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CAPITOLO II
MANIFESTAZIONI E FINALITÀ DELLA VIOLENZA PSICHICA
1. Quali sono le manifestazioni comportamentali più comuni dell’aggressore psichi‐
co? .............................................................................................................................. » 17
2. Quali sono le finalità dell’aggressione psichica e le conseguenze della reazione del‐
la vittima? ................................................................................................................... » 20
3. Esistono comportamenti rilevatori della patologia psichica di uno dei coniugi? ........ » 22
4. Vi è un nesso tra malattie psichiche e violenza in famiglia? ....................................... » 25
CAPITOLO III
RIFLESSI SUI FIGLI E SUI COMPORTAMENTI SESSUALI DI COPPIA
1. La violenza può avere effetti negativi sui figli? ........................................................... » 27
2. La violenza psicologica può esternarsi mediante la violenza sessuale? ...................... » 28
CAPITOLO IV
CONDOTTE RIVELATRICI DELLA VIOLENZA PSICHICA
1. Quali sono le condotte rivelatrici della violenza psichica? .......................................... » 31
CAPITOLO V
PRESA DI COSCIENZA DELLA VITTIMA
1. Quali sono i comportamenti che portano lentamente alla presa di coscienza della
vittima? ...................................................................................................................... » 41
2. Possono essere individuate le cause della violenza psichica endofamiliare? ............. » 44
3. Quali sono nelle vittime gli effetti della violenza psichica? ........................................ » 46
CAPITOLO VI
FORME DI VIOLENZA PSICHICA
1. Quali sono le modalità con cui si attua il plagio della vittima? ................................... » 51
2. Cosa è il gaslighting? .................................................................................................. » 54
CAPITOLO VII
CURE MEDICHE E RIMEDI TERAPEUTICI
1. Sono possibili ed esistono cure mediche? .................................................................. » 57
2. Esistono rimedi comportamentali oltre che terapeutici? ........................................... » 62
CAPITOLO VIII
RISARCIMENTO DEL DANNO
1. E’ possibile chiedere il risarcimento del danno psichico endofamiliare? ................... » 65
2. Quando chiedere il risarcimento del danno psichico non patrimoniale in forza
dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.? ...................... » 67
3. Quando chiedere il risarcimento del danno psichico non patrimoniale in caso di
fatto reato? ................................................................................................................ » 68
4. Quali sono i reati più frequenti in ambito familiare? ................................................. » 72
4.1. Stalking ................................................................................................................ » 72
4.2. Minaccia .............................................................................................................. » 76
4.3. Maltrattamenti in famiglia .................................................................................. » 77
4.4. Percosse e lesioni ................................................................................................ » 78
INDICE ANALITICO .................................................................................................................. » 79
INDIRIZZI UTILI....................................................................................................................... » 83
PRESENTAZIONE
La violenza psichica in famiglia costituisce una tematica ancora poco esplorata e ancora
sottovalutata, nonostante la sempre maggiore attenzione degli operatori sociali, forze
dell’Ordine e magistratura.
Il manuale illustra e consente di riconoscere le violenze psicologiche nei rapporti di coppia, e
nei confronti dei figli, offrendo indicazioni in ordine alle condotte rivelatrici della violenza
psichica, ai mezzi di prova, ai reati in concreto individuabili e ai profili risarcitori del danno
patrimoniale e non patrimoniale.
Vengono individuati, in base alle testimonianze delle stesse vittime, coperte da anonimato, i
comportamenti seriali attraverso cui riconoscere le violenze psichiche nei diversi ambiti
economico, sociale, sessuale.
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CAPITOLO I
VIOLENZE PSICHICHE
Sommario: 1. Quando è ravvisabile la violenza psichica endofamiliare? ‐ 2. Per quali fini viene usata la
violenza psicologica? ‐ 3. Quali sono le conseguenze della violenza psichica e i risvolti giudiziari? ‐ 4. Con
quali modalità si estrinsecano le condotte persecutorie? ‐ 5. Quali sono le conseguenze delle violenze
psichiche?
1. Quando è ravvisabile la violenza psichica endofamiliare?
Le violenze psichiche costituiscono una grave degenerazione della comunicazione e della rela‐
zione che, in base a studi approfonditi soprattutto all’estero, colpisce prevalentemente le donne
e, quasi nel 50% dei casi, culmina anche in una violenza fisica o sessuale1.
La violenza psichica familiare è un universo poco esplorato anche dalla stessa psichiatria in
quanto sovente le vittime non si rendono conto di avere di fronte un malato psichico e questi
ultimi non sono coscienti di trovarsi in uno stato patologico ed attribuiscono comportamenti de‐
vianti o violenti all’atteggiamento dell'altro su cui scaricano tutte le responsabilità.
Trattasi di una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo che affligge il coniuge o, comunque,
il partner, perseguitandolo ed ingenerando stati di ansia e paura, che possono arrivare a com‐
prometterne il normale svolgimento della quotidianità e, a volte, arrivano fino al suicidio della
vittima o all’omicidio da parte del carnefice2.
Anche se in linea di principio la violenza “non ha sesso”, si farà prevalentemente riferimento alla
vittima “donna” e all’uomo “carnefice”, pur nella consapevolezza che anche gli uomini possono
essere vittime di violenze psichiche da parte delle donne anche in una percentuale maggiore delle
statistiche ufficiali in quanto sovente mancano le denunce per vergogna o per non far emergere
una sensazione di inferiorità psichica che si innesca nel sentirsi manipolati da una donna.
Nonostante la diffusione crescente di tali comportamenti manca una effettiva attività di monito‐
raggio condotta dalle Forze di Polizia, finalizzata ad una migliore conoscenza delle dinamiche che
coinvolgono le vittime.
Le violenze psicologiche nella coppia sono violenze subdole consumate all’interno delle mura
domestiche (o comunque in privato), che non lasciano segni evidenti sul corpo della vittima, ma
che feriscono profondamente l’anima, la personalità e la dignità della vittima rendendole la vita
impossibile3.
Nella violenza fisica sono riscontrabili una serie di elementi esterni, quali referti medici, testimoni
oculari, verbali di polizia che possono comprovare la violenza, mentre nella violenza psicologica
vengono posti in essere una serie di atteggiamenti, difficilmente individuabili dall’esterno, fina‐
lizzati a denigrare e rifiutare il modo di essere di un'altra persona, ai fini di renderla insicura, di
farle del male e, nei casi più gravi annientarla.
1
Anche in Italia si sta prendendo coscienza di tale fenomeno; si segnalano, al riguardo, attingendo a molti casi concreti, CHAPAUX ‐ MORELLI ‐
COUDERC "La manipolazione affettiva nella coppia‐ Riconoscere ed affrontare il cattivo partner" Psiconline, Francavilla a Mare, 2011, MAMMOLITI, I
serial killer dell'anima, Edizioni Sonda ‐ Casale Monferrato, 2012, con cui gli autori aiutano ad individuare le violenze psicologiche e i comporta‐
menti manipolatori all’interno della coppia e ad uscire dalla dipendenza.
2
SABBADINI ‐ MURATORE, Le violenze contro le donne, in Ministero dell’Interno, Rapporto sulla criminalità in Italia. Analisi, prevenzione, contrasto,
Roma, 2008 pp. 132‐158.
3
Per una disamina delle problematiche relative alla violenza sulle donne, ADAMI ‐ BASAGLIA ‐ BIMBI ‐ TOLA, (a cura di), Libertà femminile e violenza
sulle donne, strumenti di lavoro per interventi con orientamenti di genere, 2000, Milano, Franco Angeli; ADAMI ‐ BASAGLIA ‐ TOLA (a cura di), Dentro
la violenza, cultura, pregiudizi, stereotipi, rapporto nazionale 'Rete antiviolenza Urban', Milano, 2002, Franco Angeli.
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Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Chi dovrebbe aiutare o giudicare le vittime spesso è impreparato e confuso e preferisce scegliere
la strada più facile e più breve di rinunciare a capire la verità o a fare giustizia: così facendo alla
fine non aiuta la vittima ma l'aggressore.
Nelle comuni liti di coppia, anche le più violente, anche se si può alzare la voce, rompere piatti e
perfino azzuffarsi, esiste una relazione di parità, una simmetria fra i due partner. Nei momenti
d'ira, tutti possiamo pronunciare parole offensive, sprezzanti, o fare gesti fuori luogo, ma di solito
queste intemperanze sono seguite da rimorsi e da scuse.
Nella violenza psicologica, invece, non si tratta di una trasgressione momentanea, ma di una cro‐
nicità di comportamenti, finalizzati a rifiutare l'altro e considerarlo un oggetto.
Ciò che permette di distinguere la violenza coniugale da un semplice litigio di coppia non sono le
botte o le parole offensive, bensì l'asimmetria nella relazione. In un conflitto di coppia, l'identità
di ognuno è preservata, l'altro viene rispettato in quanto persona, mentre questo non avviene
quando lo scopo è dominare e annichilire l'altro.
Si tratta di una grave forma di perversione relazionale che rende le vittime talmente assuefatte
e dipendenti da essere nella maggior parte dei casi inconsapevoli rispetto a ciò che sta loro acca‐
dendo. La violenza si cronicizza non appena la vittima entra nella fase depressiva, quella in cui si
convince della ragione e anche della bontà del manipolatore (che si prende cura di lei, la capisce,
la sostiene) che non a caso è spesso addirittura idealizzato. Ecco che si crea così il paradosso, in
cui la vittima idealizza il proprio carnefice.
I comportamenti del carnefice sono, invece, destinati a sottomettere l'altro, a controllarlo e a
mantenere il potere.
Non c'è alcun bisogno di usare la forza per assoggettare l’altro; mezzi sottili, ripetitivi, occulti,
ambigui, possono essere usati con altrettanta efficacia; queste azioni e le conseguenti espressioni
sono spesso più dannosi di un'aggressione diretta, che verrebbe riconosciuta come tale e provo‐
cherebbe una reazione di difesa.
Solo da poco si sta incentrando l’attenzione su questo fenomeno e ancor oggi i veri e gravi mal‐
trattamenti nella coppia e all'interno della famiglia sono poco conosciuti, se ne parla poco e
spesso vengono sottovalutati; invece producono danni psichici e fisici enormi per chi li subisce
anche perché le vittime di tali violenze sono sempre a disposizione del loro aggressore, vivendo
nello stesso appartamento e subiscono violenza a volte senza tregua giorno e notte nella consa‐
pevolezza, da parte dell’aggressore, che solo con la continuità può essere attuata la manipola‐
zione mentale o la persuasione coercitiva.
A differenza di quel che avviene nel caso del mobbing, per le vere vittime di violenze di coppia
non c'è ne pausa pranzo, ne riposo fuori orario di lavoro, ne ferie, ne malattia, ne pensionamento.
Nella violenza coniugale la violenza verbale e quella psicologica sono inscindibili; tuttavia alcuni
atteggiamenti servono a instillare tensione e insicurezza, e il modo di pronunciare alcune parole
per il loro tono ha la funzione di sottomettere psicologicamente l'altro.
Le violenze iniziano all’interno dell’abitazione, non appena chiuso l’uscio di casa, laddove, invece,
ognuno dovrebbe godere di maggiore sicurezza, cioè in famiglia.
Si tratta di fenomeni emergenti, la cui dannosità sociale si manifesta in forme nuove, sostanzial‐
mente sconosciute al legislatore del 1930 e tali da imporre una seria riflessione sulla scelta delle
modalità più idonee a contrastarle.
Non esistono norme specifiche penali per reprimere la violenza psicologica, a differenza delle
norme sullo stalking finalizzate alla repressione delle molestie insistenti, consistenti nella reite‐
razione assillante di condotte intrusive ‐ quali appostamenti, pedinamenti e telefonate ‐ che, il
più delle volte, sono destinate a culminare in ingiurie, minacce, danneggiamenti e aggressioni
fisiche.
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Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
L'evoluzione tecnologica ha moltiplicato sensibilmente le possibilità a disposizione dello stalker,
tanto che si definisce cyberstalking l'utilizzazione di ogni tipo di comunicazione elettronica per
molestare in forma ossessiva la vittima.
La violenza psicologica, invece, è una violenza “perversa”, molto insidiosa perché indiretta; la
psiche di una persona viene fatta a pezzi, in maniera costante e ripetuta, attraverso gesti, parole
e silenzi.
Quando plagia la vittima, l’aggressore psicologico non alza la voce ma cerca di essere convin‐
cente, a volte parla sempre con lo stesso tono piatto e manifesta una fredda ostilità che è pronto
a negare e per maltrattare la propria vittima: non agisce direttamente sul piano fisico, lasciando
ferite e lividi evidenti ma, giorno dopo giorno, crea un clima invivibile ad attua un processo di
distruzione psicologica, dove le parole e gli atteggiamenti pian piano feriscono e distruggono la
vittima.
L’aggressore rifiuta il colloquio e ciò paralizza la vittima e le impedisce di trovare una soluzione.
Quello che la vittima dice o fa viene sistematicamente deformato dall’aggressore così che i pos‐
sibili testimoni non avvertano nulla o solo un vago sentore d’ironia; se necessario l'aggressore
attua abilmente un’inversione della colpa atteggiandosi lui a vittima anche con gli estranei.
La violenza psicologica costituisce un processo volto a stabilire un dominio sul partner, seguendo
un determinato schema che si ripete e si rafforza con il tempo. Si assiste al controllo sistematico
dell'altro, anche attraverso la gelosia e le molestie assillanti, fino ad arrivare alle umiliazioni e al
disprezzo.
Il controllo sulla vittima da parte del proprio aggressore psicologico può manifestarsi anche con
un comportamento geloso e sospetti continui sulla vittima, ma anche con l’infondata attribuzione
di intenzioni e di colpe, controllando le telefonate, come passa il suo tempo, i suoi rapporti con
la famiglia e gli amici, perché vuole essere sicuro che non ha un amante, vuole possederla com‐
pletamente e pretende da lei una presenza continua ed esclusiva.
Nessuna spiegazione razionale può riuscire a placare una gelosia patologica dato che si tratta di
un rifiuto della realtà; a volte tratta la donna da “puttana” che va a letto con tutti e pretende
rapporti sessuali molto intensi, per riuscire a convincersi che lei desidera solo lui.
Il tutto per rafforzare se stessi, sminuendo l'altro.
Tali comportamenti se analizzati isolatamente potrebbero non essere significativi, mentre se in‐
seriti in un processo distruttivo per l'autostima della persona che li subisce, sono altamente de‐
stabilizzanti.
La ripetitività e il carattere umiliante di tali situazioni possono provocare un vero e proprio logorio
mentale e addirittura condurre la persona al suicidio.
2. Per quali fini viene usata la violenza psicologica?
L'individuo dominante usa la violenza per restare in una posizione di comando assoluto: l'ag‐
gressione è soltanto lo strumento che gli permette di conservare il potere; le minacce e le azioni
destinate a terrorizzare l'altro sono l'ultima tappa prima dell'aggressione fisica.
Gli insulti di rado sono proferiti in pubblico. La maggior parte delle aggressioni verbali avvengono
in privato perché gli aggressori tentano di mantenere una buona immagine di se stessi. Quando
si verificano in pubblico, questi attacchi sono in forma ironica, in modo da accattivarsi l'approva‐
zione dei testimoni. Se la vittima protesta, si replicherà che non ha il senso dell'umorismo, che è
troppo suscettibile, che prende tutto male.
Il vero aggressore psicologico è di solito una persona intelligente che non commette l'errore di
attuare condotte che la vittima possa dimostrare con facilità a mezzo di testimoni, come avviene
generalmente nello stalking (ad esempio non parla al telefono con la vittima sospettando che
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Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
potrebbe non essere da sola ad ascoltarlo o potrebbe anche registrare la conversazione e non la
insegue per strada sapendo di poter essere visto da estranei).
L’aggressore psicologico compie una violenza “pulita”, senza prove: distrugge la propria vittima
senza lasciare tracce e senza che ci siano testimoni.
Il luogo più adatto è all'interno delle mura domestiche o di un'automobile.
Certe azioni anche se possono non essere penalmente rilevanti o costituire illecito civile di per se
sole, ciò nonostante possono essere distruttive sul piano psicologico; una grande violenza può
celarsi dietro un aspetto benevolo e parole gentili: "Dico questo perché ti amo".
Al contrario, certe reazioni delle vittime appaiono violente mentre non sono altro che atteggia‐
menti di difesa.
Per paura di sbagliare, di non avere capito bene o con il pretesto della rigorosa obiettività, i te‐
stimoni e gli esperti preferiscono non “vedere” le violenze psicologiche, soprattutto se la violenza
viene compiuta da uno stimato professionista, allora si preferisce mettere in dubbio la testimo‐
nianza della vittima o la si consiglia di tacere.
La violenza psichica, quando si tratta di vera e propria patologia, non è un fatto isolato o ciclico,
anzi è continua, quotidiana, fatta di ripetute aggressioni che non sono aperte e manifeste, ma si
estrinsecano in frasi allusive, stoccate, insinuazioni, tanto da fiaccare nel tempo la tempra e la
resistenza della vittima fino a farla divenire succube ed esercitare un completo dominio su di
essa; anche dall’esterno, come già rilevato, è quasi impossibile osservarla e anche quando, in casi
molto rari, la vittima fa denuncia, gli investigatori ben difficilmente potranno accertare tale forma
di violenza che non lascia tracce col rischio di qualificare la donna visionaria e la denuncia origi‐
nata da spirito di vendetta4.
Le aggressioni sono sottili, non esistono tracce tangibili e i testimoni tendono ad interpretare
come semplici rapporti conflittuali o passionali tra due persone caratteriali quello che è un ten‐
tativo violento di distruzione morale e addirittura fisica dell'altro, qualche volta riuscito.
Il carnefice preferisce annientare la propria vittima in modo subdolo e continuo, portandola, se
possibile, all'autodistruzione (al suicidio psichico e talvolta anche fisico).
Se dovesse compiere una violenza fisica, lo farebbe probabilmente solo con l’intenzione di ucci‐
dere fisicamente il partner.
In genere chi pone in essere sistematiche aggressioni psicologiche non adotta violenze fisiche
facilmente dimostrabili ma agisce sempre in assenza di testimoni in modo tale che la sua vittima
non possa provare nulla delle vessazioni a cui è sottoposta.
Ai fini della prova sono sufficienti le registrazioni audio e/o video di come l’aggressore si com‐
porta in privato con la vittima (è lecito che la vittima registri di nascosto le conversazioni dell’ag‐
gressore); materiale fotografico ottenuto in modo legale; testimonianze di persone che hanno
visto o sentito.
Le violenze fisiche possono essere facilmente provate, potendo essere documentate da certificati
medici; non è raro che alle vittime di violenze psicologiche si consigli: “si faccia menare!”.
La vittima cercherà di trovare nel proprio comportamento la ragione delle accuse dell’uomo col‐
pevolizzandosi e cadendo nella trappola tesale5.
4
L'effetto distruttore della violenza psichica deriva dalla ripetizione di aggressioni apparentemente insignificanti ma continue, delle quali si sa
che non avranno mai fine. Si tratta di un aggressione a vita. In superficie non si vede niente o quasi niente. Il perverso preferisce uccidere indi‐
rettamente o, più propriamente, indurre l'altro a uccidersi da solo. I segnali di ostilità non compaiono nei momenti di irritazione o di crisi. Sono
costantemente presenti in forma di stoccatine, tutti i giorni o più volte alla settimana per mesi, addirittura per anni. Non vengono espressi con
un tono irato, ma con un tono freddo, che enuncia una verità o un'evidenza. L'aggressione viene distillata a piccole dosi quando ci sono testimoni.
Se la vittima reagisce e cade nella trappola della provocazione alzando la voce, sembra lei la violenta e l'aggressore si atteggia a vittima. Quando
c'è violenza fisica, elementi esterni sono lì a testimoniare: referti medici, testimoni oculari, accertamenti della polizia. In una aggressione perversa,
non c'è alcuna prova. E' una violenza "pulita". Non si vede niente, HIRIGOYEN, Molestie morali, Einaudi, Torino, 2000, p. 125.
5
Le allusioni destabilizzanti non sono evidenti. Sono parole aggressive, ma pronunciate con un tono normale, calmo, quasi disteso, di fronte a
insinuazioni del genere, è logico andare in cerca di che cosa si sia detto o fatto di male e colpevolizzarsi, sempre che non ci si arrabbi e si apra il
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Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Si verifica nella gran parte dei casi una inversione della colpa; la vittima pensa che se il suo partner
è violento, è perché non è stata capace di renderlo felice o “non ci ha saputo fare” o ha avuto un
comportamento inadeguato, accusando sentimenti di colpa che, invece, il partner non prova.
Attraverso tale processo psicologico la vittima si sente, paradossalmente, responsabile delle dif‐
ficoltà di coppia, invertendosi la colpa.
La dipendenza psicologica, molto simile a quella da uno psicofarmaco, è una conseguenza del
plagio e della manipolazione attuati dal partner violento sulla propria vittima.
La donna anche quando si rende conto della violenza dell’uomo non sempre si allontana, anzi lo
fa raramente e ciò per una duplice serie di motivazioni che vanno dalla paura, non infondata,
delle conseguenze di tale gesto, al plagio cui è stata sottoposta e che le impedisce di allontanarsi
dal partner6.
La vittima non riesce a esprimere quello che subisce e a rimproverarlo al partner, subendo così
una duplice sofferenza.
In ambito familiare la violenza avviene, con maggiore frequenza, nel mondo degli affetti; essa
consiste in tutti quei comportamenti o abusi di potere che producono danni e sofferenza fisica,
sessuale o psicologica.
3. Quali sono i risvolti giudiziari della violenza psichica?
La forma più immediata di violenza, che affiora alla mente è quando si verificano quelle sequenze
di maltrattamento e aggressione fisica o sessuale di cui la donna è vittima da parte di estranei e,
nella casistica più frequente, all’interno delle proprie dimore per mano del partner o di un fami‐
liare.
Ma la forma più infida di violenza contro la donna, perché invisibile e perché le sue conseguenze
possono avere una lunga persistenza, è la ripercussione psicologica causata da tutte queste con‐
dotte brutali, lesive del suo ruolo sociale di donna e della sua dignità in quanto essere umano.
Essa subisce un trauma profondo con risvolti fondamentali sulla propria persona e nelle intera‐
zioni con gli altri. Spesso la vergogna o il senso di colpa che si prova dopo la violenza, inducono
alla chiusura e a vivere in silenzio e nell’isolamento sociale il malessere che si sta provando, senza
essere in grado di chiedere un aiuto agli altri.
Ostacolare la violenza necessita di una grande forza, quella stessa che molte donne, dopo averla
subita, non riescono a trovare in se stesse, rifugiandosi in strategie alternative per tenere lontano
il dolore come assumere alcool, droghe o psicofarmaci, con conseguenze devastanti sulla loro
salute e vita. Analogamente anche chi vive con una donna che ha subito violenza, un’amica, il
partner o un familiare resi edotti dell'accaduto, possono provare sentimenti di indignazione, do‐
lore e di rabbia contro l’artefice della violenza, oppure sensi di colpa per non aver colto la gravità
della situazione, e in qualche caso paura.
Nell'ambito della coppia le sensazioni vissute da ognuno, sono molteplici: frustrazione, solitu‐
dine, rancore, rabbia, senso di vuoto, indifferenza, rifiuto, dubbi, percezione di essere incom‐
presi e di non poter più condividere le proprie emozioni con l’altro, sorpresa e incredulità per la
situazione che si è creata, senso di impotenza dovuto soprattutto al fatto che, costringersi a “ri‐
pristinare la salute” della sfera sessuale in modo forzato, non fa che comprometterla ancora di
più e privarla di quella spontaneità e naturalezza che la rendono piacevole come atto in sé.
conflitto. E' una strategia che raramente fallisce, perché non si sfugge al senso di colpa, a meno che non si sia a propria volta perversi. HIRIGOYEN,
Molestie morali, cit., p. 104.
6
Secondo lo studioso Carlos E. Sluzki, gli effetti della violenza variano in funzione di due elementi: il livello di minaccia avvertito e la frequenza
del comportamento violento. La violenza aumenta progressivamente e la resistenza della donna diminuisce fino a diventare semplice lotta per la
sopravvivenza, HIRIGOYEN, Sottomesse, Einaudi, Torino, 2006, p. 101.
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Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
I comportamenti persecutori sono definiti come "un insieme di condotte vessatorie, sotto forma
di minaccia, molestia, atti lesivi continuati che inducono nella persona che le subisce un disagio
psichico e fisico e un ragionevole senso di timore".
Si può parlare di vero e proprio “abuso psicologico“ allorché le condotte diventano pervasive,
alterando lo stile di vita del partner mediante provocazioni, offese, minacce chiare o velate, cri‐
tiche, accuse, denigrazione, disprezzo, umiliazione, ossessione, svalutazione, derisione, priva‐
zione della privacy, coercizione, ricatto, silenzio, privazione della libertà, menzogna, assenza di
un adeguato supporto economico, tradimento della fiducia riposta, noncuranza, trascuratezza
fisica e affettiva, esclusione dalle decisioni importanti della famiglia, la manipolazione dei sensi
di colpa, mediante l’inversione della colpa.
Quindi, non sono tanto le singole condotte ad essere considerate persecutorie, ma piuttosto è la
modalità ripetuta nel tempo, contro la volontà della vittima, che riassume in sé il principale signi‐
ficato delle condotte persecutorie.
Lo stalking e, in particolare, quello familiare, può presentare una durata variabile, da un paio di
mesi fino a coprire un periodo lungo anche anni, la violenza psicologica, invece, non finisce mai
a meno che la vittima non decida di andarsene, ma anche in questo caso non è facile recidere i
cordoni psichici con l’aggressore e il processo di affrancamento può durare anche anni.
All’interno della famiglia è possibile osservare una delle più frequenti estrinsecazioni della per‐
secuzione, sia fisica che psichica che può assumere carattere occasionale da parte di soggetti
“normali”, a causa del loro comportamento aggressivo, ma può anche essere originata da una
malattia psichica, a volte difficilmente diagnosticabile, che fa assumere alla violenza una pecu‐
liare connotazione con conseguenze anche gravi per le vittime.
Nonostante tale fenomeno stia venendo alla luce a seguito delle sempre più frequenti denunce
delle vittime, risulta ancora poco esplorato sia dalla giurisprudenza che dalla sociologia per le
difficoltà di individuazione di tali situazioni che raramente vengono denunciate e anche quando
sono portate all’attenzione della giustizia i relativi procedimenti sovente si concludono col pro‐
scioglimento o l’assoluzione per la difficoltà di prova e per i comportamenti manipolatori
dell’uomo che tende a far apparire la vittima quale visionaria e comunque poco credibile.
Spesso gli amici voltano le spalle a chi subisce o ha subito violenze psicologiche e parenti ed amici
spesso consigliano alle vittime di lasciare perdere le prove e le denunce al fine di evitare situazioni
imbarazzanti.
Sovente la cerchia dei conoscenti si sottrae alla testimonianza nelle aule di giustizia; tale situa‐
zione a volte non è dettata da disinteresse ma dalla effettiva difficoltà di rendere delle deposi‐
zioni corrispondenti alla realtà e non a impressioni, in quanto è difficile, sia per le vittime che per
gli estranei, riconoscere la “vera” violenza psicologica, anche per il comportamento dissimulato‐
rio del carnefice.
Generalmente una persona violenta tende a presentarsi come vittima davanti al giudice, parlerà
con tono calmo, cercando di presentare il partner come una persona isterica.
La vittima cercherà di difendersi ma sovente le sue giustificazioni potrebbero non essere convin‐
centi, trattandosi di soggetto confuso.
Il giudice in tal caso è difficile che prenda una decisione favorevole alla vittima, non emergendo
realmente, quale valida “prova” in giudizio, la effettiva violenza subita che, raramente emerge in
tutta la sue reale dimensione e gravità.
Il maltrattatore nega sempre l’aggressione, mascherandola persino con frasi ironiche, con com‐
menti apparentemente innocenti che vanno dritti ai punti deboli del maltrattato. Se la vittima si
lamenta, si sente dire frasi che l’abbattono ancora di più quali ad esempio: “Scherzavo tesoro,
non devi prendertela tanto”, parole che insinuano il sospetto che la vittima sia un’instabile pronta
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Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
ad offendersi al minimo pretesto o una sciocca completamente priva di ironia. L’aggressore nega
sempre l’aggressione ed il problema, dunque, viene scaricato tutto sulla vittima.
Poiché i giudici devono decidere in base a prove e non a impressioni la eventuale decisione ne‐
gativa per la vittima sarà valutata dalla stessa come denegata giustizia.
Le vere vittime sono spesso deluse dalle sentenze giudiziarie poiché di rado la condanna, anche
quando dovesse essere riconosciuta, è proporzionata alla gravità di ciò che loro hanno subito.
La magistratura poche volte tiene conto della violenza psicologica a meno che non sia clamoro‐
samente flagrante, e questo è raro quando si impiegano dinamiche perverse. Invece le vittime
possono stare meglio solo quando vengono riconosciute come tali e l'aggressore viene giusta‐
mente punito.
Nei pochi casi in cui si arriva a una condanna penale o a una declaratoria di responsabilità civile
la vittima trova pubblico riconoscimento della sua sofferenza e, generalmente, migliora la sua
situazione psicologica.
Ciò che difetta è una adeguata attenzione e, sovente, una adeguata preparazione sia da parte
degli psicologi, psichiatri, assistenti sociali, sia anche da parte delle forze dell’ordine e della ma‐
gistratura, a capire le violenze psicologiche.
Occorre non sottovalutare le denunce delle vittime, anche quando sono confuse o non chiare, in
quanto sovente non riescono a spiegare bene quello che subiscono, si difendono male e non
trovano, oltre alla giustizia, neanche quella comprensione o aiuto che potrebbe aiutarle a supe‐
rare una situazione difficile.
4. Con quali modalità si estrinsecano le condotte persecutorie?
I comportamenti del carnefice si sostanziano in "atti persecutori" tali da ingenerare nelle vittime
uno stato di continua paura per sé stesse tanto da doversi continuamente "guardare alle spalle"
così modificando le proprie normali abitudini di vita7.
Trattasi, per lo più, di condotte reiterate che ingenerano un fondato timore da parte della vittima
di un male più grave, pur senza arrivare ad integrare i reati di lesioni o maltrattamenti, quali, ad
esempio, condotte di appostamento, continue telefonate, minacce e aggressioni fisiche alla vet‐
tura.
Comportamenti ricorrenti sono costituiti dal seguire il partner ossessivamente presso il luogo di
lavoro, ingenerando in lei un perdurante e grave stato d'ansia e costringendola ad alterare le
proprie abitudini di vita e, in particolare, a doversi guardare continuamente alle spalle, per paura
di aggressioni, durante la propria attività lavorativa8.
Occorre prestare particolare attenzione ai segnali premonitori di tali violenze, evitando di sotto‐
valutarli e prevedendo interventi tempestivi di strutture sanitarie e preventivi dell’Autorità Giu‐
diziaria in grado di evitare conseguenze drastiche con l’allontanamento dal nucleo familiare dei
soggetti a rischio di violenze.
La violenza psichica non patologica nell’ambito familiare è originata sovente da un reflusso di
tensione o insoddisfazione dei coniugi, ma caratterizzata da una situazione di parità dialettica e
di violenza tra i partners con insulti reciproci e lancio di piatti o altri oggetti; invece, nei casi pa‐
tologici può essere caratterizzata da una sottile e perversa violenza, per lo più psichica, attuata
generalmente dall’uomo la cui patologia, per le peculiarità del manifestarsi della stessa, non è
ravvisabile dall’esterno e non è individuabile, nella gran parte dei casi, neanche dalla vittima che
sovente dopo anni si rende conto che “qualcosa non va”.
7
Trib. Bari, 06.04.2009, in Corriere del Merito, 2009, n. 7, p. 768 nota di Agnino.
8
Per un caso analogo cfr. Trib. Milano, 31.03.2009, in Corriere del Merito, 2009, n. 6, p. 648.
14
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Contribuiscono al processo di emancipazione della donna che tende a liberarsi anche da tali so‐
prusi, non solo sotto l’aspetto economico, ma anche sociale, la consapevolezza della dignità e del
ruolo che la figura femminile va sempre più acquisendo all’interno della famiglia; tale rilievo im‐
porta anche una maggiore attenzione verso la violenza familiare, in precedenza fenomeno na‐
scosto, oggi sempre più oggetto di attenzione verso l’esterno grazie anche alle denunce, che
vanno definite coraggiose, delle vittime che rischiano ripercussioni fino all’omicidio, da parte del
loro carnefice, che, se persona psichicamente malata, può reagire imprevedibilmente quando
perde l’oggetto della suo desiderio (di violenza) patologico9.
Occorre, pertanto, incentrare l’attenzione su tali situazioni in modo che chi si riconosca quale
vittima o riconosca qualche amico o familiare faccia tutto quanto è possibile, sotto il profilo giu‐
ridico e il rimedio della cura, per preservare la salute psichica del proprio caro e del malato stesso.
Se originata da una malattia psichica (per lo più paranoia, schizofrenia o altre perversioni) la
violenza morale può assumere diversi livelli di intensità, anche di elevata gravità che possono
portare alla distruzione psicologica della vittima acuita dal timore di denunciare la situazione di
disagio in cui si è venuta trovare. Nelle cronache giudiziarie è riscontrabile la mancanza di atten‐
zione verso tali fenomeni in quanto, solitamente, l’eziologia di tali comportamenti viene definita
quale “depressione” o “raptus”, mentre la causa va ricercata nella patologia da cui spesso è af‐
fetto l’agente.
Il coniuge, nel caso in cui la violenza viene denunciata e poiché solitamente la malattia non viene
diagnosticata, è ritenuto responsabile sia sotto il profilo penale per i reati di lesioni personali (art.
590 c.p.), ingiuria (art. 594 c.p.), violenza sessuale (art. 609‐bis c.p.), sia, più raramente, sotto
quello civilistico ai sensi dell’art. 2043 c.c.10.
La violenza psicotica può esprimersi sotto varie forme e con differente intensità da caso a caso
anche con differenti comportamenti da parte dell’agente che può attraversare varie fasi con una
diversa intensità delle forme di violenza.
Non è facile, soprattutto per chi non è esperto nella materia, distinguere una normale lite fami‐
liare, con generale anche se non assoluta, posizione di uguaglianza tra i coniugi, dalla violenza
psichica originata dalla patologia da cui è affetto l’uomo e che vede la donna in una posizione di
inferiorità, fino a divenire vera e propria vittima di tali violenze con conseguenze permanenti
nella stessa psiche della donna che sovente non riesce a rendersi conto del perché del particolare
atteggiamento del partner.
Non è casuale la scelta della vittima nell’ambito della cerchia degli affetti in quanto deve posse‐
dere determinate caratteristiche a seconda della patologia da cui è affetto il malato: il perverso
narcisista la cercherà con le qualità che lui stesso vorrebbe possedere e cerca di succhiarle come
un vampiro alla vittima, il paranoico ed il perverso la cercano tra le persone non con forte perso‐
nalità e che tendono a colpevolizzarsi per quanto loro accade11.
La vittima viene scelta con un carattere né troppo forte né troppo debole e mediante un lavoro
certosino e costante, che può durare anche molti anni, a poco a poco in modo subdolo la plagia,
la manipola, la depersonalizza, la logora, la condiziona in ogni sua manifestazione, sino a renderla
incapace di ribellarsi, perché ha perso la stima di sé stessa e crede di non venire capita dagli altri
9
SPINELLI, Femminicidio, dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale, 2008.
10
Sulla tutela giuridica delle violenze familiari, MONATERI, BONA, OLIVA, Le molestie morali nel sistema giuridico italiano, in HIRIGOYEN, Molestie
morali, cit., p. 243.
11
La vittima ideale è una persona coscienziosa, naturalmente propensa a colpevolizzarsi. Sono persone che tengono all'ordine, sia in campo
lavorativo sia nelle relazioni sociali, che si dedicano a quanti stanno loro vicino e accettano raramente piaceri dagli altri. Sono anche vulnerabili
ai giudizi e alle critiche altrui, per quanto infondate. Ciò li porta a giustificarsi ininterrottamente. I perversi, percependo tale debolezza, provano
piacere nell'istillare il dubbio: "Non sarò per caso colpevole di quello che mi rimprovera, anche se non ne sono consapevole?". Nel caso di un'ag‐
gressione, ai perversi basta negare perché le vittime entrino nel dubbio. E' per questa ragione che alcune vittime sono ricorse a stratagemmi per
verificare a posteriori la realtà della violenza. Conservano copie di lettere, si organizzano per avere un testimone nascosto oppure registrano le
conversazioni telefoniche. HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 150.
15
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
non avendo prove tangibili da esibire; spesso non ha un lavoro né mezzi economici per affrontare
l'aggressore, il quale, essendo dotato di una eccellente doppia personalità, si presenterà con gli
estranei in veste di vittima.
5. Quali sono le conseguenze delle violenze psichiche?
Sentendo gli amici comuni parlare bene del suo aggressore la vittima è confusa e dubita di sé
stessa, credendo di esagerare e di non capire l’effettiva realtà, anche perché l'aggressore spesso
alterna periodi in cui si comporta molto male con lei, a periodi in cui si comporta "benino", o
almeno così le fa credere, facendole magari dei regali o delle concessioni che possano dimostrare
agli estranei che lui la tratta bene12.
La vittima, a volte, prende le difese del suo aggressore, lo scusa per i suoi comportamenti, o
perché è molto plagiata da lui e si è assuefatta, o perché non vuole o non può rovinare pubblica‐
mente la buona immagine di lui (ad es. se è un professionista affermato), o perché ci sono i figli
che non capiscono (ad es. se anche loro sono plagiati ma trattati bene), o perché, presa coscienza
di essere in trappola, si vergogna di ammettere agli altri di essere stata così stupida da esserci
caduta, o perché in attesa di potersene liberare preferisce non complicare ulteriormente la situa‐
zione e quindi continua a sopportare.
Per un inconscio meccanismo di autodifesa spesso la vittima "dimentica di ricordare", cioè cerca
di rimuovere dalla mente ciò che ha subito e che l'ha fatta tanto soffrire: ha, pertanto, difficoltà
ad esporre l'accaduto, sia in assenza e tanto più in presenza del proprio aggressore.
Nei casi, peraltro rari, in cui prende coscienza della patologia del partner, la vittima teme giusta‐
mente che il suo aggressore possa manipolare anche il giudice e persino lo psichiatra incaricato
di una eventuale perizia medico‐legale e sa, inoltre, che il volersi sottrarre apertamente alle vio‐
lenze del suo aggressore potrebbe causare in lui una reazione abnorme, che potrebbe portare a
gesti estremi quale l'omicidio o l'omicidio‐suicidio.
Nel periodo della separazione, la pressione psicologica aumenta e può durare a lungo anche
dopo.
La maggior parte degli omicidi avviene durante la fase della separazione in quanto il carnefice si
rifiuta di lasciare l'ex compagna, come se fosse una sua proprietà. Non può fare a meno di lei, la
sorveglia, la segue per strada, la assilla al telefono, l'aspetta all'uscita dal lavoro. Capita che la
vittima sia anche costretta a traslocare.
Va segnalata la difficoltà di far emergere all’esterno la violenza, soprattutto se psichica e di indi‐
viduare la causa di tali comportamenti violenti per la paura delle vittime di denunciare i fatti e
le poche denunce delle vittime vanno definite coraggiose in quanto rischiano ritorsioni gravi da
parte dell’aggressore.
Sono le stesse modalità di estrinsecazione della violenza che ne rendono difficile il riconosci‐
mento da parte delle vittime, in quanto il perverso le attua, dapprima attraverso la seduzione
che poi si trasforma in manipolazione; la vittima solo in tale ultima fase, con l’aiuto di amici e
familiari, comincia a rendersi conto della situazione, anche se a volte è troppo tardi per sottrarsi
alla violenza13.
Sovente si assiste alla assunzione da parte della vittima di un atteggiamento passivo di rassegna‐
zione tanto più accentuato quanto più la violenza è grave anche per la paura concreta di ritorsioni
12
Cfr. ROMITO, Un silenzio assordante, la violenza occulta su donne e minori, Milano, 2005, Franco Angeli.
13
L'intreccio si sviluppa sempre secondo lo stesso schema: la vittima non si accorge di essere manipolata; solo quando la violenza si fa troppo
evidente il mistero viene svelato con l'aiuto di persone che intervengono dall'esterno. I rapporti cominciano all'insegna del fascino e della sedu‐
zione e si concludono con terrificanti comportamenti da psicopatico. Eppure, i perversi lasciano indizi che verranno interpretati solo a posteriori,
quando la vittima si sarà parzialmente sottratta al condizionamento e capirà la manipolazione. Nella prima fase le vittime sono paralizzate; ver‐
ranno distrutte in quella successiva. HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 163.
16
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
fisiche che, nei casi di paranoia, possono anche portare all’omicidio quale forma estrema di do‐
minio nei confronti di una donna che ha manifestato l’intenzione o ha lasciato il suo aggressore
che si vede privato dell’oggetto del dominio; spesso manca la forza psicologica di reazione a tale
situazioni di violenza14.
L’occultamento della violenza all’esterno impedisce di riconoscerla anche ad un attento osser‐
vatore in quanto l’uomo sta molto attento a non far trapelare nulla della violenza, comportandosi
in modo premuroso nei confronti del partner, generando confusione nella stessa donna e incer‐
tezza nella cerchia dei familiari e amici che dubiteranno delle confessioni della donna15.
La donna spesso non riesce a prendere coscienza di ciò che le sta accadendo a causa del compor‐
tamento dell’uomo che non si manifesta subito in tutta la sua valenza distruttiva ma, in un cre‐
scendo rossiniano, porta la vittima all’esasperazione, senza che capisca cosa le sta accadendo16.
Vi può essere una congenita vulnerabilità psicologica della vittima, quale humus favorevole allo
sviluppo della violenza familiare anche se la causa principale va individuata nella patologia da cui
è affetto il partner che sovente adotta il condizionamento delle vittime, sia pure inconscia‐
mente17.
14
Se le donne sopportano tanti maltrattamenti, è perché sono plagiate e condizionate. Il condizionamento è sociale, ma anche relazionale, come
una sorta di addestramento. Quando sono intrappolate in una situazione senza uscita e, soprattutto, subiscono aggressioni imprevedibili, le
donne diventano passive, hanno l'impressione che tutti i loro sforzi siano vani. Non riescono ad immaginare come potrebbero cambiare le cose
e non si sentono capaci di farlo. Sappiamo ormai che l'impotenza appresa si verifica quando le aggressioni sono imprevedibili e incontrollabili, e
non c'è alcun mezzo di agire per cambiare la situazione. Mentre è più logico pensare che più grave è l'aggressione subita dalla donna, più lei avrà
voglia di andarsene, constatiamo, al contrario, che più il maltrattamento è frequente e grave e meno la donna ha gli strumenti psicologici per
andare via. Comunque, l'apparente sottomissione delle donne al coniuge violento, non dev'essere considerata soltanto un sintomo, ma anche
una strategia di adattamento e di sopravvivenza. Le donne sanno bene, nel profondo di loro stesse, che l'opposizione frontale a un uomo violento
può aumentare in modo grave la sua violenza, e allora cercano di calmarlo e di accontentarlo, per evitare che le cose peggiorino, HIRIGOYEN,
Sottomesse, cit., p. 97.
15
PIZZUTI‐ CONTE ‐ DI GENNARO, Violenza contro le donne, rapporto di ricerca dell'Area URBAN di Napoli, Napoli, 2001 I.S.E.R.
16
Oggi le donne sono consapevoli che la violenza fisica non è accettabile, ma lo sono molto meno per quanto riguarda la violenza psicologica. Se
le donne accettano di subire comportamenti simili, è perché le aggressioni non arrivano all'improvviso "come un fulmine a ciel sereno"; sono
invece preannunciate da micro‐violenze, da una serie di scorsi spregiativi, da piccoli attacchi verbali e non verbali che si trasformano in molestie
morali, affievolendo la resistenza e impedendo di reagire. All'inizio dominio e gelosia vengono interpretate come prove d'amore. A poco a poco,
le donne perdono ogni spirito critico e finiscono per "abituarsi". Altrettanto progressivamente il compagno passerà da certi gesti o atteggiamenti
non apertamente ostili a una violenza indefinibile, e la donna che subisce continuerà a trovare tutto ciò normale. Via via che la gravità e la
frequenza della violenza psicologica aumentano, la donna perde fiducia in se stessa. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 86.
17
HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 92. L’autore evidenzia anche che gli studi provano che le donne che hanno subito maltrattamenti fisici o morali
nell'infanzia corrono un maggiore rischio di trovarsi, a loro volta, vittime della violenza coniugale. Anche alcuni studi americani hanno dimostrato
che il fatto di essere cresciuti in un contesto in cui il padre era violento con la madre aumenta per un ragazzo le probabilità di essere un violento,
e per una ragazza quelle di diventare vittima di un uomo violento. E' sadismo per il maschio e masochismo per la femmina, o piuttosto una forma
di apprendimento? Si può pensare che questi bambini abbiano imparato, per imitazione, che la violenza è normale nella vita di coppia. Tutti gli
specialisti sono d'accordo nel dire che un trauma passato ha preparato il terreno e che, dietro l'attuale persecutore, si cela spesso un altro
persecutore, nell'infanzia. Quindi, se si parla soltanto della fragilità della vittima, dimenticando la distruttività del partner, e ci si limita a ricordare
il masochismo della donna, quando si trova invischiata in una relazione dolorosa, non si fa che aggravare il suo senso di colpa e rendere ancora
più opprimente la sudditanza psicologica. Bisogna stare attenti a non arrivare a dire che è la vittima a fare il carnefice…. Gli uomini violenti sanno
bene come riconoscere il lato protettivo di una donna e come servirsene per giustificare i propri eccessi comportamentali. Alcuni di loro, partico‐
larmente manipolatori, sollecitano subito gli istinti di protezione di una donna per sedurla. Si lamentano della loro storia infantile ("Mia madre
non mi ha mai voluto bene, ho avuto un'infanzia difficile"), della loro precedente compagna (era un'arpia), del loro lavoro (non mi danno le
responsabilità che merito) HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 77.
17
CAPITOLO II
MANIFESTAZIONI E FINALITÀ DELLA VIOLENZA PSICHICA
Sommario: 1. Quali sono le manifestazioni comportamentali più comuni dell’aggressore psichico? ‐ 2.
Quali sono le finalità dell’aggressione psichica e le conseguenze della reazione della vittima? ‐ 3. Esi‐
stono comportamenti rilevatori della patologia psichica di uno dei coniugi? ‐ 4. Vi è un nesso tra malat‐
tie psichiche e violenza in famiglia?
1. Quali sono le manifestazioni comportamentali più comuni dell’aggressore psichico?
La psichiatria ha individuato le modalità di estrinsecazione del comportamento del malato psi‐
chico anche se le manifestazioni possono variare a seconda della malattia, della sua fase e gra‐
vità18.
Nel caso in cui il comportamento dell’uomo è connotato da una continua, incessante ostilità nei
confronti della donna, la situazione potrebbe precipitare ed occorre, quindi, prestare particolare
attenzione19.
18
Il ciclo di violenza si articola in quattro fasi e in modo ripetitivo. A ciascuna tappa, il pericolo per la vittima aumenta, HIRIGOYEN, Sottomesse,
cit., 56. L’autore individua una fase di tensione, di irritabilità dell'uomo, legata secondo lui, a preoccupazioni o a difficoltà nel quotidiano. Durante
questa fase, la violenza non si manifesta in modo diretto, ma trapela dalle mimiche (silenzi ostili), dagli atteggiamenti (occhiate aggressive), o dal
timbro di voce (tono irritato). Tutto quello che fa la sua compagna, dà fastidio. Durante questa fase di accumulo della violenza, l'uomo tende a
rendere la donna responsabile delle frustrazioni e dello stress della propria vita; naturalmente, i motivi che accampa sono un semplice pretesto,
e in nessun caso una causa della violenza; eppure, la donna si sente responsabile. Se chiede cosa c'è che non va, il compagno risponde che va
tutto bene, che è lei che si inventa le cose, che ha una falsa percezione della realtà, e la fa sentire in colpa: "Di cosa parli?"; "Non capisco di che
ti lamenti!"; "Mi dai noia, non ho fatto proprio niente!". Si giunge allora alla violenza verbale e agli insulti, e la donna rimpiange di aver fatto una
domanda. Succede poi una fase di attacco in cui lui dà l'impressione di perdere il controllo di se stesso. Ecco allora urla, insulti e minacce; l'uomo
può anche rompere oggetti prima di aggredire fisicamente la compagna. La violenza fisica incomincia per gradi: spintoni, braccia torte, schiaffi,
poi pugni ed eventualmente l'uso di un'arma. Non è raro che a questo stadio l'uomo voglia avere rapporti sessuali, per meglio sottolineare il
proprio dominio. La donna non reagisce perché, grazie a piccoli, perfidi attacchi, il terreno è stato preparato, e lei ha paura. Può protestare, ma
non si difende. Di rado l'aggressione provoca collera in lei, quanto piuttosto tristezza e un senso di impotenza. Qualunque reazione irosa non fa
che aggravare la violenza del partner, quindi la donna è indifesa e, influenzata psicologicamente com'è, spesso non ha altra via che la sottomis‐
sione. Segue una fase di scuse, di pentimento, in cui l'uomo cerca di cancellare o di minimizzare il proprio comportamento. L'uomo cerca di
disfarsi dei rimorsi trovando una spiegazione in grado di discolparlo. La cosa più facile è dare la responsabilità alla compagna: è lei che l'ha
provocato; oppure può giustificare il suo comportamento con motivazioni esterne (ira, alcol o superlavoro). Questa fase ha la funzione di fare
sentire in colpa la donna, portandola a dimenticare la collera. In genere, lei finisce per dirsi che stando più attenta e modificando il proprio
comportamento potrà evitate che il compagno perda di nuovo la pazienza. L'uomo chiede perdono, giura che non succederà più. Se la donna
riesce finalmente ad andarsene, lui contatta qualche intimo perché la convinca a tornare. In quel momento l'uomo è sincero, ma ciò non significa
affatto che non ricomincerà. Troppo spesso le donne prendono per oro colato le belle promesse fatte durante questa fase e concedono ben
presto il loro perdono. Tanto più che l'uomo approfitta del momento per giustificarsi parlando della propria infanzia infelice e per ricattare psi‐
cologicamente: "Solo tu puoi aiutarmi. Se mi lasci, non mi resta che morire!". È possibile una successiva fase di riconciliazione, definita anche
della "luna di miele", in cui l'uomo adotta un atteggiamento carino, all'improvviso si mostra attento, premuroso. Si mostra anche innamorato,
offre regali, fiori, inviti al ristorante e si sforza di rassicurare la compagna. Può addirittura farle credere che è lei ad avere il potere. A volte, questa
fase viene interpretata come una manipolazione perversa degli uomini al fine di meglio "tenere" la donna. In realtà, in questo preciso momento,
gli uomini sono sinceri perché terrorizzati dall'idea di essersi spinti troppo oltre e di essere lasciati dalla moglie. Invece, è la paura dell'abbandono
che porta a questo cambiamento momentaneo, ed è la medesima paura che, più tardi, li porterà a riassumere il controllo sulla compagna. Durante
questa fase le donne ricominciano a sperare perché ritrovano l'uomo che era stato capace di farle innamorare. Pensano che riusciranno a recu‐
perare quell'uomo ferito e che, con l'amore, lui cambierà. Disgraziatamente, tutto ciò non fa che alimentare la speranza nella donna, aumentando
così il suo livello di tolleranza agli attacchi. In genere, è questo il momento che lei ritira le querele. Mentre la paura provata durante il periodo
aggressivo potrebbe darle la voglia di porre fine alla situazione, il comportamento del compagno durante la fase di pentimento la stimola a
rimanere. Il ciclo della violenza può così ricominciare Esiste un enorme differenza nel comportamento dell'uomo durante la fase di tensione e
durante quella di riconciliazione. Le donne dicono spesso che non si trovano più di fronte allo stesso uomo, ma a un dottor Jekyll e Mr Hyde.
19
Dall'esterno tutto sembra andare normalmente. All'inizio, una donna è abbagliata da un uomo attraente e brillante. Ma la tranquillità è presto
turbata dalla paura che si insinua nella mente, trasformandosi progressivamente in angoscia. La donna non capisce. Non è successo niente, o
quasi. Si domanda se non sarà lei a essere troppo sensibile e se lo rimprovera, tanto più che il partner dice che si fa idee strane, che è paranoica.
Eppure, con piccole aggressioni verbali, con sguardi sprezzanti e, soprattutto, con una fredda distanza, lui sembra rimproverarle qualcosa, ma lei
ignora che cosa. Non dando un nome al problema, lui ha un potere su di lei. E' amabile solo quando lei gli serve. Di solito, a questo stadio, la
donna preferisce cedere, nella speranza di trovare in questo modo una protezione duratura. Poi gli attacchi si moltiplicano: frasi sferzanti di fronte
a testimoni o in privato, critiche cattive su tutto ciò che lei fa o dice. La donna è isolata. Non osa più vedere gli amici e la famiglia, perché anche
loro vengono attaccati. Così lei preferisce evitarli perché si vergogna. Senza nessuna ragione, la violenza passa ad uno stadio superiore. I colpi
bassi e gli insulti si moltiplicano; tutto quello che la donna dice è deriso. Quando lei supplica: "Perché mi tratti così?", lui sogghigna: "Guardati,
poveretta, e capirai!". La donna può scorgere odio nello sguardo del partner, e qualunque colpo è permesso, anche il più perfido. (Es.: Lui può
fare allusioni molto cattive che solo lei può capire e quando lei è innervosita abbastanza, dire agli amici di essere molto in pena perché in quel
momento sua moglie è "strana". Gli amici effettivamente notano che la donna sembra fuori di sé. Si agita, trema, è sull'orlo delle lacrime.) La
18
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
In base al profilo psicologico del malato variano la intensità e le modalità di esternazione della
violenza che può assumere diverse espressioni: il narcisista è una delle categorie più frequenti
caratterizzata da megalomania, ammirazione di se stessi, indifferenza alle critiche e tendenza allo
sfruttamento degli altri, dominio e sottomissione della donna cui viene sottratta qualunque pos‐
sibilità e capacità di critica, non accettata dal narcisista20.
La violenza psichica può anche essere esercitata in forma subdola ma non per questo meno effi‐
cace, attraverso frasi non pronunciate, reticenza, comportamento ostruzionistico, falsità e ri‐
sulta, in qualche caso, ancora più distruttiva in quanto non percepibile come tale, influendo sulla
psiche della vittima che non trova alcun rimedio a tale situazione sconvolgente in cui si trova
coinvolta suo malgrado senza capirne il motivo21.
La vittima soffre maggiormente in quanto non riesce a stabilire col carnefice una comunicazione
diretta che viene sempre rifiutata o travisata con modalità diverse ma sempre efficaci sulla vit‐
tima che si ritrova in una situazione di impotenza22.
È facile convincere una persona che la sua percezione della realtà, dei fatti e dei rapporti perso‐
nali è sbagliata e ingannevole, negando che sia mai successo quello che invece è accaduto e a cui
si è presenziato; basta convincerla che, invece, ha detto o fatto qualcosa che non ha nè detto nè
fatto.
La si accusa di inventare problemi, di interpretare sempre in modo errato, di deformare le pa‐
role e le intenzioni, di non avere mai ragione, di immaginare nemici e fantasmi inesistenti.
La patologia narcisistica non va confusa con episodi momentanei di comportamenti manipolatori
che possono essere adottati normalmente anche da persone sane mentalmente quando ci si ri‐
propone di ottenere determinati risultati.
Il perverso narcisista è difficilmente riconoscibile dall’esterno perché a volte si manifesta come
una persona brillante, pieno di fascino e seduzione che esercita sulla “preda” ma solamente
finché se ne può trarre utile o finché ve ne è bisogno, per poi abbandonarla una volta che non
serve ai suoi interessi; questi soggetti non provano effettivi sentimenti di amicizia o di rimorso in
quanto non soffrono psichicamente
I narcisisti hanno una grande considerazione di se stessi, nessuna per gli altri, sono individui me‐
galomani che non accettano critiche e ritengono che siano solo gli altri a sbagliare23.
violenza perversa è un concentrato di violenza allo stato puro. Può insinuarsi nella mente dell'altro fino a condurlo all'autodistruzione. Questo
processo portatore di morte va avanti anche in assenza di chi l'ha messo in moto, e non si ferma mai, nemmeno quando la donna ha deciso di
lasciare il coniuge violento. Oltretutto è contagioso, è un rischio grave; anche la vittima o i testimoni possono incominciare a trascendere, a
perdere i loro punti di riferimento. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 62.
20
Vista la loro megalomania, le personalità narcisistiche si presentano come moralisti, dando lezioni di integrità agli altri. Sanno meglio di chiun‐
que altro che cosa è bene e che cosa è male, e denunciano la cattiveria altrui. Per continuare a considerarsi onnipotenti, passano il tempo a
criticare tutto e tutti, senza ammettere la minima discussione e alcun rimprovero. Quando capita loro qualcosa di negativo, tendono ad attribuire
la responsabilità agli altri. Nella coppia, gli uomini sono dominatori e attraenti, e cercano di sottomettere e di isolare la compagna. Non chiedono
amore, ma ammirazione e attenzione, pertanto usano il partner finché li valorizza e lo buttano via appena smette di essere utile. Per questi
individui, qualunque insuccesso può essere vissuto come una minaccia personale. In tal caso, qualunque altra persona, troppo lucida o troppo
critica, diventa un potenziale aggressore e va distrutto. Non si tratta di una crisi di pazzia, in cui si è "fuori di sé", bensì, al contrario, di un'azione
deliberata che mira a ferire. L'autostima di un individuo narcisista si nutre esclusivamente dello sguardo dell'altro: senza l'altro non è niente. Il
narcisista cerca la fusione, ha bisogno di fagocitare l'altro, di controllarlo, di farne uno specchio che rifletta soltanto una bella immagine di sé,
HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 138.
21
La comunicazione perversa viene attuata anche in forma non verbale, nascosta e soffocata, la violenza trapela attraverso i non detti, i sottintesi,
le reticenze e, proprio per questo, veicola angoscia HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 103.
22
Il perverso rifiuta la comunicazione diretta perché "non si discute con le cose"; quando si pone una domanda i perversi eludono; non si parla di
niente, tutto è sottinteso: basta un'alzata di spalle, un sospiro. Si nega alla vittima il diritto di essere ascoltata; al perverso, che rifiuta di sentirla,
non interessa la sua versione dei fatti; quando una risposta c'è, è sempre marginale, indifferente; la non comunicazione si ritrova a tutti i livelli
espressivi; di fronte al suo bersaglio, l'aggressore è teso, il suo corpo rigido, lo sguardo sfuggente, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 104.
23
I perversi narcisisti sono individui megalomani che si atteggiano a punti di riferimento, a campioni del bene e del male, della verità. Manifestano
una totale mancanza di interesse e di empatia per gli altri, ma desiderano che ci si interessi di loro. Tutto è loro dovuto. Criticano chiunque, non
ammettano di essere messi in causa o di venire rimproverati. Di fronte a questo universo di potere la vittima è per forza di cose in un universo di
debolezze, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 136.
19
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Nasconde le proprie emozioni, invece, lo psicopatico che è generalmente violento e aggressivo
ed è portato alla menzogna ed all’inganno al fine di ottenere il risultato prefissosi, curandosi delle
sofferenze della donna su cui abitualmente esercita la violenza, rimanendone indifferente, non
provando rimorso: trattasi di individui senza sentimenti24.
Tali strategie comportamentali vengono adottate sempre dal perverso narcisista che non proverà
sensi di colpa o altri sentimenti, trattandosi, come già evidenziato, di individui insensibili ai nor‐
mali sentimenti provati dalle persone in occasione di determinati eventi quali il dolore per la
perdita di una persona cara, il rimorso per comportamenti antisociali o disdicevoli25.
Trattandosi di manifestazioni che non lasciano tracce tangibili, non è facile individuare le situa‐
zioni di normalità da quelle patologiche, anche perché, tali comportamenti non sono immediata‐
mente evidenziabili non solo all’esterno, ma anche dalle stesse vittime, essendo connotati da
sottile e nascosta violenza26.
Nel perverso la comunicazione tramite linguaggio è connotata da voce piatta, sempre uguale,
sempre con lo stesso tono: è un segnale importante per il riconoscimento della patologia: rara‐
mente il perverso altra la voce, ma ha cura di deridere la vittima usando un linguaggio ambiguo
ed allusivo; a volte il perverso utilizza un linguaggio tecnico poco comprensibile alla donna pro‐
prio per non consentire alla stessa di capire appieno il senso della conversazione27.
La dominazione sull’altro da parte del perverso avviene soprattutto attraverso il linguaggio, si‐
curo e deciso tanto da far credere di essere più informato ed a conoscenza dei fatti; mostra sicu‐
rezza e decisione nelle sue affermazioni inducendo l’interlocutore a dargli credito28.
24
Le personalità antisociali o psicopatiche diffidano delle proprie emozioni; per loro, i sentimenti di tenerezza o calore sono segni di debolezza.
Amano tradire, per vantaggio o per piacere, e non esitano a mentire, a imbrogliare e a manipolare l'altro, senza alcuno scrupolo. Cercano di
ottenere ciò che vogliono subito, con qualsiasi mezzo ma, di preferenza con la forza. La loro violenza è prima di tutto aggressiva, legata a un'irri‐
tabilità permanente o a un'aggressività a fior di pelle. Sono pronti a battersi al primo segnale. La caratteristica di questi uomini è una deficienza
nella risposta emotiva, oppure risposte emotive superficiali. Sono incapaci di immaginare il dolore o la paura in una terza persona e, a maggior
ragione, nella donna a cui fanno violenza. Inattaccabili dal senso di colpa, non provano alcun rimorso e non si mettono in discussione. Non
traggono alcun insegnamento dagli errori passati. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 140.
25
I tratti narcisistici della personalità sono comuni un po’ a tutti (egoismo, bisogno di ammirazione, intolleranza alla critica); non sono tuttavia
patologici. D'altra parte, a tutti noi è capitato di manipolare qualcuno allo scopo di ottenere un vantaggio e tutti abbiamo provato un odio di‐
struttivo passeggero. Quello che ci differenzia dai perversi è che comportamenti o sentimenti di questo tipo sono solo reazioni momentanee e
seguite da rimorsi o rimpianti. La nozione di perversità implica una strategia di sfruttamento e poi di distruzione dell'altro, senza alcun senso di
colpa, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 131. I perversi provano un piacere estremo, vitale, di fronte alla sofferenza dell'altro e ai suoi dubbi, così
come prendono gusto ad asservirlo e a umiliarlo. I perversi narcisisti sono insensibili, privi di affetto. Così non soffrono, HIRIGOYEN, Molestie morali,
cit., p. 135.
26
Nel DSM‐IV, manuale della classificazione internazionale delle malattie mentali, la personalità narcisista, (non si trova il termine "perversione
narcisista"), per essere tale deve presentare almeno cinque delle seguenti manifestazioni: il soggetto ha un senso grandioso della propria impor‐
tanza; è assorbito da fantasie di successo illimitato, di potere; pensa di essere "speciale" e unico; ha un eccessivo bisogno di essere ammirato;
pensa che tutto gli sia dovuto; nelle relazioni personali sfrutta il prossimo; manca di empatia; invidia spesso agli altri mostra atteggiamenti e
comportamenti arroganti, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 131.
27
I perversi, quando comunicano con le loro vittime, mantengono una voce fredda, incolore, piatta, monocorde. E' una voce priva di tonalità
affettive, che raggela, inquieta e lascia affiorare nelle parole più insignificanti il disprezzo o la derisione. Anche nel caso di confronti violenti, non
si alza la voce, lasciando l'altro a innervosirsi da solo, cosa che non può che destabilizzarlo. Molto spesso, il perverso non fa lo sforzo di articolare
le parole, oppure mormora qualcosa quando l'interlocutore si trova in un'altra stanza, costringendolo così a spostarsi per sentire oppure a tro‐
varsi, domandandogli di ripetere, nella condizione di chi deve chiedere. E' facile, poi, fargli notare che non ascolta. Il messaggio di un perverso è
deliberatamente vago ed impreciso, tale da alimentare la confusione. Può dire: "Non ho mai detto questo" ed evitare qualunque rimprovero.
Servendosi di allusioni, lancia messaggi senza compromettersi. Un altro procedimento verbale cui i perversi ricorrono abitualmente è l'uso di un
gergo tecnico, astratto, dogmatico, per coinvolgere l'altro in ragionamenti di cui non capisce nulla, e sui quali non osa chiedere spiegazioni per
non fare la figura dello stupido. Questo discorso freddo, puramente teorico, ha l'effetto di impedire a chi ascolta di pensare e quindi di reagire. Il
perverso, parlando con un tono saccente, dà l'impressione di sapere, anche se dice sciocchezze. In quello che dice il perverso importa più la forma
della sostanza, dare l'impressione di sapere per stancare l'avversario. Ad esempio: Per rispondere a sua moglie, che desiderava parlare del loro
rapporto di coppia, un marito assume un tono dottorale: "Presenti una problematica tipica delle donne castratrici, che proiettano sugli uomini il
loro desiderio del fallo". Un altro procedimento perverso consiste nel parlare delle intenzioni dell'altro o nell'indovinarne i pensieri nascosti, come
se si sapesse cosa pensa meglio di lui: "So perfettamente che detesti i Tali e che cerchi un modo per non incontrarli!" HIRIGOYEN, Molestie morali,
cit., p. 103.
28
Il perverso si prende il potere con la parola. Dà l'impressione di saperne di più, di detenere una verità, "la" verità. Il discorso del perverso è
totalizzante: enuncia proposizioni che sembrano universalmente vere. Il perverso "sa", ha ragione e cerca di trascinare l'altro sul suo terreno
inducendolo ad accettare quello che dice lui. Ad esempio, invece di dire: "Tizio non mi piace", dice "Tizio è un fesso. Lo sanno tutti e tu, tu non
puoi non pensarlo". Poi generalizza, vale a dire che trasforma questo discorso in una premessa universale. L'interlocutore pensa: "Deve avere
ragione, ha l'aria di sapere quello che dice". In questo modo, i perversi narcisisti attirano partner insicuri di sé, che tendono a pensare che gli altri
ne sappiano di più, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 120.
20
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
2. Quali sono le finalità dell’aggressione psichica e le conseguenze della reazione della vittima?
Quando la vittima reagisce si innesca la fase dell’odio con comportamenti violenti o subdoli che
hanno lo scopo di annientarla se tenta di sottrarsi al potere dell’uomo e anche la separazione
non attenua l’odio che può avere quale terreno di sbocco o la violenza fisica o le molestie morali
con appigli giuridici, azioni legali, anche per quanto riguarda i figli, gli alimenti, il mantenimento.
Al momento della separazione se non ci sono (e spesso mancano) certificati medici che attestino
incontestabilmente la realtà della violenza, le vittime non vengono credute. Gli avvocati chiedono
una perizia psicologica che, a meno di un'evidente patologia, è per lo più deludente.
Le personalità violente non riconoscono mai il proprio comportamento, anzi tendono a negarlo
e a riversarlo sul partner.
I perversi narcisisti sanno dare di sé un'immagine irreprensibile, caricando al contempo il coniuge
di responsabilità, confondendo gli avvocati e i giudici.
Nei confronti della vittima il comportamento è caratterizzato da calma e da un controllo costante
della situazione29.
Il controllo si colloca essenzialmente nel registro della possessività, significa sorvegliare qualcuno
in modo malevolo con l'idea di dominarlo e di comandarlo e per imporre un determinato modo
di fare le cose.
Svariate possono essere le forme di controllo sulla propria vittima: ad esempio delle ore di
sonno, dell'orario dei pasti, delle spese, delle relazioni sociali e addirittura dei pensieri, con frasi
del tipo "Voglio sapere a che pensi! "oppure "Sta' zitta/o, so quel che pensi meglio di te".
Può estrinsecarsi anche nell’impedire al partner di fare carriera o di studiare.
La perversione per le manifestazioni a volte simili della patologia si avvicina alla paranoia; il per‐
verso non è capace di amare, nulla va mai bene, cerca la distruzione del rapporto col partner
come se da tale annientamento potesse trovare una sua soddisfazione o gioia di vivere a condi‐
zione di toglierla agli altri; critica tutti e tutto e crede che gli altri siano delle nullità, senza qualità,
all’opposto di se che si sente superiore in tutto e sa “ciò che è bene e ciò che è male”, “quel che
va e ciò che non va”.
L'individuo dominante usa la violenza per restare nella sua posizione di onnipotenza. Per lui, l'ag‐
gressione è soltanto lo strumento che gli permette di ottenere o di conservare ciò che desidera,
ossia il potere.
Le minacce e le azioni destinate a terrorizzare l'altro sono l'ultima tappa prima dell'aggressione
fisica. Eppure, a questo stadio, non trapela niente.
La violenza psicologica viene negata sia dall'aggressore sia dai testimoni, che effettivamente
spesso non vedono niente e non si accorgono di niente, e questo fa sì che la vittima dubiti di ciò
che prova.
Non vi sono prove di ciò che subisce, è una violenza "pulita"30.
29
Nei narcisisti perversi il rifiuto di soddisfare le esigenze affettive del partner non corrisponde a una semplice mancanza d'amore o di tenerezza,
bensì a un assoluto disinteresse per l'altro, che non esiste, non conta, almeno che non sia utile. La violenza dei perversi non è ciclica, ma perma‐
nente, e non è il caso di aspettarsi da loro né richieste di pace né scuse. Sono calmi e freddi, e sembrano controllare sempre la situazione. Il loro
comportamento non è consapevole e deliberato, ma compulsivo: sono stati obbligati ad agire così perché l'altro se l'è andata a cercare. Questi
individui sono predatori la cui pericolosità deriva soprattutto dalla loro abilità nel distruggere la capacità di pensare dell'altro. Per affermarsi,
devono usare la propria distruttività e godere della sofferenza dell'altro. Il loro mondo è diviso in buoni e cattivi. Attribuiscono loro cattive inten‐
zioni, che non sono altro che la proiezione del loro stesso malanimo. La loro diffidenza assume forme quasi deliranti. La difficoltà a smascherare
un simile individuo sta nel fatto che non attacca mai frontalmente, ma procede per allusioni, sottintesi. Un'altra difficoltà è che sa farsi apprezzare
in società. Dà una buona immagine di sé e fa in modo che anche il coniuge la rafforzi. Si fa vedere molto in gamba per dimostrare fino a che
punto. Il partner è "cattivo", e quindi sia normale prendersela con lui. Durante le separazioni, i perversi narcisisti si atteggiano a vittime abban‐
donate, il che permette loro di fare bella figura e di sedurre un altro partner consolatore. E' piuttosto eccezionale che i perversi narcisisti arrivino
all'omicidio, ma ciò non impedisce loro di essere estremamente distruttivi e di mettere a segno veri e propri assassini psichici dato che sono dei
predatori. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 148.
30
I perversi narcisisti poiché non sono capaci di amare, cercano di distruggere col cinismo la semplicità di un rapporto naturale. Per accettarsi, i
perversi narcisisti devono trionfare su qualcun altro, sentendosi superiori. Gioiscono della sofferenza altrui. Per affermarsi, devono distruggere.
In loro vi è un'esacerbazione della funzione critica, che fa sì che trascorrono il loro tempo a biasimare tutto e tutti. In questo modo, si mantengono
21
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Le persone affette da tali patologia psichica con elevato grado di istruzione non è certo se si
rendano conto del male che fanno, sussistendo notevoli dubbi sulla capacità da parte di tali sog‐
getti di comprendere la reale portata del loro comportamento, in quanto solitamente tali indivi‐
dui attribuiscono, invece, agli altri la responsabilità del loro atteggiamento.
Tra i paranoici ed i perversi narcisisti vi sono della affinità, in quanto entrambi si presentano come
dominatori, i primi con la forza, i secondi con la seduzione, entrambi moralizzatori con la diffe‐
renza che i secondi tendono a sfidare la legge31.
Non esistono cure o comportamenti, nelle forme più gravi, che possano far desistere il perverso,
a volte paranoico, da tali comportamenti e non è facile trovare le soluzioni adatte per sfuggire a
tale situazione; in tali casi è consigliabile l’aiuto di un esperto psicoterapeuta che, analizzando le
peculiarità della situazione, sappia individuare i giusti accorgimenti e rimedi32.
Una variante comportamentale consiste nel mettere la vittima con le spalle al muro, aizzandola
ad agire contro di lui, con vari stratagemmi e facendola apparire quale aggressore, assumendo il
perverso, agli occhi degli altri, il ruolo di vittima con una metamorfosi e manipolazione pari al
grado di intelligenza di cui è dotato33.
La irresponsabilità intesa come negazione costante di ogni responsabilità e l’affermazione di
quella altrui, anche negando l’evidenza è una delle caratteristiche della personalità perversa34; il
fenomeno della vampirizzazione che consiste nell’appropriarsi della energia e della gioia di vivere
delle vittime è altra estrinsecazione della personalità del perverso35.
in posizione di onnipotenza: "Se gli altri sono nullità, io sono per forza migliore di loro". Niente va mai bene, tutto è complicato, tutto è una prova.
Impongono agli altri la loro visione pessimistica del mondo e la loro cronica insoddisfazione della vita. Smorzano ogni entusiasmo intorno a sé,
cercano prima di tutto di dimostrare che il mondo è cattivo. Con il loro pessimismo, inducono chi hanno accanto a deprimersi, per poi rimprove‐
rarglielo, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 138.
31
I perversi narcisisti tendono a presentarsi come moralizzatori; danno lezioni di probità agli altri. In questo sono vicini alle personalità paranoiche.
Il perverso però, a differenza del paranoico, se conosce bene le leggi e le regole della vita in società se ne serve per aggirarle con successo.
Caratteristico del perverso è sfidare le leggi. I paranoici prendono il potere con la forza, i perversi invece con la seduzione, ma quando questa non
funziona più, possono ricorrere alla forza. La fase violenta è di per sé un processo di scompenso paranoico: l'altro deve essere distrutto perché è
pericoloso. Bisogna attaccare prima di essere attaccati a propria volta. La vittima è il ricettacolo di tutto quello che il suo aggressore non è capace
di sopportare. Se questo meccanismo funziona, l'odio proiettato su un bersaglio divenuto preda basta a calmare le tensioni interiori, cosa che
permette al perverso di essere, per il resto, di gradevole compagnia. Di qui la sorpresa o addirittura il diniego delle persone che vengono a
conoscenza delle azioni perverse di un vicino che fino a quel momento aveva mostrato solo il suo lato positivo. Le testimonianze delle vittime
non sembrano credibili. HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 143.
32
La fase d'odio appare allo scoperto quando la vittima reagisce, cerca di erigersi a soggetto e di recuperare un po’ di libertà. Nel momento in cui
la vittima dà l'impressione di sfuggirgli, l'aggressore prova una sensazione di panico e di rabbia e si scatena. Quando la vittima esprime ciò che
prova, la si deve far tacere. E' una fase di odio allo stato puro, estremamente violenta, fatta di colpi bassi e di ingiurie, di parole che sminuiscono,
umiliano, si beffano di tutto ciò che l'altro ha di più intimo. Questa armatura di sarcasmo protegge il perverso da quello che teme di più, la
comunicazione. Ansioso di ottenere uno scambio ad ogni costo, l'altro si espone. Più si espone, più viene attaccato e più soffre. Quando l'altro
rivela le sue debolezze, il perverso le sfrutta immediatamente a suo danno. Non si tratta qui, di amore che si trasforma in odio, come si tende a
credere, perché, da parte del perverso, non c'è mai stato amore nel senso reale del termine. Quando l'odio si esprime apertamente, si accompa‐
gna al desiderio di distruggere, di annientare. Neanche con il tempo il perverso vi rinuncerà. A lui i motivi di questo odio sono chiari: "Perché è
così!", anche se per chiunque altro sono incoerenti. Quando ne dà una giustificazione, attribuisce questo odio a una persecuzione che metterebbe
lui nella condizione di legittima difesa. Come nei paranoici, appaiono allora in lui l'idea di essere il bersaglio di pregiudizi e persecuzioni, un'anti‐
cipazione delle attese reazioni difensive che porta a comportamenti delittuosi, e un pensiero cavilloso. Tutto quello che non va è imputabile agli
altri, che sono coalizzati in un complotto contro di lui. L'aggressore attribuisce alla vittima cattive intenzioni e la previene aggredendola per primo:
la vittima è comunque colpevole, sempre, di delitto di intenzione, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 123.
33
Il perverso cerca di spingere la sua vittima ad agire contro di lui, per poi denunciarla come "cattiva". L'importante è che la vittima sembri
responsabile di quello che le capita. Spingere l'altro all'errore consente di criticarlo o di sminuirlo e di dargli una cattiva immagine di sé. Si vedono
anche perversi incitare al suicidio: "Povera ragazza mia, non hai da aspettarti niente dalla vita, non capisco perché non ti sei buttata giù dalla
finestra!". Per l'aggressore è facile, dopo, presentarsi nel ruolo della vittima di un malato mentale. Di fronte ad una persona che blocca qualsiasi
tipo di comunicazione, la vittima si vede costretta ad agire. Così l'aggredito, già colpevole per il perverso, agli osservatori esterni sembra essere
l'aggressore. La vittima è tra due fuochi e, qualunque cosa faccia, non può cavarsela. Se reagisce, accende il conflitto. Se non reagisce, lascia che
la distruzione mortifera si espanda, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 128.
34
I perversi quando accusano gli altri di essere responsabili di quello che succede, non accusano, constatano: poiché loro non possono essere
responsabili, è necessario allora che lo sia l'altro. Gettare la colpa su di lui, parlarne male facendolo passare per malvagio permette non soltanto
di sfogarsi, ma anche di scagionarsi. Mai responsabili, mai colpevoli: tutto ciò che va male è sempre colpa degli altri. Si difendono anche negando
la realtà, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 141.
35
Nella maggior parte dei casi, i perversi scelgono le loro vittime tra persone piene di energia e che hanno gioia di vivere, come se cercassero di
accaparrarsi un poco della loro forza. I beni di cui si tratta sono raramente beni materiali. Sono qualità morali, difficili da sottrarre: gioia di vivere,
sensibilità, qualità comunicative, creatività, doti musicali o letterarie. Se il perverso che è invidioso, non fosse accecato dall'odio potrebbe, in un
22
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Altra strategia del perverso consiste nel porre le persone le une contro le altre, con falsità, insi‐
nuazioni e sottintesi subdoli, per indebolire entrambe e rafforzare la propria posizione; inoltre il
perverso narcisista prova piacere dal contrasto a volte acceso cui ha dato origine e che culmina
con sentimenti di odio o rancore tra le persone che ha aizzato contro36.
Altra variante della psicosi è costituita dalle personalità rigide, caratteristica degli ossessivi che si
esternano con una mania perfezionista che si manifesta nell’essere esigenti, nella critica ecces‐
siva e nel controllo sistematico dell’altro a cui non è lasciato alcuno spazio di autonomia fino a
logorarlo con tale comportamento37.
3. Esistono comportamenti rilevatori della patologia psichica di uno dei coniugi?
Poiché l’aggressore psicologico è una persona generalmente molto intelligente non commette‐
rebbe ripetute violenze fisiche che lo smaschererebbero, finendo per porre la vittima in posizione
di vantaggio; il carnefice, invece, preferisce annientare la propria vittima in modo subdolo e con‐
tinuo, portandola all'autodistruzione e la violenza fisica, in molti casi, viene posta in essere quale
atto estremo di natura omicidiaria.
I comportamenti attraverso cui si manifestano le violenze psicologiche sono: il controllo, l'isola‐
mento, la gelosia patologica, la molestia assillante, le critiche avvilenti, le umiliazioni, le inti‐
midazioni, l'indifferenza alle richieste affettive, le minacce.
Capire le vere violenze psicologiche nella coppia è come costruire un puzzle complicato, ci vuole
tempo, pazienza, competenza ed ottime capacità di osservazione; solo dopo aver collocato molti
"tasselli" al punto giusto si può cominciare a prendere visione e consapevolezza di cosa siano
veramente le violenze psicologiche in una coppia che sono sempre molto difficili da capire e la
stessa vittima che li subisce spesso vive nella nebbia.
Per scoprire se una persona subisce regolarmente violenza, bisogna essere un fine osservatore.
Se si sospetta che la donna sia vittima di violenza psicologica bisogna cercare di parlarle senza
testimoni, ascoltarla senza giudicare, rispettando la confidenzialità delle sue parole.
E' raro che l'aggressore mostri in pubblico il suo comportamento e, in genere, le persone che
avrebbero potuto aiutare la vittima vengono allontanate con vari pretesti. Come già evidenziato,
nella dinamica della violenza, la vittima viene isolata dai suoi amici, dalla sua famiglia, da tutti
quelli che potrebbero portarla a reagire.
In caso di bisogno, la vittima deve potere contattare qualche parente o amico, oppure persone
esterne: assistente sociale, associazioni, medici.
Osservare il comportamento dell'aggressore non consente di capire la situazione.
D'altronde, se si interrogano i vicini e gli amici sui modi di quest'ultimo, di solito dicono di non
essersi accorti di nulla perché la maggior parte di questi individui hanno un comportamento so‐
cialmente accettabile, sono molto gentili e anche affabili con gli amici.
rapporto di scambio, imparare come acquisire una parte di queste doti. Ciò presuppone una modestia che i perversi non hanno. La vittima dà
molto, ma non è mai abbastanza. I perversi non sono mai contenti, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 138.
36
Tale tecnica viene qualificata “dividere per meglio regnare”. Là dove il perverso narcisista eccelle, è nell'arte di aizzare le persone le une contro
le altre, di provocare rivalità, gelosie. Si può arrivare allo scopo servendosi di allusioni, insinuando il dubbio o provocando con le bugie la rivalità
tra le persone. Il piacere supremo per un perverso consiste nel fare in modo che un individuo ne distrugga un altro e nell'assistere a questo
scontro dal quale entrambi usciranno indeboliti, cosa che ne rafforzerà la sua personale onnipotenza, HIRIGOYEN Molestie morali, cit., p. 118.
37
Gli ossessivi sono perfezionisti. Il loro gusto per la perfezione è utilissimo sul piano professionale, anche se si fissano troppo sul particolare. Sul
piano sociale, sono conformisti e rispettosi delle convenienze e delle leggi. Sul piano personale, sono persone difficili da sopportare; esigenti,
dominatrici, egoiste, avare. Temono gli slanci emotivi. Si considerano serie e, secondo loro, gli altri sono irresponsabili e sconsiderati. Nel timore
che il partner metta scompiglio nel loro ordine o esegua male un compito, verificano tutto, criticano tutto perché pensano che il loro modo di
fare sia il migliore. Non tollerano, nell'altro, alcuna individualità. Hanno bisogno di controllare, di ribattere dialetticamente, di frenare qualunque
iniziativa non provenga da loro. La loro violenza si esercita soprattutto attraverso la coazione e nel campo del potere. Gli ossessivi possono essere
fisicamente violenti, ma c'è poco rischio che arrivino all'omicidio. La loro distruttività consiste piuttosto in un quotidiano logoramento e in un
controllo incessante che esauriscono il partner. Gli ossessivi chiedono spesso una terapia, ma non bisogna aspettarsi un mutamento radicale.
Nessuna terapia potrà trasformare un carattere ossessivo, ma dato che questi uomini e queste donne sanno controllare gli altri, possono anche
imparare a controllare se stessi e a non scadere nella violenza, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 158.
23
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Tutt'al più amici e colleghi possono dire che la persona sembrava loro un po’ strana, preoccupata,
tesa o distratta.
In un rapporto di coppia dimostrare la violenza fisica è, ovviamente più facile rispetto alla violenza
psicologica che non lascia tracce evidenti.
In qualche caso, ai fini di sottomettere il partner; anche le violenze fisiche possono essere utiliz‐
zate, con diverse sfumature, tuttavia tali forme di violenza non possono essere continue come
quelle psicologiche, che sono quotidiane e senza tregua, perché sarebbero facilmente individua‐
bili anche sotto il profilo medico‐legale e l’aggressore verrebbe individuato e punito.
Più diffuse sono le violenze fisiche non evidenti, che possono dare luogo ad equivoci sulla loro
natura e che si possono attuare con modalità non chiare, ad esempio urtando la vittima in modo
"involontario" sul pianerottolo in prossimità di scale, o evitando di lasciare segni evidenti, ad
esempio torcendo le braccia, tirando i capelli, oppure, quale ulteriore opzione, lanciando oggetti
di vario genere verso la vittima senza però colpirla, con l'intenzione solo di spaventarla.
Solamente tipizzando cliché comportamentali della persona affetta da patologia psichica sarà
possibile riconoscerli quali atti “anormali”, soprattutto quando siano ricorrenti le varie fattispe‐
cie, potendosi formulare una prima sia pure sommaria valutazione di comportamento patologico.
Anche quando i colpi non sono poi assestati, la vittima vive la sofferenza attraverso il proprio
corpo: ha mal di testa, di pancia, dolore ai muscoli ecc., come se avesse incorporato dentro di sé
il messaggio di odio.
Le vittime che subiscono violenza, fisica o psicologica presentano uno stato di salute più precario
rispetto alle altre persone e consumano molti più medicinali, soprattutto psicofarmaci. E' quindi
evidente che c'è un legame fra questo stato di malessere e la violenza psicologica.
Si farà riferimento, a titolo esemplificativo, a comportamenti rilevati in una persona affetta da
sindrome schizoide‐paranoica che possono fungere da metro di valutazione per un giudizio di
anormalità.
Una delle condotte propedeutiche alla violenza psichica è la pressione economica che viene eser‐
citata in modi diversi a seconda degli ambienti, ma, in tutti i casi, consiste nel togliere al partner
la sua autonomia, nel fare in modo che non abbia spazio di manovra se manifesta velleità di
separazione.
L'aggressore cerca di convincere la propria vittima a lasciare la propria attività professionale o
gli studi, sottolineando il fatto che i figli non stanno bene senza la madre, che i pasti sono raffaz‐
zonati, la casa mal tenuta, che il secondo stipendio serve solo ad aumentare le tasse ecc.
Per mantenere il potere finanziario sul partner verifica sistematicamente tutti i conti, rifiuta di
dare abbastanza danaro, oppure tende a darlo con il “contagocce” e con osservazioni colpevo‐
lizzanti, negando l’uso della carta di credito o del libretto di assegni.
A volte ci si meraviglia che una vittima che lavora non possa nemmeno avere accesso ai propri
conti, ma tale dipendenza può esistere, qualunque sia il livello dei redditi familiari.
Capita che l'aggressore psicologico mascheri la pressione economica quotidiana che fa subire alla
vittima offrendole ogni tanto regali impegnativi così da dimostrare che la tratta bene e confon‐
dere la realtà.
Una volta realizzata la dipendenza economica, il timore delle difficoltà materiali, impedisce alle
vittime di lasciare il coniuge violento. Hanno paura di non sbarcare il lunario, di non trovare la‐
voro, né casa, spesso le vittime non conoscono i loro diritti e le possibilità di aiuto e sono scorag‐
giate; sovente il vero ostacolo alla separazione delle vittime di violenze non è solo la dipendenza
materiale, ma soprattutto quella psicologica dal proprio partner.
Altra estrinsecazione della condotta è l'indifferenza alle richieste affettive, mostrandosi insensi‐
bile ed incurante nei confronti del partner con atteggiamenti di rigetto o disprezzo.
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Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Se lei cerca di prenderlo per mano, per la strada, e di dargli un bacio, viene respinta malamente
con espressioni del tipo "Solo perché viviamo assieme non è che dobbiamo sbaciucchiarci tutto il
giorno!". Perfino durante l'atto sessuale rifiuta di baciarla, dicendole che è lei ad essere troppo
esigente.
Ignora le sue esigenze, i suoi sentimenti e crea intenzionalmente una situazione di carenza affet‐
tiva e di frustrazione per mantenere la vittima nell'insicurezza.
A volte in tutta la vita coniugale la donna non riesce a instaurare un rapporto di discussione con
il marito, senza scambio di opinioni e se gli domanda cosa aveva da rimproverarle, non ottiene
risposta, senza mai vedere un'ombra di compassione nel suo sguardo.
L’uomo rifiuta di parlare con la propria vittima, di uscire insieme, di accompagnarla al super‐
mercato o all'ospedale, se sta male, di andare alle feste di famiglia, non tenendo in alcun conto
lo stato fisico o psicologico della propria vittima, per esempio volendo fare l'amore dopo una
lite violenta, oppure pretendere che sbrighi le faccende quando è ammalata.
Ripetendo di continuo un messaggio di rifiuto di dialogo alla propria vittima, l'aggressore psico‐
logico riesce a saturare le sue capacità critiche e il suo giudizio e a farle accettare qualsiasi cosa.
Come per esempio nel caso di discussioni senza fine per estorcere qualche confessione, fino a
che la persona, esausta, non cede, a volte può essere interrogata notti intere per essere sicuro
che non l'abbia tradito e per stare tranquilla e lei, stremata, finisce per dire quello che lui vuole
che dica.
Le umiliazioni nelle violenze psicologiche di coppia consistono nello svilire, ridicolizzare la vit‐
tima che è soltanto una valvola di sfogo per la rabbia che si ha dentro di sé: le viene negata
un'esistenza propria, non la si rispetta.
Un atteggiamento non infrequente consiste nel dare alla moglie il denaro per il mese gettandolo
per terra e costringendola a mettersi a quattro zampe a raccoglierlo, senza dire niente.
In tal caso la violenza si manifesta sotto forma di atteggiamenti sarcastici e di parole offensive,
di discorsi sprezzanti, di osservazioni sgradevoli, svilendo le sue capacità intellettuali con frasi del
tipo, quando lei diceva il suo parere su qualcosa, "che ne sai tu di questo?", accusandola di avere
comportamenti fuori luogo.
Altra variante è la denigrazione per quello che fa, formulando dubbi sulla sua sanità mentale;
accusandola di essere deprimente, anticipando così il risultato che si vuole provocare in lei, pro‐
nunciando frasi del tipo: "tutti sanno che sei matta e farei meglio a farti internare".
Sovente la si rimprovera per come è tenuta la casa, per i bambini, per i suoi vestiti, per le spese,
si critica il suo aspetto fisico e se lei si lamenta lui si giustifica dicendo: "non è una critica ma
semplicemente la realtà”.
Vengono attaccati la sua famiglia, i suoi amici, con critiche sistematiche che possono anche ri‐
guardare la sua "femminilità", la capacità di essere una brava padrona di casa o una donna at‐
traente o sulla capacità di allevare bene i figli o sulle qualità amatorie.
Lo svilimento può essere realizzato con parole che possono sembrare sincere, in quanto si tratta
di manipolare la vittima senza che lei ne sia consapevole, di minare la sua autostima, di condurla
a perdere la fiducia in se stessa.
In qualche caso i comportamenti sono spiccatamente offensivi come sputare in faccia, spernac‐
chiare quando lei parla o, se il messaggio non dovesse essere abbastanza chiaro, usare metodi
più radicali per esempio quando va in bagno a truccarsi, orinare nel lavandino accanto a lei e se
lei protesta dicendogli che il water era fatto apposta per quello, lui le risponde che è una schifil‐
tosa, che tutti gli uomini fanno così.
La donna avverte la precisa volontà di umiliazione e l’uomo rincara la dose dicendole che non sa
fare nient'altro che protestare, dandole della brontolona. A volte il partner può anche trascinare
25
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
in bagno la donna, buttarla per terra dicendole "sto per farti vedere che cosa sei per me!", uri‐
nandole addosso.
A volte le umiliazioni possono anche avere contenuto sessuale.
La sistematica denigrazione e gli insulti provocano nella vittima un deficit di identità accompa‐
gnato da un cedimento interiore.
Questi attacchi infatti mirano all'autostima della persona, che finirà per far proprio il disprezzo e
non si sentirà più degna di essere amata.
4. Vi è un nesso tra malattie psichiche e violenza in famiglia?
La violenza domestica non è facilmente individuabile in quanto, come già evidenziato, chi la com‐
pie cerca di tenerla celata all’esterno e con la cerchia degli amici tiene un comportamento irre‐
prensibile o, comunque, normale per cui non è raro che la donna sia presa per visionaria e, co‐
munque, la sua reazione sarà valutata come sproporzionata o esagerata38.
Una delle più comuni estrinsecazioni della malattia psichica è la paranoia, connotata dalla vio‐
lenza familiare, sia fisica che psichica, caratterizzata quest’ultima, con diverse varianti, da isola‐
mento, insulti, manipolazione; le stesse vittime non riconoscono la malattia del familiare e attri‐
buiscono le manifestazioni di violenza al “carattere” del partner che, a sua volta, non è in grado
di rendersi conto del suo comportamento violento che ha la propria eziologia nella stessa malat‐
tia psichica, innescando un circuito perverso che sovente porta all’annientamento della vittima,
anche in mancanza di un carnefice, in quanto non può essere considerato tale il malato psichico
che pone in essere comportamenti originati dalla stessa malattia39.
Con il contributo di alcune vittime che hanno richiesto l’anonimato nel prosieguo si individuerà il
profilo psicologico dell’agente e della vittima al fine di consentire il riconoscimento della patolo‐
gia che sovente resta nascosta anche alle stesse donne ed anche dopo una lunga convivenza, ove
non abbiano contezza delle manifestazioni della malattia che può essere scambiata con altre
cause, quali il carattere o altre diverse patologie a cui non si attribuisce una importanza partico‐
lare sotto il profilo degli effetti giuridici delle azioni e delle loro conseguenze40.
È nella cerchia degli affetti e nell’ambito lavorativo che il malato psichico individuerà, general‐
mente, una vittima che fungerà da bersaglio della sua violenza come in un gioco perverso che
vede quale conclusione l’annientamento della preda; la vittima non ha alcuna responsabilità per
tale ruolo che le viene assegnato dal carnefice che la sceglie in funzione di alcune caratteristiche
positive di cui cerca di impadronirsi41.
La ripetitività caratterizza il comportamento del malato psichico paranoico o perverso e, a lungo
andare, tali atteggiamenti spossano la vittima e le fanno perdere ogni capacità di reazione; in
base alla personalità della vittima e dello stesso malato, il comportamento del paranoico può
variare assumendo valenza diversa nel corso del tempo, in base alla intensità e grado raggiunto
dalla malattia, alle cure che non portano comunque alla guarigione se non in qualche patologia
38
Le donne vittime sono sensibilissime alle reazioni della loro cerchia. E incontrano spesso commiserazione, disagio, rifiuto o attribuzione di colpa,
atteggiamenti negativi che rafforzano la loro difficoltà a denunciare i fatti. Osservare il comportamento dell'uomo non consente di capire la
situazione. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 207.
39
Per un approfondimento sulla tematica delle molestie morali, CHINDEMI‐CARDILE, Molestie morali: tutela giuridica e rimedi terapeutici, in Resp.
Civ. Prev. 2007, p. 190.
40
Nella violenza di coppia, abitualmente, la versione degli uomini non ha niente a che vedere con quella delle mogli. E' come se non parlassero
della stessa situazione. Ora, per lo più, preferiamo ascoltare soltanto la variante meno fastidiosa, partendo dal principio che di sicuro la donna
esagera: non è affatto così, come abbiamo visto, dato che, al contrario, le donne hanno la tendenza a minimizzare i fatti, HIRIGOYEN, Sottomesse,
cit., p. 207.
41
Quello che distingue le vittime di un perverso dai masochisti è il fatto che quando, a prezzo di un immenso sforzo, riescono a separarsi, hanno
la sensazione di un'immensa liberazione. Sono sollevate perché la sofferenza in sé non le interessa. Si sono lasciate coinvolgere dal gioco perverso,
magari per un lungo periodo, perché sono piene di vita e vogliono dare la vita, anche assumendo l'incarico disperato di dare la vita a un perverso:
"Con me cambierà!". Non rinunciano perché non possono immaginare che non ci sia niente da fare e che non ci si possa aspettare nessun cam‐
biamento, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 147.
26
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
meno grave, alle reazioni della vittima ed all’ambiente esterno che raramente si rende conto di
quanto sta succedendo tra le mura domestiche42.
Ancora più subdola e pericolosa diviene la violenza psichica se viene esercitata congiuntamente
da più persone contro lo stesso soggetto, come solitamente avviene nei luoghi di lavoro43.
42
Nella psichiatria ottocentesca il termine “paranoia” era sintomo di follia, mentre successivamente il termine descrive una serie di disturbi
mentali, tra cui il delirio lucido sistematizzato senza deficit intellettivi e cognitivi. “La personalità paranoica si caratterizza per: l'ipertrofia dell'Io:
orgoglio, sensazione di superiorità; la psicorigidità: ostinazione, intolleranza, razionalità fredda, difficoltà a mostrare emozioni positive, disprezzo
per gli altri; la diffidenza: timore esagerato dell'aggressività altrui, sensazione di essere vittima di malevolenze, sospetti, gelosie; la falsità di
giudizio: fraintendimento di avvenimenti neutri, interpretati come se fossero rivolti contro di lei.
43
La vittima è tale perché è stata designata dal perverso. Diventa capro espiatorio, responsabile di tutto il male. Sarà d'ora in poi bersaglio della
violenza e risparmierà al suo aggressore di cadere in depressione o di rimettersi in discussione. La vittima in quanto vittima, è innocente del
crimine per cui pagherà. Eppure, anche i testimoni dell'aggressione nutrono sospetti nei suoi confronti. E' come se una vittima innocente non
potesse esistere. Si pensa che acconsenta tacitamente o che sia complice, inconsciamente o meno, dell'aggressione che subisce. Si sente normal‐
mente dire che, se una persona è vittima, è perché la sua debolezza o le sue carenze la predisponevano a diventarlo. Invece, le vittime vengono
scelte, di solito, per ciò che hanno in più e di cui l'aggressore cerca di appropriarsi. Perché è stata scelta? Perché era lì e, in un modo o nell'altro,
ha cominciato a dare fastidio. Non ha niente di particolare per l'aggressore. Al perverso interessa solo quando la vittima è utilizzabile e accetta la
seduzione. Diventa oggetto d'odio dal momento in cui si sottrae o non ha più niente da dare. Poiché è solo un oggetto, chi è importa poco. Ciò
nondimeno, l'aggressore evita chiunque potrebbe metterlo in pericolo. E' così si guarda scrupolosamente dall'opporsi ad altri perversi narcisisti
o ai paranoici, troppo simili a lui. Quando perversi e paranoici si associano, ciò non fa che decuplicare l'effetto distruttivo sulla vittima designata.
E' quello a cui si assiste soprattutto nei gruppi e nelle aziende. E' più divertente disprezzare o prendersi gioco di qualcuno davanti a uno spettatore
che incoraggia! HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 145.
27
CAPITOLO III
RIFLESSI SUI FIGLI E SUI COMPORTAMENTI SESSUALI DI COPPIA
Sommario: 1. La violenza può avere effetti negativi sui figli? ‐ 2. La violenza psicologica può esternarsi
mediante la violenza sessuale?
1. La violenza può avere effetti negativi sui figli?
A seguito di violenze coniugali anche i figli possono subire gravi traumi; le conseguenze imme‐
diate di un'atmosfera di maltrattamento possono essere turbe dello sviluppo (ritardo di crescita
fisica, immaturità, difficoltà scolastiche), turbe psico‐somatiche (problemi digestivi, cefalee),
turbe emotive (ansia, tristezza, collera, scarsa autostima), oppure turbe comportamentali (scarso
controllo pulsionale, assunzione di droghe)44.
Vittime inconsapevoli della violenza degli adulti sono, infatti, i bambini che non sono in grado di
comprendere i meccanismi e il perché dell’atteggiamento del genitore e si trovano sovente
schiacciati tra le comunicazioni contraddittorie dei partners che rischiano di avere effetti deva‐
stanti sulla loro psiche, avendo generalmente i bambini bisogno non di messaggi di valenza dia‐
metralmente diversa ma di certezze45.
Gli effetti della violenza sono più facili da constatare su una persona adulta mentre è più difficile
rintracciarli nei bambini; il semplice fatto di essere esposto alla violenza provoca nel bambino
alterazioni psichiche gravi e generalmente un bambino cresciuto in un ambiente violento è a sua
volta una vittima della violenza, anche se non diventa violento a sua volta. La familiarità con la
violenza è come una serie di istruzioni acquisite e, più tardi, l'individuo vi ricorrerà o meno in
funzione di un certo numero di altri fattori.
Effetti negativi per il nascituro possono verificarsi anche durante la fase di gravidanza in quanto
la violenza coniugale può indirettamente provocare problemi al nascituro attraverso l'ansia e la
depressione della futura madre.
I primi tre o quattro mesi del bambino sono determinanti per il successivo sviluppo perché, a
questo stadio, ambiente e biologia si influenzano a vicenda.
La madre consumerà più facilmente alcool o psicofarmaci che potrebbero creare danni anche
fisici al nascituro; molte donne vittime di violenza decidono di restare in famiglia a causa dei figli,
ma vanno via quando la violenza si dirige contro i loro bambini.
Anche il periodo immediatamente successivo alla nascita di un bambino è un momento ad alto
rischio per la donna, in quanto le madri che subiscono violenza sono spesso depresse ed ansiose
e non possono svolgere il loro ruolo protettivo nei confronti del figlio.
Per un bambino, essere testimone di violenze coniugali è lo stesso che essere maltrattato in
prima persona. La madre può fare in modo che non assista alle violenze, ma lui vedrà lo sconforto
nei suoi occhi e noterà che non è serena.
44
HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 173.
45
Queste aggressioni perverse destabilizzano la famiglia. I bambini, non possono supporre che si tratti di una cattiveria gratuita. I bambini non
sono in grado di reagire, La manipolazione perversa causa, tanto nei bambini quanto negli adulti, disturbi gravi. Come è possibile pensare retta‐
mente quando un genitore ti dice che si deve pensare in un modo e l'altro ti dice esattamente il contrario? Se non viene eliminata da parole
ispirate al buon senso e pronunciate da un altro adulto, questa confusione può portare il bambino o l'adolescente a una fatale autodistruttività.
Molto spesso in quegli adulti che da bambini sono state vittime della perversione di un genitore si constatano alternanze di anoressia o di bulimia
o altri comportamenti addizionali. Manipolare i bambini è facilissimo. La loro tolleranza non ha limite, sono pronti a perdonare tutto ai loro
genitori, ad assumere su di sé la colpa, a comprendere, a cercare di capire perché la madre o il padre è scontento. I bambini percepiscono molto
presto la comunicazione perversa ma, poiché dipendono dai genitori, non sono in grado di definirla. Tutto quanto non è stato metabolizzato
durante l'infanzia viene continuamente riprodotto in età adulta, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 7.
28
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Quando c'è violenza fra i genitori, il bambino si sente sempre responsabile e questo gli provoca
una perdita di autostima.
Per un bambino essere testimone di violenze è altrettanto, se non più dannoso che l'esservi espo‐
sto direttamente, in quanto non ha la possibilità di allontanarsi.
I bambini mettono in azione varie tipologie di difesa come l'agitazione o la violenza; alcuni chiu‐
dono il trauma dentro di sé, facendo credere di essere illesi, ma il trauma riapparirà più tardi, in
forma di turbe varie. Alcuni bambini sapranno proteggersi costruendosi un guscio o rifugiandosi
nella fantasia. Tuttavia, la maggior parte dei bambini, data la struttura della loro personalità, non
sono in grado di reagire in modo valido, ma al contrario, manifesteranno lo smarrimento affettivo
in modo patologico, tanto più intensamente quanto più i contrasti fra i genitori o i maltrattamenti
sono in prossimità di momenti chiave dello sviluppo (ad esempio triangolazione edipica).
A volte un bambino che ha visto la madre subire violenze psicologiche o violenze fisiche riterrà
che certe forme di violenza siano accettabili, e quindi lecite.
In qualche caso può anche accadere che il bambino si identifichi con la vittima; in tal caso, non
avvertirà più i limiti fra il tollerabile e l'intollerabile, sviluppando una tollerabilità alla violenza
considerandola un modo normale di risolvere i conflitti.
Durante la separazione, per il loro profondo desiderio di proteggere entrambi i genitori, i bambini
possono essere presi da un conflitto di lealtà e vivere male le battaglie legali scatenate dagli av‐
vocati delle due parti.
I figli possono anche risentire della violenza psichica, in quanto è come se fossero subite diretta‐
mente dallo stesso che ne risente e reagisce a sua volta con manifestazioni di violenza o con uno
stato di agitazione che altro non sono che forme di difesa del bambino che si sente responsabile
dello stato di tensione familiare con ripercussioni a livello emotivo46.
2. La violenza psicologica può esternarsi mediante la violenza sessuale?
La violenza sessuale nella coppia è la forma di violenza di cui le vittime fanno più fatica a parlare,
eppure si verifica in molti casi; è soprattutto un modo per dominare l'altro, non ha niente a che
vedere con il desiderio, è semplicemente un modo di dire all'altro: "Tu mi appartieni ed io faccio
di te ciò che voglio".
La violenza sessuale si manifesta attraverso due modi: l'umiliazione e/o il dominio: la vittima si
sente degradata e sminuita come essere umano; a volte l’aggressore obbliga il partner a praticare
attività sessuali pericolose o degradanti, costringendola a un rapporto sessuale non voluto, sia
suggestionandola (ma quanto sei bigotta!) sia con le minacce ed i ricatti.
Generalmente capita che fin dall'inizio della relazione si sia dimostrato "particolare" durante i
rapporti sessuali e la donna non sapeva come fare per venirne fuori perché si vergognava di par‐
lare di quello che le faceva: "come si fa a dire queste cose a qualcuno che non immagina nem‐
meno che esistano!".
Si possono imporre pratiche sessuali con la forza ed il ricatto a una donna che non lo desidera
per niente; in tal caso, la donna si troverà nella posizione di schiava sessuale; farà molta fatica a
essere creduta, nel caso che alla fine riesca a sfuggire al suo "padrone".
A volte la donna accetta rapporti sessuali che non desidera semplicemente perché il partner
smetta di tormentarla.
46
Il semplice fatto di essere esposto alla violenza provoca nel bambino alterazioni psichiche gravi. Essere testimone di violenze è altrettanto, se
non più dannoso che l'esservi esposto direttamente. I genitori hanno torto a minimizzare l'impatto della violenza, specie riguardo ai piccolissimi,
che non hanno la possibilità di allontanarsi. Per un bambino, essere testimone di violenze coniugali è lo stesso che essere maltrattato in prima
persona. La madre può fare in modo che non assista alle violenze, ma lui vedrà le tracce delle botte e lo sconforto nei suoi occhi. Una madre che
subisce violenza senza potersi difendere potrà avere la tentazione di usare il bambino come sfogo. Quando c'è violenza fra i genitori, il bambino
si sente sempre responsabile, e questo gli provoca una perdita di autostima, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 173.
29
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Non sempre è facile distinguere un rapporto sessuale consensuale da uno estorto. Quante donne
dicono: "Ho finito per cedere perché prima mi ha supplicata, poi ha fatto finta di niente, poi mi
ha minacciata!".
Malgrado le minacce di rappresaglie la donna alla fine si decide a sporgere denuncia alla polizia.
Quando il marito è violento, la donna non prova più tanto desiderio sessuale, ma lui la sollecita
talmente tanto, la ricatta a tal punto, che lei finisce per cedere, dicendosi "Se soddisfo il suo
desiderio, sarà più calmo; le cose andranno meglio".
Le donne, di fronte a una pressione di questo tipo non sanno quali limiti porre alle richieste ses‐
suali del partner (''all’inizio, lo facevo per fargli piacere, adesso lo faccio per stare tranquilla per‐
ché, in caso contrario, va a finire che diventa violento").
Anche la Corte di Cassazione sta prestando maggiore attenzione a tale fenomeno affermando
che può sussistere il delitto di violenza sessuale ove la vittima sia stata inizialmente consenziente
all’amplesso, in caso di sesso estremo.
Può infatti sussistere il delitto di violenza sessuale continuata alternata a rapporti ove la vittima
sia stata nella fase iniziale consenziente all’amplesso rilevando come “è ben possibile che, nello
svolgimento della patologia delle relazioni sentimentali tra uomo e donna, si verifichi la sussi‐
stenza di rapporti sessuali consensuali alternati a rapporti sessuali imposti e non può certo pre‐
sumersi il consenso anche in riferimento ai rapporti sessuali imposti con la violenza e minac‐
cia…per quanto attiene agli atti sessuali, il consenso deve permanere durante lo svolgimento
dell’attività sessuale, la quale si caratterizza nella sua liceità proprio per la presenza costante del
consenso, espresso e/o presunto tra le parti, o comunque per la non manifestazione del dissenso
agli specifici atti posti in essere da uno dei due partner…in relazione a certe pratiche estreme, per
escludere l’antigiuridicità della condotta lesiva, non basta il consenso del partner espresso nel
momento iniziale della condotta, per cui la scriminante non può essere invocata se l’avente diritto
manifesta, esplicitamente o mediante comportamenti univoci, di non essere più consenziente al
protrarsi dell’azione alla quale aveva inizialmente aderito, per un ripensamento od una non con‐
divisione sulle modalità di consumazione dell’amplesso.”47.
Sussiste in capo a ciascuno di rimeditare sul rapporto o accordarsi su di esso, ma a volte il mes‐
saggio femminile (comunque dell’altro partner) può essere frainteso, soprattutto in quelle situa‐
zioni c.d. “estreme”.
La revoca del consenso ha come base comune la possibilità che il consenso muti o cambi nella
contestualità dell’atto sessuale tale da ingenerare quel dubbio, oltre che quella autodetermina‐
zione, che permette all’agente di essere pienamente consapevole ed imputabile nel caso in cui
superi la soglia del permesso o del consentito.
Cioè è possibile per il partner limitare il rapporto sessuale fin qui e non oltre.
47
Cass. Pen., sez. III, 1.10.2012 n. 37916; Cass., Sez. 3, 24.2.2004, n. 25727, (dep. 9.6.2004), Guzzardi; Cass. Sez. 3, 11.12.2007, n. 4532 (dep.
29.1.2008), Bonavita.
31
CAPITOLO IV
CONDOTTE RIVELATRICI DELLA VIOLENZA PSICHICA
Sommario: 1. Quali sono le condotte rivelatrici della violenza psichica?
1. Quali sono le condotte rivelatrici della violenza psichica?
Verranno evidenziati alcuni aspetti della personalità patologica del malato mentale, individuate
sulla base dei racconti e dalla esperienza personale delle vittime, di cui viene mantenuto l’anoni‐
mato per esigenze di privacy, individuati in base ai comportamenti, accertati nella loro obiettività,
tenuti dall’aggressore psichico, caratterizzati da una sorprendente ripetitività nei racconti delle
vittime, e che possono fungere da cartina di tornasole per consentire al lettore l’individuazione
di tali personalità patologiche.
Naturalmente non è sufficiente ravvisare una o poche condotte, tra quelle evidenziate soprat‐
tutto se occasionali, al fine di individuare una violenza psichica, dovendosi porre l’attenzione sulla
ripetizione, a volte anche ossessiva, di tali condotte.
Trattasi di comportamenti rivelatori, sia che siano adottati in pubblico che in privato, distinti per
tipologia:
1.a. Violenza verbale
continue accuse;
ingiuria;
scherno;
ironia pesante;
urla contro il partner o contro i figli;
lancio di invettive;
critiche pesanti nei confronti del partner;
parole umilianti;
ripetizione delle stesse cose sino a quando il partner esausto cede purché la smetta;
tono di voce minaccioso;
parole convincente tanto da indurre il partner ti a sentirsi in colpa.
1.b Violenza sessuale
usa la forza, la violenza o la coercizione per ottenere sesso o pratiche sessuali specifiche
usa la sessualità per punire o umiliare il partner da gestire a suo piacimento;
non da mai un bacio, non fa mai una carezza, non dice qualcosa di carino perché ciò che
interessa è solo il sesso;
impone comportamenti sessuali che successivamente rinnega o dice di averli usati per
stimolare il partner.
1.c Violenza fisica che non lascia tracce visibili
torce le braccia, tira i capelli, stringe i polsi, dà colpi al ventre, cosciente di fare del male
ma di non lasciare tracce evidenti.
32
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
1.d Mancanza di rispetto
interrompe sempre quando parla l’altro;
non ascolta o non risponde;
cambia argomento;
parla urlando o con un tono di voce talmente basso da costringere il partner a tendere
l'orecchio o a chiedergli di ripetere;
rigira il senso delle parole;
maltratta quando è solo col partner, ma in compagnia non parla mai male;
parla male col partner dei suoi familiari e dei suoi amici;
proclama sempre di essere nel giusto (le sue affermazioni sono “la verità”);
pretende l’obbedienza su tutto;
prende da solo le grandi decisioni, ignorando il partner;
usa la sua “logica” e la impone.
1.e Tattiche di pressione
tiene il broncio e fa continui dispetti;
spinge il partner a prendere decisioni che non condivide colpevolizzandolo nel caso non
sia d’accordo;
utilizza l’intimidazione;
minaccia di negare il denaro;
manipola i figli;
decide su tutto anche riguardo ai figli, minacciando il partner se si intromette;
dice cosa si devi fare e se non si obbedisce ricatta e punisce;
dice che il partner non vale nulla e lo istiga al suicidio.
1.f Minimizzazione, denigrazione, biasimo
dice che la colpa è sempre dell’altro;
prende alla leggera il comportamento dell’altro;
dice che nella vostra coppia l’abuso non esiste e che è l’altro ad esagerare ogni cosa;
non prende mai sul serio il disagio che l’altro gli rappresenta.
1.g Controllo economico
rifiuta di dare i soldi per il menage quotidiano;
impedisce all’altro di lavorare o interferisce nel suo lavoro;
prende le chiavi della macchina dell’altro o comunque fa in modo che non possa usarla;
pretende di appropriarsi dei beni dell’altro mentre non vuole condividerli.
1.h Manipolazione della fiducia
dice molte bugie;
sottrae informazioni per poi utilizzarle contro l’altro;
inganna sempre;
è estremamente geloso;
dice che l’altro mente.
33
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
1.i Privazione emotiva
non dà sostegno e attenzione, neppure se l’altro sta male fisicamente o psicologicamente;
non esprime sentimenti;
non fa mai complimenti, anzi disprezza il fisico del partner, il suo modo di vestire (mentre
altri magari lo apprezzano);
non rispetta i sentimenti, i diritti, le opinioni.
1.l Infedeltà ai patti della relazione
non mantiene le promesse;
non rispetta gli accordi;
non si assume mai una giusta parte di responsabilità;
rifiuta ogni aiuto nelle faccende di casa e nella cura dei bambini;
rifiuta di accompagnare il partner ovunque;
rifiuta di aiutare il partner in un qualunque suo bisogno.
1.m Isolamento
impedisce o rende difficile vedere amiche/amici o parenti;
chiude stanze a chiave per impedire al partner di entrare;
affitta una casella postale alle Poste per non far vedere la sua corrispondenza;
dice dove può o non può andare il partner;
impedisce di uscire con i figli;
fa davanti a loro cose che imbarazzano il partner.
1.n Vessazioni
minaccia di parlare con l’assistente sociale o con i giudici e di far togliere i bambini alla
madre;
controlla il partner e gli crea imbarazzo in pubblico;
rifiuta di andarsene quando glielo si chiede.
1.o Intimidazioni
ostenta la sua forza fisica per intimidire il partner;
minaccia in vari modi il partner se non lo asseconda;
minaccia di sparare o comunque di uccidere il partner;
talvolta lancia oggetti anche pesanti verso il partner senza però colpirlo ma al solo scopo
di far paura;
si mette di fronte alla porta della stanza o di casa durante le discussioni per far capire al
partner che non puoi sfuggirgli;
in caso di discussione in auto, comincia a guidare pericolosamente. Talvolta guida perico‐
losamente anche se non si discute, ma solo per dimostrare chi decide della vita del part‐
ner e della sua.
1.p Distruzione
dà pugni sul muro e sbatte violentemente le porte;
lancia oggetti rompendoli;
34
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
distrugge gli oggetti del partner, ad esempio i soprammobili, o altri oggetti a cui sa che
tiene;
nasconde gli oggetti personali o li butta dopo averli distrutti e spesso dice di non saperne
nulla sulla loro sparizione.
Operando una sintesi desunta dai comportamenti sopra indicati, possono essere individuate le
macro‐aree tematiche in cui generalmente si estrinsecano le violenze psicologiche ad opera di
un aggressore psichico e possono consistere in:
1.1. violenze affettive: il malato non dimostra alcun affetto, alcuna comprensione; è gla‐
ciale anche se la vittima sta male fisicamente; neppure dinanzi alla morte prova pietà;
1.2. violenze con il silenzio e con i gesti: non parla quasi mai con la vittima e se questa gli
domanda qualcosa non risponde, fa finta di non sentire, anzi spesso alza il volume del
televisore se lo sta guardando o si allontana da lei, magari spegnendo la luce della
stanza dove si trova o chiudendo la porta a chiave se sta uscendo di casa, come se
l'altra persona non esistesse;
1.3. violenze con lo sguardo: spesso quando parla non guarda la vittima, ma rivolge al‐
trove lo sguardo; se ci sono estranei e si sente in pericolo lancia alla vittima sguardi
che solo lei può comprendere e che lasciano intendere "Con te poi facciamo i conti…";
1.4. violenze con le parole: spesso dice di non avere capito; quando parla da solo con la
vittima lo fa o con un filo di voce oppure urlando; ingiuria, maltratta, degrada, in‐
colpa, manipola, minaccia, istiga, dà della pazza alla vittima e la consiglia di andare a
farsi curare o di suicidarsi, le attribuisce false colpe, vuole imporre le proprie idee,
vuole comandare sempre, non accetta il dialogo e un pacifico confronto di opinioni;
chi non è con lui è contro di lui e quindi va combattuto in ogni modo; racconta spesso
bugie in modo magistrale e se scoperto nega sempre; ruba oggetti alla vittima e se
incolpato nega di essere stato lui; non parla mai per altruismo, ma lo fa sempre per
un suo tornaconto; qualunque cosa di male accade a lui, la colpa è sempre della vit‐
tima e non manca mai di attribuirgliela; è molto superstizioso e la vittima è la sua
iettatrice;
1.5. violenze domestiche: chiude a chiave le porte di quelle che considera le sue stanze
ed è alla continua ricerca di nuovi spazi da conquistare e delimitare; vuole avere an‐
che un possesso esclusivo di vari oggetti che dovrebbero invece essere in comune;
impone le sue decisioni su tutto;
1.6. violenze economiche: se la vittima dipende economicamente da lui, è lui a stabilire
le regole: pochi soldi e quando vuole lui; se la vittima osa lamentarsi o chiedere un
aumento la minaccia di non darle più nulla; conserva tutte le fatture e le ricevute
degli acquisti; se fa lui la spesa dei generi alimentari, strappa gli scontrini e li butta;
se, invece, è la vittima a fare la spesa, sottopone gli scontrini a controlli e critiche, poi
rimborsa sempre con molto ritardo e conserva conti e scontrini;
1.7. violenze nel sociale: è falso e ipocrita, ma maschera benissimo; per un estraneo è
difficile capire;
1.8. violenze in automobile: guida molto velocemente, mettendo in pericolo anche la vita
dell'altro, legge il giornale in autostrada e adotta comportamento gravemente impru‐
denti tanto da incutere timore nei passeggeri;
1.9. violenze verbali: attuate anche mediante ricatti;
1.10. violenze sessuali: durante il rapporto sessuale o l'altro lo asseconda e fa come vuole
lui, o lo ricatta in vari modi.
35
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Vi sono dinamiche stereotipate:
1.1.a rifiutare la comunicazione diretta: la comunicazione si riduce a sottintesi, osserva‐
zioni apparentemente anodine ma destabilizzanti; non si dà alcuna risposta alle do‐
mande;
1.1.b deformare il linguaggio: il messaggio è deliberatamente vago e impreciso. Mira a di‐
sorientare l'altro, facendolo al contempo sentire in colpa. Il tono implica rimproveri
inespressi, velate minacce;
1.1.c mentire: che può significare rispondere a vanvera o in modo indiretto, oppure, as‐
semblando sottintesi, creare un malinteso al fine di deresponsabilizzarsi e mettere
nei guai l'altro;
1.1.d sarcasmo, derisione, disprezzo: per creare un'atmosfera sgradevole e suscitare la dif‐
fidenza. Ostentare un cinismo destinato a travolgere l'altro un po’ alla volta, senza
che l'ostilità sia troppo evidente;
1.1.e destabilizzazione con messaggi paradossali: si tratta di instillare il dubbio su faccende
più o meno normali della vita quotidiana, di controllare i sentimenti e i comporta‐
menti dell’altro, nonché di fare in modo che finisca per essere d'accordo e per scre‐
ditarsi da solo;
1.1.f squalificare: significa negare a qualcuno qualsiasi qualità, dirgli e ripetergli che non
vale niente, finché non arriva a pensarlo48.
In sintesi i comportamenti significativi dell’aggressore psichico rilevati dalle stesse vittime, sono
i seguenti:
incapacità di amare e di provare pietà verso qualcuno;
mancanza di affetto e comprensione;
istigazione al suicidio;
cinismo;
introversione e alone di mistero (di lui non si sa mai nulla; ha sovente anche una casella
postale personale);
generalmente taciturno, mentre è molto loquace se deve difendere idee politiche, spor‐
tive, ecc.;
criticità su tutto: è difficile che parli bene di qualcuno o di qualcosa;
eloquio solitario talvolta ad alta voce, mentre sovente costringe gli altri a tendere l'orec‐
chio per ascoltarlo;
presunzione: vuole imporre la propria volontà e le proprie idee;
asocialità quando non lavora: non frequenta nessun amico;
bravura nel salvare le apparenze con gli estranei, avendo una doppia personalità;
opportunismo e sfruttamento: usa chi può essergli utile e poi non ha riconoscenza;
estremismo: passa facilmente da un eccesso all'altro;
superstizioso: spesso fa riti scaramantici;
diffidenza e sospetto verso tutti: attribuisce intenzioni infondate agli altri;
cattiveria e perfidia: non si impietosisce dinanzi a nulla, anzi sembra goderne;
irascibilità e litigiosità: si manifestano con un tono di voce irritato o con un silenzio ostile
o un'occhiata aggressiva;
48
Tali comportamenti sono segnalati da HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 99.
36
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
egoismo ed ingratitudine: riceve del bene e ricambia facendo del male;
avarizia con la moglie: se fa regali vistosi o concessioni è per dimostrare agli altri che la
tratta bene;
falsità: sa mentire bene e nega sempre la verità, anche se evidente;
furbizia e astuzia: calcola tutto minuziosamente e cerca di non commettere errori;
prepotenza e rispettosità: vuole avere ragione su tutto e guai a chi gli si oppone;
vendicativo anche con chi non lo merita perché non gli ha fatto nulla di male;
testardaggine: vuole sempre avere l'ultima parola;
credente ma a modo suo: talvolta bestemmia;
spericolatezza nella guida dell'auto;
esibizionista: deve essere sempre il migliore;
udito e spirito di osservazione molto accentuati;
eccellente memoria e ottima cultura generale.
Verranno anche riportate alcune frasi ricorrenti rivolte al partner da soggetto con personalità
schizoide‐paranoica o anche border‐line relative ai suoi sentimenti, alle sue ingratitudini, ai suoi
sospetti, alle sue accuse e alle sue bugie.
Profilo personale e sociale
"Baci, carezze…Sono solo smancerie!" La moglie afferma di non poter contare mai su di
lui: per una buona parola, un sorriso, un tenero sguardo, un incoraggiamento, un con‐
forto, un qualsiasi sostegno morale e materiale. Invece di camminarle accanto, durante
una passeggiata, lui va avanti e lei dietro. Fa sesso senza tenerezze; le lacrime non lo in‐
teneriscono;
"O fai così come ti dico io, oppure io non vengo con te dove siamo stati invitati…". Spesso
è una forma di ricatto (soprattutto sessuale) affinché, per salvare le apparenze con gli
estranei, poi lui andasse con la moglie a cerimonie, visite, ecc.; spesso la donna si abitua
ad andarci da sola per non cedere sempre ai suoi ricatti;
"Io chiudo a chiave, perché ho cose importanti…". Così si giustifica quando la moglie
chiede perché si comporti in quel modo. Il marito entra ed esce da casa molte volte sia di
giorno che di notte, e sempre apre e chiude, con chiavi di sicurezza, anche le porte interne
delle stanze di cui si è riservato l'uso esclusivo. Da tali stanze esce cattivo odore perché
non vengono pulite e perché sono stracolme di oggetti di vario genere e lui non apre quasi
mai gli infissi per il ricambio dell'aria, ne permette ad alcuno di entrare per fare pulizie;
"Io non ti ho preso proprio nulla. Tu t'inventi le cose e dai la colpa a me", così risponde
all’accusa della moglie di aver fatto sparire degli effetti personali della donna, non di suo
gradimento negando ogni responsabilità al riguardo;
"Sei pazza, drogata, devi andare a farti curare". Talvolta capita anche che la moglie ri‐
sponde che ha ragione e gli chiede di accompagnarla da uno psichiatra ed allora lui si tira
indietro. "Gli psichiatri sono tutti pazzi, li impiccherei uno per uno!";
"Tu e tua sorella (o fratello) volevate farmi internare per prendervi tutte le mie cose". "Io
vi denuncio tutti;
"Buttati dal balcone. Io al tuo posto mi butterei dal balcone";
37
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
"Non c'è bisogno che perdo tempo con te, non meriti una risposta" oppure "Pensaci bene
e vedrai che capirai che ho ragione io" oppure "Di cosa parli. Non capisco di cosa ti la‐
menti";
"Queste cose te le mettono in testa gli altri… non è cosa tua… Non li devi ascoltare…". Per
dire che la moglie non è capace di pensare e di decidere in modo autonomo;
" Tu farnetichi, ti inventi le cose, non sai neanche cosa dici. Quali prove hai? Lo vedi che
sei pazza!…";
"Io non ho mai bisticciato con te, sei tu che senza motivo hai sempre inveito contro di me!";
"Ma tu ti sei sposata con me o con tua madre…, con me o con tu sorella…, con me o con
la tua amica…E allora devi stare qui con me, questa è la tua casa.", non sopporta che la
moglie frequenti genitori, parenti, amici, mentre lui può andarci quando vuole;
"Non stare a sentire cosa ti dice mamma, perché lei è una cretina!", così parla della moglie
al figlio soprattutto quando è piccolo, mentre quando è adulto cerca di convincerlo che la
mamma non vale nulla, non sa far nulla;
"Da parte mia non ci sono pericoli!", così dice se la moglie ha un ritardo mestruale, visto
che dopo ogni rapporto alzava e controllava in sua presenza il profilattico, perché non
avesse perdite;
"Tu l'hai persa…" "Tu l'hai buttata…" "Tu l'hai rovinata…". Se perde o rovina qualcosa è
sempre colpa della moglie;
"Mi è successo perché tu mi guardavi…" o "… perché tu mi parlavi…" o "…perché tu mi
pensavi…" o "…perché tu sei una iettatrice…". Insomma, qualunque inconveniente capiti,
la colpa, seppur indirettamente, è sempre della moglie;
"Io ho detto queste cose?… Ma tu sei matta, tu farnetichi. Ti inventi le cose e dici che le ho
dette io! Io non ho mai detto niente di tutto questo!". Niente di più falso: le aveva dette,
eccome se le aveva dette!;
"Io corro con la macchina? Io non corro! Vado un po’ più veloce perché qui la strada me lo
permette". Se la moglie gli faceva notare che la lancetta segnava una velocità elevata,
decelerava gradualmente e le diceva "Hai visto male";
"Non c'è bisogno che mangi, tu!" Così può talvolta dire alla moglie, togliendo il piatto con
il cibo; a volte spegne il televisore dicendo: "Non c'è bisogno che si consumi per te!";
"Vai a prenderti l'autobus". Così risponde alla domanda della moglie di ottenere in pre‐
stito l’auto;
"Insomma si può sapere che vuoi? Qui se ti piace è così altrimenti te ne vai!" e se intuisce
che forse la moglie se ne sta per andare veramente le da “involontariamente" una forte
spinta spalla con spalla sul pianerottolo di casa, rischiando di farla ruzzolare giù per le
scale, negando poi l'accaduto, dicendo "Stavo andando a denunciarti per abbandono del
tetto coniugale", uscendo prima lui di casa e conoscendo abbastanza bene la giurispru‐
denza in merito!
" Sei bastarda, sei cattiva, sei stata tu a farmi ingessare il piede e mi hai rovinato…", nei
deliri ipocondriaci può accadere che lanci violentemente verso la moglie svariati oggetti,
ma senza la volontà di colpirla ma solo di intimorirla. Se avesse voluto colpirla in pieno lo
avrebbe fatto senza problemi perché ha la mira buona, tant'è vero che generalmente tali
soggetti sono bravi tiratori, partecipando anche a gare sportive di tiro con la pistola;
38
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
"Io ti ammazzo, io ti uccido,…" Così dice infuriato, facendo, in più di una occasione ma
sempre senza testimoni, il gesto di stringerle le mani attorno al collo; se la donna mostra
al marito i lividi commenta: "Ma che dici? Non sono stato io! Chissà dove hai sbattuto.
Dovresti farti una cura di vitamina C perché hai un po’ di fragilità capillare!";
"Perché tu per questa valigia mi hai rotto le scatole durante tutto il viaggio…", così ri‐
sponde alla domanda della moglie sul perché avesse distrutto a calci e pedate, saltandogli
sopra, una sua valigia rigida;
"Perché te ne devi andare da questa casa…" con questa frase giustifica la richiesta della
moglie di sapere perché avevo trovato a terra tutti i suoi vestiti che erano appesi dentro
l'armadio. Generalmente non c'è un motivo valido a causare un comportamento del ge‐
nere;
"Alzati e togli quel quadro dalla parete, perché quel viso brutto sembra che mi stia guar‐
dando";
"Questo dice cazzate! Questo non capisce niente…" dice ascoltando un presentatore in tv
se qualcosa non gli piace; a volte si alza dalla sedia come una furia, va nella libreria,
aprendo, sputandovi sopra e buttando per terra, ad uno ad uno, tutti i volumi, con rabbia
e disprezzo;
"Io a casa mia non voglio vedere spettacoli e se tu li fai venire lo stesso io li butto giù dalle
scale." riferendosi a viste di amici con problemi fisici;
"Perché mi sarei dovuto alzare? Non ne vedevo il motivo!". Così risponde allorché ha un
incidente, ad esempio battendo la fronte sul pavimento. Anche se è a poca distanza, non
si alza dalla sedia e non gira neanche la testa per guardarla, anche se fa il medico e non ci
fossero, in quel momento, altri familiari;
Mia madre non ha mai sofferto di depressione, aveva solo un po’ di ansia giustificata ogni
tanto. Sono cose false che ti inventi tu! ", così dice per depistare gli psichiatri sulle gravi
patologie riguardanti i suoi familiari;
"Portalo/a in ospedale" o "Chiama uno specialista", così risponde, anche in orario di la‐
voro, se la moglie gli riferisce che qualche suo parente sta male e avrebbe bisogno (se
medico) di una sua visita medica;
"Chi ti ha chiesto mai di assistere mia zia, mia madre,… quando erano in ospedale? Lo hai
fatto, perché lo hai voluto tu, ma io non ti ho mai chiesto nulla!", nei momenti del bisogno
lui ha sempre chiesto aiuto alla moglie;
"Perché che hai tu? Non hai nulla! La tua è tutta pazzia. Sei sempre stata pazza…" così
risponde alla moglie quando le dice che sta male per la febbre alta; non passa mai dalla
stanza dove la moglie si trova per chiederle notizie della sua salute e se ha bisogno di
qualcosa;
"Che fai, esci sola con il bambino? No! Aspetta che vengo con te". Non ha mai permesso
alla moglie di uscire sola con il figlio e quando lei ha provato a farlo durante il suo orario
di lavoro;
"La carrozzella portala tu che io porto il bambino in braccio". La moglie spinge sempre la
carrozzella o il passeggino vuoti, perché lui decide sempre di tenere il bambino in braccio;
"Il latte in polvere al bambino lo preparo io, perché tu non sei precisa con le dosi, mentre
io si. Io passo la lama del coltello sul bordo del misurino". "Conserva la cacchetta del bam‐
bino perché la dobbiamo controllare" (anche se il bambino sta bene). "Io so quante maglie
39
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
vanno messe addosso al bambino perché io, e non tu, vedo con quante maglie me li por‐
tano in ambulatorio (se fa il medico di base)". "Quando il bambino piange deve stare solo
con me, perché io riesco a calmarlo, quindi fuori tutti dalla stanza e lasciateci soli";
"Tu sei una mamma snaturata, perché non hai voluto allattare il bambino"; a volte la
donna non può allattare il figlio perché assume ansiolitici che passano nel latte materno;
"Il bambino non lo devi sgridare, non lo devi toccare, non deve fare quello che dici tu,
perché tu non capisci niente…";
"Il bambino non può andare da nessuna parte senza di me, neppure da tua sorella e da
tua madre…";
"Io a quella gita scolastica non ci vengo, perché non voglio venirci. Al massimo possiamo
seguire il pullman con la mia macchina". Se la moglie e soprattutto il bambino riescono,
invece, a convincerlo ad andare in pullman assieme a tutti gli altri bambini e genitori, per
una gita di un giorno mette i tappi nelle orecchie!;
"I dentisti non li curano i denti, li rovinano! Andate dai dentisti e vedete che li perdete tutti!
Vi infettano anche brutte malattie", così convince il figlio, ormai maggiorenne, a non cu‐
rarsi la carie.
Profilo economico e finanziario
"Non sono cose che ti riguardano…". La moglie non sa e non ha mai saputo quanto perce‐
pisce di stipendio, non è a conoscenza di dove tiene i suoi risparmi, né di come li gestisce;
anche se la moglie gli dice di avere grosse difficoltà economiche, di essere rimasta con
pochi soldi, non si offre di aiutarla;
"Prova a metterti contro di me e vedrai che non ti basteranno i soldi neppure per la carta
bollata!", così dice quando sospetta un possibile allontanamento della moglie;
"Che fai con tutti i soldi che ti do, te li metti in Banca?". "Io non solo non posso darti più di
quanto ti do, che già è molto, ma se continui a parlare, da ora in poi non ti darò più nulla!"
concedendo alla moglie che non lavora una misera paghetta mensile di poche centinaia di
euro, comunque irrisoria se rapportata al suo stipendio o reddito, e con la quale la donna
doveva provvedere a tutte le spese personali e per la casa;
"Ti pago le spese del dentista, quindi non è vero che non ti regalo nulla. Ti porto anche nei
viaggi! Che vuoi di più?";
"Non c'era bisogno che tu comprassi la mortadella e i pistacchi, per questo mi fai spendere
un sacco di soldi…" "I panni li devi lavare solo con il sapone a pezzi, non con tutti questi
prodotti che servono solo a farmi spendere soldi";
"Tu spendi troppo ogni mese. Come hai fatto ad arrivare a questa cifra?" "Ora non posso
darti niente, neppure un soldo. Sono indebitato con la Banca. Quando mi pagheranno se
ne parla";
"Quanta benzina che consumi… Per fare rifornimento da ora in poi vado io";
"Io per il cane spendo pochissimo, mi costi molto più tu del cane!";
"Io per me non spendo nulla, tutto per voi io spendo!";
"Le collaboratrici domestiche vanno regolarmente denunciate, altrimenti si commette un
reato, e se si fanno male sono guai, ecc. Io non voglio nessuno in casa anche per questo.
Non voglio fare le cose fuori legge!"; la moglie è trattata in modo deteriore rispetto a una
40
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
cameriera, perché costei percepisce paga e contributi, viene difesa dai Sindacati ed ha la
libertà di andarsene, mentre la moglie non percepirà mai una pensione e se decide di al‐
lontanarsi rischia la vita;
"E' per il tuo bene che te lo dico. E' meglio che ci sposiamo con la separazione dei beni,
così io posso assumerti come mia segretaria e con i contributi che ti verso e che posso
scaricare dalle tasse, un domani potrai prendere la pensione. Basta un minimo di anni di
contributi…", trattasi generalmente di un consenso estorto con l'inganno, perché dopo un
breve periodo di tempo licenzia la moglie, dicendo che non gli conviene più versare i con‐
tributi;
"Siete sicuri di avere scritto che abbiamo scelto il regime di separazione dei beni?". Così
dice al prete sull'altare appena terminata la cerimonia religiosa del matrimonio, invece di
pensare a baciare la sua sposa e gli altri parenti ed amici;
"Non c'è bisogno che tu studi per poi cercarti un lavoro, difficile da trovare e chissà dove.
Ci penso io a te a al bambino…Non ho problemi economici…". Così dice dopo la nascita del
figlio, se la donna si alza di notte per studiare e per non sottrarre di giorno il tempo a lui e
al bambino;
"Tu non puoi pretendere nulla, perché quando ci siamo sposati hai accettato di vivere in
questo appartamento, perciò quando l'ho ampliato aggiungendone un altro, per te questa
nuova porzione di casa è un di più non previsto allora e quindi non hai il diritto di utilizzarla.
Se te lo permetto, è un favore che ti faccio!", lungi da lui l'idea della condivisione e pro‐
grammazione nella vita di coppia;
"Morti di fame eravate ed io vi ho aiutato, te e la tua famiglia", trattasi di affermazione
falsa o esagerata;
"Il corredo che hai portato tu non è di buona qualità!", così commenta seriamente alla
vista di un lenzuolo che si è lacerato per usura dopo molti anni di ripetuti lavaggi;
"Ho perso, forse a mare, la catenina con il crocifisso che mi hai regalato tu da fidanzati,
ma non ha importanza non valeva molto. Pesava molto meno del girocollo che io ho rega‐
lato a te!", a volte pesa i regali in oro ricevuti, per confrontarli col peso di quelli fatti.
Collaborazioni domestiche
"Che fai tu? Niente fai!" "Quando mai io ti ho chiesto di fare qualcosa?" "Di che ti lamenti?
In questa casa faccio tutto io";
"Non c'è bisogno di chiamare operai perché faccio tutto io";
"Questa è casa mia, quindi decido io".
41
CAPITOLO V
PRESA DI COSCIENZA DELLA VITTIMA
Sommario: 1. Quali sono i comportamenti che portano lentamente alla presa di coscienza della vittima?
‐ 2. Possono essere individuate le cause della violenza psichica endofamiliare? ‐ 3. Quali sono nelle
vittime gli effetti della violenza psichica?
1. Quali sono i comportamenti che portano lentamente alla presa di coscienza della vittima?
La mancanza di reciprocità nella violenza fisica o verbale, diversamente da quanto solitamente
avviene in un normale bisticcio di coppia, caratterizza il perverso che cerca il dominio sull’altro
che non cerca alcun equivalente e che si ritrova, spesso senza difesa, nella morsa dell’aggres‐
sore49.
Attraverso il rifiuto della comunicazione diretta il perverso attua il proprio piano destabilizzante
servendosi di comportamenti o azioni che tuttavia incidono in maniera negativa sulla vita del
partner che, all’inizio, non capisce il perché di tali atteggiamenti; in tali casi è inutile cercare spie‐
gazioni o tentare di dialogare in quanto il perverso godrà di tale stato e si avvantaggerà delle
notizie apprese dal partner per continuare nella propria azione50.
Utilizza gli strumenti della derisione, del disprezzo, del sarcasmo per destabilizzare il partner,
cercando di ridicolizzare la donna sminuendone la dignità e cercando di metterla in ridicolo; an‐
che il dibattito su varie questioni è una tattica utilizzata dal perverso che si concentra in modo da
mettere in difficoltà la donna anche sostenendo orientamenti completamente diversi da un
giorno all’altro e per influire in modo nefasto sulla sua psiche51.
Nel delirio interpretativo il paranoico individua in ciascuna persona dei difetti ancorandoli a si‐
tuazioni che non hanno tale rilievo ma che, opportunamente mascherate e manipolate, possono
anche assumere tale valenza, inducendo in errore l’interlocutore che pian piano viene sotto‐
messo e soggiogato52.
I comportamenti tipici degli psicopatici tra cui i paranoici sono i più pericolosi per la manifesta‐
zione delle caratteristiche della malattia, come desumibile dalle testimonianze delle vittime di
tale violenza.
49
Nel rapporto con il perverso non c'è simmetria, ma dominio dell'uno sull'altro e la persona sottomessa non ha la possibilità di reagire e di
fermare lo scontro. E' per questa ragione che si tratta effettivamente di un'aggressione. Il condizionamento realizzato in via preliminare ha tolto
il potere di dire di no. Non è possibile negoziare, tutto viene imposto. La vittima è trascinata in questa situazione perversa suo malgrado, HIRIGOYEN,
Molestie morali, cit., p. 147.
50
Il rifiuto alla comunicazione diretta è l'arma perfetta dei perversi. Il partner si trova costretto a fare le domande e a dare le risposte e, avanzando
allo scoperto, commette ovviamente errori che vengono rilevati dall'aggressore allo scopo di sottolineare l'incapacità della vittima. HIRIGOYEN,
Molestie morali, cit., p. 7.
51
La derisione consiste nel farsi beffe di tutto e di tutti. L'aggressione si compie facendo poco rumore, con allusioni, senza che sia possibile dire
in quale momento è cominciata e se ci sia veramente. Chi attacca non si compromette, spesso anzi ribalta la situazione additando le intenzioni
aggressive della sua vittima: "Se pensi che io ti aggredisca, è perché sei aggressivo tu!". Il perverso narcisista ama la controversia. E' capace di
sostenere un giorno un punto di vista e di difendere le idee opposte il giorno dopo, giusto perché la discussione si ravvivi o nell'intento deliberato
di scioccare. Se il partner non reagisce abbastanza, è sufficiente esagerare un po’ con la provocazione. La vittima riconosce l'aggressività del
messaggio solo quando è diventato un'abitudine, per destabilizzare l'altro basta farsi beffe delle sue convinzioni, delle sue scelte politiche, dei
suoi gusti; non rivolgergli la parola; ridicolizzarlo in pubblico; denigrarlo davanti agli altri; privarlo di ogni possibilità di esprimersi; beffarsi dei suoi
punti deboli; fare allusioni scortesi, senza mai esplicitarle; mettere in dubbio le sue capacità di giudizio e di decisione. HIRIGOYEN, Molestie morali,
cit., p. 103.
52
Tale situazione viene definita delirio interpretativo paranoide. Un paranoico deve trovare a tutti un lato negativo, anche se i motivi di denigra‐
zione sono del tutto aleatori, talvolta legati a una possibilità offertagli dall'interlocutore ma, per la maggior parte, a circostanze esterne casuali.
Si instaura un processo di dominazione: la vittima si sottomette, è soggiogata, controllata, travisata. Se si ribella, se ne sottolineerà l'aggressività
e la cattiveria. Deve agire come vuole il perverso, deve pensare secondo le sue regole. Non è possibile più alcuno spirito critico. In un perverso il
dominio è subdolo e negato. La violenza perversa si mette in atto in modo ingannevole, talvolta sotto una maschera di dolcezza o di benevolenza.
Il partner non ne ha coscienza, a volte può conservare addirittura l'illusione di condurre il gioco. Non c'è mai conflitto aperto, HIRIGOYEN, Molestie
morali, cit., p. 120.
42
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
È difficile accettare di subire violenza dal proprio compagno e per tale motivo la vittima diventa
insicura, irritabile, aggressiva e persino violenta.
Sovente la vittima attribuisce la colpa dell’ansia che prova non al maltrattatore, ma alla propria
sensibilità o eccessiva suscettibilità ed il maltrattatore alimenta questo dubbio scrollandosi di
dosso le proprie responsabilità e accusando la vittima di essere pazza, isterica, depressa o para‐
noica.
Rendersi conto di essere vittime di una situazione di maltrattamento psicologico, probabilmente
da parte di una persona che si stima, comporta un enorme carico di ansia che non è facile meta‐
bolizzare.
La vittima non si accorge della violenza subita, in quanto sviluppa meccanismi psicologici per non
vedere la realtà, quando questa risulta troppo sgradevole.
Anche quando trova la forza di separarsi la donna viene messa in difficoltà dall’uomo che, pur di
non perdere il potere sulla donna, farà di tutto per renderle la vita difficile, anche con cavilli bu‐
rocratici che altro scopo non hanno che continuare ad esercitare il dominio sulla donna.
Il divorzio da un perverso narcisista, chiunque prenda l'iniziativa della separazione, è quasi sem‐
pre violento e cavilloso. I perversi mantengono il legame tramite lettere raccomandate, avvocati,
il ricorso anche pretestuoso alla giustizia con denunce per lo più false ma che hanno quale effetto
di mantenere desta l’attenzione sulla sua persona.
Le vittime sono, invece, raramente capaci di “usare” o ricorrere all’Autorità giudiziaria, mentre
l'aggressore, soprattutto se ha una struttura mentale vicina a quella paranoica, riuscirà a porre
in essere tramite legali le procedure necessarie.
Se gli avvocati si avvedono, tuttavia, degli escamotage e della reale situazione, soprattutto se
dotati di deontologia professionale, dismettono il mandato.
Non di rado il perverso, dopo avere spinto il suo partner a sbagliare, se ne serve per ottenere il
divorzio a proprio vantaggio, chiedendo anche l’addebito.
In tal caso è importante per la vittima affidarsi a legali esperti non solo nel diritto di famiglia, ma
anche delle tematiche connesse alla violenza psichica.
Nella realtà, nel timore di venire manipolati anche loro e non sapendo chi manipola chi, i giudici
sono prudenti, consentendo, involontariamente, alle situazioni di violenza perversa di conti‐
nuare53.
Invece sarebbe opportuno richiedere da parte dei legali e disporre da parte del giudice consu‐
lenza tecnica per accertare, nei limiti del possibile, la reale situazione dei coniugi.
A fronte del rifiuto dell’aggressore (tramite il proprio legale) alla Consulenza tecnica, può anche
utilizzarsi l’espediente, nel caso di figli minori, di richiesta di perdita della potestà, ove si ritenga
tale situazione dannosa per i figli.
Gli aggressori, come già rilevato, adottano tutti i mezzi per ottenere il dominio sul partner insi‐
nuando nell’altro il dubbio e non esitando a ricorrere alle bugie e ai sottintesi; sono individui per
lo più precisi, attenti e pedanti ed è molto difficile riuscire a prevalere sugli stessi in qualsiasi
campo ci si cimenti perché sono anche freddi e calcolatori, oltre che persone dotate, in genere,
di una spiccata intelligenza.
La menzogna è uno degli espedienti utilizzati dal perverso e può assumere connotazioni diffe‐
renti: dalla falsità ai sottintesi fino all’uso di dettagli apparentemente privi di significato che
hanno quale risultato la destabilizzazione della vittima soprattutto se attuati sistematicamente54.
53
HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 7.
54
Più che una menzogna diretta il perverso utilizza un insieme di sottintesi, di non detti, volti a costruire un malinteso da sfruttare poi a proprio
vantaggio. Dire senza dire è un modo ingegnoso per far fronte a qualunque situazione. Un altro tipo di menzogna indiretta consiste nel rispondere
in modo impreciso o marginale, o con un attacco diversivo. A una donna che esprimeva dubbi sulla sua fedeltà, il marito ha detto: "Per dire una
cosa del genere bisogna che tu abbia qualcosa da rimproverarti". La menzogna può anche attaccarsi ai dettagli: alla moglie che gli rimproverava
43
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Il messaggio paradossale è un altro metodo usato dai perversi e ingenerando dubbi sulla sua
reale portata e il significato attribuitogli dalla vittima sarà qualificato come sbagliato, creando
nella stesa dubbi e incertezza; il perverso adopera un’arte sottile nel diffondere tali messaggi
utilizzando un linguaggio e un tono di voce che appaiono in contrasto tra loro per il contenuto
apparente delle stesse frasi55.
Insieme alle altre tecniche evidenziate screditare una persona può raggiungere l’effetto che il
perverso si prefigge di sminuire la personalità della vittima e tutta la sua cerchia degli affetti e
amicizie con un’azione che tende a dequalificare la persona presa di mira che perde sicurezza e
stima di se agevolando l’attuazione delle finalità dell’aggressore nell’annientamento della vit‐
tima56.
Le intimidazioni nelle violenze psicologiche da parte dell'aggressore psicologico consistono nello
sbattere le porte, rompere oggetti o lanciarli addirittura verso la propria vittima, senza l'inten‐
zione di colpirla, per manifestare il proprio cattivo umore.
Quando una persona si sfoga sugli oggetti, il partner può interpretarlo come una forma di vio‐
lenza repressa. Ciò nonostante, si tratta né più né meno che di violenza indiretta.
Il messaggio da trasmettere all'altro è "Guarda la mia forza! Guarda che posso farti!".
Una costante nelle violenze psicologiche di coppia è la minaccia, ad esempio di portarsi via i bam‐
bini, di tagliare i fondi, di prenderla a botte, di ucciderla, di suicidarsi, quest’ultima costituisce
una violenza di estrema gravità, perché porta il partner ad addossarsi la responsabilità della vio‐
lenza: "E' colpa mia, non ho saputo aiutarlo!".
Può anche insinuare che ci saranno conseguenze sulla cerchia dei conoscenti, se la vittima non si
comporterà come lui vuole.
Tutte le minacce non connotate da particolare gravità, se considerate separatamente possono
rientrare nel quadro di una classica scenata di coppia; a costituire la vera violenza psicologica
sono invece la loro ripetizione e il loro protrarsi nel tempo, oltre all'asimmetria negli scambi.
Ovviamente ha la sua importanza la gravità di ciò che si pronuncia nel minacciare la vittima.
La minaccia è ancora più evidente quando l'aggressore psicologico giocherella ostentatamente,
ad esempio, con un coltello o con un'arma da fuoco o guida in modo pericoloso.
Lo scopo di questi comportamenti è fare paura alla propria vittima, ad esempio, guidando sempre
più veloce, rasentando i fossi, con brusche sterzate, finché lei non lo supplica e gli dice che farà
tutto quello che vuole.
Al contrario di quanto accade in una lite coniugale, dove esiste un limite a quello che si può dire,
in questo tipo di relazione basato sulla violenza psicologica, il violento mira alle emozioni del
di essere andato otto giorni in compagnia di una ragazza, il marito risponde: "Sei tu la bugiarda, innanzitutto non erano otto giorni ma nove, e
poi non si trattava di una ragazza ma di una donna!" Qualunque cosa si dica, i perversi trovano sempre un modo per avere ragione, tanto più che
la vittima è già destabilizzata e non prova, a differenza del suo aggressore, alcun piacere a polemizzare. Verità o bugia, ai perversi importa poco:
è vero quello che dicono in quel dato istante. Queste falsificazioni della verità sono a volte molto vicine a una costruzione delirante, HIRIGOYEN,
Molestie morali, cit., p. 108.
55
Un tipo di messaggio paradossale consiste nel seminare il dubbio su fatti più o meno insignificanti della vita quotidiana. Il partner finisce per
vacillare e non sa più chi ha torto e chi ha ragione. Si dice qualcosa che immediatamente si nega, ma la traccia resta, sotto forma di dubbio: "Ha
voluto dire questo o sono io che interpreto tutto male?". Se la vittima cerca di parlare dei suoi dubbi, viene trattata da paranoica che interpreta
tutto per il verso sbagliato. Il paradosso nasce, il più delle volte, dal divario tra le parole dette e il tono con cui le si pronuncia. Questa sfasatura
induce i testimoni a fraintendere completamente la portata del dialogo. Non è facile riconoscere i messaggi paradossali. Anche nei casi di conflitto
apparentemente aperto, non si menziona mai l'argomento della discordia, perché la vittima non sa in che situazione si trova. Come parlare di
impressioni vaghe, di intuizioni, di sensazioni? Nulla è mai concreto. La comunicazione perversa è spesso costituita da messaggi sottili che non
vengono immediatamente percepiti come aggressivi o distruttivi, perché altri messaggi, emessi simultaneamente, intervengono a confonderli.
Molto spesso li si potrà decodificare solo dopo che il destinatario sarà uscito dal condizionamento, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 113.
56
Consiste nel togliere a qualcuno ogni qualità, nel dirgli e ripetergli che non vale niente, fino a indurlo a pensare che sia davvero così. Come
abbiamo visto, ciò accade dapprima in modo latente, sul piano della comunicazione non verbale: sguardi di disprezzo, sospiri esagerati, sottintesi,
allusioni destabilizzanti o malevoli, osservazioni scortesi, critiche indirette dissimulate in una battuta, pettegolezzi. La squalificazione attraverso
l'uso del paradosso, della menzogna e di altri procedimenti si estende dal bersaglio designato al suo ambiente, a famiglia, amici e conoscenti:
"Conosce solo fessi". Tutte queste strategie sono destinate a fare cadere in basso l'interlocutore per mettersi meglio in risalto, HIRIGOYEN, Molestie
morali, cit., p. 117.
44
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
partner o più esattamente, alle sue fragilità emotive. Quando si vive in coppia si sanno le debo‐
lezze dell'altro, e quindi si può colpire con precisione, proprio lì dove fa male. Si può approfittare
di una confidenza, di una confessione, per poi distruggere meglio l'altro anche mediante le mi‐
nacce.
2. Possono essere individuate le cause della violenza psichica endofamiliare?
Caratterizza il comportamento di un perverso la assoluta mancanza di sentimenti di senso di
colpa per la violenza nei confronti della donna che cercherà di trovare una giustificazione al com‐
portamento dell’uomo, non potendo pensare la vittima che trattasi di una violenza immotivata;
invece l’atteggiamento del perverso è indipendente dal comportamento della vittima e trova la
propria ragione nella patologia da cui è affetto l’uomo ma che è generalmente sconosciuta alla
donna che proverà sensi di colpa per non avere individuato la ragione della violenza dell’uomo.57
Le vittime, nella prima fase, non sono in grado di rendersi conto della violenza, soprattutto se
ancora non si è manifestata appieno ed appaiono confuse e inebetite dalla situazione che le sta
fagocitando58.
La vittima, durante la fase del condizionamento, avverte difficoltà nella comunicazione, ma tende
a sottovalutarle credendo di poter far fronte alla situazione anche successivamente, accettando
una situazione che va sempre più deteriorandosi59; tale generosità sarà pagata a caro prezzo in
quanto la donna resterà sempre più invischiata nella tela che il malato le tesse intorno fino a
paralizzarla60.
L’uomo giustifica, solitamente, la violenza attribuendo la responsabilità alla moglie accusata di
vere o presunte colpe che starebbero alla base della violenza, mentre la donna è più portata a
trovare la causa delle violenze dentro di se e non all’esterno61.
57
Le vittime e gli eventuali testimoni non riescono a credere a quello che accade sotto i loro occhi perché, se non si è a propria volta perversi, non
si può immaginare una violenza del genere, senza traccia di compassione. Si tende ad attribuire all'aggressore sentimenti (senso di colpa, tristezza,
rimorsi) di cui è del tutto privo. Non potendo capire, la vittima si ritrova, sbalordita, a negare che esista ciò che non è in grado di vedere. Non è
possibile che sia successo, non può essere. Di fronte a questo rifiuto violento, avvertito ma negato a parole, le vittime cercano invano di capire e
di darsi spiegazioni. Cercano le ragioni per ciò che succede e, poiché non le trovano, perdono sicurezza, diventano irritabili o sempre aggressive
e chiedono in continuazione: "Che cosa ho fatto per essere trattata così? Ci sarà pure una ragione". Cercano spiegazioni logiche, mentre il pro‐
cesso è autonomo, non ha più nulla a che vedere con loro. Dicono spesso al loro aggressore: "Dimmi che cosa mi rimproveri, dimmi che cosa devo
fare perché il nostro rapporto migliori", e questo risponde invariabilmente: "Non c'è niente da dire, è così. Comunque, tu non capisci niente!".
Spesso quanti sono vicini alla vittima rafforzano questo senso di colpa: confusi anch'essi, sanno raramente essere d'aiuto senza giudicare e fanno
commenti o danno interpretazioni selvagge: "Dovresti essere meno così o più cosà!… Non pensi di soffiare sul fuoco? Se è così, è perché l'hai
preso per il verso sbagliato…". I perversi fanno in modo che agli occhi degli osservatori esterni, la colpa sia della vittima, HIRIGOYEN, Molestie
morali, cit., p. 165.
58
Quando il condizionamento è in atto, le vittime sono confuse; non osano o non sono in grado di lamentarsi. Sono come anestetizzate, si lamen‐
tano di avere la testa vuota e difficoltà a riflettere. Anche se qualche volta hanno la sensazione di subire un'ingiustizia, sono confuse al punto da
non potere reagire in alcun modo. Infatti, di fronte a un perverso narcisista, se non si è nello stesso registro non è possibile avere l'ultima parola.
L'unica via d'uscita consiste nel sottomettersi. La confusione genere stress. Quando il loro aggressore viene smascherato, le vittime dicono di
sentirsi sollevate, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 164.
59
Le vittime si sentono vuote, stanche, prive di energia. Niente le interessa più. Non riescono più a pensare o a concentrarsi, nemmeno su attività
molto banali. Può darsi che sopravvengano, allora idee suicide. Il rischio è massimo nel momento in cui prendono coscienza di essere state
ingannate e che niente consentirà loro di essere riconosciute dalla parte della ragione. In caso di suicidio o di tentativo di suicidio, i perversi
vedono confermata la loro convinzione che l'altro fosse debole, disturbato, pazzo e che le aggressioni cui lo si sottoponeva fossero giustificate,
HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 172.
60
Durante la fase di condizionamento, la vittima del perverso narcisista, avverte che non si può trattare con l'altro, il quale non cederà, e preferisce
dei compromessi piuttosto che correre il rischio della separazione. Le vittime dei perversi narcisisti, in un illusorio impulso altruista, si rassegnano
a sottostare agli abusi del partner. Pur lamentandosi dei suoi comportamenti negativi, devono continuare a idealizzarne altri aspetti (è molto
intelligente, un bravissimo genitore…), HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 163.
61
Al contrario di quanto pretenderebbe l'uomo, non è affatto uno specifico comportamento della compagna a provocare la sua esplosione: è
l'uomo a servirsi di tale pretesto per giustificare la sua ira, i suoi insulti, i suoi gesti aggressivi. Tutti i racconti delle vittime descrivono uomini che
diventano irritabili senza motivo apparente. La tensione aumenta d'intensità fino alla violenza verbale e poi fisica. Le cause esterne addotte come
giustificazione sono assai stereotipate. Può essere lo stress (è nervoso a causa di preoccupazioni finanziarie) o una provocazione della moglie (che
ha suscitato la collera) e, in tal caso, l'aggressione si assimila a una punizione. Un'altra scusa, infine, spesso accampata dagli uomini, ma anche
dai testimoni esterni, è l'alcol. Tutti questi uomini che giustificano il proprio comportamento con una perdita del controllo sono però capaci di
tenerlo a bada in società o sul luogo di lavoro. La maggior parte di loro si mostra difficile in coppia, mentre non presenta né particolari difficoltà
nella vita sociale né alcun evidente problema psichiatrico. Debbono riuscire a mantenersi onnipotenti, se necessario anche con la manipolazione
45
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Le vittime di violenza coniugale statisticamente tenterebbero il suicidio dalle cinque alle otto
volte in più rispetto alla popolazione generale. Esse presentano uno stato di stress post‐trauma‐
tico, frequentemente associato a turbe ansiose e depressive.
Nella coppia spesso le vittime di violenze psicologiche sono destinate a rimanere incomprese e
vittime per sempre, mentre i loro aggressori psicologici rimangono impuniti e non è rari che ad‐
dirittura si atteggino a vittime.
Diverse possono essere le cause, alcune semplicemente caratteriali, che sfociano in litigi in cui
però non vi è una situazione di sudditanza della donna e che possono considerarsi espressioni
anche fisiologiche e normali del rapporto di coppia, altre più subdole, soprattutto di violenza
psichica che possono portare al plagio della vittima; tale ultima situazione è particolarmente pe‐
ricolosa perché la donna non si rende conto di quanto le sta succedendo e si ritrova in una situa‐
zione di annullamento e umiliazione da cui non riesce a uscire non potendo contare su alcun
aiuto esterno a causa dello stesso comportamento del partner che farà di tutto per nascondere
tale situazione all’esterno, lasciando la donna dominata in uno stato di isolamento che può por‐
tarla alla autodistruzione62.
A seguito delle manipolazione che vengono attuate nei suoi confronti, difficilmente la donna,
lascia il partner violento; in qualche caso, anzi, di verifica il fenomeno della sindrome di Stoccolma
che crea un legame patologico tra vittima e aggressore63.
Finché le donne non prenderanno coscienza della malattia del partner continueranno in questo
loro atteggiamento che tende, in termini eziologici di imputazione di responsabilità, a far ricadere
su loro stesse le violenze subite64. Le donne, infatti, sono portate a colpevolizzarsi per la violenza
del partner cercando di individuare in loro comportamenti o atteggiamenti le cause della violenza
che, invece, vanno ricercate nella particolare patologia da cui è affetto il partner65.
e la menzogna. Dal momento che non vogliono sentirsi responsabili, dev'essere per forza per colpa di qualcun altro; si tolgono d'impaccio rivol‐
tando il problema e atteggiandosi a vittime. In mancanza di scuse esterne credibili, come abbiamo visto, sanno impietosire gli altri raccontando
della loro infanzia infelice. Questa deresponsabilizzazione è male accettata dalle donne, perché negare la loro sofferenza costituisce un'aggres‐
sione supplementare, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 123.
62
Su tale tematica: CHINDEMI ‐ CARDILE, Violenza psichica endo‐familiare, plagio della vittima e rimedi terapeutici, Altalex, 15.01.2009.
63
Tale fenomeno è stato descritto a proposito di ostaggi che hanno preso le difese del loro aggressore. Si viene così a creare un legame parados‐
sale fra certe vittime e i loro carnefici o fra un ostaggio e i suoi rapitori. Quando una persona si trova in una situazione in cui la sua vita è in
pericolo e non ha alcuna difesa di fronte all'individuo che ha potere di vita o di morte su di lei, finisce per identificarsi con lui. In questo caso, la
vittima si mette in un certo senso a vedere il mondo con gli occhi del suo aggressore, allo scopo di dominare il pericolo. Per una donna che vive
per anni con un compagno violento e ha rapporti intimi con lui, si può facilmente immaginare come la situazione sia più grave. Tale sindrome non
costituisce in nessun caso una patologia, ma è un'efficace protezione per le vittime perché impedisce loro una reazione violenta, che le mette‐
rebbe in pericolo, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 99.
64
In tutti i casi di violenza coniugale si verifica un'inversione della colpa. Le donne pensano che, se il loro partner è violento, è perché non sono
state capaci di renderlo felice, o non ci hanno saputo fare, o hanno avuto un comportamento inadeguato. La donna porta su di sé la colpevolezza
che il partner non prova. E' lei che viene resa responsabile delle difficoltà di coppia. Di fatto, la colpa si inverte perché la vittima non riesce a
esprimere quello che subisce e a rimproverarlo all'uomo. Gli errori non dichiarati sono "portati" dalle vittime, in attesa di essere riconosciuti dai
loro autori. Si tratta di una duplice ferita, da cui le vittime non sono protette. La colpa maschera quindi l'aggressività che queste donne non
riescono a provare. Gli uomini violenti possono usare tattiche di ritorsione. Se le cose vanno male, è perché la moglie ha cercato di difendersi: "E'
a causa del tuo temperamento che sono obbligato ad agire così!"‐ Succede anche che alcuni uomini chiedano alla loro compagna di trovare da sé
la spiegazione alla loro violenza, fino a riconoscerla e a interiorizzarla: "Tu non sai perché ti tratto così, ebbene, cerca e forse capirai!". I partner
violenti rafforzano il processo di colpevolizzazione quando la donna minaccia di andarsene. Allora, viene accusata di voler distruggere l'uomo, e
la manovra è accentuata dal ricatto del suicidio: "Ho paura che i miei figli un giorno mi dicano: Hai lasciato papà e lui si è ucciso" HIRIGOYEN,
Sottomesse, cit., p. 105.
65
La vittima, pur riconoscendo la propria sofferenza, non osa immaginare veramente che abbiano avuto luogo violenza e aggressione. A volte
rimane in dubbio: "Non sarò io a inventarmi tutto, come certi vogliono farmi credere?". Se ha il coraggio di lamentarsi di quanto accade, ha la
sensazione di descrivere male, e dunque di non venire capita, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. XVII. Per ogni profilo psicologico, è importante
differenziare la violenza impulsiva, in cui l'uomo controlla male le proprie collere e le proprie emozioni, dalla violenza strumentale, in cui i com‐
portamenti aggressivi sono eseguiti freddamente, con lo scopo di fare del male. Per semplificare, possiamo dire che, da un lato, ci sono tutte le
personalità narcisistiche, fra le quali alcune sono impulsive (gli psicopatici e i borderline), altre strumentali (i perversi narcisisti). Dall'altro lato
troviamo le personalità che definirei rigide, che comprendono essenzialmente gli ossessivi e soprattutto i paranoici, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit.,
p. 136.
46
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
3. Quali sono nelle vittime gli effetti della violenza psichica?
La resistenza psichica della vittima, a lungo termine, si affievolisce e può insorgere uno stato di
esaurimento nervoso collegato allo stress subito che fa si che la donna si senta priva di energia
e, quindi, anche della capacità di reazione alla aggressione subita e che continua a subire; questa
situazione genera ulteriore sottomissione della donna66.
L'aggressore psicologico attacca la mente della vittima, instilla il dubbio su ciò che lei dice o prova
e, allo stesso tempo, fa in modo che la cerchia dei conoscenti avalli tale falsa rappresentazione.
Talvolta addirittura alcuni arrivano a dire che è la vittima a fare il carnefice!
La vittima può sentirsi doppiamente vittima, perché la sua sofferenza non viene riconosciuta.
Anche dopo la loro cessazione, nel caso di violenze continuate e ripetute nel tempo, permane
nella donna uno stato di insicurezza e confusione qualificabile “stress post‐traumatico” con con‐
seguenze che si ripercuotono a volte anche per un arco temporale considerevole, nella psiche
della vittima che non riesce a sganciarsi dalla dipendenza psicologica col coniuge67.
In casi statisticamente più rari, la violenza, può anche essere messa in atto dalla donna anche se
trattasi quasi sempre di violenza psicologica; in molti casi costituisce una reazione alla violenza
del partner e non può essere qualificata, quindi, quale patologica; in altri casi trattasi di malattia
anche se non raggiunge i livelli patologici generalmente riscontrabili negli uomini68. La vittima è
come la preda per un cacciatore con la differenza che non le spara, se non in casi estremi ed a
seguito, generalmente di abbandono, ma si limita a prendere l’energia vitale della vittima pro‐
strandola pian piano69.
L’allontanamento della donna dalla casa coniugale può comportare effetti, in qualche caso, an‐
che disastrosi, potendosi verificare anche possibili conseguenze a livello di incolumità personale
con reazioni anche gravi e non controllate nel partner violento fino a sfociare anche, soprattutto
nei casi di grave paranoia, nell’omicidio70.
66
Le vittime, indebolite nella fase di condizionamento, si sentono ora aggredite direttamente. Le capacità di resistenza di un individuo non sono
illimitate, a poco a poco si erodono e portano a un esaurimento psichico. Oltre una certa quantità di stress non può più esserci lavoro di adatta‐
mento, ma solo scompenso. Si attivano disturbi più durevoli. Le vittime presentano uno stato d'ansia generalizzato, disturbi psicosomatici o uno
stato di depressione. In soggetti più impulsivi lo scompenso può manifestarsi con azioni violente che portano all'ospedale psichiatrico. Non è raro
che disturbi di questo tipo siano, agli occhi degli aggressori, una sorta di giustificazione della molestia. Questi stati depressivi sono legati all'esau‐
rimento, a un eccesso di stress, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 172.
67
Il persistere del legame di dipendenza va avanti anche quando la situazione di condizionamento è scomparsa. Più quest'ultima dura, e meno la
persona è in grado di sganciarsi, presa com'è tra dipendenza e violenza; e questo sfocia a volte in una vera e propria morte psichica. Le donne
vittime di violenza matrimoniale, come ogni persona esposta ripetutamente a traumi, possono presentare, anche molto tempo dopo la separa‐
zione, turbe da stress post‐traumatico. Le persone traumatizzate presentano un elevato livello di attività mentale e fisica. Ciò si traduce prima di
tutto in turbe ansiose. Può trattarsi di angoscia fluttuante, accompagnata da un persistente senso di insicurezza e da ondate d'ansia paragonabili
ad "attacchi di panico". In queste persone, sono anche constatabili difficoltà di assopimento, il loro sonno è leggero, il minimo rumore provoca
un risveglio agitato, hanno incubi che rappresentano il passato. Questi disturbi sono legati a disfunzioni a livello di diverse strutture cerebrali,
conseguenza diretta dei meccanismi fisiologici del plagio, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 106.
68
La violenza non ha sesso. Anche le donne sanno essere violente, quando possono, usano proprio come gli uomini gli strumenti del potere… Le
donne esercitano soprattutto una violenza psicologica sul partner… Se ci sono pochi studi sul tema, è perché gli uomini si vergognano di essere
vittime di una donna e preferiscono tacere, e anche perché, quando osano parlare, in genere non vengono creduti. Depositare un verbale o una
querela di fronte a poliziotti increduli non è la cosa più facile del mondo… Per lo più, tuttavia, la violenza fisica delle donne è di reazione. La
maggior parte di quelle che hanno ucciso il coniuge lo hanno fatto per proteggersi o per legittima difesa di fronte alle violenze di cui erano
vittime… Mentre gli uomini usano spesso la violenza fisica per dominare e controllare la compagna, le donne impiegano più di frequente la
violenza perversa e la manipolazione… Sebbene alcuni uomini subiscano violenza dalla propria compagna, le proporzioni non sono affatto quelle
riscontrabili per le donne. Nel 98 per cento dei casi di violenza, l'autore è un uomo… La maggior parte degli uomini che subiscono violenza dalla
compagna non presentano particolari patologie, pur avendo la caratteristica di non essere per niente machos. Inoltre, al contrario degli uomini
violenti, non recriminano affatto contro le donne in genere, accontentandosi di dire che hanno qualche difficoltà con la loro donna… Le donne
violente presentano per lo più una personalità borderline (al limite) … Senza negare la realtà della violenza femminile, bisogna stare attenti che
questo non getti discredito sulle donne vittime di violenze, un fenomeno di ampiezza incommensurabile, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 111.
69
Le vittime sono trasformate in preda dalla loro stessa energia vitale. I perversi si attaccano alla vitalità che percepiscono e di cui cercano di
appropriarsi. Le vittime hanno bisogno di dare e i perversi narcisisti di prendere: non si può immaginare incontro più ideale. L'uno rifiuta ogni
senso di colpa, l'altro ha una naturale propensione a colpevolizzarsi. Per i perversi, perché il gioco valga la candela, bisogna che la vittima all'inizio
sappia resistere, per finire con il cedere in seguito, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 153.
70
Bisogna tener conto del rischio che corre una donna andandosene di casa: la maggior parte degli omicidi commessi dal coniuge si verificano
dopo che le donne sono andate via, o quando hanno intenzione di farlo. Il coniuge che si sente abbandonato può avere una reazione paranoica,
che a volte conduce a un omicidio in famiglia… Di fronte a questo pericolo, le associazioni francesi hanno diffuso certe schede pratiche, utilissime
alle donne che vogliono andare via da casa in un contesto di violenza. E' prudente essere previdenti e preparare la propria partenza immaginando
47
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Trattasi di un modo di agire normale, tra persone normali ma poco efficace con un perverso o
paranoico che non sentirà ragioni e continuerà nella sua azione distruttrice avvantaggiato dal
comportamento aperto dell’altro, rifiutando qualsiasi dialogo71.
L'omicidio del coniuge, per fortuna fenomeno raro, statisticamente, si verifica per lo più al mo‐
mento di una separazione.
Le donne vengono uccise dopo la partenza o mentre progettano di andarsene.
Generalmente la vittima non pensa di avere a che fare con una persona malata e cerca di trovare
delle soluzioni al comportamento distruttivo dell’altro, anche tentando di chiarire la situazione e
i presunti malintesi che l’hanno originata72.
È, quindi, importante che la donna prenda coscienza di tale situazione e si comporti di conse‐
guenza ponendo in essere tutti gli accorgimenti necessari per evitare il pericolo alla propria inco‐
lumità; generalmente occorre un certo periodo di tempo prima che la donna possa elaborare la
propria situazione e prendere una decisione di abbandono del partner73.
Si parla solo di morte fisica ma esiste anche una morte psichica che spesso precede quella fisica;
le ferite dell'anima spesso distruggono più di quelle del corpo; a volte gli omicidi sono spesso
preceduti da violenze psicologiche ma, seppur preannunciati, sino a quando non si arriva all'atto
finale, nessuno se ne accorge.
A volte le vittime reagiscono con la dissociazione, che è uno strumento di difesa che fa sì che ci
si dimentichi di ciò che la nostra mente non riesce a sopportare, ricordando il resto ma perdendo
memoria delle violenze subite, ritardando il processo di presa di coscienza, in quanto non si ha il
ricordo delle angherie subite, mentre gli episodi ricordati non appaiono sufficientemente signifi‐
cativi ai fini del riconoscimento della propria situazione di vittima e del comportamento patolo‐
gico del partner74.
Il senso di isolamento è la sensazione più comune che le donne devono affrontare per la difficoltà
di comunicare all’esterno una violenza non visibile che si manifesta generalmente solo nei con‐
fronti della vittima, fatta di sguardi, di allusioni, di comportamenti celati all’esterno, che la donna
uno scenario di protezione in caso di pericolo:‐ identificare le persone che potrebbero venire in aiuto in caso di emergenza; imparare a memoria
i numeri di telefono importanti: polizia, associazioni…;‐ preparare una borsa con un duplicato delle chiavi, denaro liquido, necessario da toilette
e un po’ di biancheria; ‐ mettere al sicuro le carte importanti: elementi di prova (certificati medici, testimonianze, ricevute di denunce depositate),
carta d'identità, documenti importanti (tessere, diplomi, libretti degli assegni…), HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 197.
71
Le vittime sembrano ingenue, credulone. Poiché non sono capaci di immaginare che l'altro sia sostanzialmente distruttivo, cercano di trovare
delle spiegazioni logiche e tentano di evitare ogni malinteso: "Se gli spiego, capirà e si scuserà del suo comportamento". Convinte che parlando
troveranno una soluzione, permettono ai perversi, che rifiutano qualunque dialogo, di metterle in scacco come vogliono. Chi non è perverso non
può immaginare subito tanta manipolazione e malevolenza. Per liberarsi del loro aggressore, le vittime si impongono di essere trasparenti e
tentano di giustificarsi. Quando una persona trasparente si apre con una che diffida, è probabile che quest'ultima prenda il potere. Tutte le chiavi
che le vittime consegnano ai loro aggressori non fanno altro che incrementare il disprezzo che essi manifestano nei loro confronti. HIRIGOYEN,
Molestie morali, cit., p. 154.
72
Quando prendono coscienza della manipolazione, le vittime si sentono prese in giro, come chi sia appena stato truffato. Scoprono troppo tardi
di essere vittime, che ci si è presi gioco di loro. Perdono la stima di sé e la propria dignità. Si vergognano del modo in cui hanno reagito alla
manipolazione: "Avrei dovuto reagire prima", "Perché non mi sono accorto di niente?"… Si vergognano quando prendono coscienza della propria
compiacenza patologica, che ha autorizzato l'altro ad essere violento. A volte desiderano, allora, vendicarsi, ma nella maggior parte dei casi sono
in cerca di una riabilitazione, di un riconoscimento della loro identità. Aspettano delle scuse, che non riceveranno, da parte del loro aggressore.
Se riparazione c'è, la ottengono molto più tardi, e da parte dei testimoni o dei complici passivi che, manipolati dal perverso, hanno partecipato
all'aggressione, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 171.
73
Quando le donne prendono la decisione di andarsene, per lo più sono seriamente prostrate dal punto di vista fisico e morale, sono scoraggiate
di fronte ai passi che devono compiere. Qualunque sia l'ambiente sociale cui appartengono, sono sprovviste di denaro, non sanno dove andare,
non conoscono i propri diritti e si chiedono da che parte girarsi, che cosa dire ai bambini, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 193.
74
La dissociazione si può descrivere come una disgregazione della personalità. Nel DSM‐IV viene definita come l'avvento di una crisi che tocca
funzioni normalmente integrate, come la coscienza, la memoria, l'identità o la percezione del modo circostante. E' un fenomeno difensivo contro
la paura, il dolore o l'impotenza di fronte a un evento traumatico che è così lontano da quanto si può concepire normalmente, che lo psichismo
non può far altro che deformarlo o scacciarlo dalla coscienza. La dissociazione opera una distinzione tra quello che si può e quello che non si può
sopportare, destinando ciò che è intollerabile all'amnesia. Filtra l'esperienza vissuta, arrecando così sollievo e protezione parziale. Il fenomeno
dissociativo interviene a rafforzare il condizionamento e costituirà una difficoltà supplementare di cui bisognerà tenere conto nella terapia, HIRI‐
GOYEN, Molestie morali, cit., p. 172.
48
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
trova difficoltà a far riconoscere anche dagli amici o familiari, tanto che a volte dubitano esse
stesse di avere esagerato75.
L'isolamento è al tempo stesso causa e conseguenza dei maltrattamenti.
Perché la violenza possa essere attuata e continuata nel tempo la donna viene isolata progressi‐
vamente dalla sua famiglia, dagli amici, impedendole anche di lavorare e di avere una vita sociale.
L'aggressore psicologico fa in modo che la vittima non sia troppo indipendente così che non
sfugga al suo controllo; isolando la vittima, fa sì che la sua vita ruoti unicamente intorno a lui; ha
bisogno che la vittima si occupi di lui, che non pensi che a lui.
Le vittime dicono spesso di sentirsi prigioniere, a causa dei continui atteggiamenti prevaricatori
che si sostanziano anche in espressioni offensive del tipo "se non sei stimata è a causa delle tue
origini. I tuoi sono una nullità e non hanno nessuna cultura”.
A volte è la vittima a rinchiudersi in se stessa, per avere un po’ di pace, non sopportando più la
pressione da parte del proprio partner, con un isolamento sociale e a volte addirittura un disin‐
serimento sociale.
Anche la cerchia dei conoscenti è manipolata, portando il manipolatore ad accettare la denigra‐
zione della vittima e quelli che non si persuadono e si mostrano critici vengono un po’ alla volta
allontanati dalla vittima che, con insinuazioni e menzogne, viene messa contro parenti ed amici
con espressioni del tipo, "i nostri amici sono preoccupati per te. Trovano che tu abbia un compor‐
tamento strano!", oppure "tuo fratello ripete dappertutto che ti comporti come una pazza".
Generalmente si verifica una reazione da parte delle donne solo quando prendono coscienza di
cosa sta loro succedendo, ma non sempre la reazione è adeguata a tale nuovo status, ma costi‐
tuisce, comunque, il primo passo del processo di affrancazione che si preannuncia lungo e dolo‐
roso, comportando la consapevolezza del fallimento del rapporto di coppia76.
Sovente sono i familiari e gli amici intimi che notano la metamorfosi della vittima ma la sottova‐
lutano o non sanno come comportarsi.
Alla vittima che si lamenta di subire violenza psicologica dal proprio partner non è raro che i
conoscenti consiglino di curarsi di più o la incitino a "spassarsela senza problemi!".
Alla vittima capita di sentirsi dire frasi del genere: "Non è poi così grave!", "Prendi le cose troppo
a cuore", "Te lo sei cercata tu!", "Lo sai che è collerico/a, non bisognava irritarlo/a !", "Certo che
lui /lei ha un carattere difficile, ma bisogna accontentarsi. L'importante è che ti ami".
Tali reazioni non sono sorprendenti dato che, nel quotidiano, l'aggressore può essere affasci‐
nante con le persone della cerchia della sua vittima, mentre maltratta la propria vittima di nasco‐
sto e senza testimoni.
Le vittime sono di solito molto sensibili alle reazioni dei loro conoscenti e spesso sono commise‐
rate, provano disagio, rifiuto o attribuzione di colpa, atteggiamenti negativi che rafforzano la loro
difficoltà a denunciare i fatti.
75
Nell'affrontare tutto ciò le vittime si sentono sole. Come parlare all'esterno? La distruzione sotterranea è indicibile. Come descrivere uno
sguardo carico d'odio, una violenza che si manifesta solo con sottintesi, non detti? La violenza è evidente soltanto agli occhi del partner perse‐
guitato. Come potrebbero gli amici immaginare quello che succede? Quand'anche venissero a conoscenza della realtà delle aggressioni, non
farebbero che rimanerne turbati e inorriditi a loro volta. In genere, i conoscenti e gli amici, anche i più stretti, si tengono a distanza: "Non vogliamo
immischiarci". Le vittime dubitano delle proprie percezioni, non sono sicure di non esagerare. Quando le aggressioni si verificano di fronte a
testimoni, succede che le vittime, che proteggono sempre il loro aggressore, considerino eccessive le proprie reazioni e si trovino nella situazione
paradossale di difendere chi le aggredisce per non soffiare sul fuoco, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 169.
76
Lo choc si produce quando le vittime prendono coscienza dell'aggressione. Fino ad allora non diffidavano, probabilmente erano addirittura
troppo fiduciose. Anche se persone esterne avessero fatto loro notare quanto erano sottomesse e tolleranti di fronte a una palese mancanza di
rispetto, si sarebbero rifiutate di riconoscerlo. Brutalmente, capiscono ora di essere state vittime di manipolazione. Si ritrovano disorientate,
ferite. Tutto crolla. Il traumatismo è grave a causa della sorpresa e della loro impreparazione, conseguenza del condizionamento. Al momento
dello choc emozionale, dolore e angoscia si mescolano. E' una sensazione di violenta effrazione, di sbalordimento, di sopraffazione, di abbatti‐
mento, che alcune vittime descrivono come un'aggressione fisica: "E' come una pugnalata", "Mi dice parole terribili e io ho l'impressione di essere
un pugile messo al tappeto che continua a essere pestato di santa ragione”, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 171.
49
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Una lite, uno scoppio di violenza e, comunque, gli atteggiamenti di coppia sono ancora troppo
spesso considerati una faccenda privata.
E' frequente sentire persone che raccontano di avere udito grida provenienti dalla casa dai vicini,
ma di non avere reagito aspettando che tornasse il silenzio, per riaddormentarsi o guardare in
pace la televisione.
Un’azione preventiva è difficilmente concertabile stante la generale inefficacia delle cure nei
confronti dell’uomo e non essendo facile che la donna possa preventivamente riconoscere la
violenza prima che questa si manifesti in tutta la sua valenza distruttiva77; occorre, quindi, sensi‐
bilizzare con campagne informative le famiglie dell’esistenza di tale fenomeno che può assumere
le forme e le estrinsecazioni più svariate e non sempre necessariamente patologiche, perché au‐
menti la sensibilità della donne nel riconoscere immediatamente, già dal primo manifestarsi, la
forme di patologica violenza che spesso assume i connotati della perversione78.
Ulteriore questione è se possa essere configurata una responsabilità del medico curante e dello
psichiatra per atti auto‐aggressivi (suicidio o tentato suicidio) o eteroaggressivi (omicidio o le‐
sioni nei confronti di terzi) compiuti dal malato psichico, nei confronti del coniuge o del partner,
una volta diagnosticata la malattia79.
Con riferimento agli atti eteroaggressivi, trattandosi, generalmente, di responsabilità per com‐
portamento omissivo occorre accertare: 1) se il medico fosse titolare di un obbligo giuridico di
impedire l’evento ex art. 40 co. 2 c.p. (cd posizione di garanzia), cioè se il medico può essere
considerato quale garante della vita e della salute del paziente e dei terzi in rapporto con
quest’ultimo80.
In base della legislazione vigente, non possono, essere posti a carico del personale sanitario del
centro di igiene mentale compiti di polizia nei confronti dei pazienti ricoverati e, quindi al perso‐
nale medico, amministrativo o paramedico non può essere imputata alcuna responsabilità per
non avere impedito fatti violenti, fino all’omicidio di un familiare da parte di un malato mentale81.
La fonte normativa di tale obbligo può essere circoscritta all’art. 1 l. n. 502/1992 ‐ che attribuisce
al Servizio Sanitario Nazionale, e quindi a tutto il personale sanitario, il compito della tutela della
salute dei cittadini o al contratto stipulato tra medico e paziente.
Va, anche, verificata la presa in carico del paziente da parte dello psichiatra e la condotta dove‐
rosa che lo psichiatra, in ipotesi, non ha posto in essere (es: prescrizione di un farmaco, ulteriori
accertamenti).
Deve essere, quindi, ipotizzata come compiuta la condotta omessa e accertare se il fatto lesivo o
autolesivo si sarebbe, o meno, verificato nonostante il compimento di quella condotta (c.d. prova
controfattuale)82.
77
Stranamente, è raro assistere a moti di collera o di ribellione, anche dopo che le vittime hanno deciso di separarsi. Eppure, la rabbia permette‐
rebbe di liberarsi. Le vittime sanno puntare il dito contro la propria sorte ingiusta, ma non sono tuttavia capaci di ribellarsi. La rabbia arriverà solo
più tardi e si tratterà, nella maggior parte dei casi, di una collera censurata e quindi inefficace. Per provare davvero una collera liberatrice, le
vittime dovranno uscire dal condizionamento, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 171.
78
La perversione non nasce da un disturbo psichiatrico, ma da una fredda razionalità associata alla incapacità di considerare gli altri come esseri
umani. Un certo numero di perversi commettono atti delittuosi per i quali vengono processati, ma i più si servono del loro fascino e delle loro
capacità di adattamento per aprirsi una strada nella società, lasciando sul loro cammino persone ferite e vite distrutte. Psichiatri, giudici, educa‐
tori: tutti ci siamo fatti abbindolare da persone che si facevano passare per vittime, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. XIII.
79
CHINDEMI, La responsabilità del medico e della struttura sanitaria, Altalex Editore, 2009.
80
Su tale tematica, CHINDEMI, La responsabilità del medico e della struttura sanitaria, Altalex, 2010.
81
Per tale orientamento, FIANDACA, Problemi e limiti della responsabilità penale dello psichiatra, in Foro it., 1988, II, p. 108 e, in giurisprudenza,
Cass., 11.5.1990, in Cass. Pen., 1991, p. 68. In tale pronuncia la S.C. ha escluso ogni responsabilità per non avere il medico disposto un t.s.o. nei
confronti del paziente, con esclusione del delitto di abbandono di persona incapace aggravato dall’evento morte. In senso contrario, in una
fattispecie simile, Trib. Perugia, 20.10.1986, in Foro it., 1988, II, p. 108.
82
Sulla causalità omissiva, FIANDACA, Il reato commissivo mediante omissione, 1979; MASERA, Il modello causale delle Sezioni Unite e la causalità
omissiva, in Dir. pen. e proc., 2006, p. 500; VENEZIANI, Il nesso tra omissione ed evento nel settore medico: struttura sostanziale ed accertamento
processuale, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, 2006, pp. 1970 ss.
50
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Solamente nel caso di malato mentale ricoverato in regime di t.s.o. può configurarsi una respon‐
sabilità per atti eteroaggressivi, nei confronti di terzi (visitatori o altri pazienti ricoverati), in
quanto collegata all’obbligo di sorveglianza del malato stesso.
Nel caso in cui il malato mentale non sia, invece, ricoverato deve escludersi che lo psichiatra o il
medico curante abbiano un qualche obbligo giuridico di impedire l’evento, non essendo indivi‐
duabile nella normativa in tema di cura delle malattie mentali alcun fine di tutela dei terzi in
quanto l’art. 34 l. n. 833/1978 prevede il trattamento sanitario obbligatorio nel caso di «altera‐
zioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici» che non possano essere attuati in
ambiente extraospedaliero, con riferimento esclusivo alle necessità di cura del malato, senza al‐
cun riferimento alla tutela della collettività, ed essendo state abrogate dalla l. n. 180/1978 le
uniche norme, a cui poteva attribuirsi una funzione di tutela della incolumità di terzi e, più speci‐
ficatamente, le contravvenzioni previste dagli artt. 714 ss. c.p. per l’omessa o non autorizzata
custodia di alienati di mente e di omessa denuncia di malattie di mente, con conseguente esclu‐
sione di tutela di terzi e, più specificamente, dei familiari del malato di mente in regime di t.s.v.
domiciliare; è, quindi, venuta meno, a seguito della interpretazione sistematica della l. n.
180/1978, la funzione della terapia della malattia mentale orientata al fine di impedire che il
malato possa arrecare danno a sé e agli altri.
Per gli atti autoaggressivi, invece, sussiste una posizione di garanzia nei confronti del medico che
ha assunto in carica il malato e, in tal caso, il compito dello psichiatra o del medico curante è
finalizzato anche alla tutela fisica del malato mentale con l’obbligo per il professionista di attuare
tutti i comportamenti necessari per prevenire tali atti83.
Occorre accertare, nel caso di atti auto‐lesivi del malato mentale che vanno dalle semplici lesioni
al suicidio, se il paziente abbia o meno manifestato in passato tali tendenze e, nel caso in cui il
medico abbia ritenuto più adatta alla cura dello stesso il trattamento sanitario domiciliare, se un
bravo medico nella stessa situazione avrebbe dovuto comportarsi diversamente, disponendo, ad
esempio, il ricovero ospedaliero del paziente in regime di t.s.o. e se tale ipotetico comporta‐
mento avrebbe verosimilmente evitato l’evento.
Vanno accertate, quindi, l’esistenza di un obbligo giuridico omesso e la sua efficacia causale al
fine del verificarsi dell’evento, con la doverosa precisazione che il potere‐dovere di custodia dei
malati in t.s.v. non può comportare la possibilità dell’uso di mezzi di coercizione fisica nei loro
confronti84.
Anche nel caso in cui si ritenesse che il ricovero ospedaliero avrebbe evitato il suicidio del pa‐
ziente, in base alla situazione clinica e ai principi della psichiatria, occorre, preliminarmente va‐
lutare, se si sia sbagliato nel non disporre il ricovero coatto, potendo essere ragionevole e con‐
forme ai principi dell’arte psichiatrica accettare un certo grado di rischio riponendo fiducia nel
paziente che appare in via di recupero; in tal caso nessuna responsabilità potrebbe essere ascritta
al medico.
83
Cass., Sez. IV, 06.11.2003, G., in Foro it., 2004, II, p. 566 con nota di FIANDACA, per la giurisprudenza di merito, Trib. Cagliari, 16.06.1999, Uras,
in Foro it., 2000, II, p. 577; Trib. Brindisi, 5.10.1989, in Foro it., 1990 II, p. 273, con nota RENDA. Il Tribunale, nell’ultima pronuncia, ha escluso ogni
responsabilità nei confronti del personale sanitario (medici, infermieri, responsabili amministrativi e sanitari) di un dipartimento di salute mentale
per avere omesso di adottare le misure atte ad impedire i suicidi di tre pazienti ricoverati nella struttura.
84
È stato ritenuto insussistente il delitto di abbandono di persona incapace aggravato dalla morte della medesima, nel caso in cui il medico o un
operatore sanitario della casa di cura non abbia impedito l’allontanamento di una paziente sottoposta a trattamento sanitario volontario, suc‐
cessivamente deceduta per collasso cardiocircolatorio conseguente a coma diabetico, Cass., Sez.V, 22.01.1998, in Foro it., 1999, p. 471.
51
CAPITOLO VI
FORME DI VIOLENZA PSICHICA
Sommario: 1. Quali sono le modalità con cui si attua il plagio della vittima? ‐ 2. Cosa è il gaslighting?
1. Quali sono le modalità con cui si attua il plagio della vittima?
Il plagio non nasce dal nulla o per caso ma trova il proprio terreno di coltura sia nel bisogno di
dominare dell’uomo che nel bisogno di protezione della donna che però, nel plagio, finisce per
essere totalmente sottomessa all’uomo senza poter far nulla per porre rimedio ad una situazione
già compromessa85.
Attraverso il plagio avviene il controllo sulla vittima, attuato mediante una sorta di lavaggio del
cervello, sistematicamente e per un tempo indefinito, fino a pervenire alla sua sottomissione;
tale processo ha probabilità di successo non solo con le persone fragili e deboli ma anche con
persone di forte personalità che, sottoposte al “trattamento” anche per lungo tempo, diventano
anch’esse vittime. Solitamente viene prima tentata l’azione persuasiva e suadente e solo in caso
di fallimento si passa alla fase della coercizione psicologica e fisica86.
Il plagio incomincia con la seduzione, poi, se la donna fa resistenza, l'uomo adotta comportamenti
violenti sempre più manifesti.
Tale atteggiamento non è facile da riconoscere fin dal suo primo manifestarsi in quanto i relativi
comportamenti sono realizzati con gradualità e, analizzati, singolarmente, non appaiono neppure
rilevanti.
Le vittime col tempo riconoscono la violenza psicologica, poi imparano a difendersi e procurarsi
le prove (registrazioni audio ed altro) sperando che possano servire, poiché sanno che i giudici
deliberano sulla base di prove87.
Per tentare di arginare tale fenomeno, per lo più sommerso, ma che è più diffuso di quanto non
si ritenga, occorre, divulgare all’esterno le informazioni su tali processi distruttivi della coppia in
modo che eventuali soggetti coinvolti sappiano distinguerne le caratteristiche, prendere co‐
scienza e attuare gli opportuni rimedi.
La vittima non ha i mezzi e le forze per sottrarsi all’azione coercitiva del suo aggressore e quindi
soggiace a tale situazione senza poter trovare alcun rimedio che, in qualche caso, può anche ve‐
nire dall’esterno, dai familiari o amici che si sono resi conto della gravità della situazione.
85
Una donna che abbia un forte bisogno di aiutare, di proteggere, può scegliere un partner che avrà bisogno di molte attenzioni, di coccole. Allo
stesso modo, un uomo che ha bisogno di dominare saprà scegliere una giovane donna immatura che gli sembrerà docile e dipendente… Una
dipendenza dal partner può essere accettabile, se esiste uno scambio, una reciprocità, un rispetto. (…) Sia che avvenga per motivi socioculturali
legati al loro stato femminile, sia che si tratti di ragioni familiari, per esempio una carenza affettiva nell'infanzia, molte donne hanno talmente
poca stima di se stesse che si collocano subito nello stato di sottomissione. E' appunto così che le donne si mostrano poco tolleranti e non sanno
porre limiti ai comportamenti abusivi del loro compagno. Non sanno dire cosa sono disposte ad accettare e che cosa no. Per non condannare il
partner, gli cercano giustificazioni, sperano di aiutarlo a cambiare.
Altre volte, donne che non hanno fiducia in se stesse cercano di valorizzarsi agli occhi dell'altro. Si danno troppo da fare, preoccupandosi più degli
altri che di se stesse. A loro basta che il partner manifesti la propria riconoscenza per tutto quello che si fa per lui. Ma se si dimostra ingrato o
indifferente, la donna troppo materna rischia di sentirsi rifiutata e di reclamare maggiore affetto. Soprattutto da questa richiesta, l'uomo può
reagire in modo violento. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 77.
86
Il plagio corrisponde al lavaggio del cervello, detto anche persuasione coercitiva, formula che si usa abitualmente per descrivere le manipola‐
zioni esercitate su un adepto delle sette… Non bisogna credere che queste tecniche possano essere usate solo sulle persone fragili o predisposte
alla fragilità. Secondo Virginia A. Sadock, "Tutte le persone sono vulnerabili al lavaggio del cervello, se vi sono esposte per un tempo sufficiente‐
mente lungo, se sono sole e senza aiuto e se non hanno speranza di uscire da quella situazione"… L'azione coercitiva è fisica e psicologica insieme.
Possiamo accostare le tecniche in uso nelle sette a ciò che accade al livello di un rapporto di coppia, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 97.
87
Le aggressioni sono sottili, non esistono tracce tangibili e i testimoni tendono ad interpretare come semplici rapporti conflittuali o passionali
tra due persone caratteriali quello che è un tentativo violento di distruzione morale e addirittura fisica dell'altro, qualche volta riuscito. Questo
processo si sviluppa nell'arco di mesi o addirittura di anni e che, man mano che il rapporto perverso si evolve, le vittime apprendono prima di
tutto a riconoscerlo, poi imparano a difendersi e accumulano le prove, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 7.
52
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
In tal caso occorre rivolgersi ad uno psichiatra esperto per l’esatta diagnosi e configurazione del
caso e individuare i giusti rimedi, in quanto, come già evidenziato, vi può essere una situazione
di pericolo, anche omicidiario, per la donna e i suoi figli88.
Solitamente un paranoico nega la violenza o ne attribuisce le cause al partner addebitandogli
presunti o anche veri torti, ma amplificandone sempre la portata; l’interlocutore se ha cono‐
scenza del particolare narrato dal malato, usato quale sponda per dare credibilità alla propria
versione, sarà portato a credergli o, comunque, si ingenererà un grosso dubbio sull’effettiva si‐
tuazione, in quanto la donna generalmente in tali casi ha le idee confuse oppure è plagiata e non
avrà possibilità di adeguata difesa, finendo per essere succube di una situazione paradossale.
Non sarà difficile individuare, nella cerchia delle amicizie e degli affetti qualche caso di violenza
psichica come quello descritto, con l’avvertenza che ogni violenza familiare ha le sue peculiarità
che dipendono dallo stato psicologico del malato, dal tipo di malattia, dal suo stadio, dalla con‐
dizione della stessa vittima89.
La prima fase consiste, come già evidenziato, nell’isolamento della vittima da familiari o amici e,
quando è possibile, nella dipendenza economica in modo da essere privata di una possibile via
d’uscita, per poi passare, una volta arato il terreno, alla vera e propria intimidazione e ricatto90.
L’uomo generalmente cerca di individuare nel partner il punto debole da cui poter partire per
attuare la sottomissione della vittima, con un processo anche lungo ma continuo e incessante
che si concluderà con la riuscita del piano che potrebbe sembrare machiavellico ma che altro non
è che l’estrinsecazione di un processo patologico che vede attore inconsapevole o quasi il suo
autore e vittima, spesso inconsapevole, la moglie o convivente91.
Il plagio può anche realizzarsi trasmettendo sensazioni ostili attraverso la diminuzione delle fa‐
coltà cognitive attuate con differenti tecniche che possono riguardare le modalità di conversa‐
zione, l’alterazione del linguaggio, la menzogna, il disprezzo e altre forme di comunicazione alte‐
rate92.
Difficilmente il plagio è immediatamente riconoscibile anche dall’esterno, in quanto il relativo
processo è lento e graduale e, come la tela del ragno, comincia con la seduzione, con tecniche
88
La persona plagiata non è più padrona dei pensieri, è letteralmente invasa dalla psiche del partner e non ha più alcuno spazio mentale proprio.
E' come paralizzata, nessun cambiamento può verificarsi spontaneamente dall'interno; è necessario un aiuto esterno per porre fine al plagio ed
è a questo che serve il lavoro psicoterapeutico, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 179.
89
Al momento di un'aggressione perversa, chi attacca fa in modo da apparire onnipotente, esibendo rigore morale e moderazione. La disillusione,
per la vittima ingenua, ne risulta tanto maggiore. Ne deriva una sensazione di inutilità, di impotenza, di sconfitta. Più che una situazione difficile
o pericolosa, l'elemento atto a scatenare un episodio depressivo può essere l'esperienza della sconfitta e dell'impotenza, la sensazione di essere
stati umiliati e presi in trappola, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 172.
90
Due sono le tecniche adoperate: Le tecniche comportamentali, che consistono nell'isolare la persona (dalla famiglia, dagli amici, dal lavoro), nel
controllare le informazioni che riceve (per esempio, sorvegliando il suo telefono), nel metterla in una situazione di dipendenza economica e infine
nel renderla fragile fisicamente e psicologicamente; Le tecniche di tipo emozionale, che corrispondono alla manipolazione verbale e al ricatto.
Vedremo più dettagliatamente in seguito che gli argomenti usati dagli uomini che compiono l'abuso cambiano a seconda del loro profilo psicolo‐
gico. In linea generale, questi uomini riescono a influenzare la loro compagna mettendo in primo piano i loro sentimenti (l'amore), o il loro bisogno
di adeguatezza sociale, o ancora il loro potere. Per lo più consolidano la propria autorità provocando paura o ansia, per mezzo di un atteggiamento
ostile, di gesti intimidatori o di rappresaglie. Le minacce e i castighi spingono la vittima a interrogarsi sulla propria eventuale colpa e l'aggressore,
alternando clemenza e severità, getta la vittima nell'incertezza e nella confusione, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 98.
91
Un coniuge potenzialmente violento e, a maggior ragione, un individuo particolarmente manipolatore saranno in grado di scoprire nell'altro il
punto debole o vulnerabile che consentirà l'"aggancio", ossia l'innesco del processo di plagio. Quest'ultimo si reggerà non sulla personalità della
donna, bensì sulla configurazione della relazione in sé.
Per capire meglio fino a che punto può arrivare la pressione psicologica, bisogna conoscere a fondo la storia di una donna plagiata. Assorbita da
questo rapporto patologico, questa donna esausta fisicamente e psicologicamente, anche dopo del tempo continua a non capire come ha potuto
farsi manovrare a quel modo. Si vergogna e non fa che colpevolizzarsi. Non riesce ancora a credere che, ad es., un uomo con un alto livello di
responsabilità sul piano professionale possa essere disturbato al punto di volerla distruggere o più esattamente di volerla portare ad autodistrug‐
gersi, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 82.
92
Con tecniche cognitive si possono anche diminuire le facoltà cognitive di una persona, per gettarla nella confusione. Questo avviene essenzial‐
mente attraverso il controllo del linguaggio e della comunicazione. La messa in atto del plagio avviene grazie alla comunicazione perversa. Questo
particolare meccanismo, che può dare l'illusione della comunicazione, non ha la funzione di collegare, ma al contrario quella di allontanare e di
impedire lo scambio. La vittima non deve capire cosa le sta capitando.
53
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
diverse ma generalmente efficaci e si conclude con la sottomissione della donna che resta invi‐
schiata in tale tela profumata e ammaliatrice che ha la funzione di imprigionare la vittima impe‐
dendole di potersi liberare93.
In qualche caso al plagio si associa anche il fenomeno della dissociazione dei pensieri che consiste
nello sdoppiamento del vissuto e nel ricordare solo ciò che è sopportabile, nascondendo o rimuo‐
vendo ciò che risulterebbe molto doloroso o non sopportabile94.
Nelle forme più subdole l’agente riesce ad annullare completamente la volontà della persona
agendo sulla coscienza e le facoltà sensoriali e ponendo la vittima in uno stato di soggezione. Le
tecniche con cui vengono poste in essere tali manovre sono le più svariate e dipendono dalla
cultura e dalla personalità sia del malato che della vittima95.
In alternativa alla dissociazione può svilupparsi la dipendenza della vittima dal suo aggressore per
cercare una apparente tranquillità al fine di evitare situazioni di violenza fisica o psicologica della
vittima già provata da tale situazione e che quindi cerca tranquillità adattandosi alla situazione
che le è imposta96.
Non è ben chiaro se il malato si renda conto della violenza e delle sue conseguenze nella donna,
che è considerata come una preda da conquistare a tutti i costi.
Nelle forme più gravi di malattia mentale deve escludersi una consapevolezza di nuocere del ma‐
rito violento, in quanto tali manifestazioni fanno parte della estrinsecazione della malattia, ma
nelle situazioni borderline non può escludersi che il soggetto agente si renda conto, sia pure in
modo distorto, del male che fa e della violenza posta in essere nei confronti del partner.
93
Il processo di plagio si svolge in due fasi: incomincia con la seduzione, poi, se la donna fa resistenza, l'uomo adotta comportamenti violenti
sempre più manifesti. La fase della seduzione dà l'illusione di uno scambio affettivo. L'altro viene agganciato per mezzo di quello che parrebbe
un amore idilliaco. La seduzione mira agli istinti di protezione della donna; l'uomo si presenta come la vittima di un'infanzia infelice oppure di un
divorzio sfortunato. Non si tratta di seduzione amorosa, reciproca, ma di una seduzione narcisistica destinata ad ammaliare l'altro e, contempo‐
raneamente, a paralizzarlo… Questa fase è allo stesso tempo un momento di preparazione psicologica alla sottomissione e di "lavaggio del cer‐
vello". La donna è resa instabile e perde progressivamente la fiducia in se stessa. Anche se la sua libertà viene erosa pezzo per pezzo, lei continua
a credere di essere libera e che l'uomo non le imponga niente. E invece, tramite microviolenze o intimidazioni, viene un po’ per volta privata di
tutto il libero arbitrio e di ogni visione critica della propria situazione. L'uomo violento neutralizza la volontà della compagna, diminuisce o annulla
la sua alterità fino a trasformarla in oggetto. Si attacca alla mente della donna, installa il dubbio su ciò che lei dice o prova e, allo stesso tempo,
fa in modo che la cerchia dei conoscenti avalli tale squalifica. Il plagio impedisce alla donna di ribellarsi contro l'abuso che subisce, la rende
obbediente e la stimola a proteggere il suo aggressore e ad assolverlo da qualunque violenza.
Con questo modo di procedere, l'uomo, all'inizio, non cerca di distruggere la compagna, ma di sottometterla a poco a poco e di tenerla a propria
disposizione. Si tratta di dominarla e di controllarla, perché non sia altro che un oggetto e resti al suo posto di oggetto. La distruzione avverrà
soltanto dopo, attraverso strategie dolci come la persuasione, la seduzione e la manipolazione, o più dirette, come la coercizione, HIRIGOYEN,
Sottomesse, cit., p. 89.
94
La dissociazione è un processo inconscio attraverso il quale alcuni pensieri vengono separati (dissociati) dal resto della personalità e funzionano
in modo indipendente. La vittima diventa quindi un'osservatrice esterna dell'aggressione subita. E' un metodo efficace per sopravvivere, per non
perdere la ragione, una strategia passiva quando si ha la sensazione che non ci sia alcuna via d'uscita possibile. Di fronte ad un evento traumatico
inimmaginabile, la psiche non ha altra scelta che deformarlo o nasconderlo. La dissociazione opera una separazione tra il sopportabile e l'insop‐
portabile, che viene cancellato. Filtra l'esperienza vissuta, creando in tal modo un sollievo e una parziale protezione contro la paura, il dolore o
l'impotenza. I processi dissociativi possono portare la persona a dimenticare il trauma o, più esattamente, a "dimenticare di ricordarsi" delle
vicende personali stressanti o addirittura del proprio intero passato. Anche gli stati dissociativi possono indurre uno stato di depersonalizzazione
con anestesia sensitiva e mancanza di reazione affettiva, o anche un senso di perdita di controllo delle proprie azioni. Il fenomeno di dissociazione
va a rafforzare il plagio costituendo una difficoltà supplementare di cui sarà necessario tener conto durante la terapia, HIRIGOYEN, Sottomesse,
cit., p. 99.
95
Il plagio può produrre anche modificazioni della coscienza, una sorta di stato ipnotico imposto. L'influenza che l'aggressore esercita sulla vittima
diminuisce la capacità critica di quest'ultima facendola entrare in una sorta di trance, che ne modifica le percezioni, le sensazioni e la coscienza.
‐ Il DSM‐IV precisa appunto che questi stati dissociativi possono essere il risultato di prolungate manovre di persuasione coercitiva (lavaggio del
cervello, rettifica ideologica, indottrinamento in prigionia). HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 97.
96
Si viene a creare una vera e propria dipendenza dal partner, spiegabile con meccanismi neurobiologici e psicologici, per evitare di soffrire e
ottenere una certa tranquillità. Sul piano fisiologico, la dipendenza da una persona è molto simile a quella verso uno psicofarmaco. Nella violenza
ciclica, in cui il dominio psicologico non è in primo piano, l'alternanza delle fasi di aggressione e di tregua o addirittura di riconciliazione crea un
sistema di punizioni ‐ ricompense. Ogni volta che l'uomo violento si è spinto troppo in là e la donna potrebbe avere la tentazione di andarsene,
viene "riacciuffata" da un po’ di gentilezza o di premura. Creando confusione fra amore e sesso, l'uomo cerca una riappacificazione sotto le
lenzuola. Allo stesso tempo, squalifica la sua compagna, che perde fiducia in se stessa: la tratta come una bambina: "Cosa faresti senza di me?".
Ben presto lei si convince che senza di lui non ce la farebbe. La dipendenza può riflettersi anche sui figli della coppia. Lei potrebbe sostenere che
lui non l'ha mai picchiata apertamente: "Mi spingeva, e io cadevo da sola", HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 102.
54
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Lo scopo, comune delle tre categorie di manipolatori, è ridurre la vittima a un totale livello di
dipendenza fisica e psicologica, annullare la sua capacità di scelta e responsabilità.
Alcune frasi esemplificative possono essere:
Sei grassa! (magra, brutta, ecc..);
Scusatela, mia moglie è una deficiente!;
Sbagli sempre tutto!;
Non ne fai una giusta!;
Ma come non ti ricordi! Me l’hai detto proprio tu!;
Non me l’hai mai detto! Te lo sarai immaginato!;
Le tue amiche sono insignificanti, proprio come te!;
Se ti lascio rimarrai sola per tutta la vita!.
Sono tre le fasi fondamentali del gaslighting:
1. incredulità: la vittima non crede a quello che sta accadendo né a ciò che vorrebbe farle
credere il suo "carnefice";
2. difesa: la vittima inizia a difendersi con rabbia e a sostenere la sua posizione;
3. depressione: la vittima si convince che il manipolatore ha ragione, getta le armi, si rasse‐
gna, diventa insicura e estremamente vulnerabile e dipendente.
È difficile che la vittima del gaslighter si renda conto della situazione perversa in cui vive e chieda
aiuto, anche perché spesso diventa dipendente da lui, che tende a isolarla anche a livello sociale
per impedire che qualcuno capisca e l'aiuti.
A volte la capacità di far "aprire gli occhi" alla vittima arriva da chi le sta intorno, altri familiari,
amici o colleghi che finalmente si rendono conto della situazione, consentendo alla vittima di
iniziare il percorso di ricostruzione della propria identità, della fiducia e del senso di sé che la
porti a liberarsi da una relazione perversa e dolorosa.
57
CAPITOLO VII
CURE MEDICHE E RIMEDI TERAPEUTICI
Sommario: 1. Sono possibili ed esistono cure mediche? ‐ 2. Esistono rimedi comportamentali oltre che
terapeutici?
1. Sono possibili ed esistono cure mediche?
Ai fini della cura è fondamentale l’esatta diagnosi, e non appare facile la individuazione del ma‐
lato, soprattutto se paranoico per la difficoltà della stessa definizione medica della “paranoia”,
caratterizzata da diversi sintomi che possono essere riferiti anche a differenti quadri clinici, ca‐
ratterizzati da sintomi persecutori e di sospettosità con la conseguente eliminazione del termine
“paranoia” dalla classificazione internazionale delle malattie mentali e la sua sostituzione con
quella di “disturbo delirante”100.
Un interrogativo di carattere morale va posto: l'aggressore psicologico essendo una persona ma‐
lata va capito ed aiutato o va condannato? La risposta non è facile in quanto certe patologie
psichiche, come già evidenziato, sono difficili se non impossibili da curare; si può intervenire far‐
macologicamente nei periodi di maggiore delirio o di grave depressione, che talvolta si manife‐
stano ciclicamente, ma non si può guarire il malato.
Variano a seconda della personalità e della resistenza psichica della vittima le reazioni che la
violenza psichica produce nell’organismo di un soggetto debole psichicamente; le reazioni non
tarderanno a manifestarsi e saranno costituite da palpitazioni, sensazioni di oppressione, di af‐
fanno, di stanchezza, disturbi del sonno, nervosismo, irritabilità, mal di testa, disturbi digestivi,
dolori addominali e manifestazioni psichiche quali l'ansia generalizzata, accompagnato da uno
stato di apprensione e di permanente allerta, di rimurginamenti ansiosi difficili da tenere sotto
controllo, di tensione continua e di ipervigilanza101.
In caso di abbandono da parte della donna il paranoico può anche uccidere sia il partner che i
figli anche quale forma di vendetta e di ripicca per l’abbandono che viene vissuto quale perdita
di potere sulla donna102.
100
Il manuale diagnostico americano (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), qualifica “disturbo delirante” i deliri non bizzarri,
della durata di almeno un mese, che si riferiscono a situazioni presenti nella vita reale, quali il tradimento, l’essere seguiti, l’avvelenamento etc
senza compromissione della situazione psicologica della persona se non per quanto riguarda l’oggetto del delirio che non dipende da assunzione
di farmaci. I principali deliri sono differenziati in base al contenuto o effetto predominante: a) mania di grandezza; b) erotomania (convinzione di
essere oggetto di innamoramento); c) gelosia (convinzione della infedeltà del partner); d) mania di persecuzione (da parte di terzi).
101
La vulnerabilità allo stress varia da un soggetto all'altro. Tuttavia, le persone impulsive di carattere sono più sensibili allo stress, mentre i
perversi non lo sono affatto. Si sfogano facendo soffrire l'altro. L'aggressore sfugge allo stress o alla sofferenza interiore addossando all'altro la
responsabilità di tutti i suoi disturbi. Le vittime non hanno via d'uscita, perché non capiscono il processo in corso. Niente ha più senso, si dice una
cosa e poi il suo contrario, si negano le evidenze. Si sfiniscono nel dare risposte inadeguate che esasperano la violenza, logorano e infine causano
una disfunzione neurovegetativa. Dato che queste pressioni proseguono per lunghi periodi (mesi, a volte anni), la resistenza dell'organismo si
esaurisce ed esso non è più in grado di evitare l'insorgere di un'ansia cronica. Possono sopravvenire disordini funzionali e organici, dovuti alle
scosse neurormonali, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 166.
102
Si tratta di individui meticolosi, perfezionisti, dominatori, che si concedono pochi contatti emotivi, pur avendo rapporti forti e tirannici con chi
li circonda. La donna deve essere sottomessa e, per questo, la isolano materialmente impedendole di lavorare, di amministrare il denaro di casa,
di vedere gli amici e la famiglia. Sospetta significati nascosti o minacciosi nei commenti degli altri o rispetto a eventi anodini. Il minimo passo falso
altrui viene stigmatizzato senza nessuna pietà e il paranoico è capace di usare tutta una serie di argomenti inoppugnabili per dimostrare che
l'altro ha torto. Può divertirsi a mentire, tradire, aggredire, ma, nonostante tutto, ritiene che siano gli altri che mentano, tradiscono, aggrediscono.
Mantiene una lusinghiera immagine di sé, considerandosi irreprensibile, mentre gli altri sono cattivi. Non se la prendono con chi è più forte di
loro. Alcuni si mostrano perfino sottomessi, addirittura ossequiosi con chi li domina, per esempio il loro superiore gerarchico. Mentre sanno
prosternarsi di fronte ai potenti, non hanno pietà con le persone più fragili. I paranoici non si fidano di nessuno, si aspettano di essere sfruttati,
traditi…. nella coppia, mettono in dubbio, costantemente e senza motivo, la fedeltà del coniuge. Questa gelosia morbosa è stata definita "para‐
noia coniugale". Questi uomini controllano tempo e spazi della moglie: "Dove sei stata? Perché torni a quest'ora?" e, soprattutto, si agitano per
qualunque contatto con un altro uomo. Il paranoico non ha la minima fiducia nella compagna e lei deve giustificare, in ogni momento, il suo
impiego del tempo. Tutto è costantemente sottoposto a verifica: i soldi, il tempo, e perfino i pensieri! Hanno talmente paura di essere abbando‐
nati o traditi che interpretano tutto in tal senso. Ciò nonostante, non si tratta di un delirio in senso stretto. Questa gelosia esacerbata non si
58
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Curare una persona che non sa e non ammetterebbe mai di essere malato, anzi che accusa gli
altri di esserlo è difficile, mancando il consenso personale alle cure e solo nel caso di pericolo di
vita per il malato e/o per gli altri è possibile il ricovero coatto a seguito del quale scattano una
serie di procedure quali il ritiro del porto d'armi, il ritiro della patente di guida e la sospensione
dal lavoro o attività professionale; l'aggressore non ne sarà contento e prima o poi si vendicherà
e in tali casi la donna continua ad essere vittima perché non sa che fare e a chi chiedere aiuto.
Farmaci efficaci e sempre più mirati al trattamento delle singole patologie sono utilizzati nella
cura delle malattie psichiche ma nelle patologie conclamate sono riscontrabili solo migliora‐
menti, a volte occasionali, dell’evoluzione e decorso della malattia, mentre, soprattutto per le
malattie più gravi quali la paranoia non è possibile la guarigione.
Nella cura e nella somministrazione dei farmaci vi sono, inoltre, difficoltà in quanto i malati, che
non si rendono conto di essere tali, sono refrattari a qualunque terapia, ritenendola inutile e sole
se sono costretti vi si sottopongono, generalmente con scarsi risultati.
Neanche la mediazione coniugale è utile nelle forme gravi di patologia in quanto, il malato tende
ad usare il mediatore, che a volte non se ne rende neanche conto, per meglio raggiungere il pro‐
prio scopo, raggirandolo, insieme al partner che crede, invece, di avere trovato una soluzione alla
violenza psichica dell’uomo103.
I paranoici che ritengono essere sussistente una causale esterna, riconducibile all’altro, nei loro
comportamenti sono tra i più refrattari alle cure evidenziandosi che non è possibile guarire un
paranoico anche se il trattamento farmacologico può avere effetti positivi e di attenuazione dei
sintomi, almeno per qualche periodo104.
Occorre rivolgersi a psichiatri esperti ed in grado di rendersi conto, attraverso i gesti e le parole,
dell’eventuale comportamento dissimulatorio del paziente che viene smascherato sia per quello
che non dice, sia attraverso le modalità di esternazione di quello che dice e del relativo compor‐
tamento; ad uno esperto psichiatra non dovrebbero sfuggire i particolari rivelatori della perso‐
nalità patologica del malato.
Le vittime di violenze psicologiche non reagiscono perché sono plagiate e condizionate: il condi‐
zionamento è relazionale, ma anche sociale, come una sorta di addestramento; proveranno an‐
che paura e staranno sempre in allerta, analizzando l’uomo, cercando di cogliere con anticipo
alcuni atteggiamenti che preannunciano la violenza anche se, e a lungo andare, non trovano la
forza di reagire e si sottomettono105.
incontra unicamente negli uomini che hanno una personalità paranoica: anche le personalità borderline e gli psicopatici possono essere tremen‐
damente gelosi, tra i paranoici, però, la gelosia può portare all'omicidio. Il rischio di passaggio all'atto dell'omicidio è massimo quando la donna
cerca di andarsene, quando non ha più paura del compagno e cerca di tenergli testa. A quel punto, lui smette di seguire i soliti schemi e si fa
giustizia da sé. Secondo uno studio americano risalente al 1992, il 45 per cento degli omicidi di donne erano provocati dall'ira cieca dell'uomo che
si riteneva abbandonato dalla compagna. La violenza dei paranoici non lascia scampo. Qualunque atteggiamento vissuto come offensivo può
provocare, in loro, un rancore inflessibile e devastante. La loro rabbia e la loro gelosia possono portare a un omicidio, quello della donna che
cerca di fuggire, ma a volte anche quello dei bambini, seguito in qualche caso dal suicidio. Quando l'uomo è paranoico, è la paura a trattenere la
donna, e la paura, ahimè, è giustificata. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 161.
103
La perversione narcisista costituisce un'assoluta controindicazione a una mediazione coniugale o familiare, perché il mediatore corre il grosso
rischio di essere usato per distruggere ancora meglio il partner. Queste personalità non sono minimamente accessibili alle cure e, d'altronde, non
provano alcuna esigenza in tal senso. Quando vanno da uno psicoterapeuta, è perché la cosa può avere un'utilità per loro, per esempio per
giustificarsi di fronte al partner o alla giustizia. Il loro gioco consiste nel manipolare il terapeuta, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 148.
104
I paranoici sono di rado accessibili ad una terapia. Non avvertono alcun bisogno in tal senso dato che sono persuasi che tutto il problema venga
dall'altro e di avere ragione ad agire così. Ciò nonostante, possono beneficiare con profitto di un trattamento antidepressivo che, diminuendo la
pressione interna, può a volte attenuare il senso di inferiorità e, di conseguenza, disinnescare la violenza. In genere, vedono uno psichiatra sol‐
tanto su ordine giudiziario e mantengono una notevole diffidenza nei suoi confronti, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. p. 161.
105
Le vittime descrivono, tutte, una sensazione di paura. Sono costantemente sul chi vive, a spiare lo sguardo dell'altro o una rigidità dei gesti, un
tono gelido, che potrebbe mascherare un'aggressività non espressa. Temono la reazione del partner se non sono conformi alle sue attese, la sua
tensione o la sua freddezza, osservazioni offensive, sarcasmi, disprezzo, derisione. Che le vittime, terrorizzate, si sottomettano oppure reagiscono,
hanno torto comunque. Nel primo caso i perversi, e forse anche l'ambiente circostante, diranno che sono proprio delle vittime nate; nel secondo
caso, se ne sottolineerà la violenza, le si accuserà di essere responsabili del fallimento del rapporto e anche di tutto quello che non va, a dispetto
di ogni verosimiglianza. Più si è generosi nei confronti di un perverso, più lo si destabilizza. Sforzandosi di sembrare benevoli, non si fa altro che
59
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Un aiuto per superare tali situazioni è rappresentato dal trattamento psicoterapeutico che può
essere anche associato a cure farmacologiche, in quanto aiuta la donna ad uscire dall’angoscia
con attenuazione dei sintomi post‐traumatici.
È anche utile far ricorso ad un bravo terapeuta, preferibilmente psichiatra, ma anche psicologo,
che sia esperto di relazioni familiari alterate e che è maggiormente in grado di altri di riconoscere
le situazioni patologiche presenti nell’ambito della coppia106.
La situazione della coppia dovrà essere oggetto di attenta valutazione a seconda che i partners
convivano o vivano separatamente e/o in posti lontani tra loro; nel caso di convivenza la donna
dovrà far capire al malato quali sono i limiti a cui può giungere il suo comportamento, rifiutando
decisamente ogni eccesso, inviando un chiaro segnale al partner di rifiuto di ogni situazione ec‐
cedente tale linea di confine, recuperando una capacità critica che consenta alla donna la consa‐
pevolezza di cosa le sta accadendo e anche di valutare senza veli il comportamento dell’uomo,
analizzando le cause che ne hanno agevolato l’atteggiamento violento107.
Nelle forme più gravi raramente si ottengono risultati positivi sulla violenza, sia con cure farma‐
cologiche che terapeutiche, in quanto eventuali benefici effetti si hanno per un arco temporale
determinato, mentre poi le violenze riprendono sistematicamente108.
La scelta tra rimanere o andarsene è difficile per le donne soprattutto se sono sotto plagio e
tendono ad adattarsi alla situazione imposta dal partner; se sono in cura presso uno psicotera‐
peuta è fondamentale che la scelta, previa presa di coscienza della situazione, sia attuata dalla
donna e non dal sanitario109.
La donna soffre comunque per il fallimento del rapporto, che in parte è portata a ritenere impu‐
tabile anche a lei e occorre evitare qualsiasi colpevolizzazione che possa, anziché attutire, aggra‐
vare il senso di vergogna e di colpa, cercando anzi di decolpevolizzare il paziente che è la vittima,
inducendolo a riflettere sul rapporto di coppia, analizzando le cause del fallimento e ponendo in
rilievo il comportamento del malato che è indipendente da ogni atteggiamento del partner o
insensibile a ogni possibile rimedio.
Il persistere del legame di dipendenza della vittima dal partner va avanti anche quando la situa‐
zione di condizionamento è scomparsa. Più il legame si è protratto nel tempo e meno la vittima
è in grado di sganciarsi, presa com'è tra dipendenza e violenza; e questo sfocia a volte in una vera
e propria morte psichica.
Nelle donne oggetto di violenza coniugale i più comuni sintomi riscontrabili sono costituiti da
turbe ansiose, depressione, anche grave, stress post‐traumatico, con un aumento dei tentativi di
fargli vedere quanto gli si è superiori, il che, naturalmente, ne riattiva la violenza. Quando l'aggredito, per reazione comincia a odiare, i perversi
sono contenti. Ciò li giustifica: "Non sono io che lo/la odio, è lui /lei che mi odia", HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 168.
106
Per essere sicuri di non ricadere in un torbido sistema di manipolazioni è preferibile assicurarsi di certe garanzie relative alla sua formazione.
Nel dubbio, è preferibile scegliere qualcuno che sia psichiatra o psicologo. La cosa più semplice per la vittima, è chiedere un indirizzo a una
persona di fiducia o al suo medico generico. Non si deve esitare a incontrare più terapeuti, per poi scegliere quello con il quale ci si sentirà più in
confidenza. Il paziente giudicherà la capacità che un dato terapeuta ha di poterlo aiutare sulla base delle proprie sensazioni, HIRIGOYEN, Sotto‐
messe, cit., p. 199.
107
Bisognerà, poi, insegnare alla persona a porre limiti, a rifiutare una situazione che non le giova, per uscire dalla confusione e proteggere la
propria intimità dalle intrusioni esterne. Peraltro si constata che, una volta che la persona ha indicato con fermezza i propri limiti, il partner
avverte di non potersi spinger oltre. Ma sarà bene stare attenti, perché cercherà di nuovo di infrangerli. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 180.
108
Ci sono diversi profili di uomini violenti e a seconda di tali profili le terapie saranno differenti e avranno differenti risultati. Gli uomini violenti
in modo impulsivo e circoscritto, la cui patologia non è molto marcata, finiranno forse per riconoscere la loro violenza, a condizione di accettare
un trattamento psicoterapeutico regolare, che gli insegnerà a controllarsi, specie se, contemporaneamente, si sforzeranno di smettere con alcol
e droghe. Con gli psicopatici, le sanzioni legali e l'obbligo di curarsi in genere non fanno che rafforzare le loro tendenze aggressive. Con i perversi
narcisisti il lavoro terapeutico è difficile, o addirittura impossibile, perché non ammettono i fatti e non si mettono in discussione. Se accettano un
trattamento psicoterapeutico, di solito è in modo del tutto strategico e utilitaristico, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 188.
109
Le donne sviluppano strategie di adattamento per limitare la violenza del partner e salvaguardare la coppia e la famiglia. Se tardano ad andar‐
sene, è perché non è così semplice liberarsi dal plagio. Si tratta di una lunga presa di coscienza che richiede appoggio, allo scopo di identificare le
"trappole". Molte donne, non vogliono continuare a sopportare la violenza ma non sanno come fare ad andare via. Quali che siano gli approcci
terapeutici proposti, è importante che sia la donna, e non una persona esterna, a decidere se lasciare o meno il partner violento, HIRIGOYEN,
Sottomesse, cit., p. 193.
60
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
suicidi con una percentuale maggiore (dalle cinque alle otto volte), rispetto al resto della popo‐
lazione110.
Tali traumi psichici si riscontrano anche molto tempo dopo la separazione.
Le persone traumatizzate presentano un elevato livello di attività mentale e fisica. Ciò si traduce
prima di tutto in turbe ansiose. Può trattarsi di angoscia fluttuante, accompagnata da un persi‐
stente senso di insicurezza e da ondate d'ansia paragonabili ad "attacchi di panico". In queste
persone, sono anche presenti difficoltà di assopimento, il loro sonno è leggero, il minimo rumore
provoca un risveglio agitato, hanno incubi che rappresentano il passato.
Poiché è raro sfuggire a queste suggestioni traumatiche, la fuga mentale può essere una scappa‐
toia. E così le persone traumatizzate presentano spesso una forma di distacco rispetto agli eventi
e alle persone che può essere confuso con la stanchezza.
Questi disturbi sono legati a disfunzioni a livello di diverse strutture cerebrali, conseguenza di‐
retta dei meccanismi fisiologici del plagio.
L’uso di alcol o droghe per attutire lo stato di disagio può avere conseguenze ancora più gravi per
la salute della donna che dovrà poi sottoporsi ad un trattamento di disintossicazione tanto più
difficile quanto più permane la situazione che ha dato origine alla loro assunzione111.
Nelle forme meno gravi di patologia l’uomo riconosce le proprie colpe e la donna potrà anche
perdonarlo, ma tale assunzione di responsabilità non potrà avvenire nelle malattie psichiche più
gravi quali la paranoia perché l’uomo non si renderà conto del proprio comportamento e non
ammetterà la violenza112.
Il trattamento multidisciplinare è consigliabile in quanto entrambi i soggetti della coppia hanno
bisogno di assistenza terapeutica evitando, tuttavia, di fare reincontrare la coppia soprattutto
nel caso in cui i coniugi si siano separati113.
Presa coscienza della sua situazione la parte debole soprattutto se in buona salute mentale, potrà
porre in essere tutte le strategie e gli accorgimenti necessari per difendere la sua vita e la sua
stessa esistenza, mentre nei casi in cui la donna presenti una situazione psichica alterata o com‐
promessa è utile ricorrere a farmaci antidepressivi o ansiolitici che consentano di ripristinare una
condizione psichica accettabile.
La somministrazione di antipsicotici, soprattutto dell’ultima generazione, denominati atipici, nei
periodi di crisi può arrecare benefici al malato anche se non può portare alla guarigione in quanto
non esistono cure che consentano la guarigione contro alcune delle più gravi malattie psichiche
quali la paranoia e la schizofrenia114.
110
Per uscire da una posizione di vittima, è necessario, con un lavoro psichico, ritrovare una buona immagine di sé. Le umiliazioni lasciano tracce
incancellabili, ma che possono essere superate, se si accetta la propria storia. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 180.
111
La psicoterapia di coppia non è assolutamente adatta in caso di violenza coniugale, perché parte dal principio che ognuno dei due partner sia
corresponsabile dei problemi matrimoniali. Di conseguenza, permette all'uomo di trovare giustificazioni alla sua violenza, e rischia di rafforzare il
senso di colpa della donna. Inoltre, questa terapia può essere pericolosa per la donna perché ciò che viene detto durante la seduta rischierà di
essere usato dall'uomo per potenziare ancora di più la sua violenza. La vulnerabilità della donna aumenterà, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 180.
112
Nel caso delle aggressioni perverse, l'aggressore non riconosce mai i propri torti, e così la vittima deve fare opera di sopportazione, da sola. Le
donne che ne escono meglio sono quelle che sono riuscite ad andare fino in fondo a un procedimento legale. Ora quando si tratta di violenza
psicologica, questo è impossibile perché non ci sono tracce, non ci sono prove, e le vittime vengono difficilmente credute. Questo le inchioda in
una posizione di vittime eterne, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 180.
113
Anche se è necessario che il trattamento sia multidisciplinare e che ci siano contatti fra il terapeuta dell'aggressore e quello della vittima, mi
sembra pregiudizievole per la donna vittima essere seguita nelle stesse strutture del marito. Come abbiamo detto, le donne hanno paura, e ce
l'hanno ancora molto dopo la separazione, e quindi l'eventualità di un incontro con il loro aggressore può costituire un trauma supplementare
che sarebbe meglio evitare, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 188.
114
Per gli effetti di tali farmaci si rinvia CHINDEMI‐CARDILE, Molestie morali: tutela giuridica e rimedi terapeutici, in Resp. civ. prev., 2006.
61
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Le difficoltà operative da parte del terapeuta sono dovute non al fatto che si tratta di rimuovere
situazioni passate, ma di evitare quelle presenti e future; si trova, quindi, al cospetto di una si‐
tuazione ancora in evoluzione e in divenire e in tal caso la bravura dello psichiatra è di individuare
esattamente la psicosi per suggerire le cure più appropriate sia al malato, sia alla vittima115.
Nei confronti del carnefice ‐ malato ‐ scarsa è la possibilità di rimedio farmacologico in quanto,
non riconoscendo la sua situazione patologica, difficilmente accetterà di sottoporsi a terapia sia
farmacologica che psichica ritenendole delle “baggianate” e se anche dovesse sottoporvisi, per‐
ché comunque, costretto dalla situazione, lo farà per un breve arco temporale senza che ne possa
ricevere concreti benefici116.
Occorrerà far presente alla donna che ha a che fare con una persona malata o disturbata e che
la situazione, ancorché patologica è comprensibile e giustificabile, mentre occorrerà molta pa‐
zienza ed una particolare attenzione ed intuito per verificare il racconto e la narrazione della
donna chiedendo, ove possibile, qualche ulteriore riscontro117.
Comunicando con la vittima il terapeuta deve infonderle fiducia dimostrando di avere capito il
dramma in cui si trova e suggerire con sensibilità i comportamenti da tenere e quelli da evitare
per consentirle di tentare di uscire dal tunnel in cui si è trovata.
Nella vittima l’esatta conoscenza del soggetto malato può avvenire, nella maggior parte dei casi,
solamente attraverso la descrizione che ne fa essa stessa, non sempre ritenuta obiettiva ed at‐
tendibile proprio per la particolare situazione di vessazione in cui si trova, ma è necessario che la
vittima riesca a parlare col suo terapeuta e spiegargli quanto gli è accaduto o gli sta accadendo,
liberando le sue emozioni e le sue sensazioni senza censure o autolimitazioni.
Il paziente è sempre piuttosto confuso e bisogna convincerlo che non ha alcuna responsabilità
per la situazione in cui si trova nonostante le accuse del partner e deve liberare o far rientrare, il
senso di colpa che lo affligge e che lo fa sentire corresponsabile di quanto gli sta accadendo118.
L’approccio per l’effettiva liberazione psicologica del paziente dalle catene che fin allora lo ave‐
vano intrappolato consiste nella presa di posizione dalle remore e paure di parlare e confidarsi119.
115
Di fronte a questi pazienti feriti nel loro narcisismo la neutralità benevola, che in certi psicanalisti assume l'aspetto della freddezza, non è
ammissibile. Il silenzio dello psicoterapeuta fa eco al rifiuto comunicativo dell'aggressore e provoca una vittimizzazione secondaria. D'altra parte,
la maggior parte degli psicanalisti che prendono in carico delle vittime non seguono più Freud per ciò che riguarda la realtà del trauma. Dobbiamo
imparare a pensare con indipendenza rispetto a qualunque riferimento, a qualunque certezza, con il coraggio di rimettere in discussione i dogmi
freudiani. Gli psicoterapeuti devono dar prova di flessibilità e inventare un modo nuovo di lavorare, più attivo, benevolo e stimolante. Finché la
persona non è uscita dal condizionamento non può aiutarla una cura psicoanalitica tipo, con tutto quello che essa comporta in termini di frustra‐
zione. La vittima non farebbe che cadere in un'altra suggestione, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 200.
116
È molto raro che un perverso narcisista accetti un consulto di terapia familiare o di coppia, perché non gli è possibile rimettersi davvero in
discussione. Quelli che hanno il coraggio di farlo sono individui che utilizzano difese perverse senza essere veramente perversi. Nel caso di consulti
imposti, ad esempio di mediazioni su richiesta di un giudice, i perversi tendono a manipolare anche il mediatore per fargli vedere fino a che punto
il partner è "cattivo". E' importante, quindi, che i terapeuti e i mediatori siano particolarmente vigili, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 213.
117
E' importante che il traumatismo derivato da un'aggressione esterna venga riconosciuto come premessa dal terapeuta. I pazienti fanno spesso
fatica a ricordare la relazione passata, da un lato perché cercano di rifugiarsi nell'oblio, dall'altro perché per loro quello che potrebbero dire è
ancora impensabile. Per giungere gradualmente a formularlo avranno bisogno di tempo e del sostegno del psicoterapeuta. Alcuni pazienti che
hanno vissuto una situazione di molestia dicono che, quando hanno cercato di parlarne con uno psicoterapeuta, questi non ha voluto ascoltare
e li ha informati di essere più interessato agli aspetti intrapsichici che alla violenza effettivamente vissuta. Parlare di manipolazione perversa non
induce la persona a rimuginare, le consente invece di liberarsi dal senso di ingiustizia e di colpa. Liberarsi dal peso dell'ambiguità delle parole e
del non detto vuol dire accedere alla libertà. Perché ciò avvenga, il terapeuta deve consentire alla vittima di ritrovare fiducia nelle proprie risorse
interiori Non è possibile curare la vittima di un perverso (morale o sessuale che sia) senza tenere conto del contesto. Alla presa di coscienza della
natura perversa del rapporto si deve aggiungere quella di come viene messo in atto il condizionamento. Fornendo alla vittima gli strumenti per
riconoscere le strategie perverse, le si dà la possibilità di non lasciarsi più sedurre, né impietosire dal suo aggressore. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit.,
p. 201.
118
In nessun caso la terapia deve intervenire a rafforzare il senso di colpa della vittima, rendendola responsabile della sua posizione. Non ne è
responsabile: piuttosto accetta la situazione. Finché non esce dal condizionamento, resta in preda al dubbio e al senso di colpa: "In che cosa sono
responsabile di questa aggressione?", e questo senso di colpa le impedisce di fare progressi, soprattutto se, come spesso accade, l'aggressore ha
puntato il dito sulla malattia mentale della vittima: "Sei pazzo/a!". Non ci si deve preoccupare di lui e di quello che ha detto, ma di se stessi.
HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 203.
119
Bisogna parlare col paziente di perversione e chiedere di dare voce alla collera che non ha potuto provare perché era suggestionato, consen‐
tirgli di pronunciare parole e di provare emozioni fino a quel momento censurate; se il paziente non trova espressioni, lo si deve aiutare a verba‐
lizzare. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 201.
62
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Solamente quando avrà preso coscienza di tutto ciò che le è capitato, razionalizzando lo stato di
dolore psichico e di sofferenza in cui si trova, comprendendone le ragioni, la vittima uscirà da tale
stato e sarà pronta alla reazione che la affrancherà anche psicologicamente120.
Una delle possibili cause o concause della violenza consiste in un elevato tasso di testosterone,
ormone maschile, e nella presenza di serotonina, neuromediatore cerebrale, anche se il partner
spesso è borderline con maggiori difficoltà, in tal caso, di accertamento medico ed è sovente
violento solo in famiglia per essere normale all’esterno. Possono anche influire sulla violenza fat‐
tori esterni di carattere sociale, culturale, familiare, quale l’educazione, oppure traumi subiti
nell’infanzia121.
La violenza ha ripercussioni nella vita di coppia e può causare azioni incontrollabili ed inattese,
rafforzando sentimenti di odio verso il partner, unitamente a un sentimento di sconforto, per cui
sembra che accadimenti avversi non possano essere controllati e si verificano per cause scono‐
sciute
Aumenta la confusione e aumenta l’isolamento sociale e l’assenza di comunicazione con un au‐
mento dell’ostilità.
A volte si ricorre all’uso di psicofarmaci: valutare effetti positivi e negativi della cura è il compito
del medico che deve invitare il paziente a interrompere la somministrazione di farmaci, sosti‐
tuendoli con altri con effetti collaterali di minore intensità, ove il rapporto utilizzo‐benefici dei
farmaci non penda dalla parte del paziente, ma si registri un quadro clinico deteriorato anche e
soprattutto per l’utilizzo dei farmaci antipsicotici.
2. Esistono rimedi comportamentali oltre che terapeutici?
Sotto il profilo della cura vi è l’alternativa tra il rimedio farmacologico e la cura tramite psicote‐
rapia, anche se è possibile associare entrambe per un effetto multiplo più efficace; un bravo psi‐
coterapeuta deve essere in grado, una volta effettuata l’anamnesi, di individuare, in relazione
alle specifiche peculiarità del soggetti, il rimedio più adeguato in relazione alla personalità del
soggetto ed al suo grado di coinvolgimento emotivo, ed alla situazione di dipendenza cui è giunto.
Vi è la possibilità di ricorrere a rimedi comportamentali, oltre che terapeutici, a seguito della
violenza endofamiliari, conseguente ai disturbi a livello cerebrale sia da parte delle vittime che
del malato, una volta riconosciuti come tali e, quindi, bisognevoli di cure122.
A seguito della violenza psichica si possono anche verificare reazioni nel comportamento della
vittima che varieranno in base allo stadio della violenza, alla sua sopportazione, al grado di co‐
scienza della vittima, al suo attaccamento alla istituzione della famiglia, alla presenza di figli, con
120
Guarire vuol dire essere in grado di riconnettere le parti sparse, di ripristinare la circolazione. Il paziente deve riconoscere la propria sofferenza
come una parte di se stesso degna di stima e che gli consentirà di costruire un avvenire. Deve trovare il coraggio di guardare in faccia la propria
ferita. Potrà a questo punto smettere di lamentarsi o di nascondere a se stesso il proprio stato morboso. Il trauma vissuto implica una ristruttu‐
razione della personalità e una relazione diversa con il mondo circostante. Lascia una traccia che non si cancellerà, ma sulla quale è possibile
ricostruire. Questa dolorosa esperienza di vita è spesso l'occasione per una ristrutturazione personale. Se ne esce più forti, meno ingenui. Si può
decidere che, da questo momento in poi, si verrà rispettati. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 207.
121 Si sa che a livello endocrino un elevato tasso di testosterone, l'ormone maschile, può portare alla violenza e che anche i neuromediatori
cerebrali, come la serotonina, rivestono un ruolo. Tuttavia, nessuna dimostrazione biologica può spiegare perché gli uomini violenti lo siano
soltanto con la compagna più intima, in maggioranza, mai al di fuori della famiglia. In grande maggioranza, gli uomini violenti hanno una perso‐
nalità borderline e antisociale. Alcuni specialisti del resto associano la personalità borderline alla violenza coniugale. Nessun fattore, preso in
modo isolato, basta a spiegare perché un individuo è violento, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 119.
122
In una situazione di molestia, dopo molti tentativi di dialogo falliti, si instaura uno stato d'ansia permanente, "congelato", mantenuto da
aggressioni continue, che spesso impone un accresciuto consumo di farmaci. Nel caso di altre vittime, la reazione è fisiologica: ulcere allo stomaco,
malattie cardiovascolari, malattie della pelle. Alcune dimagriscono, si indeboliscono, esprimono così attraverso il corpo un'aggressione psichica
di cui non prendono coscienza e che può arrivare fino alla distruzione della loro identità. I disturbi psicosomatici non sono effetto diretto dell'ag‐
gressione, ma del fatto che il soggetto non è in condizione di reagire. Qualunque cosa faccia ha torto, qualunque cosa faccia è colpevole, HIRIGOYEN,
Molestie morali, cit., p. 172.
63
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
una serie di variabili che non consentono di generalizzare le risposte comportamentali delle vit‐
time123.
Il plagio influisce sulla psiche, influenzando i pensieri della vittima che è succube del malato e
può uscire da tale situazione non solo con la cura farmacologia ma anche con l’aiuto di un bravo
psicoterapeuta che la aiuti ad uscire gradatamente dalla situazione di grave disagio attraverso la
presa di coscienza della situazione; l’aiuto psicoterapeutico può rivelarsi anche più efficace dei
farmaci ma deve essere condotto in modo tale da non colpevolizzare e condizionare la donna.
La donna generalmente ha due alternative: o subire la sottomissione o ribellarsi e andarsene124.
Apparentemente la seconda soluzione sembrerebbe quella preferibile e più facilmente percorri‐
bile e consigliabile, ma quasi mai è così, in quanto, quando si prende coscienza del proprio stato
si è arrivati ad un grado di frustrazione tale che viene grandemente scemata ed indebolita la
capacità di reazione della vittima che potrebbe non avere la forza di porre in essere la separa‐
zione che, oltre che giuridica, deve essere soprattutto fisica125.
Spesso le vittime non hanno coscienza della spirale in cui sono cadute o rischiano di cadere in
quanto non si rendono pienamente conto della violenza psicologica attuata dal partner nei loro
confronti, con modalità differenti; per poter parlare di rimedi occorre infatti la consapevolezza di
uno stato di disagio delle vittime e di malattia del partner e sovente non si realizza neanche una
delle due condizioni in quanto la vittima ha scarsa cognizione di conoscenze psichiatriche al ri‐
guardo e non si rende conto di essere stata plagiata in quanto i suoi pensieri sono annullati
dall’atteggiamento invasivo del partner126.
La vittima può persino negare l'evidenza arrivando ad esempio a sostenere che l’aggressore non
l'ha mai picchiata apertamente: ''Mi spingeva ed io cadevo da sola".
Sovente la donna non ha neanche una autonomia economica o perché non lavora oppure perché,
pur lavorando, il partner ha trovato il modo, e ciò accade di frequente, di privarla dei suoi redditi.
Un bravo terapeuta deve far prendere coscienza di tale stato, non drammatizzando la situazione
ma neanche sottovalutandola quale manifestazione isterica della donna127.
123
A volte la reazione, di natura comportamentale, caratteriale, è diretta conseguenza della provocazione perversa. Consiste in vani tentativi di
farsi ascoltare: una crisi di nervi in pubblico, ad esempio, oppure uno scatto violento contro l'aggressore che giustificheranno addirittura l'attacco:
"Vi avevo avvertito, è completamente pazzo/a!". I perversi, per provare che la loro vittima è cattiva, sono pronti a provocare in lei violenza nei
loro confronti, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 172.
124
Soggette ad un condizionamento troppo forte o di troppa lunga durata, certe persone non sono in grado né di fuggire né di combattere.
Persone di questo tipo preferiscono di solito un trattamento farmacologico a una lunga psicoterapia. Tuttavia, quando gli stati depressivi si sus‐
seguono, può verificarsi un abuso di farmaci ansiolitici o di sostanze tossiche. Quando è in atto la molestia, infatti, è raro che si interrompa se la
vittima non se ne va, e non sono dei farmaci che le permetteranno di salvarsi, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 175.
125
La separazione, quando può realizzarsi, riguarda le vittime, mai gli aggressori. Questo processo di liberalizzazione si compie all'insegna del
dolore e del senso di colpa, perché i perversi narcisisti si atteggiano a vittime abbandonate e trovano in ciò un nuovo pretesto per essere violenti.
Nella separazione i perversi pensano sempre di essere stati danneggiati e diventano cavillosi, approfittando del fatto che la loro vittima, nella
fretta di farla finita, è disposta a qualunque concessione. Nella coppia, il ricatto e la pressione si esercitano attraverso i bambini, quando ci sono,
o in procedure che riguardano beni materiali, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., p. 175.
126
Diverse forme di psicoterapia possono essere proposte a una donna maltratta nell'ambito della coppia, ma è il caso di preferire l'ascolto attivo
realmente partecipe all'attenzione fluttuante e a una neutralità più fredda che amichevole. Quando una donna si presenta angosciata, incapace
di parlare, spaurita, con la testa vuota, non ci si può accontentare di ascoltarla in silenzio. E' meglio evitare le terapie comportamentali, perché si
basano sulle teorie dell'apprendimento, presentando il rischio di rispecchiare il condizionamento cui la donna è soggetta. In ogni caso, a nascon‐
dersi dietro una tecnica, si corre il rischio di dimenticare la sostanza, ossia la disponibilità nei confronti di queste persone. Bisogna aiutarle a
tradurre in parole, a capire la loro esperienza, per poi condurle a criticarla, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 179.
127
La prima tappa consiste nel fare ammettere che si tratta di violenza. Alcune donne non immaginano che ciò che subiscono sia violenza psico‐
logica. Per consentire ad una persona di liberarsi dal plagio, è innanzitutto necessario portarla a capire in che modo è caduta in trappola, analiz‐
zando insieme le strategie di violenza indiretta usate contro di lei. Non è facile perché in genere le parole elaborate e argomentate dall'aggressore
mascherano le strategie di violenza. Quando l'aggressore si difende accusando la vittima, questa ha la tentazione di giustificarsi, e questo è
proprio da evitare di fronte ad un narcisista perverso che userà qualunque cosa gli si dica per ritorcerla contro la vittima. Come nelle sabbie
mobili, più ci si dibatte, più si fa il loro gioco, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 179.
64
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Occorre poi decolpevolizzare la vittima per il fallimento del rapporto che non va ricercato nel suo
comportamento, ma in quello del partner, anche se originato dalla particolare situazione patolo‐
gica dello stesso128.
È importante per lo psicoterapeuta che la vittima capisca anzitutto la sua particolare situazione
senza per questo colpevolizzarla per quello che è successo, ma aiutandola anche a recuperare i
suoi sentimenti di vergogna, ira, vendetta che risultano appiattiti durante la fase del plagio129.
Spetterà al medico valutare costi‐benefici del trattamento, interromperlo appena compiono ef‐
fetti indesiderati che si prolungano nel tempo, valutando tutte le situazioni concrete al fine di
continuare o meno la cura o sostituirla con altra ritenuta più adatta alle particolari condizioni del
paziente.
128
E' dunque necessario spiegare alla persona che, se non ha reagito, è perché era influenzata, farle capire che lo stato di impotenza in cui si trova
non è patologico, ma deriva da un processo di cui è possibile capire i meccanismi sul piano tanto sociale quanto razionale. La tappa successiva
consiste, per il paziente, nel riuscire a esprimere che il comportamento del suo aggressore non è accettabile. Deve attribuirgli la responsabilità
delle sue azioni. Una volta spiegato questo procedimento ai pazienti, capita che trovino da soli le proprie soluzioni. Per esempio alcune donne
capiscono che non è stato il loro comportamento a provocare la violenza del compagno, ma il malessere di quest'ultimo. Il processo violento si
riproduce in ogni nuovo rapporto dell'uomo, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit., p. 179.
129
Lo psicoterapeuta, nel corso di una terapia di questo tipo, si deve guardare bene dal giudicare la situazione, anche se appare molto scioccante
o molto pericolosa, con il proprio metro: "Io, al posto Suo, me ne sarei andata" o "Lei non si rende conto che così si mette in pericolo!", HIRIGOYEN,
Sottomesse, cit., p. 179.
65
CAPITOLO VIII
RISARCIMENTO DEL DANNO
Sommario: 1. È possibile chiedere il risarcimento del danno psichico endofamiliare? ‐ 2. Quando chie‐
dere il risarcimento del danno psichico non patrimoniale in forza dell’interpretazione costituzional‐
mente orientata dell’art. 2059 c.c.? ‐ 3. Quando chiedere il risarcimento del danno psichico non patri‐
moniale in caso di fatto reato? ‐ 4. Quali sono i reati più frequenti in ambito familiare? ‐ 4.1. Stalking ‐
4.2. Minaccia ‐ 4.3. Maltrattamenti in famiglia ‐ 4.4. Percosse e lesioni.
1. È possibile chiedere il risarcimento del danno psichico endofamiliare?
La individuazione di un fatto illecito consente di proporre l’azione risarcitoria sia per ottenere il
ristoro di danni patrimoniale che non patrimoniali, dimostrando, tuttavia, il nesso causale tra la
condotta dell’aggressore e la vittima.
Diversi saranno i criteri risarcitori del danno non patrimoniale in base alla individuazione o meno,
nella condotta illecita, di un fatto reato, verifica che il giudice civile deve condurre secondo la
legge penale e deve avere ad oggetto l'esistenza del reato in tutti i suoi elementi oggettivi e sog‐
gettivi130.
Trattasi di accertamento che ha riflessi in ordine ai danni areddituali risarcibili, la cui prova è
necessaria a far scattare la tutela risarcitoria.
Infatti ove si opti per l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. (in man‐
canza di reato) occorrerà provare la lesione di un diritto inviolabile della persona connotato da
serietà della lesione e gravità del pregiudizio
Nei diversi casi di fatto reato invece, sarà sufficiente fornire la prova della lesione di un interesse
della persona tutelato dall'ordinamento.
Ove sia possibile effettuare una scelta tra le varie opzioni, il difensore della vittima dovrebbe
scegliere quest’ultima in quanto garantisce un risarcimento del danno patrimoniale più ampio,
non circoscritto alla sola lesione dei diritti inviolabili, connotati dalla gravità della lesione.
Quando è prospettato un illecito costituente reato, per il quale la risarcibilità del danno non pa‐
trimoniale è espressamente prevista dalla legge, ai sensi degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p., l'indagine
sull'esistenza di un diritto leso di rilievo costituzionale ‐ cui sia ricollegabile il risarcimento del
danno non patrimoniale, entro determinati limiti, secondo l'interpretazione costituzionalmente
orientata dell'art. 2059 c.c., può venire in rilievo solo dopo l'esclusione della configurabilità di un
reato.
Quando, infatti il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato, la vittima avrà diritto
al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della
persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale, costituendo la tu‐
tela penale sicuro indice di rilevanza dell'interesse leso.
L'inesistenza di una pronuncia del giudice penale, nei termini in cui ha efficacia di giudicato nel
processo civile ex artt. 651 e 652 c.p.p., l'estinzione del reato (art. 198 c.p.), l'improponibilità o
l'improcedibilità dell'azione penale, non costituiscono impedimento all'accertamento da parte
del giudice civile della sussistenza degli elementi costitutivi del reato. Accertamento che il giudice
civile deve condurre secondo la legge penale e deve avere ad oggetto l'esistenza del reato in tutti
130
Per un’analisi dei criteri risarcitori del danno non patrimoniale CHINDEMI, il danno alla persona patrimoniale e non patrimoniale, Maggioli, 2010,
122 ss; FRANZONI, Il danno non patrimoniale del diritto vivente, in Il Corriere Giuridico, 2009, 1; VIOLA, Danni da morte e da lesioni alla persona,
Cedam, 2009; BILOTTA, I pregiudizi esistenziali: il cuore del danno non patrimoniale dopo le S.U. del 2008, in Resp. civ., 2009, 01; BUSNELLI, Le sezioni
unite e il danno non patrimoniale, in Riv. Dir. Civ., 2009;
66
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
i suoi elementi oggettivi e soggettivi, ivi comprese eventuali cause di giustificazione e l'eccesso
colposo ad esse relativo131.
Il danno non patrimoniale non spetta alla sola vittima del reato, in forza del combinato disposto
dell'art. 74 c.p.p. e art. 185 c.p., ma anche, ad esempio, ai prossimi congiunti della parte offesa
che hanno diritto a far valere quantomeno i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in con‐
seguenza del reato perpetrato in danno della parte offesa
I criteri risarcitori del danno non patrimoniale variano in base alla individuazione o meno, nella
condotta illecita di un fatto reato che deve essere espressamente specificato nella domanda in
quanto trattasi di un accertamento che ha riflessi in ordine ai criteri risarcitori del danno non
patrimoniale e ai danni risarcibili.
La giurisprudenza di legittimità ha previsto la possibilità di riconoscere il danno non patrimoniale
(qualificato danno tipico) in sole tre ipotesi, ma con presupposti in parte differenti: a) fattispecie
prevista dalla legge; b) fatto reato; c) interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059
c.c.132.
Con riferimento alle violenze psichiche devono escludersi i fatti previsti dalla legge, potendo sus‐
sistere solamente il fatto previsto dalla legge come reato e, in tal caso è sufficiente la lesione di
qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costitu‐
zionale, costituendo la tutela penale sicuro indice di rilevanza dell'interesse leso.
Infatti è risarcibile, se il fatto è previsto dalla legge come reato, non solo il danno non patrimo‐
niale conseguente alla lesione di diritti costituzionalmente tutelati ma anche quello conseguente
alla lesione di interessi inerenti la persona non presidiati da siffatti diritti, ma meritevoli di tutela
in base all'ordinamento (secondo il criterio dell'ingiustizia ex art. 2043 c.c.133.
Pertanto, a maggior tutela delle vittime, sarebbe preferibile l’individuazione di un fatto reato
nella condotta dell’agente che consente di richiedere il risarcimento del danno non patrimoniale
evitando di ricorrere al criterio della interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059
c.c. che prevede griglie più strette ai fini risarcitori richiedendo anche la prova, oltre che dell’in‐
violabilità della lesione, anche della sua gravità e della serietà del pregiudizio, elemento che im‐
pedisce la tutela areddituale di un danno medio, ma non grave.
Un danno di tal fatta potrà essere, invece, liquidato, nel caso di fatto reato.
In entrambi i casi, invece, occorre che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità, in quanto
il dovere di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni
nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza, non essendo risarcibile
il pregiudizio futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi.
I danni c.d. bagatellari di natura non patrimoniale, infatti, non trovano tutela risarcitoria non in‐
cidendo concretamente sulla vita della persona; così, ad esempio, il fastidio di livello infimo, il
disappunto, il disagio costituiscono sensazioni del tutto naturali, soggettive, che rimangono nella
sfera personale e non possono presentare valenza giuridica, essendo prive di incidenza lesiva134.
131
Cass., 11.06.2012, n. 9445.
132
Per un commento a Sez. Un. civ., 11 novembre 2008, n. 26972, in Resp. Civ. Prev., 2009, 38, , con note di CHINDEMI, Una nevicata su un campo
di grano, ivi, 219;MONATERI, Il pregiudizio esistenziale come voce del danno non patrimoniale; NAVARRETTA, Il valore della persona nei diritti invio‐
labili e la complessità dei danni non patrimoniali; POLETTI, La dualità del sistema risarcitorio e l'unicità della categoria dei danni non patrimoniali;
Ziviz, Il danno non patrimoniale: istruzioni per l'uso; SCOGNAMIGLIO, Il sistema del danno non patrimoniale dopo le Sezioni Unite, ivi, 261; ex plurimis
CITARELLA, Danno non patrimoniale contratto; in Danno resp., 2009, 19, GAZZARRA, Danno non patrimoniale da inadempimento: le SS.UU. e le prime
applicazioni nella giurisprudenza di merito; in Giur. it., 2009, 70; CASSANO, Danno non patrimoniale ed esistenziale: primissime note critiche a
Cassazione civile, Sezioni Unite, 11 novembre 2008, n. 26972; in Nuova giur. civ. comm., 2009, I, 102.
133
CEDU, VIGLIANISI FERRARO, Il nuovo volto del danno non patrimoniale ed il «diritto inquieto», in Nuova giur. civ. comm., 2010, 86, VIGLIANISI
FERRARO , Il danno non patrimoniale e i diritti inviolabili dell'uomo secondo la recente giurisprudenza dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione,
in Dir com. sc. int., 2009, 810 ss.
134
Cass., SS.UU, 29.8.2008, n. 21934.
67
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
La liquidazione del danno non patrimoniale, al di fuori del risarcimento tabellare, avviene in via
equitativa ex art. 1226 c.c., non sussistendo criteri automatici di liquidazione del relativo pregiu‐
dizio, ed, a seguito del novellato art. 360 n. 5 c.p.c. è soggetta al sindacato di legittimità solo
quando la liquidazione del danno stesso appaia manifestamente simbolica o per nulla correlata
con le premesse in fatto in ordine alla natura ed all'entità del danno dal medesimo giudice accer‐
tate, tanto da risolversi in una motivazione apparente135.
Il giudice deve fare applicazione della discrezionalità “motivata”, con riferimento alle specificità
della fattispecie, consentendo così al giudice di appello di valutare la congruità e l’integralità del
risarcimento, individuando eventuali duplicazioni risarcitorie136.
Il giudice dovrà continuare a redigere la c.d. “lista della spesa”, con l’indicazione dei vari pregiu‐
dizi che intende ristorare, assegnando a ciascuno il relativo valore, sia pure nella generale liqui‐
dazione del danno non patrimoniale, analitica con riferimento ai singoli pregiudizi che lo com‐
prendono e unitaria con riguardo al risultato finale.
Il novellato art. 360, n. 5 c.p.c. non consente la deduzione dell’insufficiente e contraddittoria mo‐
tivazione, che tuttavia se, pur esistente, si risolve in una motivazione apparente è equivalente
alla omessa motivazione e va dedotta sub. art. 360, n. 4 c.p.c. Medesime considerazioni vanno
fatte in caso di omessa motivazione su una sottovoce ricompresa nel danno non patrimoniale
(es: danno morale)137.
2. Quando chiedere il risarcimento del danno psichico non patrimoniale in forza dell’interpre‐
tazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.?
Il difensore della vittima dovrà valutare attentamente ai fini della proposizione e della richiesta
di eventuale specificazione della domanda, a quale dei due fatti tipici sopra indicati (fatto reato
o interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.) far riferimento, essendo di‐
versi i parametri risarcitori e il relativo onere della prova.
Nel caso in cui nel comportamento dell’aggressore non sia configurabile una anche astratta fat‐
tispecie di reato, ma solo un illecito civile, l’unica possibilità per la vittima di ottenere il risarci‐
mento del danno non patrimoniale è la interpretazione costituzionalmente orientata dell’art.
2059 c.c.
Occorra al riguardo allegare e provare anzitutto la lesione di un diritto inviolabile della persona.
La categoria dei diritti inviolabili non costituisce numero chiuso e non è limitata ai casi di diritti
inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento
storico, ma, in virtù dell'apertura dell'art. 2 Cost. ad un processo evolutivo, deve ritenersi con‐
sentito all'interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a
valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano, non genericamente rilevanti per l'or‐
dinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana.
Certamente la tutela della famiglia, sia legittima che di fatto e la offesa della dignità del partner
costituiscono diritti inviolabili, sotto il profilo, rispettivamente, degli artt. 2 (per tutti i compo‐
nenti della famiglia), 29 (per il coniuge o partner), 30 (per i figli), Cost. da porre a fondamento
della domanda risarcitoria areddittuale.
Ad esempio la lesione del senso della dignità della persona abusata psichicamente costituisce
diritto della persona costituzionalmente garantito e, pertanto, alla luce di un'interpretazione co‐
stituzionalmente orientata degli artt. 2043 e 2059 c.c., la sua lesione è suscettibile di risarcimento
135
Cfr sia pure con la previgente formulazione dell’art. 360, n. 5 c.p.c., Cass., 16.9.2008, n. 23725; Cass., 2.3.2004, n. 4186.
136
Sulla prova del danno non patrimoniale BELLÉ, Allegazione e prova del danno non patrimoniale, in Navarretta (a cura di), Il danno non patri‐
moniale. Principi, regole e tabelle per la liquidazione, p. 115 ss.
137
Cass., Ord., 17.9.2010, n. 19816.
68
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
del danno non patrimoniale, a prescindere dalla circostanza che il fatto lesivo costituisca o meno
reato.
Va escluso il risarcimento se il danno è privo di gravità, per non essere stato inciso il diritto oltre
una soglia minima: come avviene nel caso del mal di testa, di litigi di semplici litigi, di malumore
etc.
In tal caso occorre il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima, e quello di tolle‐
ranza verso l’aggressore, parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato mo‐
mento storico
La lesione psichica in tal caso deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudi‐
zio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tol‐
leranza.
3. Quando chiedere il risarcimento del danno psichico non patrimoniale in caso di fatto reato?
Se le violenze psichiche consentono di individuare anche un fatto reato, è possibile il risarcimento
del danno non patrimoniale, senza le limitazioni risarcitorie dell’interpretazione costituzional‐
mente orientata dell’art. 2059 c.c. (lesione di diritti inviolabili e gravità dell’offesa e serietà della
lesione).
Infatti in caso di accertata sussistenza del reato endofamiliare, l'art. 2059 c.c. consente la risarci‐
bilità del danno non patrimoniale considerato nel suo più ampio significato in quanto, come spe‐
cificato dalle sentenze di San Martino, "in ragione della ampia accezione del danno non patrimo‐
niale, in presenza del reato è risarcibile non soltanto il danno non patrimoniale conseguente alla
lesione di diritti costituzionalmente inviolabili (...) ma anche quello conseguente alla lesione di
interessi inerenti la persona non presidiati da siffatti diritti, ma meritevoli di tutela in base all'or‐
dinamento (secondo il criterio dell'ingiustizia ex art. 2043 c.c.), poiché la tipicità, in questo caso,
non è determinata soltanto dal rango dell'interesse protetto, ma in ragione della scelta del legi‐
slatore di dire risarcibili i danni non patrimoniali cagionati da reato. Scelta che comunque implica
la considerazione della rilevanza dell'interesse leso, desumibile dalla predisposizione della tutela
penale".
Possono, al riguardo verificarsi diverse ipotesi, distinguendo: a) se sia iniziata l’azione penale b)
se sia intervenuta una sentenza definitiva; c) se vi sia stato proscioglimento in fase istruttoria; d)
se non sia iniziata l’azione penale.
Nel caso in cui sia intervenuta sentenza penale di condanna irrevocabile non sussistono incer‐
tezze in ordine alla sussistenza del fatto reato.
Sussiste, infatti l’efficacia di giudicato nel giudizio civile della sentenza di condanna generica al
risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale se il giudice penale non si sia limitato a
statuire solo sulla potenzialità dannosa del fatto addebitato al soggetto condannato e sul nesso
eziologico in astratto, ma abbia accertato e statuito sull'esistenza in concreto di detto danno e
del relativo nesso causale con il comportamento del soggetto danneggiato138.
In caso di condanna dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, il giudice
penale può procedere alla liquidazione immediata di una sola tipologia di danno, in relazione alla
quale sussistono in atti gli elementi sufficienti per deliberare, rimettendo le parti dinanzi al giu‐
dice civile per ciò che concerne le eventuali altre, corrispondendo tale tipo di decisione alla sen‐
tenza non definitiva o parziale di cui agli artt. 278 e 279 c.p.c. e concreta attuazione del principio
costituzionale della ragionevole durata del processo139.
138
Cass., 9.7.2009, n. 16113.
139
Cass. Pen., 21.12.2009 (dep. 21.1.2010), n. 2545.
69
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Non vi è unanimità di orientamenti sulla efficacia della sentenza penale nel giudizio civile L'effi‐
cacia del giudicato penale è limitata all'accertamento positivo o negativo dei fatti materiali nella
loro oggettività naturalistica nel senso che il vincolo derivante dal giudicato penale concerne i
fatti nella loro realtà fenomenica e, cioè, condotta, evento, nesso di causalità con esclusione di
antigiuridicità, colpevolezza e di qualsiasi altra questione che, derivando dai fatti accertati, può
assumere rilevanza ai fini della qualificazione giuridica dei rapporti controversi, da esaminare au‐
tonomamente in sede civile140.
In tal caso è quindi consentita al giudice civile l'autonoma valutazione e qualificazione dei fatti
storicamente accertati dal giudice penale, in quanto non tutti i fatti che hanno formato oggetto
del giudizio penale, costituendo la fonte o la semplice premessa della pronuncia finale, hanno
efficacia vincolante nel giudizio civile.
Tale efficacia vincolante va riconosciuta ai fatti che, sebbene non siano espressamente enunciati
nel capo di imputazione come elementi costitutivi o come circostanze del reato contestato, si
pongano come antecedenti logici necessari della decisione e debbano essere obbligatoriamente
accertati dal giudice penale in senso positivo o negativo affinché possa essere pronunciata la
condanna o l'assoluzione dell'imputato o anche essere affermata una circostanza del reato141.
Altro orientamento ritiene, invece, che solo quando l'oggetto dell'accertamento coincida in sede
penale e civile, nel giudizio extrapenale è inibito un nuovo accertamento in ordine ai medesimi
fatti, mentre in ogni altro caso la sentenza penale vale a fornire semplici elementi di giudizio non
vincolanti, ferma restando la libertà del giudice civile di formare il proprio convincimento in base
alle risultanze del processo in corso142.
Si è affermato, in senso contrario, che in tema di rapporto tra giudizio penale e giudizio civile ‐
l'azione civile per danni è preclusa dal giudicato penale che rechi un effettivo e specifico accerta‐
mento circa l'insussistenza o del fatto o della partecipazione dell'imputato.
Infatti l'autorità del giudicato (anche penale) copre sia il dedotto che il deducibile, ovvero non
soltanto le questioni di fatto e di diritto investite esplicitamente dalla decisione (c.d. "giudicato
esplicito"), ma anche le questioni che ‐ sebbene non investite esplicitamente dalla decisione ‐
costituiscano comunque presupposto logico essenziale ed indefettibile della decisione stessa (c.d
"giudicato implicito"), restando salva ed impregiudicata soltanto la sopravvenienza di fatti e di
situazioni nuove, che si siano verificate dopo la formazione del giudicato o, quantomeno, che non
fossero deducibili nel giudizio, in cui il giudicato si è formato143.
Se, invece, è stata pronunciata in fase istruttoria l'estinzione del reato e l'improponibilità o im‐
procedibilità dell'azione penale non vi è impedimento all'accertamento, da parte del giudice ci‐
vile, della sussistenza degli elementi costitutivi del reato.
L'art. 578 c.p.p., prevede che il giudice di appello o la Corte di cassazione, nel dichiarare estinto
per amnistia o prescrizione il reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, sono
tenuti a decidere sull'impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che con‐
cernono gli interessi civili, ritenendo che al fine di tale decisione tutti i motivi di impugnazione
proposti dall'imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi trovare con‐
ferma della condanna, anche solo generica, al risarcimento del danno dalla mancanza di prova
della innocenza degli imputati secondo quanto previsto dall'art. 129, co. 2, c.p.p.144.
140
Cass., 19.5.2003, n. 7765; Cass., 8.10.1999, n. 11283.
141
Cass., 19.5.2003, n. 7765 ; Cass., 15.2.2001, n. 2200.
142
Cass., 19.05.2003, n. 7765.
143
Cass., 20.04.2006, n. 9235.
144
Cass. Pen., 14.11.2003, n. 9245 (dep. 01.03.2004); Cass. Pen., 9.3.2004, n. 21102 (dep. 05.05.2004).
70
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
L'art. 578 c.p.p. fa riferimento, ai fini della pronuncia sugli effetti civili, al solo giudice d'appello
o alla Corte di Cassazione che dichiarino il reato estinto per amnistia o prescrizione, senza men‐
zionare anche la pronuncia del giudice di primo grado, riferendosi, quindi, logicamente, tale prin‐
cipio, alla fattispecie in cui la prescrizione è maturata successivamente alla pronuncia di primo
grado. Si deve, quindi, distinguere tra l'ipotesi in cui la causa estintiva sia sopravvenuta alla sen‐
tenza di primo grado, rispetto alla diversa fattispecie in cui sia preesistente e non sia stata erro‐
neamente dichiarata dal primo giudice.
In tale ultimo caso il giudice di primo grado, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o am‐
nistia non deve pronunciarsi sugli effetti civili e, ove erroneamente ometta di rilevare tali cause
estintive del reato, pronunciandosi anche sugli effetti civili, la successiva pronuncia del giudice di
appello o della Cassazione che rileva la prescrizione o l’amnistia deve, logicamente, anche annul‐
lare le statuizioni civili che il primo giudice non avrebbe potuto pronunciare ove avesse tempe‐
stivamente rilevato la causa estintiva del reato145.
Si è, al riguardo, affermato che "la decisione del giudice dell'impugnazione sugli effetti civili del
reato estinto presuppone che la causa estintiva sia sopravvenuta alla sentenza emessa dal giudice
di primo grado che ha pronunciato sugli interessi civili, mentre, qualora la causa di estinzione del
reato preesista alla sentenza di primo grado ed il giudice erroneamente non l'abbia dichiarata,
non sussistono i presupposti di operatività dell'art. 578 cod. proc. pen., poiché tale decisione pre‐
suppone una precedente pronuncia di condanna sulle statuizioni civili validamente emessa e gli
effetti della sentenza di secondo grado devono essere riportati al momento in cui è stata emessa
quella di primo grado"146.
Nel caso in cui, invece, non sia stata iniziata l’azione penale o non sia intervenuta una sentenza
di condanna, essendo prospettato come causa dell'illecito civile un fatto astrattamente ricondu‐
cibile a fattispecie penalmente rilevanti, spetta al giudice accertare, incindenter tantum, l'astratta
configurabilità di un reato, indipendentemente dalla norma penale cui l'attore riconduce la fatti‐
specie.
Infatti, ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale, a norma dell'art. 2059 cod. civ., l'ine‐
sistenza di una pronuncia del giudice penale, nei termini in cui ha efficacia di giudicato nel pro‐
cesso civile ex artt. 651 e 652 cod. proc. pen., l'estinzione del reato (art. 198 cod. pen.), l'impro‐
ponibilità o l'improcedibilità dell'azione penale, non costituiscono impedimento all'accertamento
da parte del giudice civile della sussistenza degli elementi costitutivi del reato..
Tuttavia, l'accertamento del giudice civile deve essere condotto secondo la legge penale e deve
avere ad oggetto l'esistenza del reato in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi, ivi comprese
le eventuali cause di giustificazione e l'eccesso colposo ad esse relativo.
Ne consegue che, perchè possa ritenersi configurato un reato e consequenzialmente la respon‐
sabilità del suo autore per il danno non patrimoniale, occorre non solo che sia integrato l'ele‐
mento materiale del reato, ma anche l'elemento psicologico, il cui mancato accertamento
esclude l'ipotizzabilità del danno non patrimoniale ai sensi del combinato disposto degli artt.
2059 c.c. e 185 c.p.147.
In caso di dichiarazione di estinzione del reato per amnistia o prescrizione in sede di impugna‐
zione, qualora, in sede penale, sia stata pronunciata in primo o in secondo grado la condanna,
145
Cass. Pen., 29.1.2009, n. 5705 Ud. (dep. 10.02.2009).
146
Cass. Pen., 19.9.2002, n. 33398.
147
Cass., 25.09.2009, n. 20684, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 144, con nota di FOFFA “Un nuovo stop della Cassazione ai danni bagatellari”.
Nella specie, la S.C., con riferimento al caso in cui un pensionato si era visto domandare da un impiegato di un ente previdenziale, in esecuzione
di una circolare interna dell'istituto, un documento non necessario per effettuare l'accredito della pensione sul suo conto corrente bancario, ha
confermato sul punto la sentenza impugnata, con la quale era stato escluso che la suddetta condotta potesse integrare, sul piano psicologico, gli
estremi del reato di rifiuto di atti d'ufficio e che, di conseguenza, il soggetto passivo dell'omissione potesse pretendere il ristoro del danno non
patrimoniale. Cfr. anche Cass., 14.02.2000, n. 1643.
71
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
anche generica, alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte
civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o
per prescrizione, decidono sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sen‐
tenza che concernono gli interessi civili148.
Se, ai fini civilistici, la predetta condanna resta confermata, comportando necessariamente, quale
suo indispensabile presupposto, l'affermazione della sussistenza del reato e della sua commis‐
sione da parte dell'imputato, dà luogo a giudicato, come tale vincolante in ogni altro giudizio tra
le stesse parti, in cui si verta sulle conseguenze, anche diverse dalle restituzioni o dal risarci‐
mento, derivanti dal fatto, la cui illiceità, ormai definitivamente stabilita, non può più essere
messa in discussione.
Nei giudizi extrapenali spiegano efficacia di giudicato le sentenze irrevocabili di condanna o di
proscioglimento nel merito che siano pronunciate a seguito di dibattimento, anche se il proscio‐
glimento intervenga per una causa estintiva del reato149, o perché il fatto non è più previsto dalla
legge come reato150.
In caso di patteggiamento il giudice penale non può pronunciarsi sulla domanda della parte civile
di risarcimento del danno, con la conseguenza che egli non può procedere a quantificazione del
danno o ad assegnare provvisionali o, infine, statuizioni che presuppongono una decisione del
rapporto civile o, comunque, ineriscono al titolo risarcitorio da conseguirsi in sede civile151.
Diversi sono i risvolti in caso di sentenza di assoluzione.
Il giudicato penale di assoluzione ‐ con la formula "perché il fatto non sussiste" ‐ preclude la pro‐
posizione, nel giudizio di civile di risarcimento del danno derivante dal medesimo fatto‐reato, di
una ricostruzione della vicenda che postuli, sotto altra prospettazione, l'esistenza di elementi di
fatto, che risultino esclusi ‐ sia pure implicitamente ‐ dal giudicato penale152.
L’ art. 652 c.p.p. recita: "La sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a
dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che
l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o
nell'esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni o il
risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell'interesse dello stesso, sempre che il dan‐
neggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il dan‐
neggiato dal reato abbia esercitato l'azione in sede civile a norma dell’ art. 75, comma 2".
L’ efficacia preclusiva del risarcimento del danno in sede civile della sentenza di assoluzione "per‐
ché il fatto non sussiste", resa ai sensi dell'art. 530, comma secondo, c.p.p. soffre limitazioni in
quanto "In tema di rapporti tra il giudizio penale e quello civile, il giudicato penale produce gli
effetti preclusivi previsti dall'art. 652 cod. proc. pen. solo quando contiene un effettivo accerta‐
mento dell'insussistenza dei fatti o dell'impossibilità di attribuirlo all'imputato e non quando l’as‐
soluzione sia motivata con la mancanza di sufficienti elementi di prova in ordine al fatto o all'at‐
tribuibilità di esso all’imputato"153.
In senso contrario si è affermato dalla S.C. che "Non vi è l'interesse dell'imputato, assolto perché
il fatto non sussiste ai sensi dell'art. 530, comma secondo, cod. proc. pen., a proporre impugna‐
148
Cass. Civ., 21.06.2010, n. 14921.
149
Cass., 2.11.2000, n. 14328.
150
Cass., 19.5.2003, n. 7765; Cass., 22.1.1998, n. 570.
151
Cass. Pen., 25.11.2009, n. 7021 Ud. (dep. 22.02.2010).
152
Cass., 20.4.2006, n. 9235; nella fattispecie, la S.C., con riguardo all'azione di un lavoratore infortunato per il risarcimento del c.d. "danno
differenziale", ha rigettato il motivo di ricorso e confermato sul punto la sentenza impugnata con la quale era stato ritenuto che la predetta azione
doveva considerarsi preclusa dal giudicato penale di assoluzione, dal reato di lesioni colpose, del legale rappresentante della società datrice di
lavoro, per insussistenza del fatto, in dipendenza della ravvisata carenza del nesso causale tra condotta dell'imputato ed evento pregiudizievole,
che copriva, quantomeno implicitamente, anche l'addebito di "omessa adozione delle misure di sicurezza prescritte dalla legge".
153
Cass. Civ., 19.5. 2003 n. 7765; Cass. Civ., 13.12.1996, n. 11162; Cass. Civ., 30.3.1998, n. 3330; Cass., 20.4.2006, n. 9235.
72
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
zione, atteso che tale formulazione ‐ relativa alla mancanza, alla insufficienza o alla contraddit‐
torietà della prova ‐ non comporta una minore pregnanza della pronuncia assolutoria né segnala
residue perplessità sull'innocenza dell'imputato: non può pertanto in alcun modo essere equipa‐
rata all'assoluzione per insufficienza di prove prevista dal codice di rito in vigore anteriormente
alla riforma del 1988”154.
Qualora l'illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato
promosso, anche per difetto di querela, all'azione risarcitoria si applica l'eventuale più lunga pre‐
scrizione prevista per il reato (art. 2947, co. 3, prima parte, c.c.).
In caso di fatto costituente anche astrattamente reato all'azione risarcitoria si applica l'eventuale
più lunga prescrizione prevista per il reato (art. 2947, co. 3, prima parte, c.c.) perché il giudice, in
sede civile, accerti incidenter tantum, e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del fatto‐
reato in tutti i suoi elementi costitutivi, procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che
integri gli estremi di un soggettivi ed oggettivi155.
Qualora per un atto illecito, astrattamente configurabile come reato, sia intervenuto in sede pe‐
nale decreto di archiviazione, non ne consegue l'applicazione, nel successivo giudizio civile, del
termine di prescrizione previsto dal comma terzo dell'art. 2947 c.c..
Il decreto di archiviazione, infatti, non può essere equiparato ad una sentenza irrevocabile, per‐
chè a differenza di quest'ultima presuppone la mancanza di un processo, non determina preclu‐
sioni di nessun genere né ha gli effetti caratteristici della cosa giudicata. Ne deriva che spetta al
giudice civile stabilire, con piena libertà di giudizio, se nei fatti emersi, e legittimamente ricostruiti
anche in modo difforme dall'avviso del giudice penale, siano ravvisabili gli estremi di un fatto
illecito, sia per quanto concerne l'individuazione del termine di prescrizione, sia per quanto con‐
cerne tutti gli altri effetti che ne possono conseguire sul piano del diritto civile. (In applicazione
dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di appello che, equiparando un
decreto di archiviazione ad una sentenza irrevocabile, aveva ritenuto, in tema di causa attinente
a sinistro derivante da circolazione stradale, applicabile il termine di prescrizione breve biennale
"ex" art. 2947, co. 3, c.c., decorrente dalla data di pronunzia del decreto di archiviazione)156.
In difetto di querela l’azione di risarcimento dei danni da illecito civile è soggetta al termine di
prescrizione previsto per il reato, qualora il giudice civile accerti in via incidentale che l’illecito
presenta gli estremi oggettivi e soggettivi di una figura di reato157.
4. Quali sono i reati più frequenti in ambito familiare?
4.1. Stalking
Il delitto più comune in ambito familiare è ormai divenuto il delitto di "atti persecutori", ora in‐
trodotto nel codice penale con l'art. 612‐bis c.p. frutto della novella operata dal d.l. n. 11 del 23
febbraio 2009, convertito con modificazioni dalla l. 24 aprile 2009, n. 38158.
154
Cass. Pen., 24.11.2005, n. 842.
155
Cass., SS.UU., n. 27337/2008.
156
Cass., 20.01.2009, n. 1346.
157
Cass., Ord., 23.09.2010, n. 2011.
158
Art. 612‐bis (Atti persecutori). «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque,
con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un
fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere
lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da
persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un
minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o
da persona travisata. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia
d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
nonchè quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio".
73
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Lo stalking, consiste nella reiterazione assillante di condotte intrusive ‐ quali appostamenti, pe‐
dinamenti e telefonate ‐ che, il più delle volte, sono destinate a culminare in ingiurie, minacce,
danneggiamenti e aggressioni fisiche. L'evoluzione tecnologica ha moltiplicato sensibilmente le
possibilità a disposizione dello stalker, tanto che si definisce cyberstalking l'utilizzazione di ogni
tipo di comunicazione elettronica per molestare in forma ossessiva la vittima.
È anche possibile individuare una forma di stalking di natura psichica, anche se la giurisprudenza
al riguardo deve ancora formarsi, trattandosi, anche in tale ultimo caso di una grave degenera‐
zione della comunicazione e della relazione potendo anche culminare in una violenza fisica o
sessuale.
Lo stalker pone in essere condotte sia di natura materiale che psicologica, quali appostamenti o
pedinamenti, scritte sui muri, sfregi a porte o autovetture, violazione della corrispondenza, ucci‐
sione di animali di cui la vittima ha la proprietà, violenze a vario titolo contro il perseguitato.
Le ripercussioni sulla salute psico‐fisica consistono, per lo più in stati d'ansia, disturbi del sonno
e della concentrazione, alla depressione, a cui sovente si aggiunge lo sconvolgimento dello stile
di vita.
Spesso si cambia il numero di telefono, la residenza, il domicilio, lo stesso lavoro, si sostituiscono
le serrature della porta e del lavoro, si installano sistemi di difesa, fino ad arrivare, in qualche
caso, a cambiare città.
Molte vittime decidono di reagire anche frequentando corsi di autodifesa e acquistando un'arma.
La condotta reiterata di minacce o molestie si arricchisce di un elemento aggiuntivo che sembra
porsi in termini di risultato causale. La condotta deve:
1. o cagionare un perdurante o grave stato di ansia o di paura, in buona sostanza, una situa‐
zione di stress psicofisico clinicamente accertabile;
2. o ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di
persona legata alla vittima da una relazione affettiva, ove la qualificazione del timore in
termini di fondatezza esclude, per ovvie ragioni di certezza dell'accertamento, che si
possa fare affidamento sulle percezioni soggettive e quindi molto variabili delle persone
offese, dovendosi selezionare tra i più timori possibili quelli seri, oggettivamente valuta‐
bili;
3. o costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita, che significa la necessità di
apprezzare un mutamento di stili di vita, di prassi, di abitudini appunto, che compongono
lo svolgersi quotidiano della vita di relazione
Se gli atti persecutori degenerano in più gravi forme di aggressione all'integrità psico‐fisica, tro‐
vano senza dubbio applicazione le norme incriminatrici di tali ultime condotte. E di tanto è sicura
conferma la clausola di riserva: "salvo che il fatto costituisca più grave reato", che compare in
esordio nel nuovo art. 612‐bis c.p. e che ne rende possibile l'applicazione in chiara funzione sus‐
sidiaria rispetto a strumenti di repressione tradizionali.
Il comportamento dello stalker, anche psichico si adatta bene allo schema del reato abituale, cioè
di quell'illecito per la cui realizzazione occorre la protrazione nel tempo di più condotte omoge‐
nee, come nei casi della relazione incestuosa (art. 564, co. 2, c.p.) o dei maltrattamenti in famiglia
(art. 572 c.p.).
Se, infatti, nel paradigma del reato abituale confluiscono anche fatti che, per loro natura, non
sarebbero penalmente rilevanti ‐ come gli atti d'infedeltà o le umiliazioni generiche ‐ in forza del
dettato dell'art. 612‐bis c.p. si potrebbe individuare il reato di stalking per l'ossessionante ed
intrusiva ripetizione di atti che normalmente rientrano nella vita di relazione.
Mentre il reato continuato postula che ogni episodio costituisca, di per sé, illecito penale, nello
stalking è configurabile, generalmente, un reato abituale.
74
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Il reato assume il carattere di reato di pericolo, di pericolo concreto, essendo demandato al giu‐
dice il compito di verificare se la condotta si atteggi nella specificità delle singole vicende a fattore
idoneo alla produzione di quel risultato lesivo indicato come proiezione finalistica che colora con‐
tenutisticamente la condotta medesima.
La commissione degli atti persecutori può essere aggravata da circostanze specifiche, l'una ordi‐
naria che ricorre se il fatto è commesso, rispettivamente, dal coniuge legalmente separato o di‐
vorziato o da persona in passato legata affettivamente alla persona offesa; l'altra ad effetto spe‐
ciale, con aumento fino alla metà, se il fatto è commesso in danno di un minore, di una donna in
stato di gravidanza o di un disabile, ovvero con armi o da persona travisata. Non è di immediata
comprensione la ragione che ha indotto all'attribuzione di un maggior disvalore al fatto compiuto
in assenza di una stabile relazione prima esistente. Se la relazione affettiva, con tutte le difficoltà
già evidenziate circa la sua riconoscibilità, è attuale, gli eventuali atti persecutori non sono aggra‐
vati, ed invece l'aumento di pena opera se la relazione affettiva tra autore e vittima appartiene
al passato.
Si può ipotizzare che il legislatore abbia ragionato sulla base di quanto più di frequente accade,
e cioè che le relazioni affettive, ivi comprese quelle di coniugio, trovano proprio in atteggiamenti
assillanti di uno dei protagonisti nei confronti dell'altro le cause della loro interruzione, e che è
proprio la cessazione di ogni rapporto affettivo ad alimentare le condotte moleste, che finiscono
con lo sfociare in atti di persecuzione.
In generale, l'art. 612‐bis, ult. co., c.p. subordina la procedibilità alla proposizione della querela
entro sei mesi, salva la procedibilità d'ufficio quando gli atti persecutori siano stati compiuti con‐
tro un minore o un disabile o, ancora, siano connessi con altro delitto per il quale si procede
d'ufficio.
Occorre valutare e cercare di prevenire i rischi per la vittima connessi alla presentazione di una
querela per stalking, apparendo, in qualche caso, preferibile far riferimento alla astratta sussi‐
stenza di tale fatto reato ai fini della tutela risarcitoria civile.
Va tenuto presente che la querela è rimettibile e sovente si verificano pressioni di tutti i tipi al
fine di convincere la vittima a rimetterla anche perché la pena prevista per il reato (fino a anni 4
di reclusione), consente una misura restrittiva.
Non sempre nella condotta del persecutore psichico è individuabile una condotta di stalking ove
i comportamenti assillanti e invasivi della vita altrui, realizzati mediante la reiterazione insistente
di condotte intrusive, tuttavia non presentino le caratteristiche specificamente richiamate dalla
norma.
Non è, infatti, sufficiente che una condotta sia di per sé molesta o arrechi disturbo, ma è altresì
necessario che sia accompagnata da petulanza o altro biasimevole motivo» circostanza che non
si verifica nei casi di molestie psichiche, caratterizzate da modalità più sottili di interferenza nella
vita altrui.
La configurazione del reato di molestie preclude l'applicabilità delle misure cautelari che potreb‐
bero invece, in fase endoprocessuale, fornire un'adeguata tutela alla vittima, proteggendola da
contatti o incontri non voluti con lo stalker, ma consente, comunque, di richiedere il risarcimento
del danno in forza del fatto reato.
La nozione di violenza psichica è centrale nell'ambito di una strategia di contrasto alla violenza
contro le donne e vanno introdotte ulteriori misure di sostegno e tutela delle vittime della vio‐
lenza di genere, nonché norme idonee a prevenirne la realizzazione, anche sulla base di misure
volte a garantire un'effettiva sensibilizzazione rispetto a tali questioni, in ragione dell'incidenza
che i fattori sociali e gli stereotipi culturali rivestono in ordine a tali reati.
75
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Occorrerebbe il sollecito intervento del legislatore al fine della introduzione di una fattispecie
incriminatrice del fenomeno, in crescente aumento, della violenza psichica al fine di garantire
un'effettiva tutela, in particolare delle donne, ma anche degli uomini e bambini, rispetto a fatti
idonei a violarne l'autodeterminazione in ordine alla conduzione della propria esistenza e spesso
prodromici ad altri più gravi delitti. Allo stato va valorizzato il delitto di atti persecutori, esten‐
dendolo anche alla violenza psichica, quale presupposto per un vero e proprio habeas corpus
della donna.
La violenza psichica può costituire illecito civile endofamiliare e dar luogo a richieste di risarci‐
mento del danno di tipo civilistico, sotto tutti profili del danno non patrimoniale, biologico (ma
occorre individuare una patologia accertabile con criterio medico legale), morale (comprendente
le sofferenze non solo fisiche, ma anche psichiche (tra cui anche l’offesa alla dignità della per‐
sona), esistenziale (per la alterazione peggiorativa della qualità della vita e la modifica
dell’agenda quotidiana).
Risulta ormai definito l'assetto della responsabilità aquiliana nell'ambito del rapporto tra danno
patrimoniale, tutelato dalla previsione dell'art. 2043 c.c. e danno non patrimoniale, previsto
dall'art. 2059 c.c. pur auspicandosi l'opportunità della nuova previsione normativa, che, oltre a
garantire tutela giuridica a una serie di condotte persecutorie non solo di natura fisica , ma anche
psichica, che costituivano in precedenza una zona grigia non ricompresa in fattispecie tipiche e
non adeguatamente tutelate, consente il risarcimento di ipotesi di danno genericamente ricon‐
ducibile all’alveo delle violenze psichiche.
Lo stalking fornisce una tutela giuridica con riferimento a comportamenti esteriormente ogget‐
tivabili e, pur trattandosi di norma necessaria a fronteggiare l'attuale esigenza di tutela penale
nelle specifiche e sempre più attuali ipotesi delle condotte persecutorie seriali, non copre, se non
in ipotesi residuali, il fenomeno delle violenze psichiche.
Ove sia configurabile una fattispecie di reato di atti persecutori di natura psichica, essa potrà
costituire autonomamente il presupposto per il risarcimento di tale danno ai sensi dell'art. 185,
comma 2, c.p., che stabilisce che "ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non
patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, deb‐
bano rispondere per il fatto di lui.”
Peraltro, ogni qual volta sia individuabile, attraverso condotte reiterate la violazione della libertà
e dignità della persona è individuabile un illecito civile.
Il danno non patrimoniale conseguente alle violenze psichiche è da individuare nel mutamento
della vita della persona perseguitata in particolare per l’ansia, la paura e per l’imprevedibilità di
quello che potrebbe accadere.
I comportamenti dell’aggressore psichico provocano, infatti, ansia, insonnia fino a sfociare, in
diversi casi, in un vero e proprio disturbo post‐traumatico da stress, compromettendo l’attività
lavorativa e le relazioni sociali della vittima.
Sussistono delle “spie” indicatrici di disagio o di disturbi psicologici, che possono tradursi in cam‐
biamenti nello schema cognitivo mentale della vittima con disturbi relazionali.
I più comuni sono la paura, attacchi di panico e l’ansia in quanto la vittima sa che la violenza può
riprendere in qualsiasi momento; a ciò spesso si associano incubi e sensazioni sgradevoli. Si veri‐
ficano anche disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, difficoltà di respirare, tachicardie.
Compaiono anche disturbi ossessivo‐compulsivi, quali, ad esempio, una eccessiva smania di pu‐
lizia in casa che serve ad allontanare ricordi spiacevoli.
Una reazione comune è il senso di rabbia collegato alle violenze, ma non sempre si rivolge
all’esterno, mentre a volte si esprime con manifestazioni dirette contro se stesse, quali atti lesivi,
condotte distruttive, abuso di alcol o droghe, maltrattamenti nei confronti dei figli.
76
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Ricorrente è anche la depressione, conseguente alle violenze, all’isolamento familiare e sociale,
alla mancanza di risorse economiche ma soprattutto per la mancanza di aiuto da parte degli
amici.
Alla depressione si associa anche una bassa autostima e dipendenza dal partner.
Le donne tentano di distrarre la mente dalle violenze adottando comportamenti quali mangiare
compulsivamente, anoressia, automutilazioni, pulizie ossessive, compulsione al lavoro, consumi‐
smo esacerbato, giochi di azzardo.
Si associano a tali condotte anche problemi di salute in misura percentualmente maggiore che
nel resto della popolazione femminile.
La CTU psichiatrica potrà accertare: incubi notturni, difficoltà di addormentamento, insonnia,
episodi di flashback che rinnovano il ricordo di episodi e scene particolarmente traumatiche;
spesso si assiste anche a condotte di evitamento verso tutto ciò che possa essere riconducibile
all’esperienza traumatica, associate a hyperarousal, cioè irritabilità aggressività e tensione gene‐
ralizzate.
Tali fenomeni sono riconducibili nell’ampia sfera del danno patrimoniale e spetterà al giudice
valutare le singole specifiche compromissioni accordando a ciascuna un valore risarcitorio, op‐
pure liquidare unitariamente il danno specificando, comunque, al suo interno, le diverse com‐
promissioni oggetto di tutela risarcitoria.
Precisano le S.U. di san martino che il “danno esistenziale, essendo legato indissolubilmente alla
persona e quindi non essendo passibile di determinazione secondo il sistema tabellare al quale
si fa ricorso per determinare il danno biologico, stante la uniformità dei criteri medico‐legali ap‐
plicabili in relazione alla lesione dell’integrità psico‐fisica, necessita imprescindibilmente di pre‐
cise indicazioni che solo il soggetto danneggiato può fornire, indicando le circostanze compro‐
vanti l’alterazione delle sue abitudini di vita”.
Occorre, peraltro, fornire la prova testimoniale, documentale o presuntiva che dimostri i “con‐
creti” cambiamenti che l’illecito ha apportato, in senso peggiorativo, nella qualità di vita della
vittima.
Anche se le violenze psichiche trovano il loro humus all’interno del rapporto di coppia, possono,
tuttavia, anche ravvisarsi anche dopo la separazione o la interruzione della convivenza.
4.2. Minaccia
L'art. 612‐bis c.p. prevede, che "salvo che il fatto costituisca più grave reato", a chi, con condotte
reiterate procura nella persona offesa "un perdurante e grave stato di ansia e di paura", o nella
medesima "ingenera un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di
persona al medesimo legata da relazione affettiva", oppure, ancora, "costringe lo stesso ad alte‐
rare le proprie abitudini di vita".
Trattasi di una "tipizzazione delle condotte più apparente che reale, in quanto sia le molestie che
le minacce possono presentarsi nelle forme più disparate; forme che in concreto non potevano
essere previste e descritte dal legislatore, che ha concentrato la propria attenzione sulle conse‐
guenze di tali condotte".
Trattasi di reato con condotta a forma libera il cui elemento distintivo tipico è costituito dalla
necessità di reiterazione delle condotte omogenee o eterogenee ed è connotato dall'abitualità
Trattasi di reato di danno ed evento, che richiede la piena realizzazione in forma alternativa di
una tra le descritte tre tipologie, cioè il perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima,
o il suo timore per la propria incolumità o, ancora, la causazione dell'alterazione delle sue abitu‐
dini di vita e pone l'accento più sulla serialità dei comportamenti che sull'entità dei medesimi che
devono succedersi in scansione seriale.
77
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
Vanno evidenziati tre diversi modelli: a) il piano strettamente psicologico cui fa riferimento "il
perdurante e grave stato di ansia e di paura"; b) il piano fisico‐biologico del "fondato timore per
la propria incolumità o per quella di persone a lei vicine”; c) il piano del danno alla libera autode‐
terminazione evocato dall'espressione "costringerla ad alterare le proprie abitudini di vita".
La tassatività nella descrizione delle categorie dei tre eventi cui ricondurre la violazione della fat‐
tispecie di riferimento consente di superare l'indeterminatezza nella previsione delle condotte
che possono consistere anche in violenze psichiche, a tutela della libertà morale e dell’autode‐
terminazione del soggetto.
Significativo al riguardo è il parere espresso dal CSM "si tratta di un reato di danno e di evento la
cui sussistenza richiede non solo una condotta molesta o minacciosa ma anche il verificarsi di
un'alterazione nell'equilibrio della vittima. I problemi relativi all'accertamento della situazione
soggettiva della parte lesa (...) non incidono sulla indeterminatezza della fattispecie che sembra
rispondere ai canoni richiesti dall'art. 25 Cost. Esistono infatti altri reati (si pensi alla circonven‐
zione di persone incapaci) per l'accertamento dei quali occorre realizzare un'indagine che com‐
porta valutazioni su profili psicologici del soggetto passivo".
4.3. Maltrattamenti in famiglia
Si tratta di un delitto di danno e di evento, sebbene la norma, richiedendo la determinazione di
uno stato di ansia “grave” o di un “fondato” timore per l’incolumità propria o di un prossimo
congiunto sembra evocare una valutazione di idoneità ex ante delle condotte.
Il reato si realizza con l'abitualità delle condotte e la finalizzazione delle stesse Il quid pluris che
caratterizza il reato in esame rispetto alle minacce ed alle molestie, in sintesi, è costituito da due
elementi:
a) la reiterazione delle condotte, sicchè l’illecito può ascriversi nel novero dei reati abituali;
b) la produzione di un grave e perdurante stato di ansia o di paura o di un fondato timore
per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata
da una relazione affettiva o una alterazione, non voluta, delle proprie abitudini di vita.
Il dolo richiesto è generico e deve necessariamente ricomprendere anche la rappresentazione
dell’evento quale conseguenza della reiterata condotta abituale voluta dal suo autore.
Occorre, che l’agente eserciti, abitualmente, una forza oppressiva nei confronti di una persona
della famiglia (o di uno degli altri soggetti indicati dall’art. 572 c.p.) mediante l’uso delle più varie
forme di violenza fisica e morale.
Deve esservi un soggetto che abitualmente infligge sofferenze fisiche o morali a un altro, il quale,
specularmente, ne resta succube.
Il reato di maltrattamenti coniugali si può anche ravvisare in situazioni di avvenuta separazione
ed interruzione della convivenza; trascende, infatti, la relazione intramuraria tra offensore e vit‐
tima del reato e si estende a luoghi e relazioni al di fuori della casa di abitazione della vittima
stessa.
Se le violenze, offese, umiliazioni sono reciproche, pur se di diverso peso e gravità, non può dirsi
che vi sia un soggetto che maltratta e uno che è maltrattato.
Da un punto di vista fenomenologico, in un rapporto familiare che leghi un uomo a una donna,
poichè la posizione prevaricatrice si può avvalere della preponderante forza fisica del soggetto
agente, anche se i maltrattamenti in ipotesi si risolvono esclusivamente nella inflizione di soffe‐
renze morali, è normalmente l’uomo il soggetto agente e la donna la vittima.
Occorre una posizione di abituale prevaricante supremazia alla quale la vittima soggiace.
I maltrattamenti infraconiugali si ravvisano anche in caso di interruzione della convivenza, allor‐
chè la condotta del soggetto agente realizza gli elementi strutturali tipici della ipotesi criminosa
78
Violenze psichiche: aspetti giuridici e sociali
di cui all’art. 572 c.p., attraverso ripetute e insistite manifestazioni di offensività e aggressività
attuate in danno del coniuge separato.
Ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia, non assume alcun rilievo la
circostanza che l’azione delittuosa sia commessa ai danni di una persona convivente “more uxo‐
rio”, atteso che il richiamo contenuto nell’art. 572 c.p. alla “famiglia” deve intendersi riferito ad
ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rap‐
porti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo.
La nozione di famiglia sottesa alla norma penale di cui all’art. 572 c.p., è da intendersi estensiva‐
mente, nel senso che il bene giuridico oggetto della tutela penale è comprensivo della c.d. “fami‐
glia di fatto”.
4.4. Percosse e lesioni
Non sussiste la fattispecie di cui all’art. 581 c.p. allorquando la legge considera la violenza come
elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.
Episodi singoli qualificati come percosse, se inseriti in un quadro di continue vessazioni, sono
idonee ad integrare il reato più grave di stalking.
Anche episodi singoli quali le lesioni, qualora vengono inseriti n un quadro di continue vessazioni,
sono idonei a configurare il reato più grave di stalking, essendo tuttavia possibile il concorso di
reati159.
159
ZANASI, Violenza in famiglia e stalking. Dalle indagini difensive agli ordini di protezione, Milano, 2006.
79
INDICE ANALITICO
1.1.c mentire
A 1.1.d sarcasmo, derisione, disprezzo
Allontanamento: 5, 3 1.1.e destabilizzazione con messaggi para‐
dossali
Asimmetria nella relazione: 1, 1
1.1.f squalificare
Atti auto‐aggressivi: 5, 3 macro aree tematiche
Atti etero‐aggressivi: 5, 3 1.1 violenze affettive
1.2 violenze con il silenzio e con i ge‐
C sti
Cause della violenza: 5, 2 1.3 violenze con lo sguardo
Comportamenti rilevatori della patologia 1.4 violenze con le parole
psichica: 2, 3; 4, 1 1.5 violenze domestiche
Conseguenze della violenza psichica: 1, 3 1.6 violenze economiche
1.7 violenze nel sociale
Condotte persecutorie: 1, 4
1.8 violenze in automobile
Condotte rivelatrici della violenza psichica:
1.9 violenze verbali
4, 1
1.10 violenze sessuali
1.a violenza verbale
Conseguenze delle violenze psichiche: 1, 5
1.b violenza sessuale
Conseguenze della reazione della vittima:
1.c violenza fisica che non lascia tracce vi‐
2, 2
sibili
1.d mancanza di rispetto Controllo sulla vittima: 1, 1; 2, 2
1.e tattiche di pressione Critiche avvilenti: 2, 3
1.f minimizzazione, denigrazione, biasimo Cure mediche: 7, 1
1.g controllo economico Cure inesistenti: 2,2
1.h manipolazione della fiducia
1.i privazione emotiva D
1.l infedeltà ai patti della relazione Denigrazione: 2, 3
1.m isolamento
Derisione: 5, 1
1.n vessazioni
Dimenticare di ricordare: 1, 5
1.o intimidazioni
1.p distruzione Dipendenza psicologica: 1, 2
‐ comportamenti significativi Disprezzo: 5, 1
dinamiche stereotipate Dissociazione: 5, 3
1.1.a rifiutare la comunicazione diretta Divorzio: 5, 1
1.1.b deformare il linguaggio
Dominio sul partner: 1, 1
80
Indice analitico
E Ossessivi: 2, 2
Effetti della violenza psichica: 5, 3 P
Effetti negativi sui figli: 3, 1 Paranoia: 5, 1
F Paura delle vittime di denunciare i fatti: 1,
5
Finalità dell'aggressione psichica: 2, 2
Percosse e lesioni: 8, 4.4
Forme di violenza: 6, 1
Plagio: 5, 2
Plagio: 1, 1; 5, 2; 6, 1
Posizione di comando: 1, 2
Frasi ricorrenti: 4, 1
Presa di coscienza della vittima: 5, 1
G Mancanza di reciprocità: 5, 1
Gaslighting: 6, 2 Rifiuto della comunicazione: 5, 1
Pressione economica: 2, 3
I Processi di condizionamento: 1, 2
Idealizzazione del carnefice: 6, 1 Prova della violenza: 2, 3
Indifferenza alle richieste affettive: 2, 3
Intimidazioni: 5, 1 R
Inversione della colpa: 1 Rifiuto di dialogo: 2, 3
Rimedi: 2, 2
M Rimedi comportamentali: 7, 2
Maltrattamenti in famiglia: 8, 4.3 Risarcimento del danno: 8, 1
Manifestazioni comportamentali dell'ag‐ Effetti civili sentenza penale: 8, 3
gressore psichico: 2, 1
Amnistia: 8, 3
Narcisista: 2, 1 Archiviazione: 8, 3
Rifiuto di comunicazione diretta: 2, 1 Assoluzione: 8, 3
Menzogna: 5, 1 Prescrizione: 8, 3
Messaggio paradossale: 5, 1 Equitativo: 8, 1
Minaccia: 5, 1; 8, 4.2 Giudicato: 8, 3
Modo di pronunciare alcune parole: 1, 1 Non patrimoniale: 8, 1
Fatto reato: 8, 3
N Interpretazione costituzionalmente
Nesso tra malattie psichiche e violenza in orientata dell'art. 2059 c.c.: 8, 2
famiglia: 2, 4 Parte civile: 8, 3
Paranoia: 2, 3 Risvolti giudiziari: 1, 3
O S
Occultamento della violenza all'esterno: 1, Sarcasmo: 5, 1
5
81
Indice analitico
Segnali premonitori: 1, 4
Senso di isolamento: 5, 3
Stalking: 8, 4.1
U
Umiliazioni: 2, 3
V
Vampirizzazione: 2, 2
Violenze che non lasciano tracce evidenti:
2, 3
Violenze sessuali: 3, 2
Plagio: 1, 1
83
INDIRIZZI UTILI
Associazione Artemisia, Firenze
http://www.artemisiacentroantiviolenza.it/
Associazione "Belluno Donna Onlus", Belluno
http://www.bellunodonna.it
Associazione Casa delle Donne Maltrattate, Milano
http://www.cadmi.org
Associazione Centro Antiviolenza, Parma
http://www.acavpr.it/AcavPR/
Associazione Centro Donna Giustizia, Ferrara
http://associazioni.comune.fe.it/index.phtml?id=202
Associazione “Coordinamento Donne", Trento
http://www.centroantiviolenzatn.it/
Associazione Donna chiama Donna, Vicenza
http://www.donnachiamadonna.org
Associazione Donna a Donna, Gorizia
http://www.dadonnaadonna.org/
Associazione “Donne contro la violenza Merano ‐ Frauen gegen Gewalt Onlus", Merano
http://www.women.it/luoghi/luoghi‐it/bolza.htm
Associazione "Pronto Donna", Arezzo
http://www.prontodonna.it
Associazione "Aiuto Donna Uscire dalla violenza ONLUS", Bergamo
http://www.aiutodonna.it
Associazione "GEA per la solidarietà femminile e contro la violenza, Bolzano ‐ Verein “GEA Fur
die Solidaritat unter den frauen gegen Gewalt”, Bozen
http://www.casadelledonnebz.it/
Associazione "Donne contro la violenza Onlus", Crema
http://www.controlaviolenza.it
Associazione "V.D.I. Centro accoglienza per non subire violenza Onlus", Genova
http://www.udige.it
Associazione Nazionale Volontarie Telefono Rosa , Roma
http://www.telefonorosa.it
Associazione "S.O.S. Rosa Onlus", Gorizia
http://www.sosrosa.it
Associazione "Olympia de Gouges Onlus", Grosseto
http://www.olympiadegouges.org
Associazione "Centro Donna Lilith", Latina
http://www.centrodonnalilith.it
Associazione "Casa delle donne contro la violenza‐ ONLUS", Modena
http://www.donnecontroviolenza.it/
Associazione "Donne insieme contro la violenza Onlus", Pieve Emanuele
http://www.donneinsieme.org
Associazione "Donne in genere ONLUS", Roma
http://www.centrodonnalisa.it/
Associazione "IoTuNoiVoi Donne Insieme" (IDI), Udine
http://www.iotunoivoi.it
84
Indirizzi utili
Associazione EOS Onlus, Varese
http://cercaservizi.provincia.va.it/
Associazione Casa delle Donne, Bologna
http://www.casadonne.it
Associazione Casa delle Donne, Viareggio
http://www.casadelledonne.it
Associazione Casa delle Donne Onlus, Brescia
http://www.casadelledonne‐bs.it/
Associazione Centro Donna Padova
http://www.centrodonnapadova.it
Associazione Demetra, Lugo (Ravenna)
http://www.perglialtri.it/demetra/
Associazione Differenza Donna, Roma
http://www.differenzadonna.it
Associazione D.i.Re. Donne in rete contro la violenza Onlus, Ravenna
http://www.direcontrolaviolenza.it
Associazione Non da sola, Reggio Emilia
http://www.nondasola.it/
Associazione SOS Donna, Faenza
http://www.sosdonna.com/
Associazione SVS Donna aiuta donna, Milano
http://www.svsdad.it
Associazione Thamaia, Catania
http://www.thamaia.org
Associazione “Voce Donna Onlus” Pordenone
http://vocedonnapn.it/
Centro antiviolenza “Casa delle Donne” Reggio Calabria
http://www.reggiocal.it/on‐line/Home/AreeTematiche/PariOpportunita/articolo104742.html
Centro Antiviolenza Goap, Trieste
http://www.goap.it
Centro Antiviolenza, Sassari
http://www.comune.sassari.it/servizi/sociale/sportello_aurora.htm
Centro Antiviolenza “La luna nel pozzo”, Bari
http://www.centroantiviolenzabari.it/
Centro Antiviolenza La Nara, Prato
http://www.donne.toscana.it/centri/lanara/home.htm
Centro Antiviolenza Le Nereidi, Siracusa
http://lanereide.xoom.it/lanereide‐telefonodonna
Centro Antiviolenza Linea Rosa, Ravenna
http://www.linearosa.it/
Centro Antiviolenza Ananke, Pescara
http://www.centroananke.it/
Centro Ascolto “ L'una per l'altra”, Viareggio
http://www.casadelledonne.it
Cooperativa "LiberaMente. Percorsi di donne contro la violenza", Pavia
http://www.centroantiviolenzapv.it
Cooperativa Sociale E.V.A. Onlus, Santa Maria Capua Vetere (Caserta)
http://www.gescosociale.it/portal/chi‐siamo/i‐soci/43‐eva.html
85
Indirizzi utili
Telefono Donna, Como
http://www.telefonodonnacomo.it/
Telefono Rosa, Torino
http://www.telefonorosatorino.it/
Telefono Rosa, Mantova
http://www.telefonorosamantova.it
Telefono Rosa, Verona
http://www.telefonorosa.it
Telefono Donna ‐ Servizio di Psicologia c/o Azienda Ospedaliera Niguarda cà Granda, Milano
http://www.telefonodonna.it
Telefono Rosa Associazione Spazio Donna, Caserta
http://www.spaziodonnaonlus.it/antiviolenza.htm
Telefono Rosa La Città delle Donne, Piacenza
http://web2.comune.piacenza.it/incitta/associazioni/donne/associazione‐la‐citta‐delle‐donne‐
telefono‐rosa‐piacenza
Telefono Donna “L'altra Metà del Cielo”, Merate
http://www.altrametadelcielo.org
Altri siti per cercare centri antiviolenza:
http://www.antiviolenzadonna.it http://www.solideadonne.it/centri_antiviolenza.html
http://www.vitadidonna.it/salute/violenza/centri‐antiviolenza.html
http://www.direcontrolaviolenza.it http://www.cadom.it/nostrarete/
http://www.casadonne.it/cms/index.php?option=com_content&task=view&id=239&Itemid=129
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1. Nuova mediazione obbligatoria. R.C.A., condominio, reclamo tributario di Matteo Benigni, Laura
Capaci, Giulio Spina, Pierpaolo Vannucci;
2. S.r.l. semplificata e s.r.l. a capitale ridotto di Leonardo Serra;
3. La riforma del mercato del lavoro di Amedeo Tea;
4. Il contratto a progetto di Marco Proietti;
5. La gestione della crisi d’impresa di Giovanni Matteucci;
6. Il nuovo appello filtrato di Luigi Viola;
7. Il tribunale delle imprese di Leonardo Serra;
8. Guida alla realizzazione dei modelli 231 di Jacopo Piazzi e Mariangela Marrangoni;
9. La responsabilità civile e il danno da ritardo della P.A. di Michele Filippelli;
10. Il patteggiamento di Ivan Borasi;
11. Formulario commentato degli atti di mediazione di Giuseppe Vertucci, Riccardo Peratoner e Elena
Giraldi.
EC ‐ Esami e Concorsi
‐ Esame di avvocato. Metodo, questioni ed esercizi per le prove scritte a cura di Dario Colasanti;
‐ Casi di giurisprudenza penale ed. 2012 a cura di Paolo Franceschetti;
‐ Casi di giurisprudenza civile ed. 2012 a cura di Paolo Franceschetti.
‐ Pareri e atti svolti di diritto civile 2012 di AA. VV;
‐ Pareri e atti svolti di diritto penale 2012 di AA.VV;
‐ Lezioni di diritto amministrativo di Guglielmo Passarelli.
Collana Codici Altalex
‐ Codice della mediazione e della conciliazione commentato a cura di Rocchina Staiano;
‐ Codice del processo amministrativo commentato a cura di Rosaria Staiano e Maurizio Danza;
‐ Codice del turismo commentato a cura di Maria Teresa Rennis;
‐ Codice del processo tributario annotato a cura di Francesco Antonio Genovese e Salvatore Petillo;
‐ Codice della privacy commentato a cura di Marco Alberto Quiroz Vitale;
‐ Codice della famiglia e dei minori a cura di Altalex Redazione;
‐ Codice della contabilità pubblica (tomo I e II) a cura di Vittorio Raeli;
‐ Codice del diritto d’autore e dello spettacolo. Normativa italiana ed europea a cura di Giuseppe
Corasaniti e Deborah De Angelis;
‐ Commentario breve al codice dell’amministrazione digitale a cura di Michele Iaselli.
ALTALEX EBOOK
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Profiling: tecniche e colloqui investigativi di M. Di Stefano e B. Fiammella;
Riforma Forense. Come cambia la professione di avvocato, (Legge 31 dicembre 2012, n. 247) di
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Protocollo Altalex:
La nuova espropriazione presso terzi di P. Marini.