Sommario
teSSa Canella,
............ 11
lorenzo Verderame,
.............................................. 23
angelo Colonna,
..................... 42
marianna ferrara,
.................................. 74
Stephan feuChtwang,
.. 107
andrea de BenedettiS,
rpc) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
..................................................................................... 135
marta miatto,
....................... 169
...................................................................... 226
paolo taViani,
................................................ 245
faBio CuSimano, Claustrum praefert paradisum.
....................... 258
paola marone, ................... 282
giulia marotta, communio sanctorum.
ii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 300
monia ChieS,
.......................................................................... 318
Valentina Simeoni,
place-making
............................................................................ 341
Valerio SalVatore SeVerino,
............... 374
matteo BenuSSi,
.... 391
reCenSioni / reViewS
F. Sardella,
[Mario Prayer], p. 411 - I. Becci - M. Burchardt - J. Casanova (eds.),
[Maria Chiara Giorda], p. 415 - J.A. Jiménez Sánchez,
[Ana Alonso Venero], p. 418 - F. De Simini,
[Marianna Ferrara], p. 423 - C. Calame - B. Lincoln (eds.),
[Alessandro Testa], p. 426.
Gianluca De SanctiS
In effossa terra
Sacrifici di fondazione, sepolture rituali e vie di accesso per
l’aldilà
1. «Vivi obruti»
Si veda in proposito A. Brelich, Guerre, agoni e culti nella Grecia arcaica, Habelt, Bonn
1
crifice (1898), poi in M. Mauss, Œuvres, vol. i, Éditions de Minuit, Paris 1968, pp. 273 ss.; A.
Brelich, Presupposti del sacrificio umano, cit., p. 137.
5
M. Eliade, I riti del costruire, Jaca Book, Milano 1990, p. 24 (ed. or., Comentarii la
-
diana del sacrificio, cfr. C. Grottanelli, Il sacrificio, Laterza, Roma - Bari 1999, pp. 8-10, e
105-107.
6
T.P. Wiseman, Remus: A Roman Myth, Cambridge University Press, Cambridge 1995, p.
124, ammette che «explicit examples from the Graeco-Roman world are not easy to come by».
Lascio dunque volontariamente e necessariamente da parte la questione relativa al significato
delle sepolture rinvenute alle fondamenta del cosiddetto “muro di Romolo”, alle pendici set-
tentrionali del Palatino; cfr. in proposito A. Carandini, Res sanctae e res religiosae, in Id. - R.
Cappelli (ed.), Roma, Romolo, Remo e la fondazione della città, Quasar, Roma 2000, p. 293.
Sull’interpretazione della morte di Remo come sacrificio di fondazione mi basti il rimando
a G. De Sanctis, Il salto proibito. La morte di Remo e il primo comandamento della città,
in «Studi e Materiali di Storia delle Religioni» 75 (2009), pp. 63-85. Per altri casi P. Carafa,
Uccisioni rituali e sacrifici umani nella topografia di Roma, in «Scienze dell’Antichità» 14,2
(2007/2008), pp. 667-704.
10
.
7
E. Doutté, Magie et religion dans l’Afrique du Nord, Typographie Adolphe Jourdan,
Alger 1909, pp. 488-489.
8
J.G. Frazer, The Golden Bough. A Study in Magic and Religion, Part iii: Taboo and the
Perils of the Soul, Macmillan, London 19113, p. 89.
9
J.G. Frazer, Publi Ovidi Nasonis Fastorum Libri Sex (ed. with a trans. and comm. by
J.G. Frazer), Macmillan, London 1929, p. 488. L’opera di Gutmann da cui Frazer aveva tratto
la notizia era Das Recht der Dschagga, Beck, Munich 1926, p. 434.
10
Pausania, Descriptio Graeciae ii, 34, 2-3. Si vedano i paralleli etnografici raccolti e
or. Homo Necans. Interpretationen altgriechischer Opferriten und Mythen, de Gruyter, Berlin
1972); L.M. Lombardi Satriani - M. Meligrana, Il ponte di San Giacomo, Sellerio, Palermo
1989, pp. 479 ss.; P. Fedeli, Il carme 17 di Catullo e i sacrifici edilizi, in AA.VV., Studi di Filo-
logia Classica in onore di G. Monaco, vol. ii, Palumbo, Palermo 1991, pp. 707-722; si veda da
ultimo T. Braccini, Prima di Dracula. Archeologia del vampiro, Il Mulino, Bologna 2011, pp.
107-109, che analizza la figura dello stoicheion diffusa in area greca e balcanica.
14
P. Sartori, Über das Bauopfer, in «Zeitschrift für Ethnologie» 30 (1898), pp. 1-54; E.
Westermarck, op. cit., p. 464; A. Seppilli, op. cit., p. 237 nota 11.
15
R. Oniga, op. cit., p. 106.
16
Ovidio, Metamorpheseon libri xv, 565-621; Valerio Massimo, Factorum et dictorum
memorabilium libri v, 6, 3; per un’analisi storico-letteraria di questo racconto, cfr. G.K. Ga-
linsky, The Cipus episode in Ovid’s «Metamorphoses», in «Transactions and Proceedings of
the American Philological Association» 98 (1967), pp. 181-191, e A. Barchiesi, Il poeta e il
principe, Laterza, Roma - Bari 1994, pp. 251-252.
17
G. Piccaluga, Terminus. I segni di confine della religione romana, Edizioni dell’Ateneo,
Roma 1974, pp. 213-227; R. Oniga, op. cit., p. 105.
18
Siculo Flacco, De condicione agrorum 58-62, in Gromatici Veteres. p. 141 Lachmann.
19
Valerio Massimo, Factorum et dictorum memorabilium libri v, 6, ext. 4. Per un confron-
to tra il testo di Sallustio e quello di Valerio Massimo, cfr. S. Ribichini, op. cit., p. 397.
20
Ovidio, Fastorum libri ii, 640. Sul dio Terminus, oltre G. Piccaluga, op. cit., cfr. G.
Sanctis, Qui terminum exarasset..., in «Studi Italiani di Filologia Classica» serie 4,3 (2005),
pp. 73-101; per un’analisi semiotica di terminus, cfr. G. Pucci, Terminus. Per una semiotica
dei confini nel mondo romano, in G. Manetti (ed.), Knowledge through Signs. Ancient Semiotic
Theories and Practices, Brepols, Bologna 1996, pp. 295-307; per un confronto con il mondo
indoeuropeo, R. Woodard, Indo-European Sacred Space. Vedic and Roman Cult, University of
Illinois Press, Urbana - Chicago 2006, pp. 59-95.
È facile a questo punto capire l’origine delle credenze relative alla ca-
pacità vivificante del sangue: il sangue è la sostanza in cui si concentra la
vita25, ed è pertanto considerato capace di veicolarla, di trasmetterla alle
21
Livio, Ab Urbe condita libri i, 55, 3-7; Dionigi di Alicarnasso, Antiquitates Romanae iii,
69, 3-6; Lattanzio, Divinae institutiones i, 20.
22
Omero, Odyssia xi, 23-50. Sulla concezione dei morti nel mondo omerico, E. Canta-
rella, Itaca. Eroi, donne, potere tra vendetta e diritto, Feltrinelli, Milano 2004, pp. 146-150.
23
Pindaro, Pitica 10, 48.
24
J.-P. Vernant, Figurazione dell’invisibile e categoria psicologica del “doppio”, in Id.,
Mito e pensiero presso i Greci. Studi di psicologia storica, Einaudi, Torino 2001, pp. 344-358;
353-354 (ed. or. Figuration de l’invisible et catégorie psychologique du double: le kolossós, in
Id., Mythe et pensée chez les Grecs. Études de psychologie historique, Maspero, Paris 1965).
Sulle rappresentazioni della morte, cfr. R.B. Onians, Le origini del pensiero occidentale. Intor-
no al corpo, la mente, l’anima, il mondo, il tempo e il destino, Adelphi, Milano 1998, pp. 321-
341 (ed. or. The Origins of European Thought. About the Body, the Mind, the Soul, the World,
Time, and Fate, Cambridge University Press, Cambridge 1951).
25
Gia Empedocle, secondo la testimonianza di Cicerone, Tusculanae disputationes i,19,9,
riteneva che l’anima risiedesse nel sangue («Empedocles animum esse censet cordi suffusum
sanguinem»); per l’idea, evidentemente correlata, secondo cui il sangue sarebbe sede della vita
cfr. Servio, Ad Aeneidem v, 79: «ad sanguinis imitationem, in quo est sedes animae»; Servio,
Ad Aeneidem iii, 67: «sanguis enim velut animae possessio est, unde exsangues mortui dicun-
tur». Per il lessico e i significati del sangue nella cultura romana, F. Mencacci, Sanguis/cruor.
des origines de Rome, Editions de l’Universite Lovanium, Louvin-Kinshasa 1967, pp. 241 ss.;
H.S. Versnel, Two types of Roman devotio, in «Mnemosyne» 29 (1976), pp. 365-410. Sulla
fortuna iconografica del mito, M. Berbara, Civic self-offering: Some Renaissance representa-
tions of Marcus Curtius, in K.A.E. Enenkel - J.L. De Jong - J. De Landtsheer (eds.), Recreating
Ancient History: Episodes from the Greek and Roman Past in the Arts and Literature of the
Early Modern Period, Brill, Leiden 2001, pp. 148-165.
29
Livio, Ab Urbe condita libri vii, 6, 5. Lo stesso particolare e riferito anche da Valerio
Massimo che ne precisa la ragione: «super quem universi cives honoris gratia certatim fruges
iniecerunt».
30
Livio, Ab Urbe condita libri viii, 10, 12; sull’argomento, cfr. M.A. Cavallaro, Duride,
i «Fasti Capitolini» e la tradizione storiografica sulle «devotiones» dei Decii, in «Annuario
della Scuola archeologica di Atene» 38 (1976), pp. 261-316: pp. 280-285.
31
A. Fraschetti, Le sepolture rituali del foro Boario, in Le délit religieux dans la cité an-
tique (Table ronde de l’École Française de Rome, 6-7 Avril 1978), École Française de Rome,
Rome 1981, pp. 51-115: p. 74. Sul signum come sostituto funzionale, per esempio nel rituale
degli Argei, cfr. G. Capdeville, Sobstitution des victimes dans le sacrificies d’animaux à Rome,
in «Mélanges de l’École Francaise de Rome: Antiquité» 81 (1971), pp. 283-323: pp. 290-291.
36
Sul luogo della morte sorgono degli altari: nei pressi del Lacus Curtius esisteva fino
al 46 a.C. un’ara che commemorava il gesto del giovane cavaliere romano (Plinio, Naturalis
historia xv, 78); le are dei Fileni ubicate nella parte più interna del golfo della Sirte, sono men-
zionate da storici e geografi antichi (dal periplo dello Pseudo Scilace alla Tabula Peutingeria-
na); per una rassegna completa delle fonti antiche e medievali che registrano il sito delle are e
sulla persistenza del suo valore culturale attraverso le epoche, rimando al dettagliato commento
di R. Oniga, op. cit., pp. 111-150. Per la localizzazione del monumento nei pressi di Graret Gser
et-Trab, cfr. G. Abitino, op. cit., pp. 62-64.
37
F. Coarelli, Il foro romano, Quasar, Roma 1983, p. 298, interpreta il Lacus Curtius, così
come pure la tomba di Acca Larenzia e l’area dei Doliola, come un «monumento commemo-
rativo, l’heroon collettivo legato alla celebrazione (avvenuta certamente in casi di eccezionale
crisi della comunità) di sacrifici umani offerti alle divinità infere del vicino Velabro».
38
Sulla “significatività” dei miti romani, cfr. M. Bettini, Racconti romani “che sono li-
li’u”, Introduzione a L. Ferro - M. Monteleone, Miti romani, Einaudi, Torino 2010, pp. v-xxix.
39
Sull’importanza del leggere le differenze, K. Kluckhohn, Lo specchio dell’uomo, Gar-
zanti, Milano 1973 (ed. or. Mirror for Man, McGraw Hill, New York 1949). Per quanto riguar-
da l’ambito antichistico M. Bettini, Comparare i Romani. Per una antropologia del mondo
antico, in «Studi italiani di Filologia classica», Suppl. 7, serie 4 (2009), pp. 1-47.
40
La bibliografia sul mundus è divenuta ormai sterminata; si veda almeno S. Weinstock,
Mundus patet, in «Mitteilungen des deutschen archeologischen Instituts. Römische Abteilung»
45 (1930), pp. 111-123; H. Le Bonniec, Le culte de Cérès à Rome. Des origines à la fin de la
République, Klincksieck, Paris 1958, pp. 175-184; B. Albanese, Bidental, mundus, ostium Orci
nella categoria delle res religiosae, in «Jus» 20 (1969), pp. 205-249; P. Catalano, Aspetti spaziali
del sistema giuridico romano, in H. Temporini - W. Haase (eds.), Aufstieg und Nidergang der
römischen Welt ii/16.1, W. de Gruyter, Berlin - New York 1978, pp. 440-553; A. Magdelain, Le
pomerium archaïque et le mundus (1976/1977), poi in Id., Jus Imperium Auctoritas. Études de
droit romain, École Française de Rome, Rome 1990, pp. 279-303; F. Coarelli, Il foro romano,
cit., pp. 199-226; C. Dognini, Mundus. Etruria e Oriente in un’istituzione romana, Congedo,
Roma 2000. Più recentemente C. Deroux, Le mundus: images modernes et textes anciens, in P.A.
Deproost - A. Meurant (eds.), Images d’origines. Origines d’une image. Hommages à Jacques
Poucet, Academia-Bruylant - Presses universitaires de Louvain, Louvaine-la-Neuve 2004, pp.
125-137; M. Humm, Le mundus et le Comitium: représentations symboliques de l’espace de
la cité, in «Histoire urbaine» 10 (2004), pp. 43-61, F. Calisti, Il «Mundus», l’«Umbilicus» e il
simbolismo del centro a Roma, in «Studi e Materiali di Storia delle Religioni» 31 (2007), pp. 51-
78; M. Bettini, Missing Cosmogonies. The Roman Case?, in «Archiv für Religionsgeschichte»
13 (2011), pp. 69-92; G. De Sanctis, «Urbigonia». Sulle tracce di Romolo e del suo aratro, in «I
Quaderni del Ramo d’Oro on line», numero speciale (2012), pp. 105-135.
41
Festo, De verborum significatu, pp. 144-146 Lindsay.
42
Macrobio, Saturnalia i, 16, 18: «Unde et Varro ita scribit: mundus cum patet, deorum
tristium atque inferum quasi ianua patet. Propterea non modo proelium committi, verum etiam
dilectum rei militaris causa habere et militem proficisci, navem solvere, uxorem, liberum quae-
rendorum causa ducere religiosum est».
43
Macrobio, Saturnalia i, 16, 16-17: «Nam cum Latiar, hoc est Latinarum sollemne, con-
cipitur, item diebus Saturnaliorum, sed et cum Mundus patet, nefas est proelium sumere: quia
nec Latinarum tempore, quo publice quondam induciae inter populum Romanum Latinosque
firmatae sunt, inchoari bellum decebat, nec Saturni festo, qui sine ullo tumultu bellico creditur
imperasse, nec patente Mundo, quod sacrum Diti patri et Proserpinae dicatum est: meliusque
occlusa Plutonis fauce eundum ad proelium putaverunt».
44
Paolo Diacono, Festi epitome, p. 128 Lindsay: «Manalem Lapidem putabant esse
ostium Orci, per quod animae inferorum ad superos manarent, qui dicuntur manes». Sul lapis
manalis, cfr. F. Bomer, Der sogenannte Lapis Manalis, in «Archiv für Religionswissenschaft»
33 (1936), pp. 270-281. Sull’orco, come luogo e signore dell’oltretomba, cfr. T. Braccini, In-
dagine sull’orco. Miti e storie del divoratore di bambini, Il Mulino, Bologna 2013, pp. 23-28.
45
Secondo A. Piganiol, Recherches sur les jeux romains. Notes d’archéologie et d’histoire
religieuse, Librairie Istra, Strasbourg 1923, p. 8, tutto il suolo di Roma era disseminato di boc-
che infernali, di vie sotterranee capaci di mettere in comunicazione il mondo dei vivi e quello
dei morti: oltre al Lacus Curtius, andrebbero annoverati in questa lista l’ara di Conso, la fossa
del Tarentum e la grotta del Lupercale.
46
Per il 228 a.C., si vedano Plutarco, Vita Marcelli 3, 6-7; Orosio, Historiae adversus
paganos iv, 13, 3, che parla in proposito di sacrilega sacrificia; Giovanni Tzetzes, Scholia
in Lycophronis Alexandriam 602, ed. E. Scheer, Weidmann, Berlin 1908; per il 216, si veda
Livio, Ab Urbe condita libri xxii, 57, 6; per il 113, si veda Plutarco, Quaestiones Romanae 83.
57
Plutarco, Quaestiones Romanae 83, parla in proposito di demoni bizzarri e stranieri
( ). È probabile che la praecatio recitata per l’occasione
dal magister del collegio dei quindecemviri (Plinio, Naturalis historia xxviii, 12), fosse una
formule di consacrazione.
58
Livio, Ab Urbe condita libri viii, 9, 1-13. Sulla devotio dei Decii, cfr. L. Deubner, Die
Devotion der Decier, in «Archiv für Religionswissenschaft» 8 (1904-1905), pp. 66-88; W.
Soltau, Die Devotion der Decier, in «Philosophisches Wörterbuch» 30 (1910), pp. 1461-1464;
L.F. Janssen, Some unexplored aspects of “devotio Deciana”, in «Mnemosyne» 34 (1981), pp.
358-375; C.A. Barton, The Sorrows of the Ancient Romans: The Gladiator and the Monster,
Princeton University Press, Princeton, nj 1996, pp. 40-46; G.M. Masselli, La leggenda dei
Decii: un percorso fra storia, religione e magia, in «Aufidus» 39 (1999), pp. 7 -37; L. Sacco,
Devotio, in «Studi Romani» 52 (2004), pp. 312-352, con amplia bibliografia.
59
Macrobio, Saturnalia iii, 9, 10-12. Sulla distinzione tra questa devotio e quella praticata
dai Decii, cfr. G. Wissowa, s.v. “devotio”, in Real-Encyclopädie der classischen Altertumswis-
senschaft, vol. v, Metzler, Stuttgart 1905, coll. 277-280, specialmente col. 279; H.S. Versnel,
Two types of Roman devotion, cit.; L. Sacco, op. cit., pp. 331-335.
60
Sul meccanismo della sostituzione rituale si veda soprattutto G. Capdeville, Substitu-
tion de victimes dans les sacrifices d’animaux à Rome, cit., pp. 283-323, e W. Burkert, Mito
e rituale in Grecia, Laterza, Roma - Bari 1987, pp. 95-123 (ed. or. Structure and History in
Greek Mythology and Ritual, University of California Press, Berkeley 1979); per una panora-
mica più ampia, non limitata alla sola cultura greca o romana, cfr. C. Grottanelli, Il sacrificio,
cit., pp. 55-66.
61
L’ipotesi che i seppellimenti del foro Boario fossero una forma di devotio era già stata
formulata, seppure molto velocemente, da L. Preller, Römische Mythologie, Weidmann, Berlin
18652, pp. 468-469.
62
Sull’aspetto contrattualistico della devotio, cfr. A. Bouché-Leclercq, s.v. “devotio”, in
Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, vol. ii/1, Hachette, Paris 1892, pp. 113-119;
G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, Bech, München 19122, pp. 380 ss.; P. Poccetti,
Lingue speciali e pratiche di magia nelle lingue classiche, in R. Bombi (ed.), Lingue speciali
e interferenza. Atti del Convegno Seminariale Udine, 16-17 maggio 1994, il Calamo, Roma
1995, pp. 255-273: p. 267; S.H. Versnel, Self-Sacrifice, Compensation, and the Anonymous
Gods, cit.; G.M. Masselli, Il rancore dell’esule. Ovidio, l’Ibis e i modi dell’invettiva, Edipuglia,
Bari 2002, pp. 108-112, con bibliografia precedente.
63
G. Wissowa, s.v. “devotio”, cit., col. 277. A questo proposito S.H. Versnel, Two types
of Roman devotion, cit., p. 375, nota: «In all devotio-formulae it is the gods of underworld to
whom the prayer is addressed and the object dedicated».
4. «Vivae obruebantur»
Prima di chiudere questo nostro breve dossier sulle morti per seppel-
limento dobbiamo prendere in esame un ultimo caso, quello delle Vestali
condannate per incesto67. Anche la vestale colpevole è destinata, infatti,
64
H. Fugier, Recherches sur l’expression du sacré dans la langue latine, Les Belles Let-
tres, Paris 1963, p. 50.
65
S.H. Versnel, Two types of Roman devotion, cit., p. 376.
66
Macrobio, Saturnalia iii, 9, 13.
67
Sulle Vestali e il loro statuto giuridico, cfr. soprattutto G. Giannelli, Il sacerdozio delle
Vestali romane, Galletti e Cocci, Firenze 1913; R. Schilling, Vestales et vierges chrétiennes
dans la Rome antique, in «Revue des sciences religieuses» 35 (1961), pp. 113-129, poi in Id.,
Rites, cultes, dieux de Rome, Klincksieck, Paris 1979, pp. 166-182; F. Guizzi, Aspetti giuridici
del sacerdozio romano. Il sacerdozio di Vesta, Jovene, Napoli 1968; M. Beard, The sexual
72.
status of Vestal Virgins, in «Journal of Roman Studies» 70 (1980), pp. 12-27; A. Staples, From
Good Goddess to Vestal Virgins. Sex and Category in Roman Religion, Routledge, London -
New York 1998; M.C. Martini, Le Vestali: un sacerdozio funzionale al «cosmo» romano, La-
tomus, Bruxelles 2004; N. Mekacher, Die Vestaliche Jungfrauen in der römischen Kaiserzeit,
Reichert, Wiesbaden 2006; R.L. Wildfang, Rome’s Vestal Virgins: A Study of Rome’s Vestal
Priestesses in the Late Republic and Early Empire, Routledge, London - New York 2006.
68
Plutarco, Vita Numae 10,3-7; Dionigi di Alicarnasso, Antiquitates Romanae ii, 67, 4.
69
Servio, ad Aeneidem xi, 206: «Etiam nocentes virgines Vestae licet vivae, tamen intra
urbem in campo Scelerato obruebantur».
70
Gellio, Noctes Atticae i, 12, 11. In proposito, cfr. F. Guizzi, op. cit., pp. 62-63.
71
A. Fraschetti, La sepoltura delle Vestali e la Città, in Du châtiment dans la cité. Sup-
plices corporels et peine de mort dans le monde antique, cit., pp. 97-129: p. 124.
72
Plutarco, Vita Numae 10, 4-5.
73
Dionigi di Alicarnasso, Antiquitates Romanae ii, 67, 4.
74
Plutarco, Vita Numae 10, 6:
.
75
A. Fraschetti, La sepoltura delle Vestali e la Città, cit. p. 126.
76
La vivisepoltura sembra essere stata praticata a questo scopo anche presso altre culture.
Erodoto, Historiae vii, 114, 2, testimonia che questa pratica era nota anche al mondo persiano:
Amestri, la moglie di Serse ormai vecchia, infatti, avrebbe fatto seppellire vivi quattordici fan-
ciulli persiani per ingraziarsi «la divinità che si dice abiti sottoterra» (
).
77
Sulla “finzione” che anima i riti e l’antropologia del “come se”, cfr. F. Remotti, Antro-
pologia dello spazio, del tempo e del potere, Bollati Boringhieri, Torino 1993, pp. 113-124.
Quella della vestale, dunque, era una morte lenta e silenziosa, atroce
e persino “dolce” nelle sue modalità, ma soprattutto “invisibile”, realiz-
zata attraverso un’operazione rituale molto complessa dal punto di vista
simbolico, che si prefiggeva non soltanto di punire, ma anche di far scom-
parire agli occhi della città il corpo infetto. La lungo la scala
che la conduce nella stanza sotterranea sancisce di fatto il suo ingresso nel
78
C. Bémont, op. cit., p. 145 nota 2: «Le rite ainsi compris ne serait pas sans présenter des
resemblances avec la devotio du peuple étranger, telle du moins qu’elle apparaît dans Macrobe,
Sat. xii, 9. En effet, dans la formule qui nous est transmise, seuls sont dévoués les étrangers,
sans sacrifice, comme dans le cas de Decius Mus, d’un représentant de l’armée romaine».
79
A. Fraschetti, La sepoltura delle Vestali e la Città, cit., p. 113.
80
La verginità della vestale era ritenuta un requisito indispensabile e imprescindibile
per il corretto funzionamento della vita religiosa romana. Una vestale che avesse infranto il
voto di castità contaminava i sacra; per la vestale Opimia si dice, infatti, che
(Dionigi di Alicarnasso, Antiquitates Romanae viii, 89, 4). Sul-
la verginità della vestale come espressione rituale dell’integrità di Roma, cfr. A. Staples, From
Good Goddess to Vestal Virgins. Sex and Category in Roman Religion, cit. Per quanto riguarda
il caso di Tarpeia, considerata vestale da una parte della tradizione, riteniamo condivisibili le
perplessità a suo tempo avanzate da A. Fraschetti, La sepoltura delle Vestali e la Città, cit., p.
98: «La saga di Tarpeia con le sue varianti e le sue diverse sfumature, proprio per queste varian-
ti e queste sfumature che investono direttamente lo statuto della fanciulla, è tale da non dover
essere inclusa nel nostro dossier. In un simile contesto, si aggiunga solo che in un settore della
tradizione antica Tarpeia può essere rappresentata tanto più facilmente come vestale grazie
forse anche al suo tipo di morte: ancora una volta per seppellimento, benché un seppellimento
operato nel caso specifico di Tarpeia non sotto terra né dai suoi concittadini, ma attraverso gli
scudi dei nemici che la sovrastano e la ricoprono».
81
E. Cantarella, I supplizi capitali in Grecia e a Roma, cit., p. 138. Sulla morte per inedia,
Plinio, Naturalis historia xiv, 13, 89.
82
C. Bémont, op. cit., p. 135, ritiene che anche in questo caso si tratti di una camera sotter-
ranea, poiché Livio, Ab Urbe condita libri xxxix, 50, usa lo stesso vocabolario per descrivere
il deposito del denaro pubblico in cui i Messeni rinchiusero Filopemene: «Admonent deinde
quidam esse thesaurum publicum sub terra, saxo quadrato saeptum. Eo vinctus demittitur, et
saxum ingens, quo operitur, machina super impositum est».
83
Paolo Diacono, Festi epitome, p. 27 Lindsay. Una formulazione simile in Porfirio, De
antro nympharum 6.
84
Si veda ad esempio la formula recitata dal pater patratus nel caso in cui le richieste
del popolo romano non siano state soddisfatte in Livio, Ab Urbe condita libri i, 32: «Audi,
Iuppiter, et tu, Iane Quirine, dique omnes caelestes, vosque terrestres vosque inferni, audite;
ego vos testor».
85
Servio, Ad Aeneidem iii, 134: «Quidam aras superorum deorum volunt esse, medioxi-
morum id est marinorum focos, inferorum vero mundos».
86
Omero, Odyssia xi, 25. Anche il mundus scavato da Romolo nei pressi del Comizio
nel racconto di Plutarco, Vita Romuli 11, 1-2, è un :
La morte per seppellimento, che conta diversi casi non solo all’in-
terno della cultura romana, non è certo una morte casuale, e possiede
dunque una specifica valenza culturale. Seppellire vivo un individuo non
significa semplicemente ucciderlo; la morte è una conseguenza, non il
fine della vivisepoltura. Se alcuni casi possono essere classificati come
“sacrifici di fondazione” – la vittima o una sua parte viene inumata per
conferire stabilità e durata alla nuova costruzione – altri hanno piuttosto
il sapore dell’esecuzione – si pensi alla punizione che attende la vesta-
le incesta –, altri ancora si configurano invece come dei veri e propri
atti di consegna alle potenze infere realizzati attraverso la deposizione
dell’offerta in buche appositamente scavate nel terreno (mundi). Questo
genere di pratiche, oltre a far luce su alcuni meccanismi costitutivi del
linguaggio del sacrificio, come quello della sostituzione rituale, mostra-
no quanto per i Romani fosse tenue e permeabile il confine che separava
il mondo dei vivi da quello dei morti.
Death by burial, which counts several cases, not only within Roman
culture, is not a random killing, and therefore has a specific cultural
value. Burying a living person does not simply mean to kill him, death
is a consequence, not the aim of live burial. While some cases can be
classified as “foundation sacrifices” – the victim or a part of his body is
interred in order to give stability and durability to the new construction
– others have almost the flavor of an execution – think of the punishment
that awaits the vestal incesta – others instead are configured as real acts
of surrender to the powers of the underworld, achieved through the de-
position of the offer made in specially dug holes in the ground (mundi).
These kinds of practices, in addition to shedding light on some constitu-
tive mechanisms of the language of sacrifice such as the ritual substitu-
tion, show how for the Romans the border that separated the world of the
living from that of the dead was tenuous and permeable.
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