1 IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA.
1.1 DEFINIZIONI
l’art 3 enuncia il principio di uguaglianza e ne da un formulazione complessa. Nel primo comma dell’art. 3 esprime il
principio di uguaglianza formale considerato il nucleo forte dell’uguaglianza. Nel secondo comma dell’art. 3 invece si
esprime il principio di uguaglianza sostanziale.
Nel principio di uguaglianza formale prescrive che si devono trattare in modo eguale situazioni eguali, e in modo
diverso le situazioni diverse. Questo principio di dice formale perché è enunciato come una formula astratta che
nulla ci dici delle situazioni che sta trattando e nemmeno sulla disciplina su cui si discute. Il nucleo forte del principio
di eguaglianza vieta distinzioni di sesso, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociale. Ma questo
nucleo forte non comporta un divieto assoluto al legislatore di introdurre differenziazioni basate sui fattori indicati,
ma vieta di farne il motivo di una discriminazione nel godimento dei diritti e delle libertà.
Il principio di eguaglianza sostanziale punta esattamente a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che
impediscono il godimento eguale dei diritti e delle libertà. Quindi il principio formale tende a promettere leggi
Generali e astratte, mentre il principio sostanziale sembra volere l’esatto opposto, cioè leggi che provvedono alle
singole situazioni di svantaggio.
Questi due principi nascono nello stato liberale e nello stato di democrazia pluralista, non sono inconciliabili ma
interdipendenti.
A CHI?
COME?
COSA?
Il giudizio della ragionevolezza è alla base delle decisioni della corte costituzionale, non si fonda su una norma
costituzionale precisa ma in tutte le disposizioni costituzionali che richiamano direttamente o indirettamente
l’uguaglianza.
Il giudizio di ragionevolezza ha una struttura complessa, è composto da una serie di giudizi. Questo avviene nel
momento in cui il giudice sollevi una questione su una determinata legge e si ha il dubbio sulla legittima
applicazione. In questo caso il giudice pone a confronto due norme, quella impugnata e la norma assunta a
confronto che si chiama tertitum comparationis. Il confronto avviene ricostruendo la ratio legis cioè, il fine della
norma e la motivazione che ha posto in essere quel paragone. La corte deve capire qual è il fine della norma presa a
paragone, quel è l’interesse che essa intende proteggere, il principio che essa esprime, per poi poter valutare se, dal
punto di vista della ratio legis, sia giustificabile la diversa disciplina normativa data dalla norma impugnata rispetto a
quella prevista dal tertium comparationis. La corte può pur non essendoci una violazione costituzionale, attraverso la
ratio e la norma impugnata, considerare la norma posta in paragone irragionevole.
Ciò sta a spiegare la regola di coerenza, con cui il legislatore è libero di scegliere le finalità, il programma e il principio
da sviluppare con le sue disposizioni, ma una volta stabiliti deve svilupparlo con coerenza senza escludere della
fattispecie situazioni in essa ragionevolmente sussumibili e distinguibili. Pertanto la corte può essere chiamata a
rispristinare la coerenza attraverso pronunce che avranno per lo più la struttura della sentenza interpretativa di
accoglimento e dichiarerà che la disposizione è illegittima nella parte in cui può includere o escludere la situazione
descritta nell’ordinanza della fattispecie assunta come tertium comparations e così creare una nuova norma più
coerente con l’ordinamento.
2.1. DEFINIZIONI
Le componenti essenziali, presenti in tutte le costituzioni moderne sono i diritti e le libertà che costituiscono un
elemento fondamentale per la definizione della stessa forma di stato. Infatti ci rimandano al concetto di rapporto tra
autorità e libertà che hanno subito modifiche con il cambiamento delle relazioni tra governanti e governati.
Si parla di SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE per indicare le posizioni giuridiche attive cioè diritti e libertà, e di
posizioni giuridiche passive cioè doveri e obblighi.
Nelle situazioni giuridiche attive la distinzione tra diritti e libertà è poco precisa in quanto:
libertà con questo termine si sottolinea l’aspetto negativo, con riferimento alle rivendicazioni tipiche del
costituzionalismo liberale, tutte volte a respingere lo stato fuori dalle scelte individuali per espandere la loro libertà,
pertanto si parla di LIBERTA’ NEGATIVE, mentre l’idea di libertà nello stato di democrazia pluralista ci evoca l’idea
dall’aspetto positivo della libertà in quanto nello stato pluralista, vengono garantiti i diritti e ciò significa che lo stato
pone in essere gli strumenti per raggiungere gli obietti dei diritti sociali.
diritto con questo termine si sottolinea l’aspetto positivo, con riferimento alle rivendicazioni sociali più recenti
che si ispirano al principio di eguaglianza sostanziale e si esprimono nella richiesta di servizi sociali per i più deboli
della popolazione, pertanto si parla di DIRITTI POSITIVI. Ma non si può parlare di diritti negativi nello stato liberale
poiché in entrambi stati, sia nello stato liberale che pluralista, non si può dare una distinzione tecnica in quanto sia i
diritti che le libertà per gli stati hanno un costo. Un esempio è nello stato liberale, tipico per le libertà negative che
riconosce la libertà personale, di domicilio o di proprietà privato e richiedono ingenti costi pubblici anche se
sappiamo bene che lo stato non interviene nella sfera privata, allargando così le libertà dei cittadini. Quindi tutti i
diritti e tutte le libertà hanno bisogno di un organizzazione pubblica e dunque sono costi ed è una scelta tra politiche
pubbliche decidere se rafforzare le garanzie delle libertà o quella dei diritti.
DIRITTI REALI: sono diritti che si possono far valere nei confronti di soggetti determinate, ai quali si richiede una
prestazione.
DIRITTI SOCIALI: tutti quei diritti che si possono vantare nei confronti dello stato
il diritto al mantenimento, educazione, il diritto di un lavoratore ad una retribuzione.
Le costituzioni moderna hanno allargato il catalogo delle libertà e dei diritti alle esigenze proprie dello stato sociale,
ma di contro hanno potenziato gli strumenti di garanzia che ha introdotto la costituzione specificamente orientati a
questo obiettivo.
I principali strumenti sono:
LA RISERVA DI LEGGE è lo strumento con cui la costituzione si pone l’obiettivo di evitare che in materia
particolarmente delicate, manchi una disciplina legislativa capace di vincolare il comportamento degli organi del
potere esecutivo. Quindi impone al legislatore di disciplinare una determinata materie, impedendogli di lasciare che
essa venga disciplinata da atti che stanno ad un livello gerarchico più basso della legge.
La ratio della riserva è semplice: nasce per sottrarre alcune materie come per esempio le libertà personali, al
governo.
RISERVA DI LEGGE FORMALE impone che sulla materia intervenga il solo atto legislativo prodotto attraverso il
procedimento parlamentare.
RISERVA DI LEGGE ORDINARIA include anche l’intervento in materia del decreto legge e decreto legislativo.
RISERVA DI LEGGE ASSOLUTA: le riserve di questo tipo si trovano soprattutto nella parte della costituzione
dedicata alle libertà fondamentali, e la costituzione impone esclusivamente alla legge di disciplinare una materia,
con la conseguenza che le sole fonti secondarie ammissibili sono quelle di stretta esecuzione. Molte disposizioni alla
riserva assoluta di legge aggiungono la RISERVA DI GIURISDIZIONE e in questo modo, ogni atto dei poteri pubblici che
incida sulla libertà deve essere autorizzato in concreto dal giudice. Questo serve per ridurre ulteriormente lo spazio
discrezionale lasciato all’autorità pubblica. (art. 13.2)
RISERVA DI LEGGE RELATIVA: la costituzione non esclude che alla disciplina della materia concorra anche il
regolamento amministrativo, ma richiede che la legge disciplini preventivamente almeno i principi a cui il
regolamento deve attenersi. (art. 23, 97.1)
RISERVA DI LEGGE RAFFORZATA: la costituzione non si limita a riservare la disciplina di una materia alla legge, ma
pone ulteriori vincoli al legislatore quelli di spingerlo fino a fissare determinati principi cui la legge stessa deve
ispirarsi o particolari contenuti che la legge deve necessariamente disciplinare: si possono distinguere in
RISERVE RINFORZATE PER CONTENUTO: quei casi in cui la costituzione prevede una determinata regolazione
fatta dalla legge ordinaria per quelle materie che hanno contenuti particolari: ciò consente al legislatore di dettare
regole speciali ma soltanto per motivi di sanità, incolumità pubblica, fini economici e fiscali. (art. 14.3, 16.1, 43)
RISERVE RINFORZATE PER PROCEDIMENTO: la disciplina di una determinata materie debba seguire un
procedimento aggravato o rinforzato rispetto al normale procedimento legislativo. ES. art 7 con cui nel
procedimento di formazione della legge, avremo un aggravamento nel senso che l’iniziativa legislativa sarà anticipata
da un accordo stipulato dal governo e santa sede e il parlamento non potrà procedere a emendamenti senza che sia
prima raggiunto l’accordo su di essi. (art 7,8, 116.3, 132,1, 133,1)
TUTELA DI GIURISDIZIONE: art 24.1 cost. garantisce la più ampia possibilità di ricorrere al giudice per ogni
violazione dei propri diritti, sia da parte degli apparati pubblici sia da privati. Da qui l’importanza che assumono, per
la protezione dei diritti costituzionali sono i principi di NEUTRALITA’, IMPARZIALITA’ E INDIPENDENZA da parte del
giudici.
LA RESPONSABILITA’ DEL FUNZIONARIO: art 28 cost. stabilisce che per gli atti compiuti in violazione dei diritti
risponderanno con la responsabilità diretta i funzionari e i dipendenti pubblici. L’esistenza di forze di responsabilità
sia penale che amministrativa a cariche dei funzionari pubblici, costituiscono una garanzia dei diritti sia per il suo
valore deterrente, sia per la tutela risarcitoria che viene assicurata.
SINDACATO DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE: la corte costituzionale è chiamata a controllare la legislazione
ordinaria che ha il compito di attuare i principi costituzionali in tema di diritti.
AMBITO SOGGETTIVO
AMBITO OGGETIVO