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LIBRO TERZO C.C.

- TITOLO I dei beni (ART 810 - 831)


Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti: beni giuridici.
Tuttavia non tutte le cose sono suscettibili di essere considerate beni (e,
quindi, possibile oggetto di diritti: beni materiali), così come oggetto di
diritti (e, quindi, beni, per la relativa attitudine a soddisfare interessi)
possono essere anche entità diverse dalle cose (beni immateriali:
software, banche dati, indicazioni geografiche, diritti di autore e
denominazioni di origine) (ART 810). Non tutte le cose sono beni in senso
giuridico: non possono costituire oggetto di rapporti privati le cose
incommerciabili, quali i beni demaniali, e le cose comuni a tutti, quali
l'acqua del mare o l'aria. Per l'art.8121 sono beni immobili tutto ciò che
naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo; mentre sono beni
mobili, tutti i beni non rientranti tra quelli considerati immobili (ART 8121-2-
3
). La disciplina concernente i beni immobili si applica anche ai diritti reali
aventi ad oggetto beni immobili (servitù prediali, superficie, usufrutto
relativo ad un immobile, ecc.) ed alle azioni relative; mentre quella
concernente i beni mobili si applica a tutti gli altri diritti (ART 813). La
disciplina della circolazione dei diritti concernenti i beni immobili resta
persistentemente circondata da maggiori formalità rispetto a quella dei
diritti concernenti i beni mobili, senz'altro notevolmente più snella. Il
danaro nella teoria dei beni viene correntemente qualificato come cosa
mobile, generica, fungibile, consumabile e divisibile.

Il codice civile ha ritenuto opportuno definire il rapporto che si può venire


ad instaurare tra cosa principale e cosa accessoria, precisando la nozione di
pertinenza, nonché le conseguenze sul piano giuridico di un simile
eventuale rapporto di connessione tra cose. La connessione per
accessorietà si ha quando tra più cose venga ad instaurarsi un rapporto
caratterizzato dall'essere l'una cosa principale e l'altra accessoria, pur
conservando esse una propria individualità materiale ed economica. Per
l'art.817 le pertinenze sono le cose destinate in modo durevole a servizio o
ad ornamento di un'altra cosa: la cosa non perde, quindi, la sua
individualità e autonomia; ai fini della ricorrenza del concetto di pertinenza
è determinante la instaurazione di un legame di carattere economico -
giuridico. Essenziale, perché sorga il rapporto di pertinenza, è la
destinazione, la quale può essere effettuata esclusivamente dal proprietario
della cosa principale (o dal titolare di un diritto reale su di essa) (ART 8172).
Si ritiene trattarsi non di un atto negoziale, ma di un atto giuridico in senso
stretto. Perché si abbia la costituzione del rapporto occorre che il
proprietario della cosa principale sia tale anche della cosa accessoria.

Le universalità di mobili sono definite dall'art.8161 come pluralità di cose


che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria:
complessi di cose, che si ritiene dover essere omogenee, le quali
conservano in pieno la propria individualità e autonomia economico -
funzionale. Con una regola simile a quella dettata in tema di pertinenze,
l'art 8162 prevede che le singole cose facenti parte dell'universalità di mobili
possono formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici. Dalle
universalità di mobili si distinguono le universalità di diritto, le quali
comprendono situazioni giuridiche soggettive attive e passive
assolutamente non omogenee (relative a beni mobili e immobili, diritti reali
e di credito, così come di obblighi) quando il legislatore reputi opportuno,
per certi aspetti, unificarne il regime. Taluni annoverano, quale universalità
di diritto, anche l'azienda.

Tra i beni, il codice disciplina i frutti, distinguendoli in frutti naturali e civili.


Sono considerati frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla
cosa, con o senza l'intervento dell'uomo (ART 8211). I frutti naturali seguono
la sorte della cosa fruttifera fino alla separazione (ART 8202), ne fanno, cioè,
parte fino a tale momento, che segna il momento dell'acquisto come bene
autonomo da parte dell'avente diritto. Per frutti civili si intendono quelli
che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che ne sia
attribuito ad altri. L'art.8203 elenca gli interessi dei capitali, i canoni
enfiteutici, le rendite vitalizie e ogni altra rendita, nonché il corrispettivo
delle locazioni. Anche i frutti civili, come quelli naturali, spettano al
proprietario della cosa fruttifera, ovvero a chi abbia un diritto di godimento
sulla cosa medesima. Il loro acquisto avviene a seguito della relativa
maturazione (essi, infatti, si acquistano giorno per giorno, in ragione della
durata del diritto a percepirli: art.8213).

Il patrimonio viene correntemente inteso come l'insieme delle situazioni


giuridiche di rilevanza economica, di cui il soggetto è titolare: esso, finché
la persona è vivente, non viene considerato dall'ordinamento quale unitario
possibile oggetto di vicende giuridiche. Per determinare il carattere di bene
pubblico è necessario che esso appartenga allo Stato o ad un ente pubblico,
e che l'attitudine dello stesso sia nell'immediato soddisfacimento di un
interesse pubblico: non sempre interessi di carattere generale sono
soddisfatti da beni pubblici. Taluni beni fanno parte del demanio pubblico
(beni demaniali) per necessità, in quanto non ne è ammessa l'appartenenza
a privati (c.d. demanio naturale o necessario) (ART 8221 - 824). I beni
demaniali sono inalienabili e possono formare oggetto di diritti di terzi solo
nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (ART 8231). Per i
beni non necessariamente demaniali è ammessa la c.d. sdemanializzazione
da parte dell'autorità amministrativa attraverso particolari procedure (ART
829). I beni appartenenti allo Stato e agli altri enti territoriali non compresi
tra quelli considerati demaniali fanno parte del relativo patrimonio. (ART
8262-3).

- TITOLO II delle proprietà (ART 832 - 951)


Il diritto di proprietà vede il suo contenuto definito dall'art.832, secondo
cui il proprietario ha il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno
ed esclusivo entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti
dall'ordinamento giuridico. Chiaro è il come siano i caratteri di pienezza ed
esclusività a caratterizzare la situazione del proprietario rispetto a quella
del titolare di qualsiasi altro diritto, anche di natura reale. Oltre a quelli di
pienezza ed esclusività, a caratterizzare il diritto di proprietà contribuiscono
anche quello di imprescrittibilità, ossia l'illimitata validità di un diritto,
specie per le azioni di rivendicazione (ART 9483) e quello della perpetuità,
ossia la durata eterna fino alla vendita di quel bene. L'art.833 vieta al
proprietario di fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di
nuocere e di recare molestia ad altri: divieto degli atti emulativi. La
difficoltà, da parte del soggetto che lamenta la lesione del proprio interesse,
di dimostrare il carattere emulativo dell'atto deriva soprattutto dalla
necessità di provare l'intenzione lesiva del proprietario. DA VEDERE
ACCORDO DI CESSIONE PAG 525-526-527-528.

Una disciplina articolata il codice civile detta per la proprietà fondiaria,


quella cioè concernente i beni immobili (urbani e agricoli). I beni immobili
risultano per propria natura atti a costituire il punto di riferimento di una
molteplicità di interessi sia individuali (dei soggetti interessati alla loro
utilizzazione) che superindividuali (ricollegabili alle esigenze generali dello
sviluppo economico). L'art.8401 afferma che la proprietà del suolo si
estende al sottosuolo, con tutto ciò che esso contiene, potendovi il
proprietario svolgere qualsiasi attività di utilizzazione che non rechi danno
ai vicini; mentre l'art.8402 afferma che il proprietario non può impedire
attività altrui che si svolgano a tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza
nello spazio sovrastante che egli non abbia interesse ad escluderle.
L'art.841 afferma che il proprietario ha la possibilità di chiudere il fondo in
qualunque tempo, ma non può impedire l'accesso ad esso per l'esercizio
della caccia, a meno che non sia stato chiuso nei modi stabiliti dalla
legislazione in materia di caccia (ART 8421). Per l'accesso al fondo per
l'esercizio di caccia è necessario essere muniti della licenza rilasciata dalle
competenti autorità amministrative (ART 8422), mentre per l'esercizio della
pesca è necessario il consenso del proprietario del fondo (ART 8423).
L'accesso ed il passaggio nel fondo non possono essere impediti, ove
necessari, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del
vicino o comune (ART 8431): ovviamente se l'accesso cagiona danno, è
dovuta un'adeguata indennità (ART 8433).
L'art.8441 dispone che il proprietario di un fondo non può impedire le
immissioni (propagazioni consistenti in fumo, calore, esalazioni, rumori e
scuotimenti) derivanti dal fondo del vicino, se non superino la normale
tollerabilità, avuto riguardo anche alla condizione dei luoghi. Il proprietario
è tenuto a sopportare le immissioni altrui, nei limiti, però, della normale
tollerabilità, la quale deve essere giudicata dal punto di vista del fondo che
le riceve. Un deciso ampliamento della portata operativa dell'art.844 deriva
dall'orientamento che consente di avvalersene non solo, oltre che
ovviamente per il proprietario, ai titolari di un diritto reale (enfiteuta,
superficiario, usufruttario) sul fondo, ma anche ai titolari di un diritto
personale di godimento (come il locatario). Il giudice potrebbe anche far
consentire la prosecuzione di immissioni tali da superare la soglia della
normale tollerabilità, imponendo un indenizzo a carico di chi provoca le
immissioni (servitù coattiva). L'azione esercitata ai sensi dell'art.844 ha
carattere inibitorio e reale e si ritiene correntemente rientrare nello schema
di azione negatoria. Chi invoca una violazione di buon vicinato, potrà
ottenere, quindi, oltre al risarcimento del danno anche provvedimenti di
tipo inibitorio e tendenti alla riduzione in pristino (demolizione) della
situazione dei luoghi (ART 8722). Le proprietà fondarie non possono essere
costruite a una distanza minore di tre metri (ART 873): il criterio seguito dal
codice è quello della c.d. prevenzione temporale (nel senso che chi
costruisce per primo condiziona le possibilità edificatorie del vicino). Se la
costruzione è stata fatta sul confine, il vicino può scegliere tra arretrare a tre
metri dal confine, oppure avanzare anche la propria costruzione fino al
confine, chiedendo la comunione forzosa del muro (previo pagamento
della metà del relativo valore, ai sensi dell'art.874), oppure ancora,
costruendo in aderenza (ART 877).

La disciplina dei modi di acquisto rappresenta uno dei profili fondamentali


della regolazione generale dell'istituto della proprietà. L'art.922 traccia il
quadro dei modi di acquisto della proprietà, offrendone un elenco ("per
occupazione, per invenzione, per accessione, per unione e commistione,
per usucapione, per effetto di contratti, per successione a causa di
morte"). L'occupazione costituisce forse il modo di appropriazione
primigenio: il comportamento di materiale impossessamento, ricorrendo le
condizioni previste dall'art.923, produce l'acquisto della proprietà della
cosa. Suscettibili di occupazione sono le cose mobili che non sono di
proprietà di alcuno (ART 9231). Non possono, quindi, acquistarsi per
occupazione gli immobili, i quali, ove non siano di proprietà di alcuno,
spettano al patrimonio dello Stato (ART 827). Possono costituire oggetto di
occupazione solo le res nullius, tali perché mai appartenute ad alcuno,
oppure le cose abbandonate con l'intenzione di dismetterne la proprietà.
L'art.9232, accanto alle cose abbandonate, contempla gli animali che
formano oggetto di caccia e di pesca. L'invenzione concerne le cose
smarrite ancora oggetto, quindi, di proprietà, a differenza di quelle
abbandonate: chi trova la cosa non ne acquista la proprietà, ma ha l'obbligo
di restituirla al proprietario e se non lo conosce di consergnarla
immediatamente al sindaco del luogo in cui la ha ritrovata, indicando le
circostanze del ritrovamento (ART 927). Il ritrovatore, in caso di restituzione
della cosa al proprietario, ha diritto a chiedere un premio, pari al decimo
della somma o del valore della cosa ritrovata (ART 930). Il tesoro appartiene
al proprietario del fondo in cui si trova (ART 959): il ritrovatore, a condizione
che il ritrovamento sia avvenuto casualmente, ha diritto alla metà del
tesoro. L'accessione può essere intesa, in senso lato, come modo di
acquisto della proprietà in conseguenza dell'unione di altre cose alla
propria, in considerazione, del carattere principale riconosciutogli:
espansione della proprietà. L'art.934 dispone che qualunque piantagione,
costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al
proprietario di questo. L'art.938, riguardante l'ipotesi di occupazione di
porzione di fondo attiguo, dispone che qualora nella costruzione di un
edificio si occupasse in buona fede una porzione, l'autorità giudiziaria
potrebbe attribuire al costruttore la proprietà dell'edificio e del suolo
occupato, a condizione che il proprietario di quest'ultimo non abbia fatto
opposizione entro tre mesi dall'inizio della costruzione. L'art.939 disciplina,
alludendo all'unione e commistione, il fenomeno dell'accessione di mobile
a mobile: se cose mobili appartenenti a diversi proprietari sono state unite
o mescolate, in modo da formare un sol tutto, ma sono separabili senza
notevole deterioramento, ciascuno conserva la proprietà della sua cosa e ha
diritto a chiederne la separazione (unione); se le cose sono diventate
inseparabili, la proprietà ne diventa comune in proporzione al valore delle
cose spettanti a ciascuno (commistione) (ART.9391). Il codice ha disciplinato
anche l'ipotesi della trasformazione della cosa ad opera dell'uomo: l'art.940
parla, al riguardo, di specificazione, ossia quando qualcuno adopera una
materia altrui per dar vita ad una cosa nuova, ne acquista la proprietà
pagandone il prezzo al proprietario, salvo che il valore della materia sorpassi
notevolmente il valore della mano d'opera: in quest'ultimo caso la proprietà
della cosa, quale risultante della trasformazione della materia che gli
apparteneva, spetta al proprietario di quest'ultima, il quale deve pagare il
prezzo della mano d'opera.

Il codice disciplina nello stesso capo quattro azioni: rivendicazione,


negatoria, regolamento di confini e per apposizione di termini. Esse sono
azioni petitorie, tendenti a garantire le prerogative concesse alla titolarità
del diritto, in contrapposizione alle azioni a difesa del possesso (azioni
possessorie); ed inoltre sono pure azioni reali, in quanto caratterizzate dalla
esperibilità nei confronti di chiunque interferisca - impedendolo,
contestandolo od ostacolandolo - con l'esercizio del diritto reale sulla cosa:
come tali si distinguono dalle azioni personali, che competono al titolare di
un diritto di credito nei confronti del solo soggetto passivo, ove costui non
tenga il comportamento attraverso cui si realizza l'interesse del primo.
Fondamentale è l'azione di rivendicazione, disciplinata dall'art.948, che
può essere esercitata dal proprietario nei confronti di chiunque possieda o
detenga la cosa, al fine di ottenerne la restituzione: come tale, essa
rappresenta il prototipo dell'azione reale. L'azione di rivendicazione è
dichiarata imprescrittibile (ART 9483). L'art 9481 precisa anche che se il
convenuto dopo la domanda abbia cessato per fatto proprio di possedere o
detenere la cosa, l'azione può essere proseguita nei suoi confronti e costui
resta obbligato a recuperare la cosa stessa a proprie spese per l'attore o in
mancanza a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno. Se
peraltro il proprietario riesce a conseguire ugualmente la restituzione della
cosa direttamente dal nuovo possessore o detentore, è tenuto a restituire al
precedente possessore o detentore contro cui aveva agito, la somma
ricevuta in luogo di essa (ART 9482). La prova richiesta all'attore per la
dimostrazione della proprietà si presenta difficile, almeno ove costui non
possa dimostrare di avere acquistato a titolo originario: la prova di acquisto
a titolo derivativo (contratto o testamento) non è sufficiente.

Al proprietario spetta anche l'azione negatoria: egli può agire per far
dichiarare l'inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa, quando abbia
motivo di temerne pregiudizio (ART 9491); se sussistono anche turbative o
molestie, ne può chiedere la cessazione, oltre l'eventuale risarcimento del
danno (ART 9492). Così come quella di rivendicazione, anche quella
negatoria viene considerata imprescrittibile. In caso di incertezza del
confine tra due fondi (delimitazione), ciascuno dei proprietari può chiedere
che il confine stesso sia fissato giudizialmente (ART 9501): azione di
regolamento di confini, considerata anch'essa azione reale e
imprescrittibile, e ogni mezzo di prova risulta ammesso (ART 9502). In
mancanza di elementi che chiariscano la posizione dei due fondi, il giudice si
affida alle mappe catastali (ART 9503); mentre qualora i termini dovessero
venire a mancare o risultare irriconoscibili, coll'azione di apposizione di
termini ciascuno dei proprietari ha il diritto di chiedere che siano apposti o
ristabiliti a spese comuni (ART 951).

- TITOLO III della superficie (ART 952 - 956)


I diritti reali di godimento su cosa altrui conferiscono al titolare la
possibilità di esercitare sulla cosa di proprietà di altri facoltà di godimento
che tipicamente rientrano nel contenuto del diritto di proprietà, di cui,
conseguentemente determinano una compressione: diritti reali limitati o
parziari. Caratteristica del diritto reale, e quindi anche di quelli su cosa
altrui, è l'immediatezza, in quanto al titolare è consentito di realizzare il suo
interesse direttamente sulla cosa, attraverso l'esercizio delle facoltà e dei
poteri conferiti dall'ordinamento rispetto alla cosa stessa. I diritti reali
limitati possono essere prescritti qualora il relativo mancato esercizio si sia
protratto per un periodo di venti anni, e possono essere estinti per
confusione quando nella medesima persona si riunisce la titolarità della
proprietà e di uno di tali diritti. La tutela del titolare dei diritti reali limitati
è tradizionalmente affidata all'azione confessoria, la quale tende a fare
riconoscere l'esistenza del diritto stesso, data l'assolutezza dei diritti i
questione, tanto nei confronti del proprietario, quanto nei confronti di
chiunque ne contesti l'esercizio: azione petitoria e reale.

L'art 9521 prevede la costituzione, da parte del proprietario del suolo, del
diritto di fare e mantenere una costruzione al di sopra del suolo a favore di
altri, che ne acquista la proprietà: concessione di costruzione. A seguito
dell'effettuazione della costruzione, il titolare del diritto in questione
(superficiario) acquista la proprietà della costruzione: proprietà
superficiaria, diversa da quella del suolo. La costituzione di un diritto di
superficie può riguardare anche costruzioni al di sotto del suolo altrui (ART
955); tuttavia non è ammessa, invece, una proprietà delle piantagioni
separata da quella del suolo (ART 956) per il possibile pregiudizio che si è
ritenuto poterne derivare all'efficienza dell'agricoltura ed al suo sviluppo.

- TITOLO IV dell'enfiteusi (ART 957 - 977)


Della disciplina in questione si ricavano i tratti essenziali della figura, che
corrispondono del resto, alla sua configurazione tradizionale: il proprietario
(concedente) cede il godimento di un immobile ad un altro soggetto
(enfiteuta), che acquista su di esso facoltà e poteri sostanzialmente
corrispondenti a quelli spettanti al proprietario, con l'obbligo di migliorare il
fondo e di pagare un canone. L'art.9591 esplicitamente riconosce
all'enfiteuta gli stessi diritti che avrebbe il proprietario su frutti, tesoro e
sottosuolo (l'art.9592 estende il diritto dell'enfiteuta anche alle eventuali
accessioni). La durata dell'enfiteusi può essere perpetua o temporanea: la
durata minima è fissata, comunque, in venti anni, essendone ritenuta una
inferiore non rispondente alle finalità (anche di carattere generale)
dell'istituto. L'enfiteuta ha l'obbligo di migliorare il fondo (ART 9601) e di
pagare un canone consistente in una somma di denaro o in una quantità
fissa di prodotti naturali (ART 9602). L'enfiteuta può disporre del proprio
diritto sia per atto tra vivi che per testamento (ART 9651). Nell'ipotesi di
alienazione del proprio diritto da parte dell'enfiteuta, il nuovo enfiteuta
resta obbligato in solido col precedente per il pagamento dei canoni non
soddisfatti (ART 9671). Non è ammessa la subenfiteusi (ART 968). Il
concedente ha diritto di richiedere la ricognizione del proprio diritto da chi
si trova nel possesso del fondo enfiteutico un anno prima del compimento
del ventennio (ART 9691): ciò per evitare al proprietario la perdita del suo
diritto, in conseguenza dell'eventuale usucapione altrui (si ricordi, infatti,
come l'attività dell'enfiteuta rispetto al bene sia difficilmente distinguibile
da quella di un proprietario).

Nello schema dell'enfiteusi, assumono un ruolo centrale, quali modi di


cessazione del rapporto, con effetti opposti, l'affrancazione e la
devoluzione. Il diritto di affrancazione o riscatto è il potere dell'enfiteuta di
conseguire la proprietà del fondo, mediante la corresponsione al
concedente di una somma di danaro. Ai sensi dell'art.9722, l'affrancazione
prevale attualmente in ogni caso sulla devoluzione, a prescindere dalla
gravità degli inadempimenti dell'enfiteuta, e non può essere neppure mai
ostacolata da una clausola risolutiva espressa (ART 973). Al concedente
compete il diritto di devoluzione, cioè il potere di far cessare il rapporto di
enfiteusi sul fondo (ART 972). La devoluzione può essere chiesta in due casi:
se l'enfiteuta deteriora il fondo o non lo migliora; se l'enfiteuta è in mora
nel pagamento di due annualità del canone.

- TITOLO V dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione


(ART 978 - 1026)
L'usufruttuario ha diritto di godere della cosa, traendone tutte le utilità che
essa sia atta ad offrire (ART 981), spettandogli tutti i frutti naturali e civili
per la durata del suo diritto (ART 9841). Per essere in grado di realizzare le
utilità che gli spettano, egli ha il diritto di conseguire il possesso della cosa
(ART 982). La sua durata non può eccedere la vita dell'usufruttario (ART
979). Con riguardo alla costituzione, l'art.978 stabilisce che l'usufrutto si
costituisce per legge o volontariamente e può acquistarsi per usucapione.
Esso può avere ad oggetto qualsiasi bene, mobile o immobile, comprese le
universalità di fatto e quelle di diritto. In caso di miglioramenti,
l'usufruttuario ha diritto a una indennità, ove essi sussistano al momento
della restituzione della cosa (ART 985); egli può eseguire anche addizioni
che non alterino la destinazione economica (ART 986). Se l'usufrutto
comprende cose deteriorabili, l'usufruttuario può servirsene normalmente,
dovendole alla fine dell'usufrutto, restituire nello stato in cui si trovano (ART
996). L'usufruttuario può cedere ad altri il suo diritto per un certo tempo o
per tutta la sua durata, purché ciò non sia vietato dal titolo costitutivo (ART
980). L'usufruttuario, il quale prende le cose (acquistandone il possesso)
nello stato in cui si trovano, ha l'obbligo di restituire le cose oggetto del suo
diritto al termine di esso e nel loro godimento deve usare la dilingenza del
buon padre di famiglia (ART 1001); è tenuto a fare a sue spese l'inventario
dei beni (ART 10022) e, se non ne è dispensato, deve prestare anche idonea
garanzia (ART 10023); deve effettuare le spese per la custodia,
l'amministrazione e la manutenzione ordinaria (ART 1004), mentre le spese
per la manutenzione straordinaria sono a carico del proprietario, che, però,
ha diritto a ricevere i relativi interessi finchè dura l'usufrutto (ART 1005); è
tenuto al pagamento dei canoni annuali (ART 1008), nonché a denunciare al
proprietario, per non incorrere in responsabilità nei suoi confronti, le
eventuali usurpazione sul fondo commesse da terzi (ART 1012). Inoltre
l'usufruttuario ha il diritto di ritenzione sui beni fino al rimborso delle
somme a lui dovute dal proprietario per anticipazioni effettuate in sua vece
(ART 1011). Il proprietario può ovviamente cedere e ipotecare il suo diritto
e fa propri il tesoro (ART 988) e gli alberi di alto fusto (ART 990); ha diritto
agli interessi sulle somme pagate, in particolare, per le riparazioni
straordinarie (ART 10053) e per i carichi imposti sulle proprietà (ART 10091);
egli inoltre può agire nei confronti dell'usufruttuario, nel caso in cui costui
abusi del suo diritto (ART 1015).

L'uso e l'abitazione sono diritti reali di godimento su cosa altrui affini


all'usufrutto. Caratteristica fondamentale dei diritti in questione è il loro
carattere strettamente personale, dato che non possono essere ceduti o
dati in locazione (ART 1024). Essi sono intrinsecamente temporanei, in
quanto comunque limitati alla vita del soggetto, e possono essere costituiti
per contratto e testamento, essendone ammissibile anche l'usucapione. I
titolari godono della normale tutela dei diritti reali, con l'azione confessoria
e, in quanto possessori, possono esperire le azioni possessorie. Il titolare
del diritto d'uso può servirsi della cosa e, se essa è fruttifera, può fare suoi i
frutti, nei limiti di quanto occorra per soddisfare i bisogni suoi e della sua
famiglia (ART 10211): tali bisogni devono essere valutati tenendo presente la
condizione sociale del titolare (ART 10212). Il diritto di abitazione è un
peculiare diritto d'uso, il quale conferisce al titolare la possibilità di abitare
la casa che ne costituisce oggetto, pure in tal caso limitatamente ai bisogni
suoi e della sua famiglia (ART 1022). La famiglia, i cui bisogni sono presi in
considerazione, comprende espressamente i figli, compresi quelli adottivi e
riconosciuti, nonché i collaboratori familiari conviventi (ART 1023).

- TITOLO VI delle servitù prediali (ART 1027 - 1099)


Le servitù hanno mantenuto nel codice civile vigente la loro storica
qualificazione come prediali, in quanto la relativa titolarità si ricollega alla
proprietà su un fondo. Una simile caratteristica risuona con chiarezza
proprio nella definizione che ne offre l'art.1027, secondo cui la servitù
prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro
fondo apparente a diverso proprietario. Si tratta di un vero e proprio diritto
reale di godimento su cosa altrui, in quanto al titolare (proprietario del
fondo dominante) è riconosciuto sul fondo di proprietà altrui (il fondo
servente) l'esercizio di facoltà di godimento per trarne una determinata
utilità: l'utilità deve essere obiettiva, ossia consistere in un vantaggio che il
fondo dominante trae dal fondo servente, riconducibile alla sua
destinazione economica. L'art.10291 consente che la servitù sia costituita
per assicurare al fondo un vantaggio futuro: è da sottolineare come i fondi,
perché possa realizzarsi l'utilità che caratterizza la servitù, debbano essere
sufficientemente vicini, anche se non necessariamente contigui. Quale
qualità del fondo, la servitù non può essere trasmessa separatamente: con
l'alienazione del fondo si trasferiscono automaticamente le servitù attive e
passive ad esso, appunto, inerenti (inscindibilità della servitù); altro
carattere della servitù è prevalentemente ravvisato nella indivisibilità, in
quanto considerata inerente, sempre nella sua interezza, all'intero fondo. Il
titolare della servitù è tutelato con l'azione confessoria, disciplinata
dall'art.1079: egli può farne riconoscere in giudizio l'esistenza contro chi ne
contesti l'esercizio e può far cessare eventuali impedimenti e turbative. In
quanto possessore, al titolare della servitù spetta anche l'esercizio delle
azioni possessorie.

Sono denominate servitù coattive o legali quelle che possano essere


imposte al proprietario di un fondo, a prescindere dal suo consenso:
secondo l'art.1032, quando, in forza di legge, il proprietario di un fondo ha
diritto di ottenere la costituzione di una servitù a carico di un altro fondo,
ove il proprietario di questo non vi consenta (con la stipulazione di un
contratto), la servitù è costituita con una sentenza. Quanto alle servitù
volontarie, la loro costituzione può avvenire a titolo derivativo per contratto
o per testamento.

- TITOLO VII della comunione (ART 1100 - 1139)


La comunione è la situazione che si determina quando la proprietà o altro
diritto reale spetta in comune a più persone (ART 1100): se si ritiene
inammissibile la coesistenza di più diritti di proprietà sullo stesso bene, è
consentita, invece, la contitolarità dello stesso diritto sul bene da parte di
una pluralità di soggetti. L'origine (fonte) della situazione di comunione può
essere diversa. Si usa parlare, al riguardo, di comunione volontaria (quando
sorge per volontà delle parti, come nel caso di acquisto insieme di una
cosa), incidentale (quando sorge indipendentemente dalla volontà delle
parti per effetto di previsione legislativa), oppure forzosa (quando è imposta
dalla legge e non ne è ammesso lo scioglimento). Per regolamentare la
partecipazione di ciascuno alla contitolarità del diritto, l'ordinamento
ricorre al concetto di quota (ART 11012). La quota indica la misura della
partecipazione di ciascun contitolare al medesimo diritto sul bene: per ovvi
motivi di opportunità, è stato stabilito che le quote dei partecipanti alla
comunione si presumino eguali (ART 11011). Ciascun partecipante può
disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa (ART 1103 1),
nonché costituire ipoteca sulla propria quota (ART 11032). Quanto alla
utilizzazione della cosa comune, ogni partecipante può utilizzarla
individualmente, ma non può alterarne la destinazione economica: in tali
limiti può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per
migliorare il godimento della cosa (ART 11021). Ciascun contitolare è tenuto
a partecipare alle spese necessarie per la conservazione e il godimento
della cosa comune in proporzione della propria quota: si può liberare tale
obbligo solo rinunziando al suo diritto (ART 11041). Il partecipante ha il
diritto di chiedere in ogni momento lo scioglimento della comunione e la
conseguente divisione: lo scioglimento non può essere chiesto solo se si
tratti di cose che, ove divise, cesserebbero di servire all'uso cui sono
destinate (ART 1112); mentre la divisione ha preferibilmente luogo in
natura, ove la cosa sia comodamente divisibile in parti corrispondenti alle
quote dei partecipanti (ART 1114).

Il codice civile ha dettato una disciplina dettagliata per il condominio negli


edifici, in considerazione della diffusione e della rilevanza sociale del
fenomeno della proprietà degli edifici divisa per piani. Sono oggetto di
proprietà comune il suolo, le fondamenta, i muri maestri, i pilastri e le travi
portanti, ecc... (ART 1117): proprio per questo suo carattere funzionale, si
tratta di una comunione forzosa. Il diritto di ciascun condomino su tali cose
è proporzionato al valore del piano o della porzione di piano che gli
appartiene (ART 11181); mentre non può rinunziare al suo diritto sulle parti
comuni e sottrarsi al contributo per le spese della relativa conservazione
(ART 11182-3). Il peculiare atteggiarsi della proprietà negli edifici
condominiali comporta problematiche complesse: di conseguenza, è
prevista come normale la presenza di un amministratore (ART 1130)
almeno quando i condomini siano più di otto: la relativa nomina può essere
effettuata in mancanza di accordo in sede assembleare, dall'autorità
giudiziaria su ricorso di uno o più condomini (ART 11291). Ad esso compete
la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i
condomini sia contro i terzi (ART 1131). Se i condomini sono più di dieci, è
obbligatorio che venga formato un regolamento condominiale che
contempli le norme per l'uso della cosa comune e per la ripartizione delle
spese: tali norme non possono menomare i diritti di ciascun condomino,
quali risultanti dagli atti di acquisto e dalle convenzioni. L'organo collegiale
del condominio è rappresentato dall'assemblea dei condomini (ART 1135):
tutti i condomini devono essere invitati alla riunione; è richiesto un quorum
(numero minimo di condomini partecipanti all'assemblea) e le maggioranze
sono diverse a seconda del tipo di deliberazione da adottare: le
deliberazioni sono obbligatorie per tutti i condomini. Le spese sono ripartite
tra i condomini in proporzione al valore della proprietà di ciascuno, con un
criterio diverso nel caso di cose destinate a servire i condomini in misura
differente e per le opere destinate a servire solo ad un gruppo di condomini
(ART 1123).

- TITOLO VIII del possesso (ART 1140 - 1170)

- TITOLO IX della denunzia di nuova opera e di danno


temuto (ART 1171 - 1172)
Le azioni di nunciazione competono al proprietario, al titolare di altro
diritto reale di godimento su cosa altrui e al possessore. Tali azioni sono
due: denunzia di nuova opera e denunzia di danno temuto: sono azioni
cautelari indirizzate a prevenire il pericolo di danni derivanti da opere
intraprese o da cose esistenti su altri fondi. Quanto alla denunzia di nuova
opera, chi abbia ragione di temere che da una nuova opera, intrapresa da
altri su un fondo proprio o altrui, sia per derivare danno ad una sua cosa
può denunziare all'autorità giudiziaria la nuova opera, purché questa non
sia terminata e non sia trascorso un anno dal suo inizio (ART 11711): a
seguito di una sommaria cognizione della situazione, l'autorità giudiziaria
può vietare la continuazione, oppure permetterla prescrivendo in ogni caso
le cautele che ritenga opportune (ART 11712). Con la denunzia di danno
temuto, chi abbia ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o altra
cosa derivi il pericolo di un danno grave e prossimo ad una sua cosa può
denunziare il fatto all'autorità giudiziaria e ottenere che si provveda per
ovviare al pericolo (ART 11721).

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