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Rattus norvegicus

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Rattus norvegicus

Stato di conservazione

Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Classe Mammalia
Superordine Euarchontoglires
(clade) Glires
Ordine Rodentia
Sottordine Myomorpha
Superfamiglia Muroidea
Famiglia Muridae
Sottofamiglia Murinae
Genere Rattus
Specie R. norvegicus
Nomenclatura binomiale
Rattus norvegicus
BERKENHOUT, 1769
Sinonimi
Rattus caraco, Rattus caspius, Rattus decimallus

Areale

Il ratto grigio, noto anche come ratto marrone, ratto norvegese, ratto
delle chiaviche[2], surmolotto o pantegana (Rattus
norvegicus BERKENHOUT) è un mammifero roditore della famiglia dei Muridi. È la
specie più comune e diffusa di Rattus, presente praticamente in tutto il mondo;
in Europa ha soppiantato il preesistente ratto nero (R. rattus) fra la fine
del Medioevo e la Rivoluzione industriale[3].

Indice

• 1Distribuzione
• 2Descrizione
• 2.1Dimensioni
• 2.2Aspetto
• 3Biologia
• 3.1Alimentazione
• 3.2Riproduzione
• 4I ratti e l'uomo
• 4.1Il ratto come animale da compagnia
• 5Note
• 6Voci correlate
• 7Altri progetti
• 8Collegamenti esterni

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]


A dispetto del nome scientifico, il ratto norvegese proviene dall'Asia, molto
probabilmente dalla Cina settentrionale, dalla Mongolia e
dalla Siberia sudorientale. Diffusosi anche attraverso i commerci umani, oggi il
ratto norvegese è presente ovunque sia presente l'uomo, con poche eccezioni
(l'Antartide, l'Alberta[4] e alcune riserve speciali in Nuova Zelanda)[5][6]. Sulla
base della diffusione, il R. norvegicus viene considerato una delle specie
animali di maggior successo.
Se ne conoscono cinque sottospecie, la validità delle quali è stata tuttavia
spesso messa in discussione: Rattus norvegicus albinicus, Rattus norvegicus
caraco, Rattus norvegicus domesticus, Rattus norvegicus norvegicus e Rattus
norvegicus socer. Il nome norvegicus viene fatto risalire al 1769, quando nel
libro "Profili della storia naturale della Gran Bretagna" il naturalista John
Berkenhout racconta dell'arrivo dei ratti in Inghilterra attraverso navi di
provenienza per l'appunto norvegese[7].
In Italia, la sottospecie nominale è diffusa in tutto il territorio peninsulare,
nonché nelle isole maggiori e nella massima parte di quelle minori[8].
In natura, la specie è associata a fiumi, stagni ed in genere a sorgenti
permanenti d'acqua anche salmastra, dal livello del mare alla media collina: si
tratta tuttavia di una specie spiccatamente antropofila, che predilige ambienti
ad antropizzazione forte e permanente, colonizzando le fognature (da cui il
nome di "ratto delle chiaviche", in contrapposizione al ratto dei tetti che
predilige aree asciutte), le discariche ed in generale le zone dove vi è una forte
dispersione di cibo e una scarsa igiene.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]


Dimensioni[modifica | modifica wikitesto]
Può misurare fino 40 cm, di cui poco meno della metà spettano alla coda, per
un peso medio di 350 g: alcuni esemplari di eccezionale grandezza
raggiungono il chilogrammo di peso, mentre sembrerebbero frutto di
invenzioni, o di confusione con altre specie di roditore (come la nutria od il topo
muschiato), gli avvistamenti di esemplari ancora più grossi. I maschi sono
solitamente più grossi e robusti rispetto alle femmine.

Aspetto[modifica | modifica wikitesto]

Un cranio di ratto grigio: notare le due creste ossee sulla parte superiore.
Il pelo è corto ed ispido ed ha un colore che va dal grigiastro al bruno, con
brizzolature nere o bianche sul dorso: verso il ventre, il colore tende a divenire
man mano più chiaro, fino a sfumare addirittura nel bianco sul basso ventre.

Particolare della bocca di un ratto delle chiaviche: sono messi in evidenza gli aguzzi incisivi.

Il corpo è di forma piriforme, con quarto posteriore arrotondato e testa di forma


squadrata, che costituisce la principale differenza dal ratto nero, il quale
possiede invece un muso più pronunciato ed altre caratteristiche differenti a
livello osseo, come la presenza di archi temporali dritti anziché curvi come nel
ratto grigio[9] e due creste ossee sulla parte superiore del cranio, assenti
invece nel ratto nero. Le zampe sono glabre e di colore grigio-rosato, con le
posteriori più lunghe e forti rispetto a quelle anteriori: queste ultime vengono
utilizzate per afferrare il cibo e portarlo alla bocca, nella quale trovano sede gli
aguzzi incisivi ricoperti da smalto di colore giallastro. Le orecchie hanno forma
triangolare e sono più piccole rispetto a quelle dei congeneri, tanto che
ripiegandole in avanti esse non arrivano a coprire gli occhi dell'animale,
[10] che sono a capocchia di spillo e di colore nero: esse sono ricoperte da una
fine peluria e di colore rosato. La coda, anch'essa glabra ma ricoperta di
scaglie, è piuttosto larga alla radice ma tende ad assottigliarsi man mano che
si procede verso la parte distale: essa presenta colore grigiastro.

Un fancy rat (ratto da compagnia) "Blazed"

I ratti sono anche impiegati nei laboratori come organismi modello, e talvolta
anche come animali da compagnia. I ratti da laboratorio e da
compagnia presentano alcune differenze somatiche rispetto ai loro simili
selvatici, dovute alla riproduzione selettiva da parte dell'uomo. Per esempio,
mentre i ratti selvatici sono quasi sempre di un colore marrone melange, nei
laboratori sono largamente impiegati ratti albini, e i ratti di compagnia
esibiscono una grande varietà di colorazioni. Alcune varietà di ratto domestico
presentano anche altre differenze somatiche rispetto al ratto selvatico, per
esempio una diversa forma delle orecchie nella cosiddetta varietà "Dumbo".

Biologia[modifica | modifica wikitesto]


Si tratta di animali attivi principalmente durante la notte, mentre durante il
giorno essi dormono in nidi posti in un anfratto ampliato scavando con le
zampe anteriori ed i denti e reso più confortevole con un'imbottitura di erbe,
carta, plastica ed altro materiale. I nidi sono molto complessi e comprendono
numerose camere, alcune elette a magazzini per il cibo, altre a luoghi di riposo
ed altre ancora a latrine: i ratti spesso fanno lavori di ammodernamento della
tana, scavando nuove gallerie ed ampliando le camere preesistenti. Quando
escono dalle proprie tane per procacciarsi il cibo, spesso i ratti vengono a
trovarsi al di fuori del proprio territorio (che sembrerebbe avere un diametro di
una cinquantina di metri[11]): in queste occasioni essi fanno affidamento alla
loro memoria, che pare essere assai sviluppata (tanto da essere negli ultimi
anni sempre più frutto di studi di psicologia[12], che hanno dimostrato inoltre che
i ratti sono metacognitivi, ossia possiedono la percezione del "sé",
caratteristica prima d'ora riscontrata solo in alcuni primati e nei delfini[13]),
muovendosi lungo piste memorizzate che portano a sorgenti di cibo.
Nonostante il ratto grigio si affidi principalmente alla vista ed all'udito per
muoversi nel suo ambiente, esso è in grado di trovare la strada anche al buio
grazie alle vibrisse, che permettono all'animale di percepire eventuali ostacoli
sul proprio cammino anche in assenza di luce.
I ratti vivono perlopiù in gruppi formati da una coppia progenitrice, ossia la
prima che si è stabilita in un determinato territorio, e dalla sua numerosa
discendenza: nell'ambito di un gruppo, si ha una predominanza dei maschi
rispetto alle femmine, ed a loro volta i maschi sono subordinati l'uno all'altro in
ordine di stazza[14]. I vari membri del gruppo comunicano fra loro
principalmente tramite tutta una serie di squittii[15], che variano a seconda del
sesso, dell'età e dello statusdell'animale nell'ambito del gruppo[16][17], ma si
ritiene che anche la postura del corpo ed in particolare dei segnali di natura
chimica aiutino gli animali a comunicare fra loro: il ratto grigio, infatti, ha un
olfatto prodigioso. I ratti, inoltre, sono in grado di percepire gli ultrasuoni e, pur
avendo una vista piuttosto debole, sono in grado di percepire alcune frequenze
dell'ultravioletto[18].
Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Un ratto durante il pasto.

Si tratta di animali tendenzialmente onnivori, che tuttavia preferiscono nutrirsi


di carne quando se ne presenti l'occasione: gli esemplari che vivono in aree
urbane si nutrono principalmente di scarti, mangiando praticamente tutto ciò
che di commestibile riescono a reperire: possono nutrirsi senza conseguenze
nefaste per l'organismo anche di cuoio e di sapone. Uno studio del 1964 portò
in evidenza il fatto che i cibi preferiti dai ratti erano le uova strapazzate, la
pasta al formaggio ed il mais tostato, mentre i meno graditi
erano pesche, barbabietole e sedanocrudi[19].
In natura, la specie tende a nutrirsi in massima parte di cereali, anche se vi è
una variazione di dieta a seconda della popolazione presa in considerazione: i
ratti che vivono in aree fluviali o vicine al mare, ad esempio, possono cacciare
il pesce od i molluschi catturandoli con le zampe anteriori[20][21][22], mentre
quelli di aree povere di cibo di origine vegetale possono ripiegare
sugli uccelli ed i loro nidiacei[23]. Il fatto che delle determinate popolazioni
pratichino da generazioni la stessa attività la dice lunga sul ruolo fondamentale
che ha l'apprendimento dagli adulti da parte dei giovani in questa specie[24]. I
ratti possono inoltre uccidere tutta una serie di piccoli animali (lucertole, topi,
pulcini etc.), per poi stiparli nelle proprie tane e nutrirsene in seguito: in alcuni
casi, gruppi di ratti grigi hanno addirittura aggredito dei bambini[25].
Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

Una nidiata di piccoli ratti grigi.

In condizioni favorevoli, i ratti grigi possono riprodursi durante tutto l'arco


dell'anno, arrivando in media a dare sette nidiate l'anno per ciascuna femmina:
alle alte latitudini o nelle aree montane, durante i mesi più freddi il ritmo
riproduttivo viene rallentato, anche se mai fermato del tutto. La femmina ha un
estro che dura circa sei ore e durante il quale essa si accoppia promiscuamente
coi maschi, arrivando a venire montata fino a cinquecento volte.
La gestazione dura fino a 24 giorni, al termine dei quali vengono dati alla luce
da tre a quindici cuccioli del peso di 6 g ciascuno, ciechi, sordi e nudi: essi sono
tuttavia in grado di emettere ultrasuoni per sollecitare la madre a stare attenta
nel muoversi o a dar loro la poppata[26][27]. Spesso numerose femmine
partoriscono in un'unica camera, per poi allattare indistintamente tutti i piccoli
che chiederanno la poppata, a prescindere se siano o meno figli loro: in ogni
caso, pare che il tempo e le energie che ciascuna femmina spende per la
cucciolata siano inversamente proporzionali alla consistenza numerica della
cucciolata stessa[28]. Circa 18 ore dopo la nascita della nidiata, la femmina è
di nuovo ricettiva e può venire nuovamente ingravidata. I cuccioli aprono gli
occhi attorno alle due settimane di vita, mentre attorno al mese essi vengono
svezzati ed una settimana dopo lo svezzamento possono dirsi del tutto
indipendenti dalla madre: i maschi divengono sessualmente maturi attorno ai
tre mesi di vita, mentre le femmine attorno ai quattro. Raramente, tuttavia, i
maschi riescono ad accoppiarsi subito, in quanto ancora di piccole dimensioni e
quindi surclassati dai vecchi maschi di maggiori dimensioni nella competizione
per l'accoppiamento.
La vita media di R. norvegicus in natura è di due anni, mentre in cattività esso
raggiunge fino ai quattro anni di vita[29].

I ratti e l'uomo[modifica | modifica wikitesto]

Un ratto in un vaso da fiori a New York: la presenza del ratto si accompagna a quella umana sin
dal Medioevo.

Originario della Manciuria, durante il Medioevo il ratto cominciò a diffondersi


anche in Europa[30][31][32], al seguito dei viaggiatori che per primi
commerciavano coi popoli orientali, ed in un secondo momento[33].
La presenza del ratto grigio in Europa è databile al 1553, in base a quanto si
può vedere nel libro Historiae animalium dello svizzero Conrad Gesner[34]: il
disegno contenuto nel libro potrebbe essere riferito anche al piuttosto
simile ratto nero, tuttavia Gesner parla di un'alta percentuale di
individui albini nelle popolazioni selvatiche dell'animale illustrato, il che si
accorderebbe maggiormente a quanto riscontrabile nei ratti grigi[35].
Nel 1730 il ratto grigio sbarcava in Inghilterra, cinque anni dopo era in Francia,
altri cinque anni dopo era in Germania ed in Nord America, mentre
la Spagna venne invasa solo nel 1800[34][36]: il vero boom della popolazione
europea di ratti grigi si ebbe solo con la Rivoluzione Industriale[37], quando le
condizioni igienico-sanitarie disastrose delle aree povere (i cosiddetti slum)
rappresentarono per i ratti un ambiente ideale per diffondersi.
Attualmente, il ratto grigio è il secondo mammifero di maggior successo al
mondo, dopo l'uomo[38]: si ritiene che nelle grandi città, come New
York o Londra, vi siano più ratti che abitanti umani.[senza fonte]
Il ratto come animale da compagnia[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Ratto da compagnia.
I ratti da compagnia o ratti domestici, detti anche fancy rat (secondo una
denominazione inglese largamente diffusa anche nella letteratura in lingua
italiana) sono ratti norvegesi allevati e venduti come animali da compagnia. I
ratti da compagnia presentano, rispetto ai loro simili selvatici, numerose
differenze fisiche e comportamentali, ascrivibili sia a influssi ambientali che agli
effetti della riproduzione selettiva negli allevamenti. La pratica di tenere ratti
come animali da compagnia ebbe origine nel Regno Unito nella prima metà
dell'Ottocento (la celebre scrittrice e illustratrice inglese Beatrix Potter, per
esempio, possedeva un ratto bianco), ma si è diffusa in modo significativo solo
a partire dagli ultimi decenni del Novecento. Oggi i ratti sono usati come
animali da compagnia in gran parte del mondo, nonostante qualche resistenza
culturale (legata soprattutto all'idea che siano portatori di malattie trasmissibili
all'uomo) e, in alcuni casi, espliciti divieti legislativi

J
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p

t
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