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MATRICOLA : 5938321

Economia dello Sviluppo - Corso di Laurea Triennale in " Sviluppo economico, cooperazione socio-
sanitaria e gestione dei conflitti"

a.a. 2015-2016

BENI PUBBLICI GLOBALI


Come gestire la Globalizzazione nel 21° secolo

Titolo : AD AUGUSTA PER ANGUSTA!

Abstract : In this report I face, critically, causes and possible ways out of underdevelopment , for the
countries of the southern hemisphere, through the provision of Global Public Goods, thanks to
international cooperation. This is a very difficult and complicated process, both for the donor countries,
which for those beneficiaries.
PARTE PRIMA : sintesi

Tutela dell'ambiente, stabilità finanziaria, controllo delle malattie infettive, Pace.


Ecco cosa delinea la definizione ‘BPG’(Beni Pubblici Globali) : beni i cui benefici riguardano tutti i
Pesi, tutti i popoli, e le generazioni.
Questi costituiscono gli argomenti di vitale importanza, dai quali, però, siamo celatamente distratti a
causa delle futilità dei tempi moderni .
Queste le sicurezze fondamentali che dovrebbero essere gratuite e liberamente accessibili da ogni
essere umano, bianco, nero, o giallo che sia il colore della sua pelle, per un'equa convivenza inter-
etnica.
Questi sono, infatti, argomenti sempre più "all'ordine del giorno" nel ventunesimo secolo, anche
dall'altra parte del mondo; sono diventati internazionali, più dell'inglese o della Coca-Cola; la loro
dimensione ha raggiunto livelli talmente smisurati da abbattere le barriere divisorie che separano
Israele e Palestina.
Beni (o Mali) molto discussi e studiati, soprattutto recentemente, e che tirano in ballo un'infinità di
concetti e sigle (PVS, R&S, OCSE, WTO, ecc, ..); essi possono distinguersi, per esempio, a seconda
del loro carattere misto o puro, per i loro risvolti globali o regionali, o secondo i meccanismi di offerta.
Si connotano, però, principalmente per due importanti caratteristiche : non-escludibilità dei benefici
(nessuno può essere escluso dal godimento di un bene) e non- rivalità del consumo (se un bene è
disponibile per uno deve esserlo per tutti) ; qualità che potrebbero indurre ad una produzione sub-
ottimale, quindi ad un atteggiamento di non cooperazione ( meglio conosciuto come free-riding),
secondo il quale alcune Nazioni otterrebbero i benefici dei BPG senza farsi carico dei costi di fornitura
degli stessi.
Fornitura che può avvenire a tre livelli, globale, di network, o locale, ma i cui risultati sono fortemente
compromessi dalla assenza di un'entità sovra-internazionale, in grado di coordinare le collaborazioni tra
gli Stati.
Urge, pertanto, che i tre livelli seguano un percorso di costante correlazione, tenendo conto delle
differenti realtà quotidiane dei vari Popoli della Terra.
Un sussidio, in questo senso, è rappresentato da protocolli, trattati e convenzioni, che, infatti, mediano
tra i livelli e, inoltre, formalizzano i BPG, al fine di una loro fornitura ottimale.
Quest'ultima è accompagnata, inevitabilmente, dai finanziamenti, i quali rendono evidenti altre beghe
dei BPG e, più in generale, della cooperazione internazionale :bizantinismi e incomprensioni, oltre che
insicurezze, riguardo l'interdipendenza esistente tra BPG e sviluppo; il buon esito di entrambi verrà
boicottato, pertanto, fino alla sussistenza di tali pregiudizi da parte dei Governi.
Tutto ciò raffigura la monocorde allegoria vista e rivista, quasi ab aeterno, del divario nord-sud, inoltre
pone in evidenza come sia sempre più facile che i Paesi industrializzati godano del finanziamento della
maggior parte dei Beni Pubblici Globali, a discapito dei Paesi in Via di Sviluppo, invece privi di risorse
necessarie ad affrontare i costi della fornitura.
Un copione recitato già troppe volte, e che è possibile modificare attraverso nuovi meccanismi
finanziari, tra cui :
- nessuna liberalizzazione senza integrazione dei mercati finanziari;
- incrementare l’assistenza tecnica e renderla idonea ai bisogni dei PVS che rispetti, però, le loro linee
politiche;
- incrementare la partecipazione dei PVS ai tavoli decisionali per affermare un maggiore equilibrio tra i
diversi livelli di industrializzazione.
Nonostante gli sforzi degli ultimi anni da parte di parecchi Stati, tra i quali Inghilterra, Francia, Cile,
intenti ad intervenire sotto diverse forme, o delle teorie di Hume, Ricardo, Smith, in sussidio dei Paesi
in cui la gran parte dei cittadini vive sotto la soglia della povertà, purtroppo il grande problema della
cooperazione internazionale resta proprio l’EQUITA’.
Per capire meglio quest’ultimo aspetto, analizziamo uno dei Beni Pubblici Globali sopra elencati : le
malattie infettive.
Non-rivali e non-esclusive, esse rappresentano ancor oggi la causa principale delle morti nei Paesi a
Sud del Mondo (pensiamo a Malaria, HIV/AIDS, Tubercolosi o addirittura Rachitismo e
Osteomalacia). Ma la loro diffusione non conosce confini di alcun tipo.
E allora com’è possibile che nella zona settentrionale del Mondo esse non siano cagione di così tanto
trambusto?
 La parte ‘sana’ del Globo è diffidente di fronte al finanziamento del controllo delle malattie
infettive dei Paesi Meridionali;
 la TRIPS (Protezione dei Diritti di Proprietà Intellettuali) ha affermato che la situazione
internazionale è totalmente in contrasto con le necessità sanitarie del Sud;
 Ricerca & Sviluppo (R&S) in questo campo avvengano principalmente nei Paesi
Industrializzati.
Quindi la distribuzione mondiale di R&S si concentra in pochi paesi industrializzati, e ciò causa
l’aumento del prezzo dei farmaci, improponibile a Paesi così sottosviluppati.
Una soluzione si è tentata nel 1948, con la creazione dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità
(OMS) la quale è risultata positiva solo fin quando a beneficiarne sono state le Nazioni maggiormente
avanzate; infatti una volta spento il fuoco delle allarmanti malattie infettive al Nord, l’organizzazione
ha subìto un evidente calo delle quote dei Ministeri della Salute dei propri Stati Membri (denaro che
costituisce il bilancio dell’organizzazione stessa).
Come ben si comprende, equità e BPG sono strettamente interconnessi, e i primi passi verso una più
giusta governance globale, che li renda protagonisti, sono stati intrapresi proprio dai PVS, i quali hanno
deciso di cooperare nel G-90.
Pertanto, lo strumento per una corretta gestione del fenomeno della Globalizzazione è un cambiamento
nell’impostazione della politica di ogni singola Nazione, che tenga conto delle realtà vigenti all’esterno
delle proprie frontiere.

PARTE SECONDA : commenti, critiche e valutazioni


“La Globalizzazione attraverso i diritti, non attraverso i mercati.”

Stefano Rodotà

L’ identità di ogni Paese influenza la propria determinazione a finanziare la fornitura dei BPG.
Talvolta i singoli Stati sono, incapaci di gestirli.
Ma la loro impostazione e la loro gestione è difficile anche a livello generale, in quanto non esiste
un’autorità sovra-internazionale che distribuisca i Beni; inoltre la collaborazione tra le Nazioni, le
autorità locali, le organizzazioni , le associazioni internazionali, ecc., è iniqua.
Ne risulta un’insufficienza distribuzione di Beni Pubblici Globali, intesi come strumenti analitici per
affrontare alcuni problemi globali, ai quali sono correlati i diritti umani (Bizzarri, 2005).
Ebbene, di fronte al “fallimento del mercato” sorge la necessità di migliorare la loro fornitura,
soprattutto nei PVS, attraverso la cooperazione internazionale.
In questi posti la spesa per i BPG è stata stimata mille miliardi di dollari, piuttosto che cinquemila
miliardi nei Paesi Industrializzati (Kaul e Le Goulven, 2003).
L’economia dei Paesi del Sud, però, non è in grado di sostenere tali spese, e nemmeno di garantire
entrate sufficienti a farlo in un futuro prossimo; inoltre questi luoghi sono privi di strutture e risorse
indispensabili per l’accoglienza e lo sviluppo dei BPG.
Tutti i motivi appena menzionati non devono assolutamente demoralizzare il lavoro di cooperazione
internazionale che molti Paesi, soprattutto europei, stanno sostenendo.
Paesi industrializzati e istituzioni multilaterali ( NU, FAO, ecc,..), in qualità di promotori dello
sviluppo, rivestono ruoli di catalizzatori delle istituzioni necessarie ad un’efficace crescita
multisettoriale, al finanziamento di processi di sviluppo economico e di benessere sociale.
Dagli anni ’60 i livelli di contributi che i Paesi donatori si erano impegnati a versare a favore della
cooperazione internazionale sono scesi , infatti i bilanci nazionali sono, ora più che mai, sottopressione;
il processo di Globalizzazione non aiuta la situazione, trasferendo sempre più capitale nelle grinfie di
privati non interessati ad investire in Paesi sperduti e sottosviluppati.
Nel momento in cui lo Stato fallisce nel suo compito, a causa di errori burocratici, di ritardi o
imprevisti vari, è la società civile che deve spronare miglioramenti in questo campo.
E’ difficile per le Nazioni donatrici amministrare gli aiuti, quindi decidere quali beni offrire o produrre,
per che prezzo finanziarli, oppure a beneficio di chi proporli.
I BPG, quindi, tendono ad essere sotto forniti dal mercato, proprio perché sono pubblici.
Ne scaturisce un atteggiamento meschino e menefreghista : ogni Paese si aspetta che a produrre o a
finanziare quel bene sia un altro donatore.
Manca, difatti, una teoria unitaria, e ciò porta a nuove idee, quindi nuove critiche e sempre più
domande.
Sorge spontaneo, per esempio, chiedersi perché si dovrebbe sostenere lo sviluppo nelle aree
Meridionali.
Per gli Stati non prevale sempre il motivo solidale, bensì le possibili partnership che potrebbero venirsi
a creare e i conseguenti benefici ricavabili per le risorse finanziare pubbliche e private.
Un esempio esaustivo è rappresentato dal numero, in costante crescita, di multinazionali, grandi
imprese commerciali che delocalizzano le proprie attività che organizzano la propria produzione
almeno in due Paesi diversi, trasferendole nel Sud del Mondo, dove i salari sono più bassi e dove le
legislazioni locali per la tutela di ambienti e lavoratori non sono avanzate come le nostre.
Ancora una volta è la società civile a dover prendere in mano le redini della spiacevole situazione
sensibilizzando gli animi e proponendo visioni del fenomeno di Globalizzazione più positive.
Parallelamente ai sostenitori delle politiche pro globalizzazione esistono anche movimenti no-global,
ovvero gruppi e organizzazioni non governative che criticano l’attuale sistema economico neoliberista
(che ha favorito, soprattutto negli anno ’90, l’affermazione delle Multinazionali), la cui attuazione è
dovuta alle azioni, totalmente egocentriche, dei Paesi industrializzati.
Questo influenza anche la globalizzazione culturale ( la “Mcdonalizzazione) : le culture locali vengono
sradicate e sostituite dai simboli del consumismo.
Le critiche no-global sono rivolte principalmente al sistema di Multinazionali che tende, a loro parere,
ad influenzare le scelte dei singoli governi verso politiche non sostenibili a livello ambientale ed
energetico.
D’altra parte anche le comunicazioni sono migliorate, infatti è possibile comunicare, per vie telematica,
anche con le parti più sperdute del Pianeta!
Per i sostenitori della Globalizzazione ciò rappresenta maggiori possibilità di sviluppo oltre che
un’economia crescente, progressi tecnologici e tanto altro.
Concludendo occorre, come già affermato, avere il coraggio di rischiare, allargando gli orizzonti; più
nello specifico ogni Nazione dovrebbe integrare totalmente, nella propria politica interna, le esigenze e
le differenze che lo relazionano a tutti i Popoli della Terra, sostenuta dall’impegno attivo della società
civile.
Un ragionamento quasi utopico, del resto non si possono raggiungere traguardi ambiziosi senza
affrontare duri sacrifici!

Bibliografia:
N. Bellanca, Dispense Didattiche, Scuola di Economia UNIFI
N. Bellanca, Lezioni in classe, Scuola di Economia UNIFI
S. Bowles e altri, Introduzione all’economia politica, Springer
J. E. Stiglitz, La globalizzazione che funziona, Einaudi
F. D’Elia e S. Gabriele , Il finanziamento dei Beni Pubblici Globali, Alpina

Sitografia :
www.treccani.it
www.piazzadellacooperazione.oics.it

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