. “Dalla diversità alla diversa abilità” sottolinea proprio il concetto di come i bisogni affettivi e
sessuali siano uguali per le persone con disabilità, anche se è necessario una rimodulazione
differente e individualizzata rispetto al modello sociale dominante normotipico.
Quali sono infatti le problematiche più ricorrenti che si riscontrano per quanto riguarda il rapporto
tra disabilità e sessualità?
Primo, la sessualità e l’espressione sessuale delle persone disabili continuano ad essere controverse
e gravide di pregiudizi .Vi sono barriere di natura attitudinale GENERALE, ossia atteggiamenti e
comportamenti di familiari, operatori e specialisti che denotano una tendenza a disconoscere o
misconoscere il diritto all’espressione di una naturale (in senso di biologica) sessualità da parte
delle persone con disabilità complessa. La persona con disabilità viene vista come l’eterno
bambino, persona asessuale o riconosciuta nella sua sessualità e affettività solo nei comportamenti
problema.
Vi sono poi barriere di tipo attitudinale SPECIFICO: gli adolescenti disabili hanno meno contatto
con i compagni al di fuori del contesto scolastico e/o familiare con la conseguenza che anche nella
fase successiva della vita le persone con disabilità usufruiscono di una rete sociale di supporto e di
relazioni amicali ed affettive decisamente meno estesa e gratificante.
La sessualità dunque non è secondaria rispetto ad altri aspetti, come l’integrazione scolastica,
sociale e l’inserimento lavorativo. Lavorare sulla sessualità non può prescindere dal lavorare su tutti
gli aspetti della personalità a seconda dello sviluppo cronologico e cognitivo.
Diventa importante in questo senso programmare visite ginecologiche e andrologiche, esattamente
come avviene nell’adolescenza normotipica, e caldeggiare una formazione degli operatori sanitari
specialistici, perché visitare una persona con una disabilità complessa richiede spesso una
collaborazione multidisciplinare, un ‘saper’ e ‘saper fare’ capace sugli aspetti comportamentali.
Il supporto invece alla sessualità nella disabilità complessa grave si rivolge soprattutto agli oss,
ai caregivers, attraverso counseling(aiutare a trovare dentro di sé le risorse per aiutarsi) o percorsi
psicoterapeutici anche prima del sopraggiungere della pubertà del figlio/a e al di fuori del contesto
familiare (quando possibile) attraverso formazioni ad hoc.
Quando emergono comportamenti sessuali inappropriati – aspetto poco curato, scarsa igiene
personale, mancata acquisizione del senso comune del pudore sociale, interessi specifici e
ossessioni-compulsioni sessuali, indifferenziata o promiscua scelta del partner, stalking, poca
capacità di riconoscere o rifiutare un’interazione sessuale non gradita – va sempre considerata quale
sia la causa o le concause sottostanti alla problematicità rilevata. Spesso infatti i comportamenti
problema di tipo sessuale sono sintomi di difficoltà più sommerse che riguardano la cognizione,
l’affettività e l’emotività.
In particolare in molte disabilità complesse, e soprattutto nei disturbi dello spettro autistico,
l’affettività ha un’espressione percettiva, ovvero la particolarità dell’attaccamento risulta ‘guidato’
dall’ ipo o ipersensorialità recettiva.
Nel libro di Hilde De Clercq «Il labirinto dei dettagli», Thomas, il figlio dell’autrice, è un bambino
autistico: si fida delle donne bionde con la coda di cavallo come la sua mamma; quando il nonno va
via, lo saluta solo se viaggia nella macchina verde, “Quando Thomas ancora non guardava,
selezionava già un odore, magari il mio profumo, e gli attribuiva, secondo noi, un significato
esagerato.”
Disturbi nell’emotività e nell’empatia sono altrettanto comuni in molte disabilità intellettive e nei
disturbi dello spettro autistico. Le emozioni, soprattutto negative, sono vissute allora in modo
confuso e auto-eteroagite; quelle positive possono esprimersi con scariche eccitatorie, manierismi o
comportamenti sessuali ossessivo-compulsivi. Vi è in questi casi l’attivazione della modalità
preverbale per esprimere le proprie emozioni proprio per un deficit di mentalizzazione degli stati
emotivi. Spesso la comprensione dell’emotività propria e altrui non si evolve naturalmente, ma
deve essere appresa nei suoi aspetti “cognitivi-affettivi”.
Diventa quindi fondamentale aiutare i ragazzi a farsi un’idea concreta (non intuitiva) di quello che
gli altri pensano, sentono, provano, a regolare le proprie emozioni e ad imparare le regole e le
distanze sociali.
Più a monte ancora, nello sviluppo della sessualità nella disabilità, va contrastata culturalmente
l’infantilizzazione o il pregiudizio di “non competenza a priori”. I ragazzi con disabilità, fin in
epoca precoce e in modo individualizzato, devono essere sostenuti nell’autonomia personale, nella
cura di sé e nella gestione delle relazioni. Allo stesso tempo, va contrastata anche la risposta sociale
“positiva” o compiacente a comportamenti inadeguati per l’età, quali abbracciare gli estranei o
baciarli.
In conclusione, la sessualità è un comportamento appreso e come tale necessita
di apprendimento … ma è un apprendimento che nasce da lontano, da quando si è piccoli,
prendendo consapevolezza della propria identità e ruolo di genere fino all’orientamento sessuale e
alla capacità di stare con gli altri in modo adattativo.