione ciò rappresenta maggiori possibilità di sviluppo oltre che
un’economia crescente, progressi tecnologici e tanto altro.
Concludendo occorre, come già affermato, avere il coraggio di rischiare, allargando gli orizzonti; più
nello specifico ogni Nazione dovrebbe integrare totalmente, nella propria politica interna, le esigenze e
le differenze che lo relazionano a tutti i Popoli della Terra, sostenuta dall’impegno attivo della società
civile.
Un ragionamento quasi utopico, del resto non si possono raggiungere traguardi ambiziosi senza
affrontare duri sacrifici!
Bibliografia:
N. Bellanca, Dispense Didattiche, Scuola di Economia UNIFI
N. Bellanca, Lezioni in classe, Scuola di Economia UNIFI
S. Bowles e altri, Introduzione all’economia politica, Springer
J. E. Stiglitz, La globalizzazione che funziona, Einaudi
F. D’Elia e S. Gabriele , Il finanziamento dei Beni Pubblici Globali, Alpina
Sitografia :
www.treccani.it
www.piazzadellacooperazione.oics.it