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DIRITTO PRIVATO DELLA COMUNITA’ EUROPEA (6°lezione)

LA RESPONSABILITA’

Dell’istituto della responsabilità ce ne siamo già occupati quando abbiamo parlato della
responsabilità per danno ambientale regolata e disciplinata nella direttiva 2004/35 attuata con
il codice dell’ambiente. Ora ci dobbiamo occupare di altri due profili, riguardanti la
responsabilità del prestatore di servizi contenuta nella direttiva 2000/31 e la responsabilità del
produttore.

Responsabilità del prestatore di servizi.


Non abbiamo una disciplina generale applicabile ai prestatore di servizi, se non limitatamente
ai profili trattati nella direttiva 123/2006. C’è stata una proposta negli anni 90’ non andata in
porto. Il problema che qui l’Unione Europea doveva andare a risolvere non era di poco conto
in quanto era chiamata ad uniformare le normative europee in tema di responsabilità. Le
strade percorribili sarebbero state due: individuare una disciplina sulla responsabilità del
prestatore di servizi basata su una colpa presunta oppure basata su un concetto di
responsabilità oggettiva. O dimostrare l’elemento soggettivo del soggetto che commette il fatto
illecito con una inversione dell’onere della prova o sganciare del tutto la responsabilità del
soggetto dai coefficienti soggettivi del dolo e della colpa. Una ipotesi di responsabilità
oggettiva agevolerebbe l’attore che agisce in istanza risarcitoria in quanto non sarebbe
chiamato a provare il dolo o la colpa.
Come si diceva prima non esiste una disciplina organica e generale, ma solo alcuni profili
riguardanti la responsabilità dei prestatori di servizi informatici. La direttiva 2000/31 sul
commercio elettronico non si rivolge in maniera diretta ai consumatori ma solo in va mediata a
questi. Apriamo una piccola parentesi su come si conclude un contratto elettronico. La
peculiarità di questo contratto sta nei momenti della proposta e accettazione. La proposta è
costituita dall’offerta di contratto che si trova nei siti internet completa dei dettagli del prodotto
e del prezzo. Il soggetto acquirente dichiara poi di voler procedere all’acquisto fornendo i dati
della carta di credito. L’offerta è rappresentata dall’inoltro dell’ordine, nel momento in cui
l’acquirente inoltra l’ordine il prestatore deve accusare immediatamente ricevuta dell’ordine, e
poi tanto la ricevuta che l’inoltro dell’ordine si considerano pervenuti al destinatario quando vi
è la materiale possibilità di accedervi, e ciò avviene tramite un messaggio di posta elettronica
sia nel caso dell’acquirente che nel caso del venditore. Quindi anche nel caso in cui il
messaggio non sia stato effettivamente letto ciò non rileva in quanto è fondamentale solo che
il soggetto avrebbe potuto materialmente accedere alla casella e-mail e leggerne il contenuto.
Il contratto è concluso con l’accettazione giunta all’indirizzo del venditore a meno che questo
non provi a norma dell’art 1335 del codice civile di essere stato nell’impossibilitò di averne
notizia. Questo principio specifica il principio generale fissato all’art 1326 secondo il quale il
contratto è concluso quando il venditore ha notizia dell’accettazione dell’oblato. Nel contratto
informatico abbiamo un offerta di contratto presentata per mezzo di internet e un’accettazione
rappresentata dall’inoltro dell’ordine. Chiusa questa breve parentesi sul contratto informatico

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veniamo agli aspetti sulla responsabilità. Intanto è importante capire che tipo di servizio può
effettuare un prestatore di servizi informatici. Il legislatore ne ha previsti tre.

1) servizio che consente di far transitare sul sito delle informazioni, quindi un
servizio di mero trasporto (detto mere conduit);

2) servizio di memorizzazione temporanea delle informazioni (detta casching);

3) memorizzazione permanente di informazioni (detta hosting);

A queste attività si ricollegano delle responsabilità ma solo al verificarsi di determinate


condizioni. L’art 15 della direttiva pone un principio generale che esclude la responsabilità del
prestatore intermediario in determinate ipotesi.

Articolo 15
Assenza dell'obbligo generale di sorveglianza

1. Nella prestazione dei servizi di cui agli articoli 12, 13 e 14, gli Stati membri non
impongono ai prestatori un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che
trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o
circostanze che indichino la presenza di attività illecite.

2. Gli Stati membri possono stabilire che i prestatori di servizi della società
dell'informazione siano tenuti ad informare senza indugio la pubblica autorità competente
di presunte attività o informazioni illecite dei destinatari dei loro servizi o a comunicare
alle autorità competenti, a loro richiesta, informazioni che consentano l'identificazione dei
destinatari dei loro servizi con cui hanno accordi di memorizzazione dei dati.

Le tre attività di prestazione di servizi sono espressamente regolate agli articoli 12/13/14 della
direttiva a cui corrispondono gli articoli 14/15/16 della normativa di attuazione rappresentata
dal d.lgs 70/2003.

Art. 14 (d.lgs 70/2003)


(Responsabilita' nell'attivita' di semplice trasporto - Mere conduit-)

1. Nella prestazione di un servizio della societa' dell'informazione consistente nel


trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del
servizio, o nel fornire un accesso alla rete di comunicazione, il prestatore non e'
responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che:
a) non dia origine alla trasmissione;
b) non selezioni il destinatario della trasmissione;
c) non selezioni ne' modifichi le informazioni trasmesse.

2. Le attivita' di trasmissione e di fornitura di accesso di cui al comma 1 includono la


memorizzazione automatica, intermedia e transitoria delle informazioni trasmesse, a
condizione che questa serva solo alla trasmissione sulla rete di comunicazione e che la sua
durata non ecceda il tempo ragionevolmente necessario a tale scopo.

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3. L'autorita' giudiziaria o quella amministrativa, avente funzioni di vigilanza, puo' esigere,
anche in via d'urgenza, che il prestatore impedisca o ponga fine alle violazioni commesse.

Dalla lettura della norma si evince che il prestatore del servizio non sarà responsabile se non
interverrà in nessun modo nella circolazione delle informazioni, non dovrà quindi modificarle
ne selezionare i destinatari.

Art. 15 (d.lgs 70/2003)


(Responsabilita' nell'attivita' di memorizzazione temporanea - caching)

1. Nella prestazione di un servizio della societa' dell'informazione, consistente nel


trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del
servizio, il prestatore non e' responsabile della memorizzazione automatica, intermedia e
temporanea di tali informazioni a condizione che:
a) non modifichi le informazioni;
b) si conformi alle condizioni di accesso alle informazioni;
c) si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni, indicate in un modo
ampiamente riconosciuto e utilizzato dalle imprese del settore;
d) non interferisca con l'uso lecito di tecnologia;
e) agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, o per disabilitare
l'accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le informazioni sono
state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete oppure che un organo
giurisdizionale o un'autorita' amministrativa ne ha disposto la rimozione o la
disabilitazione.

2. L'autorita' giudiziaria o quella amministrativa aventi funzioni di vigilanza puo' esigere,


anche in via d'urgenza, che il prestatore nell'esercizio delle attivita' impedisca o ponga fine
alle violazioni commesse.

Art. 16 (d.lgs 70/2003)


(Responsabilita' nell'attivita' di memorizzazione di informazioni - hosting-)

1. Nella prestazione di un servizio della societa' dell'informazione, consistente nella


memorizzazione duratura di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il
prestatore non e' responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario
del servizio, a condizione che detto prestatore:
a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l'attivita' o l'informazione e' illecita e,
per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che
rendono manifesta l'illiceita' dell'attivita' o dell'informazione;
b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorita' competenti,
agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso.

2. L'autorita' giudiziaria o quella amministrativa competente puo' esigere, anche in via


d'urgenza, che il prestatore, nell'esercizio delle attivita' di cui al comma 1, impedisca o
ponga fine alle violazioni commesse.

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In questo quadro normativo ha un importanza fondamentale l’art 18 il quale recita
testualmente:

Art. 18 (d.lgs 70/2003)


(Codici di condotta)

1. Le associazioni o le organizzazioni imprenditoriali, professionali o di consumatori


promuovono l'adozione di codici di condotta che trasmettono al Ministero delle attivita'
produttive ed alla Commissione Europea, con ogni utile informazione sulla loro
applicazione e sul loro impatto nelle pratiche e consuetudini relative al commercio
elettronico.

2. Il codice di condotta, se adottato, e' reso accessibile per via telematica e deve essere
redatto, oltre che in lingua italiana e inglese, almeno in un'altra lingua comunitaria.

3. Nella redazione di codici di condotta deve essere garantita la protezione dei minori e
salvaguardata la dignita' umana.

Responsabilità del produttore per i prodotti difettosi.


La normativa di riferimento è la direttiva 1985/374 attuata tramite il dpr 224/1988 confluito a
sua volta nel Codice del Consumo. Anche in questo caso l’Unione Europea ha dovuto
affrontare il grave problema della profonda diversità delle legislazioni dei singoli Stati membri.
Il sistema francese ad esempio agevolava il danneggiato attraverso la previsione della
possibilità in capo a questo di rivolgersi al venditore per mezzo del quale risalire al produttore
e con una serie di rimandi e di rinvii il venditore agiva nei confronti del distributore che a sua
volta agiva nei confronti del produttore. Solo in un secondo momento si è riconosciuta la
possibilità di far esperire un’azione diretta da parte del consumatore nei confronti del
produttore.
Siamo qui in presenza di una responsabilità extracontrattuale in cui a differenza di quella
contrattuale non vi è una presunzione di colpa. Nella responsabilità contrattuale la colpa si
presume e in forza di tale regola il consumatore è chiamato solo a provare il titolo che
giustifica la richiesta di adempimento e non anche l’inadempimento stesso. Il produttore sarà
chiamato a rispondere salvo che non dimostri di non essere inadempiente per fatto a lui non
imputabile.
Nel sistema italiano si faceva riferimento alla regola generale prevista all’art 2043 del Codice
Civile (Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga
colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno).
Accanto a questa regola generale avevamo però tutta una sere di ipotesi speciali di
responsabilità indiretta ( responsabilità dei genitori, dei maestri e dei precettori), ipotesi di
responsabilità definita semi-oggettiva, al confine tra la responsabilità oggettiva e soggettiva, si
pensi al caso dell’esercizio di attività pericolose in cui il soggetto danneggiato deve solo
dimostrare di aver subito un danno, sarà invece il danneggiante a dover dimostrare di aver
adottato tutte le misure idonee per evitarlo. O ancora la responsabilità derivante dalla rovina
degli edifici in cui si deve dimostrare di aver preso tutte le misure necessarie e che il danno

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derivi dal caso fortuito. Quindi nel sistema italiano la disciplina della responsabilità del
produttore faceva leva o sull’art 2050 del Codice Civile riguardante l’esercizio di attività
pericolose oppure su un concetto di responsabilità collegata al rischio di impresa che è l’unica
ipotesi di responsabilità oggettiva quella cioè che l’art 2049 del Codice Civile qualifica come
responsabilità dei padroni e dei committenti (I padroni e i committenti sono responsabili per i
danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell'esercizio delle
incombenze a cui sono adibiti). Si era cercato in passato di ricostruire questa responsabilità in
termini soggettivi perché si diceva che la responsabilità del datore di lavoro scaturisce o da
una colpa dello stesso perché non ha vigilato sui propri dipendenti (culpa in vigilando) o
perché non ha scelto accuratamente i propri dipendenti, addebitandogli in questo caso una
culpa in negligendo. L’opinione prevalente tende ancora a considerarla come responsabilità
oggettiva basata soltanto sul collegamento causale tra il fatto e il danno. Il fondamento di tale
responsabilità non risiede quindi nell’elemento soggettivo della colpa sia in negligendo che in
vigilando, ma nel rischio di impresa al quale si ricollega la commissione di fatti illeciti da parte
dei dipendenti.
Nonostante l’adozione della direttiva comunitaria, questa disciplina ha continuato ad essere
applicata in quanto nel decreto di attuazione vi è una norma, l’art 15 che fa salva la possibilità
di esperire ulteriori mezzi di tutela (Le disposizioni del presente decreto non escludono nè
limitano i diritti che siano attribuiti al danneggiato da altre leggi).

Quale il principio cardine della direttiva in materia di responsabilità del produttore?

Art. 1. Responsabilità del produttore.

Il produttore è responsabile del danno cagionato da difetti del suo prodotto.

Da questa affermazione si potrebbe intuire che la responsabilità in questione sia di tipo


oggettivo. Sembra che non sia consentito indagare circa i coefficienti soggettivi della colpa e
del dolo e che il produttore non possa dimostrare di essere esente da colpa. In realtà se
andiamo avanti nella lettura della normativa di attuazione, l’art 6 (art 7 nella direttiva), prevede
espressamente delle cause che escludono la responsabilità del produttore.
Ma prima dobbiamo vedere cosa il legislatore intende per prodotto.

Art. 2. Prodotto.

1. Prodotto, ai fini delle presenti disposizioni, è ogni bene mobile, anche se incorporato in
altro bene mobile o immobile.

2. Si considera prodotto anche l’elettricità.

Cosa intende il legislatore per produttore?

Articolo 3 (direttiva 1985/374)


1. Il termine "produttore" designa il fabbricante di un prodotto finito, il produttore di una
materia prima o il fabbricante di una parte componente, nonché ogni persona che,
apponendo

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il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto, si presenta come
produttore dello stesso.
2. Senza pregiudizio della responsabilità del produttore, chiunque importi un prodotto nella
Comunità europea ai fini della vendita, della locazione, del "leasing" o di qualsiasi altra
forma di distribuzione nell'ambito della sua attività commerciale, è considerato produttore
del
medesimo ai sensi della presente direttiva ed è responsabile allo stesso titolo del
produttore.
3. Quando non può essere individuato il produttore del prodotto si considera tale ogni
fornitore a meno che quest'ultimo comunichi al danneggiato, entro tre mesi, l'identità del
produttore o della persona che gli ha fornito il prodotto.

Quando il prodotto è considerato difettoso?

Art. 5. Prodotto difettoso. (dpr 224/1988)

1. Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente


attendere
tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui:

a) il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue


caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite;
b) l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in
relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere;
c) il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione.

2. Un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che un prodotto più
perfezionato sia stato in qualunque tempo messo in commercio.

3. Un prodotto è difettoso se non offre la sicurezza offerta normalmente dagli altri


esemplari della medesima serie.

Veniamo adesso all’art 6 della normativa di attuazione in cui sono previste le cause di
esclusione della responsabilità del produttore.

Art. 6. Esclusione della responsabilità. (dpr 224/1988)

1. La responsabilità è esclusa:

a) se il produttore non ha messo il prodotto in circolazione;

b) se il difetto che ha cagionato il danno non esisteva quando il produttore ha messo il


prodotto in circolazione;

c) se il produttore non ha fabbricato il prodotto per la vendita o per qualsiasi altra forma di
distribuzione a titolo oneroso, nè lo ha fabbricato o distribuito nell’esercizio della sua
attività professionale;
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d) se il difetto è dovuto alla conformità del prodotto a una norma giuridica imperativa o a
un provvedimento vincolante;

e) se lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche, al momento in cui il produttore ha


messo in circolazione il prodotto, non permetteva ancora di considerare il prodotto come
difettoso;

f) nel caso del produttore o fornitore di una parte componente o di una materia prima, se il
difetto è interamente dovuto alla concezione del prodotto in cui è stata incorporata la parte
o materia prima o alla conformità di questa alle istruzioni date dal produttore che l’ha
utilizzata.

Mentre dalla lettura isolata dell’articolo 1 sembri che la responsabilità del produttore sia
oggettiva, leggendo la stessa disposizione in combinato all’articolo 6 ci accorgiamo che il
legislatore ha previsto tutta una serie di cause di esclusione della responsabilità, configurando
quindi un sistema fondato su una responsabilità del produttore non totalmente oggettiva.

Capire quando un prodotto si considera messo in circolazione è fondamentale per escludere la


responsabilità del produttore ai sensi dell’art 6 lettera a.

Art. 7. Messa in circolazione del prodotto. (dpr 224/1988)

Il prodotto è messo in circolazione quando sia consegnato all’acquirente, all’utilizzatore, o


a un ausiliario di questi, anche in visione o in prova.

Cosa sono chiamati a provare il consumatore e il produttore?

Art. 8. Prova. (dpr 224/1988)

1. Il danneggiato deve provare il danno, il difetto e la connessione causale tra difetto e


danno.

2. Il produttore deve provare i fatti che possono escludere la responsabilità secondo le


disposizioni dell’art. 6. Ai fini dell’esclusione da responsabilità prevista nell’art. 6, lettera
b), è sufficiente dimostrare che, tenuto conto delle circostanze, è probabile che il difetto non
esistesse ancora nel momento in cui il prodotto è stato messo in circolazione.

Art. 11. Danno risarcibile. (dpr 224/1988)

1. E’ risarcibile in base alle disposizioni del presente decreto:

a) il danno cagionato dalla morte o da lesioni personali;


b) la distruzione o il deterioramento di una cosa diversa dal prodotto difettoso, purchè di
tipo normalmente destinato all’uso o consumo privato e così principalmente utilizzata dal
danneggiato.

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2. Il danno a cose è risarcibile solo nella misura che ecceda la somma di lire
settecentocinquantamila. Per il danno alle persone non è invece previsto alcun limite al
risarcimento.

Art. 13. Prescrizione. (dpr 224/1988)

Il diritto al risarcimento si prescrive in tre anni dal giorno in cui il danneggiato ha avuto o
avrebbe dovuto avere conoscenza del danno, del difetto e dell’identità del responsabile.

Art. 14. Decadenza. (dpr 224/1988)

Il diritto al risarcimento si estingue alla scadenza di dieci anni dal giorno in cui il
produttore o l’importatore nella Comunità europea ha messo in circolazione il prodotto che
ha cagionato il danno.

E’ importante chiarire che la disciplina comunitaria, e di conseguenza la normativa di


attuazione, sono volte a riconoscere al consumatore il diritto di pretendere dal produttore il
risarcimento del danno cagionato dal prodotto difettoso e non anche la immediata sostituzione
del bene.

Il quadro della disciplina della responsabilità dei prodotti difettosi si chiude con la direttiva
2001/1995 (attuata con il d. lgs 172/2004) abrogativa della direttiva 1992/59, in materia di
sicurezza generale dei prodotti.

L’obiettivo della direttiva è specificato all’art 1


La presente direttiva è intesa a garantire che i prodotti immessi sul mercato siano sicuri.

Cosa si intende per prodotto?


Articolo 2
a) Ai fini della presente direttiva, s'intende per prodotto qualsiasi prodotto destinato,
anche nel quadro di una prestazione di servizi, ai consumatori o suscettibile, in
condizioni ragionevolmente prevedibili, di essere utilizzato dai consumatori, anche
se non loro destinato. Tale definizione non si applica ai prodotti usati forniti come
pezzi d'antiquariato o come prodotti da riparare o da rimettere a nuovo prima
dell'utilizzazione.
b) Per prodotto sicuro si intende qualsiasi prodotto che, in condizioni di uso normali o
ragionevolmente prevedibili, non presenti alcun rischio oppure presenti unicamente
rischi minimi, compatibili con l'impiego del prodotto e considerati accettabili
nell'osservanza di un livello elevato di tutela della salute e della sicurezza delle
persone.
c) Per prodotto pericoloso si intende qualsiasi prodotto che non risponda alla
definizione di «prodotto sicuro» di cui alla lettera b.

Quali sono gli obblighi del produttore?

Articolo 3
1. I produttori sono tenuti ad immettere sul mercato soltanto prodotti sicuri.
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2. Un prodotto è considerato sicuro quando in mancanza di disposizioni comunitarie che ne
disciplinano la sicurezza, è conforme alle normative nazionali specifiche dello Stato
membro nel cui territorio è commercializzato.

Altri obblighi sono previsti non solo a carico dei produttori ma anche dei distributori.
Articolo 5 (obbligo informativo)
1. I produttori devono, fornire al consumatore le informazioni pertinenti che gli
consentano di valutare i rischi inerenti ad un prodotto durante la durata di
utilizzazione normale o ragionevolmente prevedibile del medesimo, allorché questi
ultimi non siano immediatamente percettibili senza adeguate avvertenze, e di
premunirsi contro detti rischi.
2. La presenza di tali avvertenze non esenta dal rispetto degli altri obblighi previsti
nella presente direttiva.
3. Sempre nei limiti delle rispettive attività, i produttori devono adottare misure
proporzionate, in funzione delle caratteristiche dei prodotti da essi forniti, onde
essere informati sui rischi che tali prodotti potrebbero presentare; min 10.22
Articolo 10

La Commissione promuove il funzionamento, nell'ambito di una rete europea delle autorità


degli Stati membri competenti in materia di sicurezza dei prodotti, in particolare, nella
forma di una cooperazione amministrativa, e vi partecipa.

Il funzionamento in rete prevede l’istituzione di un organismo il RAPEX che ha come obbiettivi:


- lo scambio di informazioni sulla valutazione dei rischi;
- l’elaborazione e l’esecuzione di progetti comuni di sorveglianza e prova;
- lo scambio di esperienze e la collaborazione nelle attività di informazione.

All’articolo 11 è regolata una particolare fattispecie:

Articolo 11

Se uno Stato membro adotta misure per limitare l'immissione sul mercato di prodotti o per
disporne il ritiro esso notifica tali provvedimenti alla Commissione precisando le ragioni
che li hanno motivati. Lo Stato membro informa inoltre la Commissione in merito alla
modificazione o alla revoca di tali provvedimenti. La Commissione trasmette la notifica
agli altri Stati membri, salvo che, previo esame sulla base delle informazioni contenute
nella notifica, concluda che la misura non è conforme al diritto comunitario.

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TUTELA INIBITORIA

La tutela inibitoria è regolata dalla direttiva 1998/27 attuata con il d.lgs 224/2001.

Articolo 1 (direttiva 1998/27)

Campo d'applicazione

1. La presente direttiva ha per oggetto il ravvicinamento delle disposizioni legislative,


regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative ai provvedimenti inibitori volti
a tutelare gli interessi collettivi dei consumatori, contemplati nelle direttive riportate in
allegato, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno.

2. Ai fini della presente direttiva per violazione si intende qualsiasi atto contrario alle
disposizioni delle direttive riportate in allegato, così come recepite nell'ordinamento
interno degli Stati membri, che leda gli interessi collettivi dei consumatori.

Gli interessi collettivi dei consumatori sono elencati nel Codice del Consumo all’art 2.

Articolo 2 Diritti dei consumatori (Codice del Consumo)

Ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti:


a) alla tutela della salute;
b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi;
c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità;
c-bis) all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede,
correttezza e lealtà;7
d) all'educazione al consumo;
e) alla correttezza, alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
f) alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e
democratico tra i consumatori e gli utenti;
g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di
efficienza.

Le associazioni di consumatori che ai sensi dell’art 137 del Codice del Consumo sono
maggiormente rappresentative (costituite con atto pubblico, che non perseguono finalità di
lucro, che hanno una presenza nazionale almeno in cinque regioni, che hanno un certo
numero di iscritti, i rappresentanti no devono avere subito condanne in materia di protezione
dei consumatori) possono, in conformità all’articolo 139 del Codice del Consumo, agire a tutela
dei consumatori;

Articolo 139 (Codice del Consumo)


1. Le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell'elenco di cui
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all'articolo 137 sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e
degli utenti. Oltre a quanto disposto dall'articolo 2, le dette associazioni sono legittimate ad
agire nelle ipotesi di violazione degli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle
materie disciplinate dal presente codice, nonché dalle seguenti disposizioni legislative:
a) legge 6 agosto 1990, n. 223, concernente l'esercizio delle attività televisive;
b) d.lgs 30 dicembre 1992, n. 541, concernente la pubblicità dei medicinali per uso umano.
Quindi le associazioni oltre che in forza del Codice del Consumo possono agire a difesa di
diritti riconosciuti in norme extracodicistiche.
2. E’ inoltre riconosciuta la possibilità agli organismi pubblici indipendenti nazionali e alle
organizzazioni riconosciute in un altro Stato dell'Unione europea di agire, ai sensi del
presente articolo, nei confronti di atti o comportamenti lesivi per i consumatori del proprio
Paese, posti in essere in tutto o in parte sul territorio dello Stato. Ad agire possono quindi
essere anche organismi pubblici o associazioni riconosciute di altri Stati membri.

Per quanto concerne la procedura esistono due vie, una facoltativa e l’altra obbligatoria
entrambe previste e regolate all’art 140 del Codice del Consumo il quale cosi recita:

Articolo 140 Procedura

Procedura facoltativa: Le associazioni maggiormente rappresentative, nonché i soggetti


pubblici o altre associazioni di paesi membri, possono attivare, prima del ricorso al
giudice, la procedura di conciliazione dinanzi alla camera di commercio, industria,
artigianato e agricoltura competente per territorio nonché agli altri organismi di
composizione extragiudiziale per la composizione delle controversie in materia di consumo.
La procedura è, in ogni caso, definita entro sessanta giorni.
Procedura obbligatoria:I medesimi soggetti sono legittimati, nei casi ivi previsti, ad agire a
tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti richiedendo al tribunale:
a) di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e
degli utenti;
b) di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti
dannosi delle violazioni accertate;
c) di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a
diffusione nazionale oppure locale.
In ogni caso il procedimento obbligatorio dinanzi all’autorità giudiziaria può essere
proposto solo dopo che siano decorsi quindici giorni dalla data in cui le associazioni
abbiano richiesto al soggetto da esse ritenuto responsabile, a mezzo lettera raccomandata
con avviso di ricevimento, la cessazione del comportamento lesivo degli interessi dei
consumatori e degli utenti. Con il provvedimento che definisce il giudizio il giudice fissa un
termine per l'adempimento degli obblighi stabiliti e, anche su domanda della parte che ha
agito in giudizio, dispone, in caso di inadempimento, il pagamento di una somma di denaro
da 516 euro a 1.032 euro, per ogni inadempimento ovvero giorno di ritardo rapportati alla
gravità del fatto. Tali somme vengono utilizzate per finanziare iniziative a vantaggio dei
consumatori. E’ inoltre espressamente prevista la possibilità di instaurare, qualora vi siano
le condizioni, un procedimento d’urgenza.

NOTIFICAZIONI E COMUNICAZIONE DI ATTI E DECISIONI CIVILI E COMMERCIALI

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La materia delle notificazioni e comunicazioni giudiziali ed extragiudiziali era regolata da un
regolamento 1348/2000 abrogato dal regolamento 1393/2007. Ovviamente non vi è alcun tipo
di sovrapposizione con il codice di procedura civile che si applica limitatamente alle
comunicazioni e notificazioni all’interno del nostro paese. Allorquando il provvedimento deve
essere recapitato in un altro Stato membro allora trova li applicazione il suddetto regolamento.

Articolo 1 Ambito di applicazione

Il presente regolamento si applica, in materia civile e commerciale, quando un atto


giudiziario deve essere trasmesso in un altro Stato membro per essere notificato o
comunicato al suo destinatario. Esso non concerne, in particolare, la materia fiscale,
doganale o amministrativa, né la responsabilità dello Stato per atti od omissioni
nell’esercizio di pubblici poteri.

Il presente regolamento individua due soggetti: il mittente e il destinatario.

Articolo 2 (organi mittenti e riceventi)

Ciascuno Stato membro designa i pubblici ufficiali, le autorità o altri soggetti, di seguito
denominati "organi mittenti", competenti per trasmettere gli atti giudiziari o extragiudiziali
che devono essere notificati o comunicati in un altro Stato membro.
Ciascuno Stato membro designa i pubblici ufficiali, le autorità o altri soggetti, di seguito
denominati "organi riceventi", competenti per ricevere gli atti giudiziari o extragiudiziali
provenienti da un altro Stato membro.
Ciascuno Stato membro può designare un unico organo mittente e un unico organo
ricevente ovvero un unico organo incaricato delle due funzioni.

Articolo 4 (Trasmissione degli atti)

Gli atti giudiziari sono trasmessi direttamente e nel più breve tempo possibile tra gli organi
designati.

La trasmissione di atti, domande, attestati, ricevute, certificati e di qualsiasi altro


documento tra gli organi mittenti e riceventi può essere effettuata con qualsiasi mezzo
appropriato, a condizione che il contenuto del documento ricevuto sia fedele e conforme a
quello del documento spedito e che tutte le indicazioni in esso contenute siano facilmente
comprensibili. L’atto da trasmettere è corredato di una domanda redatta usando il modulo
standard il quale è compilato nella lingua ufficiale dello Stato membro.

Articolo 5

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Il richiedente è informato dall’organo mittente a cui consegna l’atto per la trasmissione che
il destinatario può rifiutare di ricevere l’atto se non è compilato in una delle lingue di cui
all’articolo 8.

Articolo 8 (Rifiuto di ricevere l’atto)

L’organo ricevente informa il destinatario, utilizzando il modulo standard, della sua facoltà
di rifiutare di ricevere l’atto da notificare o comunicare al momento stesso della
notificazione o della comunicazione, qualora non sia redatto o accompagnato da una
traduzione in una delle lingue ufficiali.

Le spese devono essere ovviamente sostenute prima della trasmissione dell’atto dal
richiedente.

Articolo 6 (Ricezione dell’atto da parte dell’organo ricevente)

1. Alla ricezione dell’atto l’organo ricevente trasmette al più presto, con i mezzi più rapidi
e comunque entro sette giorni dalla ricezione, una ricevuta all’organo mittente, usando il
modulo standard

2. Se non può dar seguito alla domanda di notificazione o di comunicazione a causa dello
stato delle informazioni o dei documenti trasmessi, l’organo ricevente si mette in contatto il
più rapidamente possibile con l’organo mittente per ottenere le informazioni o i documenti
mancanti.

3. Se la domanda di notificazione o di comunicazione esula in maniera manifesta dal campo


di applicazione del presente regolamento o se il mancato rispetto di requisiti di forma
prescritti rende impossibile la notificazione o la comunicazione, la domanda e i documenti
trasmessi vengono restituiti all’organo mittente

Articolo 7 (Notificazione o comunicazione dell’atto)

1. L’organo ricevente procede o fa procedere alla notificazione o alla comunicazione


dell’atto secondo la legge dello Stato membro richiesto. Quindi una volta ricevuto l’atto,
l’organo ricevente lo notifica e comunica secondo le norme nazionali, nel nostro caso quelle
indicate nel codice di procedura civile.

2. L’organo ricevente prende tutte le misure necessarie per notificare o comunicare l’atto
nel più breve tempo possibile, e comunque entro un mese dalla ricezione. Ove non sia stato
possibile procedere alla notificazione o alla comunicazione entro un mese dalla ricezione,
l’organo ricevente ne informa immediatamente l’organo mittente usando il certificato
contenuto nel modulo standard.

Articolo 10 (Certificato e copia dell’atto notificato o comunicato)

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Quando le formalità relative alla notificazione o alla comunicazione dell’atto sono state
espletate, è inoltrato all’organo mittente un certificato del loro espletamento, redatto
utilizzando il modulo standard.

Articolo 12 (Trasmissione per via consolare o diplomatica)

Ciascuno Stato membro ha la facoltà, in circostanze eccezionali, di ricorrere alla via


consolare o diplomatica per trasmettere atti giudiziari a scopo di notificazione o
comunicazione agli organi e alle autorità di un altro Stato membro.

Per quanto concerne gli atti extragiudiziali, il soggetto può scegliere di avvalersi, per la
notificazione e comunicazione, delle modalità prescritte nel seguente regolamento. Ciò si
evince con chiarezza dall’art 16. Per gli atti giudiziali invece la procedura indicata nel
regolamento è obbligatoria a meno che il soggetto non scelga di avvalersi della via consolare.

“Competenza giurisdizionale, riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in


materia civile e commerciale”.
La materia è disciplinata dal regolamento 44/2001.

CAMPO D'APPLICAZIONE

Articolo 1

1. Il presente regolamento si applica in materia civile e commerciale, indipendentemente


dalla natura dell'organo giurisdizionale. Esso non concerne, in particolare, la materia
fiscale, doganale ed amministrativa.

2. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento:

a) lo stato e la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i


testamenti e le successioni;

b) i fallimenti, i concordati e la procedure affini;

c) la sicurezza sociale:

d) l'arbitrato.

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Per quanto riguarda il criterio generale circa la competenza giurisdizionale il regolamento ha
scelto quella del domicilio del convenuto.

Articolo 2

Salve le disposizioni del presente regolamento, le persone domiciliate nel territorio di un


determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai
giudici di tale Stato membro.

Ci sono poi ipotesi di competenze speciali in cui non viene seguito il criterio generale.

Articolo 5

La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro
Stato membro:

- in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in


giudizio è stata o deve essere eseguita;

- in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti al giudice del luogo in cui l'evento
dannoso è avvenuto o può avvenire;

-nelle vicende che riguardano il trust è competente il giudice del luogo nel quale questo ha
il domicilio.

Un altro caso di competenza speciale è rappresentato dalla competenza giurisdizionale in


materia di decisioni che riguardano i consumatori. Qui bisogna fare un distinguo, in quanto o è
il consumatore ad agire, e allora rientriamo nel caso disciplinato all’art 16 comma 1

Articolo 16

L'azione del consumatore contro l'altra parte del contratto può essere proposta o davanti ai
giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliata tale parte, o davanti ai giudici
del luogo in cui è domiciliato il consumatore.

oppure è il consumatore che subisce l’azione dell’altra parte e allora si rientra nel caso
disciplinato all’art 16 comma 2

L'azione dell'altra parte del contratto contro il consumatore può essere proposta solo
davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliato il consumatore.

Vi sono poi ipotesi di competenze esclusive, disciplinate all’art 22, in rapporto alle quali non è
possibile adire un giudice diverso..

Articolo 22

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Indipendentemente dal domicilio, hanno competenza esclusiva:

1) in materia di diritti reali immobiliari e di contratti d'affitto di immobili, i giudici dello


Stato membro in cui l'immobile è situato;

2) in materia di validità, nullità o scioglimento delle società o persone giuridiche, aventi la


sede nel territorio di uno Stato membro, o riguardo alla validità delle decisioni dei
rispettivi organi, i giudici di detto Stato membro;

3) in materia di validità delle trascrizioni ed iscrizioni nei pubblici registri, i giudici dello
Stato membro nel cui territorio i registri sono tenuti;

Veniamo adesso alla seconda parte del regolamento dedicata al riconoscimento e


all’esecuzione delle decisioni.

Articolo 33 (Riconoscimento)

Le decisioni emesse in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza
che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento (riconoscimento automatico).

Vi sono delle ipotesi in cui le decisioni non possono essere riconosciute, e ciò avviene nei
seguenti casi (art 34):

1) se il riconoscimento è manifestamente contrario all'ordine pubblico dello Stato membro


richiesto;

2) se la domanda giudiziale od un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al


convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese;

3) se sono in contrasto con una decisione emessa tra le medesime parti nello Stato membro
richiesto.

Per quanto concerne l’esecuzione delle decisioni l’art 38 afferma che le decisioni emesse in
uno Stato membro sono eseguite in un altro Stato membro dopo essere state ivi dichiarate
esecutive su istanza della parte interessata. Contro il provvedimento che nega l’esecutività alla
decisione può essere fatta opposizione presso la Corte d’Appello.

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