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-Partiremo da ciò che obbligazione non è. Dal non giuridico. Distinzione fra obbligazione e
obbligo: l’obbligazione è un dovere giuridico; ma non ogni dovere giuridico non è obbligazione.
Ogni dovere giuridico è un obbligo; ma non ogni obbligo è una obbligazione. Il punto di partenza
sarà come la relazione al codice civile definisce l’obbligazione naturale: metteremo in confronto la
definizione di obbligazione naturale contenuta nel codice civile e la disciplina dell’obbligazione
naturale 2034 c.c. Sembra esserci una contraddizione: la relazione ci dice che l’obbligazione
naturale non produce effetti giuridici, la norma, invece, collega effetti giuridici alla obbligazione
naturale: SOLUTI RETENTIO, non si può ripetere quanto adempiuto in forza dell’obbligazione
naturale.
FINE PREMESSA
L’obbligazione postula due requisiti: a)dovere giuridico; b)patrimonialità, diretta o riflessa. Se non
c’è patrimonialità non c’è obbligazione ma obbligo. Se c’è patrimonialità ma non c’è DOVERE
GIURIDICO non c’è, del pari, obbligazione; e non c’è neanche obbligo! Il carattere della
PATRIMONIALITA’ si può associare a un dovere; ma non necessariamente a un dovere giuridico.
Non ogni dovere è necessariamente un dovere giuridico! Ci sono doveri che ESULANO
dall’ambito giuridico, che sorgono in sfere estranee all’ambito del diritto: dovere morale, etico,
sociale, religioso. Doveri EXTRAGIURIDICI. Nonostante il contenuto della patrimonialità del
dovere, NON sono giuridici: non siamo in presenza di una obbligazione; ma di una
OBBLIGAZIONE NATURALE, che tale si chiama, ma NON E’ UNA OBBLIGAZIONE.
L’obbligazione naturale che non si adempie, quindi, direttamente (non essendo l’obbligazione
naturale un dovere giuridico) si può adempiere INDIRETTAMENTE? Adempimento indiretto delle
obbligazioni naturali: il problema centrale delle obbligazioni naturali. Tema da concorso. Che cosa
vuol dire adempimento indiretto? Si può configurare quando l’obbl.nat. diventa una obbligazione
giuridica, o meglio, quando il CONTENUTO dell’obbligazione naturale diventa il contenuto di una
obbligazione giuridica. Si assume giuridicamente lo stesso debito che è stato assunto naturalmente.
Abbiamo DUE obbligazioni: a)l’obbligazione naturale sottostante; b) obbligazione giuridica
sovrastante. Adempiendo l’obbligazione giuridica in maniera diretta, si adempie indirettamente
l’obbligazione naturale. DOMANDA: quali sono gli strumenti del diritto civile che consentirebbero
di assumere giuridicamente il debito che già forma oggetto di una obbligazione naturale? Promessa
unilaterale. Tizio assume un debito di gioco. Art. 1933. Tizio deve pagare 100 in virtù del gioco.
Tizio allora, con una PROMESSA UNILATERALE, assume l’obbligazione di pagare 100: assume
giuridicamente lo stesso debito oggetto dell’obbligazione naturale. Qual è l’effetto della
promessa unilaterale di pagamento (1988)? Tizio assume giuridicamente l’obbligazione naturale,
con una (ATTENZIONE!) astrazione del rapporto giuridico dal rapporto sottostante. Noi
abbiamo due rapporti: il rapporto NON GIURIDICO di gioco, da cui sorge l’obbligazione naturale;
su quel rapporto si costituisce un rapporto giuridico che sorge dalla promessa. Fra i due rapporti vi è
una relazione di ASTRAZIONE: ma non sostanziale, bensì processuale. La promessa di pagamento
produce come effetto l’inversione dell’onere della prova. Tizio, promettendo il pagamento, si
obbliga ad eseguire quella prestazione di pagamento SALVA LA PROVA CONTRARIA della
inesistenza, invalidità, inefficacia, del rapporto sottostante da cui è sorto il debito. Questo è l’effetto
previsto dal codice civile. La promessa esonera il creditore dall’onere di provare l’esistenza, la
validità, l’efficacia del diritto di credito sottostante; è il debitore promittente che, per evitare
l’esecuzione della prestazione deve provare inesistenza, invalidità, inefficacia del rapporto
sottostante. Si tratta dell’astrazione processuale: dell’onere della prova. Astrazione processuale vuol
dire PRESUNZIONE DI ESISTENZA, VALIDITA’, EFFICACIA della prestazione promessa. La
promessa non produce invece una astrazione SOSTANZIALE: ce lo dice chiaramente la relazione
al Re. Nel senso che se il rapporto sottostante non esiste, non è valido, non è efficace, non sarà
esistente, valida, efficace neanche la promessa di pagamento. Il rapporto sovrastante di promessa
dipende dal rapporto sottostante promesso.Dunque la promessa potrebbe essere in astratto uno
strumento per assumere giuridicamente un debito già assunto naturalmente. Stesso meccanismo si
potrebbe realizzare con la ricognizione di debito: il soggetto che ha assunto l’obbligazione naturale
di gioco potrebbe riconoscere il debito con un negozio unilaterale di riconoscimento del debito.
Stessa logica, stessa norma della promessa di pagamento, idem come sopra.
Oltre alle PROMESSE unilaterali tipiche che consentono di assumere giuridicamente il debito già
assunto naturalmente, anche la NOVAZIONE potrebbe consentire di assumere giuridicamente
l’obbligazione naturale. Con la novazione siamo nel campo dei negozi giuridici BILATERALI: un
contratto. Un contratto che consentirebbe di estinguere l'obbligazione naturale facendone sorgere
una giuridica: trasformazione della obbligazione naturale in giuridica: questo sarebbe l'aliquid novi.
Nel caso della novazione, come invece avverrebbe per la promessa di pagamento e per la
ricognizione di debito, non abbiamo un CUMULO (obbligazione naturale e giuridica); perchè
l'obbligazione naturale si estingue.
La libertà negoziale incontra dei limiti. Il negozio unilaterale di promessa di pagamento fa sorgere
una obbligazione giuridica con inversione dell'onere della prova, astrazione processuale; tuttavia la
promessa di pagamento non è MAI astrazione sostanziale. Il negozio unilaterale di promessa
dipende dall'ESISTENZA di un rapporto GIURIDICO sottostante. Se l'obbligazione giuridica
sottostante non sussiste, non sussiste neanche la promessa. L'obbligazione naturale non è un
VINCOLO GIURIDICO. L'obbligazione naturale non è una obbligazione. E' una causa solvendi,
non obligandi. Manca quindi il presupposto della promessa. La promessa postula una
OBBLIGAZIONE non una NON OBBLIGAZIONE. La promessa di una obbligazione naturale non
è ammissibile a livello strutturale, ontologico! Stesso discorso per ricognizione di debito: postula un
vincolo giuridico sottostante che si riconosce. Non c'è astrazione sostanziale! Stesso vale, mutatis
mutandis per la novazione: qual è il presupposto essenziale della novazione? Postula una
obbligazione da estinguere! Se non c'è obbligazione da fare estinguere, come si può novare! Difetto
di struttura causale della novazione, che diventa nulla! Non si può far sorgere una obbligazione
giuridica sulle ceneri di una obbligazione naturale. La novazione ha un DOPPIO EFFETTO:
estinzione precedente obbligazione; sorgere di quella nuova.
DEBITO DI GIOCO. E' uno di quei casi paradigmatici in cui maggiormente si pone il problema
dell'adempimento indiretto dell'obbligazione naturale. Due CONSIDERAZIONI: 1)siamo nel 1933
c.c.: la norma considera il debito di gioco come figura TIPICA di obbligazione naturale; obbl.nat.
nominata. Non è l'unica norma: si pensi al 627 c.c. E' poi una figura dubbia di obbl. nat. il DEBITO
PRESCRITTO; 2)il debito di gioco è uno di quei casi in cui può sorgere una obbligazione
GIURIDICA o NATURALE. Il gioco e la scommessa possono quindi essere considerati o un
rapporto giuridico o extragiuridico. GIURIDICO: fonte di obbligazione, a contenuto patrimoniale
diretto: gioco scommessa AUTORIZZATI DALLA LEGGE. La legge considera quel rapporto
RILEVANTE per l'ordinamento giuridico! L'ordinamento effettua una valutazione di rilevanza
giuridica basata su una valutazione di meritevolezza. L'ordinamento ritiene meritevoli alcune
scommesse. Qual è l'effetto della giuridicizzazione? La TUTELA. Obbligazione giustiziabile, che
deve essere adempiuta in senso tecnico! In caso negativo scattano le sanzioni giuridiche previste
per l'inadempimento. Lo stesso rapporto invece può essere NON autorizzato dalla legge. E
addirittura lo stesso rapporto può essere VIETATO dalla legge, incriminato! Gioco d'azzardo.
Quando CAZZO SORGE allora l'obbligazione naturale presa in considerazione dal codice civile?
Quando il gioco o la scommessa non sono nè autorizzati nè vietati. Categoria generale e residuale.
L'ordinamento TOLLERA in base a una valutazione nè di meritevolezza nè di immeritevolezza:
INDIFFERENZA. Neutralità. In questi casi sorge una NON obbligazione, che ex art. 1933 non è
ripetibile.
Disposizione fiduciaria testamentaria, ex art. 627. E' qualificata come obbligazione naturale dalla
relazione al codice. E' il legislatore che qualifica il dovere dell'erede/legatario di trasferire i beni
ricevuti in forza del testamento a un terzo come rapporto extragiuridico, obbligazione naturale.
Dovere MORALE nei confronti del testatore. Tizio istituisce Caio ma il beneficiario in realtà è
Sempronio che non compare nel testamento. Il dovere di Tizio di trasferire il bene a Sempronio ha
carattere patrimoniale; ma non è GIURIDICO. E' un dovere morale.
Stesso stilema linguistico ("non è ammessa la ripetizione") è utilizzato in caso di debito prescritto
ex 294: "in adempimento di un debito prescritto". Attenzione alle parole! "adempimento". La
prescrizione è un istituto di diritto SOSTANZIALE: questa è una tesi dominante. Con valenza
processuale. Il ragionamento può essere il seguente: la prescrizione estingue il diritto di credito; se
si estingue il diritto di credito, cosa si estingue? L'obbligazione. Chi paga il debito prescritto, allora,
non esegue più un atto dovuto: non c'è più l'obbligazione. Chi paga il debito prescritto non sta
adempiendo l'obbligazione ma esegue una non obbligazione: residua un dovere morale, etico di
pagare.Ecco perchè non è ammessa la ripetizione. Ecco perchè potremmo annoverare il debito
prescritto come ipotesi di obbligazione naturale tipica.
ATTENZIONE PERO': diverso angolo prospettico. Vero è che la prescrizione è istituto sostanziale;
ma abbiamo detto che ha valenza processuale. Cioè: la prescrizione non è rilevabile d'ufficio. Deve
essere fatta valere dalla parte. Eccezione in senso stretto. Se l'eccezione non viene fatta valere, il
diritto di credito NON SI ESTINGUE. Se il diritto di credito non si estingue, chi paga il debito
prescritto, senza che sia stata opposta l'eccezione di prescrizione, sta adempiendo l'obbligazione. Il
profilo processuale della prescrizione sposta la prospettiva.Chi paga fintanto che la prescrizione non
è fatta valere, quel soggetto ha ADEMPIUTO: non una obbligazione naturale ma giuridica! Ecco
perchè la norma parla di ADEMPIMENTO del debito prescritto. Mentre il 2034 parla di
ESECUZIONE DI UN DOVERE, non parla di adempimento! Il 2940 allora può essere letto NON
come ipotesi di obbligazione naturale tipica; ma può essere spiegato sul piano processuale, come
una ipotesi in cui non è ammessa la ripetizione perchè in realtà, pur essendosi il debito prescritto,
data la valenza processuale della prescrizione, non essendo essa stata opposta, il pagamento è
ancora ADEMPIMENTO di una obbligazione giuridica e per questo non è ripetibile. Non è
ripetibile perchè c' è una VALIDA CAUSA SOLVENDI. oltre che valida causa obligandi.
Ci sono delle NON OBBLIGAZIONI che sono esercizio dell'autonomia privata. Sono tali per
volontà delle parti. Intento giuridico negativo. E' la volontà delle parti (espressa, "deliberate non
law"; o inespressa, "contestual non law") a escludere l'intento giuridico.
Contestual: per il contesto in cui il rapporto sorge, quel rapporto si presume NON giuridico;
risponde a una logica generale di solidarietà, comunità: il trasporto di cortesia. Lo stesso rapporto di
trasporto può essere contrattualizzato, e lì abbiamo un contratto fonte di obbligazioni.
"Deliberate": qui la volontà è espressa. Potenzialmente quel rapporto è un rapporto giuridico. E' un
rapporto da cui potrebbe sorgere un rapporto giuridico a contenuto patrimoniale. Ma c'è un atto di
autonomia privata che fa sorgere sin dall'inizio un rapporto in forma NON GIURIDICA. Patto fra
gentiluomini: patto, accordo, potenzialmente un contratto fonte di obbligazioni; se non ci fosse la
volontà espressa delle parti quel rapporto sarebbe fonte di obbligazioni. La volontà delle parti
determinano la degiuridicizzazione del rapporto. Ma qual è la forza di un vincolo NON
GIURIDICO? Non ci sono tecniche di tutela. Allora la forza sta nel NOME, prestigio, immagine,
valore concettuale della persona. La violazione del patto è una perdita di immagine, credito, nome.
Quella è la sanzione: extragiuridica.
Dall'analisi della NON OBBLIGAZIONE all' OBBLIGAZIONE.
1)Se la promessa unilaterale fosse atipica, poi, si correrebbe il rischio di introdurre nel sistema i
negozi astratti, senza causa. Promitto quia promitto: si prescinde dalla causa; 2)Ovvero, la promessa
unilaterale atipica potrebbe costituire un modo per aggirare le norme che impongono certi vincoli di
forma: la DONAZIONE. Per il contratto di donazione (compresa obbligatoria) è prevista la forma
solenne. La donazione potrebbe essere fatta con promessa unilaterale atipica: il promittente diventa
donante, senza rispetto della forma; 3)Inoltre la promessa atipica rischierebbe di incidere sulla sfera
privata altrui: l'effetto che la promessa unilaterale produce prescinde dall'adesione del destinatario.
Produce i suoi effetti per la volontà di una sola parte. Può generare la lesione della sfera giuridica
del destinatario senza la sua accettazione: principio della RELATIVITA’ del negozio e
dell’INTANGIBILITA’ della sfera giuridica altrui.
TESI FAVOREVOLE
Il sistema ha l'esigenza di evolversi, soprattutto nel diritto civile che regola l'economia. Stando alla
relazione, al 1987, NON c'è spazio dunque per le promesse atipiche. Salvo introdurre un sistema a
doppio binario: a) promesse tipiche ex art. 1987 c.c.; b)atipiche ai sensi del 1173 c.c.: promessa
come atto idoneo a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento giuridico, attraverso una
REINTERPRETAZIONE dell'art. 1333 c.c. Quindi: 1173 + 1333. In che senso il 1333 attraverso il
1173 può divenire strumento per fare entrare le promesse atipiche? Il 1333 è nella disciplina del
CONTRATTO, negozio bilaterale. Proposta diretta a concludere un "Contratto": come può
diventare veicolo di un negozio unilaterale?
Il 1333 è una norma che secondo la lettura tradizionale della norma sulle promesse, individua la
figura del CONTRATTO UNILATERALE: il negozio è un CONTRATTO nella struttura. Si
caratterizza per due aspetti: a)strutturale, si conclude non attraverso incontro di proposta e
accettazione, ma attraverso incontro della proposta e il silenzio: il silenzio vale come assenso.
SILENZIO ASSENSO; b)effettuale: unilaterale per l'effetto. Effetti a carico di una sola parte. Se il
1333 è un contratto, allora il 1333 non può essere lo schema di una promessa unilaterale. Come la
promessa è ad EFFETTI unilaterali; ma a differenza della promessa, ha una struttura
BILATERALE. Dunque secondo questa lettura il 1333 non può essere lo strumento per veicolare
promessa unilaterale atipica.
Come può diventare il 1333 strumento per veicolare promessa atipica? Considerandolo un
NEGOZIO UNILATERALE ANCHE PER LA STRUTTURA (e non solo per l'effetto)!!! Il
silenzio non è silenzio significativo. Non è silenzio assenso. Il consenso necessita di una
ESPRESSIONE della volontà. Il silenzio ex 1333 non è significativo. Il 1333 non si forma per
l'incontro di proposta e accettazione; ma per effetto della SOLA PROPOSTA! Non c'è accettazione.
Quindi la PROPOSTA è come la PROMESSA: produce i suoi effetti nel momento in cui giunge a
conoscenza del destinatario, unilaterale RECETTIZIA. Recettizia e RIFIUTABILE: il rifiuto è un
CONTRONEGOZIO che paralizza l'effetto della promessa unilaterale. Il 1333 in questo modo
diventa veicolo per dare ingresso alle promesse atipiche. Il 1333 non individua un TIPO ma una
TIPOLOGIA: possono entrare tutte le promesse unilaterali atipiche.
Non c'è rischio di violare il principio di relatività o intangibilità: può produrre solo obbligazioni per
il promittente: può solo AVVANTAGGIARE il destinatario; che ad ogni modo può rinunciare con
un negozio di RIFIUTO. Non c'è rischio di aggirare norme sulla forma. Se il 1333 è un negozio
giuridico unilaterale, veicolo di promesse atipiche, in quanto negozio unilaterale, soggiace
all'applicazione della disciplina del contratto. Senza rischio per la causa, in quanto la CAUSA CI
DEVE ESSERE proprio perchè si applicano le norme sul contratto. Si applica il principio
contrattuale della necessaria CAUSALITA'.
B)Altro obbligo: obbligo del creditore di accettare una prestazione diversa, quando quella diversa
prestazione soddisfa comunque l'interesse del creditore ma al contempo soddisfa meglio l'interesse
del debitore alla liberazione dal vincolo obbligatorio!!! La buona fede fa sorgere l'OBBLIGO DI
ACCETTARE UNA PRESTAZIONE DIVERSA! MODIFICA CONTENUTO RAPPORTO
OBBLIGATORIO! Esempio: obbligazione pecuniaria, che ha ad oggetto l'obbligo di dare denaro.
Ma se anzichè consegnare denaro, effettuo prestazione con mezzo alternativo al contante, se quel
mezzo non pregiudica l'interesse del creditore, il creditore DEVE ACCETTARE quella diversa
modalità di adempimento! Non è una prestazione in luogo dell'adempimento! E' ADEMPIMENTO!
C) Sono frequenti le pronunce della Cassazione che fanno discendere dalla buona fede un obbligo
di rendicontazione. L'obbligo di tal tipo è espressamente previsto nel mandato, 1713; nella gestione
di affari altrui, 2030 cc. Quest'obbligo è espressivo di un principio generale. Le norme che
prevedono nell'ambito di certi rapporti (mandato, negotiorum) sono RICOGNITIVE di un principio
generale che affonda le proprie radici nella regola di buona fede oggettiva. Chi svolge una attività
nell'interesse altrui ha il dovere di soggiacere al controllo, quindi di RENDICONTARE;
D) la buona fede non solo può far sorgere obbligazioni interne al rapporto STRUMENTALI
all'adempimento e all'esecuzione del rapporto; ma obbligazioni che soddisfano l'interesse alla
PROTEZIONE. La buona fede può far sorgere obblighi a contenuto protezionistico. Obblighi di
protezione. Il rapporto giuridico è una relazione: come ogni relazione è suscettibile di generare delle
interferenze, lesioni della sfera giuridica altrui. Per prevenire la lesione e risarcirla, la buona fede fa
sorgere un obbligo di protezione che soddisfa un interesse alla SICUREZZA, non lesione della
propria sfera giuridica: a) obblighi INFORMATIVI; b)obblighi di promuovere azioni nell'interesse
di controparte.
La buona fede può diventare obbligo di protezione nei confronti di un TERZO? Terzo estraneo dal
rapporto obbligatorio ma prossimo: contratto fra medico e gestante. Prestazioni che il medico deve
eseguire nei confronti della gestante; ma ci sono soggetti terzi prossimi: si pensi al nascituro, al
marito. Sono estranei ma prossimi: il danno che il medico genera va a detrimento anche della loro
sfera giuridica. La buona fede può far sorgere obblighi di protezione nei confronti del terzo?
Se si ammettesse, come pure si è affermato, che la buona fede diventa fonte di obbligo di
protezione del medico nei confronti del terzo, si chiamerebbe a rispondere il medico nei confronti
del terzo a titolo di INADEMPIMENTO di una obbligazione, 1218 c.c. Attrazione nel campo del
1218 di una responsabilità che altrimenti ricadrebbe del 2043. E questa è la logica del contatto
sociale qualificato.
L'operazione di far discendere dall'obbligo di buona fede l'obbligo di protezione del terzo è la stessa
operazione che si fa con la teoria del contatto sociale. Cioè: fin adesso abbiamo parlato della buona
fede come fonte di obbligazione all'interno di un rapporto obbligatorio già costituito; la buona fede
però può essere ESSA STESSA fonte di un rapporto obbligatorio. La buona fede COSTITUISCE il
rapporto obbligatorio, lo instaura. FONTE ESCLUSIVA dell'obbligazione. Il contatto è un fatto.
Quando un contatto è idoneo a produrre obbligazioni all'interno dell'ordinamento giuridico? Non
ogni contatto è idoneo. Ci sono dei contatti non idonei. Deve essere QUALIFICATO: cosa qualifica
il contatto? Lo SCOPO! Analogia con il contratto: il contratto è qualificato dalla causa; il
CONTATTO è caratterizzato dallo SCOPO, è volto a perseguire uno scopo considerato meritevole
di tutela secondo l'ordinamento giuridico. Uno scopo che supera il vaglio di meritevolezza.
Il perseguimento dello scopo del contatto passa attraverso la buona fede, l'affidamento di una parte
nella diligenza, correttezza, professionalità, buona fede dell'altra parte. Scopo e affidamento ex
bona fidei qualificano il contatto come FATTO IDONEO a produrre obbligazioni. Dal contatto
sociale qualificato sorge: OBBLIGO INFORMATIVO.
S.U. 2018: pagamento dell'assegno a soggetto non legittimato all'incasso. Vi è gia stata sentenza a
s.u., ma la problematica è sempre oggetto di contrasto. La norma di riferimento è l'art. 43 co.2 della
legge assegni: la Banca che paga a persona diversa dal prenditore risponde del pagamento.
Domanda: la banca risponde a che titolo?
1) potremmo interpretare l'art. 43 in un modo piuttosto che in un altro: innanzitutto potremmo
sostenere che il 43 disciplina in maniera autonoma la responsabilità della Banca. La norma prevede
una fattispecie di responsabilità che non ricade nè sotto l'egida del 1218 nè sotto l'ambito
applicativo del 2043. L'obbligazione cartolare non può considerarsi adempiuta per il fatto che la
Banca ha pagato l'assegno al soggetto non legittimato: se è così, vuol dire che la Banca, anche se
ha pagato al non legittimato, non ha ancora adempiuto, è ancora obbligata nei confronti del soggetto
legittimato, che può far valere il suo diritto nei confronti della banca. Il soggetto legittimato ha
quindi diritto a prescindere dalla colpa della banca. Stiamo introducendo una forma di
RESPONSABILITA' OGGETTIVA. Per questo si dice che si tratta di responsabilità diversa dal
1218, e diversa dal 2043. Il 1218 e 2043 infatti non sono responsabilità soggettive.
2) 2018 S.U. Fanno ricorso alla teoria del contatto sociale qualificato. Ragionamento diverso. La
banca è un operatore professionale. L'art. 43 è posta a tutela di interesse generale alla corretta
circolazione dei crediti. Al contempo il 43 è posto a tutela anche di un interesse individuale del
soggetto legittimato al pagamento. L'art. 43 va letto nella prospettiva di una relazione, fra operatore
professionale e soggetto legittimato all'incasso. Questa relazione delinea un contatto sociale
qualificato che fa sorgere un obbligo di protezione della banca nei confronti del soggetto
legittimato. Non essendoci un contratto c'è un rapporto obbligatorio che è fonte di obbligazioni,
rimaste inadempiute per COLPA della banca. La banca risponde nei confronti del legittimato per
inadempimento di una obbligazione che postula la COLPA.
Questa pronuncia è rilevante. Va letta alla luce della LEGGE GELLI per la responsabilità medica.
Uno di campi di massima applicazione della teoria del contatto sociale qualificato era, prima della
legge gelli, la responsabilità medica. Si diceva: quando c'è contratto tra medico e paziente, nulla
questio; quando non c'è il contratto, quel rapporto individua un contatto sociale qualificato,
rapporto qualificato da uno scopo meritevole di tutela, tutelare il paziente. Il medico è gravato da
obblighi di informazione e protezione. Il medico risponde a titolo di inadempimento, sotto l'egida
del 1218, regime più agevole del 2043, a tutela del paziente. La Legge Gelli qualifica
espressamente con una norma che si autoqualifica INDEROGABILE ("la giurisprudenza non abbia
più nulla da inventarsi!"), la responsabilità del medico è AQUILIANA. Nel momento in cui la
legge qualifica la responsabilità del medico come aquiliana, la legge sta
implicitamente ESCLUDENDO che tra medico e paziente si configuri un contatto sociale
qualificato. Quindi non c'è un obbligo di protezione del medico nei confronti del paziente; perché se
ci fosse, non potrebbe scattare il 2043, che sorge quando NON C'E' un rapporto obbligatorio.
Quando c' è danno senza adempimento di obbligazione preesistente.
La legge gelli mette in crisi la teoria del contatto sociale. Escludendola dal campo medico la mette
in crisi a livello sistemico!!!! Se la teoria del contatto sociale non si applica nel campo medico che è
il campo di massima applicazione, quando si applica? Non si applica più a questo punto. In realtà,
dalle S.U., si arriva alla conclusione che il contatto sociale, se non escluso dalla legge, continua a
trovare applicazione. Le S.u facendo applicazione della teoria fra la Banca e il prenditore
dell'assegno confermano che il fatto che la legge gelli esclude il contatto sociale in campo medico,
non vuol dire che in altri ambiti dell'ordinamento si possa farne applicazione. La mediazione tipica
è un altro ambito di applicazione; la responsabilità dell'insegnante. La responsabilità precontrattuale
della PA, ad. plenaria 2018.
MODIFICA, ESTINZIONE, VICENDE DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO
LEZIONE FONDAMENTALE
ADEMPIMENTO
Partiamo da ciò che negozio non è . E' superata la teoria negoziale, secondo cui
esso presupporrebbe la volontà dell'ATTO e dell'EFFETTO. L'effetto si produrrebbe in virtù della
volontà del solvens: l'effetto solutorio dell'atto sarebbe collegato con la volontà del debitore.
L'effetto solutorio dipende dall'animus solvendi. L'adempimento, senza quella particolare voluntas
del solvens, non sarebbe un adempimento ma un atto neutro. Se l'adempimento non fosse
necessariamente un negozio giuridico, basato sulla volontà dell'effetto, l'atto sarebbe neutro, e
potrebbe essere giustificato causalmente da una diversa funzione. E produce effetti unilaterali,
indipendentemente dall'accettazione del destinatario.
La teoria negoziale non è condivisibile. E' si atto unilaterale, che produce i suoi effetti a
prescindere dall'adesione del destinatario; ma non ha natura NEGOZIALE. E' un ATTO
DOVUTO. E' un atto ESECUTIVO. L'effetto dipende non dalla voluntas ma si produce sul piano
OGGETTIVO: in virtù della coincidenza oggettiva fra la prestazione dovuta e quella eseguita. E'
dunque un atto giuridico in senso stretto, effetti ex lege. Cerchiamo la conferma però. Addentellato
normativo: disciplina dell'adempimento che è difforme rispetto a quella del contratto: 1)Se
l'adempimento fosse un negozio, l'incapacità dell'autore dell'atto RILEVEREBBE! E invece il 1191
sterilizza l'incapacità del solvens. Perchè? Perchè l'adempimento non presuppone la VOLONTA'
dell'EFFETTO giuridico!
2)Il 1191 conferma che basta la coincidenza oggettiva fra prestazione dovuta ed eseguita. Se
l'incapace esegue la prestazione, fa un atto dovuto, non c'è esigenza di protezione dell'incapace!
Egli non è pregiudicato: e quindi non c'è esigenza di tutela.
ADEMPIMENTO TRASLATIVO
Possiamo affermare che OGNI adempimento è un atto giuridico in senso stretto? L'adempimento
traslativo è un atto giuridico in senso stretto? Il debitore è OBBLIGATO a trasferire la proprietà.
L'atto con cui il debitore esegue sarebbe un atto giuridico in senso stretto. Qui abbiamo una
fattispecie che si compone di due atti: a) adempimento traslativo; b)l'atto con cui si trasferisce la
proprietà, sulla base di un obbligo assunto a monte. L'adempimento traslativo si iscrive in una
fattispecie a formazione progressiva. Struttura bifasica: negozio programmatico a monte, in base al
quale il debitore si obbliga a trasferire la proprietà, effetti obbligatori; l'obbligo viene adempiuto
con un atto a valle, con cui si trasferisce la proprietà. L'atto traslativo a valle, essendo un
adempimento del debitore di un' obbligazione assunta può essere considerato un atto giuridico in
senso stretto? E' un atto dovuto.
C'è chi sostiene che costituisce atto giuridico in senso stretto. Atto traslativo della proprietà che non
è un negozio giuridico. Però: vero che abbiamo un atto esecutivo di un obbligo; ma abbiamo una
fattispecie a formazione progressiva. Abbiamo un negozio a monte con cui si assume l'obbligo di
trasferire la proprietà, che presenta una certa causa: le parti programmano il trasferimento della
proprietà per un CERTO SCOPO (accordo di separazione: separazione consensuale, abbiamo un
accordo complesso con natura mista, profili patrimoniali e personali; per i profili patrimoniali è un
contratto. Ma programmano, non eseguono). L'atto a valle quindi rientra in uno schema negoziale
pluristrutturato. E' un atto collegato con il negozio a monte e presenta una causa solutoria dell'atto
assunto con il negozio programmatico a monte. L'atto a vale è un atto che si basa sulla CAUSA
SOLVENDI; è un atto con cui si adempie l'obbligo assunto col negozio programmatico. Quindi non
possiamo parlare di atto giuridico in senso stretto: quando l'adempimento è traslativo rileva la causa
dell'atto, la volontà dell'effetto giuridico solutorio, collegato al trasferimento della proprietà. Ecco
perchè si tende a considerarlo un negozio giuridico. Unilaterale: la proprietà si trasferisce attraverso
un negozio giuridico unilaterale (e questo è il problema).
Qui si pone il problema dell'ammissibilità del negozio traslativo unilaterale. Problema che si pone
per 3 ragioni:
TESI NEGATIVA
-art. 922 c.c. Modi di acquisto della proprietà: "contratti e altri modi stabiliti dalla legge". La norma
è informata a un principio di tipicità. Tipici sono i modi stabiliti dalla legge. "Contratto" e non
"negozio unilaterale"; a meno che il negozio unilaterale non sia previsto quale "altri modi previsti
dalla legge". Non si può trasferire la proprietà attraverso un negozio unilaterale.
-art. 1376 c.c., principio consensualistico. Il contratto produce l'effetto traslativo immediatamente,
che deriva dal consenso. Il 1376 sancisce la COINCIDENZA fra titulus e modus adquirendi. L'atto
è al contempo il titulus (ausa spostamento patrimoniale) e modus (modo di trasferimento).
L'adempimento traslativo invece crea SCISSIONE fra titulus e modus. Ci sono due negozi: il
modus è costituito dal negozio a valle. Questa scissione contrasta con il principio consensualistico.
-CAUSA: il titulus è il negozio programmatico. L'adempimento traslativo sarebbe un atto senza
causa. Produce un trasferimento senza causa, essendo questa nel negozio a monte. Dunque
l'adempimento traslativo non sarebbe ammesso.
TESI POSITIVA
Siamo sicuri che l'adempimento traslativo è senza causa?
-L'adempimento traslativo, quando è un negozio unilaterale, non è senza causa, è a causa
ESTERNA, FISSA, SOLUTORIA che rientra in una fattispecie a formazione progressiva. La causa
è nel titulus programmatico; la causa del negozio invece ha causa solutoria di un negozio che ha una
propria causa.
- La scissione c'è, non c'è dubbio. La separazione fra titulus e modus contrasta con il 1376. Ma il
1376 non è una norma imperativa: il principio consensualistico è dal legislatore inserito a FAVORE
dell'autonomia privata, non contro. E' un principio generale che non vuole operare CONTRO
l'autonomia, ma la avvantaggia, evita la duplicazione di atti, costi e tempi. Resta un principio
generale a FAVORE, e quindi è disponibile. Le parti possono prevedere una diversa fattispecie di
produzione di effetto giuridico che non si incentra sulla concentrazione di titulus e modus.
L'adempimento traslativo sarebbe una deroga legittima al consenso traslativo, anzi è il MODO per
derogare al 1376.
-922: la norma è sicuramente informata a un principio di tipicità dei modi di acquisto della
proprietà. Ma è una norma elastica: non individua i CONTRATTI, ma ne parla in GENERALE, ed
è legata alla norma di ATIPICITA' del contratto in generale. Dove la norma chiama i contratti non
richiama solo i contratti tipici che producono un effetto traslativo ex lege (contratti tipici come la
vendita, che ha una causa in astratto, di SCAMBIO; donazione); il richiamo ai contratti in generale
invece richiama la disciplina generale e con essa l'atipicità, e dunque i negozi unilaterali, che del
contratto condividono la disciplina. L'ORDINAMENTO SI EVOLVE. Ciò che nasce inammissibile
(adempimento tralsativo) diventa AMMISSIBILE.
2)ACCORDO DI SEPARAZIONE
Altra ipotesi in cui si realizza lo schema di produzione dell'effetto traslativo attraverso
l'adempimento traslativo è l'accordo di separazione. L'accordo è il negozio programmatico in virtù
del quale le parti si obbligano, in virtù della separazione, ai trasferimenti patrimoniali. L'atto a valle
è un adempimento traslativo solvendi causa; ma è comunque un atto esecutivo dovuto. Perché
troviamo le pronunce di Cassazione che escludono la REVOCATORIA dell'atto a valle, cioè
dell'adempimento traslativo? Tizio si separa da Caia. Tizio, nell'ambito di un accordo, si impegna a
trasferire il bene a Caia. Tizio, dunque, per effetto dell'adempimento traslativo si impoverisce. Ma
l'adempimento traslativo è comunque atto esecutivo, nonostante sia un negozio. E' un negozio che
reca pregiudizio alle ragioni dei creditori, c'è l'eventus damni; eppure è e rimane un atto dovuto. E
la revocatoria è esclusa in caso di atti dovuti. L'atto revocabile è l'accordo di separazione.
3)NEGOZIO FIDUCIARIO
Tizio trasferisce a Caio la proprietà dell'immobile. Stipulano poi un pactum fiduciae, un accordo in
forza del quale Caio diventa proprietario ma sotto FIDUCIA, un fiduciario: Caio ha degli obblighi
che derivano dal negozio fiduciario: a)gestire la proprietà nell'interesse di Tizio; b) di ritrasferire la
proprietà a Tizio. L'atto con cui si adempie l'obbligo che deriva dal pactum fiduciae di ritrasferire
la proprietà è un adempimento traslativo che chiude la vicenda fiduciaria.
TEORIA DI GAZZONI
Riconduce all'adempimento traslativo la vicenda del contratto preliminare. Il definitivo sarebbe
l'atto con cui si adempie l'obbligo di trasferire la proprietà. Le parti programmano il trasferimento
della proprietà con il preliminare; realizzano l'effetto traslativo con il definitivo. Non c'è dubbio che
la vicenda preliminare/traslativo presenti delle vicende con l'adempimento tralsativo. Ma c'è una
differenza sostanziale fra lo schema bifasico negozio programmatico/ adempimento traslativo e lo
schema bifasico preliminare/definitivo: il negozio programmatico tout court fa sorgere l'obbligo di
trasferire la proprietà; il contratto preliminare, invece, fa sorgere l'obbligo di PRESTARE IL
CONSENSO a trasferire la proprietà. Il definitivo, postulando la prestazione del consenso, è un
negozio bilaterale! Mentre l'adempimento traslativo rimane unilaterale.
Dalla causa dell'adempimento del terzo (donandi, gratuita, oneroso) DIPENDE la disciplina della
REVOCATORIA dell'adempimento del terzo! Qui il problema si pone ancora di più: il terzo esegue
una prestazione NON DOVUTA, e si impoverisce, rischiando di pregiudicare le ragioni dei
creditori del terzo. Un conto è la disciplina della revocatoria quando l'atto è gratuito, un conto è
quando l'atto è oneroso. A maggior ragione, oggi, dopo l'art. 2929bis del codice civile: azione
esperibile a certe condizioni, ad esempio quando l'atto è gratuito, non quando è oneroso.
SURROGAZIONE
Il terzo che adempie l'obbligazione altrui si può surrogare nei diritti del creditore soddisfatto. Come
si spiega questo fenomeno? Il terzo diventa creditore al posto del creditore. Come si spiega questo
fenomeno? Dobbiamo semplicemente ragionare. L'adempimento del terzo è un atto esecutivo:
l'effetto dell'adempimento è l'estinzione dell'obbligazione. Si estingue dunque il rapporto tra il
debitore e il creditore per effetto dell'adempimento del terzo, l'obbligazione è morta, il rapporto si è
estinto. Il terzo diventa creditore nei confronti del debitore: se il rapporto originario si è estinto, è
sorto un NUOVO rapporto che ha lo stesso contenuto, perchè i diritti sono gli stessi, tra soggetti
differenti. Cos'è questa? E' una NOVAZIONE SOGGETTIVA dal lato attivo. MA: il codice civile
sulla novazione soggettiva contiene una sola norma: 1235 c.c. La norma non contempla proprio la
novazione soggettiva dal lato attivo; contempla solo la novazione soggettiva dal lato passivo,
RINVIANDO alle norme su delegazione, espromissione, accollo. Perché dunque il codice civile
non contempla la novazione soggettiva attiva, e con riferimento a quella passiva rinvia alle norme
su delegazione espromissione e accollo? Delegazione espromissione e accollo NON SONO estintivi
di un rapporto e costitutivi di un nuovo rapporto; sono fenomeni di successione a titolo particolare
nel rapporto obbligatorio. Sono fenomeni di circolazione del debito. La novazione soggettiva
passiva viene equiparata a una MODIFICAZIONE del rapporto obbligatorio sul lato passivo.
Parliamo di fattispecie differenti! La novazione soggettiva passiva presume ESTINZIONE del
rapporto e RINASCITA dello stesso rapporto tra soggetti diversi; la MODIFICAZIONE
SOGGETTIVA PASSIVA è quando NON C'E' l'estinzione del rapporto, ma SUCCESSIONE! E il
legislatore li equipara, senza nulla prevedere sulla novazione soggettiva attiva.
Perchè manca la novazione soggettiva dal lato attivo? E' INUTILE, ce lo dice la stessa relazione.
Forse addirittura dannosa! Sarebbe una complicazione, soprattutto per il giudice. Se il codice
contenesse una disciplina sulla novazione soggettiva dal lato attiva ed una disciplina sulla
modificazione del rapporto dal lato attivo sarebbe una complicazione per il giudice. Il codice
disciplina MODIFICAZIONE soggettiva dal lato attivo: cessione del credito, che comporta
modificazione della persona del creditore, il rapporto prosegue con nuovo creditore, cessionario. Si
tratta dunque della cessione del credito: lo STESSO rapporto con un CREDITORE diverso. Solo
che nel caso della novazione il rapporto originario si estingue e nasce un nuovo rapporto col nuovo
creditore; nel caso della cessione il rapporto non si estingue. Ma sul lato pratico non c'è differenza.
Se ci fossero DUE DISCIPLINE, una per la novazione soggettiva attiva, e una per la cessione del
credito, il giudice dovrebbe interrogarsi nel caso concreto se in quel caso c'è stata ESTINZIONE del
rapporto preesistente ovvero solo MODIFICAZIONE. Lo stesso problema si pone per la novazione
soggettiva dal lato passivo: sul piano pratico essa è equivalente a una modificazione del rapporto sul
lato passivo! Ecco perché la norma, 1235, nel prevedere la novazione soggettiva nel lato passivo
rinvia alla disciplina della delegazione espromissione accollo. Così come la novazione soggettiva
attiva viene equiparata a una cessione del credito.
Nel nostro ordinamento non c'è una disciplina della novazione soggettiva nè attiva nè passiva. Si
applica la disciplina della MODIFICAZIONE del rapporto obbligatorio, dal lato attivo o passivo. Se
anche si configurasse in astratto l'estinzione del rapporto e la nascita di un nuovo rapporto con
nuovo soggetto, creditore o debitore, quella fattispecie sarebbe comunque considerata una ipotesi di
modificazione del rapporto obbligatorio!! Sul piano pratico, per esigenze di semplificazione, ciò
che è novazione soggettiva viene considerata oggi modificazione del rapporto. La novazione è solo
OGGETTIVA: finisce l'ambiguità della novazione soggettica (relazione al re).
Se la novazione soggettiva non è dunque dotata di autonomia, la SURROGAZIONE che sarebbe
giustificabile come novazione soggettiva dal lato attivo, diventa giustificabile come
CESSIONE LEGALE DEL CREDITO che opera per effetto della legge. Già nella dottrina più
antica la surrogazione era una ficta cessio. Il rapporto non si è estinto. Nel caso nostro , poi, c'è
stato un adempimento del terzo. L'adempimento del terzo non estingue l'obbligazione originaria. La
estingue se non c'è surrogazione. La surrogazione diventa un fatto impeditivo dell'effetto estintivo
dell'adempimento del terzo. La surrogazione diventa un impedimento all'estinzione
L'ordinamento si trova cioè di fronte a un'alternativa: se c'è adempimento del terzo , la regola,
trattandosi di adempimento, è che il rapporto si estingue. SALVO CHE non vi sia surrogazione. Ma
perché l'ordinamento prevede la surrogazione anche EX LEGE? Perchè è una forma di
INDUZIONE ALL'ADEMPIMENTO! Se il terzo adempie si surroga nei diritti del creditore: ha
quindi un mezzo di recupero della prestazione! La surrogazione è un incentivo all'adempimento e
l'ordinamento incentiva l'adempimento del rapporto obbligatorio! Esigenza di vedere le
obbligazioni adempiute, cioè vedere la ricchezza circolare.
La surrogazione come mezzo di recupero della prestazione eseguita, quale mezzo di recupero vi
ricorda? Il REGRESSO. Si somigliano.
- RAPPORTO TRA SURROGAZIONE E REGRESSO: la surrogazione è un istituto previsto in
via generale. Il regresso è previsto in alcuni casi: obbligazioni solidali; fideiussione. Il regresso è
una PARTICOLARE forma di surrogazione nei casi previsti dalla legge. Si può affermare che vi è
tra due un rapporto di genere a specie? Se il regresso fosse una species di surrogazione, quando è
previsto il regresso, non sarebbe contemplata la surrogazione: si applica il rimedio specifico.
L'operatività è analoga, ma la natura giuridica è diversa. Il regresso NON è una forma di
surrogazione. Pensiamo all'obbligazione solidale, dove è previsto il regresso: il debitore in solido
adempie per l'intero; poi agisce in regresso in virtù di quell'adempimento per l'intero. Quando
agisce in regresso, non può chiedere l'intero; ma è un regresso PRO QUOTA, che sorge dal
rapporto interno, in base alle quote di ciascun debitore. Nel regresso non si verifica una
surrogazione negli stessi diritti, il diritto è DIVERSO. Il creditore può chiedere l'intero; il soggetto
che adempie e che agisce in regresso non puo' richiedere l'intero ma solo la quota! Il regresso ha
evidentemente una natura diversa dalla surrogazione. Inoltre, nella surrogazione c'è
MODIFICAZIONE del rapporto; nel caso di regresso c'è ESTINZIONE dell'obbligazione solidale,
e sorge un DIVERSO rapporto sul piano oggettivo! Nel caso del regresso non c'è novazione
soggettiva dal lato attivo: il rapporto è DIVERSO. Non c'è lo stesso rapporto fra soggetti diversi:
non essendoci novazione soggettiva non c'è modificazione del rapporto obbligatorio dal lato attivo.
Il regresso sul piano ONTOLOGICO non è assimilabile alla novazione. Meccanismo di operatività
diverso. La surrogazione è lo STESSO rapporto con un DIVERSO creditore; quindi modificazione
soggettiva dal lato attivo, cioè cessione del credito legale; il regresso è un rapporto giuridico
DIVERSO fra soggetti DIVERSI! Sono mezzi di recupero diversi.
-Questo spiega perchè sono alternativi ma non incompatibili. Cassazione 2017: surrogazione e
regresso sono alternativi ma non incompatibili. Dove la legge prevede il regresso, si applica il
regresso; ma quando la legge prevede la surrogazione, come nel caso della CONFIDEIUSSIONE
(più fideiussori di uno stesso debitore, i diversi fideiussori sono legati fra di loro da uno scopo
unitario di garanzia; più soggetti garantiscono lo stesso debito con un collegamento funzionale. Non
è una fideiussione plurima vi sono più fideiussori ma ognuno garantisce per sè). Il confideiussore
adempie: siamo sempre nell'ambito della fideiussione, quindi il confideiussore può agire in
regresso; ma la confideiussione può rientrare nei casi legali previsti dalla legge: 1203 c.c. Quando
nella fattispecie possono ricorrere entrambi gli strumenti, i due strumenti, come strumenti
alternativi entrambi di recupero, POSSONO ESSERE ESPERITI ENTRAMBI!!! Il regresso,
quando ricorrono i presupposti del regresso. Ovviamente non si può recuperare con la surrogazione
ciò che è recuperabile con il regresso e viceversa. Sono strumenti COMPLEMENTARI.
Un'ipotesi di surrogazione legale è nell'assicurazione: 1916 c.c., surrogazione dell'assicuratore nei
diritti vantati dall'assicurato. Questa surrogazione ha un triplice scopo, come dice la Cassazione:
-evita l'arricchimento dell'assicurato che gli deriverebbe dalla possibilità di cumulare l'indennizzo
assicurativo con il risarcimento del danno nei confronti del danneggiante. Il danneggiato non può
ricevere l'indennizzo dall'assicurazione e poi chiedere il danno al danneggiante. Altrimenti il fatto
illecito diventerebbe una occasione di GUADAGNO!
-evita l'arricchimento del danneggiante: senza la surrogazione dell'assicuratore, il danneggiante
beneficerebbe indirettamente del contratto di assicurazione. Il danneggiato è stato indennizzato; per
evitare l'arricchimento ingiustificato non potrebbe agire nei confronti del danneggiante; se neanche
l'assicurazione potesse agire nei confronti del danneggiante, il danneggiante rimarrebbe esente da
responsabilità. Vi sarebbe un meccanismo di incentivo al danno.
-La surrogazione consente, come nella responsabilità medica, di contenere il costo delle polizze
assicurative, perchè l'assicuratore, surrogandosi nei diritti dell'assicurato, può recuperare quanto
indennizzato nei confronti dell'assicurato.
DATIO IN SOLUTUM
Di contratti (come appunto è la datio) finora non abbiamo parlato. Il debitore esegue una
prestazione diversa da quella dovuta: se non c'è coincidenza fra prestazione dovuta ed eseguita non
c'è adempimento, no? Per aversi estinzione, occorre dunque l'ACCORDO delle parti. La CAUSA
della datio si giustifica in relazione all'effetto SOLUTORIO: le parti intendono estinguere il
rapporto con una prestazione diversa. Il contratto è ONEROSO: il creditore ha la soddisfazione del
proprio interesse patrimoniale; al contempo il debitore soddisfa il proprio interesse alla liberazione.
Attenzione all'effetto solutorio: esso deriva dall'ESECUZIONE della diversa prestazione. In tal
senso la datio si dice rientrare fra i contratti REALI: il contratto si conclude con l'ESECUZIONE
della diversa prestazione. La datio quindi non produce effetti OBBLIGATORI: non sorge obbligo
di eseguire!Questa è la differenza rispetto alla NOVAZIONE OGGETTIVA: qui si assume
l'obbligo di eseguire una diversa prestazione. Il contratto estingue l'obbligazione preesistente e lo
stesso contratto produce un effetto che nella datio non si verifica, ovvero l'effetto obbligatorio.
NOVAZIONE
Elemento centrale è l'animus novandi. Andiamo al contratto di vendita. Supponiamo che il bene sia
viziato. I vizi fanno scattare le garanzie ex lege: a)azione di risoluzione (actio redibitoria);
b)riduzione del prezzo (actio quanti minoris). Se il debitore si impegna ad eliminare il vizio, assume
una NUOVA obbligazione: novazione. Si estinguono le garanzie previste dalla legge.
C'è novazione? Non basta l'impegno unilaterale del debitore, occorre consenso delle parti. Deve
esserci accordo da cui risulti l'animus novandi: ovvero estinguere le garanzie, e far sorgere
l'impegno da parte del venditore di eliminare i vizi. Se non risulta l'ANIMUS l'impegno del
venditore non può valere come novazione, varrà come un RICONOSCIMENTO DEL VIZIO, e
quindi interrompe il termine di prescrizione dell' azione redibitoria e restitutoria ed evita la
decadenza dall'esercizio dell'azione. E comporta il sorgere di una NUOVA obbligazione e non
l'estinzione della precedente.
CAUSA NOVANDI
Causa generica: estinguere precedente obbligazione e farne sorgere una nuova. Ma in concreto, la
causa è VARIABILE: la novazione diventa uno strumento di adeguamento nei contratti di durata. Il
tempo che passa dalla stipulazione del contratto alla scadenza può determinare il mutamento delle
CIRCOSTANZE ( o esterne, o gli stessi interessi delle parti). La novazione, pur essendo strumento
estintivo, è uno strumento di adeguamento del rapporto obbligatorio: sembra paradossale ma è così.
E' uno strumento CONSERVATIVO: vero che estingue il rapporto, ma ne fa sorgere uno nuovo;
considerando il rapporto fra le parti la novazione è strumento di adeguamento rispetto alle
circostanze sopravvenute, mutamenti degli interessi stessi. Nel modificare il rapporto deve esservi
un aliquid novi (su questo non mi soffermo).
OBBLIGAZIONE DA ESTINGUERE
Deve esserci una obbligazione da novare. Il presupposto è proprio l'obbligazione da estinguere:
l'obbligazione è senza effetto se non esiste l'obbligazione originaria. La norma dice "E' SENZA
EFFETTO". INEFFICACIA: non è un vizio del contratto, ma la CONSEGUENZA di un vizio del
contratto. La novazione ha un VIZIO che la rende inefficace quando l'obbligazione NON ESISTE.
Es. contratto nullo: novazione di un contratto nullo. Quod nullum est nullum producit effectum. Se
il contratto non produce effetti, non fa sorgere nessuna obbligazione. L'obbligazione è inesistente: il
titolo dell'obbligazione è nullo.La novazione di un contratto nullo è inefficace: è FRUSTRATA LA
CAUSA NOVANDI, non può riuscire a fare estinguere nulla.Difetto di causa della novazione, non
si può realizzare la causa del tipo.
E se il contratto base fosse annullabile? Finchè non viene annullato è efficace, è sì invalido ma
efficace fino alla esentenza costitutiva di annullamento. Se interviene la sentenza di
annullamento, l'annullamento del contratto base determina la nullità del contratto di novazione;
PERO', se il contratto base è annullabile e il debitore ha stipulato la novazione CONOSCENDO il
vizio di annullabilità del contratto base, la stipulazione della novazione costituisce una convalida
del contratto base (una convalida tacita)? SI', la novazione sana il vizio del titolo dell'obbligazione
novata.
COMPENSAZIONE VOLONTARIA
Torniamo nel campo dei contratti. Contratti ad effetto estintivo L'effetto estintivo può essere
immediato ma non necessariamente: pur non sussistendo i presupposti della compensazione legale e
giudiziale le parti possono fissare le condizioni in presenza delle quali si produce l'effetto
compensativo, DIFFERITO NEL TEMPO, al verificarsi delle condizioni stabilite dalle parti:
PATTO DI COMPENSAZIONE FUTURA; tale patto può rimettere ad una delle parti il potere di
compensare. Qui si parla di compensazione FACOLTATIVA. L'effetto compensativo non è
immediato, deriva dall'esercizio di una facoltà attribuita dal contratto
Le parti possono quindi compensare pur non sussistendo i presupposti della compensazione legale e
giudiziale: i crediti non sono omogenei, nè esigibili, nè liquidi, nè di pronta liquidazione.
OMOGENEITA', ESIGIBILITA',LIQUIDITA': compensazione legale; OMOGENEITA',
ESIGIBILITA',PRONTA E FACILE LIQUIDAZIONE, compensazione giudiziale. Omogeneità:
quando ha ad oggetto una somma di denaro; esigibilità: deve essere azionabile; liquidità: non è
determinato nel suo preciso ammontare; non è di pronta e facile liquidazione: il titolo non contiene i
criteri vincolanti, oggettivi, matematici per determinare il QUANTUM dell'obbligazione.
S.U. 2016: fra i presupposti della compensazione non figura la CERTEZZA del credito. Il credito
che non è certo può fare operare la compensazione legale? o giudiziale? Il credito sub iudice, è
accertato dalla sentenza del giudice ma la sentenza non è definitiva: è omogeneo; è esigibile perchè
la sentenza è escutiva; è liquido. Può fare operare la compensazione? La CERTEZZA del credito,
pur non essendo previsto dalla legge per la compensazione, è un presupposto IMPLICITO,
scontato. Un credito che non è certo non può fare operare la compensazione perchè la LIQUIDITA'
presuppone la CERTEZZA. La liquidità attiene al QUANTUM, e presuppone l'AN; la liquidità
attiene all'oggetto; ma l'oggetto presuppone la CERTEZZA! Il credito incerto non può fare operare
le forme di compensazione legale e giudiziale; ma può costituire oggetto di una compensazione
volontaria.
Ciò spiega un altro fenomeno, quello della possibile divaricazione degli effetti. Contratto bilaterale
fra cedente e cessionario. 1376, consenso traslativo: il contratto produce il trasferimento del credito
fra cedente e cessionario; MA, se il contratto non viene contestualmente accettato, notificato,
conosciuto dal ceduto, il contratto è INEFFICACE per il ceduto. DIVARICAZIONE effetti: spiega
il 1264. Il debitore che paga al cedente non avendo conosciuto il contratto di cessione, è
LIBERATO: Perchè? La liberazione potrebbe essere spiegata come una applicazione del 1189:
pagamento al creditore apparente. Applicazione del principio di apparentia iuris: il debitore è
liberato, in virtù della sua buona fede, perchè l'apparenza prevale sulla realtà.
In realtà non occorre scomodare il 1189. Il 1264 si giustifica in virtù della disciplina della cessione
del credito. Se il contratto è stato stipulato ma il debitore non ha conosciuto, accettato, notificata la
cessione, per il ceduto il creditore è ancora il cedente! Finchè non si verifica la condicio iuris
sospensiva il contratto di cessione produce effetti interni ma non nei confronti del ceduto. Quindi il
ceduto che paga al cedente paga all'EFFETTIVO creditore, e non al creditore APPARENTE.
CAUSA
La cessione presenta una causa GENERICA: il trasferimento del credito ovvero successione a titolo
particolare ne rapporto obbligatorio dal lato attivo. Causa generica, causa del tipo. Qual è la causa
in CONCRETO? E' VARIABILE: anch'essa è ipotesi paradigmatica di contratto a causa variabile.
Si può cedere il credito SOLVENDI CAUSA, per adempiere ad una obbligazione, realizzando
quindi una datio in solutum; si può cedere a scopo di garanzia; donandi causa. Il più ampio spettro
delle cause ammesse dall'ordinamento giuridico. Ad es. FACTORING: è un contratto complesso.
La cessione è un contratto tipico; il factoring invece è un contratto ATIPICO. Non c'è una disciplina
del factoring: nella prassi presenta caratteristiche di tipicità sociale, ma resta un contratto atipico.
Il factoring può avere una pluralità di cause. E' fondamentalmente una cessione di credito. Il
cedente trasferisce i crediti al cessionario; li trasferisce pagando una commissione, contratto
oneroso. Il pagamento della commissione si giustifica per la GESTIONE dei crediti: il factoring
assolve ad una funzione di ORGANIZZAZIONE dell'impresa. Una funzione di outsourcing quanto
alla gestione dei diritti di credito;ma non solo, anche funzione di FINANZIAMENTO: il
cessionario anticipa i crediti da riscuotere, e questa anticipazione assolve una forma di
finanziamento del cedente. Complessità di un contratto atipico al quale è applicabile per analogia la
disciplina della cessione del credito, nei limiti della compatibilità.
ACCOLLO ESTERNO
Fattispecie diametralmente opposta: è un negozio esterno modificativo del rapporto obbligatorio. Il
terzo si obbliga ad eseguire la prestazione nei confronti del CREDITORE, il quale vanta il diritto
nei confronti del terzo. La relazione e la stessa giurisprudenza qualificano l'accollo esterno come un
contratto a favore del TERZO. L'accollo fra terzo e debitore, quando il terzo assume l'obbligo nei
confronti del debitore, vi è contratto a favore del terzo. Debitore del creditore originario diventa
anche il terzo: che si obbliga ad eseguire la prestazione nei confronti del creditore. L'accollo diventa
normalmente CUMULATIVO: il terzo diventa un ulteriore debitore, oltre al debitore originario.
Il terzo accollante somiglia al FIDEIUSSORE. L'accollante si obbliga nei confronti del creditore.
La fideiussione non può sorgere dal contratto a favore di terzo? Assolutamente sì: la norma sulla
fideiussione recita "è fideiussore", non individua il negozio di fiediussione, perchè essa può
derivare da più fonti, legge, negozio unilaterale, contratto: il terzo, fideiussore, stipula un contratto
con il debitore a favore del terzo creditore. Schema dell'accollo (cumulativo)! TUTTAVIA: Che
differenza c'è fra fideiussione e accollo? Nella fideiussione abbiamo DUE RAPPORTI
GIURIDICI: il rapporto garantito e il rapporto di garanzia: il fideiussore è parte del rapporto di
garanzia, non del rapporto garantito! Nel'accollo abbiamo un UNICO RAPPORTO
OBBLIGATORIO: ecco che "quando si applica la disciplina dell'accollo esterno cumulativo?
Quando la fideiussione? DEVO GUADARE AL RAPPORTO! Se abbiamo un RAPPORTO DI
GARANZIA che si affianca con ACCESSORIETA' al rapporto garantito siamo nel campo della
fideiussione e si applicherà la relativa disciplina; se invece abbiamo un UNICO RAPPORTO, cioè
il terzo diventa PARTE del rapporto da cui sorge l'obbligazione siamo in presenza dell'accollo.
L'analogia con la fideiussione spiega anche l'analogia della disciplina. Il fideiussore è obbligato in
solido, l'accollante è obbligato in solido. Tra il creditore originario e il terzo, se l'accollo esterno
non è liberatorio, il terzo e il debitore sono obbligati ad eseguire la stessa prestazione, in forza dello
stesso rapporto, nei confronti dello stesso creditore. L'obbligazione dell'accollante è in solido con
quella del debitore accollato. C'è solidarietà.
SOLIDARIETA'
Ma c'è solidarietà tout court o c'è un ordine nella solidarietà? Tout court: il creditore può richiedere
l'intero a sua scelta all'accollante o all'accollato. Qual è una ipotesi di SUSSIDIARIETA'? Quella
prevista nella delegazione. Anche la delegazione è fenomeno di successione del debito. La
disciplina prevede la sussidiarietà: il terzo delegato dal debitore delegante, ci sono due obbligati,
delegazione cumulativa come l'accollo, ma la norma prevede ESPRESSAMENTE in questo caso la
SUSSIDIARIETA'. La domanda è: la solidarietà dell'accollo è senza sussidiarietà o si può applicare
in via analogica la norma sulla delegazione, e ritenere che vi sia sussidiarietà, sulla base di un
beneficium ordinis e non exscussionis? Potremmo dire sì e no. In analogia con la fideiussione
potremmo dire che la fideiussione è normalmente solidale e la sussidiarietà eventuale (posizione
preferibile). Oppure, come è stato affermato, c'è analogia fra accollo e fideiussione ma c'è analogia
anche fra accollo e delegazione: la legge nella delegazione prevede la sussidiarietà, la solidarietà
non è incompatibile con la sussidiarietà, è una species del genus solidarietà, quindi si può
applicare in via analogica la sussidiarietà prevista per la delegazione all'accollo.
ESPROMISSIONE
Intercorre fra il terzo espromittente e il CREDITORE. Senza delegazione del debitore: altrimenti
saremmo nel campo della delegazione. Negozio diretto fra terzo e creditore. Il terzo va dal creditore
e assume giuridicamente il debito. NATURA GIURIDICA: 1333, contratto con obbligazioni del
solo proponente. Il creditore può rifiutare! Dunque l'espromissione può essere considerato un
negozio unilaterale recettizio rifiutabile (se consideriamo 1333 come negozio e non come
contratto).
DELEGAZIONE
E' l'istituto più complesso: perchè nell'accollo abbiamo un negozio (che è un contratto a favore del
terzo); nell'espromissione abbiamo un negozio giuridico unilaterale; nella delegazione abbiamo una
DELEGA fra debitore e terzo. Questa delega è generalmente qualificata come MANDATO: quindi
un contratto. In forza di un contratto, il terzo di obbliga ad assumere giuridicamente il debito
(delegatio promittendi). Sulla base della DELEGA, primo negozio; il terzo ASSUME il debito nei
confronti del creditore (secondo negozio, negozio delegatorio, unilaterale recettizio rifiutabile).
MANDATO e NEGOZIO delegatorio.
Tutti e tre questi schemi negoziali si iscrivono in una dinamica COMPLESSA DI RAPPORTI
GIURIDICI: sia nell'accollo, che espromissione che delegazione abbiamo il NEGOZIO DI
ASSUNZIONE DEL DEBITO, cioè accollo; negozio giuridico unilaterale nell'espromissione;
negozio delegatorio nella delegazione. Dall'altra parte, abbiamo una serie di negozi sottostanti: il
negozio di assunzione di debito presuppone l'ESISTENZA di un debito, cioè un rapporto di
VALUTA. Il rapporto sottostante fra debitore e creditore. E poi c'è un rapporto di provvista, fra il
debitore e il terzo.
-ESPROMISSIONE. Anche qui abbiamo una configurazione codicistica: negozio di assunzione del
debito qualificabile come "parzialmente astratto". Cosa voglio dire? Il terzo, dice la norma, non
può opporre al creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti con il debitore espromesso, cioè non
può far valere le eccezioni relative al rapporto di provvista. Il negozio di assunzione ASTRAE dal
rapporto di provvista. Perché astrae? Relazione al re: il rapporto di provvista non risulta. Se non
risulta, è ovvio che il negozio deve astrarre dal rapporto di provvista. Mentre non astrae dal
rapporto di valuta: la norma consente al terzo di far valere le eccezioni relative al rapporto di valuta,
quindi l'espromissione è parzialmente titolata/astratta. Le parti POSSONO fare riferimento al
rapporto di provvista: se ciò accade, possono essere fatte valere anche le eccezioni relative al
rapporto di provvista, quindi l'espromissione perde il carattere di parzialmente astratto, e si
configura come totalmente titolata.
-ACCOLLO. Art. 1273 u.c: "Il terzo può opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in
base al quale l'assunzione del debito è avvenuta". Qual è il contratto in base al quale l'assunzione è
avvenuta? E' il rapporto di provvista! Il contratto a favore del terzo: l'accollo non può astrarre dal
rapporto di provvista perchè esso DERIVA dal rapporto di provvista. Se l'accollo è un contratto a
favore del terzo è ovvio che l'accollante, come parte del contratto a favore del terzo può opporre al
terzo le eccezioni relative a quel contratto, è nella dinamica del 1411 c.c.! L'accollo non astrae dal
rapporto di provvista perchè NON PUO' astrarre dal rapporto di provvista, l'accollo è
ONTOLOGICAMENTE TITOLATO rispetto al rapporto di provvista. La norma finisce qui; ma
rimane il problema del rapporto di VALUTA. L'accollo rispetto al rapporto di valuta è astratto o
titolato? Nella delegazione SI ASTRAE dal rapporto di valuta (salvo la nullità); nell'espromissione
NON si astrae. E' un pareggio! Come faccio a ricavare una regola? Posso dire: la norma dice che il
terzo può opporre le eccezioni relative al rapporto di provvista; ubi voluit dixit ubi noluit tacuit.
Astrae rispetto al rapporto di valuta. PERO': nella delegazione, dove si astrae dal rapporto di valuta,
il legislatore prevede che NON si possono fare valere le eccezioni; cioè quando vuole astrarre dal
rapporto, il legislatore esclude la possibilità di far valere le eccezioni. Ubi voluit dixit ubi noluit
tacuit: la regola vale al contrario, dove il legislatore ha voluto astrarre nella delegazione ha escluso
espressamente la possibilità di fare valere le eccezioni; nella norma sull'accollo non ha escluso
espressamente la possibilità di far valere le eccezioni se avesse voluto astrarre dal rapporto di valuta
nell'accollo (come fa nella delegazione) avrebbe escluso la possibilità di fare valere le eccezioni.
Quindi nell'accollo non si astrae neanche dal rapporto di valuta. L'ASTRAZIONE non è un
fenomeno ORDINARIO ma ECCEZIONALE!!!! In tanto si può configurare in quanto il legislatore
esclude la possibilità di far valere le eccezioni!
Quindi possiamo affermare che mentre la delegazione è astratta relativamente; che l'espromissione
è parzialmente stratta; l'accollo è TITOLATO.
RESPONSABILITA’ PATRIMONIALE
MEZZI DI CONSERVAZIONE DELLA GARANZIA
GARANZIE
TITOLO POTREBBE ESSERE:
“NUOVI MODELLI DI GARANZIA PATRIMONIALE
E NUOVI STRUMENTI DI TUTELA DEL CREDITORE”
LEZIONE CENTRATA SULLE NOVITA’
Partiamo dalla legge 155/2017. Legge delega per la riforma della disciplina per la crisi di impresa e
insolvenza. Voglio spiegare qual è la tendenza dell'ordinamento in questi ultimi anni in materia di
responsabilità patrimoniale, mezzi di conservazione, garanzia. Il legislatore sta introducendo nuovi
modelli di GARANZIA PATRIMONIALE e nuovi STRUMENTI DI TUTELA di garanzia del
creditore. Talmente nuovi da derogare a quelle che sono le carattaristiche su cui si basa la
responsabilità patrimoniale, delle garanzie, e dei mezzi di conservazione delle garanzie.
L.155/2017
Art. 11: la norma consente al creditore di escutere STRAGIUDIZIALMENTE la garanzia. Anche
in deroga al divieto del PATTO COMMISSORIO: in queste parole è racchiusa tutta la tendenza del
sistema. Stragiudizialmente, anche in deroga al patto commissorio: il legislatore introduce un nuovo
modello di garanzia patrimoniale che si basa sull’autosoddisfazione del creditore: AUTOTUTELA
ESECUTIVA DEL CREDITORE (parola chiave!!!!!!). Escute stragiudizialmente: ecco
l’autotutela. Non si ricorre alla tutela giurisdizionale del diritto di credito! Esso si soddisfa in
autotutela! In deroga al divieto del patto commissorio. Che rapporto c’è fra l’art. 11 e il 2744?Il
rapporto è scritto nella norma. C’è un rapporto di DEROGA! In cosa si sostanzia la deroga? Lo
vedremo durante spiegazione.
D.L.59/2016
Art.1. E’ sulla stessa linea d’onda. Prevede DUE FORME, fra le ulteriori, di SODDISFAZIONE
DEL CREDITORE: 1) il creditore insoddisfatto può VENDERE il bene e ritenere il corrispettivo: si
soddisfa sul prezzo ricavato dalla vendita STRAGIUDIZIALE (al di fuori delle procedure esecutive
immobiliari, al di fuori delle tutele giurisdizionali). Anche qui vi è una forma di escussione
stragiudiziale della garanzia. Il bene è costituito in PEGNO, il creditore si soddisfa sul ricavato
della vendita STRAGIUDIZIALE del bene. Forma di AUTOTUTELA ESECUTIVA del creditore;
2) la norma consente l’APPROPRIAZIONE del bene. Il bene dato in pegno diventa di proprietà del
creditore al verificarsi dell’inadempimento del debito. E’ esattamente il meccanismo del patto
commissorio, 2744: nel 2744 è VIETATO; qui è ammesso! Nuovo modello di garanzia di
patrimoniale.
Doppia eccezione a quelle che sono le regole più generali dell’ordinamento giuridico: 1) art. 2909:
tutela giurisdizionale dei diritti, norma su cui si basa il divieto di autotuela privata, che è vietata
perché l’ordinamento impone la tutela giurisdizionale dei diritti. Norma generale che esprime una
ratio di ordine pubblico; 2)2744: sono tutte stipulazioni commissorie che però il legislatore
eccezionalmente ammette. Così come ammette la stipulazione commissoria nell’art. 120
quinquiesdecies co. 3
MUTUO IMMOBILIARE
Art. 120 quinquiesdecies co. 3: il debito del consumatore, che deriva dall’accensione di un mutuo. Il
debito garantito con una ipoteca immobiliare. Il bene ipotecato passa in proprietà della banca in
caso di inadempimento del debitore. Tale passaggio di proprietà del bene ipotecato del debitore al
verificarsi dell’inadempimento è una STIPULAZIONE COMMISSORIA, che però qui è valida. La
norma principia “fermo il divieto del patto commissorio…”
Art. 2929bis
Ulteriore conferma di tale tendenza del legislatore. Azione esecutiva del creditore: pignoramente
diretto SENZA ESPERIMENTO PREVENTIVO dell’azione revocatoria!! Il creditore pregiudicato
da un atto di disposizione del debitore, secondo le regole generali deve PRIMA esperire la
revocatoria, ottenuta la declaratoria di inefficacia dell’atto di disposizione, può agire in via
esecutiva con il pignoramento del bene. Questa norma invece consente di agire DIRETTAMENTE
con il PIGNORAMENTO, sollevando il creditore dai COSTI, TEMPI, ONERI PROBATORI
dell’azione revocatoria!!! Uno strumento di tutela più che effettivo per il creditore. Che però pone
dei problemi bene evidenziati dalla dottrina: se il creditore agisce in via esecutiva su un bene che è
già stato acquistato dal terzo, senza esperire la revocatoria, il creditore agisce in via esecutiva sul
BENE DI UN TERZO, non più sul bene del debitore. L’effetto della REVOCATORIA è
l’inefficacia dell’atto: l’atto è inefficace nei confronti del creditore, e questo consente a lui di potere
aggredire il bene nonostante sia acquistato dal terzo, perché quel bene, per il creditore, è come se
non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore; ma nel 2929bis LA REVOCATORIA NON
C’E’!!!! Il bene è del terzo: nonostante il terzo abbia acquistato il bene in forza di un atto
TRASCRITTO PRIMA il creditore lo può comunque aggredire! E’ una aggressione del patrimonio
del terzo. Il terzo risponderebbe del debito altrui. La norma sarebbe INCOSTITUZIONALE!!!......
SE NON SI BASASSE SU UNA PRESUNZIONE: presunzione di inefficacia dell’atto
dispositivo. Questo è rilievo sistematico del 2929bis, il vero elemento fondamentale della novità
introdotta dal legislatore: PRESUNZIONE DI INEFFICACIA DI TUTTI GLI ATTI DISPOSITIVI
PREVISTI DALLA NORMA: ATTI DI ALIENAZIONE A TITOLO G R A T U I T O.
Cosa vuol dire atti dispositivo a titolo gratuito? La donazione vi rientra? E gli atti costitutivi di
vincolo di indisponibilità previsti dalla norma, QUALI SONO? In tutto il codice civile non c’è mai
una norma che ne parli!!!
Questi atti si presumono dunque inefficaci: salva la prova contraria. Non è il creditore che deve
provare l’inefficacia dell’atto, come nella revocatoria; è il DEBITORE o il TERZO che deve
superare la presunzione di inefficacia PROVANDO che l’atto non è inefficace!!! La posizione del
creditore è rafforzata, mentre è indebolita la posizione del debitore e del terzo acquirente!
L’acquisto del TERZO è precario, perché si basa su un atto che si presume INEFFICACE! E questo
va a DETRIMENTO della CERTEZZA DEL DIRITTO, della CIRCOLAZIONE DEI TRAFFICI
GIURIDICI! Se il terzo rivende il bene, il secondo acquirente è un acquirente anch’esso
precario! LA LEZIONE PUO’ ANCHE FINIRE QUI, CON L’INTRODUZIONE!
SOTTOTITOLO DELLA LEZIONE: TUTELA ESECUTIVA E AUTOTUTELA ESECUTIVA
DEL CREDITORE
DATIO IN SOLUTUM
Inizio con una domanda, dando continuità con la scorsa lezione (modificazione del rapporto
obbligatorio.). Che differenza c’è fra la DATIO IN SOLUTUM e il patto commissorio? Prestazione
il luogo dell’adempimento: il debitore esegue una prestazione diversa, il creditore si soddisfa con
una prestazione diversa. Contratto che produce un effetto solutorio. PATTO COMMISSORIO: il
creditore si soddisfa con un bene diverso rispetto alla prestazione dovuta. Il debitore deve denaro;
consegna in garanzia un bene al creditore; il creditore si soddisfa diventando proprietario del bene.
L’obbligazione si estingue attraverso una prestazione diversa. Analogia tra DATIO e PACTUM.
Solo che la DATIO è valida; il patto commissorio no: 2744, 1963. Qual è dunque la DIFFERENZA
fra la datio valida e il patto commissorio nullo? La CAUSA: la datio è un contratto a causa
solutoria. Si evince dal MOMENTO in cui il contratto viene stipulato: si colloca temporalmente
nella fase che coincide con l’ INADEMPIMENTO dell’obbligazione. Per evitare le conseguenze
dell’inadempimento il debitore esegue, d’accordo con il debitore, una prestazione diversa,
producendo una perdita che è IMMEDIATA per il debitore (la datio è caratterizzata dalla
REALITA’) ed è DEFINITIVA. Non ammette condizioni la datio, non può fare sorgere obblighi di
esecuzione successiva, hic et nunc. Il patto commissorio, invece, si colloca in una fase che
PRECEDE l’inadempimento: una fase che programma gli effetti dell’eventuale inadempimento
del debitore, cioè con una CAUSA DI GARANZIA. Causa di garanzia che produce, in caso di
inadempimento, una PERDITA per il debitore. La perdita è FUTURA (QUANDO il debitore non
adempirà) ed EVENTUALE (SE il debitore non adempie). Perché il patto è nullo, a differenza della
datio? Perché il contratto che programma gli effetti dell’eventuale inadempimento, con causa di
garanzia, producendo una perdita futura ed eventuale, è NULLO? Andiamo con ordine.
2744
Qui abbiamo una norma che è formulata sulla base di un DIRITTO REALE DI GARANZIA. Art.
2744 co.1:patto commissorio ACCESSORIO. C’è la costituzione di una garanzia reale: pegno o
ipoteca. La cosa, su cui grava la garanzia reale, passa al creditore al verificarsi dell’inadempimento
del debitore. Stando al 2744 il patto commissorio c’è quando c’è costituzione di una garanzia
reale. Se non ‘è costituzione di garanzia reale, non c’è patto commissorio. Invece, la
giurisprudenza, anche alla luce del 1963 (che prevede anch’esso il divieto del patto commissorio, è
nullo “qualunque patto con cui si conviene che la proprietà del bene passi al creditore in caso di
mancato pagamento del debito”; la formulazione del 1963 è più generale, non fa riferimento
esclusivamente al bene costituito in pegno o in ipoteca) intende il patto commissorio, o più
generalmente la STIPULAZIONE COMMISSORIA, non solo come quel patto che ha ad oggetto un
bene dato in pegno o in ipoteca; ma quel patto che riguarda QUALUNQUE BENE DATO IN
GARANZIA, anche SENZA costituzione di pegno o di ipoteca. Stipulazione commissoria
autonoma.Patto commissorio autonomo. Il 2744, secondo la giurisprudenza, sancisce un DIVIETO
DI RISULTATO, quale che sia l’oggetto del contratto, quale che sia la forma del contratto, quale
che sia la struttura del contratto: ciò che rileva è il RISULTATO che la stipulazione raggiunge, quel
risultato che il 2744 intende vietare. Il risultato che la norma vuole vietare è il TRASFERIMENTO
DELLA PROPRIETA’ IN FUNZIONE DI GARANZIA IN DIPENDENZA
DELL’INADEMPIMENTO DEL DEBITORE. Questo spiega il perché della NULLITA’ delle
alienazioni a scopo di garanzia, sospensivamente e risolutivamente condizionate. Non rileva il
meccanismo di funzionamento del contratto ma il risultato: se l’alienazione è IN FUNZIONE DI
GARANZIA, ovvero c’è un rapporto di debito-credito tra alienante (debitore) e acquirente
(creditore), quella alienazione assolve una funzione di GARANZIA del debito, ed è condizionata
sospensivamente all’inadempimento. Produce i suoi effetti SE il debitore non adempie. Così come
l’alienazione RISOLUTIVAMENTE condizionata: il debitore aliena subito al creditore, che diviene
subito proprietario; ma l’acquisto è precario; l’acquisto diventa definitivo se il debitore non
adempie. Il mancato adempimento rende definitivo l’acquisto del creditore. Il RISULTATO è
vietato dal 2744.
PROSPETTIVA OPPOSTA!
DOMANDA: siamo sicuri che l’ordinamento non reagisce mai ad una sproporzione con il rimedio
della nullità? Art. 1815c.c: usura pecuniaria. Usura ad interessi. La prestazione di interessi è
sproporzionata rispetto alla erogazione del credito. L’usura è sproporzione! L’ordinamento reagisce
con la NULLITA’! Il 2744 può essere letto in relazione al 1815 co. 2: quest’ultima norma commina
la nullità per l’usura ad interessi; il 2744 invece reagisce con la nullità per l’usura REALE. Il patto
commissorio è vietato perché può costituire una forma di USURA REALE. Il creditore, sfruttando
la posizione di debolezza del debitore, si fa dare in garanzia un bene di valore superiore rispetto al
credito garantito. Il problema della stipulazione commissoria è un problema di SFRUTTAMENTO
DELLA POSIZIONE DI DEBOLEZZA DEL DEBITORE che si riflette sul piano della
PROPORZIONE del patto. Con l’effetto di un eccesso di garanzia per il creditore, perché il bene
dato in garanzia vale di più del credito garantito; e con un eccesso di responsabilità del debitore,
perché egli risponde per inadempimento con un bene di valore superiore. Eccesso di responsabilità
e di garanzia: l’effetto è un ARRICCHIMENTO ingiustificato del creditore in danno del debitore
inadempiente. Cambia la prospettiva! C’è sempre un problema di tutela del debitore; ma non della
sua libertà morale; ma della POSIZIONE PATRIMONIALE! Evitare che l’inadempimento
determini una perdita superiore rispetto al debito! E dunque determini un arricchimento superiore
rispetto al credito!
L.155/2017
Legge delega per la riforma della disciplina per le crisi di impresa e per l’insolvenza. L’art. 11
della norma consente al creditore di ESCUTERE STRAGIUDIZIALMENTE la garanzia anche in
deroga al divieto del patto commissorio. Cioè si ammette l’autotutela esecutiva del creditore, che
può rivestire le forme della stipulazione commissoria, perché la norma consente di derogare al
divieto del patto commissorio. La norma introduce NUOVI modelli di garanzia patrimoniale,
garanzia che si escute stragiudizialmente, cioè attraverso autotutela esecutiva. E’ un modello che si
giustifica con la finalità di consentire il RECUPERO DEL CREDITO. Una logica che va bilanciata
con l’esigenza di tutela del debitore. Se la posizione del creditore è avvantaggiata dall’introduzione
di uno strumento di autotutela esecutiva, bisogna bilanciare quella posizione di vantaggio con uno
strumento di tutela per il debitore: “a condizione che”, dice la norma “il valore del bene sia
determinato in modo oggettivo, con obbligo di restituire l’eccedenza di valore”. Questa è una
cautela marciana.
DL 59/2016.
Stesso bilanciamento, nell’art. 1. Costituzione di una garanzia, il pegno (non possessorio). La
norma prevede, in caso di INADEMPIMENTO, delle forme di escussione della garanzia. Due
forme in particolare ci interessano: 1) il creditore può procedere alla vendita del bene e alla
ritenzione del corrispettivo, al di fuori delle procedure esecutive immobiliari; cioè può escutere
STRAGIUDIZIALMENTE la garanzia, si può soddisfare in autotutela; non nella forma della
stipulazione commissoria, ma è una forma di autotutela esecutiva, NUOVO MODELLO di garanzia
patrimoniale; “fino a concorrenza della somma garantita e con obbligo di restituzione
dell’eccedenza”: cautela marciana; 2) il creditore, anziché procedere alla vendita del bene e
soddisfarsi sul ricavato, “ove previsto dal contratto” (dunque accordo delle parti che consente alle
parti di appropriarsi del bene, trasferimento della proprietà del bene dato in pegno al verificarsi
dell’inadempimento del debitore, cioè c’è un patto commissorio) la cosa data in pegno passi in
proprietà del creditore, autotutela esecutiva nelle forme del patto commissorio! La norma introduce
in deroga al 2744 una forma di patto commissorio VALIDO, bilanciando, anche qui, l’autotutela
esecutiva del creditore con l’esigenza di tutela del debitore: “a condizione che il contratto- il patto
commissorio!- preveda le modalità e i criteri di valutazione del bene fino a concorrenza della
somma dovuta”. Non può il creditore soddisfarsi in misura superiore al diritto di credito.
Obbligo di rimborso: il diritto di credito del creditore diventa esigibile dal momento della morte del
debitore: alla scadenza del contratto. Dalla scadenza del contratto inizia il termine di DODICI
MESI per la restituzione da parte degli eredi della somma dovuta. Se nel termine di dodici mesi il
debito non è rimborsato, il creditore si soddisfa sul ricavato della VENDITA del bene. Vendita
SENZA l’osservanza delle procedure esecutive immobiliari, cioè una forma di esecuzione
stragiudiziale della garanzia, cioè una forma di autotutela esecutiva del creditore: bilanciato con la
STIMA del valore del bene al valore di mercato; e con obbligo di restituzione di eccedenza del
valore agli eventi causa del debitore.In tutti i casi suddetti vi è un filo rosso. Il legislatore tende ad
introdurre un nuovo modello di garanzia patrimoniale che si basa sull’autotutela esecutiva, in
deroga al 2744, bilanciando la tutela esecutiva con la tutela marciana. Nel prestito vitalizio
ipotecario questo meccanismo si basa su un MANDATO CON RAPPRESENTANZA A
VENDERE: cioè il creditore procede alla vendita 12 mesi dopo dalla morte del debitore; in forza di
cosa procede a vendere? In base a un mandato con rappresentenza a vendere: il debitore, mandante,
conferisce al creditore mandatario l’incarico di vendere il bene DOPO la propria morte, decorsi 12
mesi dalla morte, in caso di inadempimento da parte degli eredi. Allora abbiamo un mandato con
rappresentanza a vendere che si atteggia come mandato IN REM PROPRIAM (perché conferito
nell’interesse del mandatario, e quindi non è REVOCABILE) che deve essere eseguito post
mortem, 12 mesi dopo, in caso di mancato adempimento da parte degli eredi. Quindi un mandato
sotto condizione. E’ un’ipotesi di ULTRATTIVITA’ del mandato: il mandato produce i suoi effetti
nonostante la morte del mandante.
PEGNO 59/2016
La norma può essere inquadrata nella prospettiva dell'interesse del debitore senza pregiudizio delle
ragioni del creditore: anzi con la possibilità del creditore di escutere stragiudizialmente la garanzia.
Anche qui, bilanciamento di interessi. Nuovo modello di pegno: non possessorio, senza
spossessamento: elemento distonico! Già nel nomen iuris: il pegno codicistico è basato sullo
spossessamento, datio rei, dunque considerato contratto reale, NON FORMALE. La funzione dello
spossessamento: assolve funzione PUBBLICITARIA, il fatto che il debitore non sia nella
disponibilità del bene consente di rendere nota ai terzi la condizione giuridica del bene. Ai fini del
sorgere della PRELAZIONE occorre comunque la forma scritta; il contratto in sè non è dunque
formale; ma per l'operatività, forma scritta.
Il pegno codicistico non può quindi essere di cosa FUTURA: non si potrebbe dar corso allo
spossessamento. Quindi il pegno di cosa futura non sarebbe un pegno, ma un preliminare di pegno.
Sarebbe un contratto a effetti OBBLIGATORI: potrebbe costituire primo atto di una fattispecie a
formazione progressiva. Il diritto reale di garanzia sorge dallo spossessamento della cosa quando
questa viene ad ESISTENZA!
Oggetto della garanzia è una COSA. Ma il pegno si può agganciare a un patto di rotatività, che
consente la SOSTITUZIONE dell'oggetto della garanzia: costituisco in pegno il codice; in forza del
patto di rotatività, fra sei mesi viene costituito il MANUALE; il codice esce dalla garanzie e
subentra il MANUALE; senza NOVAZIONE! c'è l'aliquid novi ma il rapporto di garanzia è lo
stesso! Il diritto reale sul manuale grava sul manuale NON dal momento in cui il manuale è stato
costituito in garanzia (fra sei mesi); ma dal momento in cui il bene SOSTITUITO è stato costituito
originariamente in garanzia! E' un 'unica vicenda, un unico rapporto di garanzia. In materia
finanziaria era già previsto; stessa cosa in materia di contratti di garanzia finanziaria. Il pegno
codicistico quindi può essere affiancato al patto di rotatività: nel diritto anglosassone, PEGNO
FLUTTUANTE. Secondo Gabrielli: il pegno rotativo non è più pegno di COSA, ma pegno di
VALORE. A parità di valore la sostituzione del bene non incide sulla tutela del creditore, la
sostituzione è NEUTRALE! Il creditore si soddisfa sul valore: si avvantaggia anche il DEBITORE!
Potendo sostituire l'oggetto della garanzia può rientrare nella DISPONIBILITA' del bene. La
clausola va quindi a vantaggio di entrambi: ed anche a vantaggio più in generale della
CIRCOLAZIONE DEI BENI! Il codice sistematico può rientrare nella circolazione dei beni: il
pegno rotativo esclude l'IMMOBILIZZAZIONE della ricchezza (analisi economica del diritto).
SONO TUTTI FELICI; il problema sono i TERZI che vantano diritti sul bene sostituto!!!!! Il quale
entra in garanzia fra 6 mesi: oggi è libero, dunque, da pesi; può costituire oggetto di diritti da parte
di terzi: i quali vantano diritti acquisiti prima che il bene entri in garanzia. Una volta entrato il bene
in garanzia AB ORIGINE, su quel bene grava retroattivamente un diritto reale che pregiudica i
diritti acquistati dai terzi. Il patto di rotatività pone un problema di tutela dei terzi. Nel sistema
anglosassone la garanzia fluttuante è iscritta in un pubblico registro, così tutelando i terzi:
conoscenza o conoscibilità della possibilità della sostituzione della garanzia. Nel nostro
ordinamento le norme che consentono la rotazione della garanzia NON prevedono un sistema
pubblicitario. E' stata la giurisprudenza a farsi carico del problema: ai fini della validità del patto: 1)
deve essere scritto; 2)data certa; 3)che sia SPECIFICO: che stabilisca sin dall'origine TEMPI e
MODI della sostituzione dell'oggetto della garanzia. Questo per evitare FRODE nei confronti dei
terzi. Questa tutela del terzo però è DEBOLE, consente un controllo EX POST, solo per verificare
che non ci sia stata frode in danno del terzo, ma non EX ANTE. Solo un sistema di pubblicità
garantisce tutela dei terzi.
Il sistema di pubblicità è oggi previsto dal DL 59/2016 per il pegno non possessorio. Iscrizione del
pegno nel pubblico registro presso l'agenzia delle entrate. Questo pegno ha evidenti caratteristiche
che lo contrappongono al pegno codicistico. L'iscrizione è solo un elemento distintivo che lo
distingue dal pegno codicistico. Il pegno codicistico è reale ma NON formale. Il pegno non
possessorio si costituisce invece SENZA la consegna del bene; il debitore rimane nella disponibilità
del bene. Se non c'è consegna non c'è spossessamento. Se non c'è spossessamento, non è un
contratto REALE! Non reale ma FORMALE!!! Mentre il pegno codicistico è reale ma non
formale!!! Co.3 art. 1 DL/59/2016: atto scritto a pena di NULLITA', ad substantiam, formale! La
mancanza dunque di spossessamento è compensata dalla iscrizione nel pubblico registro.
La norma dice che dalla data di iscrizione il pegno prende grado ed è opponibile ai terzi. Dalla data
di ISCRIZIONE, non del CONTRATTO! Abbiamo il contratto formale non reale di pegno; e poi il
sorgere del diritto reale di garanzia dall'iscrizione nel pubblico registro. Abbiamo quindi una
fattispecie a formazione progressiva che rende il pegno extracodicistico analogo all'IPOTECA!
Come nell'ipoteca abbiamo la scissione fra il TITULUS costituendi e il MODUS costituendi. Il
modus, come per l'ipoteca, è l'ISCRIZIONE.
Altro elemento di distinzione dal pegno codicistico, l'OGGETTO. Il pegno non possessorio può
avere ad oggetto beni mobili esistenti o FUTURI, determinati o determinabili! Pegno di cosa futura
Il pegno codicistico non si configura quale pegno di cosa futura: in virtù dello spossessamento. Ma
siccome qui lo spossessamento non c'è , non ci sono problemi!
2929bis
Si iscrive sempre in questa logica di bilanciamento. Tutela l'interesse del creditore contro gli atti del
debitore che possono pregiudicare le ragioni del diritto di credito. Prima del 2929bis, la tutela del
creditore contro gli atti del debitore è basata sui MEZZI DI CONSERVAZIONE DELLA
GARANZIA: il debitore risponde con il patrimonio, con tutti i suoi beni (2740). Il patrimonio del
debitore è anche la PROPRIETA' del debitore stesso: il debitore dispone dei suoi beni. Ne dispone,
li può occultare, distruggere, deteriorare: atti che incidono sulla garanzia del creditore, che è
pregiudicato dai comportamenti distruttivi e distrattivi. Il creditore può rimanere inerte rispetto alla
tutela di un proprio diritto che incrementerebbe il proprio patrimonio: omette di tutelare un diritto
che eviterebbe la diminuzione del patrimonio. L'inerzia del debitore incide sulla garanzia del
creditore.
Il debitore può porre in essere atti di disposizione del patrimonio. Può alienare il bene, a titolo
gratuito senza corrispettivo; può costituire dei vincoli di destinazione, vincolando i beni al
perseguimento di una finalità specifica. Atti che diminuiscono la garanzia patrimoniale del
creditore.
Il codice civile prevede diversi mezzi per il creditore a fronte dei comportamenti lesivi del
debitore: a) SEQUESTRO CONSERVATIVO: contro atti di occultamento, deterioramento del
bene; b)AZIONE SURROGATORIA, contro l'inerzia: ipotesi di sostituzione processuale: il
creditore fa valere in nome PROPRIO il diritto del debitore rispetto al quale il debitore è rimasto
inerte; ma la surrogatoria non è esercitabile per qualunque diritto: atti di libertà negoziale, esercizio
del diritto di recesso. L'effetto della surrogatoria, poi, non è la soddisfazione del diritto di credito,
ma l'effetto è sul patrimonio del debitore. La surrogatoria ricostituisce il patrimonio, a vantaggio di
TUTTI i creditori. E' un mezzo di tutela INDIRETTA e non esclusiva del diritto di credito.
c) REVOCATORIA. Gli atti di disposizione patrimoniale pregiudicano le ragioni del creditore: egli
per ottenere tutela deve provare il presupposto SOGGETTIVO della consapevolezza del debitore di
recare pregiudizio alle ragioni del creditore stesso; se l'atto pregiudizievole è un atto ONEROSO,
non basta la consapevolezza del debitore, occorre la prova della consapevolezza anche
dell'ACQUIRENTE; e se l'atto pregiudizievole è anteriore al sorgere del credito, occorre pure la
prova della DOLOSA PREORDINAZIONE IN SUO DANNO, che deve essere bilaterale quando
l'atto è oneroso. Onere della prova tutt'altro che agevole per il creditore.
Inoltre il creditore deve provare l'elemento OGGETTIVO: l'eventus damni. Cioè provare che
quell'atto costituisce un pericolo attuale e concreto alle proprie ragioni di credito. Domanda:
nell'obbligazione solidale l'eventus damni come si valuta? Uno dei condebitori in solido pone in
essere atti di disposizione del proprio patrimonio; ma c'è il patrimonio di tutti gli altri debitori.
l'eventus damni va valutato in rapporto al patrimonio del singolo debitore o in rapporto alla
SOMMA dei patrimoni? Ognuno risponde dell'intero: il creditore ha facoltà di scelta del
condebitore quindi OGNI patrimonio deve garantire la soddisfazione del credito.
Si garantisce strumento ulteriore di tutela del creditore: così facendo, il legislatore intende tutelare
gli investimenti. La relazione lo dice chiaramente qual è la finalità di questa norma: consegnare al
creditore uno strumento più effettivo più efficace di soddisfazione del diritto di credito per
incentivare gli investimenti. Nessuno investe se il credito non si recupera. Il 2929bis consente al
creditore di agire direttamente con l'azione esecutiva, senza dover esperire la revocatoria. Tutela
esecutiva ANTICIPATA: il creditore aggredisce direttamente il bene senza dovere esperire la
revocatoria. Presupposti: 1)il creditore deve essere munito di un TITOLO DI CREDITO
ESECUTIVO: e questo è ovvio perchè per fare azione esecutiva occorre titolo esecutivo; nihil novi;
2) il credito deve essere ANTERIORE all'atto che lo pregiudica; 3)l'atto pregiudizievole: NON
TUTTI consentono di agire ex art. 2929bis: a)hanno ad oggetto beni immobili o mobili registrati; b)
atto gratutito o atti costitutivo di vincolo di indisponibilità.
IL PIGNORAMENTO
Ulteriore presupposto è che il pignoramento deve essere trascritto entro un anno dalla trascrizione
dell'atto pregiudizievole. Il pignoramento è cronologicamente successivo rispetto all'atto
pregiudizievole. Se si applicassero i principi generali varrebbe la regola prior in tempore potior in
iure: VINCE CHI TRASCRIVE PRIMA. Il pignoramento sarebbe successivo, e l'acquirente
farebbe salvo il proprio acquisto trascritto prima; SALVA REVOCATORIA del creditore: ma qui la
REVOCATORIA NON C'E'! Il pignoramento successivo prevale sull'acquisto!! CHIAVE DI
LETTURA: bilanciamento. Tra l'esigenza dell'acquirente e del creditore la norma opera una scelta:
fa prevalere l'esigenza di tutela del creditore, in danno dell'acquirente. Non esperendo la revocatoria
il creditore va ad aggredire che cosa? Il patrimonio di un TERZOO!!!!!!! Ma il terzo ha acquistato a
titolo gratuito: si sceglie di tutelare il creditore, perchè l'acquisto del terzo si PRESUME
INEFFICACE nei confronti del creditore!!!! Non occorre esperire la revocatoria perchè il 2929bis
INTRODUCE NELL'ORDINAMENTO UNA PRESUNZIONE!!!!!!!!!!!!!!!!!Si presume che l'atto
a titolo gratuito sia posto in essere per pregiudicare le ragioni! Si presume che siano atti
pregiudizievoli. Rilievo sistematico del 2929bis: la norma consente il pignoramento perchè
introduce una PRESUNZIONE DI INEFFICACIA!!!!!!!!! Oggi possiamo affermare ai sensi del
2929bis che in presenza di un creditore munito di titolo esecutivo tutti gli atti, aventi ad oggetto
beni mobili o immobili che siano atti a titolo gratuito o liberale o atti di destinazione, sono atti che
NEL NOSTRO ORDINAMENTO SI PRESUMONO INEFFICACI. L'acquisto a titolo gratuito è
un acquisto PRECARIO. Per questo non va esperita la REVOCATORIA!!!
DOMANDA
E' una presunzione assoluta o relativa? L'ordinamento presume che l'atto sia pregiudizievole; ma il
debitore DEVE superare la presunzione di efficacia, che per far salvo il suo acquisto deve provare
che l'atto non è pregiudizievole, non è inefficace!!! Deve provare che non c' è
CONSAPEVOLEZZA di recare danno alle ragioni del creditore.
DECORSO L'ANNO, quando non è più esperibile il 2929bis, consolidatosi l'acquisto del terzo, per
agire in via esecutiva il creditore deve prima esperire la REVOCATORIA: l'unica tutela esperibile
sarà la doppia tutela. Prima l'azione revocatoria, poi l'azione esecutiva. L'azione revocatoria è
esperibile entro il termine di prescrizione di 5 anni.
B)L'acquirente a titolo gratuito successivamente aliena il bene a un terzo subacquirente. Posto che
l'acquisto del terzo è a titolo precario; l'acquisto del terzo subacquirente è anch'esso un acquisto
precario??? Ultimo comma del 2929bis: l'azione esecutiva non può esercitarsi in pregiudizio dei
diritti acquistati a titolo oneroso dall'AVENTE CAUSA DEL CONTRAENTE IMMEDIATO. A
parte la formulazione pietistica della norma, cosa vuol dire? Il contraente immediato è il terzo
acquirente: l'avente causa è il subacquirente. Ebbbene, l'azione esecutiva non può esercitarsi nei
confronti del subacquirente se esso ha acquistato a TITOLO ONEROSO. Però: SALVI GLI
EFFETTI DELLA TRASCRIZIONE DEL PIGNORAMENTO: se il creditore trascrive il
pignoramento PRIMA che il terzo subacquirente trascrive a titolo oneroso, il fatto che il secondo
acquirente abbia acquistato a titolo oneroso non lo salva!! Vale la regola prior in tempore potior in
iure.
Se l'acquisto del terzo subacquirente è a titolo gratuito? La norma fa salvi gli effetti a titolo
ONEROSO! Quindi, se il secondo acquirente a acquista a titolo gratuito, NON FA SALVO
l'acquisto. L'inefficacia relativa del primo acquisto si propaga anche al secondo acquisto se è a titolo
gratuito! Sempre per UN ANNO dalla trascrizione del primo acquisto. Quindi l'azione esecutiva
può esercitarsi entro un anno nei confronti di CHIUNQUE acquista a titolo gratuito. Per tutelare il
creditore, il legislatore crea un vulnus alla circolazione a titolo gratuito del bene.
RESPONSABILITA' CONTRATTUALE
Come si colloca la responsabilità contrattuale in un sistema che è bipartito, 1218 e 2043? Lo
schema logico della responsabilità di inadempimento è OBBLIGAZIONE - FATTO
INADEMPIMENTO- DANNO- RISARCIMENTO. Lo schema logico del 2043 è FATTO-
DANNO-RISARCIMENTO. Ecco perchè l'obbligazione risarcitoria nella responsabilità aquiliana
si definisce PRIMARIA, perchè NON c'è una obbligazione a monte, è la PRIMA obbligazione che
nasce in questo schema di responsabilità.Mentre nella responsabilità per inadempimento la
obbligazione risarcitoria è SECONDARIA: nasce dall'inadempimento di una obbligazione
PREESISTENTE. Nell'ambito di questo sistema bipartito come si colloca la responsabilità
contrattuale? Non è un tertium genus. E' una SPECIES del genus responsabilità per
inadempimento.L'obbligazione inadempiuta da cui deriva la responsabilità può essere di fonte
legale: la legge sancisce una obbligazione. L'obbligazione può derivare da ogni altro atto o fatto
idoneo. Può derivare da un negozio unilaterale; da un contratto. Quando deriva da un negozio
UNILATERALE siamo ancora nell'ambito della responsabilità per inadempimento di una
obbligazione di fonte negoziale NON contrattuale. Quando l'obbligazione deriva dal contratto, si
configura l'inadempimento di una obbligazione CONTRATTUALE: siamo sempre dentro il
1218, applicandosi quindi la disciplina sull'inadempimento, OLTRE però alle norme specifiche che
riguardano la responsabilità contrattuale. Quindi nel sistema della responsabilità la resp. contratt.
individua una forma di responsabilità da inadempimento, quando esso riguarda l'inadempimento di
una obbligazione di fonte contrattuale. Sul piano sistemico abbiamo quindi una bipartizione: resp.
da inadempimento, inclusiva della species della resp. contrattuale; e resp. da illecito
EXTRAcontrattuale.
FATTO LECITO
Sia 1218 che 2043 derivano da un fatto non conforme all'ordinamento giuridico; ma adesso
vedremo la responsabilità da fatto LECITO dannoso: a) qual è il fatto generatore delle due
responsabilità? b) sono tipiche o atipiche tali due responsabilità? quella da fatto lecito dannoso è
tipica o atipica? c) qual è la funzione della responsabilità da fatto ILLECITO e LECITO? d) quali
sono le conseguenze che derivano dalla responsabilità da fatto ILLECITO dannoso e quelle da fatto
LECITO? e)quali sono i RIMEDI esperibili a fronte di entrambe le responsabilità? Faremo una
TASSONOMIA dei rimedi: chiameremo in causa la migliora dottrina.
RIMEDI.
BIANCA suddivide fra rimedi sanzionatori e rimedi obiettivi. Rimedi in forma specifica e per
equivalente; rimedi caducatori e attuativi (questa distinzione vale per la responsabilità per
inadempimento); rimedi giudiziali e rimedi in autotutela: non sempre il rimedio (che qualificheremo
sanzionatorio, in forma specifica, attuativo) dell'azione di esatto adempimento è EFFETTIVO: si
pensi alle obbligazioni di NON fare o di fare INFUNGIBILE: non sono suscettibili di essere
eseguite coattivamente in forma specifica. L'unico rimedio è PREVENTIVO, il mezzo di
coercizione INDIRETTA, l'induzione all'inadempimento, ovvero i rimedi in AUTOTUTELA: non
rimedi giudiziali, ma in autotutela. Quali sono? Ci soffermeremo su alcune figure specifiche che
rientrano in una tassonomia dei rimedi in autotutela: a)recesso o ritenzione in caso di caparra
confirmatoria; b)strumenti della risoluzione di diritto: clausola risolutiva espressa, termine
essenziale, diffida ad adempiere; c) eccezione di inadempimento; d)sospensione dell'esecuzione
della prestazione. Quale rapporto sussiste fra le diverse forme di rimedi?
RESPONSABILITA' DA FATTO LECITO DANNOSO
Può sembrare contraddittorio che si possa essere chiamati a rispondere per un fatto lecito. Sembra
un paradosso giuridico. La norma che meglio di ogni altra descrive la responsabilità da fatto
lecito in contrapposizione alla responsabilità da fatto illecito è il 2045 c.c, stato di necessità: siamo
a due norme dal 2043! Nel pieno della responsabilità aquiliana! Se non ci fosse lo stato di necessità,
il fatto sarebbe considerato dall'ordinamento giuridico NON IURE, causativo di un danno contra
ius! Lo stato di necessità determina una TRANSCODIFICAZIONE della natura della
responsabilità: "insopprimibile e quasi eroico istinto di conservazione dell'uomo": siamo sul piano
del diritto naturale! l'ordinamento AUTORIZZA quel fatto, si elide l'antigiuridicità della condotta.
Tuttavia, da quel fatto autorizzato deriva un DANNO: se c'è danno c'è responsabilità, che si
sostanzia in una obbligazione INDENNITARIA. La misura dell'indennità è rimessa all'EQUO
APPREZZAMENTO DEL GIUDICE!!!! Differenza fra 1218, 2043, 2045: se non ci fosse lo stato
di necessità il fatto sarebbe illecito, scatterebbe l'obbligazione risarcitoria del danno; a quel punto, il
PARADIGMA che deriva dall'obbligazione risarcitoria derivante dall'illecito extracontrattuale è il
1223 c.c. cui il 2056 rinvia: danno emergente, lucro cessante, interesse positivo e negativo: la legge
non stabilisce il danno ma stabilisce i CRITERI per determinarlo. Nel 2045 invece i criteri di
determinazione del danno NON CI SONO!!!!!!!!!!!! L'unico criterio non è quello di determinazione
del danno, ma di determinazione dell'indennizzo, che è un criterio che rimette al giudice la
valutazione. C'è un fatto lecito: ma c'è un danno che ne deriva, che è fonte di una obbligazione, cioè
di responsabilità.
RECESSO
Dal contratto di appalto. Il 2045 esprime la contrapposizione fra responsabilità da illecito
extracontrattuale e responsabilità da fatto lecito. Andiamo invece a contrapporre la responsabilità
da inadempimento alla responsabilità da fatto lecito: recesso dal contratto di appalto, 1671 del
codice civile. La norma autorizza lo scioglimento UNILATERALE del contratto. La parte si libera
senza adempiere l'obbligazione unilaterale. Se non ci fosse la norma sul recesso, la parte non
potrebbe liberarsi unilateralmente dal vincolo: la liberazione unilaterale dal vincolo sarebbe
INADEMPIMENTO: sarebbe un fatto illecito ai sensi del 1218 c.c. La norma autorizza il fatto; ma
non il danno: "purchè tenga indenne l'appaltatore"....Il recesso è un fatto lecito DANNOSO.
Obbligazione indennitaria: a differenza del 2045 in cui manca criterio di determinazione del danno,
qui c'è la determinazione! Stessa cosa per il recesso dal CONTRATTO D'OPERA, 2227 c.c.
FATTO GENERATORE
Quello dell'obbligazione risarcitoria è un fatto NON IURE, del quale è accertata l'illiceità, sia sotto
il profilo OGGETTIVO che SOGGETTIVO. 2043: con onere della prova a carico del danneggiato;
1218: con presunzione di colpa. L'obbligazione INDENNITARIA deriva invece da un fatto
generatore LECITO, IURE, autorizzato dall'ordinamento.
TIPICITA'???ATTENZIONE.
Vero è che, nei casi che abbiamo esaminato, se non ci fosse la norma il fatto sarebbe illecito, e non
c'è quindi dubbio che le figure esaminate rispondono a una logica di tipicità; Andiamo però a
estendere il campo di analisi. La responsabilità da fatto lecito produce come conseguenza
l'obbligazione INDENNITARIA. In quale norma dell'ordinamento giuridico è prevista in via
GENERALE l'obbligazione indennitaria? C'è una norma dell'ordinamento che come il 2043
prevede in via generale l'obbligazione indennitaria? Il 2041 c.c: che guarda caso è una norma
SUSSIDIARIA: si applica se non si applica una diversa norma. Cioè norma di applicazione
generale ma residuale: norma di chiusura del sistema. Si applica se non si applica un'altra norma:
cioè. Se il fatto è illecito dannoso, la norma che si applica non è il 2041, ma il 2043. Ma quando c'è
un danno, ma non c'è il fatto illecito dannoso, non si può applicare il 2043. Mancano gli elementi
costitutivi della responsabilità aquiliana, ma il danno c'è. Il danno, oltre a essere elemento
costitutivo del 2043 , è elemento costitutivo dell'arricchimento senza causa. Lo dice la norma! "Chi
si è arricchito A DANNO". Se a quel danno è correlato un arricchimento del DANNEGGIANTE,
cioè la vicenda ha causato uno spostamento patrimoniale, ed esso non deriva da un illecito ex 2043,
ma non c'è neppure una causa giustificatrice, siamo al confine tra il lecito è l'illecito. C'è un danno,
c'è uno spostamento patrimoniale correlato a quel danno, c'è una responsabilità del danneggiante,
che genera una OBBLIGAZIONE INDENNITARIA, prevista in via generale, come in via generale
è prevista l'obbligazione risarcitoria del 2043. Il 2041 è la norma su cui si può fondare, in virtù di
una previsione generale indennitaria, una atipicità della responsabilità da fatto lecito dannoso, dove
il danno è CORRELATO A UN ARRICCHIMENTO del danneggiante: l'obbligazione indennitaria
è correlata a una differenza (relativa diminuzione patrimoniale).Secondo una teoria ricostruttiva
allora il 2041 è la norma che, nel prevedere una obbligazione indennitaria in via generale configura
la categoria della responsabilità da fatto lecito o comunque non illecito come responsabilità
ATIPICA: qualunque fatto che genera un danno che non ricade nel campo di applicazione di un
altra norma, e quindi che non è un fatto generatore di un danno come fatto illecito doloso o colposo.
FUNZIONE DELLA RESPONSABILITA' DA FATTO LECITO E ILLECITO DANNOSI.
Volendo ricondurre l'obbligazione risarcitoria e indennitaria al sistema delle fonti delle
obbligazioni, qual è la fonte dell'obbligazione risarcitoria? Ex art. 1173, il fatto illecito.
Qual è la fonte dell'obbligazione indennitaria? Ex art. 1173: il contratto? No. Il fatto illecito? No. E'
qualunque altro atto o fatto idoneo a produrle secondo l'ordinamento giuridico, secondo la logica
della ATIPICITA'. Il diverso fatto generatore consente di spiegare la diversa funzione delle due
responsabilità. L'obbligazione indennitaria deriva da un fatto IURE. Recesso dal contratto: 1667: i
criteri di determinazione dell'indennizzo corrispondono a danno emergente e lucro cessante: e cosa
sono? Sono i criteri del 1223 codice civile! Come l'obbligazione risarcitoria ripara il danno,
l'obbligazione indennitaria ripara il danno!!! La funzione della responsabilità da fatto LECITO
dannoso è una funzione RIPARATORIA:volta a eliminare il danno, compensativa, compensa il
danno, RIPARA E BASTA. Non c'è una condotta riprovevole, un comportamento da stigmatizzare,
non c'è nulla da punire.
FATTO ILLECITO
Quando il danno deriva dall'illecito, la prospettiva è diversa. La responsabilità da fatto illecito non
ha una funzione SOLO riparatoria. C'è certamente questa funzione riparatoria: c'è scritto nella
Costituzione. L'obbligazione risarcitoria è una prestazione patrimoniale IMPOSTA: il giudice
liquida il danno e obbliga al risarcimento, art. 23 Cost. L'obbligazione risarcitoria, come ogni altra
prestazione imposta risponde al principio di LEGALITA': il giudice non è libero a determinare il
risarcimento del danno. Lo determina in base alla legge: cosa prevede la legge? 1223: che si applica
sia al 2043 (tramite rinvio del 2056), sia al 1218. La funzione del risarcimento si ricava quindi dal
1223: la legge prevede una equazione: IL RISARCIMENTO DEL DANNO E' UGUALE AL
DANNO. Il criterio si basa sulle CONSEGUENZE dell'illecito. La norma non definisce il danno,
ma contiene i criteri: la prospettiva è VITTIMOLOGICA, si guarda alle conseguenze del danno,
agli effetti negativi sul danneggiato, si guarda al danneggiato per RIPARARE il danno, VOLTA A
RIPORTARE IL DANNEGGIATO NELLE STESSE CONDIZIONI IN CUI SI SAREBBE
TROVATO SENZA L'ILLECITO: principio di indifferenza: l'illecito lo deve lasciare
INDIFFERENTE, il danneggiato non deve uscire IMPOVERITO, non ci devono essere
conseguenze negative sul dannegiato. Eliminare le conseguenze. Art. 23 Cost: art. 1223: la
responsabilità da fatto illecito assolve funzione riparatoria.
SANZIONATORIA
C'è un fatto illecito. Il risarcimento ruota in una doppia ottica: guarda alla sfera del danneggiato per
ripararla; ma al contempo reagisce a un fatto che non è CONFORME all'ordinamento giuridico: si
guarda anche al danneggiante per punirlo! La funzione riparatoria non esclude quella sanzionatoria!
C'è un comportamento da stigmatizzare! La funzione dissuasiva /preventiva/DETERRENTE è
legata a quella sanzionatoria!
BILANCIAMENTO
Non si può sanzionare in misura superiore a quanto si deve riparare .C'è sempre l'art. 23 Cost.
Nessuna prestazione patrimoniale se non in base alla legge: il risarcimento ripara e sanzione: ma
sanziona nel limite in cui ripara il danno; ma non può sanzionare il danneggiante in misura
superiore a quanto è necessario per riparare il danneggiato. Il principio di indifferenza vuol dire che
il danneggiato deve risultare all'esito del fatto illecito NON IMPOVERITO ma neanche
ARRICCHITO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Si può sanzionare entro il limite per il quale occorre riparare il
danno. Se il danno è 100, il risarcimento sarà 100: la sanzione sarà 100, non può essere 110, anche
se il fatto è grave; anche se lo stato soggettivo è doloso, intenso; nonostante l'offensività della
condotta; il risarcimento è sempre 100. La componente SANZIONATORIA è SECONDARIA: la
funzione prevalente è quella riparatoria. SALVO CHE non ci sia una norma di legge che AI SENSI
DELL'ART. 23 COST. (!!!!!!!!!!!!!!!!!!) consenta al giudice di sanzionare in misura superiore di
quanto sia necessario per riparare. L'art. 23 non esclude la funzione sanzionatoria: occorre norma di
legge, che TIPIZZA:
-art. 96 c.p.c, co. 1 e co. 2, funzione standard riparatoria; 3 co: il giudice condanna anche
d'ufficio A PRESCINDERE ANCHE DAL DANNO!!!! La somma di denaro non si determina ex
art. 1223! La funzione prevalente è sanzionatoria! Ripara il danno, ma prima SANZIONA! Ecco
perchè "anche d'ufficio": è tipico della pena legata alla tutela di un interesse pubblico. Prevenire lo
spreco della risorsa giustizia.
-E' la stessa logica dell'astreintes: 614 bis. La parte non adempie: il giudice determina l'ammontare
della somma non sulla base del 1223!!! Ma con altri criteri determinati da quell'articolo: si
prescinde dalla prova del danno! Si sanziona prima ancora che riparare: si sanziona la violazione
dell'ordine del giudice. Stessa logica del 187undecies del TUF: reato di market abuse: offensività
del fatto, qualità del colpevole, profitto...non si guarda al danneggiato ma al danneggiante! Togliere
al danneggiante il vantaggio dell'illecito! Perchè è difficile stabilire la diffusività del danno...come
si fa a capire le reali conseguenze? E allora sanziono l'illecito prima che riparare! Tolgo al
danneggiante l'utilità.
-art. 125 codice proprietà industriale: si rinvia al 1223, nihil novi; tenuto conto però, dice la norma,
di tutti gli aspetti pertinenti. Quali sono gli aspetti pertinenti? Le CONSEGUENZE
ECONOMICHE NEGATIVE...ancora nihil novi...però poi si aggiunge "TENUTO CONTO dei
benefici realizzati dall'AUTORE DELLA VIOLAZIONE"!!! Perchè? Perchè ci sono fatti illeciti
che sono fonte di utilità per il danneggiante superiore al DANNO!!! Il danno può essere 100; ma il
danneggiante può aver realizzato un profitto di 300! Il profitto è superiore! Il paradosso è che il
danneggiante secondo i principi generali dovrebbe rispondere solo per 100: ci sarebbe un
INCENTIVO AL FATTO ILLECITO. In tutti i casi in cui il profitto è superiore al danno, si
creerebbe un incentivo, la funzione solo riparatoria sarebbe INADEGUATA!!! "ILLECITO
CONVENIENTE". 125 co.3: il danneggiato può chiedere la restituzione degli utili! A questo punto
il danneggiato si arricchisce. La funzione sanzionatoria crea come possibile effetto
l'OVERCOMPENSATION. L'ordinamento si trova davanti a un'alternativa: o sulla base delle
regole generali si limita a RIPARARE creando l'incentivo all'illecito; o introduce responsabilità
SANZIONATORIA: meglio sovracompensare il danneggiato che incentivare l'illecito!
Il nostro ordinamento consente dunque di SANZIONARE più che riparare, se la sanzione superiore
alla riparazione risponde all'art. 23 Cost., logica di TIPICITA'. Deve essere espressamente previsto
dalla legge: legalità tipicità e PREVEDIBILITA'. La sanzione deve essere prevedibile. L'art. 49
Carta Europea inoltre aggiunge la PROPORZIONALITA'!!!! Tra la condotta e la sanzione; e tra la
SANZIONE e l'esigenza della RIPARAZIONE. Il risarcimento può sanzionare oltre che riparare;
ma non può SOLO sanzionare. La logica del risarcimento è necessariamente RIPARATORIA,
anche quando è PREVALENTEMENTE SANZIONATORIA: si può riparare più che sanzionare; si
può sanzionare più che riparare; ma non si può SOLO SANZIONARE. Anche quando il
risarcimento è punitivo, il principio di PROPORZIONALITA' impone di parametrare il
risarcimento all'esigenza di RIPARAZIONE. Non può essere completamente disancorato dal
danno.
Per questo nel nostro ordinamento non possono essere riconosciute sentenze di condanna al
risarcimento di DANNI PUNITIVI. Quando la sentenza non rispetta la tipicità e legalità: non c'è
una norma di legge nell'ordinamento straniero che prevede quella forma di responsabilità; la
sentenza straniera (common law) che condanna al risarcimento punitivo, può essere eseguita nel
nostro ordinamento solo se rispetta LEGALITA' TIPICITA' PROPORZIONALITA'
PREVEDIBILITA'.
DOPPIA PROPORZIONALITA'
a)proporzionalità della sanzione alla condotta; b)proporzionalità della sanzione alla ESIGENZA
DELLA RIPARAZIONE. Questa funzione necessariamente riparatoria spiega il meccanismo di
funzionamento della COMPENSATIO LUCRI CUM DAMNO
ANALISI ECONOMICA
Cosa c'è in gioco? Più è ristretto il campo di applicazione della compensatio più si CUMULA. Più è
ristretto il campo della compensatio, maggiore è il rischio di duplicazioni riparatorie, cioè
arricchimenti del danneggiato. Più è ampio il campo di applicazione della compensatio, maggiore è
il rischio della DERESPONSABILIZZAZIONE del danneggiante: più si compensa, più il
danneggiante va esente dall'obbligo di risarcire il danno.Se il terzo eroga il beneficio e il beneficio
si compensa con il risarcimento, il danneggiante non deve risarcire o deve risarcire in misura
minore!
I TESI PREVALENTE
La compensatio ha il proprio fondamento implicito nel 1223. Cosa prevede? Richiama le
conseguenze immediate e dirette: il vantaggio che si porta in compensatio è conseguenza immediata
e diretta del fatto illecito. Il vantaggio deriva in maniera immediata e diretta dallo stesso fatto dal
quale deriva il danno. Il fatto generatore del danno e del vantaggio DEVE essere lo stesso. Si
applica la compensatio alla luce delle conseguenze immediate della norma solo quando il vantaggio
è conseguenza immediata e diretta. Quando è conseguenza immediata e indiretta? Quando deriva
dallo stesso fatto generatore del danno! Si compensa solo quando il generatore del danno e del
vantaggio è lo stesso. Quindi si ESCLUDE la compensatio quando il vantaggio è meramente
OCCASIONATO dal fatto illecito: in tal caso il vantaggio non si compensa, si cumula:
assicurazione, assicurazione sociale, previdenziale: il TITOLO del vantaggio è il contratto di
assicurazione; il fatto generatore immediato e diretto del VANTAGGIO è il contratto, la legge
previdenziale. I benefici che dunque derivano da fonte diversa da quella del DANNO risarcibile
NON si compensano, si cumulano. Questa lettura causa una disapplicazione in concreto
dell'istituto! Perchè le ipotesi in cui il lucro deriva in maniera immediata e diretta dal fatto
generatore del danno sono RARE. Quindi questa tesi porta con sè il rischio della DUPLICAZIONE
riparatoria, l'arricchimento da fatto illecito del danneggiato.
ASIMMETRIA
Questa posizione determina va a contrastare con lo stesso 1223, determinandone una applicazione
ASIMMETRICA: se partiamo dal'assunto che si compensano solo i vantaggi che sono conseguenza
immediata e diretta del fatto illecito, l'applicazione del 1223 diviene asimmetrica. Infatti, quanto ai
DANNI, i danni che ricadono nel 1223 non sono solo quelli di conseguenza immediata e diretta: il
danno risarcibile ex art. 1223 può non essere immediato e diretto sulla base della teoria della
CAUSALITA' ADEGUATA. L'applicazione del principio della regolarità causale, l'id quod
plerumque accidit, consente di prendere in considerazione anche i danni MEDIATI e INDIRETTI
che rientrano nella serie delle conseguenze normali e ordinarie dell'illecito, anche se non
IMMEDIATI e diretti. La teoria della regolarità causale include quindi anche danni che non sono
conseguenza immediata e diretta. Allora dove sta la asimmetria? Sulla base della regolarità causale
si considerano danni che non sono conseguenza immediata e diretta; e NON SI CONSIDERANO
invece i VANTAGGI che sono conseguenza mediata e indiretta che rientrerebbero comunque,
secondo l'id quod plerumque accidit, nella serie delle conseguenze normali e ordinarie dell'illecito.
Si applica la regolarità causale solo al danno e non al vantaggio! La teoria della regolarità causale,
infatti, condurrebbe ad applicare la compensatio quando il vantaggio è conseguenza dell'illecito
sulla base della regolarità causale!!!! "Se l'illecito non ci fosse stato, il vantaggio non sarebbe
arrivato": il vantaggio è una conseguenza normale ordinaria del fatto illecito. CAMBIA la
prospettiva. Se il fatto illecito non ci fosse stato (condicio sine qua non) il vantaggio non ci sarebbe
stato. I vantaggi erogati dal terzo, sulla base della teoria della regolarità causale, NON SI
SAREBBERO VERIFICATI, quindi anche i vantaggi derivanti dal terzo SI COMPENSANO. La
teoria della regolarità causale conduce dunque ad una estensione del campo di applicazione della
compensatio.
NORME UNIFORMI
I principi di diritto europeo della responsabilità: art. 10 "nel determinare l'ammontare del danno i
vantaggi devono essere presi in considerazione SALVO CHE CIO' NON SIA CONCILIABILE
CON LO SCOPO DEL VANTAGGIO". Bisogna guardare allo scopo del vantaggio. DCFR: stessa
cosa: i vantaggi non si compensano;MA bisogna guardare allo scopo del vantaggio. Ecco la chiave
di volta della compensatio: DOBBIAMO GUARDARE ALLA RAGIONE GIUSTIFICATRICE
DELL'ATTRIBUZIONE PATRIMONIALE. Dobbiamo guardare se la funzione del vantaggio è
OMOGENEA alla funzione del risarcimento. Se il vantaggio asolve la stessa funzione del
risarcimento, ALLORA SI COMPENSA. Qual è la funzione del risarcimento? E' riparatoria: se
anche la funzione del vantaggio è RIPARATORIA, allora si compensa. Esempio:
ASSICURAZIONE CONTRO I DANNI: lo scopo dell'indennizzo è riparatorio, il vantaggio
collegato al fatto illecito assolve alla stessa funzione del risarcimento che deriva dal danno. Se non
si compensasse lo stesso danno SAREBBE RIPARATO DUE VOLTE. E non è un caso che la
disciplina dell'assicurazione preveda la SURROGAZIONE: che è prevista in questa prospettiva. Se
l'assicuratore eroga l'indennizzo, il danno è stato riparato.
La surrogazione assolve una doppia funzione:
1)evita duplicazione riparatoria del danneggiato: il danneggiato non può più ottenere il risarcimento
del danno dal danneggiante, perchè l'assicuratore si surroga nei diritti del danneggiato;evita
arricchimento del danneggiato.
2)evita deresponsabilizzazione danneggiante: l'assicuratore, surrogandosi nei diritti del danneggiato,
fa valere il diritto al risarcimento del danno nei confronti del danneggiante, che risponde del fatto
illecito.
I meccanismi di recupero (surrogazione, rivalsa) vanno dunque presi in considerazione ai fini del
meccanismo di applicazione della compensatio. Nello stabilire se si applica o no, bisogna guardare
ai meccanismi di recupero: l'esistenza del meccanismo di recupero EVITA la duplicazione
riparatoria e la DERESPONSABILIZZAZIONE del danneggiante. Quel meccanismo di recupero è
un INDICE PRO COMPENSATIO. Quando il meccanismo di recupero non è previsto siamo di
fronte a una alternativa secca:
1)o la compensatio NON si applica: non c'è meccanismo di recupero, la compensatio non si applica.
Se non si applica vuol dire che c'è cumulo, e quindi c'è rischio di arricchimenti del danneggiato.
2)o si applica: se si compensa il rischio è la deresponsabilizzazione del danneggiante.
In assenza di meccanismo di recupero, quindi, o si accetta il rischio dell'arricchimento del
danneggiato; o della deresponsabilizzazione del danneggiante. Qual è il male minore? Il rischio
dell'arricchimento del danneggiato. Meglio NON compensare.
Abbiamo dunque le due linee direttive che determinano il campo di applicazione della compensatio:
1)FUNZIONE del vantaggio
2)esistenza o meno di MECCANISMI DI RECUPERO
Questo spiega perchè la compensatio non si applica nel caso di pensione di reversibilità: abbiamo
due guide. FUNZIONE e MECCANISMI DI RECUPERO.
FUNZIONE della pensione di reversibilità. Fattispecie: fatto illecito che cagiona la morte del
lavoratore; risarcimento del danno al congiunto che perde il sostegno patrimoniale del lavoratore;
obbligo risarcitorio del danneggiante. Pensione di reversibilità da parte della PA. Il vantaggio
derivante della pensione si compensa o si cumula? Devo innanzitutto guardare alla FUNZIONE: la
pensione non assolve una funzione di RIPARAZIONE del danno. Assolve a una funzione
PREVIDENZIALE: la pensione è , da parte della PA, l'adempimento di una PROMESSA: il
lavoratore rinuncia a una parte del proprio stipendio a fronte di una promessa dello Stato. La
promessa dell'ordinamento di garantire sicurezza patrimoniale dopo la morte ai propri
congiunti. La pensione è quindi adempimento di una promessa. La funzione della pensione NON E'
DI RIPARAZIONE DEL DANNO DA FATTO ILLECITO. Già questo esclude la compensazione.
Ad ulteriore conferma: MANCA un meccanismo di RECUPERO.
RIMEDIO OBIETTIVO
E' quello che tutela una posizione giuridica contro il fatto obiettivo della sua lesione. A prescindere
dalla illiceità del fatto, dall'accertamento degli elementi costitutivi della responsabilità da fatto
illecito. E' ad esempio un rimedio obiettivo la risoluzione per impossibilità della prestazione; o
quella per eccessiva onerosità sopravvenuta.
RIMEDIO SANZIONATORIO
Presuppone una responsabilità del debitore inadempiente, del soggetto danneggiante. Postula un
inadempimento IMPUTABILE, un fatto illecito extracontrattuale imputabile, postula l'accertamento
degli elementi costitutivi dell'illecito. In questo senso è sanzionatorio, risposta all'ordinamento ad
un fatto illecito. E' un rimedio sanzionatorio il risarcimento del danno, come è un rimedio
sanzionatorio l'AZIONE DI RISOLUZIONE, che postula una adempimento imputabile! Così come
è un rimedio sanzionatorio l'azione di ESATTO ADEMPIMENTO, postula accertamento
dell'inadempimento del debitore.
CLAUSOLA PENALE
Anche questa è un mezzo di coercizione indiretta all'adempimento. PROPORZIONALITA' DELLA
SANZIONE rispetto alla RIPARAZIONE. La clausola penale è sintomatica in questo senso:
assolve una funzione riparatoria del danno da inadempimento. E' un mezzo di coercizione indiretta
ex ante: se non adempi paghi. Ex post assolve una funzione riparatoria, ma A PRESCINDERE
DALLA PROVA DEL DANNO: quindi la penale ripara il danno in maniera disancorata rispetto al
danno: cioè SANZIONA prima che RIPARARE. La misura non può essere manifestamente
eccessiva: criterio di proporzionalità. Non può sanzionare in maniera sproporzionata! La norma
sulla clausola penale è espressiva di un principio implicito di proporzionalità del risarcimento del
danno. Anche quando il risarcimento è punitivo la sanzione deve essere proporzionata rispetto
all'esigenza della riparazione: l'ordinamento non ammette una sanzione sproporzionata.
CAPARRA CONFIRMATORIA
Ex ante è un mezzo di coercizione indiretta: rafforza il vincolo contrattuale, mezzo di induzione
all'adempimento; ex post, sanzione: a prescindere dalla prova del danno. Funge da strumento di
AUTOTUTELA a fronte dell'inadempimento, con il rimedio del RECESSO. La parte reagisce
all'inadempimento di controparte non con una azione; ma con l'autotutela, esercitando il diritto di
RECESSO!!!
RISOLUZIONE DI DIRITTO
Così come sono strumenti di autotutela a fronte dell'inadempimento gli strumenti di
RISOLUZIONE DI DIRITTO del contratto: consentono alla parte non inadempiente di reagire
all'inadempimento della controparte liberandosi dal vincolo contrattuale senza far ricorso al
giudice! L'azione di risoluzione per inadempimento è un rimedio GIUDIZIALE, attraverso sentenza
COSTITUTIVA DEL GIUDICE, fino a quando non c'è sentenza costitutiva del giudice c'è obbligo
di eseguire l'obbligazione; la risoluzione di diritto consente la liberazione dal rapporto senza
ricorrere al giudice. Clausola risolutiva espressa e termine essenziale si attivano
AUTOMATICAMENTE al verificarsi dell'inadempimento; nella diffida ad adempiere invece è il
soggetto non inadempiente che deve attivare il rimedio in autotutela attraverso la DIFFIDA. L'atto
di diffida è un NEGOZIO UNILATERALE RECETTIZIO, esercizio di un diritto potestativo che
viene attribuito dalla legge al creditore.
RESPONSABILITA' DELLA PA
Non c'è una disciplina autonoma della responsabilità della PA: segue le forme della responsabilità
civile. E' responsabilità civile. Dove sta la particolarità? NON nella natura ma:
-nella FONTE:è un provvedimento illegittimo sfavorevole; o il comportamento: mero o
amministrativo, a seconda che sia legato o meno al potere amministrativo.
-nella NATURA della situazione soggettiva lesa: interesse legittimo
FONTE
-Abbiamo una responsabilità da provvedimento illegittimo sfavorevole che lede situazione di
interesse legittimo: pretensivo, oppositivo o interesse procedimentale con valenza SOSTANZIALE
-può prescindere da provvedimento: COMPORTAMENTO: come quando adotta un provvedimento
illegittimo ma FAVOREVOLE. Permesso di costruire: quell'interesse è soddisfatto solo che il
provvedimento è illegittimo: il privato ha fatto affidamento sul provvedimento, inizia a costruire ma
adesso deve ripristinare. Il provvedimento illegittimo non lede l'interesse pretensivo del privato! La
FONTE della responsabilità è allora il COMPORTAMENTO con cui la Pa lede affidamento
leggittimo, con un comportamento che NON doveva adottare.
RESPONSABILITA' DA COMPORTAMENTO
E chi conosce della responsabilità da provvedimento legittimo ma FAVOREVOLE?La resp. da
comportamento è problematica: un conto è il comportamento amministrativo (collegato al
POTERE) un conto è il comportamento mero (neanche mediatamente collegato all'esercizio di un
potere amministrativo). Qual è il giudice?
-Se è comportamento MERO, non c'è problema: dove non c'è potere, c'è diritto soggettivo, quindi
giurisdizione del g.o. Esempio: OCCUPAZIONE MATERIALE senza titolo: fatto non iure che
cagiona un danno contra ius. Non è correlata all'esercizio del potere.
-Se il comportamento è amministrativo, l'art. 7 stabilisce che sussiste la giurisdizione del g.a. se la
materia ricade nella giurisdizione esclusiva del g.a.: quando il comportamento fonte di
responsabilità riguarda una materia che rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a (ad esempio
URBANISTICA) la controversia ricade nella giurisdizione del g.a. Ad es. OCCUPAZIONE, ma
non senza titolo, c'è un titolo ma il provvedimento è illegittimo. La PA occupa, ma l'occupazione è
collegata a un decreto che abilità la PA ad occupare il bene; ma il decreto è illegittimo, quindi
l'occupazione è antigiuridica perchè il titolo è invalido; solo che quel comportamento di
occupazione è collegato all'esercizio del potere. Il comportamento è amministrativo. Dunque se il
comportamento ricade in una materia devoluta alla giurisdizione esclusiva del g.a., la giurisdizione
sarà del g.a.
RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE PA
-La Pa pone in essere un comportamento che lede la posizione del privato, comportamento contrario
a buona fede nella formazione del rapporto contrattuale, 1337;
-La Pa che non adempie al contratto stipulato col privato, 1218;
Voglio dire che la resp della PA si inquadra PERFETTAMENTE nei modelli della responsabilità
civile, e si distingue solo per la natura giuridica della situazione giuridica lesa: si tratta quindi di
capire qual è la giurisdizione, g.o. o g.a.!
MODELLO GENERALE RESPONSABILITA' CIVILE: COLPEVOLEZZA.
Si basa sul principio di colpevolezza. Nessuna responsabilità senza colpa. Il fondamento della
responsabilità civile da fatto illecito è il PRINCIPIO DI COLPEVOLEZZA, è scritto nel 2043c.c. Il
principio di colpevolezza però non è utilizzato nel 1218!!!! La norma impiega una clausola
generale: c'è inadempimento quando c'è "inesatta esecuzione della prestazione"; c'è responsabilità
per quella inesatta esecuzione SALVA IMPOSSIBILITA' del debitore: non è enunciato l'elemento
soggettivo. E allora, il 1218 configura una responsabilità oggettiva o soggettiva? La risposta è nella
relazione: nel 1218 si parla esclusivamente di causa non imputabile al debitore: ASSENZA DI
COLPA RIGUARDO AL VERIFICARSI DELL'EVENTO: costituisce il requisito SOGGETTIVO
che deve concorrere con il requisito OGGETTIVO dell'impossibilità della prestazione. Quindi
l'impossibilità non è il requisito esclusivo del 1218; la relazione ci dice che l'elemento oggettico,
che è costitutivo, NON E' ESCLUSIVO! Deve concorrere con il requisito soggettivo, la colpa del
debitore. Dunque anche il 1218 risponde a un modello di responsabilità soggettiva. Ma dove sta
l'elemento soggettivo che diviene elemento costitutivo della responsabilità? Dobbiamo avere un
elemento NORMATIVO!!! Allora il 1218 va letto in combinato disposto con la regola della
DILIGENZA, 1176: la diligenza non è solo paradigma di valutazione del comportamento del
debitore; è anche criterio di IMPUTAZIONE DELLA RESPONSABILITA'! La mancanza di
diligenza: la colpa del debitore.
IFFERENZA FRA 1218 e 2043
Entrambi rispondono a un modello soggettivo, ma cambia l'onere probatorio. Nel 2043 la colpa
deve essere provata dal danneggiato; nel 2018 la colpa si presume: modello soggettivo presunto. Si
presume la colpa fino a PROVA CONTRARIA: grava sul debitore la prova sia dell'elemento
oggettivo (impossibilità) che soggettivo (mancanza della colpa).
OBBLIGAZIONI NEGATIVE
Il principio di vicinanza si applica al contrario: l'obbligazione di non fare si adempie non facendo.
L'adempimento è un fatto negativo. La prova dell'adempimento è la prova di un fatto negativo. E'
più facile provare il fatto positivo, il FACERE, cioè l'inadempimento. Per il principio di
disponibilità, riferibilità, vicinanza, è il creditore che deve provare il fatto POSITIVO
dell'inadempimento. Mentre nelle obbligazioni di facere l'inadempimento è un NON FACERE,
fatto negativo.
2047 e 2048.
Sorvegliante e incapace: è qualificata come responsabilità per FATTO ALTRUI con COLPA
PROPRIA. Il fatto materiale che ha causato il danno è ALTRUI. Ma di quella condotta risponde il
sorvegliante PER COLPA PROPRIA: culpa in vigilando, comportamento omissivo, fatto
PROPRIO omissivo COLPOSO, sulla base del principio di colpevolezza. La responsabilità del
sorvegliante si basa sulla colpevolezza; ma allora qual è la differenza tra 2043 e 2047? Il 2047
introduce una PRESUNZIONE di colpa: modello della responsabilità soggettiva presunta. La colpa
si presume; il sorvegliante deve fornire la prova della mancanza di colpa. Anche responsabilità del
2048: minore e genitore. Culpa in EDUCANDO. Si PRESUME la colpa del tutore/genitore. Se non
ci fosse la norma di legge si applicherebbe il modello GENERALE. Il modello della responsabilità
soggettiva presunta POSTULA UNA BASE NORMATIVA!!!!! Con delle eccezioni: responsabilità
della PA da provvedimento illegittimo sfavorevole.
ECCEZIONI
Provvedimento illegittimo sfavorevole che cagiona al privato un danno non iure contra ius: siamo
nel modello della responsabilità aquiliana: 2043. La resp della PA segue il modello della
responsabilità civile. Se è aquiliana, risponde al modello del 2043: modello SOGGETTIVO: il
privato deve PROVARE la colpa della PA! Cosa fa la giurisprudenza? Ricorre al sistema delle
presunzioni semplici!!!! L'illegittimità del provvedimento è un indice presuntivo della colpa della
PA!!! Il privato NON PROVA la colpa; ma ALLEGA l'illegittimità del provvedimento! Allega:
-illegittimità del provvedimento
-chiarezza del quadro normativo
-no contrasto giurisprudenziale
-il potere non era ampiamente discrezionale, ma disciplinato dalla legge
-semplicità del fatto.
Tutti INDICI PRESUNTIVI. Non è il privato che prova la colpa; la colpa SI PRESUME, in assenza
di una norma ad hoc di legge. E' la PA che deve provare che il quadro normativo non era chiaro;
che l'illegittimità era SCUSABILE! Dunque modello soggettivo presunto AL DI FUORI DI UNA
ESPRESSA BASE NORMATIVA. Qui la base della normativa sono le presunzioni semplici: si
inverte onere probatorio.
PROFILI PROCESSUALI
L'azione di risarcimento del danno si può proporre in via autonoma: venuta meno la pregiudizialità
PROCESSUALE: non occorre impugnazione del provvedimento e contestuale proposizione
dell'azione di risarcimento del danno. Tuttavia il cpa ha introdotto una pregiudizialità di MERITO.
Si è trasformata la pregiudizialità: l'azione autonoma sconta una pregiudizialità di merito che deriva
da una applicazione implicita del 1227: il cpa esclude la risarcibilità di quei danni che il privato
avrebbe potuto evitare, usando l'ordinaria diligenza, andando ad esperire gli ALTRI MEZZI DI
TUTELA PREVISTI DALL'ORDINAMENTO. Anche attraverso tutela cautelare: sospensione
degli effetti del provvedimento. Se la tutela annullatoria, cautelare , avesse evitato il danno, e
dunque con azione ULTERIORE rispetto all'esperimento dell'azione di risarcimento, quel danno
evitabile NON è RISARCIBILE. Il mancato esperimento degli altri mezzi INTERROMPE IL
NESSO DI CAUSALITA'!!!! Il privato CONCORRE con la causazione del danno! In materia di
appalti: provvedimento di esclusione della gara. Il privato non impugna il provvedimento
escludente, chiede solo risarcimento del danno per essere stato illegittimamente escluso; ma se
invece di chiedere il risarcimento della chance di aggiudicazione, avesse IMPUGNATO il
provvedimento di esclusione, con il rito SUPERACCELERATO può ottenere anche la
RIAMMISSIONE/RINNOVO ALLA GARA, potendo ottenere il bene della vita-
AGGIUDICAZIONE.
PROFESSIONISTA
Applicando la obbligazione di mezzi alla resp del professionista, il mancato raggiungimento del
risultato atteso NON E' inadempimento. L'inadempimento è il comportamento non diligente del
professionista: la prova della DILIGENZA esclude la responsabilità. Modello della responsabilità
soggettiva presunta.
TRAMONTO
Tuttavia la distinzione fra obbligazioni di mezzi e di risultato non regge. Non ci sono obbligazioni
di soli mezzi e di solo risultato: l'obbligazione si compone sempre di diligenza e di risultato. La
componente di DILIGENZA è necessaria, c'è sempre. L'obbligazione ha sempre una componente
di MEZZI; e quando è di mezzi può avere una componente di RISULTATO: quindi la obbligazione
è di mezzi e di risultato. Il risultato va valutato alla luce della diligenza. E qui si inscrive il
problema della rilevanza delle linee guida nella responsabilità del medico.
LINEE GUIDA
Le SU penali si pongo il problema della osservanza delle linee guida sotto il profilo della
responsabilità penale; qual è il valore dell'osservanza delle linee guida sotto il profilo della
responsabilità CIVILE? Questo è il TEMA su cui oggi si dibatte sulla responsabilità del medico. E
qui si pone un profilo di DUBBIA LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE della Legge Gelli. Se il
medico è legato da contratto, la sua responsabilità segue la resp. contrattuale, cioè modello
responsabilità soggettiva presunta. Quando NON è legato da contratto, 2043 (si nega il contatto
sociale): sempre secondo modello resp. soggettiva, ma non presunta. La stessa attività quindi può
essere fonte di una responsabilità secondo il modello soggettivo presunto o sotto il modello
soggettivo tout court a seconda che vi sia o meno una relazione contrattuale con il paziente!!!! La
STESSA ATTIVITA'!!! Con tutto quello che ne consegue sotto il profilo del riparto dell'onere della
prova: presunzione di colpa (1218); onere della prova sul danneggiato (2043). E qui si pone il
problema delle linee guida: l'osservanza delle linee guida ESCLUDE la colpa del medico???
-art. 5 legge Gelli: gli esercenti delle professioni sanitarie si attengono, salvo le specificità del caso
concreto, alle linee guida;
-art.6 co. 1: la norma inserisce un nuovo comma nell'art. 590 .cp.: se l'evento si è verificato a causa
di IMPERIZIA la punibilità è esclusa quando sono rispettate le linee guida. L'osservanza delle linee
guida esclude la responsabilità penale, perchè esclude la colpa per imperizia.
L'esclusione della colpa per imperizia, escludendo la responsabilità penale, esclude anche la
responsabilità CIVILE???? Se l'osservanza delle linee guida esclude l'imperizia, allora esclude la
colpa! Viene meno elemento costitutivo della responsabilità.
S.U PENALI
Attraverso l'obiter dictum offre spunti che cercano di applicare sul piano civile le coordinate
ermeneutiche fornite sul piano penale:
-l'osservanza delle linee guida ESCLUDE l'imperizia;
-se la esclude in ambito penale la esclude anche in ambito civile: se non c'è imperizia non c'è colpa;
non è che c'è una imperizia che non rileva sul piano penale e rileva sul piano civile!L'imperizia
quella è. Se una prestazione non è imperita sul piano penale, non lo è neanche sul piano civile.
-L'osservanza delle linee guida, tuttavia, non esclude la colpa per negligenza e imprudenza. E
soprattutto non esclude la colpa nella SCELTA delle linee guida. L'esecuzione della linea guida può
essere perfetta, senza imperizia; ma per le "specificità del caso concreto", come dice la norma, IL
MEDICO AVREBBE DOVUTO DISCOSTARSI da quella linea guida, o seguirne un'altra!
-Ci può quindi essere una responsabilità civile, nonostante l'osservanza delle linee guida, per profili
di colpa diversi dalla colpa per imperizia. Questo spiega la norma che prevede la RIDUZIONE del
risarcimento. Il medico risponde per COLPA, nonostante non ci sia imperizia, perchè ha osservato
le linee guida.Per il fatto di avere osservato le linee guida, beneficierà di uno sconto. La norma che
consente di tenere conto nella determinazione del danno dell'osservanza delle linee guida non
esclude la responsabilità del medico; ma neanche la richiede sempre: la norma attiene al
QUANTUM respondeatur, ma non riguarda l'AN. Si può rispondere a livello civile
NONOSTANTE L'OSSERVANZA DELLE LINEE GUIDA; l'osservanza delle linee guida esclude
l'imperizia; ma non può escludere gli altri profili di colpa, tra cui in particolare la colpa nella
SCELTA delle linee guida, la colpa nel non aver tenuto conto delle specificità del caso concreto.
2048-2049-2050-2051: RESPONSABILITA' OGGETTIVA
Seguono il modello della responsabilità soggettiva presunta? GIURISPRUDENZA: quarto modello
di responsabilità, RESPONSABILITA' OGGETTIVA. Siamo nel campo di fattispecie eclettiche.
Prescindono dalla colpa? Si può dire che rispondono ad un modello oggettivo di responsabilità,
rispetto a un modello generale fondato sul principio di colpevolezza? La responsabilità oggettiva
richiede un FONDAMENTO NORMATIVO: si deroga al modello generale, originario. La
responsabilità soggettiva si fonda sul principio di colpevolezza. E quella OGGETTIVA: il FATTO
cagiona il DANNO. Il principio di colpevolezza non è fondamento: e allora qual è il fondamento?
Molto si dice e molto si scrive.
FONDAMENTO
Il fondamento è il PRINCIPIO DI SOPPORTAZIONE DEL RISCHIO: il modello della
responsabilità oggettiva è TECNICISTICO: cioè frutto di scelta di politica legislativa. Problema di
allocazione del rischio del danno: chi deve assumere su di sè il rischio del danno? Chi svolge una
certa attività: UBI COMMODA IBI INCOMMODA. Trai il vantaggio, da quella attività, dunque
sopporti il danno, a prescindere dal dolo o dalla colpa. CHI FA UN DANNO DEVE RISARCIRE: è
il NESSO DI CAUSALITA' l'elemento di imputazione della responsabilità. E' una responsabilità
non da CONDOTTA ma da ACCADIMENTO.
NORMA DI LEGGE
Se non ci fosse norma di legge si applicherebbe il modello generale!!!! O responsabilità soggettiva,
2043; o soggettiva presunta, 1218! Ma sempre responsabilità per colpa. Occorre quindi norma di
legge, così come avevamo visto che occorreva norma di legge per invertire l'onere della prova!
RAPPORTO DI CUSTODIA
La norma non individua un rapporto di custodia sotto il profilo giuridico ma FATTUALE: è custode
colui che ha il potere, signoria della cosa, che ha il potere di governare il RISCHIO derivante dall'
intrinseco dinamismo, quindi SOPPORTA IL RISCHIO. Ecco che è una resp. oggettiva: il custode
non deve provare la MANCANZA DI COLPA, cioè di aver sorvegliato la cosa diligentemente; il
custode risponde FINO A PROVA DELLA MANCANZA DEL NESSO DI CAUSALITA'.
2051 E PA
Si può applicare questa ipotesi di resp. oggettiva alla PA? La giurisprudenza è oscillante, no
posizione univoca. Il 2051 postula la CUSTODIA, cioè il POTERE DI CONTROLLO. Se non c'è
potere di controllo non c'è governo del rischio: se non c'è controllo non c'è custodia e dunque non
c'è responsabilità. Si può dire che la PA ha il potere di controllo dei beni pubblici? Data l'estensione
dei beni della PA si può affermare l'esistenza di un potere di controllo del rischio? Non si può nè
affermare nè negare tout court l'applicazione del 2051. Non si può dire che la PA non è mai o è
sempre custode della cosa. Si tratta di stabilire se la PA può essere considerata custode. Si tende a
fare una operazione di distinzione:
-situazioni di pericolo, rischi di danno INTRINSECI, connaturate alle caratteristiche del bene. Il
bene per le sue caratteristiche comporta un rischio: qui si può dire che la PA ha il potere di
controllare quel rischio. Si applica il 2051.
-situazioni di pericolo ESTERNE, estranee alle caratteristiche del bene; situazione di pericolo che
proviene dal fatto del terzo, che ad esempio altera dinamica della cosa. Il 2051 non si applica, ma si
applica il 2043, l'onere della prova grava sul danneggiato.
MA SU CHI GRAVA L'ONERE DI PROVARE CHE IL RISCHIO NON E' INTRINSECO? Si
tende a fare cadere l'onere sulla PA; le la PA non prova che il rischio è ESTRINSECO, si applica il
2051. Quindi la PA risponde ex art. 2051 fino a prova contraria.
GIURISPRUDENZA 2051
Tuttavia, giurisprudenza tende a fare rilettura in chiave OGGETTIVA del 2050: principio di
sopportazione del rischio, chi esercita attività pericolosa deve sopportare il rischio derivante da
quella attività, ubi commoda ibi incommoda, A PRESCINDERE DAL DOLO O DALLA COLPA.
La resp. è oggettiva: il soggetto, per escludere la responsabilità non deve provare di avere adottato
tutte le misure SOGGETTIVAMENTE idonee ad evitare il danno, ma quelle
OGGETTIVAMENTE idonee ad evitare il danno: cioè provare la mancanza del nesso di causalità.
Quindi modello di responsabilità OGGETTIVA, e per giunta responsabilità oggettiva PRESUNTA:
si presume nesso di causalità.
LETTURA OGGETTIVIZZANTE
Perchè la giurisprudenza oggettivizza? Invece la relazione è nella direzione del modello della
responsabilità SOGGETTIVA. Mentre oggi l'ordinamento va verso forme di responsabilità
OGGETTIVA: perchè ha funzione preventiva. Così come le nuove forme di responsabilità
introdotte dal legislatore sono sanzionatorie, nella prospettiva di deterrenza. Per prevenire il danno
occorre DISINCENTIVARLO, rendere svantaggioso i danni. Cos' come i risarcimenti punitivi sono
volti a soddisfare un 'esigenza di prevenzione del danno; allo stesso modo la resp. ogg. assolve a
quella funzione. Il modello della responsabilità oggettiva e ancor più oggettiva presunta
DISINCENTIVA IL DANNO: il danno è un costo economico; se il risarcimento è più facile, il
danno è un costo più duro da sostenere.
RESPONSABILITA' DA PRODOTTO
Resp. oggettiva: si bassa sulla sussistenza del nesso di causalità fra difetto del prodotto e nesso di
caualità con il danno. La prova del difetto del prodotto può non essere lieve:
-la prova del difetto di FABBRICAZIONE è più semplice: difetto di un esemplare all'interno di una
serie di prodotti, tutti omologati;
-diffetto di INFORMAZIONE: bisogna provare inadeguatezza delle informazioni riguardo all'uso
del prodotto;
-difetto di INSICUREZZA del prodotto: il difetto più difficile di provare. Se il danneggiato avesse
l'onere di provare il vizio intrinseco del prodotto, il danneggiato sarebbe gravato da una probatio
diabolica: ecco perchè il riparto dell'onere della prova si basa sul TESTE DELLE LEGITTIME
ASPETTATIVE: il test solleva il danneggiato dall'onere dal vizio intrinseco del prodotto; il
danneggiato deve provare che il prodotto NON OFFRE LA SICUREZZA CHE DA QUEL
PRODOTTO CI SI PUO' LEGITTIMAMENTE ATTENDERE SULLA BASE DELLE
CIRCOSTANZE CONCRETE: istruzioni, avvertenze, utilizzi ragionevolmente prevedibili del
bene.
Il fornitore deve provare:
-che il difetto non esisteva quando il prodotto è stato immesso sul mercato; quindi non è
oggettivamente imputabile al produttore;
-oppure fornire una delle prove ex art. 118 cod. consumo. Ci soffermiamo su una delle cause che
escludono la responsabilità: il DIFETTO DA SVILUPPO.
DIFETTO DA SVILUPPO
Non poteva essere individuato allo stato delle cognizioni tecniche e scientifiche nel momento in cui
viene messo in circolazione. Su chi ricado allora il rischio del danno da difetto del prodotto?
-sul consumatore
-sul produttore.
La direttiva prodotto non prende posizione sulla allocazione del rischio. Lascia liberi gli stati
membri: la normativa nazionale si conforma alle normative prevalenti degli altri Stati membri
collocando il rischio a carico del CONSUMATORE. "Il difetto non era oggettivamente
individuabile sulla base delle PIU' AVANZATE TECONOLOGIE DEL MOMENTO": ecco la
logica: manca il nesso di causalità! Se dopo la circolazione del prodotto, il progresso scientifico
consente di individuare un difetto in quel prodotto, lì il produttore ha l'onere di intervenire per
evitare che il prodotto cagioni un danno. Logica del favor victimae.
DANNO AMBIENTALE
Il diritto dell'UE tutela l'ambiente. I principi posti dall'UE sono di PREVENZIONE:
-chi inquina paga: non è un principio meramente programmatico; ma è un principio precettivo:
1)vuole reprimere la condotta che danneggia: quindi funzione sanzionatoria; 2)ma al contempo
funzione PREVENTIVA del danno ambientale. Come si attua la funzione preventiva? Attraverso
INTERNALIZZAZIONE del costo economico del danno ambientale: il costo del danno è trasferito
dalla collettività che lo subisce sul soggetto che lo ha causato: è dunque una responsabilità
OGGETTIVA; c'è parallelamente una responsabilità per colpa per danno recato alla biodiversità per
lo svolgimento di attività NON PERICOLOSE (art. 3 direttiva);ma l'esercizio di attività
PERICOLOSE (come nel 2050) risponde al modello oggettivo. Non basta prova della diligenza.
MA SPESSO I DANNI SONO IRREVERSIBILI: si mira quindi a una tutela anticipata
dell'ambiente:
-principio di prevenzione: adozione di misure volte ad evitare il danno quando il danno è collegato
a un rischio scientificamente conosciute. E' provato che quel comportamento comporta un
determinato danno.
-principio di precauzione: anticipa la soglia di tutela del bene ambiente. Ci sono rischi di danno che
non sono scientificamente provati: non c'è evidenza scientifica ma solo SOSPETTO di danno.
Su questi si basa la disciplina del danno ambientale.
DANNO AMBIENTALE
Invece c'è una gerarchia di valore fra rimedio in forma specifica e rimedio per equivalente:
DIFFIDENZA del legislatore verso sistemi risarcitori di natura PECUNIARIA per equivalente.
L'obiettivo è l'INTEGRITA' dell'ambiente; e quindi le misure di riparazione in forma specifica, di
RECUPERO dell'ambiente. La tutela per equivalente è strumento sussidiario: solo quando il
recupero dell'integrità NON è in concreto possibile, COSTI QUEL CHE COSTI PER IL
DANNEGGIANTE (!!! non c'è limite al costo per il danneggiante!!!), allora si ricorre alla
riparazione per equivalente. Quindi MISURE DI RIPARAZIONE PRIMARIA come rimedio
principale che grava su CHI INQUINA. Se il responsabile non ripara il danno o lo fa in maniera
incompleta, la legge prevede l'intervento sostitutivo del ministero dell'ambiente: esso ha
legittimazione attiva ad intervenire in quanto portatore di un interesse collettivo. Procede
DIRETTAMENTE agli interventi necessari: rimane anche in questo caso una misura IN FORMA
SPECIFICA. Il ministero può agire in forma GIUDIZIARIA o AMMINISTRATIVA. VIA
AMMINISTRATIVA: ordinanza immediatamente esecutiva con cui si ingiunge al responsabile il
RIPRISTINO del danno ambientale. In caso di inadempimento del responsabile, l'intervento è
esercitato dal ministero. Il costo economico dell'intervento di riparazione è TRASLATO sul
soggetto che lo ha causato. Lo strumento è l'ordinanza-ingiunzione.
VIOLAZIONE DIRITO UE
Sempre responsabilità OGGETTIVA. Siamo al confine fra dir civile e amm. Lo stato risponde per
un danno cagionato al cittadino per violazione del diritto ue. Nel diritto sovranazionale lo stato è
considerato nella sua UNITARIETA', nonostante la tripartizione dei poteri (legislativo, esecutivo,
giudiziario):
-il legislatore cagiona un danno al cittadino violando la norma europea: filone giurisprudenziale
inarrestabile sugli specializzandi. Il legislatore non attua una direttiva, non riconoscendo una
posizione di vantaggio riconosciuta dalla norma europea, e il privato non può far valere questa
posizione di vantaggio perchè la norma non è stata attuata.
-la PA adotta provvedimento violativo del diritto UE negando una situazione di vantaggio
riconosciuta dal diritto UE. Esercizio del potere amm. in contrasto col diritto eu
-il giudice che con la sentenza viola la norma eu cogionando danno al privato.
Tutte queste forme di resp radicano i loro presupposti nel diritto UE. La fonte della responsabilità, i
presupposti sono individuati dal diritto UE. Sono presupposti OGGETTIVI, lo dice la CGE: la
responsabilità prescinde dalla colpa (la corte si riferisce alla PA ma il discorso si estende a tutte le
forme di responsabilità). Si presuppone: a)norma europea; b)VIOLAZIONE MANIFESTA di
quella norma che cagiona il danno. Logica: avvantaggiare il danneggiato quanto al risarcimento del
danno. Non occorre prova dell'elemento soggettivo. La giurisprudenza e il legislatore hanno dovuto
compiere una operazione di COMPATIBILITA'/ADEGUAMENTO dell'ordinamento interno
all'orientamento della CGE: non c'è una norma che qualifica come OGGETTIVA la resp. dello
Stato. Quindi secondo i principi generali è EXTRACONTRATTUALE; o secondo alcuni da
INADEMPIMENTO DI UN OBBLIGO PREESISTENTE (l'obbligo di conformarsi al diritto ue);
ma che sia una responsabilità aquiliana o di inadempimento, quella responsabilità postula
l'elemento SOGGETTIVO. Quindi dovremmo applicare un modello soggettivo per una
responsabilità che la corte qualifica come OGGETTIVA.
GIURISPRUDENZA
Compie un'operazione di compatibilità. La responsabilità postula un elemento soggettivo: la
COLPA. Allora la colpa c'è quando c'è VIOLAZIONE MANIFESTA della norma europea. E' un
processo di OGGETTIVIZZAZIONE DELLA COLPA: la colpa c'è: la responsabilità è soggettiva
ma in forza di una COLPA OGGETTIVA. Modello SOGGETTIVO, ma con colpa oggettiva:
VIOLAZIONE MANIFESTA, quindi colpa GRAVE.
ORDINANZA S.U.
Si sta discutendo, tema caldo, sul tema della responsabilità del giudice: che è esclusa in caso di
ATTIVITA' interpretativa. Ma cosa si intende per attività interpretativa??? Si può ritenere
sussistente attività interpretativa quando il giudice SI DISCOSTA da un orientamento consolidato
della giurisprudenza? C'è violazione manifesta quando il giudice si discosta dal significato attribuito
dalla norma da un orientamento consolidato della giurisprudenza? E' attività interpretativa o
VIOLAZIONE MANIFESTA? Se consideriamo lo scostamento come violazione manifesta, c'è
responsabilità. Il problema si complica perchè il nostro ordinamento non è di COMMON LAW,
non c'è la regola dello STARE DECISIS. Il giudice può discostarsi; ma è anche vero che
l'ordinamento si basa sulla FUNZIONE NOMOFILATTICA: e questa impone al giudice di
adeguarsi, tant'è che in caso di scostamento bisogna rimettere la questione alle SU. Quindi c'è un
vincolo: trasgredito il quale vi sarebbe violazione manifesta. Questione anche POLITICA.
IL CONTRATTO. LA FORMAZIONE.
RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE
INTRODUZIONE.
Partiamo dalla riforma del diritto dei contratti in Francia: che ha introdotto nel code civile la
disciplina della responsabilità precontrattuale. Anche in Francia si basa sulla clausa generale della
BUONA FEDE, CORRETTEZZA: stessa clausola dell’ordinamento tedesco, dei principi unidroit,
nel codice europeo dei contratti. Si fonda su una regola generale! VIOLAZIONE DI UNA
CLAUSOLA GENERALE DI BUONA FEDE.
Quali sono le FORME di questa responsabilità precontrattuale? Analizzeremo il 1337 e il 1338.
-1337: indica un modello, l’ipotesi in cui il contratto non si conclude per interruzione ingiustificata
della trattativa. Domanda: ma il 1337, quando fa riferimento alle “trattative e responsabilità”
(rubrica) si può configurare una resp.contr. SENZA trattativa? I contratti per adesione (che si
concludono istantaneamente, senza trattativa) si può configurare resp. prec? In Francia, nuova
disciplina: si distingue fra le trattative e i contratti per adesione. Nel nostro ordinamento non c’è:
da qui il problema del configurarsi di una resp.contr. senza trattative.
-1338: ci conferma che si può configurare una r.p. senza trattativa. Esso individua un modello di r.p
che prescinde da una trattativa. Fa riferimento alla r.p. quando il contratto è invalido. Domanda: si
può configurare la r.p. da contratto VALIDO? Nel 1337 e 1338 non c’è la risposta: ce la darà la
giurisprudenza attraverso analisi sistematica. La risposta è SI.
Natura giuridica r.p: qualificazione. Essa non ha una propria disciplina. E’ individuata la forma, il
modello, ma non è individuata la disciplina. Non è un tertium genus di responsabilità: o segue la
disciplina della resp. aquiliana, o quella da inadempimento. FRANCIA: resp. aquiliana. E’ una
forma di ABUSO DEL DIRITTO: quale diritto? Il diritto di libertà negoziale. GERMANIA: è
responsabilità da inadempimento, contatto sociale qualificato. Il contratto non c’è ma c’è un
CONTATTO SOCIALE: è quello che dal 2016 la Casszione a sezioni semplici ha iniziato ad
affermare. Senza soluzioni univoche.
-Si può configurare una responsabilità precontrattuale del terzo? E’ un problema che non si pone
fin quando la r.p. è considerata aquiliana: il problema in questo caso sarebbe dogmatico, teorico,
tanto poi la disciplina che si applica è sempre quella del 2043: che il terzo risponda ex art. 2043 o
che il terzo risponda a titolo precontrattuale, il risultato è sempre lo stesso. Se la resp. p. è aquiliana,
la responsabilità del terzo segue comunque il 2043. Il problema allora si pone quando si va a
qualificare la r.p. come resp. da INADEMPIMENTO: dovrebbe seguire la disciplina della resp. da
inadempimento. La giurisprudenza tende a qualificarla come resp. aquiliana. Il terzo non può
rispondere ex 1218, vedremo perché. Resp. dell’amministratore per bilancio non veritiero: il
bilancio rappresenta una situazione economico finanziaria che non rappresenta la situazione della
società. In maniera colposa o dolosa l’amministratore redige un bilancio non veritiero: quel bilancio
è una informazione che incide sulla formazione della volontà contrattuale, diritto di
autodeterminazione negoziale. Il soggetto acquista azioni, fa credito alla società, stipula contratti
con la società, facendo affidamento su quella informazione falsa. Informazione che incide sul
processo di formazione del contratto. Stesso vale per le agenzie di rating; società di revisione;
lettere di patronage; mediatore. Si può dunque configurare resp. del terzo estraneo alla trattativa.
-Si può configurare resp. contr. P.A?Qual è l’ambito di applicazione? Adunanza Pl. 2018: individua
in maniera estesa l’ambito di resp. della PA. Non ci sono zone franche di resp. prec. Si può
configurare DOPO aggiudicazione del contratto e prima della stipula; dopo la STIPULA del
contratto; e PRIMA dell’aggiudicazione.
- E’ risarcibile il danno da perdita di chance nella resp.pre.?
-Negozi preparatori: nella fase di formazione del contratto si iscrivono anche i negozi preparatori,
oltre alle trattative. OPZIONE, PROPOSTA IRREVOCABILE, PRELIMINARE, CONTRATTO
NORMATIVO.
OBBLIGO DI BUONA FEDE: clausola generale che assume fisionomia in relazione delle
circostanze del singolo caso concreto. Ampia gamma di obbligazioni, che se violate configurano
resp. p., che NON E’ TIPICA. Si basa su clausola generale, e proprio per questo è elastica.
Qualunque comportamento precontrattuale violativo della clausola generale di buona fede è fonte di
responsabilità: 1) Nella circostanza concreta, obbligo di “non interrompere ingiustificatamente le
trattative”. La cd. trattativa “affidante”: quando arriva ad un punto tale da ingenerare un
affidamento legittimo sulla conclusione del contratto. Se la trattativa si interrompe
ingiustificatamente, tale comportamento lede l’affidamento legittimo di controparte, violando
l’obbligo di BUONA FEDE (avete visto come si declina in concreto?!). Quindi fonte di r.p.
2)“Obbligo di informazione”. Bisogna fare distinguo: a) vi sono obblighi informativi tipici: settore
bancario, finanziario, assicurativo, i contratti asimmetrici. La legge prevede QUALI informazioni
precontrattuali debbano essere rese, per colmare il gap informativo; b)a prescindere da espressa
previsione legislativa: deriva dall’obbligo di buona fede, derivante dalle circostanze del caso
concreto: ad es. non informare sarebbe violazione dell’obbligo di buona fede. Obbligo di
segretezza, riservatezza. La parte che viene messa a conoscenza di dati di controparte, ha un
obbligo di riservatezza, segretezza, la cui violazione è violazione di buona fede precontrattuale;
3)Obblighi di custodia: che sorgono ex bona fide. Una parte consegna all’altra un bene per prendere
visione. La parte che riceve in uso ha obbligo di custodia del bene.
MODELLI.
A) Pur nella sua tendenziale atipicità, possiamo individuare forme e strutture di r.p. Il primo è
appunto la non interruzione ingiustificata della trattativa. Se la parte si fosse comportata
correttamente, si sarebbe arrivati alla stipulazione del contratto. Qual è il danno risarcibile in questo
modello di r.p.? Il contratto non c’è: non si addiviene alla stipulazione e non è quindi individuabile
un interesse positivo, ma solo negativo. Cioè, cos’ INTERESSE POSITIVO nella risarcibilità del
danno? Il c.c. non contiene distinzione di questo tipo, distingue solo fra DANNO EMERGENTE e
LUCRO CESSANTE. Non distingue fra in.positivo e negativo, che invece è il dato che ci consente
di individuare il danno risarcibile in concreto. INTERESSE POSITIVO: l’utilità ritraibile
dall’ESECUZIONE del contratto. Se il contratto fosse eseguito, deriverebbe una certa utilità.
L’inadempimento cagiona un danno in termini di interesse positivo: l’inadempimento non consente
di ottenere l’utilità ritraibile dal contratto. INTERESSE NEGATIVO: l’interesse ad essere
riportato nella stessa posizione in cui il soggetto si sarebbe trovato se non ci fosse stato
l’illecito: es., r.p. da mancata stipulazione del contratto. Nel caso di mancata stipulazione, l’unico
interesse che viene in rilievo è quello NEGATIVO: l’interesse della parte ad essere riportata nella
stessa condizione in cui si sarebbe trovata se la trattativa non fosse iniziata: i soldi spesi, il tempo
perso, le eventuali OCCASIONI ALTERNATIVE MANCATE. Il danno è pari all’interesse
negativo: ciòè coincide con l’interesse del soggetto a essere riportato nelle medesime previe
condizioni.
B) Modello senza trattativa. Si può configurare una r.p. senza trattativa? Un contratto che si
conclude; ma non ci sono trattative. Siamo partiti da r.p. da MANCATA STIPULAZIONE,
interruzione di trattativa. Postula trattativa. Ma se non c’è trattativa? I contratti per adesione, a
conclusione istantanea: in realazione a questi, si può configurare una r.p.? Riforma del diritto dei
contratti in Francia: introduce distinzione netta fra i contratti che si concludono con trattativa, e
quelli per adesione, SENZA fase di trattativa. Questa distinzione nel nostro ordinamento non c’è. Il
1337 nella sua rubrica sembra, nella sua RUBRICA, limitare l’ambito di applicazione della r.p. alla
esistenza di una trattativa, come se in mancanza di trattativa non vi fosse spazio per r.p.
ATTENZIONE: la rubrica fa riferimento solo alle trattative. Ma la rubrica è rubrica: non è norma.
Andiamo a prendere la norma. “Le parti nello svolgimento delle trattative e nella formazione del
contratto”. La norma fa riferimento alle ipotesi in cui sussista una trattativa e all’ipotesi della
FORMAZIONE del contratto. Fa riferimento cioè a due casi diversi. Ipotesi in cui il contratto si
conclude PREVIA trattativa; ed ipotesi in cui il contratto si conclude ISTANTANEAMENTE.
Formazione SENZA trattativa. Quindi la norma è tale da includere anche i contratti per adesione
nell’ambito della r.p. Questa inclusione risponde a una logica: qual è la RATIO della r.p.? E’ tutela
del diritto di autodeterminarsi liberamente nelle scelte negoziali: se tutela ciò, allora questo diritto
necessita di essere tutelato non solo quando il contratto è preceduto da una trattativa, ma anche
quando il contratto NON E’ preceduto da una trattativa. Il diritto di autodeterminazione può essere
leso anche quando il contratto è a formazione istantanea, nei contratti dunque per adesione. Se la
parte ha l’obbligo INFORMATIVO precontrattuale: la conclusione del contratto è istantanea; ma il
diritto di autodeterminazione può essere leso dalla violazione dell’obbligo informativo
precontruattuale. Se la parte non riceve le informazioni che deve ricevere c’è lesione. Per esempio ,
art. 1338: la parte conosce o dovrebbe conoscere una causa di invalidità del contratto e non informa
l’altra parte, non ne da notizia. Il 1338, a prescindere dall’esistenza di una trattativa contempla
l’ipotesi in cui il contratto, anche a formazione istantanea, è fonte di r.p! Il 1338 è la norma che
chiude il cerchio, confermando che la r.p. prescinde dall’esistenza di una trattativa. R.p. da
CONTRATTO INVALIDO. Quando la norma parla di invalidità sembra fare riferimento a
un’ipotesi di PATOLOGIA del contratto: il 1338 fa espresso riferimento alla VALIDITA’: la parte
conosce o dovrebbe conoscere la causa di invalidità e non ne da notizia all’altra parte. Il campo di
applicazione sembra essere limitato all’ipotesi della INVALIDITA’. Tuttavia la giurisprudenza
interpreta in maniera ESTENSIVA il dato normativo, intendendo il riferimento come riferimento
inteso a un DIFETTO del contratto: cioè non solo quando il contratto è affetto da una
PATOLOGIA, ma anche quando il contratto presenta un DIFETTO che ne IMPEDISCE
L’ESECUZIONE e dunque l’EFFICACIA. Il contratto è INUTILE, il 1338 individua un modello di
r.p. da stipulazione inutile! La parte fa affidamento legittimo sulla EFFICACIA, UTILITA’ di
quel contratto, che non può essere conseguita! Es: contratto del falsus procurator, del
rappresentante senza potere. Tizio stipula il contratto con Caio, rappr. senza potere di Sempronio.
Caio si presenta come rappresentante. Tizio fa legittimo affidamento sulla validità del contratto: ma
il contratto è inefficace, per mancanza del potere rappresentativo. Caio avrebbe dovuto informare
Tizio della mancanza del potere rappresentativo! Il contratto c’è: in astratto un interesse positivo è
individuabile; ma in concreto il contratto ha un difetto che ne preclude l’esecuzione. L’unico danno
risarcibile è l’interesse negativo: l’interesse di Tizio ad essere riportanto nelle stesse condizioni in
cui si sarebbe trovato senza aver stipulato: soldi persi, tempo perso, le eventuali occasioni
alternative mancate.
ATTENZIONE (ciò ci tornerà utile per la r.p. della PA ex 1338). La r.p. da stipulazione inutile,
postula l’AFFIDAMENTO LEGITTIMO sulla validità ed efficacia del contratto. Se l’affidamento
non è legittimo (“aver confidato senza sua colpa”), non si può invocare la r.p. Se tizio fa
affidamento colposo sull’esistenza del potere rappresentativo, che poteva e doveva verificare perché
ad esempio risulta dai pubblici registri (come nel caso delle società) quando si confida con colpa
sull’esistenza del potere, l’affidamento non è legittimo, e quindi non si può invocare la r.p. del
falsus procurator. Vale il principio di autoresponsabilità! Altro es.: il contratto è invalido sub specie
nullitatis. Il contratto è invalido per violazione di norma imperativa: quando si confida nella
validità di un contratto che è nullo per violazione di NORMA IMPERATIVA, quell’affidamento è
illegittimo, è affidamento colposo. Quando siamo nel campo della nullità per violazione norma
imperativa, l’affidamento sulla validità non è mai legittimo. La parte ha l’onere di conoscere quella
norma imperativa!
Così l’ambito della r.p. sembra essere concluso: a)mancata stipulazione (1337); b)stipulazione
contratto inutile. Ma si può configurare r.p. quando non solo si addiviene alla stipulazione del
contratto, e si addiviene alla stipulazione di un contratto che non è né invalido né
inefficace?Contratto valido ed efficace. TERZO MODELLO DI R.P. DA CONTRATTO
VALIDO!LA STIPULAZIONE E’ UTILE! Giurisprudenza: Sì. R.p. da contratto efficace, da
stipulazione utile. Qual è il fondamento teorico e normativo?
TEORICO: si basa su una considerazione di sistema. Distinzione fra regole di responsabilità e
regole di validità. Le regole di validità sono regole di struttura: riguardano il contratto inteso come
atto. La violazione di una regola che riguarda il contratto come atto comporta l’invalidità. Alle
regole di invalidità si affiancano le regole di responsabilità: non sono regole che riguardano il
contratto come ATTO, ma riguardano regole di comportamento. Regole di responsabilità. La
violazione di una regola di comportamento precontrattuale è fonte di responsabilità, SENZA
invalidità. Attenzione: ci sono regole di comportamento precontrattuale che non sono regole di
responsabilità ma di VALIDITA’! Pensate ai contratti del consumatore: obblighi precontrattuali
della parte forte del contratto, che se violati sono causa di nullità di protezione. La norma impone
un comportamento precontrattuale al professionista, la violazione di quel comportamento
determina la NULLITA’ DI PROTEZIONE: è fonte di INVALIDITA’. E’ un’eccezione. C’è una
norma che qualifica la regola di comportamento NON come mera regola di responsabilità ma di
validità. SE NON CI FOSSE LA NORMA, quella regola di comportamento sarebbe una regola di
responsabilità. Il principio generale è che le regole di comportamento p.c. sono regole di
responsabilità; salvo che l’ordinamento stesso le qualifichi come regola di validità.
Lo stesso vale, dai contratti del consumatore al codice civile, nel caso del DOLO. Il dolo è
violazione di una regola di comportamento precontrattuale. Solo che l’ordinamento ricollega alla
violazione di quella regola di comportamento pc. una invalidità. C’ è una norma che considera la
scorrettezza come regola di invalidità. Il DOLO DETERMINANTE è regola, comportamento che
assurge a regola di VALIDITA’. Se il dolo non è determinante ma è incidente, 1440: il dolo c’è ,
c’è l’artifizio, il raggiro; ma non è quella scorrettezza che determina la conclusione del contratto,
incide, ma non la determina; lede l’autodeterminazione negoziale ma non al punto tale da
determinare conclusione; il contratto sarebbe stato concluso a condizioni diverse. Qual è la reazione
dell’ordinamento al comportamento scorretto precontrattuale? La reazione è la
RESPONSABILITA’ 1440 e risarcimento del danno. Responsabilità per violazione di una regola di
comportamento PRECONTRATTUALE. Che non è regola di validità, perché il dolo non è
determinante. E’ una responsabilità precontrattuale da CONTRATTO VALIDO, perché il dolo non
è determinante. Il 1440 è la norma su cui si forma il modello della r.p. da contratto valido.
Stipulazione utile. Qual è il danno risarcibile? Il contratto a)c’è; b) è eseguibile! Risponde ad un
interesse positivo. Qual è il danno risarcibile? L’interesse positivo c’è ma è diverso dall’interesse
positivo ritraibile dal contratto se non ci fosse stato il DOLO INCIDENTE. 1440: il contratto è
valido, benchè “senza i raggiri il contratto sarebbe stato concluso a condizioni diverse”. Se non ci
fosse stata la scorrettezza pc. il contratto avrebbe recato una utilità diversa, MAGGIORE. Es: il
contratto viene stipulato a un certo prezzo perché la parte ha subito la scorrettezza pc; se la
scorrettezza non ci fosse stata il contratto sarebbe stato stipulato a un prezzo inferiore. Quando il
1440 parla di “condizioni diverse” indica il danno risarcibile! Il danno è quella “condizione
diversa” al quale il contratto sarebbe stato stipulato: l’interesse positivo differenziale: l’utilità che il
contratto avrebbe generato se non ci fosse stata la correttezza pc: INTERESSE POSITIVO
DIFFERENZIALE: differenza fra ciò che il contratto è e ciò che il contratto sarebbe stato se non
ci fosse stata la scorrettezza precontrattuale.
La responsabilità indica quindi una valutazione del giudice sull’assetto potenziale del contratto: e
questo è il problema della r.p. da contratto valido. Il risarcimento del danno postula una
valutazione comparativo fra ATTO e POTENZA in termini aristotelici. Tra ciò che il contratto è e
ciò che il contratto sarebbe stato. Valutazione sull’assetto economico del contratto: l’assetto che ha
e che avrebbe avuto. La norma implica un sindacato sull’equilibrio del contratto , sulle scelte delle
parti. Tale potere del giudice, come vedremo, è eccezionale: le parti sono i migliori giudici dei
propri interessi. Questo è il fondamento teorico della disciplina del contratto: le parti sono i migliori
giudici dei propri interessi. La regola generale è che il giudice NON può sindacare l’equilibrio del
contratto. Ecco perché si tende ad affermare (a differenza degli altri DUE modelli di r.p.) la natura
TIPICA della r.p. da contratto valido: nei soli casi previsti dalla legge: come il 1440. C’è una norma
che configura la r.p. da contratto valido attribuendo al giudice un potere valutativo strumentale alla
determinazione del risarcimento. Si tratta di una scorrettezza “qualificata”, “tipizzata”. In questa
prospettiva non si può configurare una lettura estensiva del modello da r.p. da contratto valido:
lettura restrittiva. Deve esserci una norma tipizzante.
Secondo una lettura ESTENSIVA, invece, la r.p. da contratto valido si può configurare non solo
quando la scorrettezza è prevista dalla legge; cioè non solo quando la norma qualifica il
comportamento come scorretto (come nel caso del 1440); come nel caso degli obblighi informativi
TIPICI (c’è una norma che prevede l’obbligo informativo; la violazione di quell’obbligo è una
scorrettezza qualificata dalla legge; ovvero: quando si può configurare in una lettura restrittiva la
r.p. da contratto valido? C’è il 1440; oppure c’è una norma che prevede obblighi informativi tipici:
qualifica la scorrettezza pc. C’è una norma che non solo qualifica la correttezza, ma la prevede
come regola di validità: la norma contempla la scorrettezza contrattuale e considera quella regola
di comportamento come regola di validità. Es: dolo determinante. C’è la violazione di regola di
comportamento pc. che però è fonte di invalidità; ma la parte può domandare l’annullabilità e può
invece non farla valere: la parte può non far valere l’invalidità qualificata e chiedere la
responsabilità precontrattuale. Il contratto è annullabile; la parte non fa valere l’annullamento, non
fa operare la regola di comportamento come regola di validità, la fa operare come regola di
responsabilità. Il contratto in astratto è invalido, ma viene sanato attraverso una mancata azione di
annullamento. Ma la parte non rinucnia a far valere la violazione della regola di comportamento
precontrattuale: la parte rinuncia a far valere la regola di comportamento come regola di validità,
ma non rinuncia a farla valere come regola di responsabilità.Così come la nullità di protezione:
l’obbligo informativo tipico è previsto come regola di validità; la scorrettezza prec. è violazione ad
una regola di validità. Il contratto è affetto da nullità di protezione per la scorrettezza; ma la nullità
di prot. come l’annullabilità è disponibile: il consumatore può non farla valere e può anche opporsi
al rilievo di ufficio; ma la può far valere come regola di RESPONSABILITA’.
Dunque: la resp. prec. da contratto valido, secondo una lettura restrittiva, proprio perché implica un
potere del giudice di sindacare il contratto secondo lo schema del 1440, deve obbedire a una logica
di tipicità. Quando si può configurare la resp. pre. che implica il potere del giudice di sindacare il
contenuto del contratto? Quando la scorrettezza pc. è prevista dalla legge: obblighi informativi
tipici; comportamento penalmente rilevante; oppure quando, la scorrettezza pc. è prevista come
REGOLA DI VALIDITA’: è tipizzata, ma come regola di validità; ma la parte non fa valere quella
regola di comportamento come regola di validità: non chiede l’annullamento; non chiede la nullità
di protezione; la fa valere solo come regola di responsabilità: sull’assunto per cui la regola di
validità è anche regola di responsabilità. La scorrettezza prec. deve essere: 1)prevista come regola
di resp; 2) o di validità, laddove non venga fatta valere come regola di validità ma solo di resp. Sul
presupposto che una regola di comportamento che è regola di validità è IMPLICITAMENTE
ANCHER REGOLA DI RESPONSABILITA’.
LETTURA ESTENSIVA. Buona fede = regola generale; quindi la r.p. da contratto valido si può
avere per qualunque comportamento contrario a buona fede. Anche non qualificato, non previsto
dalla legge: 1)OBBLIGO INFORMATIVO ATIPICO: obbligo che discende dalle circostanze del
caso concreto. La fattispecie richiede l’obbligo di informare: sorgerebbe r.p. da contratto valido. Lo
stesso vale; 2)VIZI INCOMPLETI DELLA VOLONTA’: il quasi dolo, quasi errore, quasi violenza.
C’è una scorrettezza precontrattuale, ma che non assurge al livello del dolo, dell’errore causa di
annullabilità del contratto, non è una forma di violenza. C’è un vizio incompleto della volontà: c’è
la lesione del diritto di autodeterminarsi autonomamente nelle proprie scelte negoziali con un
comportamento scorretto che non è il comportamento scorretto che costituisce causa di annullabilità
del contratto: non c’è dolo, errore, violenza invalidante. Ma c’è comunque scorrettezza contrattuale
violativa della libertà contrattuale. Il vizio incompleto della volontà in una lettura estensiva può fa
sorgere volontà pc.
Le pronunce delle sezioni semplici che oggi affermano la natura contrattuale sono pronunce che
APRONO un contrasto in giurisprudenza. Che non risolvono. Il contrasto che deve fare i conti,
dopo la Legge GELLI con il tramonto della teoria del contatto sociale nella responsabilità del
medico. La legge qualifica la resp. del medico quando manca il contratto come responsabilità
aquiliana. Si mette in discussione la teoria del contatto sociale qualificato. La problematica relativa
alla natura è dunque una problematica aperta, tutt’altro che risolta. E infatti, la formazione del
contratto può essere considerata un contatto sociale qualificato se il contatto sociale ha residenza
nel nostro ordinamento. Se il contatto sociale qualificato, come pure si va affermando nella
migliore dottrina, non ha più ragion di esistere (se il contatto sociale non si applica in campo
medico, dove mai si può applicare?); se la legge Gelli segna il tramonto del contatto sociale
qualificato, la legge Gelli segna il tramonto di quell’orientamento della giurisprudenza che qualifica
la r.p. come responsabilità da contatto sociale qualificato.
Si può affermare che la r.p. è una responsabilità da inadempimento a prescindere dalla teoria del
contatto sociale qualificato? Si può arrivare ad affermare che la r.p. risponde alla disciplina del
1218, a prescindere dalla qualificazione della formazione del contratto come fattispecie di contatto
sociale qualificato? La r.p. si basa su una clausola generale: obbligo di buona fede. Che è fonte di
quegli stessi obblighi che possono derivare dal contatto sociale qualificato. Solo dal contatto sociale
qualificato deriva l’obbligo informativo? Non c’è bisogno di ricorrere alla teoria del contatto sociale
per far sorgere un obbligo informativo precontrattuale. L’obbligo informativo precontrattuale sorge
già in virtù dell’obbligo di buona fede. Il comportamento non informativo è inadempimento di un
obbligo preesistente che deriva dalla legge. La resp. da inadempimento non presuppone
necessariamente un contatto sociale qualificato: postula una obbligazione preesistente, che può
derivare dalla legge o dal contatto sociale. Nella r.p. non c’è neanche bisogno di scomodare il
contatto sociale per invocare il 1218, perché nella r.p. gli obblighi tra soggetti determinati a
prestazione specifica suscettibili di valutazione economica, e quindi di obbligazione, derivano dalla
legge, dalla clausola generale di buona fede. La r.p. è deriva da inadempimento di un obbligo di
buona fede previsto dalla legge. Non è resp. contrattuale perché non c’è inadempimento di un
obbligo contrattuale; ma è resp. da inadempimento di un’obbligazione preesistente di fonte legale.
Quindi la r.p. non può essere resp. contrattuale perché il contratto non c’è; ma ci sono obbligazioni
precontrattuali, fra soggetti determinati, a contenuto specifico suscettibile di valutazione economica,
quindi obbligazioni in senso tecnico. La r.p. è un comportamento che si sostanzia
nell’inadempimento di un’obbligazione preesistente. Quindi anche a prescindere dalla teoria del
contatto sociale qualificato, potremmo affermare che la r.p. segue il modello del 1218.
Resp. dell’AMMINISTRATORE: redige un bilancio che contiene informazioni non veritiere sullo
stato patrimoniale della società. E’ una informazione che incide sulla libertà negoziale,
sull’autodeterminazione delle scelte negoziali. La parte acquista azioni, obbligazioni, stipula
contratti, facendo affidamento su quella situazione rappresentata nel bilancio. Non c’è relazione
individualizzata, personalizzata fra amministratore e terzo. Non c’è neanche contatto sociale
qualificato: 2043. SOCIETA’ DI REVISIONE: certificano un bilancio che rappresenta una
situazione non veritiera. E’ una informazione che incide sul diritto di autodeterminazione negoziale.
Il soggetto fa affidamento su quella affermazione e stipula contratti con la società, un contratto che
altrimenti non avrebbe stipulato, o a condizioni diverse. Oppure resp. da PROSPETTO
INFORMATIVO: rappresentazione informativa contenuta nel documento e che non sia veritiera.
Siamo al di fuori di una trattativa, di procedimento di formazione del contratto. Si risponde ex 2043.
Così come si risponde ex art. 2043 nei casi di lettere di patronage deboli: il soggetto, affidabile e
attendibile, che merita considerazione, fornisce informazioni su un altro soggetto. Es: bisogna
ottenere un mutuo; Tizio, soggetto affidabile, rende informazioni su Caio che confortano la banca in
ordine all’erogazione di un mutuo a Caio. Le affermazioni rassicuranti (colposamente o
dolosamente) di Tizio incidono sull’autodeterminazione negoziale della Banca, sul processo di
formazione del contratto di mutuo. Tizio non è parte nella trattativa, risponde ex at. 2043.
Diversa è la posizione del MEDIATORE TIPICO, cioè quello NON legato da rapporti contrattuali
con le parti. Svolge attività giuridica in senso stretto. Ma rende informazioni dolosamente o
colposamente non veritiere, che incidono sulla libertà di autodeterminazione negoziale di una delle
parti della trattativa. Il mediatore è terzo rispetto al contratto. Non è parte in senso tecnico della
trattativa; ma qui la giurisprudenza individua una resp. da CONTATTO SOCIALE. Cioè: il
mediatore entra in contatto con le parti della trattativa. Per il ruolo che svolge il mediatore ha degli
obblighi di protezione, informazione nei confronti delle parti. E’ gravato da quegli stessi obblighi
che discendono dal contatto sociale qualificato.ATTENZIONE: non è una resp. da inadempimento
in quanto r.p.; è una r. da inadempimento perché su di lui gravano gli stessi obblighi derivanti dal
CONTATTO SOCIALE QUALIFICATO! Non è r.p.!
Il terzo estraneo alla trattativa, quindi non risponde mai per r.p., ma ex art. 2043; salvo che non
sussista una forma di contatto sociale qualificato che è fonte di obblighi di informazione,
protezione.
Le regole di evidenza pubblica violate dalla PA sono norme imperative, poste nell’interesse
generale. Quindi, se l’aggiudicazione è illegittima per violazione delle norme di gara, e se queste
ultime le consideriamo norma imperativa, non ci può mai essere affidamento legittimo del privato.
Il privato non vanterebbe mai un affidamento legittimo in caso di aggiudicazione illegittima e
conseguente inefficacia del contratto. Quindi non ci sarebbe mai r.p. ex art. 1338. Ma le norme di
gara non possono essere considerate norme imperative. In generale le norme di dir. amm. non
sono imperative per il sol fatto che sono poste a tutela di un interesse pubblico; altrimenti tutte le
norme di dir. amm. sarebbero imperative, in quanto poste a tutela di interessi generali. Se fossero
tutte norme imperative, la violazione di legge sarebbe sempre causa di nullità del provvedimento: e
invece la disciplina dell’invalidità ci consegna il dato contrario: la violazione di legge è causa di
annullabilità del provvedimento. Perché la violazione di legge è causa di annullabilità del
provvedimento e non c’è la NULLITA’ per violazione di norma imperativa? Perché nel diritto
amministrativo non è importabile la categoria del diritto civile: le norme IMPERATIVE sono una
categoria del diritto civile. Nel diritto amministrativo non si discute di norme imperative: si può
discutere di norme di azione o relazione. Altrimenti sarebbero tutte imperative! Allora non si può
escludere aprioristicamente la r. ex art.1338 dicendo che l’affidamento del privato
nell’aggiudicazione illegittima e nel contratto inefficace è SEMPRE illegittimo perché si basa sulla
violazione di una norma imperativa. Bisogna guardare caso per caso. Se l’affidamento del privato
non è legittimo, perché concorre con il suo comportamento doloso o colposo a determinare
l’illegittimità dell’aggiudicazione, in quel caso il privato non può far valere la r.p. della PA. Si può
allora configurare, se l’affidamento del privato è legittimo, una r.p. della PA ai sensi del 1338 del
c.c.
Il danno risarcibile è dunque l’interesse negativo; ma si può configurare nella r.p. un danno da
PERDITA DI CHANCE dell’aggiudicazione? La PA interrompe la gara, ritira il bando, frustrando
la chance dell’aggiudicazione. La r.p. lede il diritto soggettivo di autodeterminazione negoziale. La
perdita di chance è perdita della chance di aggiudicazione del contratto. L’aggiudicazione del
contratto è oggetto non del diritto soggettivo di autodeterminazione negoziale; è collegata
all’interesse legittimo del privato che partecipa alla gara! Il bene della vita “aggiudicazione” e la
“chance” di aggiudicazione è collegato all’interesse legittimo pretensivo. L’aggiudicazione dipende
dall’esercizio del potere amministrativo, disciplinato da regole pubblicistiche attraverso l’adozione
di provvedimenti amministrativi. Siamo sul piano pubblicistico. E’ collegata all’esercizio del potere
amministrativo, attraverso provvedimenti che incidono, in modo non paritetico, sull’interesse
pretensivo del privato. Se la r.p. si fonda su un comportamento violativo di una regola privatistica
che lede una posizione di diritto soggettivo, se la chance di aggiudicazione riguarda il profilo
pubblicistico della gara, è evidente che la perdita della chance di aggiudicazione non è risarcibile.
Quando viene in gioco il problema del danno da perdita di chance? Non nella r.p.; non nel
comportamento che lede il diritto soggettivo all’autodeterminazione negoziale. La perdita di chance
entra in gioco quando è leso l’interesse legittimo pretensivo correlato all’aggiudicazione. Quando
entra in gioco? Quando la r. della PA non è una responsabilità prec., o meglio; è una r.p. solo in
senso cronologico: che PRECEDE la stipulazione del contratto; ma non è una r.p. in senso
ONTOLOGICO ai sensi del 1337 e 1338 c.c. Si può configurare un danno da perdita di chance
quando la PA incorre in responsabilità prima della stipulazione del contratto; ma non responsabilità
prec. per violazione di una regola privatistica attraverso un comportamento scorretto che lede il
diritto soggettivo; ma quando la PA esercita illegittimamente il potere amministrativo: la PA la gara
NON LA BANDISCE PROPRIO: affida il contratto senza gara, violando le regole dell’evidenza
pubblica. C’è la violazione di una norma pubblicistica: cattivo esercizio del potere amministrativo.
Norma che impone di espletare procedura di evidenza pubblica. Qui entra in gioco una
responsabilità AQUILIANA, 2043! La PA non bandendo la gara frustra la possibilità alle imprese
che avrebbero potuto partecipare alla gara di aggiudicarsi la gara. Se la PA avesse bandito la gara,
le imprese avrebbero potuto partecipare, ed avrebbero potuto far valere un interesse legittimo
pretensivo di aggiudicarsi la gara. Qui c’è una perdita di chance.
E’ risarcibile questo danno da perdita di chance?
ESEMPIO I. La PA non bandisce una gara alla quale avrebbero avuto i requisiti per partecipare
quattro imprese. La chance di aggiudicarsi la gara è pari a ¼. Al 25% . Se la chance è un bene della
vita autonomo (teoria della chance ONTOLOGICA, Ad. Plen. 2018, bene della vita autonomo
rispetto al bene della vita finale, l’aggiudicazione), vuol dire che è una posta attiva del patrimonio.
Perdere la possibilità vuol dire perdere una posta attiva del patrimonio: danno EMERGENTE.
Danno autonomo rispetto alla perdita del risultato finale. Quindi non andiamo a guardare alla
perdita del bene finale secondo la teoria della CAUSALITA’ GIURIDICA: per risarcire il danno da
perdita di chance in chiave ontologica non serve la probabilità, almeno pari al 50% di conseguire il
risultato finale. La chance è un bene della vita autonomo. E’ sufficiente che la chance sia SERIA,
che abbia una CONSISTENZA: se le imprese in gara sono 4, ogni impresa avrebbe avuto il 25% di
possibilità di aggiudicarsi la gara. Il 25% è una probabilità seria, perché non guardiamo al 50
secondo la causalità giuridica.
ESEMPIO II. La PA stipula un contratto di lavoro senza un concorso pubblico, frustrando la chance
a tutti gli altri. Se la PA avesse bandito il concorso avrebbero partecipato 12.000 persona. La chance
è 1:12000. Cioè è una chance INFINITESIMALE. La chance ontologica non è risarcibile quando è
infinitesimale! Non è seria né consistente. La percentuale della chance incide sull’AN del
risarcimento; ma se la chance non è seria NON c’è risarcimento. E incide sul QUANTUM: il
quantum risarcibile dipende dalle possibilità. Ad es. 25% di possibilità: la chance è consistente,
quindi in chiave ontologica si risarcisce. Il danno sarà uguale al 25% dell’utilità dell’interesse
positivo ritraibile da quel contratto. Se il contratto fosse stato stipulato l’impresa avrebbe
conseguito un’utilità, un interesse positivo: il danno da perdita di chance è uguale alla possibilità di
ottenere quell’utilità. Se l’utilità ritraibile dal contratto è 100, quando la chance è 25%, il danno sarà
uguale al 25% di 100. Se invece le imprese sono 10, 10% di chance è ancora una chance seria,
consistente.
Teoria eziologica: la chance non è un bene della vita autonomo. La possibilità di un risultato non è
un bene della vita autonomo. Il bene della vita è il risultato. Il danno è la perdita del risultato, non la
perdita della possibilità di conseguirlo. Il danno è il LUCRO CESSANTE: la mancata utilità che
sarebbe derivata dal risultato finale, cioè dall’aggiudicazione! In questa chiave eziologica, per
risarcire la perdita di chance occorre la PROVA della CAUSALITA’ GIURIDICA, della probabilità
non inferiore al 50%! Se c’è prova del conseguimento del risultato finale, cioè dell’aggiudicazione,
almeno pari al 50% secondo la logica della causalità giuridica, allora è risarcibile la perdita di
chance. Se le imprese sono 4, la probabilità è del 25%: il danno da perdita di chance eziologica non
è risarcibile.
NEGOZI PREPARATORI
Nella fase di formazione del contratto si iscrivono i negozi preparatori. Opzione, proposta
irrevocabile, prelazione, contratto preliminare, contratto normativo. Tutte figure preparatorie che
presentano alcune caratteristiche, comuni e distintive. Le analizziamo a due a due.
Ci sarebbe una differenza –tutta da verificare- tra proposta e opzione sotto il profilo della
responsabilità. La violazione della proposta irrevocabile darebbe la stura alla resp. prec. mentre la
violazione dell’opzione darebbe la stura alla r. contrattuale. Attenzione, perché è vero che la
proposta irr. non è un contratto; ma è un negozio da cui discendono dei vincoli. La proposta
irrevocabile non esclude il configurarsi di una responsabilità da inadempimento in caso di
violazione. Non è resp. contrattuale ma non è neanche aquiliana.
C’è una caratteristica che accomuna opzione e proposta irrevocabile: l’inopponibilità ai terzi.
Opzione e proposta irrevocabile, anche quando hanno ad oggetto un diritto reale, non sono
opponibili ai terzi perché non sono suscettibili di trascrizione. Non si può trascrivere l’opzione né
la proposta irrevocabile. Sull’opzione c’è chi interpreta in maniera estensiva la norma sulla
trascrizione del preliminare: se si può trascrivere il contratto preliminare, a maggior ragione si può
trascrivere l’opzione, perché essa produce un vincolo che è ancora più stringente rispetto al vincolo
che deriva dal contratto preliminare. Dal contratto preliminare deriva il diritto di credito a
concludere il contratto e l’obbligo a concluderlo; dall’opzione deriva il diritto soggettivo a
concludere il contratto e stato di soggezione a concluderlo. Vincolo ancora più pregnante; se
dunque è trascrivibile il preliminare, a maggior ragione dovrebbe poter trascriversi l’opzione.
Questa tesi è assolutamente minoritaria. La tesi prevalente eclude la trascrizione: per il principio di
TIPICITA’ degli atti soggetti a trascrizione. Gli atti trascrivibili sono solo quelli previsti dalla
legge; anche a voler accedere alla tesi della TIPICITA’ PER L’EFFETTO (cosa vuol dire: la legge
prevede gli atti soggetti a trascrizione. Regola di tipicità per l’effetto vuol dire che sono
trascrivibili non solo tutti gli atti previsti come trascrivibili, ma anche quegli atti che producono
gli stessi effetti degli atti elencati come trascrivibili. Se un atto non è espressamente previsto come
trascrivibile ma produce gli stessi effetti di un atto che invece è previsto come trascrivibile,
quell’atto anche se non menzionato può essere trascritto), l’opzione non è comunque trascrivibile
neppure sulla base di questo principio perché gli effetti che l’opzione produce sono diversi da
quelli prodotti dal preliminare. Il contratto preliminare fa sorgere l’obbligo di stipulare il contratto;
l’opzione produce uno stato di SOGGEZIONE alla stipulazione del contratto in forza dell’esercizio
di un diritto potestativo.
Contratto normativo.
Non sorge l’obbligo di contrarre. E’ un contratto che definisce il regolamento negoziale, come il
preliminare. Ma a differenza del preliminare (che fa sorgere l’obbligo di contrarre), il contratto
normativo non fa sorgere l’obbligo di realizzare quel programma. Le parti rispetto al contratto
normativo sono libere di stipulare o non stipulare il contratto finale. Pensate all’ACCORDO
QUADRO.Al CONTRATTO QUADRO: stabilisce le condizioni dei futuri contratti. Ma non
obbliga a stipularli. Le parti sono libere di stipulare o meno a quelle condizioni i successivi
contratti. Il contratto normativo non consuma la libertà di contrarre: vincola il QUOMODO. Se le
parti vorranno stipulare, dovranno farlo alle condizioni del contratto normativo. In questo senso è
un contratto debole: non obbligando a stipulare, ma solo a stipulare in un certo modo, è un contratto
dagli effetti deboli. Quando c’è inadempimento del contratto normativo? Non quando non si stipula:
il non stipulare non è inadempimento, perché non c’è obbligo di stipula. Quando allora c’è
inadempimento del contratto normativo? Quando non si vuole stipulare alle condizioni fissate nel
contratto normativo. Non è il rifiuto di stipulare; ma di stipulare a quelle condizioni. E’ ovvio che il
rifiuto di stipulare può mascherare un rifiuto di stipulare a quelle condizioni! Ma per aversi
inadempimento bisogna rifiutare di stipulare a quelle condizioni. Ci può essere ABUSO DEL
DIRITTO nel caso del contratto normativo: la parte ha il diritto di non stipulare; ma non ha il diritto
di non stipulare perché non vuole stipulare alle condizioni del contratto normativo. Se la parte
esercita il diritto di non stipulare perché NON VUOLE STIPULARE ALLE CONDIZIONI
FISSATE DAL NORMATIVO, sta abusando del proprio diritto violando il contratto normativo.
IL CONTRATTO INCOMPLETO,
IMMERITEVOLE DI TUTELA, SQUILIBRATO
LEZIONE CENTRALE
DEL CONTRATTO
INTEGRAZIONE SUPPLETIVA
Domanda. Al di fuori dei casi previsti dalla legge è configurabile un potere di determinazione
UNILATERALE del contenuto del contratto? Contratto INVOLONTARIAMENTE incompleto.
Integrazione suppletiva: da distinguere dall’integrazione COGENTE! JOLLY: ruolo delle norme
imperative nel sistema. Possono assolvere una doppia funzione: 1)PROIBITIVA;
2)CONFORMATIVA. Fonti dell’integrazione suppletiva: a)fonti legali; b)integrazioni giudiziali:
EQUITA’. Cosa vuol dire oggi EQUITA’? Può l’equità, oltre che integrare, CORREGGERE il
contratto? E’ un concetto elastico che integra il contenuto di un contratto incompleto: ma se pur
essendo incompleto è iniquo, l’equità, oltre che integrare, può CORREGGERE il contenuto di un
contratto COMPLETO??Ma iniquo? L’equità consente al giudice di sindacare lo squilibrio del
contratto e correggerlo? Quali sono, se ci sono, gli strumenti che consentono al giudice di sindacare
lo squilibrio del contratto?
-Può essere l’equità CORRETTIVA di un contratto completo essere considerata lo strumento che
consente al giudice di sindacare lo squilibrio di un contratto e correggerlo?
-Può essere il giudizio di meritevolezza sul contratto lo strumento che consente al giudice di
sindacare lo squilibrio del contratto? Secondo una logica per cui contratto meritevole è uguale a
contratto EQUILIBRATO? E immeritevole, SQUILIBRATO?
Le SU ci dicono che il giudizio di meritevolezza non riguarda la causa: affermazione molto forte!
Vedremo che la CAUSA è strumento del contratto; ma la meritevolezza non è requisito del
contratto, ma il GIUDIZIO sul contratto, lo dice la relazione: “è il giudizio sul RISULTATO del
contratto”. Analisi della causa come elemento di struttura; analisi della meritevolezza come analisi
di un giudizio sul contratto!
-Che rapporto c’è tra illiceità e immeritevolezza??? Può l’immeritevolezza costituire lo strumento
che consente al giudice di sindacare lo squilibrio del contratto?
EQUITA’ CORRETTIVA
Vedremo che finirà per coincidere con il concetto di buona fede. Può l’equità consentire al giudice
di sindacare l’equilibrio del contratto ed eventualmente correggerlo, RIPRISTINANDO la giustizia
del contratto? Dove per giustizia si intende EQUILIBRIO DELLO SCAMBIO???? Può la BUONA
FEDE consentire al giudice (e abbiamo pronunce giurisprudenziali) di SINDACARE lo squilibrio
del contratto?
CODICE CIVILE
Ha un assetto definito. Concepisce il potere del giudice di sindacare l’equilibrio del contratto come
un POTERE ECCEZIONALE; mentre concepisce il potere del giudice di MODIFICARE il
contratto per ripristinare l’equilibrio come un potere ANCOR PIU’ ECCEZIONALE. Pensiamo alla
clausola penale: MANIFESTAMENTE ECCESSIVA: il giudice può sindacare lo squilibrio, può
valutare se la penale (che assolve una funzione SANZIONATORIA della condotta di
inadempimento; RIPARATORIA del danno derivante dall’inadempimento) è
SPROPORZIONATA, e può modificarla, può ridurre la penale; può modificare il contenuto del
contratto. Ma c’è una norma! Che attribuisce un potere ECCEZIONALE al giudice. Come sono
eccezionali che consentono al giudice di sindacare lo squilibrio del contratto quando esso è stato
concluso in stato di bisogno e stato di pericolo. Stato di bisogno e di pericolo, e vedremo a livello di
analisi del diritto, consentono al giudice di sindacare lo squilibrio del contratto; se non c’è il
bisogno e pericolo , il contratto NON E’ sindacabile. DEROGANO al PRINCIPIO di interferenza:
il codice non interferisce con l’autonomia privata: principio di non interferenza dell’ordinamento
che comporta il principio di INSINDACABILITA’.
SECONDO CONTRATTO
Le maglie si allargano: il giudice può sindacare lo squilibrio del contratto del consumatore e
professionista: contratti B to C, business to consumer. Contratti ASIMMETRICI: il giudice può
sindacare lo squilibrio, clausole vessatorie.
TERZO CONTRATTO
Contratti tra imprese: le maglie si allargano ancora di più. Contratto di subfornitura; transazioni
commerciali e ritardi nei pagamenti.
GIURISPRUDENZA
Le maglie si allargano con la giurisprudenza: in alcuni arresti, ai massimi livelli, Corte
Costituzionale, SU, riconosce al giudice al di fuori dei presupposti previsti dalla legge (PRIMO
contratto; del SECONDO; del TERZO) un potere di sindacare lo squilibrio del contratto: si
rovescia l’assetto codicistico. Da un principio di insindacabilità salvo eccezioni, a un principio di
sindacabilità: sulla base di principi generali: PRINCIPIO DI SOLIDARIETA’, CLAUSOLA DI
BUONA FEDE, la quale equivale, lo vedremo, all’equità. NON il giudizio di meritevolezza. Si
allargano le maglie del sindacato del giudice; potere di SINDACARE; MA NON SI RICONOSCE
AL GIUDICE UN POTERE DI MODIFICARE IL CONTENUTO: il potere del giudice è legale,
non giudiziale. Il rimdio allo squilibrio è la NULLITA’, nella forma della nullità parziale, che
consente di eliminare la clausola squilibrante, ma di CONSERVARE il contratto depurato dello
squilibrio. La nullità parziale consente di riportare il contratto ad equilibrio.
PRELIMNARE DI PRELIMINARE
E' valido: 1) se il primo preliminare ha un contenuto più ampio del secondo preliminare, cioè
contiene clausole che prevodono il recesso, che escludono l'esecuzione in forma specifica
dell'obbligo di contrarre. Cioè il vincolo del primo preliminare è un vincolo MENO STRINGENTE
rispetto al secondo preliminare; progressione nella cogenza del vincolo che giustifica il secondo
preliminare; 2) il primo preliminare ha un contenuto minore del secondo: non e' completo. Le parti
non hanno raggiunto l'accordo sull'intero assetto di interessi. Il primo preliminare è un contratto
APERTO. E per definizione il contratto preliminare è un contratto CHIUSO: definisce l'assetto
delle parti , non li attua ma li PROGRAMMA. Alloa questo non è un preliminare; ma un contratto
ATIPICO con funzione preparatoria del contratto preliminare. Il primo preliminare è
VOLONTARIAMENTE incompleto.
CONSENSO.
Sulla base di un accordo successivo le parti completano il regolamento contrattuale.
ARBITRAGGIO DI PARTE
Ci sono norme che in relazione a tipi contrattuali prevedono la determinazione unilaterale come
strumenti che colmano la lacuna del contratto. Disciplina della somministrazione: 1560 co.2.
Quando non è determinata l'entità della somministrazione: hanno stabilito soltanto il limite massimo
e minimo; solo la forbice; ma non l'entità della somministrazione. Spetta all'avente diritto della
somministrazione di determinare unilateralmente il contenuto del contratto. Dove c'è una norma di
legge, il problema non si pone. In assenza di norma di legge, si può riconoscere alla parte il potere
di determinazione del contenuto del contratto? Cioè, il potere di determinare unilateralmente il
contenuto del contratto è un potere eccezionale, che si configura nei soli casi stabiliti dalla legge, o
è generale, che può essere conferito dal contratto pur in assenza di una NORMA autorizzatoria?
RAGIONIAMO:
1a TESI:
-a) determinazione unilaterale come strumento tipico, tassativo. Ricorre nei soli casi previsti da una
norma di legge.Ricordatevi, il problema non è la soluzione, ma il PERCHE' di quella soluzione.
Perchè eccezionalità, tassatività delle ipotesi di determinazione unilaterale del contratto? Principio
dell'ACCORDO: la determinazione unilaterale è una deroga all'ACCORDO! Quindi sconta il limite
dell'eccezionalità: i casi di determinazione unilaterale sono solo quelli previsti dalla legge;
-b)tant'è che la legge prevede una norma generale sull'arbitraggio del terzo; ma non prevede una
norma generale sull'arbitraggio di parte, che prevede solo in relazione a SINGOLI contratti;
-c)perchè non c'è una norma generale che contempla l'arbitraggio di parte? L'arbitraggio del terzo
offre una garanzia di tutela degli interessi di ENTRAMBE le parti: il terzo è terzo, è in posizione di
neutralità rispetto agli interessi in conflitto delle parti. Questa posizione di terzietà NON ricorre nel
caso di arbitraggio di parte. C'è dunque un rischio: attribuire un potere eccessivo ad una delle parti
del contratto, potere che può determinare uno squilibrio contrattuale;
-d)se si riconoscesse tale potere al di fuori di norma di legge: nella somministrazione c'è un limite,
una forbice; se si riconoscesse un potere generale, il rischio è attribuire un potere senza limiti!
2a TESI:
-Vero che non c'è norma generale che lo prevedono; ma non c'è una norma che lo vieta. Ci sono
norme che lo contemplano ma non perchè siano eccezionali; ma come specificazione di un
POTERE GENERALE. Le singole norme sono manifestazione di un potere generale di cui il
legislatore avverte l'esigenza di disciplinare alcune fattispecie, dove avverte che il rischio
dell'esercizio indiscriminato di quel potere è maggiore. Il potere di determinazione unilaterale,
allora, non abbisogna di una norma autorizzatoria; è un potere che costituisce esercizio
dall'autonomia negoziale; non ha bisogno di una norma di legge. Il fondamento della
determinazione unilaterale è l'autonomia privata.
-E non è vero che è un potere illimitato: il diritto di determinazione unilaterale incontra un limite
nei principi generali dell'ordinamento: il divieto di ABUSO. La parte deve esercitare quel diritto
secondo BUONA FEDE.
LACUNA INVOLONTARIA
Non avendo voluto la lacuna, non hanno neanche previsto lo strumento per colmarla, il quale non
può che avere una fonte esterna. Fonte eteronoma. Si tratta di una INTEGRAZIONE
SUPPLETIVA. In cosa l'integrazione suppletiva si differenzia dall'integrazione COGENTE?
Stiamo dicendo dunque che c'è una integrazione eteronoma. Ma quando l'integrazione eteronoma da
luogo ad una integrazione suppletiva? E quando ad una integrazione cogente?
-INTEGRAZIONE COGENTE: il contratto è completo; non c'è una lacuna da colmare; ma il
contenuto del contratto, pur essendo completo è DISAPPROVATO dall'ordinamento. Il contratto
contiene delle clausole che si pongono in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento
giuridico. Quindi quelle clausole devono essere espulse dal contratto. L'interpretazione cogente è in
rapporto di ANTIPATIA rispetto all'autonomia privata. Intervento dell'ordinamento CONTRO
l'autonomia privata. Le norme imperative possono assolvere una funzione: a) PROIBITIVA: la
norma VIETA il contratto, determina la CADUCAZIONE: non si configura una fattispecie di
integrazione; b)CONFORMATIVA: la norma dà luogo a integrazione: si realizza l'integrazione
COGENTE che si può realizzare in due modi:
-DIRETTAMENTE: integrazioen cogente diretta. Si verifica attraverso il meccanismo di
sostituzione automatica della clausola, 1339 c.c. Norma imperativa con funzione conformativa.
-INDIRETTA: quando la calusola deroga ad una norma di legge; ma la clausola è in contrasto con
una norma imperativa. La clausola CADE e si riespande la disciplina legislativa. La clausola
deroga al regime legale; ma introduce un regime convenzionale in contrasto con la norma
imperativa. Quindi cade la clausola derogatoria, e si riespande il regime legale. Non c'è un
meccanismo di sostituzione automatica della calusola con la norma. La clausola cade per contrasto
con la norma imperativa. Cadendo il regime convenzionale si riespande il regime legale. Questa è
integrazione cogente, non è suppletiva. Il presupposto dell'integrazione cogente è la
COMPLETEZZA del contratto; il presupposto dell'integrazione SUPPLETIVA è l'incompletezza
del contratto.
INTEGRAZIONE SUPPLETIVA
Mentre quella cogente opera CONTRO l'autonomia privata; quella suppletiva è in rapporto di
SIMPATIA con l'autonomia privata: il contratto è INVOLONTARIAMENTE incompleto, Il
contratto DEVE essere integrato. L'integrazione suppletiva consente al contratto di produrre tutti i
suoi effetti, consente alle parti di realizzare il risultato programmato, simpatia. Quali sono le fonti
ETERONOME di integrazione suppletiva?
-FONTE LEGALE: norma, uso (normativo, non negoziale: diuturnitas e opinio iuris ac
necessitatis);
-FONTE GIUDIZIALE: integrazione giudiziale, il ruolo del giudice nell'integrazione del contratto.
Avviene ex art. 1374 attraverso un criterio di legge a contenuto non determinato: EQUITA'.
Concetto elastico, clausola generale.
EQUITA'
Concetto che troviamo anche nel diritto processuale: giudizio equitativo. In cosa si sostanzia il
giudizio equitativo? E' il giudizio del caso concreto: per equità nella processualistica si intende la
giustizia del caso concreto. Traslando il concetto di equità come giustizia sul piano del diritto
sostanziale, in ambito contrattuale, equità significa GIUSTIZIA CONTRATTUALE. L'integrazione
del contratto secondo equità vuol dire che in base all'equità il giudice integra il contratto
introducendo regole COERENTI con gli equilibri di quel regolamento. Logica della giustizia,
dell'equilibrio del contratto. DOMANDA: può l'equità come giustizia oltre che integrare un
contratto incompleto consentire di CORREGGERE un contratto completo ma squilibrato, e quindi
ingiusto, iniquo? Il giudice può sindacare un contratto COMPLETO ma ingiusto? Può l'equità, può
la buona fede, può il controllo di meritevolezza consentire al giudice di sindacare un contratto che è
completo ma non è equilibrato?
MERITEVOLEZZA
Può consentire al giudice di ripristinare l'equilibrio del contratto? Le SU unite oggi ci dicono: "il
giudizio di meritevolezza non riguarda la causa". Cioè: qual è la prospettiva delle SU? La causa è
elemento di struttura del contratto; la meritevolezza è GIUDIZIO sul contratto. Distinguiamo questi
due profili.
1)si dice che la procura, in certi casi, può essere considerato un negozio astratto: quando? Essa
conferisce solo il potere rappresentativo, di agire in nome di un soggetto; ma non conferisce potere
GESTORIO, il quale si basa su un DIVERSO negozio, ad esempio il mandato. La procura
attribuisce un potere rappresentativo che è strumentale rispetto alla gestione di un affare. Il negozio
di procura è collegato ad un negozio gestorio. La procura, pur essendo collegata ad un negozio
gestorio, potrebbe non fare riferimento al negozio gestorio. E qui si dice, la procura attribuisce un
potere rappresentativo attraverso un negozio astratto. No menzione del rapproto sottostante: la
gestione è la causa della procura; la procura è strumentale rispetto al negozio gestorio, ma la
procura non fa riferimento al negozio gestorio quindi i vizi, i difetti del negozio gestorio NON
VANNO AD INTACCARE il negozio di procura. Procura come negozio asratto.
2)Contratto autonomo di garanzia: autonomo, nel senso che è autonomo dal rapporto garantito:
abbiamo il rapporto garantito e il rapporto di garanzia. I vizi, difetti del rapporto garantito non
possono essere fatti valere nel rapporto di garanzia. E' il contrario della FIDEIUSSIONE: nella
fideiussione, che è caratterizzata dalla accessorietà, l'accessorietà comporta che le eccezioni,
relative al rapporto sottostante possono essere fatte valere sul rapporto fideiussorio. Il rapporto
fideiussorio risente della sorte del rapporto grantito. Nel contratto autonomo c'è invece astrazione
sostanziale che può comportare la MANCANZA della causa di garanzia nel contratto autonomo:
cosa voglio dire?! Se il contratto è autonomo dal rapporto garantito e il rapporto garantito presenta
un vizio, il credito garantito non sussiste; ma essendo il contratto di garanzia autonomo dal rapporto
sosttostante, il creditore può comunque ESCUTERE la garanzia! E' tuttavia una astrazione relativa:
c'è il DIVIETO DI ABUSO DEL DIRITTO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!Se l'insussistenza del diritto di credito è
MANIFESTA, evidente, e ciò nonostante il creditore escute la garanzia, il garante può ECCEPIRE
IL DOLO, exceptio doli, e paralizzare la pretesa. L'exceptio doli consente al garante di bloccare
l'escussione della garanzia autonoma quando è manifesta, evidente l'insussistenza del diritto di
credito. Sono negozi astratti, ma l'astrazione è relativa: vige sempre il principo causalistico.
PRINCIPIO CAUSALISTICO
Vuol dire quindi centralità della causa, che oggi assume una doppia dimensione. In astratto e in
concreto. La causa in concreto SI AFFIANCA alla causa in astratto: cosa voglio dire? Nella
relazione, causa come funzione economica e sociale: causa in astratto. Cosa vuol dire in astratto?
Vuol dire che la causa si IDENTIFICA CON IL TIPO e il tipo con la causa. Vendita: causa di
scambio; mandato: causa gestoria; locazione: causa di godimento. Nell'ultimo decennio però la
giurisprudenza ha accolto la teoria di autorevolissima dottrina, causa ANCHE in concreto.Non solo
la funzione del tipo, ma la funzione che quel contratto realizza nel caso concreto. Lo scopo pratico.
Il programma negoziale che le parti intendono realizzare.
NEGOZIO DI ACCERTAMENTO
GIURISPRUDENZA: ci dice che non può essere trascritto neppure quando abbia ad oggetto
l'accertamento della USUCAPIONE del diritto reale. Il 2651 c.c. prevede la trascrizione della
sentenza di accertamento dell'usucapione. Allora si dice: se è trascrivibile la sentenza, dovrebbe
potersi trascrivere il contratto di accertamento dell'intervenuta usucapione, avendo i medesimi
effetti. Giurisprudenza: 1) non si può applicare in via analogica e estensiva il 2651 al contratto di
accertamento, un conto è la sentenza un conto è il contratto; 2) la trascrizione del contratto di
accertamento si presterebbe a possibili abusi: con la trascrizione del negozio di accertamento si
potrebbe pregiudicare il diritto acquistato dal terzo: Tizio trasferisce a Sempronio, ma con Caio
stipula un contratto di accertamento dell'usucapione di Caio, trascrivendolo, Caio acquista in danno
di Sempronio. Si mira la certezza dei traffici giuridici.
Il contratto di accertamento dunque non può essere trascritto; non soggiace a vincoli di forma,
attenzione però: è sempre un contratto su contratto. Si applica il principio della forma vincolata per
relationem: se per il contratto da accertare è richiesta una certa forma ad substantiam, il contratto di
accertamento deve osservare quella forma. Contratto su contratto: c'è un rapporto VERTICALE sul
contratto.
COLLEGAMENTO NEGOZIALE
Il rapporto tra contratti può essere ORIZZONTALE: collegamento negoziale. Siamo sempre sulla
causa. Mentre il rapporto di presupposizione configura una causa debole; nei rapporti orizzontali
che danno vita a un collegamento tra contratti, il collegamento produce come conseguenza la
realizzazione di una causa ULTERIORE e DIVERSA rispetto alla causa dei singoli contratti
individualmente considerati. I singoli contratti perseguono una certa funzione; i contratti collegati
ne perseguono insieme una ulteriore. Il collegamento si caratterizza per un requisito OGGETTIVO:
la causa che deriva dal collegamento. Non basta però il requisito oggettivo; la giurisprudenza ci
dice che ci vuole anche quello SOGGETTIVO: intento delle parti di realizzare quella FUNZIONE
ULTERIORE. Intento di TUTTE le parti coinvolte: perchè i contratti collegati potrebbero non
intercorrere fra le stesse parti! Contratto A (tra Tizio e Caio) e contratto B (tra Caio e Sempronio).
Le parti non coincidono. Tizio non è parte di un contratto con Sempronio. Formalmente Sempronio
è terzo rispetto al contratto di Caio. Ma se c'è l'intento di tutte le parti di realizzare un'operazione
unitaria, il soggetto non formalmente parte, diventa SOSTANZIALMENTE parte. Il collegamento
negoziale introduce la distinzione fra parte in senso formale e parte in senso sostanziale. Il principio
che governa il contratto è la RELATIVITA' degli effetti del contratto. Quindi Sempronio non
potrebbe far valere i diritti nè esperire le azioni derivanti dal contratto tra Tizio e Caio; SALVO
CHE vi sia collegamento fra i contratti: requisito oggettivo e soggettivo. I due contratti realizzano
un unico contratto, anche se formalmente distinti. E quindi, conseguenze in virtù del collegamento,
ove quindi vi sia collegamento tecnico, proprio, con requisito SOGGETTIVO e OGGETTIVO :
1) principio del SIMUL STABUNT SIMUL CADENT: se cade il contratto tra tizio e caio, cade
anche quello tra caio e sempronio;
2)conseguenza più importante in chiave sistematica: se Sempronio, pur non essendo formalmente
parte del rapporto con Tizio, lo è SOSTANZIALMENTE in virtù del collegamento negoziale che
realizza l'unitarietà dell'operazione sul piano gius-economico, Sempronio, in quanto parte
sostanziale, potrà fare VALERE I DIRITTI ed ESPERIRE LE AZIONI derivanti dal contratto tra
Tizio e Caio. Se Tizio non adempie, Sempronio potrà far valere l'azione di risoluzione del contratto
che intercorre tra tizio e caio!!!!!!!
LEASING FINANZIARIO
La giurisprudenza dice che NON c'è un collegamento negoziale in senso tecnico: manca il requisito
soggettivo. Abbiamo due contratti: a)vendita: fra tizio e caio; b)locazione finanziaria: tra caio e
sempronio. I due contratti, sul piano OGGETTIVO sono collegati, ma non lo sono sul piano
SOGGETTIVO, cioè NON c'è l'intento di tizio caio e sempronio di realizzare un 'operazione
unitaria caratterizzata dalla causa di finanziamento. Al venditore, della causa di finanziamento di
sempronio non gliene importa nulla! L'interesse del proprietario è il trasferimento della proprietà
verso il trasferimento del prezzo. Sempronio, che riceve il bene a titolo di locazione finanziaria non
è parte nè in senso formale nè in senso sostanziale del contratto tra tizio e caio. Sempronio,
l'utilizzatore del bene, non può quindi far valere l'azione di risoluzione del contratto di vendita per
l'inadempimento di Tizio. Unico soggetto legittimato è Caio. C'è un deficit di tutela!!! Che viene
colmato attraverso la CLAUSOLA DI BUONA FEDE: Caio, unico soggetto legittimato, ha
l'obbligo EX BONA FIDEI di esperire l'azione di risoluzione per tutelare sempronio. Tuttavia, può
esserci una norma di legge che consente di esperire l'azione da parte del terzo. Esempio: contratto di
credito al consumo.
GIUDIZIO DI MERITEVOLEZZA
La causa non è solo elemento di struttura del contratto; ma anche elemento di giudizio. La
giurisprudenza oggi ci dice: "il giudizio di meritevolezza non è un giudizio sulla causa". La
posizione tradizionale è quella per cui il giudizio sulla causa del contratto passa attraverso una
doppia scure: 1)valutazione di LICEITA'; 2) valutazione di MERITEVOLEZZA. Quale domanda
sussiste fra liceità e meritevolezza???
LICEITA'
Il giudizio di liceità è un giudizio declinato dalla legge: i parametri sono stabiliti dalla legge, norme
imperative, ordine pubblico, buon costume. E' nullo il contratto in contrasto con norme imperative,
ordine pubblico, buon costume. E' nullo il contratto IN FRODE alla legge: la causa è illecita anche
quando è utilizzato un MEZZO DIVERSO per raggiungere il risultato vietato dalla legge. La norma
vieta un certo atto, un certo mezzo: lo vieta perchè persegue un RISULTATO. La norma vieta l'atto,
ma perchè intende vietare il RISULTATO. Se quel risultato può essere ottenuto attraverso un atto
diverso da quello vietato dalla legge, abbiamo una causa comunque illecita. Es: DIVIETO DI
PATTO COMMISSORIO. La legge vieta il patto, il mezzo, perchè intende vietare un certo
risultato: il trasferimento della proprietà in funzione di garanzia al verificarsi dell'inadempimento
del debitore. Il contratto in FRODE ALLA LEGGE è qualunque atto, formalmente diverso dal patto
commissorio, che realizza lo stesso risultato vietato dal patto commissorio: es., alienazioni a scopo
di garanzia sospensivamente o risolutivamente condizionate, contratto di sale and lease back.
GIUDIZIO DI MERITEVOLEZZA
Non è stabilito dalla legge, la legge non stabilisce i parametri del giudizio di meritevolezza. In cosa
si sostanzia? Le SU sembrano dire che il giudizio di liceità riguarda la causa, il giudizio di
meritevolezza, NON riguarda la causa: in questa prospettiva il giudizio di liceità dovrebbe
riguardare solo i contratti tipici, quello di meritevolezza i contratti ATIPICI. Attenzione però:
1) questa prospettiva però contrasta con la doppia prospettiva della causa, causa in astratto e causa
in concreto;
2)vero è che non c'è un parametro per la meritevolezza; ma prendiamo la relazione al codice civile:
chiarisce che la meritevolezza è un giudizio, non un elemento; un giudizio che investe NON il
contratto in sè, ma il RISULTATO perseguito. E' un giudizio sul risultato, che è immeritevole
quando è contrario alla COSCIENZA CIVILE E POLITICA, alla ECONOMIA NAZIONALE,
all'ORDINE PUBBLICO e al BUON COSTUME. Quando il contratto è contrario a ordine
pubblico e buon costume, il contratto è ILLECITO: illiceità = immeritevolezza. Quando il contratto
è illecito perchè contrario a ordine pubblico e buon costume quel contratto è anche immeritevole: e
allora se il giudizio di illiceità riguarda la causa; il giudizio di meritevolezza riguarda anch'esso la
causa: la causa dell'illiceità è la stessa causa dell'immeritevolezza. Se il contratto illecito è anche
immeritevole, se l’illiceità riguarda la causa, anche l’immeritevolezza riguarda la causa. Il giudizio
di liceità è anche giudizio di meritevolezza; ma il giudizio di meritevolezza non si esaurisce nel
giudizio di liceità. Il giudizio di meritevolezza non si esaurisce nel giudizio di liceità. Il contratto
immeritevole è contrario, oltre che a buon costume e ordine pubblico anche a ECONOMIA
NAZIONALE e COSCIENZA CIVILE E POLITICA: in questi punti non coincide! PRINCIPI
COSTITUZIONALI!!Il giudizio di meritevolezza affonda le proprie radici nei principi
costituzionali: coscienza civile e politica, economia nazionale, sono poi espressi dalla Costituzione,
art. 2, art. 4, art. 41 co.2: funzione sociale e utilità sociale. Il contratto illecito è immeritevole. Il
contratto illecito non è necessariamente immeritevole: se ogni contratto illecito può essere
considerato immeritevole, non ogni contratto lecito è per ciò solo meritevole: NON OMNE QUOD
LICET HONESTUM EST.
EQUILIBRIO ECONOMICO
Il potere del giudice non è solo limitato all'equilibrio normativo. Art. 34 co.2: la valutazione del
carattere vessatorio della clausola non attiene:
- alla determinazione dell'oggetto del contratto;
- nè all'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi.
La norma ci sta dicendo che lo squilibrio non è economico, ma normativo. Purchè, aggiunge la
norma, tali elementi siano INDIVIDUATI IN MODO CHIARO E COMPRENSIBILE. Se è violato
il PRINCIPIO DI TRASPARENZA su cui si basa la disciplina consumeristica, il sindacato del
giudice potrà avere ad oggetto anche l'equilibrio economico del contratto.
Attenzione, perchè qui, il sindacato sullo squilibrio normativo è agevolato dalla PRESUNZIONE
DI VESSATORIETA', cioè di SQUILIBRIO: il 33 co.2 contiene la cd. lista grigia, un elenco di
clausole che si presumono vessatorie. Sono due categorie di clausole:
B) di SORPRESA: lo squilibrio normativo consiste nel fatto che il consumatore è costretto a subire,
dopo la stipulazione, delle situazioni contrattuali che sono imprevedibilmente diverse rispetto a
quelle che il consumatore poteva ragionevolmente attendersi dalla stipulazione del contratto, mentre
il professionista è al riparo da ogni sorpresa. Le clausole della lista grigia sono colpite da una
presunzione relativa di vessatorietà. l'onere della prova contraria grava sul PROFESSIONISTA. Se
la clausola si presume vessatoria, si presume lo squilibrio normativo: l'accertamento del giudice si
basa sulla presunzione prevista dalla legge. Il giudice verifica che la clausola del contratto
corrisponde a quella elencata nella lista grigia; la sussunzione della clausola del contratto sotto
l'elenco delle clausole della lista grigia costituisce già accertamento dello squilibrio normativo.
Salvo che il professionista non fornisca la prova della mancanza dello squilibrio normativo.
NULLITA' DI PROTEZIONE
Attenzione: essa è concepita come nullità PARZIALE: colpisce solo la clausola squilibrante. Il
contratto si conserva.E' un rimedio CADUCATORIO, ma che produce un effetto
MANUTENTIVO, conservativo, di adeguamento del contratto, di ripristino dell'equilibrio
normativo del contratto. Viene eliminata la clausola squilibrante; il contratto resta valido ed efficace
per il resto; quindi la caducazione produce effetto MANUTENTIVO. Lo dice la CGE: la disciplina
del secondo contratto mira a soddisfare l'interesse del consumatore all'ESECUZIONE del contratto
riequilibrato. L'interesse del consumatore non è alla liberazione del contratto! Vuole il contratto!
Ecco perchè non si attribuisce al giudice un potere giudiziale. Salvo che, e qui si pone il problema,
la clausola squilibrante non sia una clausola fondamentale nella regolamentazione del contratto,
cioè una clausola senza la quale il contratto non possa essere eseguito: cade la clausola, cade il
contratto. In quel caso la nullità parziale, colpendo una clausola essenziale, è impossibile
l'esecuzione del contratto. In questo caso la nullità parziale non è efficace per raggiungere
l'obiettivo che il legislatore si è posto: non basta caducazione della clausola. In questo caso serve
l'ETEROINTEGRAZIONE del contratto, serve una fonte eteronoma che colma la lacuna. Occorre
una integrazione suppletiva del contratto, di fonte o legale o giudiziale: può il giudice integrare il
contenuto del contratto per ripristinare l'equilibrio del contratto? La CGE ci dice NO: quando la
clausola squilibrante è essenziale, che impedisce esecuzione del contratto, bisogna integrare il
contratto; ma l'integrazione deve essere di FONTE LEGALE. Neanche in questo caso può essere il
giudice a intervenire sul contratto per ripristinare l'equilibrio del contratto. L'integrazione deve
venire ad opera della LEGGE: ad opera di una disposizione di diritto nazionale, di natura
suppletiva, che consente l'adeguamento del contratto. Siamo più sull'integrazione cogente che
suppletiva.
TERZO CONTRATTO
BtoB. Contratto tra imprese. Impresa economicamente forte e impresa debole. Qui non c'è
un'impresa che è debole sul piano delle conoscenze, delle competenze. Abbiamo operatori
professionali, competenti; l'asimmetria è di tipo economico: es. SUBFORNITURA, L.192/98. La
disciplina della subfornitura vieta l'abuso dello stato economico di dipendenza economica di un'altra
impresa, dell'impresa debole da parte dell'impresa forte. L'abuso determina una MINORAZIONE
della libertà contrattuale dell'impresa debole. Il contratto non rispecchia la reale preferenza di
quella impresa. L'asimmetria economica si riperquote sull'equilibrio del contratto: "eccessivo
squilibrio di diritti e di obblighi". Il giudice può effettuare un sindacato sullo squilibrio normativo
del contratto. Una volta accertato lo squilibrio, può il giudice CORREGGERE il contratto
riportandolo in equilibrio? Qual è il rimedio? La NULLITA': SOLO la nullità del fatto che realizza
l'abuso; SOLO la nullità del fatto che realizza lo squilibrio. Secondo la logica depurativa: cercare di
conservare il contratto epurato.
RITARDI NEI PAGAMENTI NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI
Stessa logica: d.lgs. 231/2002, art. 7. Le clausole relative al TERMINE di pagamento, al SAGGIO
degli interessi moratori, al RISARCIMENTO per i costi di recupero sono NULLE quando risultano
gravemente INIQUE in danno del creditore. La norma parla di GRAVE INIQUITA'. C'è uno
squilibrio innanzitutto NORMATIVO: termine di pagamento. Ma anche ECONOMICO: il saggio
dell'interesse moratorio; il risarcimento per i costi di recupero. Abbiamo uno squilibrio normativo-
economico. La norma consente al giudice di SINDACARE questo squilibrio, a tutela del creditore.
Attenzione, è un sindacato confinato a certe clausole, perimetrato, solo quelle. Non è un sindacato
sull'intero merito contrattuale. Il giudice può intervenire col suo sindacato sulle clausole; ma non
può, anche qui, modificare il contenuto del contratto. Il rimedio non è la CORREZIONE giudiziale
del contratto. Il rimedio è legale: la nullità della clausola che produce lo squilibrio del contratto.
PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA'
Non si utilizza il principio di proporzionalità: principio di rilievo unionale. Potrebbe attribuire al
giudice un potere di controllo sull'equilibrio del contratto; potrebbe consentire al giudice di rilevare
lo squilibrio del contratto. In che termini? Essa andrebbe ad esigere un rapporto di CONGRUITA'
tra gli interessi in gioco, quindi un contratto squilibrato viola il principio di proporzionalità. Non
abbiamo riscontri in giurisprudenza.
GIUDIZIO DI MERITEVOLEZZA
Abbiamo invece alcuni riscontri che riconoscono al giudice il potere di sindacare lo squilibrio del
contratto in base al giudizio di MERITEVOLEZZA. Esso secondo un orientamento può costituire
lo strumento che consente al giudice di sindacare l'equilibrio del contratto, secondo la logica per
cui un contratto meritevole è un contratto EQUILIBRATO; un contratto squilibrato è
IMMERITEVOLE. Il giudizio di meritevolezza affonda le radici nei principi costituzionali, art. 2
Cost? Si! E allora esso può consentire al giudice di controllare l'equilibrio del contratto. Se è
squilibrato allora è immeritevole sulla base dei principi costituzionali.
MODIFICA
La stessa giurisprudenza che riconosce al giudice un potere di sindacato sull'equilibrio anche al di
fuori delle ipotesi normativamente previste di asimmetria/patologia, NON CONSENTE al giudice
di MODIFICARE, CORREGGERE lo squilibrio. Il rimedio (PATOLOGIA, primo contratto;
ASIMMETRIA, secondo contratto; ASIMMETRIA, terzo contratto) che la legge (eccetto per la
CLAUSOLA PENALE) e che la giurisprudenza individua in caso di squilibrio quando fonda il
potere del giudice sul principio di buona fede e sul controllo di meritevolezza è un rimedio
LEGALE: la NULLITA'. La nullità è lo strumento di correzione del contratto, sotto forma di nullità
PARZIALE. La nullità parziale è oggi lo strumento che a livello normativo e giurisprudenziale
consente di RIEQUILIBRARE il contratto. Il codice civile consente la rescissione: e lì abbiamo una
caducazione tout court e il riequilibrio avviene attraverso un negozio di parte, esercizio di un diritto
potestativo; mentre nel secondo contratto, nel terzo, nella giurisprudenza che riconosce al giudice
un potere di sindacato a prescindere da patologie o asimmetrie, il rimedio è LEGALE: caducazione
della clausola, conservazione del contratto, effetto di riequilibrio. Nè il codice civile con la
rescissione; nè il secondo contratto con la nullità parziale; nè il terzo contratto con la nullità della
clausola, del patto; nè la giurisprudenza con i principi di buona fede, solidarietà e meritevolezza,
NESSUNO RICONOSCE AL GIUDICE POTERE DI CORREGGERE IL CONTRATTO PER
RIPRISTINARNE L'EQUILIBRIO.
1) l'annullamento della clausola, cioè la caducazione parziale (nihil novi sub sole);
2) può chiedere l'annullamento del contratto, caducazione totale (come per la rescissione);
3) la parte può chiedere al giudice di ADATTARE il contratto o le sue clausole in modo da renderlo
conforme ai criteri ordinari di correttezza nel commercio. Qui abbiamo un potere correttivo da parte
del giudice. Il giudice può MODIFICARE la clausola o il contratto in modo da rendere la clausola
conforme ai criteri ordinari di correttezza nel commercio. E' un rimedio correttivo; ed è un rimedio
ORDINARIO!!!! Questo potere nel nostro ordinamento non è concepito NEPPURE da quella
giurisprudenza che oggi riconosce al giudice il potere di sindacare l'equilibrio del contratto al di
fuori delle ipotesi di patologia, asimmetria, ed espressamente previsti dalla legge.
LE SOPRAVVENIENZE
INTRODUZIONE
Noi siamo partiti analizzando la fase di formazione del contratto: abbiamo quindi analizzato la
prospettiva DIACRONICA. La fase di formazione del contratto che si sviluppa nel tempo
(trattative, negozi preparatori: formazione a tappe); o istantaneamente. Nella seconda lezione ci
siamo invece occupati della fase statica, genetica di CONCLUSIONE del contratto: abbiamo
analizzato gli elementi che configurano la struttura del contratto, e ci siamo fermati in particolare
sulla CAUSA. Quindi abbiamo analizzato il contratto inteso come ATTO, ACCORDO, FONTE. E
abbiamo analizzato la causa come elemento genetico del contratto, come elemento di struttura del
contratto inteso come ATTO. Oggi cambiamo prospettiva e ritorniamo alla prospettiva
DIACRONICA: consideriamo il contratto non come atto, fonte, accordo; ma come RAPPORTO,
come PRESTAZIONE DA ESEGUIRE, come EFFETTO. Guardiamo alla fase ESECUTIVA: dalla
fase statica genetica a quella dinamica esecutiva. Il contratto "QUASI SEMPRE SI PROIETTA
NEL FUTURO" (Roppo). Il contratto deve essere eseguito: il momento dell'esecuzione può non
coincidere con quello della conclusione: pensate ai contratti di DURATA; a quelli di
ESECUZIONE PERIODICA; a quelli a ESECUZIONE DIFFERITA. Il contratto viene eseguito in
un momento diverso da quello in cui viene stipulato: viene eseguito nel futuro. Il futuro è per
definizione DIVERSO DAL PRESENTE: nello iato temporale si possono verificare delle
circostanze esterne al contratto, estranee alla volontà delle parti, che incidono sul contratto. Queste
circostanze di definiscono SOPRAVVENIENZE.
SOPRAVVENIENZE
Le sopravvenienze incidono sul contratto in maniera diversa. Possiamo effettuare una
TASSONOMIA distinguendo fra TRE tipologie di sopravvenienze:
1) quelle che RENDONO IMPOSSIBILE l'esecuzione del contratto: incidono sulla possibilità di
eseguire la prestazione;
2) quelle che non rendono impossibile l'esecuzione della prestazione; la prestazione è possibile;
solo che la sopravvenienza RENDE L'ESECUZIONE DELLA PRESTAZIONE NON PIU' UTILE.
La sopravvenienza FRUSTRA LA CAUSA IN CONCRETO del contratto. Fermo il problema del
distinguere fra causa e motivi del contratto, cioè quando la funzione de viaggio non è un MOTIVO,
ma diventa la CAUSA in concreto del viaggio, c'è una OGGETTIVIZZAZIONE del motivo. Non
consente di realizzare lo scopo pratico di quel contratto. Es: il contratto turistico a scopo sessuale;
meta caratterizzata da turismo sessuale, dove il contratto di viaggio ha questa funzione; dopo la
conclusione del contratto si verifica una epidemia che si trasmette attraverso i rapporti sessuali.
3) la sopravvenienza non rende impossibile l'esecuzione; non frustra la causa del contratto; però
incide sull'EQUILIBRIO del contratto: rende un contratto in origine equilibrato, SQUILIBRATO.
Esempio: USURA SOPRAVVENUTA: quando il contratto viene stipulato, la clausola prevede un
interesse NON usuraio, al di sotto della soglia dell'usura. Solo che il contratto è di DURATA: la
soglia dell'usura varia nel tempo, a seconda dell'andamento dei tassi di interesse; più aumenta il
costo del denaro, più il tasso di interesse, più aumenta la soglia dell'usura. Più si abbassa il costo del
denaro, più diminuisce il tasso di interessi, più si abbassa la soglia dell'usura. La clausola dopo 15
anni diventa usuraia, perchè si è abbassata la soglia dell'usura, in quanto si è verificata una
SOPRAVVENIENZA ECONOMICA- NORMATIVA cioè una circostanza esterna al contratto,
indipendente dalla volontà delle parti. Il contratto diventa squilibrato; la prestazione di interessi è
diventata ingiusta.
IN TUTTI E TRE I CASI il problema delle sopravvenienze è sempre lo stesso: impediscono
l'esecuzione della prestazione. Il problema è sempre lo stesso, di ANALISI ECONOMICA DEL
DIRITTO: su chi ricade il rischio della sopravvenienza??? Qual è la parte che deve sopportare il
rischio di sostenere il costo della sopravvenienza? Prima tipologia di sopravvenienza: la prestazione
di Caio è diventata IMPOSSIBILE; Tizio deve comunque eseguire la propria prestazione, senza
avere la possibilità di ricevere la controprestazione? Oppure il rischio della sopravvenienza va
ridistribuito, per cui Tizio deve avere degli strumenti, dei RIMEDI che consentono di reagire alla
sopravvenienza? Questo discorso vale per tutte e tre le tipologie di sopravvenienze. Tizio deve
pagare il viaggio nonostante l'epidemia? O ha dei rimedi che consentono di reagire alla
sopravvenienza? E stessa logica dell'usura: il debitore si trova a pagare degli interessi diventati
USURARI, sproporzionati. Il debitore Tizio assume su di sè il rischio della sopravvenienza
macroeconomica? Ne sopporta il costo? Deve pagare comunque gli interessi anche se usurari?
Oppure vi sono degli strumenti che consentono di REAGIRE, RIALLOCARE, GESTIRE la
sopravvenienza? Ciò nel sistema di common law si definisce CONTRACT GOVERNANCE, il
governo sul contratto, la gestione delle sopravvenienze: che è un problema che NON si pone
quando la sopravvenienza è TIPICA.
SOPRAVVENIENZA TIPICA
Quando la sopravvenienza è tipica, cioè prevista dalla legge, il problema di gestione delle
sopravvenienze NON si pone. La legge contempla l'ipotesi della sopravvenienza e la gestisce,
prevedendo un rimedio:
-Terza categoria: art. 1467: la sopravvenienza è del terzo tipo. ECCESSIVA ONEROSITA'
SOPRAVVENUTA: lo dice la rubrica. C'è una "sopravvenienza", che determina l'eccessiva
onerosità, cioè rende il contratto squilibrato; rende una prestazione eccessivamente onerosa rispetto
alla CONTROPRESTAZIONE. La norma contempla la sopravvenienza squilibrante; ma a CERTE
CONDIZIONI: il 1467 richiede che la sopravvenienza sia legata ad avvenimenti STRAORDINARI
e IMPREVEDIBILI. Non ogni sopravvenienza squilibrante ricade nel campo di applicazione del
1467; solo quella sopravvenienza derivante da avvenimenti straordinari e imprevedibili, cioè
ECCEZIONALI. Il legislatore assegna rilevanza tipica solo a certe sopravvenienze squilibranti:
quando la sopravvenienza squilibrante presenta le caratteristiche del 1467 è una
SOPRAVVENIENZA TIPICA. Il soggetto ha il rimedio della RISOLUZIONE: stessa logica,
rimedio CADUCATORIO, che libera il contraente che ha subito la sopravvenienza dall'obbligo di
eseguire la prestazione diventata eccessivamente onerosa. SALVA OFFERTA DI MODIFICA
dell'altra parte, che è un rimedio MANUTENTIVO: la parte avvantaggiata dalla sopravvenienza
può evitare lo scioglimento del rapporto attraverso l'offerta di modifica, abbiamo un rimedio di
parte conservativo, manutentivo; come la RIDUZIONE AD EQUITA' che abbiamo visto nella
rescissione. Nella rescissione abbiamo uno squilibrio ORIGINARIO; nel 1467 uno squilibrio
SUCCESSIVO. In entrambi i casi, diritto potestativo, negozio giuridico unilaterale che evita la
caducazione del contratto. DIFFERENZE: nella rescissione, la riduzione ad equità deve eliminare
INTERAMENTE lo squilibrio; deve riportare il contratto in equilibrio; mentre nell'OFFERTA DI
MODIFICA ex 1467 bisogna riportare il contratto ENTRO L'ALEA NORMALE di rischio dello
squilibrio: cioè, non occorre eliminare interamente il rischio di squilibrio. Può conservarsi uno
squilibrio, purchè rientri nell'alea normale del contratto: ogni contratto porta con sè un' alea
normale, ordinaria di rischio; in ogni contratto c'è il rischio che si realizzi un certo squilibrio dopo
la conclusione del contratto: è fisiologico! Perchè il valore delle prestazioni oggetto del contratto è
un valore che nel tempo oscilla. Fin quando lo squilibrio rimane nell'alea normale di rischio
fisiologico del contratto, quello squilibrio è tollerato; quando lo squilibrio diventa eccessivo, lì c'è
ECCESSIVA ONEROSITA'. Lo squilibrio patologico può essere eliminato con l'offerta di modifica
riportando il contratto entro lo squilibrio fisiologico. La differenza tra rescissione e 1467 si spiega
anche con il fatto che nella rescissione lo squilibrio è causato dall'APPROFITTAMENTO della
parte, e quindi non può essere premiato: lo squilibrio va eliminato del tutto; perchè se si
confermasse una quota anche minima di squilibrio, la parte approfittatrice dello svantaggio sarebbe
premiata; mentre nell'eccessiva onerosità sopravvenuta lo squilibrio non dipende dal
comportamento della parte, ma da una sopravvenienza esterna, indipendente dalla volontà della
parte.
SOPRAVVENIENZA ATIPICA
Se la sopravvenienza non ha i caratteri della straordinarietà e imprevedibilità, quella sopravvenienza
è ATIPICA. Non ricade nel campo di applicazione del 1467: ecco il problema! Finchè la
sopravvenienza è tipica, la norma risolve il problema; ma quando la sopravvenienza squilibrante
NON E' eccezionale (come l'usura sopravvenuta, che non deriva da circostanze straordinarie e
imprevedibili: il mutamento dei tassi di interesse e della soglia dell'usura è una modifica fisiologica)
perchè non presenta i caratteri del 1467; ovvero la sopravvenienza è atipica perchè NON E'
contemplata dalla legge: la seconda categoria (l'epidemia), la sopravvenienza che frustra la causa
del contratto. Non c'è una norma che contempla l'ipotesi in cui la sopravvenienza è del secondo
tipo; non c'è una norma che contempla l'ipotesi in cui la sopravvenienza frustra la causa in concreto
del contratto. Come si gestisce allora la sopravvenienza? Analisi economica: chi sopporta il rischio
della sopravvenienza atipica che incide sulla causa? Chi sopporta il rischio dell'usura sopravvenuta?
Il soggetto su cui ricade la sopravvenienza? Il contratto è diventato squilibrato: non importa, deve
essere eseguito?! Insomma: le sopravvenienze atipiche, rilevano o non rilevano? Consentono di
reagire attraverso un rimedio? O chi subisce la sopravvenienza se la tiene? Se la sopravvenienza
atipica RILEVA, quali sono gli STRUMENTI che consentono di reagire ad essa?
RIMEDI
Le sopravvenienze atipiche che frustrano la causa del contratto RILEVANO. Ma come rilevano?
Qual è lo strumento che consente la rilevanza? Qual è il rimedio che consente alla parte di reagire
alla sopravvenienza atipica squilibrata, che frustra la causa? Non essendo la sopravvenienza tipica,
non c'è rimedio tipico:
I TESI
L'usura sopravvenuta non ricade nel 1467, non ricade nel 1815 co.2, ma può rilevare attraverso il
rimedio della NULLITA' VIRTUALE. La soglia dell'usura è fissata da una norma imperativa, di
ordine pubblico economico. La clausola del contratto che finisce per prevedere un interesse
superiore al tasso soglia VIOLA la relativa norma imperativa. La clausola è nulla per violazione di
clausola imperativa, nullità virtuale. Si può applicare il meccanismo della SOSTITUZIONE
AUTOMATICA della clausola nulla con la norma di legge; non è che "nulla è dovuto" (perchè se
così fosse ci sarebbe l'ingiustizia per il creditore, tutto il rischio della sopravvenienza finirebbe per
cadere sul creditore che perderebbe il diritto agli interessi). Quindi sostituzione automatica della
clausola nulla con la norma di legge (che però, voi sapete, tale sostituzione automatica postula una
norma imperativa con funzione di tipo CONFORMATIVO; qui invece la norma di legge ha una
funzione PROIBITIVA: la norma sull'usura ha una funzione proibitiva, quindi non potrebbe
fungere da norma che si sostituisce alla clausola; ma ad ogni modo, al di là del meccanismo della
sostituzione automatica qui c'è un problema A MONTE). Problema a monte (che capiremo meglio
nella prossima lezione sui difetti e sui rimedi): qui la nullità è SUCCESSIVA! Cioè, nel momento
di conclusione del contratto la clausola NON è usuraria, non è nulla, è valida. La clausola diventa
nulla per violazione della norma imperativa sul tasso soglia durante l'esecuzione del contratto. E'
una ipotesi di invalidità successiva: nullità sopravvenuta. Ma la nullità è un vizio ORIGINARIO del
contratto; è un difetto di struttura del contratto; la nullità riguarda il contratto come ATTO. Qui
abbiamo la nullità che riguarda il contratto come RAPPORTO. Ma la nullità non può riguardare il
contratto come RAPPORTO! La nullità è concepita nel nostro ordinamento come originaria.
L'usura sopravvenuta sarebbe una ipotesi di nullità successiva, NON compatibile con il sistema. La
clausola NON può DIVENTARE nulla per violazione di norma imperativa; o lo è al momento di
conclusione del contratto; o non sarà MAI nulla! Salva la NORMA RETROATTIVA
SUCCESSIVA; salvo le NORME DI INTERPRETAZIONE AUTENTICA; salvo insomma le
norme eccezionali, la clausola non può diventare nulla. Non può quindi essere la nullità per
violazione di norma imperativa lo strumento, il rimedio per dare rilevanza all'usura sopravvenuta.
II TESI
Lasciamo stare la nullità perchè non andiamo da nessuna parte. Secondo tentativo della cassazione.
La clausola non è nulla, non può esserlo, perchè è nata VALIDA. La clausola diventa
INEFFICACIA: non parliamo di nullità ma di inefficacia. L'inefficacia può essere successiva nel
nostro ordinamento. Qual è la causa di inefficacia successiva della clausola? La clausola nasce
efficace; diventa INEFFICACE in virtù dell'usura sopravvenuta perchè, in fase esecutiva, diventa
ILLECITA la pretesa al pagamento di interessi usurari. La causa di inefficacia è la violazione del
divieto di usura. Attenzione però: qui le SU ci dicono: "inefficacia per illiceità della pretesa di
pagamento? Per illiceità derivante dalla violazione del divieto di usura??? Ma quando è violato il
divieto di usura? Il divieto di usura è sancito dal 644 del codice penale; è sancito dal 1815 c.c.;
entrambi fanno riferimento all'usura ORIGINARIA: il divieto di usura è violato quando l'usura è
originaria! Quando l'usura è sopravvenuta, NON C'E' NESSUN DIVIETO
NELL'ORDINAMENTO."
SU
Non c'è nessuna norma che vieta l'usura sopravvenuta. Cioè: non c'è nessuna illiceità nel pretendere
il pagamento di interessi usurari!!! La clausola che prevede interessi divenuti usurari è VALIDA
perchè la nullità successiva non è configurabile; è EFFICACE, perchè non c'è nessuna illiceità nel
pretendere il pagamento di interessi usurari, perchè non c'è nessuna violazione del divieto di usura;
la clausola che prevede interessi DIVENUTI usurari è VALIDA (perchè non si configura la nullità
successiva); ed EFFICACE (perchè non c'è nessuna illiceità nel pretendere il pagamento di quegli
interessi, derivante dalla violazione di un divieto di usura). La clausola va quindi ESEGUITA.
L'usura sopravvenuta N O N R I L E V A.
Il contratto contiene una clausola valida ed efficace, che attribuisce un diritto di credito. Il creditore
che esercita il diritto al pagamento di interessi usurari esercita un diritto derivante da una clausola
VALIDA ed EFFICACE. L'usura sopravvenuta non rileva: il creditore vanta un diritto di credito
fondato su una clausola valida ed efficace: salvo il limite della B U O N A F E D
E nell'esercizio del diritto. L'usura sopravvenuta può rilevare, secondo le SU, attraverso la buona
fede. Attenzione: che tipologia di buona fede è? Qui non abbiamo una buona fede PRECETTIVA,
come abbiamo visto nell'ultima lezione di civile, in relazione al problema dello squilibrio
ORIGINARIO del contratto:
"la giurisprudenza delle SU, e la Corte Costituzionale ci dicono che, quando il contratto NASCE
squilibrato, ingiusto, sproporzionato, è contrario alla regola della buona fede, intendendo la buona
fede come regola PRECETTIVA: che comporta la NULLITA' della clausola, se non dell'intero
contratto, quando il contratto NASCE squilibrato, lo squilibrio contrasta con una regola di equità
che è scolpita nel principio di SOLIDARIETA' che si riflette nella clausola di buona fede. La buona
fede equivale a norma precettiva. Il contrato che nasce squilibrato viola una regola precettiva e
quindi incorre nella nullità della clausola o del contratto. E quella nullità della clausola produce un
effetto di RIEQUILIBRIO del contratto; ma quando lo squilibrio è SOPRAVVENUTO, la
cassazione ci dice: la buona fede rileva; ma come rileva? NON come regola precettiva; se rilevasse
come regola precettiva, le SU non potrebbero dire che la clausola che prevede gli interessi
sproporzionati e usurari è VALIDA; dovrebbe dire che la clausola è nulla; e allora invece le SU ci
dicono la clausola è valida: perchè la buona fede NON è regola precettiva. Però OPERA: come
opera? Come regola VALUTATIVA: è la buona fede di 30 anni fa, l'accezione più vecchia di
buona fede. La buona fede "VALUTATIVA DEL COMPORTAMENTO DEL CREDITORE": le
SU ci dicono: il creditore ha il diritto di credito; ma quel diritto va esercitato secondo buona fede:
cioè bisogna guardare al CONTESTO in cui l'esercizio del diritto si iscrive; bisogna guardare alle
MODALITA' con le quali il creditore esercita il diritto. Se in base alle modalità e al contesto
RISULTA una violazione della regola della buona fede, qui in questo caso la regola si applica. Ma
in che modo si applica????? Le SU ci dicono che ci può essere violazione della buona fede nelle
modalità di esercizio del diritto di pretendere interessi usurari; ma non ci dice QUALI sono le
conseguenze! La conseguenza, applicando le coordinate delle SU, dovrebbe essere l'ABUSO DEL
DIRITTO: il creditore che esercita il diritto di pretendere interessi usurari in modo contrario alla
regola della buona fede valutativa incorre nell'ABUSO DEL SUO DIRITTO. E quindi la tutela del
debitore dovrebbe essere rappresentata dalla EXCEPTIO DOLI."