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Tamar Pitch (Universita di Perugia)
PREVENIRE E PUNIRE*
1. Premessa. ~ 2. Paura e insicurezza. ~ 3. La questione criminale. — 4. Tempo e sociale,
5. Conpi visibili e invisibili. — 6. Vittime e vittimizzazione. — 7. Sicurezza, prevenzione,
controllo sociale. ~ 8. Guerra preventiva, — 9. Politica, istituzioni e fiducia.
1, Rremessa
Nelle pagine che seguono vorrei riflettere su due aspetti correlati delle reto-
tiche e delle politiche da pit parti descritte come dominanti oggi nelle no-
stre societa, la (in)sicurezza e la prevenzione. Cercheré di mettere in luce che
cosa vi é di diverso in queste retoriche e in queste politiche rispetto al passa-
to, e che cosa implicano in termini di controllo sociale, o almeno in termini
di giustificazione e legittimazione di determinate politiche di controllo, sul
piano nazionale, locale e transnazionale. Sono retoriche e politiche che si di-
spiegano, infatti, su pit: dimensioni: la questione della guerra preventiva ha
un nesso stretto, se non altro sul piano del vocabolario adoperato per giusti-
ficarla, con la questione della “guerra alla criminalita”. In ambedue, (in)sicu-
tezza e prevenzione sono presenti. Ma ritengo anche che una riflessione su
questi aspetti possa contribuire ad una lettura complessiva dei processi e dei
mutamenti sociali che stiamo vivendo.
In cid che segue mi avvarré della lettura di testi vari, in parte teorici e in
parte frutto di ricerche empiriche: non c’é, qui, una intenzione sistematica,
né analitica. Piuttosto, una serie di spunti che spero possano valere per ricer-
che future. In parte, questo testo proviene da un lavoro che sto preparando
sul tema della prevenzione nelle nostre societa.
2. Paura e insicurezza
Imprenditori della paura, cosi un giornalista italiano ha chiamato i ministri
che volevano mettere una taglia sulla cattura dell’assassino di un benzinaio.
Ma questo appellativo si attaglia bene a molta retorica politica attuale, la cui
parola chiave sembra essere la sicurezza. Sicurezza intema, sicurezza ester-
na: rispetto al rischio di rimaner vittime di criminalita di strada e rispetto al
* Il presente lavoro si inserisce nell'ambito della ricerca MIUR PRIN COFIN 2003, Analisi e
valutazione delle politiche locali di sicurezza in Italia (cootdinatore nazionale Prof. Massimo Pava-
rini), e costituisce uno dei risultati dell’unita di ricerca dell’'Universita di Perugia, La sicurezza cit-
tadina come problema di governance, responsabile locale Prof. Tamar Pitch.
iStudi sulla questione criminale
rischio di vittimizzazione imputato al terrorismo globale. Sicurezza perde il
significato acquisito nell’ epoca del welfare, dove essa indicava la messa al ri-
paro dai rischi connessi alla perdita del lavoro, alla disoccupazione, alla ma-
lattia, alla vecchiaia, a condizioni diffuse di debolezza e fragilita economiche,
sociali, culturali: rispetto a questi rischi la retorica politica attuale predica la
assunzione di responsabilita individuale e Pacquisizione di tutele attraverso
il mercato.
C’é un rapporto tra sicurezza interna e sicurezza esterna: in molte reto-
riche politiche dominanti, il criminale @ un nemico e il nemico é un crimi-
nale. Inoltre, in ambedue i casi, non conta e dunque non ci si chiede né si
indaga sul perché di criminalita e ostilita. Esse vanno in primo luogo preve-
nute, con tutti i mezzi, e in secondo luogo, combattute. Spesso, tra preven-
zione e repressione il confine non é chiaro, essendo gli stessi i mezzi usati
(vedi la guerra).
Cid rimanda a un altro degli imperativi, nonché luoghi comuni, dominan-
ti della nostra epoca, precisamente quello della prevenzione. Societa del ri-
schio, dell’insicurezza, dell’informazione, della sorveglianza, cultura della
paura (cfr. U. Beck, 1986; Z. Bauman, 1999a; D. Lyon, 2001), sono tutte de-
scrizioni variamente distopiche e talvolta in contrasto tra loro, ma mettono
in luce almeno un elemento comune: la scomparsa del “sociale”, come tessu-
to di interazioni significative, e insieme la scomparsa o la messa tra parente-
si del passato, il che significa la messa tra parentesi di cid che finora veniva
inteso come “le cause sociali”.
I diversi scenari danno anche luogo a differenze nel modo di concepire il
controllo sociale. Per alcuni, la modalita prevalente si esplica attraverso la
sorveglianza, ossia attraverso l’operare congiunto di una molteplicita di siste-
mi esperti, riconducibili alle tecnologie elettroniche e ai progressi nella gene-
tica. Password, codici a barre, telecamere a circuito chiuso, insieme alla bio-
metria e all’indagine genetica, configurerebbero una specie di super-
panottico che, se non disciplina, tuttavia influenza e “orchestra” la vita quo-
tidiana. Pid intenso nelle citta, questo tipo di controllo si esercita attraverso
modalita di classificazione e categorizzazione dirette non tanto alle motiva-
zioni quanto ai comportamenti, e non tanto ai comportamenti presenti quan-
to a quelli futuri. Liinterazione tra agenzie diverse, pubbliche e private, per
mezzo dello spill out di dati informatici dall’una all’altra, mira alla previsio-
ne c dunque alla prevenzione, piuttosto che alla repressione. E il futuro che
deve essere pianificato € controllato, allo scopo di prevenire i rischi ¢ le mi-
nacce che dal futuro provengono.
Questo scenario sembra contraddire le ipotesi di un’ipertrofia del presen-
te, che inghiottirebbe, insieme al passato, anche il futuro (M. R. Ferrarese,
2002). Sono ipotesi, queste, che parlano di una deformalizzazione delle isti-
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tuzioni; di istituzioni, dunque, che sono diventate flessibili, porose, fattuali
piuttosto che normative, incapaci dunque di disciplinare alcuno. E sembra
anche contraddire chi parla di un intensificarsi della governamentalita me-
diante sempre pit sofisticate tecniche del sé dirette precisamente all interio-
rizzazione di motivazioni che puntano sull’autoresponsabilizzazione, tecni-
che dunque soft e intrise di un rinnovato moralismo i cui punti chiave sono
T'indipendenza, l’autonomia, il far da sé (N. Rose, 2000).
Cid che é perd comune ai diversi scenari, come dicevo, é la messa in luce
di-processi di individualizzazione e privatizzazione (la scomparsa del socia-
le), di carenza di fiducia interpersonale e generalizzata, delP intensificarsi di
un clima di incertezza e insicurezza, del dominio di «culture della paura»
(B. Glassner, 1999; F. Furedi, 2002).
Mi pare che potremmo utilmente riassumere questi diversi scenari attra-
verso il paradigma della prevenzione. La prevenzione parla, assieme, di mo-
dalita sistemiche ¢ impersonali di controllo e di modalita viceversa individua-
lizzate. Essa si presenta come un paradigma che permette meglio di cogliere
le intersezioni tra modalita di controllo dirette all’orchestrazione dei com-
portamenti e modalita che puntano invece sulle motivazioni.
La prevenzione non é un fenomeno nuovo. II tentativo di prevenire i ri-
schi di un futuro incerto é presente in ogni societa e in ogni tempo. Diversi
sono i rischi che si intendono prevenire, e diversi i modi per farvi fronte. Se
per tischio si intende la minaccia che proviene da una decisione, allora nean-
che le cosiddette societa primitive sono immuni dai rischi, giacché, come di-
mostra Mary Douglas, é precisamente in queste societa che umano e natura
sono percepiti come talmente intrecciati che una qualsiasi catastrofe é impu-
tabile ad un’azione od omissione umana.
Irischi, diversamente da come sembra talvolta pensare Beck (1986), non
hanno nulla di oggettivo. Ciascuna societa, ciascuna epoca sceglie di quali ri-
schi occuparsi, quali rischi temere e mettere in conto, in definitiva, quali fe-
nomeni ¢ processi definire rischiosi. Le scelte dipendono dalle modalita di
organizzazione sociale e sono scelte politiche nel senso pit forte e generale
del termine.
Neanche l’insicurezza, o la sua percezione diffusa, @ cosa nuova. Dopo-
tutto, @ Hobbes ad assumere lo Stato, il Leviatano, come cid che produce
curtezza (interna) a fronte di esseri umani dominati dalle loro passioni e tesi
ad assecondarle attraverso una guerra di tutti contro tutti.
Cié che si presenta come (relativamente) nuovo oggi, rispetto almeno al-
la prima modernita, é la sfiducia nel progresso, il declino della speranza che
i problemi e i mali individuali e sociali verranno tisolti attraverso l’impiego
della ragione e della tecnica. Dopotutto, come notano opportunamente Be-
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