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FRATINI CIVILE

TEORIA GENERALE DELLE OBBLIGAZIONI

-Partiremo da ciò che obbligazione non è. Dal non giuridico. Distinzione fra obbligazione e
obbligo: l’obbligazione è un dovere giuridico; ma non ogni dovere giuridico non è obbligazione.
Ogni dovere giuridico è un obbligo; ma non ogni obbligo è una obbligazione. Il punto di partenza
sarà come la relazione al codice civile definisce l’obbligazione naturale: metteremo in confronto la
definizione di obbligazione naturale contenuta nel codice civile e la disciplina dell’obbligazione
naturale 2034 c.c. Sembra esserci una contraddizione: la relazione ci dice che l’obbligazione
naturale non produce effetti giuridici, la norma, invece, collega effetti giuridici alla obbligazione
naturale: SOLUTI RETENTIO, non si può ripetere quanto adempiuto in forza dell’obbligazione
naturale.

-Ma l’obbligazione naturale, si adempie? L’esecuzione di una prestazione oggetto


dell’obbligazione naturale è ADEMPIMENTO? O è un atto diverso dall’adempimento?
L’adempimento è un atto dovuto. Si può adempiere in senso tecnico un’obbligazione naturale? Si
può adempiere in modo INDIRETTO l’obbligazione naturale? Se non si può adempiere
direttamente, perché l’atto non è dovuto, si può adempiere indirettamente l’obbligazione naturale?
Vedremo cosa si intende per adempimento indiretto: per tale si intende quando l’oggetto
dell’obbligazione naturale diventa l’oggetto di una obbligazione giuridica. Ad esempio, DEBITO
DI GIOCO, come obbligazione naturale. Il soggetto che deve il pagamento in forza del debito del
gioco, può assumere quello stesso debito GIURIDICAMENTE? Ci sono degli strumenti che
consentono IN ASTRATTO di assumere giuridicamente l’obbligazione naturale; bisogna vedere se
in concreto questi strumenti possono essere utilizzati. Ad esempio le promesse unilaterali.

Promesse unilaterali: fonte tipica di obbligazione giuridica. Dall’obbligazione naturale


all’obbligazione giuridica. Le promesse unilaterali sono concepite dal legislatore (volontà
inequivocabile che si rinviene dalla relazione al Re) come TIPICHE e previste dalla legge. C’è
spazio per le promesse unilaterali atipiche? La promessa unilaterale, come negozio unilaterale può
costituire fonte aperta di obbligazione? Ex art. 1173 “ogni altro fatto idoneo…in conformità
dell’ordinamento giuridico (non “legge”, a differenza del codice precedente).” Non sono molte le
norme che evocano l’ordinamento giuridico. Un’altra è il 1322 co. II, sul controllo di
meritevolezza. Il contratto, che è una fonte aperta di obbligazioni; la promessa come negozio
unilaterale, può essere considerata come il contratto una FONTE APERTA di obbligazioni? Stando
al tenore letterale del 1987 c.c. dovremmo dire NO. Ma si può affermare che esiste un sistema di
promesse a DOPPIO BINARIO? per cui ci sono le promesse TIPICHE ex art. 1987, e poi quelle
atipiche ex 1173 c.c., come “atto idoneo a produrre obbligazioni in conformità dell’ordinamento
giuridico”. Il 1987 richiama la LEGGE: promesse unilaterali TIPICHE. Il 1173 richiama
l’ORDINAMENTO GIURIDICO: promesse unilaterali atipiche. Come per il 1322 vi sono contratti
tipici ed atipici, si può applicare lo stesso ragionamento alle promesse unilaterali? Si può affermare
che esse costituiscono, anche quando atipiche, una fonte di obbligazione? Intendendole non ai sensi
del 1987, ma in quanto atto a produrre obbligazioni in conformità dell’ordinamento giuridico.
Orientamento tradizionale: NEGA l’ammissibilità delle promesse unilaterali atipiche. Cercheremo
di SUPERARE questa tesi, e spiegheremo le ragioni per cui si tende ad ammetterle, utilizzando il
1173. La conformità all’ordinamento giuridico consente di comprendere anche i PRINCIPI
GENERALI: l’ordinamento non è costituito solo dalla LEGGE. Se la norma richiamasse solo la
legge, avremmo un richiamo ad un sistema CHIUSO di obbligazioni. La norma invece evoca
l’ordinamento giuridico, che è fatto di principi generali, costituzionali: art. 2, la regola della
solidarietà, che si riflette nella regola di CORRETTEZZA, buona fede oggettiva, che diventa,
attraverso il 1173, una fonte di obbligazione. Vedremo come la buona fede va ad integrare il
rapporto obbligatorio già costituito, e fa sorgere obbligazioni aggiuntive, che possono essere:
1)strumentali all’adempimento: cioè fonti di obbligazioni che soddisfano l’interesse
all’adempimento; 2) strumentali alla protezione: soddisfano l’interesse alla protezione, obblighi che
possono sorgere all’interno del rapporto obbligatorio, ma anche all’esterno, a prescindere
dall’esistenza di un rapporto obbligatorio: la buona fede non va ad integrare un rapporto
obbligatorio già costituito; ma essa stessa lo COSTITUISCE. Si pensi al contatto sociale
qualificato. Esso è una fonte di obbligazioni: di informazione, di protezione dell’altra parte. Non c’è
un rapporto negozioale precostituito. Il rapproto negoziale sorge IN FORZA della buona fede. Le
S.U. 2018 richiamano il contatto sociale qualificato fra la Banca e il soggetto legittimato
all’incasso dell’assegno. Questa sentenza è rilevante non solo per la fattispecie concreta, ma
rilevante in chiave di sistema: il fatto che oggi le S.U. continuino a fare applicazione del contatto
sociale sta a significare che la modifica introdotta dalla Legge Gelli sulla responsabilità del
medico non ha segnato il tramonto della teoria del contatto sociale. Il fatto che il contatto sociale
qualificato non sia più ravvisabile nei rapporti tra medico e paziente, ciò non vuol dire che il
contatto sociale sia tramontato. Continua nei rapporti fra la banca e il soggetto legittimato
all’incasso dell’assegno; nella resp. dell’insegnante per le autolesioni dell’alunno (2017 e 2018); la
r. prec.; il rapporto tra PA e cittadino, ad. plen. 2018. Insomma la giurisprudenza continua a
sostenere la POSSIBILITA’ e non la necessita di configurare un contatto sociale qualificato fra la
PA e il cittadino, quando ci sono le condizioni per il contatto sociale qualificato.

FINE PREMESSA

L’obbligazione appartiene alla categoria dei doveri giuridici. L’obbligazione è un obbligo. Il


debitore DEVE eseguire la prestazione nei confronti del creditore. Ogni obbligazione è un dovere
giuridico, ogni obbligazione è un obbligo, ma non viceversa. L?obbligazione è un sottoinsieme del
più ampio insieme del dovere giuridico. Ci sono obblighi che non sono obbligazioni: rapporti di
famiglia. E’ il campo di elezione di questa distinzione. DOVERE DI FEDELTA’: è un dovere
giuridico; ma parliamo di obblighi non di obbligazioni. PERCHE’? Qual è la differenza? Cosa fa di
un dovere giuridico una obbligazione? Qui ci aiuta la relazione al codice civile, fondamentale,
perché esprime la volontà del legislatore: ciò che fa di un obbligo una obbligazione è il carattere
della patrimonialità, il contenuto patrimoniale del dovere giuridico. Patrimonialità diretta o
riflessa.

L’obbligazione postula due requisiti: a)dovere giuridico; b)patrimonialità, diretta o riflessa. Se non
c’è patrimonialità non c’è obbligazione ma obbligo. Se c’è patrimonialità ma non c’è DOVERE
GIURIDICO non c’è, del pari, obbligazione; e non c’è neanche obbligo! Il carattere della
PATRIMONIALITA’ si può associare a un dovere; ma non necessariamente a un dovere giuridico.
Non ogni dovere è necessariamente un dovere giuridico! Ci sono doveri che ESULANO
dall’ambito giuridico, che sorgono in sfere estranee all’ambito del diritto: dovere morale, etico,
sociale, religioso. Doveri EXTRAGIURIDICI. Nonostante il contenuto della patrimonialità del
dovere, NON sono giuridici: non siamo in presenza di una obbligazione; ma di una
OBBLIGAZIONE NATURALE, che tale si chiama, ma NON E’ UNA OBBLIGAZIONE.

La teoria tradizionale qualificava le o.n. come obbligazioni imperfette. La locuzione obbligazione


imperfetta è “ambigua”. Che significa imperfetta? Sono obbligazioni a metà? In cosa si sostanzia
l’imperfezione? Si tende a confondere il piano dell’obbligazione (il dovere giuridico a contenuto
patrimoniale) con l’obbligazione naturale. Quale sarebbe l’elemento distintivo fra una obbligazione
giuridica perfetta e una obbligazione naturale imperfetta? La relazione scioglie ogni nodo. Il tema
dell’obbligazione naturale è il tema in cui si misura la CAPACITA’ del giurista. E’ un tema
estremamente insidioso.

RELAZIONE AL CODICE CIVILE. Il legislatore fornisce una definizione indiscutibile di


obbligazione naturale: L’obbligazione naturale NON E’ UN VINCOLO GIURIDICO NEPPURE
IMPERFETTO. NON E’ PROPRIO UN’OBBLIGAZIONE! E’ UNA NON OBBLIGAZIONE!
“Come tale è inidonea a produrre effetti giuridici”. Siamo fuori dal campo giuridico. E’ nata in
una sfera extragiuridica e rimane confinata in quella sfera. “SEMBRA” esserci una contraddizione,
fra la relazione al codice civile e il dato normativo. Cosa voglio dire? La relazione ci dice che l’o.n.
non è una obbligazione e come tale non produce effetti giuridici; e invece, il 2034, in APPARENTE
contraddizione, sembra collegare all’o.n. un effetto giuridico: 2034 co.1, “non è ammessa
ripetizione di quanto spontaneamente prestato in esecuzione di dovere morale o sociale”.
L’adempimento non è ripetibile: effetto giuridico della s o l u t i r e t e n t i o. Non è
ammessa ripetizione dell’indebito.

ATTENZIONE. Qual è il principio generale che governa gli spostamenti patrimoniali


nell’ordinamento giuridico? E’ quello delineato dall’art. 2041 c.c: l’ordinamento non ammette
spostamenti patrimoniali che non siano giustificati causalmente. Principio della necessaria
giustificazione causale dello spostamento patrimoniale. Principio su cui si basa il 2033: se io
eseguo una prestazione che NON è dovuta, quella prestazione produce uno spostamento
patrimoniale che non è giustificato. Si verifica dunque il diritto alla ripetizione dell’indebito. La
prestazione non è dovuta, quindi io vanto il diritto di ottenere indietro quella prestazione, in quanto
pagamento non dovuto. Sulla base di questi principi generali, 2041, 2033 del codice civile
dovremmo affermare che la prestazione eseguita in forza di una NON OBBLIGAZIONE
dovrebbe costituire un indebito, perché non c’è un dovere giuridico di eseguire quella
prestazione. Dovremmo affermare sulla base dei principi generali quando si esegue una
prestazione non dovuta si ha diritto alla ripetizione.

INVECE LA NORMA ESCLUDE IL DIRITTO ALLA RIPETIZIONE di quanto eseguito in forza


dell’obbligazione naturale. Se non è ammessa ripetizione, vuol dire allora che UNA
GIUSTIFICAZIONE DI QUELLO SPOSTAMENTO PATRIMONIALE C’E’. Dunque il
legislatore considera l’obbligazione naturale una VALIDA CAUSA SOLVENDI. Pur non essendo
VALIDA CAUSA OBLIGANDI, costituisce una VALIDA CAUSA SOLVENDI. Se volete in
questo sta l’IMPERFEZIONE dell’obbligazione naturale: l’obbligazione naturale è come
l’obbligazione una causa solvendi; ma NON è una causa obligandi. E’ CAUSA SOLVENDI senza
essere VINCOLO GIURIDICO. E qui sta la contraddizione fra relazione al Re e norma. La norma
ci dice che l’obbligazione naturale produce un effetto giuridico (soluti retentio); la relazione invece
ci dice che la obbligazione naturale NON PRODUCE EFFETTI GIURIDICI. La contraddizione
però è solo apparente: l’effetto giuridico della soluti retentio è un effetto NON DIRETTO
dell’obbligazione naturale; ma INDIRETTO, MEDIATO dell’obbligazione naturale. Non è
l’obbligazione naturale che produce un effetto giuridico; è l’atto di esecuzione dell’obbligazione
naturale che produce un effetto giuridico, quello della soluti retentio. La legge collega un effetto
giuridico all’ATTO di esecuzione dell’obbligazione, non all’OBBLIGAZIONE in sé !!!

Questo atto di esecuzione può essere considerato un ADEMPIMENTO in senso tecnico?


Intendiamo l’atto dovuto. L’atto giuridico in senso stretto. Attenzione: è un atto giuridico in senso
stretto in quanto è DOVUTO. E’ tale in quanto è esecuzione di un DOVERE GIURIDICO, di una
prestazione a carattere patrimoniale. L’obbligazione naturale non è un dovere giuridico ma
extragiuridico. L’atto di esecuzione dell’obbligazione naturale non può essere considerato atto di
adempimento in senso stretto: l’atto postula la VOLONTA’ di quell’atto e la volontà dell’effetto.
Atto di esercizio di autonomia privata. Questo vuol dire che non si adempie in senso tecnico
DIRETTAMENTE l’obbligazione naturale, dove per adempimento intendiamo l’atto giuridico in
senso stretto.

L’obbligazione naturale che non si adempie, quindi, direttamente (non essendo l’obbligazione
naturale un dovere giuridico) si può adempiere INDIRETTAMENTE? Adempimento indiretto delle
obbligazioni naturali: il problema centrale delle obbligazioni naturali. Tema da concorso. Che cosa
vuol dire adempimento indiretto? Si può configurare quando l’obbl.nat. diventa una obbligazione
giuridica, o meglio, quando il CONTENUTO dell’obbligazione naturale diventa il contenuto di una
obbligazione giuridica. Si assume giuridicamente lo stesso debito che è stato assunto naturalmente.
Abbiamo DUE obbligazioni: a)l’obbligazione naturale sottostante; b) obbligazione giuridica
sovrastante. Adempiendo l’obbligazione giuridica in maniera diretta, si adempie indirettamente
l’obbligazione naturale. DOMANDA: quali sono gli strumenti del diritto civile che consentirebbero
di assumere giuridicamente il debito che già forma oggetto di una obbligazione naturale? Promessa
unilaterale. Tizio assume un debito di gioco. Art. 1933. Tizio deve pagare 100 in virtù del gioco.
Tizio allora, con una PROMESSA UNILATERALE, assume l’obbligazione di pagare 100: assume
giuridicamente lo stesso debito oggetto dell’obbligazione naturale. Qual è l’effetto della
promessa unilaterale di pagamento (1988)? Tizio assume giuridicamente l’obbligazione naturale,
con una (ATTENZIONE!) astrazione del rapporto giuridico dal rapporto sottostante. Noi
abbiamo due rapporti: il rapporto NON GIURIDICO di gioco, da cui sorge l’obbligazione naturale;
su quel rapporto si costituisce un rapporto giuridico che sorge dalla promessa. Fra i due rapporti vi è
una relazione di ASTRAZIONE: ma non sostanziale, bensì processuale. La promessa di pagamento
produce come effetto l’inversione dell’onere della prova. Tizio, promettendo il pagamento, si
obbliga ad eseguire quella prestazione di pagamento SALVA LA PROVA CONTRARIA della
inesistenza, invalidità, inefficacia, del rapporto sottostante da cui è sorto il debito. Questo è l’effetto
previsto dal codice civile. La promessa esonera il creditore dall’onere di provare l’esistenza, la
validità, l’efficacia del diritto di credito sottostante; è il debitore promittente che, per evitare
l’esecuzione della prestazione deve provare inesistenza, invalidità, inefficacia del rapporto
sottostante. Si tratta dell’astrazione processuale: dell’onere della prova. Astrazione processuale vuol
dire PRESUNZIONE DI ESISTENZA, VALIDITA’, EFFICACIA della prestazione promessa. La
promessa non produce invece una astrazione SOSTANZIALE: ce lo dice chiaramente la relazione
al Re. Nel senso che se il rapporto sottostante non esiste, non è valido, non è efficace, non sarà
esistente, valida, efficace neanche la promessa di pagamento. Il rapporto sovrastante di promessa
dipende dal rapporto sottostante promesso.Dunque la promessa potrebbe essere in astratto uno
strumento per assumere giuridicamente un debito già assunto naturalmente. Stesso meccanismo si
potrebbe realizzare con la ricognizione di debito: il soggetto che ha assunto l’obbligazione naturale
di gioco potrebbe riconoscere il debito con un negozio unilaterale di riconoscimento del debito.
Stessa logica, stessa norma della promessa di pagamento, idem come sopra.

Oltre alle PROMESSE unilaterali tipiche che consentono di assumere giuridicamente il debito già
assunto naturalmente, anche la NOVAZIONE potrebbe consentire di assumere giuridicamente
l’obbligazione naturale. Con la novazione siamo nel campo dei negozi giuridici BILATERALI: un
contratto. Un contratto che consentirebbe di estinguere l'obbligazione naturale facendone sorgere
una giuridica: trasformazione della obbligazione naturale in giuridica: questo sarebbe l'aliquid novi.
Nel caso della novazione, come invece avverrebbe per la promessa di pagamento e per la
ricognizione di debito, non abbiamo un CUMULO (obbligazione naturale e giuridica); perchè
l'obbligazione naturale si estingue.

Questo meccanismo è ammissibile? Si può novare l'obbligazione naturale? O riconoscere il debito


assunto naturalmente? Si potrebbe sostenere che la PROMESSA, la RICOGNIZIONE, la
NOVAZIONE, sono esercizio di AUTONOMIA PRIVATA: atto di scelta del privato. Libertà
negoziale del privato. Come esercizio di autonomia privata, il soggetto che ha assunto
un'obbligazione naturale potrebbe assumere giuridicamente l'obbligazione naturale. Si può
adempiere indirettamente l'obbligazione naturale. Questa è una possibile soluzione; che tuttavia non
è soddisfacente.

La libertà negoziale incontra dei limiti. Il negozio unilaterale di promessa di pagamento fa sorgere
una obbligazione giuridica con inversione dell'onere della prova, astrazione processuale; tuttavia la
promessa di pagamento non è MAI astrazione sostanziale. Il negozio unilaterale di promessa
dipende dall'ESISTENZA di un rapporto GIURIDICO sottostante. Se l'obbligazione giuridica
sottostante non sussiste, non sussiste neanche la promessa. L'obbligazione naturale non è un
VINCOLO GIURIDICO. L'obbligazione naturale non è una obbligazione. E' una causa solvendi,
non obligandi. Manca quindi il presupposto della promessa. La promessa postula una
OBBLIGAZIONE non una NON OBBLIGAZIONE. La promessa di una obbligazione naturale non
è ammissibile a livello strutturale, ontologico! Stesso discorso per ricognizione di debito: postula un
vincolo giuridico sottostante che si riconosce. Non c'è astrazione sostanziale! Stesso vale, mutatis
mutandis per la novazione: qual è il presupposto essenziale della novazione? Postula una
obbligazione da estinguere! Se non c'è obbligazione da fare estinguere, come si può novare! Difetto
di struttura causale della novazione, che diventa nulla! Non si può far sorgere una obbligazione
giuridica sulle ceneri di una obbligazione naturale. La novazione ha un DOPPIO EFFETTO:
estinzione precedente obbligazione; sorgere di quella nuova.

CONCLUSIONE: nonostante l'autonomia privata non si può assumere giuridicamente un debito


assunto naturalmente. Quindi l'obb. nat. non si può ADEMPIERE nè direttamente nè
INDIRETTAMENTE.

DEBITO DI GIOCO. E' uno di quei casi paradigmatici in cui maggiormente si pone il problema
dell'adempimento indiretto dell'obbligazione naturale. Due CONSIDERAZIONI: 1)siamo nel 1933
c.c.: la norma considera il debito di gioco come figura TIPICA di obbligazione naturale; obbl.nat.
nominata. Non è l'unica norma: si pensi al 627 c.c. E' poi una figura dubbia di obbl. nat. il DEBITO
PRESCRITTO; 2)il debito di gioco è uno di quei casi in cui può sorgere una obbligazione
GIURIDICA o NATURALE. Il gioco e la scommessa possono quindi essere considerati o un
rapporto giuridico o extragiuridico. GIURIDICO: fonte di obbligazione, a contenuto patrimoniale
diretto: gioco scommessa AUTORIZZATI DALLA LEGGE. La legge considera quel rapporto
RILEVANTE per l'ordinamento giuridico! L'ordinamento effettua una valutazione di rilevanza
giuridica basata su una valutazione di meritevolezza. L'ordinamento ritiene meritevoli alcune
scommesse. Qual è l'effetto della giuridicizzazione? La TUTELA. Obbligazione giustiziabile, che
deve essere adempiuta in senso tecnico! In caso negativo scattano le sanzioni giuridiche previste
per l'inadempimento. Lo stesso rapporto invece può essere NON autorizzato dalla legge. E
addirittura lo stesso rapporto può essere VIETATO dalla legge, incriminato! Gioco d'azzardo.

Quando CAZZO SORGE allora l'obbligazione naturale presa in considerazione dal codice civile?
Quando il gioco o la scommessa non sono nè autorizzati nè vietati. Categoria generale e residuale.
L'ordinamento TOLLERA in base a una valutazione nè di meritevolezza nè di immeritevolezza:
INDIFFERENZA. Neutralità. In questi casi sorge una NON obbligazione, che ex art. 1933 non è
ripetibile.

Disposizione fiduciaria testamentaria, ex art. 627. E' qualificata come obbligazione naturale dalla
relazione al codice. E' il legislatore che qualifica il dovere dell'erede/legatario di trasferire i beni
ricevuti in forza del testamento a un terzo come rapporto extragiuridico, obbligazione naturale.
Dovere MORALE nei confronti del testatore. Tizio istituisce Caio ma il beneficiario in realtà è
Sempronio che non compare nel testamento. Il dovere di Tizio di trasferire il bene a Sempronio ha
carattere patrimoniale; ma non è GIURIDICO. E' un dovere morale.
Stesso stilema linguistico ("non è ammessa la ripetizione") è utilizzato in caso di debito prescritto
ex 294: "in adempimento di un debito prescritto". Attenzione alle parole! "adempimento". La
prescrizione è un istituto di diritto SOSTANZIALE: questa è una tesi dominante. Con valenza
processuale. Il ragionamento può essere il seguente: la prescrizione estingue il diritto di credito; se
si estingue il diritto di credito, cosa si estingue? L'obbligazione. Chi paga il debito prescritto, allora,
non esegue più un atto dovuto: non c'è più l'obbligazione. Chi paga il debito prescritto non sta
adempiendo l'obbligazione ma esegue una non obbligazione: residua un dovere morale, etico di
pagare.Ecco perchè non è ammessa la ripetizione. Ecco perchè potremmo annoverare il debito
prescritto come ipotesi di obbligazione naturale tipica.

ATTENZIONE PERO': diverso angolo prospettico. Vero è che la prescrizione è istituto sostanziale;
ma abbiamo detto che ha valenza processuale. Cioè: la prescrizione non è rilevabile d'ufficio. Deve
essere fatta valere dalla parte. Eccezione in senso stretto. Se l'eccezione non viene fatta valere, il
diritto di credito NON SI ESTINGUE. Se il diritto di credito non si estingue, chi paga il debito
prescritto, senza che sia stata opposta l'eccezione di prescrizione, sta adempiendo l'obbligazione. Il
profilo processuale della prescrizione sposta la prospettiva.Chi paga fintanto che la prescrizione non
è fatta valere, quel soggetto ha ADEMPIUTO: non una obbligazione naturale ma giuridica! Ecco
perchè la norma parla di ADEMPIMENTO del debito prescritto. Mentre il 2034 parla di
ESECUZIONE DI UN DOVERE, non parla di adempimento! Il 2940 allora può essere letto NON
come ipotesi di obbligazione naturale tipica; ma può essere spiegato sul piano processuale, come
una ipotesi in cui non è ammessa la ripetizione perchè in realtà, pur essendosi il debito prescritto,
data la valenza processuale della prescrizione, non essendo essa stata opposta, il pagamento è
ancora ADEMPIMENTO di una obbligazione giuridica e per questo non è ripetibile. Non è
ripetibile perchè c' è una VALIDA CAUSA SOLVENDI. oltre che valida causa obligandi.

Ci sono delle NON OBBLIGAZIONI che sono esercizio dell'autonomia privata. Sono tali per
volontà delle parti. Intento giuridico negativo. E' la volontà delle parti (espressa, "deliberate non
law"; o inespressa, "contestual non law") a escludere l'intento giuridico.
Contestual: per il contesto in cui il rapporto sorge, quel rapporto si presume NON giuridico;
risponde a una logica generale di solidarietà, comunità: il trasporto di cortesia. Lo stesso rapporto di
trasporto può essere contrattualizzato, e lì abbiamo un contratto fonte di obbligazioni.
"Deliberate": qui la volontà è espressa. Potenzialmente quel rapporto è un rapporto giuridico. E' un
rapporto da cui potrebbe sorgere un rapporto giuridico a contenuto patrimoniale. Ma c'è un atto di
autonomia privata che fa sorgere sin dall'inizio un rapporto in forma NON GIURIDICA. Patto fra
gentiluomini: patto, accordo, potenzialmente un contratto fonte di obbligazioni; se non ci fosse la
volontà espressa delle parti quel rapporto sarebbe fonte di obbligazioni. La volontà delle parti
determinano la degiuridicizzazione del rapporto. Ma qual è la forza di un vincolo NON
GIURIDICO? Non ci sono tecniche di tutela. Allora la forza sta nel NOME, prestigio, immagine,
valore concettuale della persona. La violazione del patto è una perdita di immagine, credito, nome.
Quella è la sanzione: extragiuridica.
Dall'analisi della NON OBBLIGAZIONE all' OBBLIGAZIONE.

Il dualismo (obbligazioni TIPICHE ed ATIPICHE) è proprio delle obbligazioni. Il sistema delle


fonti è APERTO. Così lo concepisce il 1173. Tre fonti delle obbligazioni tra cui non figura la legge
(che figurava nel codice nel 1865). Nel 1865: fonti ambigue, "quasi"-delitto (resp. per fatto altrui),
"quasi"-contratto. Nel codice vigente, invece, si recupera la tripartizioni operata da Gaio. E si
espunge la "legge", si mette "ordinamento giuridico". Il sistema delle fonti è all'evidenza, un
sistema aperto: contratto (che è tipico; ma che anche atipico. Il contratto è dunque fonte aperta di
obbligazioni!); fatto illecito (2043, l'illecito è atipico per definizione); "ogni altro fatto/atto" (ancora
più aperto!). "Ordinamento giuridico": citato nel 1322; nella proprietà, come limiti del proprietario;
1173. Insomma, il richiamo all'ordinamento giuridico è una valvola di apertura del sistema delle
obbligazioni: ricomprende atti NON previsti dalla legge. Per esempio, PROMESSE
UNILATERALI ATIPICHE.

TESI NEGATIVA PROMESSE ATIPICHE


La promessa può quindi essere fonte di obbligazioni al di fuori dei casi espressamente previsti dalla
legge. Stiamo SCONFESSANDO il 1987 del codice civile, il quale sancisce una regola di
TIPICITA' delle promesse unilaterali, richiamando la LEGGE! La promessa unilaterale è una
sottospecie del negozio giuridico unilaterale. La relazione è inequivoca: "vogliamo escludere che la
promessa sia fonte aperta di obbligazioni come è il contratto". Perchè la promessa unilaterale non
può essere aperta? Relazione: "scompaginerebbe il campo di applicazione del contratto e gli
elementi di questo". Questa è la spiegazione sistematica: la CENTRALITA' DEL
CONTRATTO!!!!!!!!!!!!!!! Il sistema si base su questo principio! Il codice non disciplina il
CONTRATTO! Manco il "negozio", ma il contratto! Il negozio BILATERALE, rispetto al quale il
negozio unilaterale è una ECCEZIONE! Come eccezione, la promessa deve essere tipica. Del resto
tra le fonti delle obbligazioni il 1173 non cita la "promessa", o il "negozio unilaterale" ma il
CONTRATTO!

SE FOSSE AMMISSIBILE PROMESSA ATIPICA:

1)Se la promessa unilaterale fosse atipica, poi, si correrebbe il rischio di introdurre nel sistema i
negozi astratti, senza causa. Promitto quia promitto: si prescinde dalla causa; 2)Ovvero, la promessa
unilaterale atipica potrebbe costituire un modo per aggirare le norme che impongono certi vincoli di
forma: la DONAZIONE. Per il contratto di donazione (compresa obbligatoria) è prevista la forma
solenne. La donazione potrebbe essere fatta con promessa unilaterale atipica: il promittente diventa
donante, senza rispetto della forma; 3)Inoltre la promessa atipica rischierebbe di incidere sulla sfera
privata altrui: l'effetto che la promessa unilaterale produce prescinde dall'adesione del destinatario.
Produce i suoi effetti per la volontà di una sola parte. Può generare la lesione della sfera giuridica
del destinatario senza la sua accettazione: principio della RELATIVITA’ del negozio e
dell’INTANGIBILITA’ della sfera giuridica altrui.

TESI FAVOREVOLE
Il sistema ha l'esigenza di evolversi, soprattutto nel diritto civile che regola l'economia. Stando alla
relazione, al 1987, NON c'è spazio dunque per le promesse atipiche. Salvo introdurre un sistema a
doppio binario: a) promesse tipiche ex art. 1987 c.c.; b)atipiche ai sensi del 1173 c.c.: promessa
come atto idoneo a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento giuridico, attraverso una
REINTERPRETAZIONE dell'art. 1333 c.c. Quindi: 1173 + 1333. In che senso il 1333 attraverso il
1173 può divenire strumento per fare entrare le promesse atipiche? Il 1333 è nella disciplina del
CONTRATTO, negozio bilaterale. Proposta diretta a concludere un "Contratto": come può
diventare veicolo di un negozio unilaterale?
Il 1333 è una norma che secondo la lettura tradizionale della norma sulle promesse, individua la
figura del CONTRATTO UNILATERALE: il negozio è un CONTRATTO nella struttura. Si
caratterizza per due aspetti: a)strutturale, si conclude non attraverso incontro di proposta e
accettazione, ma attraverso incontro della proposta e il silenzio: il silenzio vale come assenso.
SILENZIO ASSENSO; b)effettuale: unilaterale per l'effetto. Effetti a carico di una sola parte. Se il
1333 è un contratto, allora il 1333 non può essere lo schema di una promessa unilaterale. Come la
promessa è ad EFFETTI unilaterali; ma a differenza della promessa, ha una struttura
BILATERALE. Dunque secondo questa lettura il 1333 non può essere lo strumento per veicolare
promessa unilaterale atipica.

Come può diventare il 1333 strumento per veicolare promessa atipica? Considerandolo un
NEGOZIO UNILATERALE ANCHE PER LA STRUTTURA (e non solo per l'effetto)!!! Il
silenzio non è silenzio significativo. Non è silenzio assenso. Il consenso necessita di una
ESPRESSIONE della volontà. Il silenzio ex 1333 non è significativo. Il 1333 non si forma per
l'incontro di proposta e accettazione; ma per effetto della SOLA PROPOSTA! Non c'è accettazione.
Quindi la PROPOSTA è come la PROMESSA: produce i suoi effetti nel momento in cui giunge a
conoscenza del destinatario, unilaterale RECETTIZIA. Recettizia e RIFIUTABILE: il rifiuto è un
CONTRONEGOZIO che paralizza l'effetto della promessa unilaterale. Il 1333 in questo modo
diventa veicolo per dare ingresso alle promesse atipiche. Il 1333 non individua un TIPO ma una
TIPOLOGIA: possono entrare tutte le promesse unilaterali atipiche.

Non c'è rischio di violare il principio di relatività o intangibilità: può produrre solo obbligazioni per
il promittente: può solo AVVANTAGGIARE il destinatario; che ad ogni modo può rinunciare con
un negozio di RIFIUTO. Non c'è rischio di aggirare norme sulla forma. Se il 1333 è un negozio
giuridico unilaterale, veicolo di promesse atipiche, in quanto negozio unilaterale, soggiace
all'applicazione della disciplina del contratto. Senza rischio per la causa, in quanto la CAUSA CI
DEVE ESSERE proprio perchè si applicano le norme sul contratto. Si applica il principio
contrattuale della necessaria CAUSALITA'.

La promessa unilaterale atipica, attraverso il 1333 diventa fonte aperta di obbligazioni ex


1173, laddove esso fa riferimento ad ogni altro atto o fatto. Il 1173 consente dunque di
delineare un sistema a doppio binario. Quelle tipiche rispondono al 1987; quelle atipiche, ex
art. 1173. Abbiamo DUE tipologie di promesse: unilaterali tipiche e atipiche. E' evidente la
FORZATURA del sistema. Però ha una sua dignità argomentativa. Il richiamo all'ordinamento
giuridico consente di ricomprendere nel sistema delle fonti anche le promesse atipiche. Il
richiamo all'ordinamento consente di comprendere anche i principi generali, come
la SOLIDARIETA'. L'ordinamento si compone non solo di leggi, ma anche di PRINCIPI, principi
costituzionali. Come la solidarietà, che si irradia nella CORRETTEZZA. Il rapporto obbligatorio
è regolato dalla CORRETTEZZA: buona fede oggettiva come fonte di obbligazioni.

BUONA FEDE FONTE DI OBBLIGAZIONI


Oggi ci limitiamo a mettere in luce un solo aspetto della buona fede: quello relativo alla capacità
della buona fede di essere FONTE di obbligazioni. Relazione: la clausola di buona fede è una
clausola di RECIPROCITA'. Il debitore deve tenere in considerazione l'interesse del creditore; e il
creditore deve tenere in considerazione l'interesse del debitore: questo passaggio è fondamentale.
Introduzione di una regola fondamentale che esclude la SODDISFAZIONE EGOISTICA dei propri
interessi. Siamo nel rapporto obbligatorio!!! Che è sintomatico di un conflitto di interessi
ENDEMICO!!
La buona fede diventa quindi fonte di obbligazioni:
A) all'interno di un rapporto già costituito divenendo fonte di obbligazioni aggiuntive, integrative,
ulteriori, che soddisfano normalmente l'interesse all'adempimento: obblighi di collaborazione del
creditore. L'esecuzione della prestazione non è sempre sotto il controllo esclusivo del debitore.
L'esecuzione può richiedere la COLLABORAZIONE del creditore, il quale ex bona fidei è
obbligato a collaborare. E' vero che l'adempimento soddisfa l'interesse del creditore; ma
ricordatevelo, c'è anche un interesse del DEBITORE all'adempimento! Interesse alla liberazione dal
vincolo obbligatorio;

B)Altro obbligo: obbligo del creditore di accettare una prestazione diversa, quando quella diversa
prestazione soddisfa comunque l'interesse del creditore ma al contempo soddisfa meglio l'interesse
del debitore alla liberazione dal vincolo obbligatorio!!! La buona fede fa sorgere l'OBBLIGO DI
ACCETTARE UNA PRESTAZIONE DIVERSA! MODIFICA CONTENUTO RAPPORTO
OBBLIGATORIO! Esempio: obbligazione pecuniaria, che ha ad oggetto l'obbligo di dare denaro.
Ma se anzichè consegnare denaro, effettuo prestazione con mezzo alternativo al contante, se quel
mezzo non pregiudica l'interesse del creditore, il creditore DEVE ACCETTARE quella diversa
modalità di adempimento! Non è una prestazione in luogo dell'adempimento! E' ADEMPIMENTO!

C) Sono frequenti le pronunce della Cassazione che fanno discendere dalla buona fede un obbligo
di rendicontazione. L'obbligo di tal tipo è espressamente previsto nel mandato, 1713; nella gestione
di affari altrui, 2030 cc. Quest'obbligo è espressivo di un principio generale. Le norme che
prevedono nell'ambito di certi rapporti (mandato, negotiorum) sono RICOGNITIVE di un principio
generale che affonda le proprie radici nella regola di buona fede oggettiva. Chi svolge una attività
nell'interesse altrui ha il dovere di soggiacere al controllo, quindi di RENDICONTARE;

D) la buona fede non solo può far sorgere obbligazioni interne al rapporto STRUMENTALI
all'adempimento e all'esecuzione del rapporto; ma obbligazioni che soddisfano l'interesse alla
PROTEZIONE. La buona fede può far sorgere obblighi a contenuto protezionistico. Obblighi di
protezione. Il rapporto giuridico è una relazione: come ogni relazione è suscettibile di generare delle
interferenze, lesioni della sfera giuridica altrui. Per prevenire la lesione e risarcirla, la buona fede fa
sorgere un obbligo di protezione che soddisfa un interesse alla SICUREZZA, non lesione della
propria sfera giuridica: a) obblighi INFORMATIVI; b)obblighi di promuovere azioni nell'interesse
di controparte.

Obblighi di protezione. Obbligazioni senza prestazione, Castronovo. La definizione è corretta, ma


occorre fare precisazione. L'obbligo di protezione non ha ad oggetto una prestazione
predeterminata; il contenuto è PROTEGGERE, non PRESTARE. In questo senso il contenuto
dell'obbligazione è senza prestazione. L'oggetto dell'obbligazione è la protezione non la prestazione.
Ma per proteggere bisogna PRESTARE. Pensate al caso delle S.U sul leasing. La società di leasing,
nei confronti dell'utilizzatore. L'utilizzatore non acquista ma prende in godimento il bene. E' la
società di leasing che compra. Quindi abbiamo due contratti: venditore- società di leasing che
compra; società di leasing- utilizzatore che ottiene in godimento il bene. L'utilizzatore è terzo
rispetto al contratto tra società di leasing e venditore: quindi i difetti della VENDITA non li può far
valere l'utilizzatore. L'inadempimento del venditore non lo può far valere l'utilizzatore con l'azione
di risoluzione.L'inadempimento lo può far valere la società di leasing, che NON HA INTERESSE
ALLA RISOLUZIONE, perchè se si risolve il contratto di vendita, va a cadere anche il contratto di
locazione finanziaria. L'utilizzatore rischia quindi di essere senza tutela. Ecco che scatta obbligo di
tutela: l'utilizzatore ha diritto di ESSERE PROTETTO. La società di leasing, ex bona fidei, DEVE
proteggere l'utilizzatore, obbligazione senza contenuto predeterminato, ma a contenuto
protezionistico. In che cosa si sostanzia la prestazione? In un FACERE, cioè esercizio dell'azione di
RISOLUZIONE del contratto di vendita per inadempimento. L'obbligo di protezione diventa
obbligo di PRESTAZIONE.

La buona fede può diventare obbligo di protezione nei confronti di un TERZO? Terzo estraneo dal
rapporto obbligatorio ma prossimo: contratto fra medico e gestante. Prestazioni che il medico deve
eseguire nei confronti della gestante; ma ci sono soggetti terzi prossimi: si pensi al nascituro, al
marito. Sono estranei ma prossimi: il danno che il medico genera va a detrimento anche della loro
sfera giuridica. La buona fede può far sorgere obblighi di protezione nei confronti del terzo?

Se si ammettesse, come pure si è affermato, che la buona fede diventa fonte di obbligo di
protezione del medico nei confronti del terzo, si chiamerebbe a rispondere il medico nei confronti
del terzo a titolo di INADEMPIMENTO di una obbligazione, 1218 c.c. Attrazione nel campo del
1218 di una responsabilità che altrimenti ricadrebbe del 2043. E questa è la logica del contatto
sociale qualificato.

L'operazione di far discendere dall'obbligo di buona fede l'obbligo di protezione del terzo è la stessa
operazione che si fa con la teoria del contatto sociale. Cioè: fin adesso abbiamo parlato della buona
fede come fonte di obbligazione all'interno di un rapporto obbligatorio già costituito; la buona fede
però può essere ESSA STESSA fonte di un rapporto obbligatorio. La buona fede COSTITUISCE il
rapporto obbligatorio, lo instaura. FONTE ESCLUSIVA dell'obbligazione. Il contatto è un fatto.
Quando un contatto è idoneo a produrre obbligazioni all'interno dell'ordinamento giuridico? Non
ogni contatto è idoneo. Ci sono dei contatti non idonei. Deve essere QUALIFICATO: cosa qualifica
il contatto? Lo SCOPO! Analogia con il contratto: il contratto è qualificato dalla causa; il
CONTATTO è caratterizzato dallo SCOPO, è volto a perseguire uno scopo considerato meritevole
di tutela secondo l'ordinamento giuridico. Uno scopo che supera il vaglio di meritevolezza.

Il perseguimento dello scopo del contatto passa attraverso la buona fede, l'affidamento di una parte
nella diligenza, correttezza, professionalità, buona fede dell'altra parte. Scopo e affidamento ex
bona fidei qualificano il contatto come FATTO IDONEO a produrre obbligazioni. Dal contatto
sociale qualificato sorge: OBBLIGO INFORMATIVO.

S.U. 2018: pagamento dell'assegno a soggetto non legittimato all'incasso. Vi è gia stata sentenza a
s.u., ma la problematica è sempre oggetto di contrasto. La norma di riferimento è l'art. 43 co.2 della
legge assegni: la Banca che paga a persona diversa dal prenditore risponde del pagamento.
Domanda: la banca risponde a che titolo?
1) potremmo interpretare l'art. 43 in un modo piuttosto che in un altro: innanzitutto potremmo
sostenere che il 43 disciplina in maniera autonoma la responsabilità della Banca. La norma prevede
una fattispecie di responsabilità che non ricade nè sotto l'egida del 1218 nè sotto l'ambito
applicativo del 2043. L'obbligazione cartolare non può considerarsi adempiuta per il fatto che la
Banca ha pagato l'assegno al soggetto non legittimato: se è così, vuol dire che la Banca, anche se
ha pagato al non legittimato, non ha ancora adempiuto, è ancora obbligata nei confronti del soggetto
legittimato, che può far valere il suo diritto nei confronti della banca. Il soggetto legittimato ha
quindi diritto a prescindere dalla colpa della banca. Stiamo introducendo una forma di
RESPONSABILITA' OGGETTIVA. Per questo si dice che si tratta di responsabilità diversa dal
1218, e diversa dal 2043. Il 1218 e 2043 infatti non sono responsabilità soggettive.

2) 2018 S.U. Fanno ricorso alla teoria del contatto sociale qualificato. Ragionamento diverso. La
banca è un operatore professionale. L'art. 43 è posta a tutela di interesse generale alla corretta
circolazione dei crediti. Al contempo il 43 è posto a tutela anche di un interesse individuale del
soggetto legittimato al pagamento. L'art. 43 va letto nella prospettiva di una relazione, fra operatore
professionale e soggetto legittimato all'incasso. Questa relazione delinea un contatto sociale
qualificato che fa sorgere un obbligo di protezione della banca nei confronti del soggetto
legittimato. Non essendoci un contratto c'è un rapporto obbligatorio che è fonte di obbligazioni,
rimaste inadempiute per COLPA della banca. La banca risponde nei confronti del legittimato per
inadempimento di una obbligazione che postula la COLPA.

Questa pronuncia è rilevante. Va letta alla luce della LEGGE GELLI per la responsabilità medica.
Uno di campi di massima applicazione della teoria del contatto sociale qualificato era, prima della
legge gelli, la responsabilità medica. Si diceva: quando c'è contratto tra medico e paziente, nulla
questio; quando non c'è il contratto, quel rapporto individua un contatto sociale qualificato,
rapporto qualificato da uno scopo meritevole di tutela, tutelare il paziente. Il medico è gravato da
obblighi di informazione e protezione. Il medico risponde a titolo di inadempimento, sotto l'egida
del 1218, regime più agevole del 2043, a tutela del paziente. La Legge Gelli qualifica
espressamente con una norma che si autoqualifica INDEROGABILE ("la giurisprudenza non abbia
più nulla da inventarsi!"), la responsabilità del medico è AQUILIANA. Nel momento in cui la
legge qualifica la responsabilità del medico come aquiliana, la legge sta
implicitamente ESCLUDENDO che tra medico e paziente si configuri un contatto sociale
qualificato. Quindi non c'è un obbligo di protezione del medico nei confronti del paziente; perché se
ci fosse, non potrebbe scattare il 2043, che sorge quando NON C'E' un rapporto obbligatorio.
Quando c' è danno senza adempimento di obbligazione preesistente.

La legge gelli mette in crisi la teoria del contatto sociale. Escludendola dal campo medico la mette
in crisi a livello sistemico!!!! Se la teoria del contatto sociale non si applica nel campo medico che è
il campo di massima applicazione, quando si applica? Non si applica più a questo punto. In realtà,
dalle S.U., si arriva alla conclusione che il contatto sociale, se non escluso dalla legge, continua a
trovare applicazione. Le S.u facendo applicazione della teoria fra la Banca e il prenditore
dell'assegno confermano che il fatto che la legge gelli esclude il contatto sociale in campo medico,
non vuol dire che in altri ambiti dell'ordinamento si possa farne applicazione. La mediazione tipica
è un altro ambito di applicazione; la responsabilità dell'insegnante. La responsabilità precontrattuale
della PA, ad. plenaria 2018.
MODIFICA, ESTINZIONE, VICENDE DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO
LEZIONE FONDAMENTALE

Cercheremo di affrontare la problematica in una chiave NEGOZIALE: natura giuridica e causa


degli atti estintivi del rapporto obbligatorio.
Natura giuridica e CAUSA:
-adempimento
-adempimento traslativo
-adempimento del terzo
-surrogazione che dall'adempimento del terzo può derivare
-datio in solutum
-novazione oggettiva
-compensazione volontaria
-remissione del debito
-cessione del credito
-delegazione
-espromissione
-accollo

Anticipiamo la conclusione: nell'ambito dell'estinzione e modificazione del rapporto obbligatorio ci


sono effetti che si producono ex lege (come per il dir. amm., schema NORMA-FATTO-EFFETTO).
Effetti che derivano ex lege da atti giuridici in senso stretto; e poi ci sono effetti che invece
derivano da NEGOZI UNILATERALI con CAUSA VARIABILE! E poi effetti che derivano da
NEGOZI BILATERALI, dunque contratti: che hanno causa GENERICA fissa e IN CONCRETO
variabile; effetti che derivano pure da NEGOZI A FAVORE DEL TERZO. Abbiamo la causa fissa
e variabile Negozi che costituiscono il PARADIGMA della causa variabile: negozio neutro. O il
negozio a causa GENERICA, però variabile in concreto.

ADEMPIMENTO
Partiamo da ciò che negozio non è . E' superata la teoria negoziale, secondo cui
esso presupporrebbe la volontà dell'ATTO e dell'EFFETTO. L'effetto si produrrebbe in virtù della
volontà del solvens: l'effetto solutorio dell'atto sarebbe collegato con la volontà del debitore.
L'effetto solutorio dipende dall'animus solvendi. L'adempimento, senza quella particolare voluntas
del solvens, non sarebbe un adempimento ma un atto neutro. Se l'adempimento non fosse
necessariamente un negozio giuridico, basato sulla volontà dell'effetto, l'atto sarebbe neutro, e
potrebbe essere giustificato causalmente da una diversa funzione. E produce effetti unilaterali,
indipendentemente dall'accettazione del destinatario.

La teoria negoziale non è condivisibile. E' si atto unilaterale, che produce i suoi effetti a
prescindere dall'adesione del destinatario; ma non ha natura NEGOZIALE. E' un ATTO
DOVUTO. E' un atto ESECUTIVO. L'effetto dipende non dalla voluntas ma si produce sul piano
OGGETTIVO: in virtù della coincidenza oggettiva fra la prestazione dovuta e quella eseguita. E'
dunque un atto giuridico in senso stretto, effetti ex lege. Cerchiamo la conferma però. Addentellato
normativo: disciplina dell'adempimento che è difforme rispetto a quella del contratto: 1)Se
l'adempimento fosse un negozio, l'incapacità dell'autore dell'atto RILEVEREBBE! E invece il 1191
sterilizza l'incapacità del solvens. Perchè? Perchè l'adempimento non presuppone la VOLONTA'
dell'EFFETTO giuridico!
2)Il 1191 conferma che basta la coincidenza oggettiva fra prestazione dovuta ed eseguita. Se
l'incapace esegue la prestazione, fa un atto dovuto, non c'è esigenza di protezione dell'incapace!
Egli non è pregiudicato: e quindi non c'è esigenza di tutela.

ADEMPIMENTO TRASLATIVO
Possiamo affermare che OGNI adempimento è un atto giuridico in senso stretto? L'adempimento
traslativo è un atto giuridico in senso stretto? Il debitore è OBBLIGATO a trasferire la proprietà.
L'atto con cui il debitore esegue sarebbe un atto giuridico in senso stretto. Qui abbiamo una
fattispecie che si compone di due atti: a) adempimento traslativo; b)l'atto con cui si trasferisce la
proprietà, sulla base di un obbligo assunto a monte. L'adempimento traslativo si iscrive in una
fattispecie a formazione progressiva. Struttura bifasica: negozio programmatico a monte, in base al
quale il debitore si obbliga a trasferire la proprietà, effetti obbligatori; l'obbligo viene adempiuto
con un atto a valle, con cui si trasferisce la proprietà. L'atto traslativo a valle, essendo un
adempimento del debitore di un' obbligazione assunta può essere considerato un atto giuridico in
senso stretto? E' un atto dovuto.

C'è chi sostiene che costituisce atto giuridico in senso stretto. Atto traslativo della proprietà che non
è un negozio giuridico. Però: vero che abbiamo un atto esecutivo di un obbligo; ma abbiamo una
fattispecie a formazione progressiva. Abbiamo un negozio a monte con cui si assume l'obbligo di
trasferire la proprietà, che presenta una certa causa: le parti programmano il trasferimento della
proprietà per un CERTO SCOPO (accordo di separazione: separazione consensuale, abbiamo un
accordo complesso con natura mista, profili patrimoniali e personali; per i profili patrimoniali è un
contratto. Ma programmano, non eseguono). L'atto a valle quindi rientra in uno schema negoziale
pluristrutturato. E' un atto collegato con il negozio a monte e presenta una causa solutoria dell'atto
assunto con il negozio programmatico a monte. L'atto a vale è un atto che si basa sulla CAUSA
SOLVENDI; è un atto con cui si adempie l'obbligo assunto col negozio programmatico. Quindi non
possiamo parlare di atto giuridico in senso stretto: quando l'adempimento è traslativo rileva la causa
dell'atto, la volontà dell'effetto giuridico solutorio, collegato al trasferimento della proprietà. Ecco
perchè si tende a considerarlo un negozio giuridico. Unilaterale: la proprietà si trasferisce attraverso
un negozio giuridico unilaterale (e questo è il problema).

Qui si pone il problema dell'ammissibilità del negozio traslativo unilaterale. Problema che si pone
per 3 ragioni:

TESI NEGATIVA
-art. 922 c.c. Modi di acquisto della proprietà: "contratti e altri modi stabiliti dalla legge". La norma
è informata a un principio di tipicità. Tipici sono i modi stabiliti dalla legge. "Contratto" e non
"negozio unilaterale"; a meno che il negozio unilaterale non sia previsto quale "altri modi previsti
dalla legge". Non si può trasferire la proprietà attraverso un negozio unilaterale.
-art. 1376 c.c., principio consensualistico. Il contratto produce l'effetto traslativo immediatamente,
che deriva dal consenso. Il 1376 sancisce la COINCIDENZA fra titulus e modus adquirendi. L'atto
è al contempo il titulus (ausa spostamento patrimoniale) e modus (modo di trasferimento).
L'adempimento traslativo invece crea SCISSIONE fra titulus e modus. Ci sono due negozi: il
modus è costituito dal negozio a valle. Questa scissione contrasta con il principio consensualistico.
-CAUSA: il titulus è il negozio programmatico. L'adempimento traslativo sarebbe un atto senza
causa. Produce un trasferimento senza causa, essendo questa nel negozio a monte. Dunque
l'adempimento traslativo non sarebbe ammesso.

TESI POSITIVA
Siamo sicuri che l'adempimento traslativo è senza causa?
-L'adempimento traslativo, quando è un negozio unilaterale, non è senza causa, è a causa
ESTERNA, FISSA, SOLUTORIA che rientra in una fattispecie a formazione progressiva. La causa
è nel titulus programmatico; la causa del negozio invece ha causa solutoria di un negozio che ha una
propria causa.
- La scissione c'è, non c'è dubbio. La separazione fra titulus e modus contrasta con il 1376. Ma il
1376 non è una norma imperativa: il principio consensualistico è dal legislatore inserito a FAVORE
dell'autonomia privata, non contro. E' un principio generale che non vuole operare CONTRO
l'autonomia, ma la avvantaggia, evita la duplicazione di atti, costi e tempi. Resta un principio
generale a FAVORE, e quindi è disponibile. Le parti possono prevedere una diversa fattispecie di
produzione di effetto giuridico che non si incentra sulla concentrazione di titulus e modus.
L'adempimento traslativo sarebbe una deroga legittima al consenso traslativo, anzi è il MODO per
derogare al 1376.
-922: la norma è sicuramente informata a un principio di tipicità dei modi di acquisto della
proprietà. Ma è una norma elastica: non individua i CONTRATTI, ma ne parla in GENERALE, ed
è legata alla norma di ATIPICITA' del contratto in generale. Dove la norma chiama i contratti non
richiama solo i contratti tipici che producono un effetto traslativo ex lege (contratti tipici come la
vendita, che ha una causa in astratto, di SCAMBIO; donazione); il richiamo ai contratti in generale
invece richiama la disciplina generale e con essa l'atipicità, e dunque i negozi unilaterali, che del
contratto condividono la disciplina. L'ORDINAMENTO SI EVOLVE. Ciò che nasce inammissibile
(adempimento tralsativo) diventa AMMISSIBILE.

1)MANDATO SENZA RAPPRESENTANZA


Se ci pensate, questo schema di adempimento traslativo ricorre in una ipotesi prevista dalla legge,
che è conferma dell'ammissibilità dell'adempimento traslativo: MANDATO SENZA
RAPPRESENTANZA, 1706 c.c. Il mandatario assume l'incarico di acquistare la proprietà di un
bene dal terzo in nome PROPRIO ma per conto del mandante; ed è obbligato, dopo averla
acquistata, a trasferirla al mandante. L'atto è un adempimento traslativo! E può quindi assumere le
forme del negozio giuridico unilaterale, con causa esterna, fissa, solutoria, chiude la vicenda
gestoria.

2)ACCORDO DI SEPARAZIONE
Altra ipotesi in cui si realizza lo schema di produzione dell'effetto traslativo attraverso
l'adempimento traslativo è l'accordo di separazione. L'accordo è il negozio programmatico in virtù
del quale le parti si obbligano, in virtù della separazione, ai trasferimenti patrimoniali. L'atto a valle
è un adempimento traslativo solvendi causa; ma è comunque un atto esecutivo dovuto. Perché
troviamo le pronunce di Cassazione che escludono la REVOCATORIA dell'atto a valle, cioè
dell'adempimento traslativo? Tizio si separa da Caia. Tizio, nell'ambito di un accordo, si impegna a
trasferire il bene a Caia. Tizio, dunque, per effetto dell'adempimento traslativo si impoverisce. Ma
l'adempimento traslativo è comunque atto esecutivo, nonostante sia un negozio. E' un negozio che
reca pregiudizio alle ragioni dei creditori, c'è l'eventus damni; eppure è e rimane un atto dovuto. E
la revocatoria è esclusa in caso di atti dovuti. L'atto revocabile è l'accordo di separazione.

3)NEGOZIO FIDUCIARIO
Tizio trasferisce a Caio la proprietà dell'immobile. Stipulano poi un pactum fiduciae, un accordo in
forza del quale Caio diventa proprietario ma sotto FIDUCIA, un fiduciario: Caio ha degli obblighi
che derivano dal negozio fiduciario: a)gestire la proprietà nell'interesse di Tizio; b) di ritrasferire la
proprietà a Tizio. L'atto con cui si adempie l'obbligo che deriva dal pactum fiduciae di ritrasferire
la proprietà è un adempimento traslativo che chiude la vicenda fiduciaria.
TEORIA DI GAZZONI
Riconduce all'adempimento traslativo la vicenda del contratto preliminare. Il definitivo sarebbe
l'atto con cui si adempie l'obbligo di trasferire la proprietà. Le parti programmano il trasferimento
della proprietà con il preliminare; realizzano l'effetto traslativo con il definitivo. Non c'è dubbio che
la vicenda preliminare/traslativo presenti delle vicende con l'adempimento tralsativo. Ma c'è una
differenza sostanziale fra lo schema bifasico negozio programmatico/ adempimento traslativo e lo
schema bifasico preliminare/definitivo: il negozio programmatico tout court fa sorgere l'obbligo di
trasferire la proprietà; il contratto preliminare, invece, fa sorgere l'obbligo di PRESTARE IL
CONSENSO a trasferire la proprietà. Il definitivo, postulando la prestazione del consenso, è un
negozio bilaterale! Mentre l'adempimento traslativo rimane unilaterale.

ADEMPIMENTO DEL TERZO


L'adempimento traslativo si può realizzare con l'adempimento del terzo. Noi stiamo ragionando
finora dell'adempimento traslativo come negozio del debitore (Tizio che si obbliga nei confronti di
Caia, in sede di accordo di separazione, a trasferire la proprietà). Prendiamo adesso la vendita di
cosa altrui: Tizio trasferisce la proprietà a Caio di un bene di Sempronio. La vendita non può
produrre effetti traslativi perchè Tizio non è proprietario (nemo plus iuris quam habet transferre
potest). Produce solo effetti obbligatori: Tizio assume l'obbligo di trasferire la proprietà. L'obbligo
può essere adempiuto in due modi: 1)Tizio acquista la proprietà dal terzo Sempronio e l'acquisto
consente il trasferimento della proprietà a Caio; 2)trasferimento diretto da Sempronio all'acquirente:
adempimento di un terzo ad un obbligo che deriva dal contratto. L'adempimento del terzo manifesta
tutte le sue caratteristiche. E' un atto complesso perchè, se consideriamo il rapporto obbligatorio fra
Tizio e Caio, l'adempimento di Sempronio è ESECUTIVO di quel rapporto; ma se guardiamo alla
PROVENIENZA dell'atto, alla posizione del terzo, l'adempimento del terzo è un atto esecutivo, ma
non è un atto esecutivo DOVUTO!!! Il terzo è terzo.Non basta, nel caso dell'adempimento del terzo,
la coincidenza oggettiva fra prestazione dovuta e la prestazione eseguita, perchè NON C'E' LA
PRESTAZIONE DOVUTA! L'adempimento del terzo postula l'ANIMUS SOLVENDI, la
VOLUNTAS di produrre un effetto solutore, di estinguere l'obbligazione altrui. A differenza
dell'adempimento del debitore è un NEGOZIO GIURIDICO, che produce i propri effetti a
prescindere dall'accettazione del creditore, sulla base di un negozio unilaterale. Il creditore senza
dubbio può rifiutare; il fatto che può rifiutare, non vuol dire che accetta e quindi acconsente.
Dobbiamo ragionare con la stessa logica del 1333: produce effetti favorevoli per il destinatario, che
riceve un vantaggio, non c'è problema di interferenze, aggressione di sfera giuridica altrui.
L'adempimento del terzo può essere paralizzato attraverso un negozio unilaterale di rifiuto da parte
del creditore. La legge stabilisce le CONDIZIONI del rifiuto. Qual è la causa dell'adempimento del
terzo? Per la causa dell'adempimento traslativo abbiamo parlato di CAUSA FISSA ESTERNA
SOLUTORIA; ma nel caso dell'adempimento del terzo la fattispecie è più complessa. Perchè il
terzo adempie l'obbligazione altrui? 1)Padre che adempie debito del figlio: CAUSA LIBERALE
(donazione indiretta). Spirito di liberalità; 2)il terzo adempie SENZA CORRISPETTIVO ma non
per spirito di liberalità, ma gratuitamente: ritrae un vantaggio economico indiretto, riflesso, ha
interesse ad adempiere; 3)il terzo riceve dal debitore un corrispettivo per adempiere la propria
obbligazione: qui l'adempimento del terzo è oneroso. Insomma, la causa non è fissa! Bisogna poi
guardare non solo ai rapporti fra terzo e debitore; ma anche fra terzo e creditore! Il terzo potrebbe
avere un accordo con il creditore in forza del quale adempie l'obbligazione del debitore.
L'adempimento del terzo è dunque un'ipotesi paradigmatica a SCHEMA NEUTRO, a causa in
concreto VARIABILE.

Dalla causa dell'adempimento del terzo (donandi, gratuita, oneroso) DIPENDE la disciplina della
REVOCATORIA dell'adempimento del terzo! Qui il problema si pone ancora di più: il terzo esegue
una prestazione NON DOVUTA, e si impoverisce, rischiando di pregiudicare le ragioni dei
creditori del terzo. Un conto è la disciplina della revocatoria quando l'atto è gratuito, un conto è
quando l'atto è oneroso. A maggior ragione, oggi, dopo l'art. 2929bis del codice civile: azione
esperibile a certe condizioni, ad esempio quando l'atto è gratuito, non quando è oneroso.

SURROGAZIONE
Il terzo che adempie l'obbligazione altrui si può surrogare nei diritti del creditore soddisfatto. Come
si spiega questo fenomeno? Il terzo diventa creditore al posto del creditore. Come si spiega questo
fenomeno? Dobbiamo semplicemente ragionare. L'adempimento del terzo è un atto esecutivo:
l'effetto dell'adempimento è l'estinzione dell'obbligazione. Si estingue dunque il rapporto tra il
debitore e il creditore per effetto dell'adempimento del terzo, l'obbligazione è morta, il rapporto si è
estinto. Il terzo diventa creditore nei confronti del debitore: se il rapporto originario si è estinto, è
sorto un NUOVO rapporto che ha lo stesso contenuto, perchè i diritti sono gli stessi, tra soggetti
differenti. Cos'è questa? E' una NOVAZIONE SOGGETTIVA dal lato attivo. MA: il codice civile
sulla novazione soggettiva contiene una sola norma: 1235 c.c. La norma non contempla proprio la
novazione soggettiva dal lato attivo; contempla solo la novazione soggettiva dal lato passivo,
RINVIANDO alle norme su delegazione, espromissione, accollo. Perché dunque il codice civile
non contempla la novazione soggettiva attiva, e con riferimento a quella passiva rinvia alle norme
su delegazione espromissione e accollo? Delegazione espromissione e accollo NON SONO estintivi
di un rapporto e costitutivi di un nuovo rapporto; sono fenomeni di successione a titolo particolare
nel rapporto obbligatorio. Sono fenomeni di circolazione del debito. La novazione soggettiva
passiva viene equiparata a una MODIFICAZIONE del rapporto obbligatorio sul lato passivo.
Parliamo di fattispecie differenti! La novazione soggettiva passiva presume ESTINZIONE del
rapporto e RINASCITA dello stesso rapporto tra soggetti diversi; la MODIFICAZIONE
SOGGETTIVA PASSIVA è quando NON C'E' l'estinzione del rapporto, ma SUCCESSIONE! E il
legislatore li equipara, senza nulla prevedere sulla novazione soggettiva attiva.

Perchè manca la novazione soggettiva dal lato attivo? E' INUTILE, ce lo dice la stessa relazione.
Forse addirittura dannosa! Sarebbe una complicazione, soprattutto per il giudice. Se il codice
contenesse una disciplina sulla novazione soggettiva dal lato attiva ed una disciplina sulla
modificazione del rapporto dal lato attivo sarebbe una complicazione per il giudice. Il codice
disciplina MODIFICAZIONE soggettiva dal lato attivo: cessione del credito, che comporta
modificazione della persona del creditore, il rapporto prosegue con nuovo creditore, cessionario. Si
tratta dunque della cessione del credito: lo STESSO rapporto con un CREDITORE diverso. Solo
che nel caso della novazione il rapporto originario si estingue e nasce un nuovo rapporto col nuovo
creditore; nel caso della cessione il rapporto non si estingue. Ma sul lato pratico non c'è differenza.
Se ci fossero DUE DISCIPLINE, una per la novazione soggettiva attiva, e una per la cessione del
credito, il giudice dovrebbe interrogarsi nel caso concreto se in quel caso c'è stata ESTINZIONE del
rapporto preesistente ovvero solo MODIFICAZIONE. Lo stesso problema si pone per la novazione
soggettiva dal lato passivo: sul piano pratico essa è equivalente a una modificazione del rapporto sul
lato passivo! Ecco perché la norma, 1235, nel prevedere la novazione soggettiva nel lato passivo
rinvia alla disciplina della delegazione espromissione accollo. Così come la novazione soggettiva
attiva viene equiparata a una cessione del credito.

Nel nostro ordinamento non c'è una disciplina della novazione soggettiva nè attiva nè passiva. Si
applica la disciplina della MODIFICAZIONE del rapporto obbligatorio, dal lato attivo o passivo. Se
anche si configurasse in astratto l'estinzione del rapporto e la nascita di un nuovo rapporto con
nuovo soggetto, creditore o debitore, quella fattispecie sarebbe comunque considerata una ipotesi di
modificazione del rapporto obbligatorio!! Sul piano pratico, per esigenze di semplificazione, ciò
che è novazione soggettiva viene considerata oggi modificazione del rapporto. La novazione è solo
OGGETTIVA: finisce l'ambiguità della novazione soggettica (relazione al re).
Se la novazione soggettiva non è dunque dotata di autonomia, la SURROGAZIONE che sarebbe
giustificabile come novazione soggettiva dal lato attivo, diventa giustificabile come
CESSIONE LEGALE DEL CREDITO che opera per effetto della legge. Già nella dottrina più
antica la surrogazione era una ficta cessio. Il rapporto non si è estinto. Nel caso nostro , poi, c'è
stato un adempimento del terzo. L'adempimento del terzo non estingue l'obbligazione originaria. La
estingue se non c'è surrogazione. La surrogazione diventa un fatto impeditivo dell'effetto estintivo
dell'adempimento del terzo. La surrogazione diventa un impedimento all'estinzione

L'ordinamento si trova cioè di fronte a un'alternativa: se c'è adempimento del terzo , la regola,
trattandosi di adempimento, è che il rapporto si estingue. SALVO CHE non vi sia surrogazione. Ma
perché l'ordinamento prevede la surrogazione anche EX LEGE? Perchè è una forma di
INDUZIONE ALL'ADEMPIMENTO! Se il terzo adempie si surroga nei diritti del creditore: ha
quindi un mezzo di recupero della prestazione! La surrogazione è un incentivo all'adempimento e
l'ordinamento incentiva l'adempimento del rapporto obbligatorio! Esigenza di vedere le
obbligazioni adempiute, cioè vedere la ricchezza circolare.

La surrogazione come mezzo di recupero della prestazione eseguita, quale mezzo di recupero vi
ricorda? Il REGRESSO. Si somigliano.
- RAPPORTO TRA SURROGAZIONE E REGRESSO: la surrogazione è un istituto previsto in
via generale. Il regresso è previsto in alcuni casi: obbligazioni solidali; fideiussione. Il regresso è
una PARTICOLARE forma di surrogazione nei casi previsti dalla legge. Si può affermare che vi è
tra due un rapporto di genere a specie? Se il regresso fosse una species di surrogazione, quando è
previsto il regresso, non sarebbe contemplata la surrogazione: si applica il rimedio specifico.
L'operatività è analoga, ma la natura giuridica è diversa. Il regresso NON è una forma di
surrogazione. Pensiamo all'obbligazione solidale, dove è previsto il regresso: il debitore in solido
adempie per l'intero; poi agisce in regresso in virtù di quell'adempimento per l'intero. Quando
agisce in regresso, non può chiedere l'intero; ma è un regresso PRO QUOTA, che sorge dal
rapporto interno, in base alle quote di ciascun debitore. Nel regresso non si verifica una
surrogazione negli stessi diritti, il diritto è DIVERSO. Il creditore può chiedere l'intero; il soggetto
che adempie e che agisce in regresso non puo' richiedere l'intero ma solo la quota! Il regresso ha
evidentemente una natura diversa dalla surrogazione. Inoltre, nella surrogazione c'è
MODIFICAZIONE del rapporto; nel caso di regresso c'è ESTINZIONE dell'obbligazione solidale,
e sorge un DIVERSO rapporto sul piano oggettivo! Nel caso del regresso non c'è novazione
soggettiva dal lato attivo: il rapporto è DIVERSO. Non c'è lo stesso rapporto fra soggetti diversi:
non essendoci novazione soggettiva non c'è modificazione del rapporto obbligatorio dal lato attivo.
Il regresso sul piano ONTOLOGICO non è assimilabile alla novazione. Meccanismo di operatività
diverso. La surrogazione è lo STESSO rapporto con un DIVERSO creditore; quindi modificazione
soggettiva dal lato attivo, cioè cessione del credito legale; il regresso è un rapporto giuridico
DIVERSO fra soggetti DIVERSI! Sono mezzi di recupero diversi.
-Questo spiega perchè sono alternativi ma non incompatibili. Cassazione 2017: surrogazione e
regresso sono alternativi ma non incompatibili. Dove la legge prevede il regresso, si applica il
regresso; ma quando la legge prevede la surrogazione, come nel caso della CONFIDEIUSSIONE
(più fideiussori di uno stesso debitore, i diversi fideiussori sono legati fra di loro da uno scopo
unitario di garanzia; più soggetti garantiscono lo stesso debito con un collegamento funzionale. Non
è una fideiussione plurima vi sono più fideiussori ma ognuno garantisce per sè). Il confideiussore
adempie: siamo sempre nell'ambito della fideiussione, quindi il confideiussore può agire in
regresso; ma la confideiussione può rientrare nei casi legali previsti dalla legge: 1203 c.c. Quando
nella fattispecie possono ricorrere entrambi gli strumenti, i due strumenti, come strumenti
alternativi entrambi di recupero, POSSONO ESSERE ESPERITI ENTRAMBI!!! Il regresso,
quando ricorrono i presupposti del regresso. Ovviamente non si può recuperare con la surrogazione
ciò che è recuperabile con il regresso e viceversa. Sono strumenti COMPLEMENTARI.
Un'ipotesi di surrogazione legale è nell'assicurazione: 1916 c.c., surrogazione dell'assicuratore nei
diritti vantati dall'assicurato. Questa surrogazione ha un triplice scopo, come dice la Cassazione:
-evita l'arricchimento dell'assicurato che gli deriverebbe dalla possibilità di cumulare l'indennizzo
assicurativo con il risarcimento del danno nei confronti del danneggiante. Il danneggiato non può
ricevere l'indennizzo dall'assicurazione e poi chiedere il danno al danneggiante. Altrimenti il fatto
illecito diventerebbe una occasione di GUADAGNO!
-evita l'arricchimento del danneggiante: senza la surrogazione dell'assicuratore, il danneggiante
beneficerebbe indirettamente del contratto di assicurazione. Il danneggiato è stato indennizzato; per
evitare l'arricchimento ingiustificato non potrebbe agire nei confronti del danneggiante; se neanche
l'assicurazione potesse agire nei confronti del danneggiante, il danneggiante rimarrebbe esente da
responsabilità. Vi sarebbe un meccanismo di incentivo al danno.
-La surrogazione consente, come nella responsabilità medica, di contenere il costo delle polizze
assicurative, perchè l'assicuratore, surrogandosi nei diritti dell'assicurato, può recuperare quanto
indennizzato nei confronti dell'assicurato.

DATIO IN SOLUTUM
Di contratti (come appunto è la datio) finora non abbiamo parlato. Il debitore esegue una
prestazione diversa da quella dovuta: se non c'è coincidenza fra prestazione dovuta ed eseguita non
c'è adempimento, no? Per aversi estinzione, occorre dunque l'ACCORDO delle parti. La CAUSA
della datio si giustifica in relazione all'effetto SOLUTORIO: le parti intendono estinguere il
rapporto con una prestazione diversa. Il contratto è ONEROSO: il creditore ha la soddisfazione del
proprio interesse patrimoniale; al contempo il debitore soddisfa il proprio interesse alla liberazione.

Attenzione all'effetto solutorio: esso deriva dall'ESECUZIONE della diversa prestazione. In tal
senso la datio si dice rientrare fra i contratti REALI: il contratto si conclude con l'ESECUZIONE
della diversa prestazione. La datio quindi non produce effetti OBBLIGATORI: non sorge obbligo
di eseguire!Questa è la differenza rispetto alla NOVAZIONE OGGETTIVA: qui si assume
l'obbligo di eseguire una diversa prestazione. Il contratto estingue l'obbligazione preesistente e lo
stesso contratto produce un effetto che nella datio non si verifica, ovvero l'effetto obbligatorio.

NOVAZIONE
Elemento centrale è l'animus novandi. Andiamo al contratto di vendita. Supponiamo che il bene sia
viziato. I vizi fanno scattare le garanzie ex lege: a)azione di risoluzione (actio redibitoria);
b)riduzione del prezzo (actio quanti minoris). Se il debitore si impegna ad eliminare il vizio, assume
una NUOVA obbligazione: novazione. Si estinguono le garanzie previste dalla legge.

C'è novazione? Non basta l'impegno unilaterale del debitore, occorre consenso delle parti. Deve
esserci accordo da cui risulti l'animus novandi: ovvero estinguere le garanzie, e far sorgere
l'impegno da parte del venditore di eliminare i vizi. Se non risulta l'ANIMUS l'impegno del
venditore non può valere come novazione, varrà come un RICONOSCIMENTO DEL VIZIO, e
quindi interrompe il termine di prescrizione dell' azione redibitoria e restitutoria ed evita la
decadenza dall'esercizio dell'azione. E comporta il sorgere di una NUOVA obbligazione e non
l'estinzione della precedente.

CAUSA NOVANDI
Causa generica: estinguere precedente obbligazione e farne sorgere una nuova. Ma in concreto, la
causa è VARIABILE: la novazione diventa uno strumento di adeguamento nei contratti di durata. Il
tempo che passa dalla stipulazione del contratto alla scadenza può determinare il mutamento delle
CIRCOSTANZE ( o esterne, o gli stessi interessi delle parti). La novazione, pur essendo strumento
estintivo, è uno strumento di adeguamento del rapporto obbligatorio: sembra paradossale ma è così.
E' uno strumento CONSERVATIVO: vero che estingue il rapporto, ma ne fa sorgere uno nuovo;
considerando il rapporto fra le parti la novazione è strumento di adeguamento rispetto alle
circostanze sopravvenute, mutamenti degli interessi stessi. Nel modificare il rapporto deve esservi
un aliquid novi (su questo non mi soffermo).

OBBLIGAZIONE DA ESTINGUERE
Deve esserci una obbligazione da novare. Il presupposto è proprio l'obbligazione da estinguere:
l'obbligazione è senza effetto se non esiste l'obbligazione originaria. La norma dice "E' SENZA
EFFETTO". INEFFICACIA: non è un vizio del contratto, ma la CONSEGUENZA di un vizio del
contratto. La novazione ha un VIZIO che la rende inefficace quando l'obbligazione NON ESISTE.
Es. contratto nullo: novazione di un contratto nullo. Quod nullum est nullum producit effectum. Se
il contratto non produce effetti, non fa sorgere nessuna obbligazione. L'obbligazione è inesistente: il
titolo dell'obbligazione è nullo.La novazione di un contratto nullo è inefficace: è FRUSTRATA LA
CAUSA NOVANDI, non può riuscire a fare estinguere nulla.Difetto di causa della novazione, non
si può realizzare la causa del tipo.

E se il contratto base fosse annullabile? Finchè non viene annullato è efficace, è sì invalido ma
efficace fino alla esentenza costitutiva di annullamento. Se interviene la sentenza di
annullamento, l'annullamento del contratto base determina la nullità del contratto di novazione;
PERO', se il contratto base è annullabile e il debitore ha stipulato la novazione CONOSCENDO il
vizio di annullabilità del contratto base, la stipulazione della novazione costituisce una convalida
del contratto base (una convalida tacita)? SI', la novazione sana il vizio del titolo dell'obbligazione
novata.

NOVAZIONE E OBBLIGAZIONE SOLIDALE


La novazione come contratto può avere ad oggetto l'obbligazione solidale. La novazione può essere
stipulata dal creditore con TUTTI i condebitori, con UNO SOLO. Fermiamoci sull'ipotesi di UNO
SOLO dei debitori. Il quale è obbligato all'intero: quindi può stipulare una novazione che riguarda
l'INTERO. Il debitore può disporre dell'oblbigazione solidale attraverso un contratto di novazione.
Qual è l'effetto della novazione dell'obbligazione solidale nei confronti degli ALTRI condebitori,
terzi estranei al contratto? Pur non essendo parte del contratto, gli altri sono LIBERATI.
L'obbligazione solidale si estingue. RELAZIONE AL RE: spiega il fenomeno attraverso un
principio generale, principio dell'EFFETTO FAVOREVOLE. Se l'atto posto in essere da un
condebitore produce effetti positivi per gli altri condebitore, gli effetti si estendono a tutti. La
novazione produce DUE EFFETTI: primo effetto estintivo, FAVOREVOLE; secondo effetto:fa
sorgere una nuova obbligazione: questo effetto sfavorevole non può propagarsi nei confronti degli
altri. La nuova obbligazione sorge solo in capo al condebitore stipulante: RES INTER ALIOS
ACTA NON NOCET.

REMISSIONE DEL DEBITO NELLE OBBLIGAZIONI SOLIDALI


Questo principio dell'effetto favorevole vale anche per la REMISSIONE. La remissione a favore di
uno dei condebitori va a vantaggio anche degli altri condebitori, pur non essendo destinatari diretti
della remissione. NATURA GIURIDICA REMISSIONE: il creditore rimette il debito. Guardando
dal lato del debitore è una remissione. Guardando dal lato del creditore, è una RINUNCIA:quando
la rinuncia ha ad oggetto un diritto di credito, la rinuncia si definisce REMISSIONE. La rinuncia è
un atto ABDICATIVO: abbandono del diritto. Qui, l'abbandono del diritto produce anche un effetto
estintivo del diritto di credito. STRUTTURA: la remissione, come la RINUNCIA, costituisce un
negozio giuridico unilaterale. L'effetto è favorevole per il destinatario e sfavorevole per l'autore:
non necessita del consenso del destinatario, producendo effetti favorevoli. Logica del 1333: se
capite questa logica, avete capito i negozi unilaterali. Il debitore potrebbe avere interesse
all'adempimento per essere SURROGATO nei diritti del creditore, dunque INTENDE
RIFIUTARE.

La remissione normalmente è un negozio gratuito. Il creditore rimette il debito senza corrispettivo;


ma può darsi che non rimetta per spirito di liberalità, ma perchè ha un interesse patrimoniale di
riflesso, indiretto. La remissione è dunque a schema neutro: CAUSA VARIABILE: spirito di
liberalità; oppure vi è un interesse, e quindi non si tratterà di negozio liberale , ma gratuito senza
corrispettivo; si può rimettere il debito SOLVENDI CAUSA: il debitore, dietro corrispettivo, ha
assunto l'obbligo di rimettere il debito: la remissione costituirà negozio solutorio di un negozio a
monte.

COMPENSAZIONE VOLONTARIA
Torniamo nel campo dei contratti. Contratti ad effetto estintivo L'effetto estintivo può essere
immediato ma non necessariamente: pur non sussistendo i presupposti della compensazione legale e
giudiziale le parti possono fissare le condizioni in presenza delle quali si produce l'effetto
compensativo, DIFFERITO NEL TEMPO, al verificarsi delle condizioni stabilite dalle parti:
PATTO DI COMPENSAZIONE FUTURA; tale patto può rimettere ad una delle parti il potere di
compensare. Qui si parla di compensazione FACOLTATIVA. L'effetto compensativo non è
immediato, deriva dall'esercizio di una facoltà attribuita dal contratto

Le parti possono quindi compensare pur non sussistendo i presupposti della compensazione legale e
giudiziale: i crediti non sono omogenei, nè esigibili, nè liquidi, nè di pronta liquidazione.
OMOGENEITA', ESIGIBILITA',LIQUIDITA': compensazione legale; OMOGENEITA',
ESIGIBILITA',PRONTA E FACILE LIQUIDAZIONE, compensazione giudiziale. Omogeneità:
quando ha ad oggetto una somma di denaro; esigibilità: deve essere azionabile; liquidità: non è
determinato nel suo preciso ammontare; non è di pronta e facile liquidazione: il titolo non contiene i
criteri vincolanti, oggettivi, matematici per determinare il QUANTUM dell'obbligazione.

S.U. 2016: fra i presupposti della compensazione non figura la CERTEZZA del credito. Il credito
che non è certo può fare operare la compensazione legale? o giudiziale? Il credito sub iudice, è
accertato dalla sentenza del giudice ma la sentenza non è definitiva: è omogeneo; è esigibile perchè
la sentenza è escutiva; è liquido. Può fare operare la compensazione? La CERTEZZA del credito,
pur non essendo previsto dalla legge per la compensazione, è un presupposto IMPLICITO,
scontato. Un credito che non è certo non può fare operare la compensazione perchè la LIQUIDITA'
presuppone la CERTEZZA. La liquidità attiene al QUANTUM, e presuppone l'AN; la liquidità
attiene all'oggetto; ma l'oggetto presuppone la CERTEZZA! Il credito incerto non può fare operare
le forme di compensazione legale e giudiziale; ma può costituire oggetto di una compensazione
volontaria.

CESSIONE DEL CREDITO


Abbiamo detto che è un'ipotesi di novazione soggettiva dal lato attivo, cioè di cessione del credito.
La cessione del credito come modificazione soggettiva attiva del rapporto obbligatorio come si
configura? Normalmente la cessione del credito si verifica in forza di un contratto, al di fuori della
surrogazione. CONTRATTO: tra creditore cedente e cessionario. Cessione del contratto: è un
contratto TRILATERALE al quale deve necessariamente prender parte il contraente CEDUTO;
invece nella cessione del CREDITO il debitore ceduto è terzo, e tale rimane anche in caso di
accettazione. La cessione è un contratto BILATERALE. L'accettazione vale come
ACCETTAZIONE/CONOSCENZA della cessione, ovvero avveramento della condicio iuris
sospensiva: la giurisprudenza interpreta la cessione come un contratto bilaterale che produce effetti
nei confronti del debitore ceduto che è terzo al verificarsi di certe condizioni: tali condizioni sono
condicio iuris sospensive, accettazione, notificazione, conoscenza. Ciò spiega la disciplina dei
conflitti in caso di più cessioni dello stesso credito a soggetti diversi: il cessionario che diventa
effettivamente creditore è quello nei cui confronti il contratto è stato per primo notificato, accettato,
conosciuto.

Ciò spiega un altro fenomeno, quello della possibile divaricazione degli effetti. Contratto bilaterale
fra cedente e cessionario. 1376, consenso traslativo: il contratto produce il trasferimento del credito
fra cedente e cessionario; MA, se il contratto non viene contestualmente accettato, notificato,
conosciuto dal ceduto, il contratto è INEFFICACE per il ceduto. DIVARICAZIONE effetti: spiega
il 1264. Il debitore che paga al cedente non avendo conosciuto il contratto di cessione, è
LIBERATO: Perchè? La liberazione potrebbe essere spiegata come una applicazione del 1189:
pagamento al creditore apparente. Applicazione del principio di apparentia iuris: il debitore è
liberato, in virtù della sua buona fede, perchè l'apparenza prevale sulla realtà.

In realtà non occorre scomodare il 1189. Il 1264 si giustifica in virtù della disciplina della cessione
del credito. Se il contratto è stato stipulato ma il debitore non ha conosciuto, accettato, notificata la
cessione, per il ceduto il creditore è ancora il cedente! Finchè non si verifica la condicio iuris
sospensiva il contratto di cessione produce effetti interni ma non nei confronti del ceduto. Quindi il
ceduto che paga al cedente paga all'EFFETTIVO creditore, e non al creditore APPARENTE.

CAUSA
La cessione presenta una causa GENERICA: il trasferimento del credito ovvero successione a titolo
particolare ne rapporto obbligatorio dal lato attivo. Causa generica, causa del tipo. Qual è la causa
in CONCRETO? E' VARIABILE: anch'essa è ipotesi paradigmatica di contratto a causa variabile.
Si può cedere il credito SOLVENDI CAUSA, per adempiere ad una obbligazione, realizzando
quindi una datio in solutum; si può cedere a scopo di garanzia; donandi causa. Il più ampio spettro
delle cause ammesse dall'ordinamento giuridico. Ad es. FACTORING: è un contratto complesso.
La cessione è un contratto tipico; il factoring invece è un contratto ATIPICO. Non c'è una disciplina
del factoring: nella prassi presenta caratteristiche di tipicità sociale, ma resta un contratto atipico.

Il factoring può avere una pluralità di cause. E' fondamentalmente una cessione di credito. Il
cedente trasferisce i crediti al cessionario; li trasferisce pagando una commissione, contratto
oneroso. Il pagamento della commissione si giustifica per la GESTIONE dei crediti: il factoring
assolve ad una funzione di ORGANIZZAZIONE dell'impresa. Una funzione di outsourcing quanto
alla gestione dei diritti di credito;ma non solo, anche funzione di FINANZIAMENTO: il
cessionario anticipa i crediti da riscuotere, e questa anticipazione assolve una forma di
finanziamento del cedente. Complessità di un contratto atipico al quale è applicabile per analogia la
disciplina della cessione del credito, nei limiti della compatibilità.

DELEGAZIONE ESPROMISSIONE ACCOLLO.


Queste tre forme di modificazione dal lato passivo del rapporto obbligatorio hanno anch'esse una
causa variabile.

NATURA GIURIDICA ACCOLLO


Intercorre fra il terzo e il debitore. Il terzo si accolla il debito: sorge obbligazione in capo al terzo.
Attenzione però: il terzo può assumere una obbligazione nei confronti del solo debitore (accollo
INTERNO); o nei confronti del creditore (ESTERNO).
ACCOLLO INTERNO
Se l'accollo è interno NON abbiamo una ipotesi di modificazione del lato passivo: il rapporto di
valuta tra debitore e creditore NON SI MODIFICA; il terzo non assume GIURIDICAMENTE il
debito! E' un atto di assunzione ECONOMICA del debito, il terzo si obbliga nei confronti del
debitore a fornirgli la PROVVISTA. Qui abbiamo un negozio atipico perchè non è disciplinato dal
codice civile, che disciplina l'accollo ESTERNO. E' quindi atipico, meritevole di tutela secondo
l'ordinamento giuridico, perchè l'assunzione economica del debito è comunque un effetto che
l'ordinamento guarda con favore, perchè consente l'adempimento.

ACCOLLO ESTERNO
Fattispecie diametralmente opposta: è un negozio esterno modificativo del rapporto obbligatorio. Il
terzo si obbliga ad eseguire la prestazione nei confronti del CREDITORE, il quale vanta il diritto
nei confronti del terzo. La relazione e la stessa giurisprudenza qualificano l'accollo esterno come un
contratto a favore del TERZO. L'accollo fra terzo e debitore, quando il terzo assume l'obbligo nei
confronti del debitore, vi è contratto a favore del terzo. Debitore del creditore originario diventa
anche il terzo: che si obbliga ad eseguire la prestazione nei confronti del creditore. L'accollo diventa
normalmente CUMULATIVO: il terzo diventa un ulteriore debitore, oltre al debitore originario.

Il terzo accollante somiglia al FIDEIUSSORE. L'accollante si obbliga nei confronti del creditore.
La fideiussione non può sorgere dal contratto a favore di terzo? Assolutamente sì: la norma sulla
fideiussione recita "è fideiussore", non individua il negozio di fiediussione, perchè essa può
derivare da più fonti, legge, negozio unilaterale, contratto: il terzo, fideiussore, stipula un contratto
con il debitore a favore del terzo creditore. Schema dell'accollo (cumulativo)! TUTTAVIA: Che
differenza c'è fra fideiussione e accollo? Nella fideiussione abbiamo DUE RAPPORTI
GIURIDICI: il rapporto garantito e il rapporto di garanzia: il fideiussore è parte del rapporto di
garanzia, non del rapporto garantito! Nel'accollo abbiamo un UNICO RAPPORTO
OBBLIGATORIO: ecco che "quando si applica la disciplina dell'accollo esterno cumulativo?
Quando la fideiussione? DEVO GUADARE AL RAPPORTO! Se abbiamo un RAPPORTO DI
GARANZIA che si affianca con ACCESSORIETA' al rapporto garantito siamo nel campo della
fideiussione e si applicherà la relativa disciplina; se invece abbiamo un UNICO RAPPORTO, cioè
il terzo diventa PARTE del rapporto da cui sorge l'obbligazione siamo in presenza dell'accollo.

L'analogia con la fideiussione spiega anche l'analogia della disciplina. Il fideiussore è obbligato in
solido, l'accollante è obbligato in solido. Tra il creditore originario e il terzo, se l'accollo esterno
non è liberatorio, il terzo e il debitore sono obbligati ad eseguire la stessa prestazione, in forza dello
stesso rapporto, nei confronti dello stesso creditore. L'obbligazione dell'accollante è in solido con
quella del debitore accollato. C'è solidarietà.

SOLIDARIETA'
Ma c'è solidarietà tout court o c'è un ordine nella solidarietà? Tout court: il creditore può richiedere
l'intero a sua scelta all'accollante o all'accollato. Qual è una ipotesi di SUSSIDIARIETA'? Quella
prevista nella delegazione. Anche la delegazione è fenomeno di successione del debito. La
disciplina prevede la sussidiarietà: il terzo delegato dal debitore delegante, ci sono due obbligati,
delegazione cumulativa come l'accollo, ma la norma prevede ESPRESSAMENTE in questo caso la
SUSSIDIARIETA'. La domanda è: la solidarietà dell'accollo è senza sussidiarietà o si può applicare
in via analogica la norma sulla delegazione, e ritenere che vi sia sussidiarietà, sulla base di un
beneficium ordinis e non exscussionis? Potremmo dire sì e no. In analogia con la fideiussione
potremmo dire che la fideiussione è normalmente solidale e la sussidiarietà eventuale (posizione
preferibile). Oppure, come è stato affermato, c'è analogia fra accollo e fideiussione ma c'è analogia
anche fra accollo e delegazione: la legge nella delegazione prevede la sussidiarietà, la solidarietà
non è incompatibile con la sussidiarietà, è una species del genus solidarietà, quindi si può
applicare in via analogica la sussidiarietà prevista per la delegazione all'accollo.

DISTINZIONE FRA ACCOLLO TIPICO E ATIPICO


Distinzione che refluisce sotto il profilo delle responsabilità. Nell'accollo interno, in caso di
inadempimento il terzo accollante risponde solo nei confronti del debitore; nell'accollo esterno vi è
una responsabilità del terzo accollante nei confronti direttamente del creditore.

ESPROMISSIONE
Intercorre fra il terzo espromittente e il CREDITORE. Senza delegazione del debitore: altrimenti
saremmo nel campo della delegazione. Negozio diretto fra terzo e creditore. Il terzo va dal creditore
e assume giuridicamente il debito. NATURA GIURIDICA: 1333, contratto con obbligazioni del
solo proponente. Il creditore può rifiutare! Dunque l'espromissione può essere considerato un
negozio unilaterale recettizio rifiutabile (se consideriamo 1333 come negozio e non come
contratto).

DELEGAZIONE
E' l'istituto più complesso: perchè nell'accollo abbiamo un negozio (che è un contratto a favore del
terzo); nell'espromissione abbiamo un negozio giuridico unilaterale; nella delegazione abbiamo una
DELEGA fra debitore e terzo. Questa delega è generalmente qualificata come MANDATO: quindi
un contratto. In forza di un contratto, il terzo di obbliga ad assumere giuridicamente il debito
(delegatio promittendi). Sulla base della DELEGA, primo negozio; il terzo ASSUME il debito nei
confronti del creditore (secondo negozio, negozio delegatorio, unilaterale recettizio rifiutabile).
MANDATO e NEGOZIO delegatorio.

Tutti e tre questi schemi negoziali si iscrivono in una dinamica COMPLESSA DI RAPPORTI
GIURIDICI: sia nell'accollo, che espromissione che delegazione abbiamo il NEGOZIO DI
ASSUNZIONE DEL DEBITO, cioè accollo; negozio giuridico unilaterale nell'espromissione;
negozio delegatorio nella delegazione. Dall'altra parte, abbiamo una serie di negozi sottostanti: il
negozio di assunzione di debito presuppone l'ESISTENZA di un debito, cioè un rapporto di
VALUTA. Il rapporto sottostante fra debitore e creditore. E poi c'è un rapporto di provvista, fra il
debitore e il terzo.

PROVVISTA (fra debitore e terzo)


Nell'accollo il rapporto tra debitore e terzo è il contratto di accollo a favore del terzo; nella
delegazione il rapporto di provvista è la delega; nella espromissione: NON C'E', o quanto meno non
risulta. Abbiamo quindi un rapporto di valuta uguale per tutti e un rapporto di provvista DIVERSO
per tutti.

RELAZIONE FRA NEGOZIO DI ASSUNZIONE DEL DEBITO E NEGOZI SOTTOSTANTI


Se è nullo, invalido, inefficace il rapporto di valuta, che cosa succede al NEGOZIO DI
ASSUNZIONE del debito? Se è invalido inefficace nullo il rapporto di provvista, cosa succede al
NEGOZIO DI ASSUNZIONE del debito?
-DELEGAZIONE: il codice ci fornisce la risposta. Le eccezioni relative ai rapporti sottostanti non
possono essere fatte valere. Art. 1271. Nè eccezioni relative al rapporto di valuta, nè quelle relative
al rapporto di provvista. Il negozio di assunzione è indipendente e autonomo rispetto ai rapporti
sottostanti. C'è un fenomeno di ASTRAZIONE (ultimo concetto della giornata!). Il negozio
delegatorio ASTRAE rispetto al rapporto da cui sorge il rapporto di valuta ed astrae rispetto al
negozio da cui sorge il rapporto di provvista. Con una ECCEZIONE: che la relazione al codice
spiega bene. Cioè l'astrazione non è ASSOLUTA: è relativa. Il negozio di assunzione perde questa
caratteristica di astrazione quando è NULLO il titolo del rapporto da cui sorge la valuta. Analogia
con la NOVAZIONE: se è nullo il rapporto di valuta non c'è alcuna obbligazione da assumere!
Quindi sarà nulla anche la DELEGA!!! C'è dunque una DOPPIA NULLITA'! Quella del rapporto di
valuta, la quale si propaga al rapporto di PROVVISTA!!! Viene meno la giustificazione del negozio
di assunzione del debito. E' nullo il rapporto di valuta e diventa nullo, per questo, il rapporto di
provvista: dunque diventa nullo il negozio di assunzione del debito. Qui stiamo parlando di
delegazione PURA: cioè che astrae dai rapporti sottostanti, salvo il caso della nullità del rapporto di
VALUTA. La delegazione è PURA (e quindi il negozio di assunzione è relativamente astratto)
come regola. Ciò non toglie che le parti possano configurare il negozio di assunzione come negozio
TITOLATO. Cioè il negozio di assunzione prevede che il terzo delegato può far valere tutte le
eccezioni relative al rapporto di valuta sottostante, o tutte le eccezioni del rapporto di provvista
sottostante. L'astrazione è dunque nella DISPONIBILITA' delle parti.

-ESPROMISSIONE. Anche qui abbiamo una configurazione codicistica: negozio di assunzione del
debito qualificabile come "parzialmente astratto". Cosa voglio dire? Il terzo, dice la norma, non
può opporre al creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti con il debitore espromesso, cioè non
può far valere le eccezioni relative al rapporto di provvista. Il negozio di assunzione ASTRAE dal
rapporto di provvista. Perché astrae? Relazione al re: il rapporto di provvista non risulta. Se non
risulta, è ovvio che il negozio deve astrarre dal rapporto di provvista. Mentre non astrae dal
rapporto di valuta: la norma consente al terzo di far valere le eccezioni relative al rapporto di valuta,
quindi l'espromissione è parzialmente titolata/astratta. Le parti POSSONO fare riferimento al
rapporto di provvista: se ciò accade, possono essere fatte valere anche le eccezioni relative al
rapporto di provvista, quindi l'espromissione perde il carattere di parzialmente astratto, e si
configura come totalmente titolata.

-ACCOLLO. Art. 1273 u.c: "Il terzo può opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in
base al quale l'assunzione del debito è avvenuta". Qual è il contratto in base al quale l'assunzione è
avvenuta? E' il rapporto di provvista! Il contratto a favore del terzo: l'accollo non può astrarre dal
rapporto di provvista perchè esso DERIVA dal rapporto di provvista. Se l'accollo è un contratto a
favore del terzo è ovvio che l'accollante, come parte del contratto a favore del terzo può opporre al
terzo le eccezioni relative a quel contratto, è nella dinamica del 1411 c.c.! L'accollo non astrae dal
rapporto di provvista perchè NON PUO' astrarre dal rapporto di provvista, l'accollo è
ONTOLOGICAMENTE TITOLATO rispetto al rapporto di provvista. La norma finisce qui; ma
rimane il problema del rapporto di VALUTA. L'accollo rispetto al rapporto di valuta è astratto o
titolato? Nella delegazione SI ASTRAE dal rapporto di valuta (salvo la nullità); nell'espromissione
NON si astrae. E' un pareggio! Come faccio a ricavare una regola? Posso dire: la norma dice che il
terzo può opporre le eccezioni relative al rapporto di provvista; ubi voluit dixit ubi noluit tacuit.
Astrae rispetto al rapporto di valuta. PERO': nella delegazione, dove si astrae dal rapporto di valuta,
il legislatore prevede che NON si possono fare valere le eccezioni; cioè quando vuole astrarre dal
rapporto, il legislatore esclude la possibilità di far valere le eccezioni. Ubi voluit dixit ubi noluit
tacuit: la regola vale al contrario, dove il legislatore ha voluto astrarre nella delegazione ha escluso
espressamente la possibilità di fare valere le eccezioni; nella norma sull'accollo non ha escluso
espressamente la possibilità di far valere le eccezioni se avesse voluto astrarre dal rapporto di valuta
nell'accollo (come fa nella delegazione) avrebbe escluso la possibilità di fare valere le eccezioni.
Quindi nell'accollo non si astrae neanche dal rapporto di valuta. L'ASTRAZIONE non è un
fenomeno ORDINARIO ma ECCEZIONALE!!!! In tanto si può configurare in quanto il legislatore
esclude la possibilità di far valere le eccezioni!

Quindi possiamo affermare che mentre la delegazione è astratta relativamente; che l'espromissione
è parzialmente stratta; l'accollo è TITOLATO.
RESPONSABILITA’ PATRIMONIALE
MEZZI DI CONSERVAZIONE DELLA GARANZIA
GARANZIE
TITOLO POTREBBE ESSERE:
“NUOVI MODELLI DI GARANZIA PATRIMONIALE
E NUOVI STRUMENTI DI TUTELA DEL CREDITORE”
LEZIONE CENTRATA SULLE NOVITA’

NOVITA' CHE SONO NORMATIVE

Partiamo dalla legge 155/2017. Legge delega per la riforma della disciplina per la crisi di impresa e
insolvenza. Voglio spiegare qual è la tendenza dell'ordinamento in questi ultimi anni in materia di
responsabilità patrimoniale, mezzi di conservazione, garanzia. Il legislatore sta introducendo nuovi
modelli di GARANZIA PATRIMONIALE e nuovi STRUMENTI DI TUTELA di garanzia del
creditore. Talmente nuovi da derogare a quelle che sono le carattaristiche su cui si basa la
responsabilità patrimoniale, delle garanzie, e dei mezzi di conservazione delle garanzie.

L.155/2017
Art. 11: la norma consente al creditore di escutere STRAGIUDIZIALMENTE la garanzia. Anche
in deroga al divieto del PATTO COMMISSORIO: in queste parole è racchiusa tutta la tendenza del
sistema. Stragiudizialmente, anche in deroga al patto commissorio: il legislatore introduce un nuovo
modello di garanzia patrimoniale che si basa sull’autosoddisfazione del creditore: AUTOTUTELA
ESECUTIVA DEL CREDITORE (parola chiave!!!!!!). Escute stragiudizialmente: ecco
l’autotutela. Non si ricorre alla tutela giurisdizionale del diritto di credito! Esso si soddisfa in
autotutela! In deroga al divieto del patto commissorio. Che rapporto c’è fra l’art. 11 e il 2744?Il
rapporto è scritto nella norma. C’è un rapporto di DEROGA! In cosa si sostanzia la deroga? Lo
vedremo durante spiegazione.

D.L.59/2016
Art.1. E’ sulla stessa linea d’onda. Prevede DUE FORME, fra le ulteriori, di SODDISFAZIONE
DEL CREDITORE: 1) il creditore insoddisfatto può VENDERE il bene e ritenere il corrispettivo: si
soddisfa sul prezzo ricavato dalla vendita STRAGIUDIZIALE (al di fuori delle procedure esecutive
immobiliari, al di fuori delle tutele giurisdizionali). Anche qui vi è una forma di escussione
stragiudiziale della garanzia. Il bene è costituito in PEGNO, il creditore si soddisfa sul ricavato
della vendita STRAGIUDIZIALE del bene. Forma di AUTOTUTELA ESECUTIVA del creditore;
2) la norma consente l’APPROPRIAZIONE del bene. Il bene dato in pegno diventa di proprietà del
creditore al verificarsi dell’inadempimento del debito. E’ esattamente il meccanismo del patto
commissorio, 2744: nel 2744 è VIETATO; qui è ammesso! Nuovo modello di garanzia di
patrimoniale.

ART.48 BIS TUB


Norma di recente introduzione (2016). Il debito può essere garantito da una alienazione
sospensivamente condizionata all’inadempimento del debitore. Si può garantire il debito con
un’alienazione di un bene sospensivamente condizionata all’indadempimento del debitore: che è
una STIPULAZIONE COMMISSORIA! Divieto che ricade nel 2744 c.c.! Nuovo modello di
garanzia patrimoniale che deroga alle regole generali: strumento di autosoddisfazione del creditore.
Il creditore si soddisfa diventando proprietario del bene.
IN TUTTE LE SUDDETTE NORME IL LEGISLATORE INTRODUCE DOPPIA ECCEZIONE.

Doppia eccezione a quelle che sono le regole più generali dell’ordinamento giuridico: 1) art. 2909:
tutela giurisdizionale dei diritti, norma su cui si basa il divieto di autotuela privata, che è vietata
perché l’ordinamento impone la tutela giurisdizionale dei diritti. Norma generale che esprime una
ratio di ordine pubblico; 2)2744: sono tutte stipulazioni commissorie che però il legislatore
eccezionalmente ammette. Così come ammette la stipulazione commissoria nell’art. 120
quinquiesdecies co. 3

MUTUO IMMOBILIARE
Art. 120 quinquiesdecies co. 3: il debito del consumatore, che deriva dall’accensione di un mutuo. Il
debito garantito con una ipoteca immobiliare. Il bene ipotecato passa in proprietà della banca in
caso di inadempimento del debitore. Tale passaggio di proprietà del bene ipotecato del debitore al
verificarsi dell’inadempimento è una STIPULAZIONE COMMISSORIA, che però qui è valida. La
norma principia “fermo il divieto del patto commissorio…”

PRESTITO VITALIZIO IPOTECARIO


Nel 2015, la legge modifica la disciplina del prestito vitalizio ipotecario. Art. 11 quaterdecies DL
203/2005 modificata dalla 244/2015. E’ un contratto di finanziamento che presenta profili di
aleatorietà, perché la scadenza del contratto coincide di regola con la morte del debitore. Il
pagamento degli interessi dipende dalla durata del contratto e quindi è collegato all’evento della
morte, che è certus an incertus quando. Evidente profilo di aleatorietà del contratto. Interessi: è
previsto l’anatocismo. Ma ciò che ci interesserà in particolare è lo strumento di tutela del creditore:
il quale, se insoddisfatto, può procedere alla vendita del bene e soddisfarsi sul ricavato. Non si
seguono le procedure esecutive immobiliari, la vendita del bene è STRAGIUDIZIALE. Anche qui,
nuovo modello di garanzia patrimoniale che si basa sull’autotutela esecutiva del creditore.La
tendenza è rafforzare la tutela del creditore: introdurre nuovi strumenti che consentono il recupero
del credito.

ATTENZIONE: CAUTELA MARCIANA


Se si eleva il livello di tutela del creditore introducendo strumenti di autotutela esecutiva, qual è il
problema di BILANCIAMENTO? (c’è sempre un problema di bilanciamento nel diritto!). Il
problema riguarda la posizione del debitore. Lo strumento è efficace per il creditore, ma rischia di
pregiudicare la posizione del debitore! Il legislatore, nell’implementare la tutela del creditore,
considera anche la posizione del debitore. L’autotutela esecutiva del creditore è sempre
accompagnata da una forma di CAUTELA MARCIANA. Per evitare l’eccesso di responsabilità
del debitore: evitare che l’autotutela si traduca in una forma di vantaggio del creditore,
arricchimento del creditore in danno del debitore, con una somma ricavata dalla vendita del bene
SUPERIORE AL CREDITO. Evitare arricchimento. La cautela marciana è volta a curarsi che
l’autotutela esecutiva si traduca nell’autosoddisfazione del credito nei LIMITI del credito. Il patto
marciano è antico. E’ antico ma atipico. Non è disciplinato dalla legge. Il legislatore adesso però
introduce forme di tutela SPECIFICHE di tutela marciana. Quando la tutela è introdotta dal
legislatore, NULLA QUAESTIO: non c’è dubbio che la tutela sia valida. Ma quando NON è
prevista dalla legge, ma è frutto dell’autonomia negoziale (le parti prevedono una stipulazione
commissoria assistita da una cautela marciana), è convenzionale, senza copertura legale, è valida o
non è valida? Si può introdurre in via convenzionale uno strumento di autotutela esecutiva del
creditore quando essa sia bilanciata dalla cautela marciana?
NUOVA FORMA DI PEGNO DL.59/2016
Questa tendenza del legislatore a introdurre nuovi modelli di garanzia patrimoniale si evince anche
nella nuova forma di pegno. Un pegno che si basa sulla mancanza di spossessamento: si parla infatti
di pegno NON possessorio. Si costituisce senza la DATIO REI: il debitore non perde la
disponibilità del bene. Deroga rispetto alla regola codicistica dello SPOSSESSAMENTO. La nuova
figura di pegno presenta elementi di analogia con l’ipoteca, è più simile all’ipoteca che al pegno
codicistico.

Art. 2929bis
Ulteriore conferma di tale tendenza del legislatore. Azione esecutiva del creditore: pignoramente
diretto SENZA ESPERIMENTO PREVENTIVO dell’azione revocatoria!! Il creditore pregiudicato
da un atto di disposizione del debitore, secondo le regole generali deve PRIMA esperire la
revocatoria, ottenuta la declaratoria di inefficacia dell’atto di disposizione, può agire in via
esecutiva con il pignoramento del bene. Questa norma invece consente di agire DIRETTAMENTE
con il PIGNORAMENTO, sollevando il creditore dai COSTI, TEMPI, ONERI PROBATORI
dell’azione revocatoria!!! Uno strumento di tutela più che effettivo per il creditore. Che però pone
dei problemi bene evidenziati dalla dottrina: se il creditore agisce in via esecutiva su un bene che è
già stato acquistato dal terzo, senza esperire la revocatoria, il creditore agisce in via esecutiva sul
BENE DI UN TERZO, non più sul bene del debitore. L’effetto della REVOCATORIA è
l’inefficacia dell’atto: l’atto è inefficace nei confronti del creditore, e questo consente a lui di potere
aggredire il bene nonostante sia acquistato dal terzo, perché quel bene, per il creditore, è come se
non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore; ma nel 2929bis LA REVOCATORIA NON
C’E’!!!! Il bene è del terzo: nonostante il terzo abbia acquistato il bene in forza di un atto
TRASCRITTO PRIMA il creditore lo può comunque aggredire! E’ una aggressione del patrimonio
del terzo. Il terzo risponderebbe del debito altrui. La norma sarebbe INCOSTITUZIONALE!!!......
SE NON SI BASASSE SU UNA PRESUNZIONE: presunzione di inefficacia dell’atto
dispositivo. Questo è rilievo sistematico del 2929bis, il vero elemento fondamentale della novità
introdotta dal legislatore: PRESUNZIONE DI INEFFICACIA DI TUTTI GLI ATTI DISPOSITIVI
PREVISTI DALLA NORMA: ATTI DI ALIENAZIONE A TITOLO G R A T U I T O.
Cosa vuol dire atti dispositivo a titolo gratuito? La donazione vi rientra? E gli atti costitutivi di
vincolo di indisponibilità previsti dalla norma, QUALI SONO? In tutto il codice civile non c’è mai
una norma che ne parli!!!

Questi atti si presumono dunque inefficaci: salva la prova contraria. Non è il creditore che deve
provare l’inefficacia dell’atto, come nella revocatoria; è il DEBITORE o il TERZO che deve
superare la presunzione di inefficacia PROVANDO che l’atto non è inefficace!!! La posizione del
creditore è rafforzata, mentre è indebolita la posizione del debitore e del terzo acquirente!
L’acquisto del TERZO è precario, perché si basa su un atto che si presume INEFFICACE! E questo
va a DETRIMENTO della CERTEZZA DEL DIRITTO, della CIRCOLAZIONE DEI TRAFFICI
GIURIDICI! Se il terzo rivende il bene, il secondo acquirente è un acquirente anch’esso
precario! LA LEZIONE PUO’ ANCHE FINIRE QUI, CON L’INTRODUZIONE!
SOTTOTITOLO DELLA LEZIONE: TUTELA ESECUTIVA E AUTOTUTELA ESECUTIVA
DEL CREDITORE

DATIO IN SOLUTUM
Inizio con una domanda, dando continuità con la scorsa lezione (modificazione del rapporto
obbligatorio.). Che differenza c’è fra la DATIO IN SOLUTUM e il patto commissorio? Prestazione
il luogo dell’adempimento: il debitore esegue una prestazione diversa, il creditore si soddisfa con
una prestazione diversa. Contratto che produce un effetto solutorio. PATTO COMMISSORIO: il
creditore si soddisfa con un bene diverso rispetto alla prestazione dovuta. Il debitore deve denaro;
consegna in garanzia un bene al creditore; il creditore si soddisfa diventando proprietario del bene.
L’obbligazione si estingue attraverso una prestazione diversa. Analogia tra DATIO e PACTUM.
Solo che la DATIO è valida; il patto commissorio no: 2744, 1963. Qual è dunque la DIFFERENZA
fra la datio valida e il patto commissorio nullo? La CAUSA: la datio è un contratto a causa
solutoria. Si evince dal MOMENTO in cui il contratto viene stipulato: si colloca temporalmente
nella fase che coincide con l’ INADEMPIMENTO dell’obbligazione. Per evitare le conseguenze
dell’inadempimento il debitore esegue, d’accordo con il debitore, una prestazione diversa,
producendo una perdita che è IMMEDIATA per il debitore (la datio è caratterizzata dalla
REALITA’) ed è DEFINITIVA. Non ammette condizioni la datio, non può fare sorgere obblighi di
esecuzione successiva, hic et nunc. Il patto commissorio, invece, si colloca in una fase che
PRECEDE l’inadempimento: una fase che programma gli effetti dell’eventuale inadempimento
del debitore, cioè con una CAUSA DI GARANZIA. Causa di garanzia che produce, in caso di
inadempimento, una PERDITA per il debitore. La perdita è FUTURA (QUANDO il debitore non
adempirà) ed EVENTUALE (SE il debitore non adempie). Perché il patto è nullo, a differenza della
datio? Perché il contratto che programma gli effetti dell’eventuale inadempimento, con causa di
garanzia, producendo una perdita futura ed eventuale, è NULLO? Andiamo con ordine.

2744
Qui abbiamo una norma che è formulata sulla base di un DIRITTO REALE DI GARANZIA. Art.
2744 co.1:patto commissorio ACCESSORIO. C’è la costituzione di una garanzia reale: pegno o
ipoteca. La cosa, su cui grava la garanzia reale, passa al creditore al verificarsi dell’inadempimento
del debitore. Stando al 2744 il patto commissorio c’è quando c’è costituzione di una garanzia
reale. Se non ‘è costituzione di garanzia reale, non c’è patto commissorio. Invece, la
giurisprudenza, anche alla luce del 1963 (che prevede anch’esso il divieto del patto commissorio, è
nullo “qualunque patto con cui si conviene che la proprietà del bene passi al creditore in caso di
mancato pagamento del debito”; la formulazione del 1963 è più generale, non fa riferimento
esclusivamente al bene costituito in pegno o in ipoteca) intende il patto commissorio, o più
generalmente la STIPULAZIONE COMMISSORIA, non solo come quel patto che ha ad oggetto un
bene dato in pegno o in ipoteca; ma quel patto che riguarda QUALUNQUE BENE DATO IN
GARANZIA, anche SENZA costituzione di pegno o di ipoteca. Stipulazione commissoria
autonoma.Patto commissorio autonomo. Il 2744, secondo la giurisprudenza, sancisce un DIVIETO
DI RISULTATO, quale che sia l’oggetto del contratto, quale che sia la forma del contratto, quale
che sia la struttura del contratto: ciò che rileva è il RISULTATO che la stipulazione raggiunge, quel
risultato che il 2744 intende vietare. Il risultato che la norma vuole vietare è il TRASFERIMENTO
DELLA PROPRIETA’ IN FUNZIONE DI GARANZIA IN DIPENDENZA
DELL’INADEMPIMENTO DEL DEBITORE. Questo spiega il perché della NULLITA’ delle
alienazioni a scopo di garanzia, sospensivamente e risolutivamente condizionate. Non rileva il
meccanismo di funzionamento del contratto ma il risultato: se l’alienazione è IN FUNZIONE DI
GARANZIA, ovvero c’è un rapporto di debito-credito tra alienante (debitore) e acquirente
(creditore), quella alienazione assolve una funzione di GARANZIA del debito, ed è condizionata
sospensivamente all’inadempimento. Produce i suoi effetti SE il debitore non adempie. Così come
l’alienazione RISOLUTIVAMENTE condizionata: il debitore aliena subito al creditore, che diviene
subito proprietario; ma l’acquisto è precario; l’acquisto diventa definitivo se il debitore non
adempie. Il mancato adempimento rende definitivo l’acquisto del creditore. Il RISULTATO è
vietato dal 2744.

VENDITA CON PATTO DI RISCATTO


Ho parlato di ALIENAZIONE: che può essere effettuata con contratto tipico. Ad esempio:
VENDITA CON PATTO DI RISCATTO. Il contratto tipico, che ha causa di SCAMBIO, negozio
commutativo, sinallagmatico; cui accede un PATTO DI RISCATTO; il debitore trasferisce la
proprietà del bene al creditore; ma sulla base del patto di riscatto il venditore può, pagando un
prezzo, riscattare la proprietà del bene. La vendita è una alienazione; il patto di riscatto può operare
a mò di condizione risolutiva: se il debitore venditore PAGA il debito, riscatta il bene; il prezzo del
riscatto potrebbe costituire il prezzo dell’adempimento. Avremmo così non una vendita con patto di
riscatto secondo l’archetipo causale del codice civile; avremmo una alienazione a scopo di garanzia
risolutivamente condizionata, cioè una stipulazione commissoria! Cosa fa il legislatore per evitare
che il contratto tipico di vendita con patto di riscatto si sostanzi in concreto in una alienazione a
scopo di garanzia risolutivamente condizionata? PONE UN LIMITE: 1500 co. 2, che si spiega alla
luce del patto commissorio. La norma sancisce la nullità, per l’ECCEDENZA, del patto di riscatto
col quale l’alienante, per riacquistare il bene, si obbliga a restituire un prezzo superiore a quello
stipulato per la vendita. Per riscattare il bene non si può pagare un prezzo superiore: perché? Per
evitare che la stipulazione si tramuti in una stipulazione commissoria posta a garanzia di un debito a
latere tra le parti! La norma scongiura il rischio che la vendita con patto di riscatto si tramuti nella
sua causa in concreto in una alienazione a scopo di garanzia risolutivamente condizionata.

SALE AND LEASE BACK


Stessa logica del SALE and LEASE BACK che può costituire una alienazione a scopo di garanzia
risolutivamente condizionata. Contratto atipico, solo socialmente tipico: può realizzare in concreto
una alienazione a scopo di garanzia risolutivamente condizionata. Contratto di vendita (sale), il
pagamento di canoni periodici da parte del venditore che rimane nella disponibilità del bene,
pagando un canone a mò di locazione; con possibilità , opzione di riacquistare il bene pagando un
prezzo finale. Il pagamento dei canoni e il pagamento finale per il riacquisto potrebbero costituire il
PREZZO DELL’ADEMPIMENTO del debito!!! Il sale and lease back sarebbe IN ASTRATTO un
contratto lecito, perché può assolvere una funzione che l’ordinamento considera meritevole di tutela
(mettetevi nei panni dell’imprenditore che versa in una fase di crisi di liquidità, per cercare di far
fronte alla quale vende il bene, ottenendo una somma; senza però privarsi del bene, fondamentale
per la produzione, appartenendo al ciclo produttivo dell’impresa; inoltre possibilità, superata la fase
di crisi di liquidità, di riacquistare il bene; il contratto ha una funzione di FINANZIAMENTO
dell’imprenditore in una fase di crisi di liquidità dell’impresa. Causa assolutamente meritevole di
tutela). Questo stesso contratto, IN CONCRETO può essere una alienazione a scopo di garanzia
risolutivamente condizionata: l’alienante è debitore e l’acquirente è creditore. Il sale è a causa di
garanzia del debito dell’alienante, e il lease back è il prezzo dell’adempimento! Se, nel caso
concreto, il contratto è piegato al perseguimento di una funzione di garanzia, il sale and lease back
è una stipulazione commissoria, NULLA.
RATIO DEL DIVIETO PATTO COMMISSORIO
Qual è la ratio? Fondamentale per comprendere le nuove figure introdotte dal legislatore; e per
comprendere la figura ATIPICA del patto marciano.
- La stipulazione commissoria è una forma di autotutela esecutiva del creditore. Il creditore si
autosoddisfa diventando proprietario del bene. Si potrebbe affermare che alla base del divieto del
patto commissorio stia il divieto di autotutela privata, che introduce in via convenzionale una
garanzia reale.
-L’ordinamento sancisce la regola della TIPICITA’ delle garanzie reali, numerus clausus. La
stipulazione commissoria avvantaggia UNO dei creditori, alterando la par condicio creditorum. La
stipulazione commissoria è uno strumento che altera la par condicio, che è un principio
fondamentale sancito dalla disciplina della responsabilità patrimoniale: principio derogabile solo
“nei casi previsti dalla legge”.
-Sarebbe una forma di contratto che produce un effetto traslativo (il creditore diventa proprietario)
basato su una CAUSA DI GARANZIA. La stipulazione è un negozio a causa di garanzia; e produce
il trasferimento della proprietà. Cioè: non siamo in presenza di un normale negozio di garanzia, il
quale non produrrebbe l’effetto traslativo, e che si limiterebbe a soddisfare l’interesse del creditore
all’adempimento; la stipulazione commissoria, invece, soddisferebbe l’interesse del creditore
all’INADEMPIMENTO, per diventare proprietario del bene! Paradosso! L’effetto traslativo è
giustificato da una causa di garanzia; ma questa non può sorreggere un effetto traslativo!
-Vietando il patto commissorio il legislatore vuole tutelare la libertà morale del debitore. Il debitore,
con la stipulazione commissoria è indotto a dare in garanzia un bene, con l’illusione di recuperare la
proprietà del bene adempiendo l’obbligazione.

PROFILI PATRIMONIALISTICI DELLA RATIO DEL 2744


La stipulazione commissoria è dunque vietata in sé e per sé in quanto tale, a prescindere dal
rapporto di valore fra la cosa data in garanzia e il credito garantito. La ratio è composita, ma
NON patrimoniale. A conferma di ciò stanno due dati normativi: 1) sia il 2744 che il 1963, sono
formulate in una chiave NON patrimonialistica. Il legislatore vieta il fatto commissorio tout court,
a prescindere dal fatto che vi sia proporzione o sproporzione fra la cosa data in garanzia e il credito
garantito; 2) sia il 2744 che il 1963 prevedono come reazione alla stipulazione commissoria la
NULLITA’. Il ragionamento è: se il problema della stipulazione commissoria fosse un problema
di proporzione, equilibrio tra la cosa data in garanzia e il credito garantito, la reazione alla
stipulazione commissoria, in quanto contratto sproporzionato, NON dovrebbe essere la nullità;
perché quando l’ordinamento reagisce a una SPROPORZIONE fra i valori degli interessi in gioco,
l’ordinamento non reagisce con la NULLITA’. Il contratto concluso in stato di bisogno e di
pericolo, ove il rapporto di valore del contratto fra le proporzioni delle parti è sproporzionato, non è
NULLO, ma rescindibile; se la sproporzione è SOPRAVVENUTA (eccessiva onerosità
sopravvenuta) la reazione dell’ordinamento è la risoluzione, ma non la nullità; quando la
CLAUSOLA PENALE è manifestamente eccesiva, la reazione dell’ordinamento è la riduzione.
Insomma, mai la nullità, quando l’ordinamento reagisce a una sproporzione. Il 2744 prevede la
NULLITA’: ciò conferma che non è in gioco un problema patrimonialistico di equilibrio della cosa
data in garanzia e il valore del credito garantito.

PROSPETTIVA OPPOSTA!
DOMANDA: siamo sicuri che l’ordinamento non reagisce mai ad una sproporzione con il rimedio
della nullità? Art. 1815c.c: usura pecuniaria. Usura ad interessi. La prestazione di interessi è
sproporzionata rispetto alla erogazione del credito. L’usura è sproporzione! L’ordinamento reagisce
con la NULLITA’! Il 2744 può essere letto in relazione al 1815 co. 2: quest’ultima norma commina
la nullità per l’usura ad interessi; il 2744 invece reagisce con la nullità per l’usura REALE. Il patto
commissorio è vietato perché può costituire una forma di USURA REALE. Il creditore, sfruttando
la posizione di debolezza del debitore, si fa dare in garanzia un bene di valore superiore rispetto al
credito garantito. Il problema della stipulazione commissoria è un problema di SFRUTTAMENTO
DELLA POSIZIONE DI DEBOLEZZA DEL DEBITORE che si riflette sul piano della
PROPORZIONE del patto. Con l’effetto di un eccesso di garanzia per il creditore, perché il bene
dato in garanzia vale di più del credito garantito; e con un eccesso di responsabilità del debitore,
perché egli risponde per inadempimento con un bene di valore superiore. Eccesso di responsabilità
e di garanzia: l’effetto è un ARRICCHIMENTO ingiustificato del creditore in danno del debitore
inadempiente. Cambia la prospettiva! C’è sempre un problema di tutela del debitore; ma non della
sua libertà morale; ma della POSIZIONE PATRIMONIALE! Evitare che l’inadempimento
determini una perdita superiore rispetto al debito! E dunque determini un arricchimento superiore
rispetto al credito!

A QUESTO PUNTO SI APRE UNO SCENARIO


Se la stipulazione commissoria è vietata a prescindere da profili patrimonialistici, allora OGNI
stipulazione commissoria è vietata, salvo che non sia espressamente consentita dalla legge, come
nei casi sopra analizzati: dove c’è una norma di legge che prevede un meccanismo che consente alle
parti di porre in essere una stipulazione commissoria. “In deroga” al divieto del patto commissorio.
Questo vuol dire che dove non c’è norma di legge, qualunque forma di stipulazione commissoria,
qualunque forma di autotutela esecutiva del debitore sarebbe vietata. E dunque sarebbe vietato
anche il patto marciano non previsto dalla legge: negozio contratto atipico, che è, nella sua essenza,
una stipulazione commissoria! Qual è la caratteristica di questo patto? E’ quella di essere una
stipulazione commissoria, in forza del quale il debitore consegna al creditore un bene in garanzia
che diventa di proprietà del creditore al verificarsi dell’inadempimento del debitore: è
un’alienazione a scopo di garanzia! Con una caratteristica però identificativa: la CAUTELA
MARCIANA. Cioè: il patto marciano è una stipulazione commissoria in quanto alienazione a scopo
di garanzia, cioè mezzo di autosoddisfazione del creditore, al di fuori degli strumenti giudiziali;
BILANCIATO con l’esigenza di tutela del debitore, perché pur essendo strumento che avvantaggia
il creditore, il vantaggio del creditore (che si sostanzia nell’autotutela esecutiva) è bilanciato dalla
PROTEZIONE del debitore, la cautela marciana: la stima del valore del bene dato in garanzia
da parte di un terzo imparziale.Individuazione del valore REALE, OGGETTIVO, DI
MERCATO, del bene di cui il creditore si soddisfa; con obbligo di restituzione al debitore
dell’eventuale eccedenza di valore del bene. Questo patto (stipulazione commissoria con cautela
marciana), in quanto stipulazione commissoria, se partiamo dall’assunto che il 2744 vieta
QUALUNQUE stipulazione commissoria, a prescindere dalla proporzione tra valore della cosa data
in garanzia e credito garantito, dobbiamo concludere che il patto marciano è NULLO, nonostante la
cautela marciana. Se invece consideriamo il 2744 c.c. come una norma da interpretare alla luce
dell’art. 1815 co. 2, norma sull’usura pecuniaria; cioè se intendiamo il divieto del patto
commissorio come il divieto di una norma che vuole evitare l’arricchimento ingiustificato del
creditore (e cioè il legislatore presumerebbe che la stipulazione commissoria produca un
arricchimento ingiustificato del creditore), se la ratio del divieto cioè è PATRIMONIALISTICA, il
patto marciano (e ciò è confermato dalle pronunce sul patto marciano) SCONGIURA il rischio
previsto dal 2744, ovvero l’arricchimento ingiustificato del creditore in danno del debitore. E’
questa logica che caratterizza le forme di autotutela esecutiva previste oggi dalla legge.

L.155/2017
Legge delega per la riforma della disciplina per le crisi di impresa e per l’insolvenza. L’art. 11
della norma consente al creditore di ESCUTERE STRAGIUDIZIALMENTE la garanzia anche in
deroga al divieto del patto commissorio. Cioè si ammette l’autotutela esecutiva del creditore, che
può rivestire le forme della stipulazione commissoria, perché la norma consente di derogare al
divieto del patto commissorio. La norma introduce NUOVI modelli di garanzia patrimoniale,
garanzia che si escute stragiudizialmente, cioè attraverso autotutela esecutiva. E’ un modello che si
giustifica con la finalità di consentire il RECUPERO DEL CREDITO. Una logica che va bilanciata
con l’esigenza di tutela del debitore. Se la posizione del creditore è avvantaggiata dall’introduzione
di uno strumento di autotutela esecutiva, bisogna bilanciare quella posizione di vantaggio con uno
strumento di tutela per il debitore: “a condizione che”, dice la norma “il valore del bene sia
determinato in modo oggettivo, con obbligo di restituire l’eccedenza di valore”. Questa è una
cautela marciana.

DL 59/2016.
Stesso bilanciamento, nell’art. 1. Costituzione di una garanzia, il pegno (non possessorio). La
norma prevede, in caso di INADEMPIMENTO, delle forme di escussione della garanzia. Due
forme in particolare ci interessano: 1) il creditore può procedere alla vendita del bene e alla
ritenzione del corrispettivo, al di fuori delle procedure esecutive immobiliari; cioè può escutere
STRAGIUDIZIALMENTE la garanzia, si può soddisfare in autotutela; non nella forma della
stipulazione commissoria, ma è una forma di autotutela esecutiva, NUOVO MODELLO di garanzia
patrimoniale; “fino a concorrenza della somma garantita e con obbligo di restituzione
dell’eccedenza”: cautela marciana; 2) il creditore, anziché procedere alla vendita del bene e
soddisfarsi sul ricavato, “ove previsto dal contratto” (dunque accordo delle parti che consente alle
parti di appropriarsi del bene, trasferimento della proprietà del bene dato in pegno al verificarsi
dell’inadempimento del debitore, cioè c’è un patto commissorio) la cosa data in pegno passi in
proprietà del creditore, autotutela esecutiva nelle forme del patto commissorio! La norma introduce
in deroga al 2744 una forma di patto commissorio VALIDO, bilanciando, anche qui, l’autotutela
esecutiva del creditore con l’esigenza di tutela del debitore: “a condizione che il contratto- il patto
commissorio!- preveda le modalità e i criteri di valutazione del bene fino a concorrenza della
somma dovuta”. Non può il creditore soddisfarsi in misura superiore al diritto di credito.

ART. 48 BIS T.U.B


C’è un contratto di finanziamento, quindi debito. Il debito può essere garantito attraverso una
alienazione sospensivamente condizionata all’inadempimento del debitore: stipulazione
commissoria! La norma consente il patto commissorio. Forma di autotutela esecutiva nelle forme
del patto commissorio: autotutela bilanciata anche qui dal fatto che “il bene deve essere stimato,
nomina di un perito da parte del presidente di Tribunale”. Il terzo imparziale valuta il bene, con
obbligo del creditore di restituire l’eccedenza di valore.

ART. 120 QUINQUIESDECIES CO. 3 TUB


Mutuo immobiliare al consumatore. Debito del consumatore garantito da IPOTECA sul bene. Le
parti possono pattuire che il bene ipotecato passa in proprietà dell’intermediario finanziario in caso
di inadempimento del debitore: patto commissorio. “Fermo quanto previsto dal 2744”. Patto
commissorio fra CONSUMATORE (parte strutturalmente forte) e la BANCA (strutturalmente
forte). I contratti finanziari per definizione esprimono l’asimmetria contrattuale, parte debole parte
forte. La norma, in una relazione che è strutturalmente asimmetrica, ammette il patto commissorio:
“fermo quanto previsto dal 2744”, nel rapporto fra consumatore e intermediario finanziario nel
mutuo immobiliare è ammesso il patto commissorio. E’ evidente che la norma esprime una esigenza
di tutela del creditore, bilanciando l’esigenza di tutela del creditore con l’esigenza di tutela del
debitore parte debole, attraverso la CAUTELA MARCIANA.
PRESTITIO VITALIAZIO IPOTECARIO L. 44/2015
L.44/2015 che ha modificato l’art. 11 quaterdecies D.L. 203/2005. Parliamo di un contratto di
finanziamento, una figura che il legislatore ha introdotto per consentire l’accesso al credito da parte
di quei soggetti che per motivi anagrafici NON potrebbero accedere al mutuo (gli over 60). E’ un
contratto di finanziamento degli ultrasessantenni garantito, come il mutuo, da ipoteca su un bene
immobile. E’ un contratto con una funzione di finanziamento, per il quale sono dovuti interessi. La
scadenza del contratto, e quindi l’onere per il debitore, il costo, è collegato normalmente con la
MORTE del debitore. La morte, evento certus an, incertus quando: gli interessi sono dovuti fino
alla morte del debitore; il costo del contratto per il debitore dipende dal momento della morte: c’è
un profilo di aleatorietà. La causa è di finanziamento; ma con un profilo di aleatorietà, legato alla
scadenza del contratto collegata all’evento della morte del debitore, da cui dipende il pagamento
degli interessi. Interessi che la legge prevede come NORMALMENTE capitalizzati: se “non è
previsto diversamente dal contratto” si verifica la capitalizzazione degli interessi, ovvero
l’ANATOCISMO. Il prestito vitalizio ipotecario è un contratto di finanziamento che DI REGOLA
produce il fenomeno dell’anatocismo, con un inversione del rapporto tra regola ed eccezione!! Cosa
voglio dire? Nel 1273 la disciplina generale sull’anatocismo, la regola è il divieto di anatocismo!
L’eccezione sono i casi in cui l’anatocismo è consentito alle condizioni stabilite dalla legge. Nel
prestito vitalizio ipotecario, invece, la regola è l’anatocismo, se non è diversamente previsto dalle
parti!

Obbligo di rimborso: il diritto di credito del creditore diventa esigibile dal momento della morte del
debitore: alla scadenza del contratto. Dalla scadenza del contratto inizia il termine di DODICI
MESI per la restituzione da parte degli eredi della somma dovuta. Se nel termine di dodici mesi il
debito non è rimborsato, il creditore si soddisfa sul ricavato della VENDITA del bene. Vendita
SENZA l’osservanza delle procedure esecutive immobiliari, cioè una forma di esecuzione
stragiudiziale della garanzia, cioè una forma di autotutela esecutiva del creditore: bilanciato con la
STIMA del valore del bene al valore di mercato; e con obbligo di restituzione di eccedenza del
valore agli eventi causa del debitore.In tutti i casi suddetti vi è un filo rosso. Il legislatore tende ad
introdurre un nuovo modello di garanzia patrimoniale che si basa sull’autotutela esecutiva, in
deroga al 2744, bilanciando la tutela esecutiva con la tutela marciana. Nel prestito vitalizio
ipotecario questo meccanismo si basa su un MANDATO CON RAPPRESENTANZA A
VENDERE: cioè il creditore procede alla vendita 12 mesi dopo dalla morte del debitore; in forza di
cosa procede a vendere? In base a un mandato con rappresentenza a vendere: il debitore, mandante,
conferisce al creditore mandatario l’incarico di vendere il bene DOPO la propria morte, decorsi 12
mesi dalla morte, in caso di inadempimento da parte degli eredi. Allora abbiamo un mandato con
rappresentanza a vendere che si atteggia come mandato IN REM PROPRIAM (perché conferito
nell’interesse del mandatario, e quindi non è REVOCABILE) che deve essere eseguito post
mortem, 12 mesi dopo, in caso di mancato adempimento da parte degli eredi. Quindi un mandato
sotto condizione. E’ un’ipotesi di ULTRATTIVITA’ del mandato: il mandato produce i suoi effetti
nonostante la morte del mandante.
PEGNO 59/2016
La norma può essere inquadrata nella prospettiva dell'interesse del debitore senza pregiudizio delle
ragioni del creditore: anzi con la possibilità del creditore di escutere stragiudizialmente la garanzia.
Anche qui, bilanciamento di interessi. Nuovo modello di pegno: non possessorio, senza
spossessamento: elemento distonico! Già nel nomen iuris: il pegno codicistico è basato sullo
spossessamento, datio rei, dunque considerato contratto reale, NON FORMALE. La funzione dello
spossessamento: assolve funzione PUBBLICITARIA, il fatto che il debitore non sia nella
disponibilità del bene consente di rendere nota ai terzi la condizione giuridica del bene. Ai fini del
sorgere della PRELAZIONE occorre comunque la forma scritta; il contratto in sè non è dunque
formale; ma per l'operatività, forma scritta.

Il pegno codicistico non può quindi essere di cosa FUTURA: non si potrebbe dar corso allo
spossessamento. Quindi il pegno di cosa futura non sarebbe un pegno, ma un preliminare di pegno.
Sarebbe un contratto a effetti OBBLIGATORI: potrebbe costituire primo atto di una fattispecie a
formazione progressiva. Il diritto reale di garanzia sorge dallo spossessamento della cosa quando
questa viene ad ESISTENZA!

Oggetto della garanzia è una COSA. Ma il pegno si può agganciare a un patto di rotatività, che
consente la SOSTITUZIONE dell'oggetto della garanzia: costituisco in pegno il codice; in forza del
patto di rotatività, fra sei mesi viene costituito il MANUALE; il codice esce dalla garanzie e
subentra il MANUALE; senza NOVAZIONE! c'è l'aliquid novi ma il rapporto di garanzia è lo
stesso! Il diritto reale sul manuale grava sul manuale NON dal momento in cui il manuale è stato
costituito in garanzia (fra sei mesi); ma dal momento in cui il bene SOSTITUITO è stato costituito
originariamente in garanzia! E' un 'unica vicenda, un unico rapporto di garanzia. In materia
finanziaria era già previsto; stessa cosa in materia di contratti di garanzia finanziaria. Il pegno
codicistico quindi può essere affiancato al patto di rotatività: nel diritto anglosassone, PEGNO
FLUTTUANTE. Secondo Gabrielli: il pegno rotativo non è più pegno di COSA, ma pegno di
VALORE. A parità di valore la sostituzione del bene non incide sulla tutela del creditore, la
sostituzione è NEUTRALE! Il creditore si soddisfa sul valore: si avvantaggia anche il DEBITORE!
Potendo sostituire l'oggetto della garanzia può rientrare nella DISPONIBILITA' del bene. La
clausola va quindi a vantaggio di entrambi: ed anche a vantaggio più in generale della
CIRCOLAZIONE DEI BENI! Il codice sistematico può rientrare nella circolazione dei beni: il
pegno rotativo esclude l'IMMOBILIZZAZIONE della ricchezza (analisi economica del diritto).

SONO TUTTI FELICI; il problema sono i TERZI che vantano diritti sul bene sostituto!!!!! Il quale
entra in garanzia fra 6 mesi: oggi è libero, dunque, da pesi; può costituire oggetto di diritti da parte
di terzi: i quali vantano diritti acquisiti prima che il bene entri in garanzia. Una volta entrato il bene
in garanzia AB ORIGINE, su quel bene grava retroattivamente un diritto reale che pregiudica i
diritti acquistati dai terzi. Il patto di rotatività pone un problema di tutela dei terzi. Nel sistema
anglosassone la garanzia fluttuante è iscritta in un pubblico registro, così tutelando i terzi:
conoscenza o conoscibilità della possibilità della sostituzione della garanzia. Nel nostro
ordinamento le norme che consentono la rotazione della garanzia NON prevedono un sistema
pubblicitario. E' stata la giurisprudenza a farsi carico del problema: ai fini della validità del patto: 1)
deve essere scritto; 2)data certa; 3)che sia SPECIFICO: che stabilisca sin dall'origine TEMPI e
MODI della sostituzione dell'oggetto della garanzia. Questo per evitare FRODE nei confronti dei
terzi. Questa tutela del terzo però è DEBOLE, consente un controllo EX POST, solo per verificare
che non ci sia stata frode in danno del terzo, ma non EX ANTE. Solo un sistema di pubblicità
garantisce tutela dei terzi.

Il sistema di pubblicità è oggi previsto dal DL 59/2016 per il pegno non possessorio. Iscrizione del
pegno nel pubblico registro presso l'agenzia delle entrate. Questo pegno ha evidenti caratteristiche
che lo contrappongono al pegno codicistico. L'iscrizione è solo un elemento distintivo che lo
distingue dal pegno codicistico. Il pegno codicistico è reale ma NON formale. Il pegno non
possessorio si costituisce invece SENZA la consegna del bene; il debitore rimane nella disponibilità
del bene. Se non c'è consegna non c'è spossessamento. Se non c'è spossessamento, non è un
contratto REALE! Non reale ma FORMALE!!! Mentre il pegno codicistico è reale ma non
formale!!! Co.3 art. 1 DL/59/2016: atto scritto a pena di NULLITA', ad substantiam, formale! La
mancanza dunque di spossessamento è compensata dalla iscrizione nel pubblico registro.

La norma dice che dalla data di iscrizione il pegno prende grado ed è opponibile ai terzi. Dalla data
di ISCRIZIONE, non del CONTRATTO! Abbiamo il contratto formale non reale di pegno; e poi il
sorgere del diritto reale di garanzia dall'iscrizione nel pubblico registro. Abbiamo quindi una
fattispecie a formazione progressiva che rende il pegno extracodicistico analogo all'IPOTECA!
Come nell'ipoteca abbiamo la scissione fra il TITULUS costituendi e il MODUS costituendi. Il
modus, come per l'ipoteca, è l'ISCRIZIONE.

Altro elemento di distinzione dal pegno codicistico, l'OGGETTO. Il pegno non possessorio può
avere ad oggetto beni mobili esistenti o FUTURI, determinati o determinabili! Pegno di cosa futura
Il pegno codicistico non si configura quale pegno di cosa futura: in virtù dello spossessamento. Ma
siccome qui lo spossessamento non c'è , non ci sono problemi!

Altro elemento distintivo: il pegno codicistico è un pegno di cosa. Quello extracodicistico è un


pegno di VALORE. Rileva il VALORE non la materialità, identità della cosa. Il fatto che è un
pegno di valore è confermato dal fatto che "se non diversamente previsto dal contratto" la regola è
che il debitore PUO' DISPORRE dei beni oggetto di pegno. Il pegno è senza spossessamento
proprio per consentire al debitore di poter disporre dei beni e quindi di sostituire l'oggetto della
garanzia, è pegno ordinariamente rotativo, ma NON OCCORRE il patto di rotatività!!! Il pegno
codicistico ha invece bisogno del patto di rotatività con i requisiti richiesti dalla cassazione! E'
rotativo EX LEGE: non occorre patto di rotatività perchè la tutela dei terzi è assicurata
dall'iscrizione.

2929bis
Si iscrive sempre in questa logica di bilanciamento. Tutela l'interesse del creditore contro gli atti del
debitore che possono pregiudicare le ragioni del diritto di credito. Prima del 2929bis, la tutela del
creditore contro gli atti del debitore è basata sui MEZZI DI CONSERVAZIONE DELLA
GARANZIA: il debitore risponde con il patrimonio, con tutti i suoi beni (2740). Il patrimonio del
debitore è anche la PROPRIETA' del debitore stesso: il debitore dispone dei suoi beni. Ne dispone,
li può occultare, distruggere, deteriorare: atti che incidono sulla garanzia del creditore, che è
pregiudicato dai comportamenti distruttivi e distrattivi. Il creditore può rimanere inerte rispetto alla
tutela di un proprio diritto che incrementerebbe il proprio patrimonio: omette di tutelare un diritto
che eviterebbe la diminuzione del patrimonio. L'inerzia del debitore incide sulla garanzia del
creditore.

Il debitore può porre in essere atti di disposizione del patrimonio. Può alienare il bene, a titolo
gratuito senza corrispettivo; può costituire dei vincoli di destinazione, vincolando i beni al
perseguimento di una finalità specifica. Atti che diminuiscono la garanzia patrimoniale del
creditore.

Il codice civile prevede diversi mezzi per il creditore a fronte dei comportamenti lesivi del
debitore: a) SEQUESTRO CONSERVATIVO: contro atti di occultamento, deterioramento del
bene; b)AZIONE SURROGATORIA, contro l'inerzia: ipotesi di sostituzione processuale: il
creditore fa valere in nome PROPRIO il diritto del debitore rispetto al quale il debitore è rimasto
inerte; ma la surrogatoria non è esercitabile per qualunque diritto: atti di libertà negoziale, esercizio
del diritto di recesso. L'effetto della surrogatoria, poi, non è la soddisfazione del diritto di credito,
ma l'effetto è sul patrimonio del debitore. La surrogatoria ricostituisce il patrimonio, a vantaggio di
TUTTI i creditori. E' un mezzo di tutela INDIRETTA e non esclusiva del diritto di credito.

c) REVOCATORIA. Gli atti di disposizione patrimoniale pregiudicano le ragioni del creditore: egli
per ottenere tutela deve provare il presupposto SOGGETTIVO della consapevolezza del debitore di
recare pregiudizio alle ragioni del creditore stesso; se l'atto pregiudizievole è un atto ONEROSO,
non basta la consapevolezza del debitore, occorre la prova della consapevolezza anche
dell'ACQUIRENTE; e se l'atto pregiudizievole è anteriore al sorgere del credito, occorre pure la
prova della DOLOSA PREORDINAZIONE IN SUO DANNO, che deve essere bilaterale quando
l'atto è oneroso. Onere della prova tutt'altro che agevole per il creditore.

Inoltre il creditore deve provare l'elemento OGGETTIVO: l'eventus damni. Cioè provare che
quell'atto costituisce un pericolo attuale e concreto alle proprie ragioni di credito. Domanda:
nell'obbligazione solidale l'eventus damni come si valuta? Uno dei condebitori in solido pone in
essere atti di disposizione del proprio patrimonio; ma c'è il patrimonio di tutti gli altri debitori.
l'eventus damni va valutato in rapporto al patrimonio del singolo debitore o in rapporto alla
SOMMA dei patrimoni? Ognuno risponde dell'intero: il creditore ha facoltà di scelta del
condebitore quindi OGNI patrimonio deve garantire la soddisfazione del credito.

ADEMPIMENTO TRASLATIVO: l'eventus damni si concretizza in relazione al negozio


programmatico o traslativo? Cosa intendiamo per ATTO DI DISPOSIZIONE? L'oggetto della
revocatoria è l'atto di disposizione. Il debitore dispone dei propri beni, quindi è l'atto dispositivo a
costituire l'oggetto della revocatoria. Quando la fattispecie è a formazione progressiva: negozio
programmatico a monte, traslativo a valle; o preliminare a monte, definitivo a valle. L'atto
dispositivo è il programmativo/preliminare o il negozio traslativo/definitivo? il negozio
programmatico fa sorgere una obbligazione, quindi è un atto dispositivo sul piano giuridico: genera
una modificazione della sfera GIURIDICA, c'è un soggetto che assume un obbligo; ma NON c'è
una modificazione PATRIMONIALE. La diminuzione della garanzia si realizza con il negozio a
valle, traslativo, contratto definitivo. Ecco perchè la giurisprudenza nel caso di accordi di
separazione, la revocatoria si esperisce nei confronti dell'atto a VALLE dell'accordo di separazione;
perchè l'atto dispositivo che diminuisce la garanzia è quello a valle. Non è il preliminare l'atto
dispositivo: esso è dispositivo sul piano giuridico ma non patrimoniale. La LESIONE si concretizza
con il contratto definitivo. MA , la giurisprudenza, dice che il presupposto SOGGETTIVO, cioè la
consapevolezza, la preordinazione va verificato in relazione NON al definitivo, ma al contratto
preliminare!!! Quindi abbiamo una scissione dei presupposti! Il creditore deve provare l'elemento
soggettivo in relazione al preliminare e provare l'elemento OGGETTIVO in relazione al
definitivo!!! L'esercizio della libertà negoziale è nel negozio a monte, programmatico: la dolosa
preordinazione va valutata in relazione alla scelta, all'atto di autonomia privata. Se la dolosa
preordinazione non sussiste all'atto del preliminare, ma sopravviene PRIMA del definitivo, il
creditore può ottenere comunque la revocatoria? NO. Secondo la giurisprudenza non rileva il
sopravvenuto stato soggettivo: la scelta c'è già stata. Il definitivo è un atto dovuto. Il definitivo è
atto esecutivo dell'obbligo di prestare il consenso. Natura solutoria. Il definifitivo ha si causa
autonma; ma resta atto solutorio.
2929bis
L'azione revocatoria può non avere ad oggetto un atto TRASLATIVO, come la costituzione di un
FONDO PATRIMONIALE. Siamo nel diritto di famiglia. I coniugi sono già proprietari del bene;
sulla proprietà imprimono un vincolo di destinazione, il bene diventando destinato esclusivamente a
soddisfare i bisogni della famiglia. Non c'è effetto traslativo, ma un effetto
DISPOSITIVO/CONFORMATIVO: la proprietà non viene alienata; ma vi si imprime un vincolo di
destinazione. Pur non essendoci alienazione, vi è comunque un atto di DISPOSIZIONE
patrimoniale che pregiudica le ragioni dei creditori: sono beni dei coniugi, ma la DESTINAZIONE
separa quei benei dal resto dei beni dei coniugi. La separazione vuol dire che i creditori personali
dei coniugi non possono soddisfarsi sui beni del fondo patrimoniale. Solo i creditori che vantano
ragioni di credito collegate ai bisogni della famiglia possono soddisfarsi sui beni del fondo
patrimoniale!!!!!!!!!!!!!!!!!! Tutti gli altri creditori NO! Il 2740 è derogato: i coniugi non
rispondono con tutti i propri beni; ma con una parte: quella non destinata a soddisfare i bisogni della
famiglia. Senza trasferire a terzi la proprietà si verifica comunque un pregiudizio. Atto non
traslativo conformativo.
Per ottenere tutela il creditore deve: 1) esperire revocatoria (con oneri probatori a carico del
debitore): per ottenere inefficacia atto dispositivo, la sentenza DECLARATORIA di inefficacia
relativa dell'atto: per il creditore il bene è come se non fosse mai uscito dal patrimonio; 2) poi agire
con azione esecutiva. Doppia azione ed onere della prova tutt'altro che lieve. TUTELA
DIFFICOLTOSA, LUNGA, ONEROSA. Per questo il legislatore ha introdotto il 2929bis.

Si garantisce strumento ulteriore di tutela del creditore: così facendo, il legislatore intende tutelare
gli investimenti. La relazione lo dice chiaramente qual è la finalità di questa norma: consegnare al
creditore uno strumento più effettivo più efficace di soddisfazione del diritto di credito per
incentivare gli investimenti. Nessuno investe se il credito non si recupera. Il 2929bis consente al
creditore di agire direttamente con l'azione esecutiva, senza dover esperire la revocatoria. Tutela
esecutiva ANTICIPATA: il creditore aggredisce direttamente il bene senza dovere esperire la
revocatoria. Presupposti: 1)il creditore deve essere munito di un TITOLO DI CREDITO
ESECUTIVO: e questo è ovvio perchè per fare azione esecutiva occorre titolo esecutivo; nihil novi;
2) il credito deve essere ANTERIORE all'atto che lo pregiudica; 3)l'atto pregiudizievole: NON
TUTTI consentono di agire ex art. 2929bis: a)hanno ad oggetto beni immobili o mobili registrati; b)
atto gratutito o atti costitutivo di vincolo di indisponibilità.

ATTI DI ALIENAZIONE A TITOLO GRATUITO


Si intende la CAUSA gratuita o l'ASSENZA DELLA ONEROSITA'??? Perchè questa domanda?
Per la donazione! La donazione può essere un contratto di alienazione: cosa accomuna la donazione
a un negozio gratuito non liberale? L'ASSENZA DI UN CORRISPETTIVO. Quando il contratto è
oneroso sicuramente non c'è nè causa gratuita nè liberale. La causa gratuita è accorpata alla causa
liberale della donazione in contrapposizione alla onerosità. I contratti a causa gratuita e liberalità
sono accomunati dall'assenza di corrispettivo. Ma un conto sono i contratti a causa gratuita: in cui
c'è comunque un vantaggio economico patrimoniale riflesso, indiretto; un conto è la causa liberale:
non solo non c'è il corrispettivo! Ma c'è lo spirito di liberalità, l'atto di spontanea munificenza.
Quando la norma parla di ALIENAZIONE A TITOLO GRATUITO, sicuramente include i negozi a
causa gratutita. Ma include anche i negozi LIBERALI?????? Stando all'interpretazione
strettamente letterale della norma, dovremmo escludere i contratti liberali, donazione, dal campo di
applicazione della norma. Non vi sono ancora riscontri certi in giurisprudenza.
DOTTRINA
Tende ad interpretare il concetto di alienazione a titolo gratuito come INCLUSIVO anche della
donazione. Si intende la gratuità come "assenza di corrispettivo". L'atto pregiudica le ragioni del
creditore sia quando è gratuito che, ancor più, quando è liberale! Data la RATIO della norma, che è
di tutela del creditore, se il creditore è pregiudicato da un atto a titolo gratuito, a maggior ragione è
pregiudicato da un atto liberale!!! La conferma che il concetto di gratuità va interpretato come NON
ONEROSITA' e quindi inclusivo anche degli atti liberali si evince dallo stesso tenore letterale della
norma nell'ultimo comma: "sono fatti salvi gli atti acquistati a titolo oneroso": si desume la non
salvezza degli atti a titolo gratuito e quindi compresa la donazione.

ATTI COSTITUTIVI DI UN VINCOLO DI INDISPONIBILITA'


Ma cosa sono? Non c'è una definizione nel codice di questa locuzione. Che animale è?
Esegesi della norma: la norma giustappone due categorie di atti: a)atti di alienazione a titolo
gratuito, atti traslativi; b)atti di costituzione di vincolo, atti conformativi non traslativi. Quando un
atto non traslativo è costitutivo di un vincolo di indisponibilità? Cosa vuol dire costituire un
vincolo di indisponibilità? Il proprietario, SENZA TRASFERIRE il bene, si AUTOLIMITA,
autovincolo privatistico: decido liberamente di non poter disporre di quel bene. Quando accade?
Quando effettuo una DESTINAZIONE: gli atti di DESTINAZIONE sono costitutivi di un vincolo
conformativo alla proprietà. Il proprietario si autolimita nella disponibilità di quel bene che può
essere utilizzato solo per quel fine. La norma si riferisce dunque geneticamente agli atti di
destinazione: fondo patrimoniale, patrimoni destinati nella società, 2645 ter, il TRUST! Anche se il
trust è anche traslativo, è comunque costitutivo di un vincolo di indisponibilità.

IL PIGNORAMENTO
Ulteriore presupposto è che il pignoramento deve essere trascritto entro un anno dalla trascrizione
dell'atto pregiudizievole. Il pignoramento è cronologicamente successivo rispetto all'atto
pregiudizievole. Se si applicassero i principi generali varrebbe la regola prior in tempore potior in
iure: VINCE CHI TRASCRIVE PRIMA. Il pignoramento sarebbe successivo, e l'acquirente
farebbe salvo il proprio acquisto trascritto prima; SALVA REVOCATORIA del creditore: ma qui la
REVOCATORIA NON C'E'! Il pignoramento successivo prevale sull'acquisto!! CHIAVE DI
LETTURA: bilanciamento. Tra l'esigenza dell'acquirente e del creditore la norma opera una scelta:
fa prevalere l'esigenza di tutela del creditore, in danno dell'acquirente. Non esperendo la revocatoria
il creditore va ad aggredire che cosa? Il patrimonio di un TERZOO!!!!!!! Ma il terzo ha acquistato a
titolo gratuito: si sceglie di tutelare il creditore, perchè l'acquisto del terzo si PRESUME
INEFFICACE nei confronti del creditore!!!! Non occorre esperire la revocatoria perchè il 2929bis
INTRODUCE NELL'ORDINAMENTO UNA PRESUNZIONE!!!!!!!!!!!!!!!!!Si presume che l'atto
a titolo gratuito sia posto in essere per pregiudicare le ragioni! Si presume che siano atti
pregiudizievoli. Rilievo sistematico del 2929bis: la norma consente il pignoramento perchè
introduce una PRESUNZIONE DI INEFFICACIA!!!!!!!!! Oggi possiamo affermare ai sensi del
2929bis che in presenza di un creditore munito di titolo esecutivo tutti gli atti, aventi ad oggetto
beni mobili o immobili che siano atti a titolo gratuito o liberale o atti di destinazione, sono atti che
NEL NOSTRO ORDINAMENTO SI PRESUMONO INEFFICACI. L'acquisto a titolo gratuito è
un acquisto PRECARIO. Per questo non va esperita la REVOCATORIA!!!

DOMANDA
E' una presunzione assoluta o relativa? L'ordinamento presume che l'atto sia pregiudizievole; ma il
debitore DEVE superare la presunzione di efficacia, che per far salvo il suo acquisto deve provare
che l'atto non è pregiudizievole, non è inefficace!!! Deve provare che non c' è
CONSAPEVOLEZZA di recare danno alle ragioni del creditore.
DECORSO L'ANNO, quando non è più esperibile il 2929bis, consolidatosi l'acquisto del terzo, per
agire in via esecutiva il creditore deve prima esperire la REVOCATORIA: l'unica tutela esperibile
sarà la doppia tutela. Prima l'azione revocatoria, poi l'azione esecutiva. L'azione revocatoria è
esperibile entro il termine di prescrizione di 5 anni.

A)DINAMICA RAPPORTI TRA CREDITORI; B)TERZI SUBACQUIRENTI


A)Rapporti tra creditori: l'acquirente ha i suoi creditori. Il creditori del debitore sono pregiudicati
dall'atto; ma i creditori dell'acquirente sono avvantaggiati dall'atto! C'è un conflitto. Chi prevale???
Prima dell'avvento del 2929bis del codice civile prevalevano i creditori del terzo acquirente: l'atto
efficace fino all'esperimento della revocatoria. Il bene, sulla base di un atto efficace, entra nel
patrimonio del terzo acquirente, quindi garantisce la garanzia dei creditori del terzo. Oggi, con il
2929bis con la presunzione di inefficacia, per un anno prevalgono i creditori del debitore!! L'atto si
presume INEFFICACE.

B)L'acquirente a titolo gratuito successivamente aliena il bene a un terzo subacquirente. Posto che
l'acquisto del terzo è a titolo precario; l'acquisto del terzo subacquirente è anch'esso un acquisto
precario??? Ultimo comma del 2929bis: l'azione esecutiva non può esercitarsi in pregiudizio dei
diritti acquistati a titolo oneroso dall'AVENTE CAUSA DEL CONTRAENTE IMMEDIATO. A
parte la formulazione pietistica della norma, cosa vuol dire? Il contraente immediato è il terzo
acquirente: l'avente causa è il subacquirente. Ebbbene, l'azione esecutiva non può esercitarsi nei
confronti del subacquirente se esso ha acquistato a TITOLO ONEROSO. Però: SALVI GLI
EFFETTI DELLA TRASCRIZIONE DEL PIGNORAMENTO: se il creditore trascrive il
pignoramento PRIMA che il terzo subacquirente trascrive a titolo oneroso, il fatto che il secondo
acquirente abbia acquistato a titolo oneroso non lo salva!! Vale la regola prior in tempore potior in
iure.

Se l'acquisto del terzo subacquirente è a titolo gratuito? La norma fa salvi gli effetti a titolo
ONEROSO! Quindi, se il secondo acquirente a acquista a titolo gratuito, NON FA SALVO
l'acquisto. L'inefficacia relativa del primo acquisto si propaga anche al secondo acquisto se è a titolo
gratuito! Sempre per UN ANNO dalla trascrizione del primo acquisto. Quindi l'azione esecutiva
può esercitarsi entro un anno nei confronti di CHIUNQUE acquista a titolo gratuito. Per tutelare il
creditore, il legislatore crea un vulnus alla circolazione a titolo gratuito del bene.

L'ORDINAMENTO SI ORIENTA VERSO L'IMPLEMENTAZIONE DEI MODELLI E DELLE


TECNICHE DI TUTELA DEL CREDITORE. LO FA CON NUOVI MODELLI DI GARANZIA
PATRIMONIALE, ATTRAVERSO L'AUTOTUTELA ESECUTIVA; E LO FA ATTRAVERSO LA
TUTELA ESECUTIVA ANTICIPATA EX ART.2929BIS. QUESTA E' LA CHIAVE DI LETTURA
DELLA RESPONSABILITA' PATRIMONIALE, DELLE GARANZIE E DEI MEZZI DI
CONSERVAZIONE DELLA GARANZIA.
RESPONSABILITA' IN GENERALE. LEZIONE TRASVERSALE
SISTEMATICA. PROFILI SISTEMATICI DELLA
RESPONSABILITA' PER INADEMPIMENTO, CONTRATTUALE,
EXTRACONTRATTUALE, DA FATTO LECITO. DALLA
RESPONSABILITA' PATRIMONIALE (scorsa lezione) ALLA
RESPONSABILITA' IN GENERALE.
RESPONSABILITA' PATRIMONIALE E INADEMPIMENTO
La responsabilità patrimoniale costituisce il logico completamento della responsabilità da
inadempimento. Cosa vogli dire? Il debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutti i suoi
beni presenti e futuri: in caso di INADEMPIMENTO scatta la responsabilità patrimoniale. Cioè:
NONOSTANTE l'inadempimento l'ordinamento prevede degli strumenti volti a soddisfare le
ragioni del creditore. La responsabilità patrimoniale dà effettività al rapporto obbligatorio: rende
coercibile l'obbligazione anche se rimane inadempiuta.

RESPONSABILITA' DA INADEMPIMENTO E 2043.


1218 in rapporto al 2043. Cosa differenzia le due tipologie di responsabilità? 1)in entrambi i casi
c'è un DANNO; 2)in entrambi casi c'è rilevanza elemento SOGGETTIVO; 3)in entrambi i casi
CONDOTTA NON CONFORME all'ordinamento giuridico. DIFFERENZA: il danno nella
responsabilità aquiliana è cagionato dalla condotta imputabile soggettivamente e violativa del
principio del neminem laedere, condotta che non si iscrive in un rapporto obbligatorio, o che se
pure si inscrive nell'ambito di un rapporto obbligatorio non è comunque una condotta da
INADEMPIMENTO (lesione del terzo, al di fuori di un rapporto obbligatorio). Il 1218 postula una
condotta attiva o omissiva, anch'essa caratterizzata dall'elemento soggettivo, solo che si sostanzia in
un fatto di inadempimento di una OBBLIGAZIONE PREESISTENTE.

FATTO NON CONFORME ALL'ORDINAMENTO GIURIDICO


Il 1218 si basa su una condotta che non è conforme all'ordinamento giuridico, perchè l'ordinamento
impone l'adempimento dell'obbligazione. E' dunque un illecito. Come fatto illecito è il
comportamento ex art. 2043. Entrambe le norme vanno collegate al 1173: da dove deriva
l'obbligazione risarcitoria? Art. 1173: non è il contratto, ma il fatto illecito! Art. 2043: fatto non
iure che cagiona il danno contra ius.

RESPONSABILITA' CONTRATTUALE
Come si colloca la responsabilità contrattuale in un sistema che è bipartito, 1218 e 2043? Lo
schema logico della responsabilità di inadempimento è OBBLIGAZIONE - FATTO
INADEMPIMENTO- DANNO- RISARCIMENTO. Lo schema logico del 2043 è FATTO-
DANNO-RISARCIMENTO. Ecco perchè l'obbligazione risarcitoria nella responsabilità aquiliana
si definisce PRIMARIA, perchè NON c'è una obbligazione a monte, è la PRIMA obbligazione che
nasce in questo schema di responsabilità.Mentre nella responsabilità per inadempimento la
obbligazione risarcitoria è SECONDARIA: nasce dall'inadempimento di una obbligazione
PREESISTENTE. Nell'ambito di questo sistema bipartito come si colloca la responsabilità
contrattuale? Non è un tertium genus. E' una SPECIES del genus responsabilità per
inadempimento.L'obbligazione inadempiuta da cui deriva la responsabilità può essere di fonte
legale: la legge sancisce una obbligazione. L'obbligazione può derivare da ogni altro atto o fatto
idoneo. Può derivare da un negozio unilaterale; da un contratto. Quando deriva da un negozio
UNILATERALE siamo ancora nell'ambito della responsabilità per inadempimento di una
obbligazione di fonte negoziale NON contrattuale. Quando l'obbligazione deriva dal contratto, si
configura l'inadempimento di una obbligazione CONTRATTUALE: siamo sempre dentro il
1218, applicandosi quindi la disciplina sull'inadempimento, OLTRE però alle norme specifiche che
riguardano la responsabilità contrattuale. Quindi nel sistema della responsabilità la resp. contratt.
individua una forma di responsabilità da inadempimento, quando esso riguarda l'inadempimento di
una obbligazione di fonte contrattuale. Sul piano sistemico abbiamo quindi una bipartizione: resp.
da inadempimento, inclusiva della species della resp. contrattuale; e resp. da illecito
EXTRAcontrattuale.

CONTATTO SOCIALE QUALIFICATO


La bipartizione spiega il PERCHE' della teoria del contatto sociale qualificato: a che cosa serve tale
teoria? Per applicare il 1218 a fattispecie che altrimenti ricadrebbero nel campo di applicazione del
2043. NON c'è contratto; NON c'è titolo del rapporto obbligatorio: formalmente NON C'E'
OBBLIGAZIONE: il danno derivante da tale fattispecie risponderebbe dunque allo schema FATTO
DANNO RISARCIMENTO. La teoria del contatto sociale consente invece di far sorgere a monte
una obbligazione, di talchè il danno non deriva dal fatto, ma dal fatto di INADEMPIMENTO
dell'obbligazione di protezione, informazione, che deriva dal contatto sociale qualificato. Il
CONTATTO CONTRATTUALIZZA la responsabilità: consente di applicare la responsabilità
"contrattuale" (tra virgolette, perchè in realtà si applica la responsabilità da inadempimento, perchè
il contratto non c'è), il 1218, pur in assenza di un danno contrattuale. Se non si applicasse il contatto
sociale, il danno sarebbe risarcibile ex art. 2043. Sto spiegando al contrario la responsabilità medica
alla luce della legge Gelli! Il legislatore, in assenza di un contratto tra medico e paziente, qualifica
la responsabilità come resp. aquiliana, presupponendo che tra il medico e paziente, quando un
contratto non c'è non c'è neanche un contatto qualificato (!!!!!), perchè se ci fosse, non si
applicherebbe il 2043 ma il 1218! La previsione del 2043 da parte della legge Gelli ESCLUDE
l'esistenza di un contatto sociale qualificato tra medico e paziente, spiegando al contrario la teoria
del contatto sociale qualificato: il contatto sociale qualificato consente di ricondurre il risarcimento
sotto l'egida del 1218 c.c.

FATTO LECITO
Sia 1218 che 2043 derivano da un fatto non conforme all'ordinamento giuridico; ma adesso
vedremo la responsabilità da fatto LECITO dannoso: a) qual è il fatto generatore delle due
responsabilità? b) sono tipiche o atipiche tali due responsabilità? quella da fatto lecito dannoso è
tipica o atipica? c) qual è la funzione della responsabilità da fatto ILLECITO e LECITO? d) quali
sono le conseguenze che derivano dalla responsabilità da fatto ILLECITO dannoso e quelle da fatto
LECITO? e)quali sono i RIMEDI esperibili a fronte di entrambe le responsabilità? Faremo una
TASSONOMIA dei rimedi: chiameremo in causa la migliora dottrina.

RIMEDI.
BIANCA suddivide fra rimedi sanzionatori e rimedi obiettivi. Rimedi in forma specifica e per
equivalente; rimedi caducatori e attuativi (questa distinzione vale per la responsabilità per
inadempimento); rimedi giudiziali e rimedi in autotutela: non sempre il rimedio (che qualificheremo
sanzionatorio, in forma specifica, attuativo) dell'azione di esatto adempimento è EFFETTIVO: si
pensi alle obbligazioni di NON fare o di fare INFUNGIBILE: non sono suscettibili di essere
eseguite coattivamente in forma specifica. L'unico rimedio è PREVENTIVO, il mezzo di
coercizione INDIRETTA, l'induzione all'inadempimento, ovvero i rimedi in AUTOTUTELA: non
rimedi giudiziali, ma in autotutela. Quali sono? Ci soffermeremo su alcune figure specifiche che
rientrano in una tassonomia dei rimedi in autotutela: a)recesso o ritenzione in caso di caparra
confirmatoria; b)strumenti della risoluzione di diritto: clausola risolutiva espressa, termine
essenziale, diffida ad adempiere; c) eccezione di inadempimento; d)sospensione dell'esecuzione
della prestazione. Quale rapporto sussiste fra le diverse forme di rimedi?
RESPONSABILITA' DA FATTO LECITO DANNOSO
Può sembrare contraddittorio che si possa essere chiamati a rispondere per un fatto lecito. Sembra
un paradosso giuridico. La norma che meglio di ogni altra descrive la responsabilità da fatto
lecito in contrapposizione alla responsabilità da fatto illecito è il 2045 c.c, stato di necessità: siamo
a due norme dal 2043! Nel pieno della responsabilità aquiliana! Se non ci fosse lo stato di necessità,
il fatto sarebbe considerato dall'ordinamento giuridico NON IURE, causativo di un danno contra
ius! Lo stato di necessità determina una TRANSCODIFICAZIONE della natura della
responsabilità: "insopprimibile e quasi eroico istinto di conservazione dell'uomo": siamo sul piano
del diritto naturale! l'ordinamento AUTORIZZA quel fatto, si elide l'antigiuridicità della condotta.
Tuttavia, da quel fatto autorizzato deriva un DANNO: se c'è danno c'è responsabilità, che si
sostanzia in una obbligazione INDENNITARIA. La misura dell'indennità è rimessa all'EQUO
APPREZZAMENTO DEL GIUDICE!!!! Differenza fra 1218, 2043, 2045: se non ci fosse lo stato
di necessità il fatto sarebbe illecito, scatterebbe l'obbligazione risarcitoria del danno; a quel punto, il
PARADIGMA che deriva dall'obbligazione risarcitoria derivante dall'illecito extracontrattuale è il
1223 c.c. cui il 2056 rinvia: danno emergente, lucro cessante, interesse positivo e negativo: la legge
non stabilisce il danno ma stabilisce i CRITERI per determinarlo. Nel 2045 invece i criteri di
determinazione del danno NON CI SONO!!!!!!!!!!!! L'unico criterio non è quello di determinazione
del danno, ma di determinazione dell'indennizzo, che è un criterio che rimette al giudice la
valutazione. C'è un fatto lecito: ma c'è un danno che ne deriva, che è fonte di una obbligazione, cioè
di responsabilità.

RECESSO
Dal contratto di appalto. Il 2045 esprime la contrapposizione fra responsabilità da illecito
extracontrattuale e responsabilità da fatto lecito. Andiamo invece a contrapporre la responsabilità
da inadempimento alla responsabilità da fatto lecito: recesso dal contratto di appalto, 1671 del
codice civile. La norma autorizza lo scioglimento UNILATERALE del contratto. La parte si libera
senza adempiere l'obbligazione unilaterale. Se non ci fosse la norma sul recesso, la parte non
potrebbe liberarsi unilateralmente dal vincolo: la liberazione unilaterale dal vincolo sarebbe
INADEMPIMENTO: sarebbe un fatto illecito ai sensi del 1218 c.c. La norma autorizza il fatto; ma
non il danno: "purchè tenga indenne l'appaltatore"....Il recesso è un fatto lecito DANNOSO.
Obbligazione indennitaria: a differenza del 2045 in cui manca criterio di determinazione del danno,
qui c'è la determinazione! Stessa cosa per il recesso dal CONTRATTO D'OPERA, 2227 c.c.

RECESSO 241/90 DA ACCORDI SOSTITUTIVI/INTEGRATIVI DEL PROVVEDIMENTO.


Siamo nel campo della negoziazione della funzione amministrativa. Il potere amministrativo è
esercitato attraverso strumenti del diritto privato. Non c'è tecnicamente un contratto, non c'è
esercizio di libertà negoziale!!!!C'è esercizio di POTERE AMMINISTRATIVO: parliamo di
accordo ma non di contratto. O possiamo parlare di contratto pubblico, o "convenzione": ma c'è
comunque consenso alla base. La PA può liberarsi unilateralmente dall'accordo, per motivi di
pubblico interesse. La legge autorizza il RECESSO ma non il DANNO: obbligazione indennitaria.
Stessa cosa nel caso di REVOCA del provvedimento. Si genera un affidamento del privato. Il ritiro
del provvedimento sarebbe un fatto illecito: se ci sono i presupposti, il fatto è lecito, la norma
autorizza il FATTO ma non autorizza il danno.

ESPROPRIAZIONE PER P.U.


Quando è illegittima, la PA non rispetta il procedimento espropriativo, non rispetta le regole, la
tempistica, non adotta gli atti necessari: l'espropriazione è illegittima, il fatto è illecito, cagiona un
danno al privato proprietario, 2043 c.c., nessun problema. Ma se l'espropriazione è LEGITTIMA, la
PA osserva le regole del procedimento nelle sue forme, nei suoi tempi nei suoi atti. La legge
autorizza il fatto espropriativo, dannoso ma lecito: per ragioni di P.U. La legge autorizza il fatto ma
non il danno. La legge prevede l'indennizzo espropriativo. Che cos'è l'indennizzo espropriativo? E'
responsabilità della PA da fatto lecito dannoso.

RESPONSABILITA' DA FATTO LECITO DANNOSO


La rassegna sopra fatta ci consente di affermare l'esistenza di una categoria di responsabilità da
fatto LECITO DANNOSO. Se è dannoso, il fatto lecito diventa fonte di responsabilità, secondo una
dinamica che è ritraibile dall'insieme delle norme esaminate poc'anzi. Qual è il MECCANISMO DI
FUNZIONAMENTO della responsabilità da fatto lecito dannoso? C'è una norma che autorizza il
fatto perchè ritenuto meritevole secondo l'ordinamento giuridico: ma la legge non autorizza il
DANNO che dal fatto può derivare. Analisi economica del diritto: l'ordinamento autorizza il fatto
accettando il RISCHIO che da quel fatto derivi un danno; se dal fatto deriva il danno,
l'ordinamento si premura di tutelare il danneggiato. Struttura BIFASICA: a) l'ordinamento autorizza
il fatto e tutela quindi il DANNEGGIANTE, legittimando la sua condotta, perchè sussiste interesse
meritevole di tutela; b) l'ordinamento tutela il danneggiato attraverso l'obbligazione indennitaria.

CONSEGUENZE DELLA RESPONSABILITA' DA FATTO LECITO DANNOSO


La conseguenza del fatto ILLECITO dannoso è il risarcimento del danno, l'obbligazione
risarcitoria, primaria o secondaria, a seconda che siamo nello schema del 1218 o 2043.
L'obbligazione che deriva invece dal fatto LECITO dannoso è quella INDENNITARIA.

FATTO GENERATORE
Quello dell'obbligazione risarcitoria è un fatto NON IURE, del quale è accertata l'illiceità, sia sotto
il profilo OGGETTIVO che SOGGETTIVO. 2043: con onere della prova a carico del danneggiato;
1218: con presunzione di colpa. L'obbligazione INDENNITARIA deriva invece da un fatto
generatore LECITO, IURE, autorizzato dall'ordinamento.

DANNO DA MERO RITARDO.


Anche qui la legge prevede un indennizzo. Abbiamo una doppia conseguenza derivante dalla
violazione di una norma di legge, il ritardo dell'esercizio della funzione amministrativa. La PA è in
ritardo, quindi viola la norma della 241/90 relativa al tempo entro cui concludere il procedimento.
C'è dunque un fatto illecito che: A) può essere fonte di una responsabilità EXTRAcontrattuale: il
privato ottiene in ritardo il bene della vita che avrebbe dovuto ottenere; o non lo ottiene nemmeno
in ritardo, ma è stato comunque leso il suo diritto di autodeterminazione. RISARCIMENTO del
danno da ritardo, lesione del bene della vita finale. MERO RITARDO: lesione del bene tempo.
Risarcibile: lesione dolosa o colposa, danno che va provato dal danneggiato, la lesione derivante
dall'attesa va provata; B) per lo stesso fatto generatore (violazione del termine di conclusione del
procedimento) la legge prevede una obbligazione INDENNITARIA!! Questa obbligazione da dove
deriva? Da un fatto ILLECITO: qui l'indennizzo quindi non deriva da un fatto LECITO. Dottrina
autorevole, per spiegare la cosa, osserva: l'obbligazione indennitaria è poliedrica. Non si può
ricondurre l'obbligazione indennitaria ad unitarietà. Il legislatore può prevede una obbligazione
indennitaria anche conseguente da fatto ILLECITO. TUTTAVIA: l'obbligazione indennitaria è
dovuta a prescindere da che cosa? Dalla sussistenza e dalla prova di un danno, cioè a prescindere
dall'accertamento della ILLICEITA' della condotta. L'indennizzo è automatico!!! La legge non
richiede: a)accertamento elemento soggettivo; b)nesso di causalità; c)prova del danno. L'indennizzo
è AUTOMATICO!!!
Dico di più: se consideriamo (ma non è detto che così sia, questione di lana caprina!) l'elemento
soggettivo come l'elemento costitutivo dell'illecito, potremmo dire che nel caso di indennizzo da
mero ritardo NON C'E' fatto illecito, non c'è prova dell'elemento soggettivo: la PA potrebbe aver
violato il termine del procedimento senza colpa.
Quindi il fatto generatore dell'obbligazione risarcitoria è un fatto illecito DOLOSO o COLPOSO, è
scritto dalla legge: la colpa va provata ex art. 2043; o è presunta ex art. 1218; ma è comunque un
elemento costitutivo. Se non c'è , non c'è responsabilità da fatto illecito. E forse non c'è neanche
fatto illecito, se consideriamo l'elemento soggettivo come elemento costitutivo di quella
responsabilità. Nel caso di obbligazione indennitaria c'è una responsabilità per un fatto per cui si
risponde a prescindere della prova del dolo o della colpa, e dell'esistenza di un danno.

NATURA TIPICA O ATIPICA DELLA RESPONSABILITA' DA FATTO LECITO DANNOSO


La responsabilità da fatto illecito dannoso è per definizione ATIPICA ("qualunque fatto"). L'illecito
non è solo quello tipico (si pensi a quello penale). La responsabilità da fatto LECITO è tipica o
atipica? RAGIONIAMO. Abbiamo enucleato una serie di ipotesi previste dalla legge di
responsabilità da fatto lecito. Abbiamo sempre detto che "se non ci fosse la norma sullo stato di
necessità il fatto sarebbe illecito"; "se non ci fosse la norma sul recesso" "sulla revoca"
"sull'espropriazione", tutti quei fatti sarebbero illeciti. Saremmo quindi indotti a ritenere che la
responsabilità da fatto LECITO è una ECCEZIONE: dovremmo affermare che la resp. da fatto
lecito risponde a una logica di TIPICITA'. Occorre norma che autorizza il fatto.

TIPICITA'???ATTENZIONE.
Vero è che, nei casi che abbiamo esaminato, se non ci fosse la norma il fatto sarebbe illecito, e non
c'è quindi dubbio che le figure esaminate rispondono a una logica di tipicità; Andiamo però a
estendere il campo di analisi. La responsabilità da fatto lecito produce come conseguenza
l'obbligazione INDENNITARIA. In quale norma dell'ordinamento giuridico è prevista in via
GENERALE l'obbligazione indennitaria? C'è una norma dell'ordinamento che come il 2043
prevede in via generale l'obbligazione indennitaria? Il 2041 c.c: che guarda caso è una norma
SUSSIDIARIA: si applica se non si applica una diversa norma. Cioè norma di applicazione
generale ma residuale: norma di chiusura del sistema. Si applica se non si applica un'altra norma:
cioè. Se il fatto è illecito dannoso, la norma che si applica non è il 2041, ma il 2043. Ma quando c'è
un danno, ma non c'è il fatto illecito dannoso, non si può applicare il 2043. Mancano gli elementi
costitutivi della responsabilità aquiliana, ma il danno c'è. Il danno, oltre a essere elemento
costitutivo del 2043 , è elemento costitutivo dell'arricchimento senza causa. Lo dice la norma! "Chi
si è arricchito A DANNO". Se a quel danno è correlato un arricchimento del DANNEGGIANTE,
cioè la vicenda ha causato uno spostamento patrimoniale, ed esso non deriva da un illecito ex 2043,
ma non c'è neppure una causa giustificatrice, siamo al confine tra il lecito è l'illecito. C'è un danno,
c'è uno spostamento patrimoniale correlato a quel danno, c'è una responsabilità del danneggiante,
che genera una OBBLIGAZIONE INDENNITARIA, prevista in via generale, come in via generale
è prevista l'obbligazione risarcitoria del 2043. Il 2041 è la norma su cui si può fondare, in virtù di
una previsione generale indennitaria, una atipicità della responsabilità da fatto lecito dannoso, dove
il danno è CORRELATO A UN ARRICCHIMENTO del danneggiante: l'obbligazione indennitaria
è correlata a una differenza (relativa diminuzione patrimoniale).Secondo una teoria ricostruttiva
allora il 2041 è la norma che, nel prevedere una obbligazione indennitaria in via generale configura
la categoria della responsabilità da fatto lecito o comunque non illecito come responsabilità
ATIPICA: qualunque fatto che genera un danno che non ricade nel campo di applicazione di un
altra norma, e quindi che non è un fatto generatore di un danno come fatto illecito doloso o colposo.
FUNZIONE DELLA RESPONSABILITA' DA FATTO LECITO E ILLECITO DANNOSI.
Volendo ricondurre l'obbligazione risarcitoria e indennitaria al sistema delle fonti delle
obbligazioni, qual è la fonte dell'obbligazione risarcitoria? Ex art. 1173, il fatto illecito.
Qual è la fonte dell'obbligazione indennitaria? Ex art. 1173: il contratto? No. Il fatto illecito? No. E'
qualunque altro atto o fatto idoneo a produrle secondo l'ordinamento giuridico, secondo la logica
della ATIPICITA'. Il diverso fatto generatore consente di spiegare la diversa funzione delle due
responsabilità. L'obbligazione indennitaria deriva da un fatto IURE. Recesso dal contratto: 1667: i
criteri di determinazione dell'indennizzo corrispondono a danno emergente e lucro cessante: e cosa
sono? Sono i criteri del 1223 codice civile! Come l'obbligazione risarcitoria ripara il danno,
l'obbligazione indennitaria ripara il danno!!! La funzione della responsabilità da fatto LECITO
dannoso è una funzione RIPARATORIA:volta a eliminare il danno, compensativa, compensa il
danno, RIPARA E BASTA. Non c'è una condotta riprovevole, un comportamento da stigmatizzare,
non c'è nulla da punire.

Il 1667 parametra l'indennizzo al danno. L'indennizzo è uguale al danno. La riparazione è integrale.


Il 2045 invece rimette all'EQUO APPREZZAMENTO del giudice: logica equitativa, distributiva: il
giudice, dato che il danno è lecito, potrebbe determinare la misura dell'indennizzo in misura
inferiore rispetto al danno. La riparazione potrebbe non essere integrale. C'è una quota del danno
che potrebbe rimanere a carico del danneggiato.

FATTO ILLECITO
Quando il danno deriva dall'illecito, la prospettiva è diversa. La responsabilità da fatto illecito non
ha una funzione SOLO riparatoria. C'è certamente questa funzione riparatoria: c'è scritto nella
Costituzione. L'obbligazione risarcitoria è una prestazione patrimoniale IMPOSTA: il giudice
liquida il danno e obbliga al risarcimento, art. 23 Cost. L'obbligazione risarcitoria, come ogni altra
prestazione imposta risponde al principio di LEGALITA': il giudice non è libero a determinare il
risarcimento del danno. Lo determina in base alla legge: cosa prevede la legge? 1223: che si applica
sia al 2043 (tramite rinvio del 2056), sia al 1218. La funzione del risarcimento si ricava quindi dal
1223: la legge prevede una equazione: IL RISARCIMENTO DEL DANNO E' UGUALE AL
DANNO. Il criterio si basa sulle CONSEGUENZE dell'illecito. La norma non definisce il danno,
ma contiene i criteri: la prospettiva è VITTIMOLOGICA, si guarda alle conseguenze del danno,
agli effetti negativi sul danneggiato, si guarda al danneggiato per RIPARARE il danno, VOLTA A
RIPORTARE IL DANNEGGIATO NELLE STESSE CONDIZIONI IN CUI SI SAREBBE
TROVATO SENZA L'ILLECITO: principio di indifferenza: l'illecito lo deve lasciare
INDIFFERENTE, il danneggiato non deve uscire IMPOVERITO, non ci devono essere
conseguenze negative sul dannegiato. Eliminare le conseguenze. Art. 23 Cost: art. 1223: la
responsabilità da fatto illecito assolve funzione riparatoria.

SANZIONATORIA
C'è un fatto illecito. Il risarcimento ruota in una doppia ottica: guarda alla sfera del danneggiato per
ripararla; ma al contempo reagisce a un fatto che non è CONFORME all'ordinamento giuridico: si
guarda anche al danneggiante per punirlo! La funzione riparatoria non esclude quella sanzionatoria!
C'è un comportamento da stigmatizzare! La funzione dissuasiva /preventiva/DETERRENTE è
legata a quella sanzionatoria!

BILANCIAMENTO
Non si può sanzionare in misura superiore a quanto si deve riparare .C'è sempre l'art. 23 Cost.
Nessuna prestazione patrimoniale se non in base alla legge: il risarcimento ripara e sanzione: ma
sanziona nel limite in cui ripara il danno; ma non può sanzionare il danneggiante in misura
superiore a quanto è necessario per riparare il danneggiato. Il principio di indifferenza vuol dire che
il danneggiato deve risultare all'esito del fatto illecito NON IMPOVERITO ma neanche
ARRICCHITO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Si può sanzionare entro il limite per il quale occorre riparare il
danno. Se il danno è 100, il risarcimento sarà 100: la sanzione sarà 100, non può essere 110, anche
se il fatto è grave; anche se lo stato soggettivo è doloso, intenso; nonostante l'offensività della
condotta; il risarcimento è sempre 100. La componente SANZIONATORIA è SECONDARIA: la
funzione prevalente è quella riparatoria. SALVO CHE non ci sia una norma di legge che AI SENSI
DELL'ART. 23 COST. (!!!!!!!!!!!!!!!!!!) consenta al giudice di sanzionare in misura superiore di
quanto sia necessario per riparare. L'art. 23 non esclude la funzione sanzionatoria: occorre norma di
legge, che TIPIZZA:

-art. 96 c.p.c, co. 1 e co. 2, funzione standard riparatoria; 3 co: il giudice condanna anche
d'ufficio A PRESCINDERE ANCHE DAL DANNO!!!! La somma di denaro non si determina ex
art. 1223! La funzione prevalente è sanzionatoria! Ripara il danno, ma prima SANZIONA! Ecco
perchè "anche d'ufficio": è tipico della pena legata alla tutela di un interesse pubblico. Prevenire lo
spreco della risorsa giustizia.

-E' la stessa logica dell'astreintes: 614 bis. La parte non adempie: il giudice determina l'ammontare
della somma non sulla base del 1223!!! Ma con altri criteri determinati da quell'articolo: si
prescinde dalla prova del danno! Si sanziona prima ancora che riparare: si sanziona la violazione
dell'ordine del giudice. Stessa logica del 187undecies del TUF: reato di market abuse: offensività
del fatto, qualità del colpevole, profitto...non si guarda al danneggiato ma al danneggiante! Togliere
al danneggiante il vantaggio dell'illecito! Perchè è difficile stabilire la diffusività del danno...come
si fa a capire le reali conseguenze? E allora sanziono l'illecito prima che riparare! Tolgo al
danneggiante l'utilità.

-art. 125 codice proprietà industriale: si rinvia al 1223, nihil novi; tenuto conto però, dice la norma,
di tutti gli aspetti pertinenti. Quali sono gli aspetti pertinenti? Le CONSEGUENZE
ECONOMICHE NEGATIVE...ancora nihil novi...però poi si aggiunge "TENUTO CONTO dei
benefici realizzati dall'AUTORE DELLA VIOLAZIONE"!!! Perchè? Perchè ci sono fatti illeciti
che sono fonte di utilità per il danneggiante superiore al DANNO!!! Il danno può essere 100; ma il
danneggiante può aver realizzato un profitto di 300! Il profitto è superiore! Il paradosso è che il
danneggiante secondo i principi generali dovrebbe rispondere solo per 100: ci sarebbe un
INCENTIVO AL FATTO ILLECITO. In tutti i casi in cui il profitto è superiore al danno, si
creerebbe un incentivo, la funzione solo riparatoria sarebbe INADEGUATA!!! "ILLECITO
CONVENIENTE". 125 co.3: il danneggiato può chiedere la restituzione degli utili! A questo punto
il danneggiato si arricchisce. La funzione sanzionatoria crea come possibile effetto
l'OVERCOMPENSATION. L'ordinamento si trova davanti a un'alternativa: o sulla base delle
regole generali si limita a RIPARARE creando l'incentivo all'illecito; o introduce responsabilità
SANZIONATORIA: meglio sovracompensare il danneggiato che incentivare l'illecito!

-Come nel caso dell'"INADEMPIMENTO EFFICIENTE": la clausola penale serve a rendere


l'adempimento non conveniente, a sanzionarlo.

Il nostro ordinamento consente dunque di SANZIONARE più che riparare, se la sanzione superiore
alla riparazione risponde all'art. 23 Cost., logica di TIPICITA'. Deve essere espressamente previsto
dalla legge: legalità tipicità e PREVEDIBILITA'. La sanzione deve essere prevedibile. L'art. 49
Carta Europea inoltre aggiunge la PROPORZIONALITA'!!!! Tra la condotta e la sanzione; e tra la
SANZIONE e l'esigenza della RIPARAZIONE. Il risarcimento può sanzionare oltre che riparare;
ma non può SOLO sanzionare. La logica del risarcimento è necessariamente RIPARATORIA,
anche quando è PREVALENTEMENTE SANZIONATORIA: si può riparare più che sanzionare; si
può sanzionare più che riparare; ma non si può SOLO SANZIONARE. Anche quando il
risarcimento è punitivo, il principio di PROPORZIONALITA' impone di parametrare il
risarcimento all'esigenza di RIPARAZIONE. Non può essere completamente disancorato dal
danno.

Per questo nel nostro ordinamento non possono essere riconosciute sentenze di condanna al
risarcimento di DANNI PUNITIVI. Quando la sentenza non rispetta la tipicità e legalità: non c'è
una norma di legge nell'ordinamento straniero che prevede quella forma di responsabilità; la
sentenza straniera (common law) che condanna al risarcimento punitivo, può essere eseguita nel
nostro ordinamento solo se rispetta LEGALITA' TIPICITA' PROPORZIONALITA'
PREVEDIBILITA'.

DOPPIA PROPORZIONALITA'
a)proporzionalità della sanzione alla condotta; b)proporzionalità della sanzione alla ESIGENZA
DELLA RIPARAZIONE. Questa funzione necessariamente riparatoria spiega il meccanismo di
funzionamento della COMPENSATIO LUCRI CUM DAMNO

COMPENSATIO LUCRI CUM DAMNO


La funzione necessariamente riparatoria della responsabilità da fatto illecito è la chiave di volta
della decisione assunta dalle S.U. sulla compensatio lucri 2018. E' un istituto antico, diritto romano,
glossatori, pandettistica tedesca. Ma non previsto dalla legge. Ci sono singole norme di settore che
lo contemplano:tema della responsabilità amministrativa : la la 20/94 prevede che si compensa il
danno della PA con il vantaggio che la PA ha tratto dall'attività comunque illecita del dipendente
pubblico.
Questa norma si ritiene espressiva di un PRINCIPIO GENERALE. E' un principio che si percepisce
come immanente al sistema: affonda le sue radici nel 1223 c.c., fondamento implicito: la norma che
contiene i criteri di determinazione del danno. Proprio perchè la compensatio ha un fondamento
IMPLICITO e non esplicito nel sistema, la domanda è: qual è il campo di applicazione della
compensatio? Quando si compensa il lucro con il danno???

STESSO FATTO GENERATORE


Un problema non si pone quando il VANTAGGIO e il RISARCIMENTO derivano dallo STESSO
FATTO GENERATORE. Il soggetto che è obbligato al risarcimento è lo stesso soggetto dal quale
proviene il vantaggio. Abbiamo un rapporto bilaterale, che coinvolge due soggetti. Es: la PA viola il
termine di conclusione del procedimento: oltre al risarcimento del danno la PA è tenuta
all'INDENNIZZO per il mero ritardo. L'indennizzo è un vantaggio automatico che prescinde
dall'accertamento della responsabilità. L'indennizzo si cumula con il risarcimento? E nel caso di
indennizzo da emotrasfusione di sangue infetto? Abbiamo FORMALMENTE DUE RAPPORTI: un
rapporto obbligatorio risarcitorio ed uno indennitario. Ma SOSTANZIALMENTE il rapporto è
unico: soggetti uguali; fatto generatore è lo stesso. La fonte delle due obbligazioni è nella stessa
fonte generatrice: che rileva per un verso a certi fini, per un altro ad altri fini. Ciò depone per la
COMPENSATIO.

REGOLA CAUSALITA' GIURIDICA


Altra ragione che depone per la compensatio è la regola della causalità giuridica. Ad. Plen. 2018
evoca la regola della causalità giuridica a fondamento dell'applicazione della compensatio. Si
applica quando il fatto coinvolge due soggetti; quando il fatto generatore del danno e del vantaggio
è lo stesso; ed anche alla luce della CAUSALITA' GIURIDICA. ART. 1227 co. 2: la regola della
causalità attiene al QUANTUM respondeatur, consente di individuare i danni risarcibili, le
conseguenze imputabili a titolo di risarcimento al danneggiante. La regola impone di tenere in
considerazione nella liquidazione SOLO IL DANNO EFFETTIVAMENTE SUBITO dal
danneggiato, scomputando quindi dal danno l'INDENNIZZO. E' dunque la regola della causalità a
imporre la compensatio quando vi sono i medesimi soggetti e lo stesso è il fatto generatore. Se non
si applicasse la compensatio si verifcherebbe un effetto aberrante:
1)il danneggiato riceverebbe una duplicazione riparatoria, una a titolo risarcitorio , una a titolo
indennitario: ciò che non può essere ai sensi del principio di INDIFFERENZA
2)il danneggiante sarebbe PUNITO.

PROBLEMA: SI PONE QUANDO LA VICENDA COINVOLGE 3 SOGGETTI!


Quando cioè il soggetto obbligato al risarcimento è diverso dal soggetto tenuto all'indennizzo!
1)ASSICURAZIONE: in virtù del fatto illecito deriva l'obbligo del risarcimento del danno per il
danneggiante più l'obbligo all'indennizzo dell'assicuratore;
2)sistemi assicurativi sociali e previdenziali: pensione di reversibilità (caso specifico della sentenza
a S.U.). Essa è un vantaggio che deriva al congiunto nel caso della morte. Il fatto illecito cagiona la
morte del lavoratore, danno, viene meno il contributo economico al manage familiare; la
legge prevede un sistema di assicurazione sociale che è la pensione di reversibilità: il coniuge ha
diritto alla pensione. Si applica la compensatio fra il diritto del risarcimento del danno da morte e il
diritto alla pensione di reversibilità?
3)Quando in generale la legge collega alla vicenda dei benefici: prevede un sistema di tipo
indennitario, vantaggi, benefici, in favore del soggetto che ha subito il danno. Se il soggetto tenuto
al risarcimento è un terzo, si applica la compensatio?

ANALISI ECONOMICA
Cosa c'è in gioco? Più è ristretto il campo di applicazione della compensatio più si CUMULA. Più è
ristretto il campo della compensatio, maggiore è il rischio di duplicazioni riparatorie, cioè
arricchimenti del danneggiato. Più è ampio il campo di applicazione della compensatio, maggiore è
il rischio della DERESPONSABILIZZAZIONE del danneggiante: più si compensa, più il
danneggiante va esente dall'obbligo di risarcire il danno.Se il terzo eroga il beneficio e il beneficio
si compensa con il risarcimento, il danneggiante non deve risarcire o deve risarcire in misura
minore!

I TESI PREVALENTE
La compensatio ha il proprio fondamento implicito nel 1223. Cosa prevede? Richiama le
conseguenze immediate e dirette: il vantaggio che si porta in compensatio è conseguenza immediata
e diretta del fatto illecito. Il vantaggio deriva in maniera immediata e diretta dallo stesso fatto dal
quale deriva il danno. Il fatto generatore del danno e del vantaggio DEVE essere lo stesso. Si
applica la compensatio alla luce delle conseguenze immediate della norma solo quando il vantaggio
è conseguenza immediata e diretta. Quando è conseguenza immediata e indiretta? Quando deriva
dallo stesso fatto generatore del danno! Si compensa solo quando il generatore del danno e del
vantaggio è lo stesso. Quindi si ESCLUDE la compensatio quando il vantaggio è meramente
OCCASIONATO dal fatto illecito: in tal caso il vantaggio non si compensa, si cumula:
assicurazione, assicurazione sociale, previdenziale: il TITOLO del vantaggio è il contratto di
assicurazione; il fatto generatore immediato e diretto del VANTAGGIO è il contratto, la legge
previdenziale. I benefici che dunque derivano da fonte diversa da quella del DANNO risarcibile
NON si compensano, si cumulano. Questa lettura causa una disapplicazione in concreto
dell'istituto! Perchè le ipotesi in cui il lucro deriva in maniera immediata e diretta dal fatto
generatore del danno sono RARE. Quindi questa tesi porta con sè il rischio della DUPLICAZIONE
riparatoria, l'arricchimento da fatto illecito del danneggiato.
ASIMMETRIA
Questa posizione determina va a contrastare con lo stesso 1223, determinandone una applicazione
ASIMMETRICA: se partiamo dal'assunto che si compensano solo i vantaggi che sono conseguenza
immediata e diretta del fatto illecito, l'applicazione del 1223 diviene asimmetrica. Infatti, quanto ai
DANNI, i danni che ricadono nel 1223 non sono solo quelli di conseguenza immediata e diretta: il
danno risarcibile ex art. 1223 può non essere immediato e diretto sulla base della teoria della
CAUSALITA' ADEGUATA. L'applicazione del principio della regolarità causale, l'id quod
plerumque accidit, consente di prendere in considerazione anche i danni MEDIATI e INDIRETTI
che rientrano nella serie delle conseguenze normali e ordinarie dell'illecito, anche se non
IMMEDIATI e diretti. La teoria della regolarità causale include quindi anche danni che non sono
conseguenza immediata e diretta. Allora dove sta la asimmetria? Sulla base della regolarità causale
si considerano danni che non sono conseguenza immediata e diretta; e NON SI CONSIDERANO
invece i VANTAGGI che sono conseguenza mediata e indiretta che rientrerebbero comunque,
secondo l'id quod plerumque accidit, nella serie delle conseguenze normali e ordinarie dell'illecito.
Si applica la regolarità causale solo al danno e non al vantaggio! La teoria della regolarità causale,
infatti, condurrebbe ad applicare la compensatio quando il vantaggio è conseguenza dell'illecito
sulla base della regolarità causale!!!! "Se l'illecito non ci fosse stato, il vantaggio non sarebbe
arrivato": il vantaggio è una conseguenza normale ordinaria del fatto illecito. CAMBIA la
prospettiva. Se il fatto illecito non ci fosse stato (condicio sine qua non) il vantaggio non ci sarebbe
stato. I vantaggi erogati dal terzo, sulla base della teoria della regolarità causale, NON SI
SAREBBERO VERIFICATI, quindi anche i vantaggi derivanti dal terzo SI COMPENSANO. La
teoria della regolarità causale conduce dunque ad una estensione del campo di applicazione della
compensatio.

DIFFALCO-TEORIA DIFFERENZIALE- DERESPONSABILIZZAZIONE


L'operazione che si compie è di scomputo, defalco, diffalco. Si dice: sulla base della teoria della
regolarità causale dobbiamo considerare il vantaggio. Come lo considero? Sulla base della TEORIA
DIFFERENZIALE considero il vantaggio come MANCATO DANNO. Sulla base della teoria
differenziale il danno (che non è definito dal 1223) è uguale alla DIFFERENZA fra la consistenza
del patrimonio DOPO il fatto illecito e la consistenza del patrimonio se il fatto illecito non ci fosse
stato. Il vantaggio allora va ad incrementare il patrimonio DOPO l'illecito. Ciò che il patrimonio è
A CAUSA DELL'ILLECITO è ciò che risulta dal danno e dal vantaggio! Il vantaggio è consistenza
del patrimonio dopo l'illecito. Il vantaggio è quindi sulla base della teoria differenziale MANCATO
DANNO! Se non si applicasse la compensatio sulla base del 1223 alla luce della teoria della
regolarità causale in base alla teoria differenziale, l'effetto sarebbe l'OVERCOMPENSATION. In
questo modo si accede ad una applicazione della compensatio diametralmente opposta: SI
ESTENDE il campo di applicazione. Lo si estende al punto tale da incappare nel rischio di
DERESPONSABILIZZAZIONE del danneggiante: si compensa dove non c'è danno; se non c'è
danno non c'è obbligazione risarcitoria; quindi non c'è responsabilità! Anche questa ricostruzione è
INAPPAGANTE.Abbiamo due posizioni opposte entrambe inappaganti.

NORME UNIFORMI
I principi di diritto europeo della responsabilità: art. 10 "nel determinare l'ammontare del danno i
vantaggi devono essere presi in considerazione SALVO CHE CIO' NON SIA CONCILIABILE
CON LO SCOPO DEL VANTAGGIO". Bisogna guardare allo scopo del vantaggio. DCFR: stessa
cosa: i vantaggi non si compensano;MA bisogna guardare allo scopo del vantaggio. Ecco la chiave
di volta della compensatio: DOBBIAMO GUARDARE ALLA RAGIONE GIUSTIFICATRICE
DELL'ATTRIBUZIONE PATRIMONIALE. Dobbiamo guardare se la funzione del vantaggio è
OMOGENEA alla funzione del risarcimento. Se il vantaggio asolve la stessa funzione del
risarcimento, ALLORA SI COMPENSA. Qual è la funzione del risarcimento? E' riparatoria: se
anche la funzione del vantaggio è RIPARATORIA, allora si compensa. Esempio:
ASSICURAZIONE CONTRO I DANNI: lo scopo dell'indennizzo è riparatorio, il vantaggio
collegato al fatto illecito assolve alla stessa funzione del risarcimento che deriva dal danno. Se non
si compensasse lo stesso danno SAREBBE RIPARATO DUE VOLTE. E non è un caso che la
disciplina dell'assicurazione preveda la SURROGAZIONE: che è prevista in questa prospettiva. Se
l'assicuratore eroga l'indennizzo, il danno è stato riparato.
La surrogazione assolve una doppia funzione:
1)evita duplicazione riparatoria del danneggiato: il danneggiato non può più ottenere il risarcimento
del danno dal danneggiante, perchè l'assicuratore si surroga nei diritti del danneggiato;evita
arricchimento del danneggiato.
2)evita deresponsabilizzazione danneggiante: l'assicuratore, surrogandosi nei diritti del danneggiato,
fa valere il diritto al risarcimento del danno nei confronti del danneggiante, che risponde del fatto
illecito.
I meccanismi di recupero (surrogazione, rivalsa) vanno dunque presi in considerazione ai fini del
meccanismo di applicazione della compensatio. Nello stabilire se si applica o no, bisogna guardare
ai meccanismi di recupero: l'esistenza del meccanismo di recupero EVITA la duplicazione
riparatoria e la DERESPONSABILIZZAZIONE del danneggiante. Quel meccanismo di recupero è
un INDICE PRO COMPENSATIO. Quando il meccanismo di recupero non è previsto siamo di
fronte a una alternativa secca:
1)o la compensatio NON si applica: non c'è meccanismo di recupero, la compensatio non si applica.
Se non si applica vuol dire che c'è cumulo, e quindi c'è rischio di arricchimenti del danneggiato.
2)o si applica: se si compensa il rischio è la deresponsabilizzazione del danneggiante.
In assenza di meccanismo di recupero, quindi, o si accetta il rischio dell'arricchimento del
danneggiato; o della deresponsabilizzazione del danneggiante. Qual è il male minore? Il rischio
dell'arricchimento del danneggiato. Meglio NON compensare.

Abbiamo dunque le due linee direttive che determinano il campo di applicazione della compensatio:
1)FUNZIONE del vantaggio
2)esistenza o meno di MECCANISMI DI RECUPERO

Questo spiega perchè la compensatio non si applica nel caso di pensione di reversibilità: abbiamo
due guide. FUNZIONE e MECCANISMI DI RECUPERO.
FUNZIONE della pensione di reversibilità. Fattispecie: fatto illecito che cagiona la morte del
lavoratore; risarcimento del danno al congiunto che perde il sostegno patrimoniale del lavoratore;
obbligo risarcitorio del danneggiante. Pensione di reversibilità da parte della PA. Il vantaggio
derivante della pensione si compensa o si cumula? Devo innanzitutto guardare alla FUNZIONE: la
pensione non assolve una funzione di RIPARAZIONE del danno. Assolve a una funzione
PREVIDENZIALE: la pensione è , da parte della PA, l'adempimento di una PROMESSA: il
lavoratore rinuncia a una parte del proprio stipendio a fronte di una promessa dello Stato. La
promessa dell'ordinamento di garantire sicurezza patrimoniale dopo la morte ai propri
congiunti. La pensione è quindi adempimento di una promessa. La funzione della pensione NON E'
DI RIPARAZIONE DEL DANNO DA FATTO ILLECITO. Già questo esclude la compensazione.
Ad ulteriore conferma: MANCA un meccanismo di RECUPERO.

CONSEGUENZE FATTO ILLECITO E LECITO


Obbligazione indennitaria: che tipologia di rimedio è? Può rientrare nella categoria dei rimedi
OBIETTIVI, in contrapposizione ai rimedi SANZIONATORI.

RIMEDIO OBIETTIVO
E' quello che tutela una posizione giuridica contro il fatto obiettivo della sua lesione. A prescindere
dalla illiceità del fatto, dall'accertamento degli elementi costitutivi della responsabilità da fatto
illecito. E' ad esempio un rimedio obiettivo la risoluzione per impossibilità della prestazione; o
quella per eccessiva onerosità sopravvenuta.

RIMEDIO SANZIONATORIO
Presuppone una responsabilità del debitore inadempiente, del soggetto danneggiante. Postula un
inadempimento IMPUTABILE, un fatto illecito extracontrattuale imputabile, postula l'accertamento
degli elementi costitutivi dell'illecito. In questo senso è sanzionatorio, risposta all'ordinamento ad
un fatto illecito. E' un rimedio sanzionatorio il risarcimento del danno, come è un rimedio
sanzionatorio l'AZIONE DI RISOLUZIONE, che postula una adempimento imputabile! Così come
è un rimedio sanzionatorio l'azione di ESATTO ADEMPIMENTO, postula accertamento
dell'inadempimento del debitore.

RIMEDI IN FORMA SPECIFICA E PER EQUIVALENTE


Non c'è un ordine gerarchico fra i due rimedi. La scelta è rimessa al danneggiato, con dei limiti
quanto alla richiesta di risarcimento in forma specifica. E' un rimedio in forma specifica anche
l'azione di esatto adempimento. E' un rimedio ATTUATIVO/CONSERVATIVO, in
contrapposizione al rimedio CADUCATORIO. Il rimedio caducatorio è quello che determina la
caducazione del rapporto. C'è un rapporto obbligatorio, la reazione all'inadempimento determina la
caducazione del rapporto, l'estinzione del rapporto, si scioglie il rapporto e dunque restituzione
delle prestazioni effettuate. L'azione di risoluzione è un rimedio CADUCATORIO; in
contrapposizione all'azione di ADEMPIMENTO che è attuativo conservativo: è uno strumento che
mira a fare ottenere l'esecuzione del rapporto, il bene della vita che il creditore avrebbe ottenuto
dall'adempimento spontaneo del debitore.

RIMEDI ALTERNATIVI E COMPLEMENTARI


Il risarcimento del danno è un rimedio complementare: si può chiedere la risoluzione del contratto e
si può chiedere il risarcimento. Mentre vi è ALTERNATIVITA' nel caso dell'azione di risoluzione e
dell'azione di adempimento: non si può domandare l'adempimento se è stata domandata la
risoluzione: l'alternatività è UNIDIREZIONALE: la norma esclude l'azione di adempimento se è
stata proposta la risoluzione; ma NON viceversa.

OBBLIGAZIONI DI FARE INFUNGIBILI o NON FARE


Il rimedio dell'azione di adempimento sconta un limite di EFFETTIVITA': queste obbligazioni non
possono essere adempiute coattivamente in forma specifica. L'azione di adempimento come
rimedio SANZIONATORIO, IN FORMA SPECIFICA, ATTUATIVO, ALTERNATIVO incontra
un limite. Per questo l'ordinamento contempla dei mezzi di coercizione indiretta: PER
PREVENIRE l'inadempimento delle obbligazioni di fare infungibile e non fare. E non solo: in
alcuni casi l'ordinamento utilizza i mezzi di coercizione indiretta anche nel caso delle obbligazioni
che sono suscettibili DI ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICA COATTIVA: 614bis e 114 cpa.
L'astrainte: viene violato l'ordine del giudice, si applica la sanzione. Ma l'astrainte, che abbiamo
visto dal punto di vista sanzionatorio, prima di essere una sanzione, la penalità di mora è un mezzo
di coercizione indiretta. MINACCIA UN DANNO: se non adempi, incorri nella sanzione. E' uno
strumento EX ANTE di INDUZIONE ALL'ADEMPIMENTO; EX POST, funzione sanzionatoria.

DIFFERENZA FRA 614 BIScpc e 114cpa


Diversa formulazione, Nel cpc la penalità di mora si applica nel caso di inadempimento di obblighi
DIVERSI da quelli che hanno ad oggetto una somma di denaro: cioè nel cpc non si applica il 614
quando l'obbligazione da adempiere è pecuniaria: perchè l'obbligazione pecuniaria è di dare,
suscettibile di esecuzione in forma specifica coattiva!!!! L'art. 114 invece è formulato in modo
differente: anche gli obblighi di fare FUNGIBILI ( e dunque anche somme di denaro) possono
essere oggetto della penalità di mora, anche quando quindi l'obbligazione è suscettibile di
esecuzione in forma specifica in modo coattivo. Il mezzo di coercizione indiretta è più ampio nel
cpa che nel cpc.

CLAUSOLA PENALE
Anche questa è un mezzo di coercizione indiretta all'adempimento. PROPORZIONALITA' DELLA
SANZIONE rispetto alla RIPARAZIONE. La clausola penale è sintomatica in questo senso:
assolve una funzione riparatoria del danno da inadempimento. E' un mezzo di coercizione indiretta
ex ante: se non adempi paghi. Ex post assolve una funzione riparatoria, ma A PRESCINDERE
DALLA PROVA DEL DANNO: quindi la penale ripara il danno in maniera disancorata rispetto al
danno: cioè SANZIONA prima che RIPARARE. La misura non può essere manifestamente
eccessiva: criterio di proporzionalità. Non può sanzionare in maniera sproporzionata! La norma
sulla clausola penale è espressiva di un principio implicito di proporzionalità del risarcimento del
danno. Anche quando il risarcimento è punitivo la sanzione deve essere proporzionata rispetto
all'esigenza della riparazione: l'ordinamento non ammette una sanzione sproporzionata.

CAPARRA CONFIRMATORIA
Ex ante è un mezzo di coercizione indiretta: rafforza il vincolo contrattuale, mezzo di induzione
all'adempimento; ex post, sanzione: a prescindere dalla prova del danno. Funge da strumento di
AUTOTUTELA a fronte dell'inadempimento, con il rimedio del RECESSO. La parte reagisce
all'inadempimento di controparte non con una azione; ma con l'autotutela, esercitando il diritto di
RECESSO!!!

RISOLUZIONE DI DIRITTO
Così come sono strumenti di autotutela a fronte dell'inadempimento gli strumenti di
RISOLUZIONE DI DIRITTO del contratto: consentono alla parte non inadempiente di reagire
all'inadempimento della controparte liberandosi dal vincolo contrattuale senza far ricorso al
giudice! L'azione di risoluzione per inadempimento è un rimedio GIUDIZIALE, attraverso sentenza
COSTITUTIVA DEL GIUDICE, fino a quando non c'è sentenza costitutiva del giudice c'è obbligo
di eseguire l'obbligazione; la risoluzione di diritto consente la liberazione dal rapporto senza
ricorrere al giudice. Clausola risolutiva espressa e termine essenziale si attivano
AUTOMATICAMENTE al verificarsi dell'inadempimento; nella diffida ad adempiere invece è il
soggetto non inadempiente che deve attivare il rimedio in autotutela attraverso la DIFFIDA. L'atto
di diffida è un NEGOZIO UNILATERALE RECETTIZIO, esercizio di un diritto potestativo che
viene attribuito dalla legge al creditore.

ECCEZIONE DI INADEMPIMENTO E SOSPENSIONE


Anche questa è esercizio di un diritto potestativo,ed è uno strumento di autotutela privata:
inadimplenti non est adimplendum. Qual è la differenza tra diffida ed eccezione? Entrambi sono
rimedi SINALLAGMATICI: impediscono cioè l'attuazione SQUILIBRATA del rapporto, evita che
una parta adempia e l'altra no. Sono entrambi esercizio di un diritto potestativo. DIFFERENZA: la
diffida ad adempiere opera attraverso la RISOLUZIONE DI DIRITTO, quindi scioglie il contratto
ed estingue le relative obbligazioni. L'eccezione, invece NON SCIOGLIE IL CONTRATTO, NON
ESTINGUE le relative obbligazioni: SOSPENDE temporaneamente l'obbligazione della parte. In
questo senso c'è una analogia con la SOSPENSIONE dell'esecuzione del contratto, 1461, che è un
altro rimedio in autotutela a fronte dell'inadempimento. La differenza è che l'eccezione di
inadempimento è esperibile quando le prestazioni devono essere eseguite contestualmente, mentre
la sospensione è un rimedio esperibile quando una prestazione deve essere eseguita PRIMA
dell'altra, ma le condizioni economice della controparte sono mutate e tali da mettere in pericolo il
conseguimento della controprestazione. L'eccezione reagisce contro una lesione del sinallagma
contrattuale; la sospensione reagisce contro il PERICOLO di una lesione futura del sinallagma
contrattuale. La sospensione è un rimedio con funzione prevalentemente CAUTELARE.
RESPONSABILITA’
LEZIONE TRASVERSALE

RESPONSABILITA' DELLA PA
Non c'è una disciplina autonoma della responsabilità della PA: segue le forme della responsabilità
civile. E' responsabilità civile. Dove sta la particolarità? NON nella natura ma:
-nella FONTE:è un provvedimento illegittimo sfavorevole; o il comportamento: mero o
amministrativo, a seconda che sia legato o meno al potere amministrativo.
-nella NATURA della situazione soggettiva lesa: interesse legittimo

FONTE
-Abbiamo una responsabilità da provvedimento illegittimo sfavorevole che lede situazione di
interesse legittimo: pretensivo, oppositivo o interesse procedimentale con valenza SOSTANZIALE
-può prescindere da provvedimento: COMPORTAMENTO: come quando adotta un provvedimento
illegittimo ma FAVOREVOLE. Permesso di costruire: quell'interesse è soddisfatto solo che il
provvedimento è illegittimo: il privato ha fatto affidamento sul provvedimento, inizia a costruire ma
adesso deve ripristinare. Il provvedimento illegittimo non lede l'interesse pretensivo del privato! La
FONTE della responsabilità è allora il COMPORTAMENTO con cui la Pa lede affidamento
leggittimo, con un comportamento che NON doveva adottare.

RESPONSABILITA' DA COMPORTAMENTO
E chi conosce della responsabilità da provvedimento legittimo ma FAVOREVOLE?La resp. da
comportamento è problematica: un conto è il comportamento amministrativo (collegato al
POTERE) un conto è il comportamento mero (neanche mediatamente collegato all'esercizio di un
potere amministrativo). Qual è il giudice?
-Se è comportamento MERO, non c'è problema: dove non c'è potere, c'è diritto soggettivo, quindi
giurisdizione del g.o. Esempio: OCCUPAZIONE MATERIALE senza titolo: fatto non iure che
cagiona un danno contra ius. Non è correlata all'esercizio del potere.
-Se il comportamento è amministrativo, l'art. 7 stabilisce che sussiste la giurisdizione del g.a. se la
materia ricade nella giurisdizione esclusiva del g.a.: quando il comportamento fonte di
responsabilità riguarda una materia che rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a (ad esempio
URBANISTICA) la controversia ricade nella giurisdizione del g.a. Ad es. OCCUPAZIONE, ma
non senza titolo, c'è un titolo ma il provvedimento è illegittimo. La PA occupa, ma l'occupazione è
collegata a un decreto che abilità la PA ad occupare il bene; ma il decreto è illegittimo, quindi
l'occupazione è antigiuridica perchè il titolo è invalido; solo che quel comportamento di
occupazione è collegato all'esercizio del potere. Il comportamento è amministrativo. Dunque se il
comportamento ricade in una materia devoluta alla giurisdizione esclusiva del g.a., la giurisdizione
sarà del g.a.

PROVVEDIMENTO ILLEGITTIMO FAVOREVOLE


Non c'è lesione dell'interesse legittimo pretensivo, ma dell'affidamento. E' un comportamento
amministrativo o mero? Sembra essere COLLEGATO con l'esercizio del potere, in una materia che
è l'URBANISTICA, giurisdizione esclusiva del g.a. La PA esercita illegittimamente un potere che
non dovrebbe esercitare in quel modo per non ingenerare un affidamento. Il giudice della
responsabilità dovrebbe essere il giudice amministrativo! Eppure per le SU, giurisdizione ordinaria!
In effetti la distinzione fra comportamento mero e amministrativo rimane opaca. La giurisprudenza
amministrativa è più orientata nel senso di qualificarli come amministrativi; mentre la giurisdizione
ordinaria, meri. Quando si parla della responsabilità da provvedimento illegittimo sfavorevole qual
è il thema decidendum? Non è l'ESERCIZIO DEL POTERE, del potere abbiamo già parlato, il
provvedimento è stato annullato! Il profilo del potere è fuori dal thema decidendum! Si tratta di un
comportamento MERO, che a prescindere dall'art. 7, è del g.o: l'art. 7 infatti prescrive due requisiti:
1) che ci sia giurisdizione esclusiva del g.a; 2)che il comportamento sia AMMINISTRATIVO e non
MERO. Il problema della responsabilità della PA, la sua specificità, è proprio la NATURA della
SITUAZIONE GIURIDICA SOGGETTIVA, perchè per il resto si incasella nei modelli della
responsabilità civile.

RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE PA
-La Pa pone in essere un comportamento che lede la posizione del privato, comportamento contrario
a buona fede nella formazione del rapporto contrattuale, 1337;
-La Pa che non adempie al contratto stipulato col privato, 1218;
Voglio dire che la resp della PA si inquadra PERFETTAMENTE nei modelli della responsabilità
civile, e si distingue solo per la natura giuridica della situazione giuridica lesa: si tratta quindi di
capire qual è la giurisdizione, g.o. o g.a.!

MODELLO GENERALE RESPONSABILITA' CIVILE: COLPEVOLEZZA.
Si basa sul principio di colpevolezza. Nessuna responsabilità senza colpa. Il fondamento della
responsabilità civile da fatto illecito è il PRINCIPIO DI COLPEVOLEZZA, è scritto nel 2043c.c. Il
principio di colpevolezza però non è utilizzato nel 1218!!!! La norma impiega una clausola
generale: c'è inadempimento quando c'è "inesatta esecuzione della prestazione"; c'è responsabilità
per quella inesatta esecuzione SALVA IMPOSSIBILITA' del debitore: non è enunciato l'elemento
soggettivo. E allora, il 1218 configura una responsabilità oggettiva o soggettiva? La risposta è nella
relazione: nel 1218 si parla esclusivamente di causa non imputabile al debitore: ASSENZA DI
COLPA RIGUARDO AL VERIFICARSI DELL'EVENTO: costituisce il requisito SOGGETTIVO
che deve concorrere con il requisito OGGETTIVO dell'impossibilità della prestazione. Quindi
l'impossibilità non è il requisito esclusivo del 1218; la relazione ci dice che l'elemento oggettico,
che è costitutivo, NON E' ESCLUSIVO! Deve concorrere con il requisito soggettivo, la colpa del
debitore. Dunque anche il 1218 risponde a un modello di responsabilità soggettiva. Ma dove sta
l'elemento soggettivo che diviene elemento costitutivo della responsabilità? Dobbiamo avere un
elemento NORMATIVO!!! Allora il 1218 va letto in combinato disposto con la regola della
DILIGENZA, 1176: la diligenza non è solo paradigma di valutazione del comportamento del
debitore; è anche criterio di IMPUTAZIONE DELLA RESPONSABILITA'! La mancanza di
diligenza: la colpa del debitore.


IFFERENZA FRA 1218 e 2043
Entrambi rispondono a un modello soggettivo, ma cambia l'onere probatorio. Nel 2043 la colpa
deve essere provata dal danneggiato; nel 2018 la colpa si presume: modello soggettivo presunto. Si
presume la colpa fino a PROVA CONTRARIA: grava sul debitore la prova sia dell'elemento
oggettivo (impossibilità) che soggettivo (mancanza della colpa).

PERSISTENZA DEL DIRITTO


La presunzione di inadempimento è una presunzione di persistenza del diritto di credito: una volta
che il creditore ha provato l'esistenza del suo diritto di credito (della fonte dell'obbligazione,
contratto) quel diritto di credito SI PRESUME INSODDISFATTO, PERSISTENTE, fino a quando
il debitore non provi l'adempimento o la mancanza di colpa nell'adempimento. Il diritto di credito si
presume persistente. Il principio di persistenza si riflette nel principio di VICINANZA DELLA
PROVA, RIFERIBILITA' DELLA PROVA, DISPONIBILITA' DELLA PROVA: è un riflesso
processuale del modello della responsabilità soggettiva presunta. E' un riflesso del principio di
presunzione dell'inadempimento. Se il creditore dovesse provare l'inadempimento o la colpa, se non
ci fosse la presunzione di colpa, significa provare un fatto negativo, la NON DILIGENZA, NON
PERIZIA, NON PRUDENZA: la prova di un fatto negativo è difficoltosa; anche perchè riguarda un
fatto che è nella sfera giuridica del debitore. E' più facile per il debitore provare il fatto positivo
della diligenza piuttosto che per il creditore provare il fatto negativo della mancanza di colpa:
principio di VICINANZA, RIFERIBILITA'.

OBBLIGAZIONI NEGATIVE
Il principio di vicinanza si applica al contrario: l'obbligazione di non fare si adempie non facendo.
L'adempimento è un fatto negativo. La prova dell'adempimento è la prova di un fatto negativo. E'
più facile provare il fatto positivo, il FACERE, cioè l'inadempimento. Per il principio di
disponibilità, riferibilità, vicinanza, è il creditore che deve provare il fatto POSITIVO
dell'inadempimento. Mentre nelle obbligazioni di facere l'inadempimento è un NON FACERE,
fatto negativo.

RESPONSABILITA' AQUILIANA E MODELLO SOGGETTIVO PRESUNTO


Il modello soggettivo presunto si riscontra anche nella responsabilità aquiliana, nonostante la regola
generale (2043) in cui NON c'è presunzione. Il legislatore può introdurre delle fattispecie TIPICHE
di responsabilità che si basano su presunzioni di colpa: si presume colpa del danneggiante. Artt.
2047 ss. c.c. Fattispecie tipiche ( e non "qualunque fatto") che derogano al modello generale.

2047 e 2048.
Sorvegliante e incapace: è qualificata come responsabilità per FATTO ALTRUI con COLPA
PROPRIA. Il fatto materiale che ha causato il danno è ALTRUI. Ma di quella condotta risponde il
sorvegliante PER COLPA PROPRIA: culpa in vigilando, comportamento omissivo, fatto
PROPRIO omissivo COLPOSO, sulla base del principio di colpevolezza. La responsabilità del
sorvegliante si basa sulla colpevolezza; ma allora qual è la differenza tra 2043 e 2047? Il 2047
introduce una PRESUNZIONE di colpa: modello della responsabilità soggettiva presunta. La colpa
si presume; il sorvegliante deve fornire la prova della mancanza di colpa. Anche responsabilità del
2048: minore e genitore. Culpa in EDUCANDO. Si PRESUME la colpa del tutore/genitore. Se non
ci fosse la norma di legge si applicherebbe il modello GENERALE. Il modello della responsabilità
soggettiva presunta POSTULA UNA BASE NORMATIVA!!!!! Con delle eccezioni: responsabilità
della PA da provvedimento illegittimo sfavorevole.

ECCEZIONI
Provvedimento illegittimo sfavorevole che cagiona al privato un danno non iure contra ius: siamo
nel modello della responsabilità aquiliana: 2043. La resp della PA segue il modello della
responsabilità civile. Se è aquiliana, risponde al modello del 2043: modello SOGGETTIVO: il
privato deve PROVARE la colpa della PA! Cosa fa la giurisprudenza? Ricorre al sistema delle
presunzioni semplici!!!! L'illegittimità del provvedimento è un indice presuntivo della colpa della
PA!!! Il privato NON PROVA la colpa; ma ALLEGA l'illegittimità del provvedimento! Allega:
-illegittimità del provvedimento
-chiarezza del quadro normativo
-no contrasto giurisprudenziale
-il potere non era ampiamente discrezionale, ma disciplinato dalla legge
-semplicità del fatto.
Tutti INDICI PRESUNTIVI. Non è il privato che prova la colpa; la colpa SI PRESUME, in assenza
di una norma ad hoc di legge. E' la PA che deve provare che il quadro normativo non era chiaro;
che l'illegittimità era SCUSABILE! Dunque modello soggettivo presunto AL DI FUORI DI UNA
ESPRESSA BASE NORMATIVA. Qui la base della normativa sono le presunzioni semplici: si
inverte onere probatorio.

PROFILI PROCESSUALI
L'azione di risarcimento del danno si può proporre in via autonoma: venuta meno la pregiudizialità
PROCESSUALE: non occorre impugnazione del provvedimento e contestuale proposizione
dell'azione di risarcimento del danno. Tuttavia il cpa ha introdotto una pregiudizialità di MERITO.
Si è trasformata la pregiudizialità: l'azione autonoma sconta una pregiudizialità di merito che deriva
da una applicazione implicita del 1227: il cpa esclude la risarcibilità di quei danni che il privato
avrebbe potuto evitare, usando l'ordinaria diligenza, andando ad esperire gli ALTRI MEZZI DI
TUTELA PREVISTI DALL'ORDINAMENTO. Anche attraverso tutela cautelare: sospensione
degli effetti del provvedimento. Se la tutela annullatoria, cautelare , avesse evitato il danno, e
dunque con azione ULTERIORE rispetto all'esperimento dell'azione di risarcimento, quel danno
evitabile NON è RISARCIBILE. Il mancato esperimento degli altri mezzi INTERROMPE IL
NESSO DI CAUSALITA'!!!! Il privato CONCORRE con la causazione del danno! In materia di
appalti: provvedimento di esclusione della gara. Il privato non impugna il provvedimento
escludente, chiede solo risarcimento del danno per essere stato illegittimamente escluso; ma se
invece di chiedere il risarcimento della chance di aggiudicazione, avesse IMPUGNATO il
provvedimento di esclusione, con il rito SUPERACCELERATO può ottenere anche la
RIAMMISSIONE/RINNOVO ALLA GARA, potendo ottenere il bene della vita-
AGGIUDICAZIONE.

RATIO MODELLO RESPONSABILITA' SOGGETTIVA PRESUNTA AGGRAVATA


Perchè la giurisprudenza avverte la ratio di configurare la responsabilità della PA da provvedimento
illegittimo come modello soggettivo presunto? Perchè il legislatore avverte di presumere la colpa
nel 2047, 2048? Il modello della resp sogg. presunta si definisce modello della responsabilità
AGGRAVATA, che risponde al favor victimae: si solleva il danneggiato dall'onere di provare
l'elemento soggettivo della resp, aggravando l'onere della prova del danneggiante, la cui posizione
quindi si aggrava.

MODELLO RESP.SOGGETTIVA ATTENUATA


Risponde ad una logica opposta: si risponde SEMPRE per dolo o colpa ma non per qualunque
livello di dolo o colpa, ma solo per un certo livello. COLPA GRAVE: no colpa media nè lieve. Si
attenua resp. del danneggiante. Solo se la colpa arriva nel campo della colpa GRAVE. La resp
amm. risponde a questo modello:
-responsabilità amministrativa del medico
-resp. amm. del soggetto legato da un rapporto di servizio con la PA, non solo del pubblico
dipendente, indipendentemente dal titolo è inserito nelle dinamiche funzionali della PA; risponde
del danno cagionato alla PA. Qui la PA non è danneggiante ma è danneggiata dal fatto del soggetto
che opera per la PA: DOLO o COLPA GRAVE.
Perchè solo DOLO o COLPA GRAVE? Perchè si attenua responsabilità? Per evitare l'eccesso di
responsabilizzazione del dipendente pubblico: per evitare la paralisi dell'azione amministrativa. Il
pubblico dipendente, per evitare di incorrere nella responsabilità, piuttosto che fare, NON FA.
-art. 2236: resp. del professioista intellettuale. Stessa logica. La responsabilità si basa su una
diligenza qualificata: 1176 co. 2!!! Diligenza qualificata, non normale!!! Problemi tecnici di
speciale difficoltà, art. 2236: DOLO o COLPA GRAVE. Non si risponde per colpa media o lieve,
ma solo DOLO e COLPA GRAVE. Il 2236, secondo la LETTURA PREVALENTE è riferito alla
IMPERIZIA: quando limita alla colpa grave, fa riferimento alla IMPERIZIA!!!!!!!!!!
L'attenuazione riguarda SOLO la PERIZIA e non la NEGLIGENZA e l'IMPRUDENZA!!! Per
queste ultime due si risponde qualunque sia il livello della colpa!
RATIO RESP. ATTENUTATA DELL'IMPERIZIA
Relazione al codice civile: è il riflesso del bilanciamento fra esigenze contrapposte: a)non
mortificare l'iniziativa del professionista intellettuale con un eccesso di responsabilità; b)non
escludere qualunque responsabilità e non cadere nell'eccesso opposto della deresponsabilizzazione
del professionista! Il punto di equilibrio è la COLPA GRAVE.

OBBLIGAZIONI DI MEZZI E RISULTATO


Attenuare la responsabilità del professionista intellettuale è il fine che viene perseguito attraverso la
distinzione fra obbligazioni di mezzo e risultato!!!!!!! Distinzione elaborata nell'ordinamento
francese e che è stata accolta per molto tempo nel nostro ordinamento, e che oggi è al
TRAMONTOOOOO!!!! La distinzione si basa sull'OGGETTO della obbligazione:
-MEZZI: è una obbligazione che possiamo definire "di diligenza". L'oggetto dell'obbligazione è la
DILIGENZA, il MEZZO, non il FINE: il comportamento diligente, non il risultato atteso da quel
comportamento. L'inadempimento sarebbe la COLPA, la mancata diligenza, e NON il mancato
raggiungimento del risultato.
-RISULTATO: l'oggetto dell'obbligazione non è il MEZZO ma il fine! Se si raggiunge il risultato
c'è adempimento, altrimenti inadempimento. E' una obbligazione che tende ad un modello
OGGETTIVO di responsabilità, perchè non è in obbligazione la diligenza ma il risultato; se il
risultato non si raggiunge c'è inadempimento, salvo che non si provi l'impossibilità OGGETTIVA.
Per escludere la responsabilità di risultato occorre provare non la diligenza, ma che il risultato non
sia raggiungibile per una impossibilità OGGETTIVA.

PROFESSIONISTA
Applicando la obbligazione di mezzi alla resp del professionista, il mancato raggiungimento del
risultato atteso NON E' inadempimento. L'inadempimento è il comportamento non diligente del
professionista: la prova della DILIGENZA esclude la responsabilità. Modello della responsabilità
soggettiva presunta.

TRAMONTO
Tuttavia la distinzione fra obbligazioni di mezzi e di risultato non regge. Non ci sono obbligazioni
di soli mezzi e di solo risultato: l'obbligazione si compone sempre di diligenza e di risultato. La
componente di DILIGENZA è necessaria, c'è sempre. L'obbligazione ha sempre una componente
di MEZZI; e quando è di mezzi può avere una componente di RISULTATO: quindi la obbligazione
è di mezzi e di risultato. Il risultato va valutato alla luce della diligenza. E qui si inscrive il
problema della rilevanza delle linee guida nella responsabilità del medico.

LINEE GUIDA
Le SU penali si pongo il problema della osservanza delle linee guida sotto il profilo della
responsabilità penale; qual è il valore dell'osservanza delle linee guida sotto il profilo della
responsabilità CIVILE? Questo è il TEMA su cui oggi si dibatte sulla responsabilità del medico. E
qui si pone un profilo di DUBBIA LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE della Legge Gelli. Se il
medico è legato da contratto, la sua responsabilità segue la resp. contrattuale, cioè modello
responsabilità soggettiva presunta. Quando NON è legato da contratto, 2043 (si nega il contatto
sociale): sempre secondo modello resp. soggettiva, ma non presunta. La stessa attività quindi può
essere fonte di una responsabilità secondo il modello soggettivo presunto o sotto il modello
soggettivo tout court a seconda che vi sia o meno una relazione contrattuale con il paziente!!!! La
STESSA ATTIVITA'!!! Con tutto quello che ne consegue sotto il profilo del riparto dell'onere della
prova: presunzione di colpa (1218); onere della prova sul danneggiato (2043). E qui si pone il
problema delle linee guida: l'osservanza delle linee guida ESCLUDE la colpa del medico???
-art. 5 legge Gelli: gli esercenti delle professioni sanitarie si attengono, salvo le specificità del caso
concreto, alle linee guida;
-art.6 co. 1: la norma inserisce un nuovo comma nell'art. 590 .cp.: se l'evento si è verificato a causa
di IMPERIZIA la punibilità è esclusa quando sono rispettate le linee guida. L'osservanza delle linee
guida esclude la responsabilità penale, perchè esclude la colpa per imperizia.
L'esclusione della colpa per imperizia, escludendo la responsabilità penale, esclude anche la
responsabilità CIVILE???? Se l'osservanza delle linee guida esclude l'imperizia, allora esclude la
colpa! Viene meno elemento costitutivo della responsabilità.

LEGGE GELLI E DIVERSITA' FRA AMBITO PENALE E CIVILE


Non c'è una norma analoga per la responsabilità civile: anzi c'è una norma CONTRARIA, che
conferma la responsabilità del medico NONOSTANTE l'osservanza delle linee guida!!! Art. 7: il
giudice nella determinazione del danno tiene debitamente conto dell'osservanza delle linee guida:
cosa vuol dire? Le linee guida rilevano nella determinazione del danno, del QUANTUM
respondeatur, con un criterio ANOMALO di quantificazione del danno. Componiamo il PUZZLE:
abbiamo qui un crieterio di determinazione del danno che consente al giudice di tenere in
considerazione l'osservanza delle linee guida, ovvero la CONDOTTA DEL
DANNEGGIANTE!!!!!!!! Il danno è 100, ma hai osservato le linee guida, allora ti faccio lo sconto!
Il risarcimento è inferiore al danno tenendo conto della condotta del danneggiante! CRITERIO
ANOMALO di risarcimento: con una funzione che non è:
- nè RIPARATORIA, perchè il risarcimento può essere DIMINUITO rispetto all'entità del danno,
c'è una quota di danno non risarcita;
-nè SANZIONATORIA: si tiene in considerazione della condotta del danneggiante, ma non per
liquidare un risarcimento maggiore ma INFERIORE al danno. La prospettiva è PREMIALE!
CRITERIO ANOMALO nel sistema della responsabilità civile. Logica volta ad ATTENUARE la
responsabilità, per il fatto di avere osservato le linee guida. L'osservanza delle linee guida, se
diminuisce la responsabilità, vuol dire che NON LA ESCLUDE!!! Vi è quindi una norma che
ESCLUDE la responsabilità penale per l'OSSERVANZA delle linee guida, perchè esclude
l'imperizia; mentre sul piano civile l'osservanza NON esclude la colpa.

S.U PENALI
Attraverso l'obiter dictum offre spunti che cercano di applicare sul piano civile le coordinate
ermeneutiche fornite sul piano penale:
-l'osservanza delle linee guida ESCLUDE l'imperizia;
-se la esclude in ambito penale la esclude anche in ambito civile: se non c'è imperizia non c'è colpa;
non è che c'è una imperizia che non rileva sul piano penale e rileva sul piano civile!L'imperizia
quella è. Se una prestazione non è imperita sul piano penale, non lo è neanche sul piano civile.
-L'osservanza delle linee guida, tuttavia, non esclude la colpa per negligenza e imprudenza. E
soprattutto non esclude la colpa nella SCELTA delle linee guida. L'esecuzione della linea guida può
essere perfetta, senza imperizia; ma per le "specificità del caso concreto", come dice la norma, IL
MEDICO AVREBBE DOVUTO DISCOSTARSI da quella linea guida, o seguirne un'altra!
-Ci può quindi essere una responsabilità civile, nonostante l'osservanza delle linee guida, per profili
di colpa diversi dalla colpa per imperizia. Questo spiega la norma che prevede la RIDUZIONE del
risarcimento. Il medico risponde per COLPA, nonostante non ci sia imperizia, perchè ha osservato
le linee guida.Per il fatto di avere osservato le linee guida, beneficierà di uno sconto. La norma che
consente di tenere conto nella determinazione del danno dell'osservanza delle linee guida non
esclude la responsabilità del medico; ma neanche la richiede sempre: la norma attiene al
QUANTUM respondeatur, ma non riguarda l'AN. Si può rispondere a livello civile
NONOSTANTE L'OSSERVANZA DELLE LINEE GUIDA; l'osservanza delle linee guida esclude
l'imperizia; ma non può escludere gli altri profili di colpa, tra cui in particolare la colpa nella
SCELTA delle linee guida, la colpa nel non aver tenuto conto delle specificità del caso concreto.
2048-2049-2050-2051: RESPONSABILITA' OGGETTIVA
Seguono il modello della responsabilità soggettiva presunta? GIURISPRUDENZA: quarto modello
di responsabilità, RESPONSABILITA' OGGETTIVA. Siamo nel campo di fattispecie eclettiche.
Prescindono dalla colpa? Si può dire che rispondono ad un modello oggettivo di responsabilità,
rispetto a un modello generale fondato sul principio di colpevolezza? La responsabilità oggettiva
richiede un FONDAMENTO NORMATIVO: si deroga al modello generale, originario. La
responsabilità soggettiva si fonda sul principio di colpevolezza. E quella OGGETTIVA: il FATTO
cagiona il DANNO. Il principio di colpevolezza non è fondamento: e allora qual è il fondamento?
Molto si dice e molto si scrive.

FONDAMENTO
Il fondamento è il PRINCIPIO DI SOPPORTAZIONE DEL RISCHIO: il modello della
responsabilità oggettiva è TECNICISTICO: cioè frutto di scelta di politica legislativa. Problema di
allocazione del rischio del danno: chi deve assumere su di sè il rischio del danno? Chi svolge una
certa attività: UBI COMMODA IBI INCOMMODA. Trai il vantaggio, da quella attività, dunque
sopporti il danno, a prescindere dal dolo o dalla colpa. CHI FA UN DANNO DEVE RISARCIRE: è
il NESSO DI CAUSALITA' l'elemento di imputazione della responsabilità. E' una responsabilità
non da CONDOTTA ma da ACCADIMENTO.

NORMA DI LEGGE
Se non ci fosse norma di legge si applicherebbe il modello generale!!!! O responsabilità soggettiva,
2043; o soggettiva presunta, 1218! Ma sempre responsabilità per colpa. Occorre quindi norma di
legge, così come avevamo visto che occorreva norma di legge per invertire l'onere della prova!

E SE NON C'E' NORMA?


Come ci sono ipotesi di responsabilità soggettiva presunta NON PREVISTE dalla legge (resp. PA),
così ci sono ipotesi di resp. oggettiva PRIVA di espressa base normativa.UNICA (forse) ipotesi
eccezionale, ad esempio nel caso si tratti di un determinato tipo di obbligazione. Quando l'oggetto
dell'obbligazione riguarda cose generiche (genus numquam perit); oppure denaro. La diligenza del
debitore non è criterio di imputazione della responsabilità. Data la NATURA dell'oggetto
dell'obbligazione, non si prende in considerazione la diligenza del debitore: non c'è norma che
prevede responsabilità oggettiva per le obbligazioni pecuniarie o generiche. Ma la resp è oggettiva a
causa della natura! La colpa non rileva.

IPOTESI CON BASE NORMATIVA


Si può configurare resp. oggettiva della PA? Abbiamo una adunanza plenaria recente che configura
la resp della PA come oggettiva: quella dell'art. 112 co. 3 cpa!!!!!!! Siamo nel giudizio di
OTTEMPERANZA: giudizio di ESECUZIONE della sentenza. La norma consente di esperire
azione di risarcimento del danno nei confronti della PA. ANOMALIA!!!! L'azione di risarcimento è
un'azione di accertamento e condanna, quindi azione di COGNIZIONE, la quale può in questo caso
essere proposta in un giudizio di ESECUZIONE! Ciò conferma la doppia natura del giudizio di
ottemperanza: di cognizione e di esecuzione. La conferma della doppia natura sta anche nel 112. Di
cosa risponde la PA, quali le cause che possono far conseguire la resp della PA nel giudizio di
esecuzione? 3 cause:
1)impossibilità esecuzione del giudicato: è impossibile eseguire la sentenza; la PA deve risarcire il
danno derivante dall'impossibilità di eseguire il giudicato FAVOREVOLE;
2)mancata esecuzione: il giudicato è possibile ma la PA non lo esegue;
3)violazione o elusione del giudicato.
Le ultime due cause sono riconducibili ad un comportamento DOLOSO o COLPOSO della PA. La
PA dolosamente o colposamente non esegue o viola o elude.
Ma nella PRIMA ipotesi il discorso cambia. Le 3 cause sono giustapposte per significare che
l'impossibilità è OGGETTIVA: la norma si basa su un principio di sopportazione del rischio. La
norma prescinde dal dolo/colpa PA. Rileva impossibilità oggettiva: la PA che ha messo il privato in
condizione di esperire il giudizio di ottemperanza non conformandosi alla sentenza ASSUME IL
RISCHIO DELL'IMPOSSIBILITA'. Le alternative sono due: se la sentenza non può essere eseguita
o il rischio ricade sul privato; oppure sulla PA, tertium non datur.

LOGICA PIU' GENERALE DEL GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA


Il giudizio di esecuzione della sentenza è un rimedio in forma specifica. Tende a fare ottenere al
privato il bene della vita negato dalla PA nonostante la sentenza riconosca quel bene della vita. E'
un rimedio in forma specifica OBIETTIVO: prescinde dal dolo o dalla colpa della PA nella mancata
conformazione alla sentenza!!!! Quel bene della vita DEVE essere attribuito al privato. Il
risarcimento del danno da IMPOSSIBILITA' DI ESEGUIRE la sentenza è un giudizio di
ottemperanza per EQUIVALENTE. Se non si richiede l'elemento soggettivo per il giudizio di
ottemperanza in forma specifica, non si può richiedere l'elemento soggettivo per il rimedio in
ottemperanza per EQUIVALENTE!
Quando l'ordinamento prevede un rimedio in forma specifica e lo prevede in forma obiettiva, il
rimedio per equivalente deve essere obiettivo come quello in forma specifica: CONTRATTI
PUBBLICI. Questa è la lettura del 112 che fa la GIURISPRUDENZA: potremmo dare alla norma
una lettura opposta, e dire che essa è fondata sulla colpa della PA. Anche il 1218 parla di
impossibilità: solo che il 1218 viene letto in una chiave SOGGETTIVA in forza della regola di
diligenza; si potrebbe leggere in chiave soggettiva anche il 112 co. 3: non lo facciamo perchè
abbiamo una Ad.Plen. che conferma la lettura oggettiva.

2051 ss. c.c.


Responsabilità oggettiva degli artt. 2049 ss.? Si può dare lettura oggettiva? Perchè questa domanda?
Partiamo dal 2051, COSE IN CUSTODIA. Il dato inconfutabile è la relazione al Re: "nell'art. 2051
NON può ritenersi operante il principio della pura causalità". La pura causalità è la resp.oggettiva:
la relazione ci dice che il legislatore non configura il 2051 come responsabilità oggettiva! Ecco
perchè ancora oggi si continua a qualificare il 2051 come fattispecie di modello soggettivo: CULPA
IN VIGILANDO del custode nella sorveglianza della cosa. Il custode risponde per fatto proprio:
come nel 2047, come nel 2048. PRESUNZIONE di colpa del custode. Modello di responsabilità
soggettiva presunta. Oggi però la tendenza è diversa. Si tratta di fattispecie eclettiche, di cui si può
dare lettura oggettiva. Un conto è il fatto dell'uomo, un conto è il FATTO DELLA COSA, il quale
non può essere colposo o doloso: quindi il danno si basa sulla sola sussistenza del nesso causale e
sul rapporto di custodia.

RAPPORTO DI CUSTODIA
La norma non individua un rapporto di custodia sotto il profilo giuridico ma FATTUALE: è custode
colui che ha il potere, signoria della cosa, che ha il potere di governare il RISCHIO derivante dall'
intrinseco dinamismo, quindi SOPPORTA IL RISCHIO. Ecco che è una resp. oggettiva: il custode
non deve provare la MANCANZA DI COLPA, cioè di aver sorvegliato la cosa diligentemente; il
custode risponde FINO A PROVA DELLA MANCANZA DEL NESSO DI CAUSALITA'.

2051 E PA
Si può applicare questa ipotesi di resp. oggettiva alla PA? La giurisprudenza è oscillante, no
posizione univoca. Il 2051 postula la CUSTODIA, cioè il POTERE DI CONTROLLO. Se non c'è
potere di controllo non c'è governo del rischio: se non c'è controllo non c'è custodia e dunque non
c'è responsabilità. Si può dire che la PA ha il potere di controllo dei beni pubblici? Data l'estensione
dei beni della PA si può affermare l'esistenza di un potere di controllo del rischio? Non si può nè
affermare nè negare tout court l'applicazione del 2051. Non si può dire che la PA non è mai o è
sempre custode della cosa. Si tratta di stabilire se la PA può essere considerata custode. Si tende a
fare una operazione di distinzione:
-situazioni di pericolo, rischi di danno INTRINSECI, connaturate alle caratteristiche del bene. Il
bene per le sue caratteristiche comporta un rischio: qui si può dire che la PA ha il potere di
controllare quel rischio. Si applica il 2051.
-situazioni di pericolo ESTERNE, estranee alle caratteristiche del bene; situazione di pericolo che
proviene dal fatto del terzo, che ad esempio altera dinamica della cosa. Il 2051 non si applica, ma si
applica il 2043, l'onere della prova grava sul danneggiato.
MA SU CHI GRAVA L'ONERE DI PROVARE CHE IL RISCHIO NON E' INTRINSECO? Si
tende a fare cadere l'onere sulla PA; le la PA non prova che il rischio è ESTRINSECO, si applica il
2051. Quindi la PA risponde ex art. 2051 fino a prova contraria.

2050 ATTIVITA' PERICOLOSE


Altra fattispecie eclettica, altra distonia fra configurazione originaria e lettura attuale della norma.
Relazione: "il principiodella pura causalità non si è accolto". La relazione ci dice che non è resp.
OGGETTIVA. Ci spiega anche perché: " è ritenuto ingiusto, antisociale, antieconomico, tale da
scoraggiare attività e iniziative feconde". Qui c'è la RATIO DELLA RESP OGGETTIVA: essa è
antisociale perchè mortifica l'iniziativa economica privata, consente di ottenere più facilmente il
risarcimento del danno, che è un COSTO legato all'attività. Nella conformazione originaria del
codice civile NON C'E' SPAZIO per la responsabilità oggettiva. Essa è vista con sfavore: "sulla
materia non si è adottata nessuna delle soluzioni estreme; nè la resp. oggettiva, nè quella ordinaria
per colpa". Allora a quale modello risponde? MODELLO INTERMEDIO della resp. soggettiva
PRESUNTA: si risponde per colpa, ma presunta. E' il soggetto che esercità l'attività pericolosa a
dimostrare la mancanza di colpa, o, utilizzando le parole del codice civile, deve PROVARE di
"avere adottato le misure idonee ad evitare il danno": provare di avere adottate le misure idonee
significa AVERE ADOTTATO TUTTA LA MASSIMA DILIGENZA POSSIBILE richiesta dalla
NATURA dell'attività esercitata: tutte le misure SOGGETTIVAMENTE idonee ad evitare il
danno.

GIURISPRUDENZA 2051
Tuttavia, giurisprudenza tende a fare rilettura in chiave OGGETTIVA del 2050: principio di
sopportazione del rischio, chi esercita attività pericolosa deve sopportare il rischio derivante da
quella attività, ubi commoda ibi incommoda, A PRESCINDERE DAL DOLO O DALLA COLPA.
La resp. è oggettiva: il soggetto, per escludere la responsabilità non deve provare di avere adottato
tutte le misure SOGGETTIVAMENTE idonee ad evitare il danno, ma quelle
OGGETTIVAMENTE idonee ad evitare il danno: cioè provare la mancanza del nesso di causalità.
Quindi modello di responsabilità OGGETTIVA, e per giunta responsabilità oggettiva PRESUNTA:
si presume nesso di causalità.

RESPONSABILITA' DA MERA POSIZIONE: 2049


Il sistema ci consegna un dato: la resp è PERSONALE; e lo è o quando vi sia elemento soggettivo;
o quando comunque vi sia il nesso di causalità. Si può prescindere dalla colpa ma non dal nesso di
causalità. Non ci può essere una responsabilità senza nesso di causalità: RESPONSABILITA' DA
MERA POSIZIONE. Sarebbe una forma di responsabilità NON PERSONALE.Il danno deve essere
imputabile almeno sotto il profilo oggettivo. Eppure il codice civile sembra evocare la responsbilità
da mera posizione, dato che la relazione indica l'ipotesi della "responsabilità PER FATTO ALTRUI
CON COLPA ALTRUI"!!!!!!!!!! Sembra essere senza nè elemento soggettivo nè oggettivo. Si
tratta del 2049: responsabilità del preponente per l'attività del preposto. E' la stessa logica del 1228
del c.c.: resp. del debitore che si avvale dell'ausiliario nell'adempimento dell'obbligazione. La
responsabilità del preponente sembra essere resp. da mera posizione, priva sia dell'elemento
soggettivo che oggettivo: SEMBRA essere non personale. La relazione è fuorviante, nella sua
definizione "fatto altrui con colpa altrui". Il 2049 e il 1228 sembrano introdurre nel sistema forme
di responsabilità NON PERSONALE. Tuttavia questa non è la lettura corretta!!! 2049 e 1228
possono essere ricondotti ai modelli tradizionali che abbiamo finora analizzato: modello resp
soggettiva e oggettiva. Il fatto è posto in essere dal preposto/ausiliario; ma esso è posto in essere
nell'esercizio delle INCOMBENZE a cui il preposto è adibito: la giurusprudenza parla di
VINCOLO DI OCCASIONALITA' NECESSARIA, con l'attività del preposto. Cioè l'attività del
preposto è considerata come se fosse del PREPONENTE: ubi commoda ibi incommoda: chi si
avvale dell'attività altrui assume su di sè il rischio derivante da quella attività per il solo fatto che
esiste una relazione di occasionalità necessaria fra l'attività dannosa e l'attività alla quale è adibito il
preposto. La responsabilità del preponente non è cioè per dolo o colpa, PRESCINDE da culpa in
vigilando , in eligendo: NON RILEVA. Ubi commoda ibi incommoda: il preponente risponde
perchè assume su di se il rischio del danno derivato dal sogetto del quale si avvale, COME SE
l'attività del preposto fosse del preponente, fictio iuris. Il fatto del preposto è DOLOSO o
COLPOSO; che però viene imputato OGGETTIVAMENTE al preponente, per il principio di
sopportazione del rischio. Quindi modello di resp. oggettiva.

LETTURA OGGETTIVIZZANTE
Perchè la giurisprudenza oggettivizza? Invece la relazione è nella direzione del modello della
responsabilità SOGGETTIVA. Mentre oggi l'ordinamento va verso forme di responsabilità
OGGETTIVA: perchè ha funzione preventiva. Così come le nuove forme di responsabilità
introdotte dal legislatore sono sanzionatorie, nella prospettiva di deterrenza. Per prevenire il danno
occorre DISINCENTIVARLO, rendere svantaggioso i danni. Cos' come i risarcimenti punitivi sono
volti a soddisfare un 'esigenza di prevenzione del danno; allo stesso modo la resp. ogg. assolve a
quella funzione. Il modello della responsabilità oggettiva e ancor più oggettiva presunta
DISINCENTIVA IL DANNO: il danno è un costo economico; se il risarcimento è più facile, il
danno è un costo più duro da sostenere.

RESPONSABILITA' DA PRODOTTO
Resp. oggettiva: si bassa sulla sussistenza del nesso di causalità fra difetto del prodotto e nesso di
caualità con il danno. La prova del difetto del prodotto può non essere lieve:
-la prova del difetto di FABBRICAZIONE è più semplice: difetto di un esemplare all'interno di una
serie di prodotti, tutti omologati;
-diffetto di INFORMAZIONE: bisogna provare inadeguatezza delle informazioni riguardo all'uso
del prodotto;
-difetto di INSICUREZZA del prodotto: il difetto più difficile di provare. Se il danneggiato avesse
l'onere di provare il vizio intrinseco del prodotto, il danneggiato sarebbe gravato da una probatio
diabolica: ecco perchè il riparto dell'onere della prova si basa sul TESTE DELLE LEGITTIME
ASPETTATIVE: il test solleva il danneggiato dall'onere dal vizio intrinseco del prodotto; il
danneggiato deve provare che il prodotto NON OFFRE LA SICUREZZA CHE DA QUEL
PRODOTTO CI SI PUO' LEGITTIMAMENTE ATTENDERE SULLA BASE DELLE
CIRCOSTANZE CONCRETE: istruzioni, avvertenze, utilizzi ragionevolmente prevedibili del
bene.
Il fornitore deve provare:
-che il difetto non esisteva quando il prodotto è stato immesso sul mercato; quindi non è
oggettivamente imputabile al produttore;
-oppure fornire una delle prove ex art. 118 cod. consumo. Ci soffermiamo su una delle cause che
escludono la responsabilità: il DIFETTO DA SVILUPPO.

DIFETTO DA SVILUPPO
Non poteva essere individuato allo stato delle cognizioni tecniche e scientifiche nel momento in cui
viene messo in circolazione. Su chi ricado allora il rischio del danno da difetto del prodotto?
-sul consumatore
-sul produttore.
La direttiva prodotto non prende posizione sulla allocazione del rischio. Lascia liberi gli stati
membri: la normativa nazionale si conforma alle normative prevalenti degli altri Stati membri
collocando il rischio a carico del CONSUMATORE. "Il difetto non era oggettivamente
individuabile sulla base delle PIU' AVANZATE TECONOLOGIE DEL MOMENTO": ecco la
logica: manca il nesso di causalità! Se dopo la circolazione del prodotto, il progresso scientifico
consente di individuare un difetto in quel prodotto, lì il produttore ha l'onere di intervenire per
evitare che il prodotto cagioni un danno. Logica del favor victimae.

DANNO AMBIENTALE
Il diritto dell'UE tutela l'ambiente. I principi posti dall'UE sono di PREVENZIONE:
-chi inquina paga: non è un principio meramente programmatico; ma è un principio precettivo:
1)vuole reprimere la condotta che danneggia: quindi funzione sanzionatoria; 2)ma al contempo
funzione PREVENTIVA del danno ambientale. Come si attua la funzione preventiva? Attraverso
INTERNALIZZAZIONE del costo economico del danno ambientale: il costo del danno è trasferito
dalla collettività che lo subisce sul soggetto che lo ha causato: è dunque una responsabilità
OGGETTIVA; c'è parallelamente una responsabilità per colpa per danno recato alla biodiversità per
lo svolgimento di attività NON PERICOLOSE (art. 3 direttiva);ma l'esercizio di attività
PERICOLOSE (come nel 2050) risponde al modello oggettivo. Non basta prova della diligenza.
MA SPESSO I DANNI SONO IRREVERSIBILI: si mira quindi a una tutela anticipata
dell'ambiente:
-principio di prevenzione: adozione di misure volte ad evitare il danno quando il danno è collegato
a un rischio scientificamente conosciute. E' provato che quel comportamento comporta un
determinato danno.
-principio di precauzione: anticipa la soglia di tutela del bene ambiente. Ci sono rischi di danno che
non sono scientificamente provati: non c'è evidenza scientifica ma solo SOSPETTO di danno.
Su questi si basa la disciplina del danno ambientale.

RIMEDIO IN FORMA SPECIFICA E PER EQUIVALENTE


Come si ripara il danno? Obbligazione risarcitoria: è unica ma le modalità sono due. Ris. in forma
specifica: ELIMINAZIONE MATERIALE del danno. Per equivalente:
COMPENSAZIONE ECONOMICA del danno, che non è eliminato materialmente. Quale rapporto
sussiste nel codice civile tra rimedio in forma specifica e quello per quivalente? Il codice NON
STABILISCE un rapporto, non stabilisce espressamente: il danneggiato ha facoltà di scelta. Si parla
ERRONEAMENTE di obbligazione alternativa o con facoltà alternativa: ma l'obbligazione
risarcitoria è una!! Le MODALITA' di risarcimento sono due. Il danneggiato ha quindi facoltà di
scegliere una MODALITA'. Non c'è gerarchia di valore fra le modalità del risarcimento del danno;
ma ci sono dei limiti che rendono la modalità in forma specifica subvalente rispetto al rimedio per
equivalente:
-il ripristino non è sempre possibile: factum infectum fieri nequit: non ogni situazione può essere
riportata allo status quo ante;
-ECCESSIVA ONEROSITA': se è troppo oneroso per il danneggiante, non è esperibile.
Quindi si può dire che è prevalente il rimedio per equivalente.

DANNO AMBIENTALE
Invece c'è una gerarchia di valore fra rimedio in forma specifica e rimedio per equivalente:
DIFFIDENZA del legislatore verso sistemi risarcitori di natura PECUNIARIA per equivalente.
L'obiettivo è l'INTEGRITA' dell'ambiente; e quindi le misure di riparazione in forma specifica, di
RECUPERO dell'ambiente. La tutela per equivalente è strumento sussidiario: solo quando il
recupero dell'integrità NON è in concreto possibile, COSTI QUEL CHE COSTI PER IL
DANNEGGIANTE (!!! non c'è limite al costo per il danneggiante!!!), allora si ricorre alla
riparazione per equivalente. Quindi MISURE DI RIPARAZIONE PRIMARIA come rimedio
principale che grava su CHI INQUINA. Se il responsabile non ripara il danno o lo fa in maniera
incompleta, la legge prevede l'intervento sostitutivo del ministero dell'ambiente: esso ha
legittimazione attiva ad intervenire in quanto portatore di un interesse collettivo. Procede
DIRETTAMENTE agli interventi necessari: rimane anche in questo caso una misura IN FORMA
SPECIFICA. Il ministero può agire in forma GIUDIZIARIA o AMMINISTRATIVA. VIA
AMMINISTRATIVA: ordinanza immediatamente esecutiva con cui si ingiunge al responsabile il
RIPRISTINO del danno ambientale. In caso di inadempimento del responsabile, l'intervento è
esercitato dal ministero. Il costo economico dell'intervento di riparazione è TRASLATO sul
soggetto che lo ha causato. Lo strumento è l'ordinanza-ingiunzione.

VIOLAZIONE DIRITO UE
Sempre responsabilità OGGETTIVA. Siamo al confine fra dir civile e amm. Lo stato risponde per
un danno cagionato al cittadino per violazione del diritto ue. Nel diritto sovranazionale lo stato è
considerato nella sua UNITARIETA', nonostante la tripartizione dei poteri (legislativo, esecutivo,
giudiziario):
-il legislatore cagiona un danno al cittadino violando la norma europea: filone giurisprudenziale
inarrestabile sugli specializzandi. Il legislatore non attua una direttiva, non riconoscendo una
posizione di vantaggio riconosciuta dalla norma europea, e il privato non può far valere questa
posizione di vantaggio perchè la norma non è stata attuata.
-la PA adotta provvedimento violativo del diritto UE negando una situazione di vantaggio
riconosciuta dal diritto UE. Esercizio del potere amm. in contrasto col diritto eu
-il giudice che con la sentenza viola la norma eu cogionando danno al privato.
Tutte queste forme di resp radicano i loro presupposti nel diritto UE. La fonte della responsabilità, i
presupposti sono individuati dal diritto UE. Sono presupposti OGGETTIVI, lo dice la CGE: la
responsabilità prescinde dalla colpa (la corte si riferisce alla PA ma il discorso si estende a tutte le
forme di responsabilità). Si presuppone: a)norma europea; b)VIOLAZIONE MANIFESTA di
quella norma che cagiona il danno. Logica: avvantaggiare il danneggiato quanto al risarcimento del
danno. Non occorre prova dell'elemento soggettivo. La giurisprudenza e il legislatore hanno dovuto
compiere una operazione di COMPATIBILITA'/ADEGUAMENTO dell'ordinamento interno
all'orientamento della CGE: non c'è una norma che qualifica come OGGETTIVA la resp. dello
Stato. Quindi secondo i principi generali è EXTRACONTRATTUALE; o secondo alcuni da
INADEMPIMENTO DI UN OBBLIGO PREESISTENTE (l'obbligo di conformarsi al diritto ue);
ma che sia una responsabilità aquiliana o di inadempimento, quella responsabilità postula
l'elemento SOGGETTIVO. Quindi dovremmo applicare un modello soggettivo per una
responsabilità che la corte qualifica come OGGETTIVA.

GIURISPRUDENZA
Compie un'operazione di compatibilità. La responsabilità postula un elemento soggettivo: la
COLPA. Allora la colpa c'è quando c'è VIOLAZIONE MANIFESTA della norma europea. E' un
processo di OGGETTIVIZZAZIONE DELLA COLPA: la colpa c'è: la responsabilità è soggettiva
ma in forza di una COLPA OGGETTIVA. Modello SOGGETTIVO, ma con colpa oggettiva:
VIOLAZIONE MANIFESTA, quindi colpa GRAVE.

ORDINANZA S.U.
Si sta discutendo, tema caldo, sul tema della responsabilità del giudice: che è esclusa in caso di
ATTIVITA' interpretativa. Ma cosa si intende per attività interpretativa??? Si può ritenere
sussistente attività interpretativa quando il giudice SI DISCOSTA da un orientamento consolidato
della giurisprudenza? C'è violazione manifesta quando il giudice si discosta dal significato attribuito
dalla norma da un orientamento consolidato della giurisprudenza? E' attività interpretativa o
VIOLAZIONE MANIFESTA? Se consideriamo lo scostamento come violazione manifesta, c'è
responsabilità. Il problema si complica perchè il nostro ordinamento non è di COMMON LAW,
non c'è la regola dello STARE DECISIS. Il giudice può discostarsi; ma è anche vero che
l'ordinamento si basa sulla FUNZIONE NOMOFILATTICA: e questa impone al giudice di
adeguarsi, tant'è che in caso di scostamento bisogna rimettere la questione alle SU. Quindi c'è un
vincolo: trasgredito il quale vi sarebbe violazione manifesta. Questione anche POLITICA.
IL CONTRATTO. LA FORMAZIONE.
RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE

INTRODUZIONE.
Partiamo dalla riforma del diritto dei contratti in Francia: che ha introdotto nel code civile la
disciplina della responsabilità precontrattuale. Anche in Francia si basa sulla clausa generale della
BUONA FEDE, CORRETTEZZA: stessa clausola dell’ordinamento tedesco, dei principi unidroit,
nel codice europeo dei contratti. Si fonda su una regola generale! VIOLAZIONE DI UNA
CLAUSOLA GENERALE DI BUONA FEDE.
Quali sono le FORME di questa responsabilità precontrattuale? Analizzeremo il 1337 e il 1338.
-1337: indica un modello, l’ipotesi in cui il contratto non si conclude per interruzione ingiustificata
della trattativa. Domanda: ma il 1337, quando fa riferimento alle “trattative e responsabilità”
(rubrica) si può configurare una resp.contr. SENZA trattativa? I contratti per adesione (che si
concludono istantaneamente, senza trattativa) si può configurare resp. prec? In Francia, nuova
disciplina: si distingue fra le trattative e i contratti per adesione. Nel nostro ordinamento non c’è:
da qui il problema del configurarsi di una resp.contr. senza trattative.
-1338: ci conferma che si può configurare una r.p. senza trattativa. Esso individua un modello di r.p
che prescinde da una trattativa. Fa riferimento alla r.p. quando il contratto è invalido. Domanda: si
può configurare la r.p. da contratto VALIDO? Nel 1337 e 1338 non c’è la risposta: ce la darà la
giurisprudenza attraverso analisi sistematica. La risposta è SI.
Natura giuridica r.p: qualificazione. Essa non ha una propria disciplina. E’ individuata la forma, il
modello, ma non è individuata la disciplina. Non è un tertium genus di responsabilità: o segue la
disciplina della resp. aquiliana, o quella da inadempimento. FRANCIA: resp. aquiliana. E’ una
forma di ABUSO DEL DIRITTO: quale diritto? Il diritto di libertà negoziale. GERMANIA: è
responsabilità da inadempimento, contatto sociale qualificato. Il contratto non c’è ma c’è un
CONTATTO SOCIALE: è quello che dal 2016 la Casszione a sezioni semplici ha iniziato ad
affermare. Senza soluzioni univoche.
-Si può configurare una responsabilità precontrattuale del terzo? E’ un problema che non si pone
fin quando la r.p. è considerata aquiliana: il problema in questo caso sarebbe dogmatico, teorico,
tanto poi la disciplina che si applica è sempre quella del 2043: che il terzo risponda ex art. 2043 o
che il terzo risponda a titolo precontrattuale, il risultato è sempre lo stesso. Se la resp. p. è aquiliana,
la responsabilità del terzo segue comunque il 2043. Il problema allora si pone quando si va a
qualificare la r.p. come resp. da INADEMPIMENTO: dovrebbe seguire la disciplina della resp. da
inadempimento. La giurisprudenza tende a qualificarla come resp. aquiliana. Il terzo non può
rispondere ex 1218, vedremo perché. Resp. dell’amministratore per bilancio non veritiero: il
bilancio rappresenta una situazione economico finanziaria che non rappresenta la situazione della
società. In maniera colposa o dolosa l’amministratore redige un bilancio non veritiero: quel bilancio
è una informazione che incide sulla formazione della volontà contrattuale, diritto di
autodeterminazione negoziale. Il soggetto acquista azioni, fa credito alla società, stipula contratti
con la società, facendo affidamento su quella informazione falsa. Informazione che incide sul
processo di formazione del contratto. Stesso vale per le agenzie di rating; società di revisione;
lettere di patronage; mediatore. Si può dunque configurare resp. del terzo estraneo alla trattativa.
-Si può configurare resp. contr. P.A?Qual è l’ambito di applicazione? Adunanza Pl. 2018: individua
in maniera estesa l’ambito di resp. della PA. Non ci sono zone franche di resp. prec. Si può
configurare DOPO aggiudicazione del contratto e prima della stipula; dopo la STIPULA del
contratto; e PRIMA dell’aggiudicazione.
- E’ risarcibile il danno da perdita di chance nella resp.pre.?
-Negozi preparatori: nella fase di formazione del contratto si iscrivono anche i negozi preparatori,
oltre alle trattative. OPZIONE, PROPOSTA IRREVOCABILE, PRELIMINARE, CONTRATTO
NORMATIVO.

La resp.p. è posta a tutela del diritto di autodeterminazione negoziale. Tutela la libertà di


autodeterminazione negoziale. Diritto di autodeterminarsi liberamente nelle proprie scelte negoziali.
Essa non tutela l’interesse alla CONCLUSIONE; ma l’interesse ad un comportamento CORRETTO
della controparte, atto a consentire il diritto di autodeterminazione contrattuale. Tutela di libertà
negoziale. Attraverso clausola generale: regola della buona fede, CORRETTEZZA precontrattuale.
Regola che caratterizza la disciplina della r.p. anche nelle esperienze estere: FRANCIA, riforma
recente, per la prima volta è introdotta disciplina r.p., basata sulla BUONA FEDE. Sempre sulla
stessa regola, in GERMANIA. Stessa regola codice europeo dei contratto; e Unidroit. La regola è
sempre la stessa, perché una TIPIZZAZIONE delle lesioni della libertà negoziale è impossibile.
Quindi da un lato LIBERTA’ negoziale; dall’altro, ABUSO: l’esercizio della libertà negoziale in
contrasto con la buona fede è un esercizio ABUSIVO del diritto (Francia). La trattativa è libera, ma
con un OBBLIGO: buona fede nella libera trattativa.

OBBLIGO DI BUONA FEDE: clausola generale che assume fisionomia in relazione delle
circostanze del singolo caso concreto. Ampia gamma di obbligazioni, che se violate configurano
resp. p., che NON E’ TIPICA. Si basa su clausola generale, e proprio per questo è elastica.
Qualunque comportamento precontrattuale violativo della clausola generale di buona fede è fonte di
responsabilità: 1) Nella circostanza concreta, obbligo di “non interrompere ingiustificatamente le
trattative”. La cd. trattativa “affidante”: quando arriva ad un punto tale da ingenerare un
affidamento legittimo sulla conclusione del contratto. Se la trattativa si interrompe
ingiustificatamente, tale comportamento lede l’affidamento legittimo di controparte, violando
l’obbligo di BUONA FEDE (avete visto come si declina in concreto?!). Quindi fonte di r.p.
2)“Obbligo di informazione”. Bisogna fare distinguo: a) vi sono obblighi informativi tipici: settore
bancario, finanziario, assicurativo, i contratti asimmetrici. La legge prevede QUALI informazioni
precontrattuali debbano essere rese, per colmare il gap informativo; b)a prescindere da espressa
previsione legislativa: deriva dall’obbligo di buona fede, derivante dalle circostanze del caso
concreto: ad es. non informare sarebbe violazione dell’obbligo di buona fede. Obbligo di
segretezza, riservatezza. La parte che viene messa a conoscenza di dati di controparte, ha un
obbligo di riservatezza, segretezza, la cui violazione è violazione di buona fede precontrattuale;
3)Obblighi di custodia: che sorgono ex bona fide. Una parte consegna all’altra un bene per prendere
visione. La parte che riceve in uso ha obbligo di custodia del bene.

MODELLI.
A) Pur nella sua tendenziale atipicità, possiamo individuare forme e strutture di r.p. Il primo è
appunto la non interruzione ingiustificata della trattativa. Se la parte si fosse comportata
correttamente, si sarebbe arrivati alla stipulazione del contratto. Qual è il danno risarcibile in questo
modello di r.p.? Il contratto non c’è: non si addiviene alla stipulazione e non è quindi individuabile
un interesse positivo, ma solo negativo. Cioè, cos’ INTERESSE POSITIVO nella risarcibilità del
danno? Il c.c. non contiene distinzione di questo tipo, distingue solo fra DANNO EMERGENTE e
LUCRO CESSANTE. Non distingue fra in.positivo e negativo, che invece è il dato che ci consente
di individuare il danno risarcibile in concreto. INTERESSE POSITIVO: l’utilità ritraibile
dall’ESECUZIONE del contratto. Se il contratto fosse eseguito, deriverebbe una certa utilità.
L’inadempimento cagiona un danno in termini di interesse positivo: l’inadempimento non consente
di ottenere l’utilità ritraibile dal contratto. INTERESSE NEGATIVO: l’interesse ad essere
riportato nella stessa posizione in cui il soggetto si sarebbe trovato se non ci fosse stato
l’illecito: es., r.p. da mancata stipulazione del contratto. Nel caso di mancata stipulazione, l’unico
interesse che viene in rilievo è quello NEGATIVO: l’interesse della parte ad essere riportata nella
stessa condizione in cui si sarebbe trovata se la trattativa non fosse iniziata: i soldi spesi, il tempo
perso, le eventuali OCCASIONI ALTERNATIVE MANCATE. Il danno è pari all’interesse
negativo: ciòè coincide con l’interesse del soggetto a essere riportato nelle medesime previe
condizioni.

B) Modello senza trattativa. Si può configurare una r.p. senza trattativa? Un contratto che si
conclude; ma non ci sono trattative. Siamo partiti da r.p. da MANCATA STIPULAZIONE,
interruzione di trattativa. Postula trattativa. Ma se non c’è trattativa? I contratti per adesione, a
conclusione istantanea: in realazione a questi, si può configurare una r.p.? Riforma del diritto dei
contratti in Francia: introduce distinzione netta fra i contratti che si concludono con trattativa, e
quelli per adesione, SENZA fase di trattativa. Questa distinzione nel nostro ordinamento non c’è. Il
1337 nella sua rubrica sembra, nella sua RUBRICA, limitare l’ambito di applicazione della r.p. alla
esistenza di una trattativa, come se in mancanza di trattativa non vi fosse spazio per r.p.
ATTENZIONE: la rubrica fa riferimento solo alle trattative. Ma la rubrica è rubrica: non è norma.
Andiamo a prendere la norma. “Le parti nello svolgimento delle trattative e nella formazione del
contratto”. La norma fa riferimento alle ipotesi in cui sussista una trattativa e all’ipotesi della
FORMAZIONE del contratto. Fa riferimento cioè a due casi diversi. Ipotesi in cui il contratto si
conclude PREVIA trattativa; ed ipotesi in cui il contratto si conclude ISTANTANEAMENTE.
Formazione SENZA trattativa. Quindi la norma è tale da includere anche i contratti per adesione
nell’ambito della r.p. Questa inclusione risponde a una logica: qual è la RATIO della r.p.? E’ tutela
del diritto di autodeterminarsi liberamente nelle scelte negoziali: se tutela ciò, allora questo diritto
necessita di essere tutelato non solo quando il contratto è preceduto da una trattativa, ma anche
quando il contratto NON E’ preceduto da una trattativa. Il diritto di autodeterminazione può essere
leso anche quando il contratto è a formazione istantanea, nei contratti dunque per adesione. Se la
parte ha l’obbligo INFORMATIVO precontrattuale: la conclusione del contratto è istantanea; ma il
diritto di autodeterminazione può essere leso dalla violazione dell’obbligo informativo
precontruattuale. Se la parte non riceve le informazioni che deve ricevere c’è lesione. Per esempio ,
art. 1338: la parte conosce o dovrebbe conoscere una causa di invalidità del contratto e non informa
l’altra parte, non ne da notizia. Il 1338, a prescindere dall’esistenza di una trattativa contempla
l’ipotesi in cui il contratto, anche a formazione istantanea, è fonte di r.p! Il 1338 è la norma che
chiude il cerchio, confermando che la r.p. prescinde dall’esistenza di una trattativa. R.p. da
CONTRATTO INVALIDO. Quando la norma parla di invalidità sembra fare riferimento a
un’ipotesi di PATOLOGIA del contratto: il 1338 fa espresso riferimento alla VALIDITA’: la parte
conosce o dovrebbe conoscere la causa di invalidità e non ne da notizia all’altra parte. Il campo di
applicazione sembra essere limitato all’ipotesi della INVALIDITA’. Tuttavia la giurisprudenza
interpreta in maniera ESTENSIVA il dato normativo, intendendo il riferimento come riferimento
inteso a un DIFETTO del contratto: cioè non solo quando il contratto è affetto da una
PATOLOGIA, ma anche quando il contratto presenta un DIFETTO che ne IMPEDISCE
L’ESECUZIONE e dunque l’EFFICACIA. Il contratto è INUTILE, il 1338 individua un modello di
r.p. da stipulazione inutile! La parte fa affidamento legittimo sulla EFFICACIA, UTILITA’ di
quel contratto, che non può essere conseguita! Es: contratto del falsus procurator, del
rappresentante senza potere. Tizio stipula il contratto con Caio, rappr. senza potere di Sempronio.
Caio si presenta come rappresentante. Tizio fa legittimo affidamento sulla validità del contratto: ma
il contratto è inefficace, per mancanza del potere rappresentativo. Caio avrebbe dovuto informare
Tizio della mancanza del potere rappresentativo! Il contratto c’è: in astratto un interesse positivo è
individuabile; ma in concreto il contratto ha un difetto che ne preclude l’esecuzione. L’unico danno
risarcibile è l’interesse negativo: l’interesse di Tizio ad essere riportanto nelle stesse condizioni in
cui si sarebbe trovato senza aver stipulato: soldi persi, tempo perso, le eventuali occasioni
alternative mancate.
ATTENZIONE (ciò ci tornerà utile per la r.p. della PA ex 1338). La r.p. da stipulazione inutile,
postula l’AFFIDAMENTO LEGITTIMO sulla validità ed efficacia del contratto. Se l’affidamento
non è legittimo (“aver confidato senza sua colpa”), non si può invocare la r.p. Se tizio fa
affidamento colposo sull’esistenza del potere rappresentativo, che poteva e doveva verificare perché
ad esempio risulta dai pubblici registri (come nel caso delle società) quando si confida con colpa
sull’esistenza del potere, l’affidamento non è legittimo, e quindi non si può invocare la r.p. del
falsus procurator. Vale il principio di autoresponsabilità! Altro es.: il contratto è invalido sub specie
nullitatis. Il contratto è invalido per violazione di norma imperativa: quando si confida nella
validità di un contratto che è nullo per violazione di NORMA IMPERATIVA, quell’affidamento è
illegittimo, è affidamento colposo. Quando siamo nel campo della nullità per violazione norma
imperativa, l’affidamento sulla validità non è mai legittimo. La parte ha l’onere di conoscere quella
norma imperativa!

Così l’ambito della r.p. sembra essere concluso: a)mancata stipulazione (1337); b)stipulazione
contratto inutile. Ma si può configurare r.p. quando non solo si addiviene alla stipulazione del
contratto, e si addiviene alla stipulazione di un contratto che non è né invalido né
inefficace?Contratto valido ed efficace. TERZO MODELLO DI R.P. DA CONTRATTO
VALIDO!LA STIPULAZIONE E’ UTILE! Giurisprudenza: Sì. R.p. da contratto efficace, da
stipulazione utile. Qual è il fondamento teorico e normativo?
TEORICO: si basa su una considerazione di sistema. Distinzione fra regole di responsabilità e
regole di validità. Le regole di validità sono regole di struttura: riguardano il contratto inteso come
atto. La violazione di una regola che riguarda il contratto come atto comporta l’invalidità. Alle
regole di invalidità si affiancano le regole di responsabilità: non sono regole che riguardano il
contratto come ATTO, ma riguardano regole di comportamento. Regole di responsabilità. La
violazione di una regola di comportamento precontrattuale è fonte di responsabilità, SENZA
invalidità. Attenzione: ci sono regole di comportamento precontrattuale che non sono regole di
responsabilità ma di VALIDITA’! Pensate ai contratti del consumatore: obblighi precontrattuali
della parte forte del contratto, che se violati sono causa di nullità di protezione. La norma impone
un comportamento precontrattuale al professionista, la violazione di quel comportamento
determina la NULLITA’ DI PROTEZIONE: è fonte di INVALIDITA’. E’ un’eccezione. C’è una
norma che qualifica la regola di comportamento NON come mera regola di responsabilità ma di
validità. SE NON CI FOSSE LA NORMA, quella regola di comportamento sarebbe una regola di
responsabilità. Il principio generale è che le regole di comportamento p.c. sono regole di
responsabilità; salvo che l’ordinamento stesso le qualifichi come regola di validità.

Lo stesso vale, dai contratti del consumatore al codice civile, nel caso del DOLO. Il dolo è
violazione di una regola di comportamento precontrattuale. Solo che l’ordinamento ricollega alla
violazione di quella regola di comportamento pc. una invalidità. C’ è una norma che considera la
scorrettezza come regola di invalidità. Il DOLO DETERMINANTE è regola, comportamento che
assurge a regola di VALIDITA’. Se il dolo non è determinante ma è incidente, 1440: il dolo c’è ,
c’è l’artifizio, il raggiro; ma non è quella scorrettezza che determina la conclusione del contratto,
incide, ma non la determina; lede l’autodeterminazione negoziale ma non al punto tale da
determinare conclusione; il contratto sarebbe stato concluso a condizioni diverse. Qual è la reazione
dell’ordinamento al comportamento scorretto precontrattuale? La reazione è la
RESPONSABILITA’ 1440 e risarcimento del danno. Responsabilità per violazione di una regola di
comportamento PRECONTRATTUALE. Che non è regola di validità, perché il dolo non è
determinante. E’ una responsabilità precontrattuale da CONTRATTO VALIDO, perché il dolo non
è determinante. Il 1440 è la norma su cui si forma il modello della r.p. da contratto valido.
Stipulazione utile. Qual è il danno risarcibile? Il contratto a)c’è; b) è eseguibile! Risponde ad un
interesse positivo. Qual è il danno risarcibile? L’interesse positivo c’è ma è diverso dall’interesse
positivo ritraibile dal contratto se non ci fosse stato il DOLO INCIDENTE. 1440: il contratto è
valido, benchè “senza i raggiri il contratto sarebbe stato concluso a condizioni diverse”. Se non ci
fosse stata la scorrettezza pc. il contratto avrebbe recato una utilità diversa, MAGGIORE. Es: il
contratto viene stipulato a un certo prezzo perché la parte ha subito la scorrettezza pc; se la
scorrettezza non ci fosse stata il contratto sarebbe stato stipulato a un prezzo inferiore. Quando il
1440 parla di “condizioni diverse” indica il danno risarcibile! Il danno è quella “condizione
diversa” al quale il contratto sarebbe stato stipulato: l’interesse positivo differenziale: l’utilità che il
contratto avrebbe generato se non ci fosse stata la correttezza pc: INTERESSE POSITIVO
DIFFERENZIALE: differenza fra ciò che il contratto è e ciò che il contratto sarebbe stato se non
ci fosse stata la scorrettezza precontrattuale.

La responsabilità indica quindi una valutazione del giudice sull’assetto potenziale del contratto: e
questo è il problema della r.p. da contratto valido. Il risarcimento del danno postula una
valutazione comparativo fra ATTO e POTENZA in termini aristotelici. Tra ciò che il contratto è e
ciò che il contratto sarebbe stato. Valutazione sull’assetto economico del contratto: l’assetto che ha
e che avrebbe avuto. La norma implica un sindacato sull’equilibrio del contratto , sulle scelte delle
parti. Tale potere del giudice, come vedremo, è eccezionale: le parti sono i migliori giudici dei
propri interessi. Questo è il fondamento teorico della disciplina del contratto: le parti sono i migliori
giudici dei propri interessi. La regola generale è che il giudice NON può sindacare l’equilibrio del
contratto. Ecco perché si tende ad affermare (a differenza degli altri DUE modelli di r.p.) la natura
TIPICA della r.p. da contratto valido: nei soli casi previsti dalla legge: come il 1440. C’è una norma
che configura la r.p. da contratto valido attribuendo al giudice un potere valutativo strumentale alla
determinazione del risarcimento. Si tratta di una scorrettezza “qualificata”, “tipizzata”. In questa
prospettiva non si può configurare una lettura estensiva del modello da r.p. da contratto valido:
lettura restrittiva. Deve esserci una norma tipizzante.

Secondo una lettura ESTENSIVA, invece, la r.p. da contratto valido si può configurare non solo
quando la scorrettezza è prevista dalla legge; cioè non solo quando la norma qualifica il
comportamento come scorretto (come nel caso del 1440); come nel caso degli obblighi informativi
TIPICI (c’è una norma che prevede l’obbligo informativo; la violazione di quell’obbligo è una
scorrettezza qualificata dalla legge; ovvero: quando si può configurare in una lettura restrittiva la
r.p. da contratto valido? C’è il 1440; oppure c’è una norma che prevede obblighi informativi tipici:
qualifica la scorrettezza pc. C’è una norma che non solo qualifica la correttezza, ma la prevede
come regola di validità: la norma contempla la scorrettezza contrattuale e considera quella regola
di comportamento come regola di validità. Es: dolo determinante. C’è la violazione di regola di
comportamento pc. che però è fonte di invalidità; ma la parte può domandare l’annullabilità e può
invece non farla valere: la parte può non far valere l’invalidità qualificata e chiedere la
responsabilità precontrattuale. Il contratto è annullabile; la parte non fa valere l’annullamento, non
fa operare la regola di comportamento come regola di validità, la fa operare come regola di
responsabilità. Il contratto in astratto è invalido, ma viene sanato attraverso una mancata azione di
annullamento. Ma la parte non rinucnia a far valere la violazione della regola di comportamento
precontrattuale: la parte rinuncia a far valere la regola di comportamento come regola di validità,
ma non rinuncia a farla valere come regola di responsabilità.Così come la nullità di protezione:
l’obbligo informativo tipico è previsto come regola di validità; la scorrettezza prec. è violazione ad
una regola di validità. Il contratto è affetto da nullità di protezione per la scorrettezza; ma la nullità
di prot. come l’annullabilità è disponibile: il consumatore può non farla valere e può anche opporsi
al rilievo di ufficio; ma la può far valere come regola di RESPONSABILITA’.

Dunque: la resp. prec. da contratto valido, secondo una lettura restrittiva, proprio perché implica un
potere del giudice di sindacare il contratto secondo lo schema del 1440, deve obbedire a una logica
di tipicità. Quando si può configurare la resp. pre. che implica il potere del giudice di sindacare il
contenuto del contratto? Quando la scorrettezza pc. è prevista dalla legge: obblighi informativi
tipici; comportamento penalmente rilevante; oppure quando, la scorrettezza pc. è prevista come
REGOLA DI VALIDITA’: è tipizzata, ma come regola di validità; ma la parte non fa valere quella
regola di comportamento come regola di validità: non chiede l’annullamento; non chiede la nullità
di protezione; la fa valere solo come regola di responsabilità: sull’assunto per cui la regola di
validità è anche regola di responsabilità. La scorrettezza prec. deve essere: 1)prevista come regola
di resp; 2) o di validità, laddove non venga fatta valere come regola di validità ma solo di resp. Sul
presupposto che una regola di comportamento che è regola di validità è IMPLICITAMENTE
ANCHER REGOLA DI RESPONSABILITA’.

LETTURA ESTENSIVA. Buona fede = regola generale; quindi la r.p. da contratto valido si può
avere per qualunque comportamento contrario a buona fede. Anche non qualificato, non previsto
dalla legge: 1)OBBLIGO INFORMATIVO ATIPICO: obbligo che discende dalle circostanze del
caso concreto. La fattispecie richiede l’obbligo di informare: sorgerebbe r.p. da contratto valido. Lo
stesso vale; 2)VIZI INCOMPLETI DELLA VOLONTA’: il quasi dolo, quasi errore, quasi violenza.
C’è una scorrettezza precontrattuale, ma che non assurge al livello del dolo, dell’errore causa di
annullabilità del contratto, non è una forma di violenza. C’è un vizio incompleto della volontà: c’è
la lesione del diritto di autodeterminarsi autonomamente nelle proprie scelte negoziali con un
comportamento scorretto che non è il comportamento scorretto che costituisce causa di annullabilità
del contratto: non c’è dolo, errore, violenza invalidante. Ma c’è comunque scorrettezza contrattuale
violativa della libertà contrattuale. Il vizio incompleto della volontà in una lettura estensiva può fa
sorgere volontà pc.

Qual è la NATURA GIURIDICA di questi tre modelli della r.p.?


Non è disciplinata dalla legge. O segue la resp. da inadempimento o quella aquiliana. Qui entriamo
in un campo minato. La giurisprudenza per decenni ne ha sempre affermato la natura AQUILIANA.
Il contratto non c’è. E’ un comportamento PREcontrattuale. La fonte della resp. non è il contratto
ma un comportamento che precede il contratto, che viola il principio dell’alterum non ledere,
secondo una logica di estraneità tra le parti. Le parti non sono legate da un contratto, quindi
rispondono ex art. 2043. Questa è la posizione della giurisprudenza FRANCESE: limita la libertà
negoziale. Quando la propria libertà negoziale viene esercitata ledendo il diritto di libertà negoziale
dell’altra parte, c’è abuso del diritto. Nel sistema TEDESCO: la r.p. è una responsabilità da
inadempimento, in virtù della teorica del contatto sociale qualificato: è vero che un contratto non
c’è, ma le parti della trattativa non sono degli estranei. Le parti, nel processo di formazione del
contratto, entrano in contato fra di loro. E’ un contatto fra soggetti determinati. Ed è un contatto
finalizzato a uno scopo: conclusione del contratto: cioè la COMPOSIZIONE DI UN CONFLITTO
DI INTERESSI. Contatto qualificato dalla legge: BUONA FEDE. E’ la legge che tutela
l’affidamento di una parte nella correttezza, diligenza, professionalità di controparte. La violazione
dell’obbligo di informazione, non è violazione del principio del neminem laedere: è
inadempimento di un’obbligazione di buona fede che sorge dal contatto sociale. Trattandosi di resp.
da inadempimento, la colpa è presunta.

Le pronunce delle sezioni semplici che oggi affermano la natura contrattuale sono pronunce che
APRONO un contrasto in giurisprudenza. Che non risolvono. Il contrasto che deve fare i conti,
dopo la Legge GELLI con il tramonto della teoria del contatto sociale nella responsabilità del
medico. La legge qualifica la resp. del medico quando manca il contratto come responsabilità
aquiliana. Si mette in discussione la teoria del contatto sociale qualificato. La problematica relativa
alla natura è dunque una problematica aperta, tutt’altro che risolta. E infatti, la formazione del
contratto può essere considerata un contatto sociale qualificato se il contatto sociale ha residenza
nel nostro ordinamento. Se il contatto sociale qualificato, come pure si va affermando nella
migliore dottrina, non ha più ragion di esistere (se il contatto sociale non si applica in campo
medico, dove mai si può applicare?); se la legge Gelli segna il tramonto del contatto sociale
qualificato, la legge Gelli segna il tramonto di quell’orientamento della giurisprudenza che qualifica
la r.p. come responsabilità da contatto sociale qualificato.

Si può affermare che la r.p. è una responsabilità da inadempimento a prescindere dalla teoria del
contatto sociale qualificato? Si può arrivare ad affermare che la r.p. risponde alla disciplina del
1218, a prescindere dalla qualificazione della formazione del contratto come fattispecie di contatto
sociale qualificato? La r.p. si basa su una clausola generale: obbligo di buona fede. Che è fonte di
quegli stessi obblighi che possono derivare dal contatto sociale qualificato. Solo dal contatto sociale
qualificato deriva l’obbligo informativo? Non c’è bisogno di ricorrere alla teoria del contatto sociale
per far sorgere un obbligo informativo precontrattuale. L’obbligo informativo precontrattuale sorge
già in virtù dell’obbligo di buona fede. Il comportamento non informativo è inadempimento di un
obbligo preesistente che deriva dalla legge. La resp. da inadempimento non presuppone
necessariamente un contatto sociale qualificato: postula una obbligazione preesistente, che può
derivare dalla legge o dal contatto sociale. Nella r.p. non c’è neanche bisogno di scomodare il
contatto sociale per invocare il 1218, perché nella r.p. gli obblighi tra soggetti determinati a
prestazione specifica suscettibili di valutazione economica, e quindi di obbligazione, derivano dalla
legge, dalla clausola generale di buona fede. La r.p. è deriva da inadempimento di un obbligo di
buona fede previsto dalla legge. Non è resp. contrattuale perché non c’è inadempimento di un
obbligo contrattuale; ma è resp. da inadempimento di un’obbligazione preesistente di fonte legale.
Quindi la r.p. non può essere resp. contrattuale perché il contratto non c’è; ma ci sono obbligazioni
precontrattuali, fra soggetti determinati, a contenuto specifico suscettibile di valutazione economica,
quindi obbligazioni in senso tecnico. La r.p. è un comportamento che si sostanzia
nell’inadempimento di un’obbligazione preesistente. Quindi anche a prescindere dalla teoria del
contatto sociale qualificato, potremmo affermare che la r.p. segue il modello del 1218.

Si può configurare una r.p. del terzo?


Il terzo è estraneo alla trattativa. Non è parte del contratto, che non è parte del procedimento di
formazione del contratto. Ha un ruolo per cui influenza il procedimento di formazione del contratto.
Incide sul diritto di autodeterminarsi liberamente nelle proprie scelte negoziali. Perché poniamo il
problema? Se accediamo all’orientamento giurisprudenziale che ritiene la teoria del contatto sociale
applicabile alla r.p., e quindi la r.p. sarebbe da inadempimento per violazione di un’obbligazione di
buona fede derivante dal contatto sociale qualificato; se accediamo, quale che sia la strada, ad una
qualificazione della r.p. come resp. da inadempimento, si pone il problema della resp. del terzo,
estraneo alla trattativa ma che incide sulla trattativa. Se invece partiamo dalla natura aquiliana del
1337, il problema della resp. del terzo è solo dogmatico: il terzo risponde secondo la disciplina
aquiliana. Se invece qualifichiamo il 1337 come resp. da inadempimento, il terzo risponde come
terzo ex 2043? O c’è spazio per configurare una resp. p. del terzo che lede con il suo
comportamento il diritto di autodeterminazione negoziale delle parti della trattativa? La lesione del
diritto di autodeterminazione delle proprie scelte negoziali, perpetrata dal terzo è una lesione che si
può far valere con la r.contrattuale? Vediamo la norma, non è un concorso a cattedre. La norma
1337 recita: “LE PARTI”. Una delle parti della trattativa. Limitazione alle parti. Il terzo estraneo
alla trattativa, che lede lo stesso interesse tutelato del 1337, non può rispondere ex 1218, ma ex
2043, risponde come terzo. Infatti la giurisprudenza SISTEMATICAMENTE qualifica la resp. del
terzo che lede il diritto di autodeterminazione della parte come resp. aquiliana.

Resp. dell’AMMINISTRATORE: redige un bilancio che contiene informazioni non veritiere sullo
stato patrimoniale della società. E’ una informazione che incide sulla libertà negoziale,
sull’autodeterminazione delle scelte negoziali. La parte acquista azioni, obbligazioni, stipula
contratti, facendo affidamento su quella situazione rappresentata nel bilancio. Non c’è relazione
individualizzata, personalizzata fra amministratore e terzo. Non c’è neanche contatto sociale
qualificato: 2043. SOCIETA’ DI REVISIONE: certificano un bilancio che rappresenta una
situazione non veritiera. E’ una informazione che incide sul diritto di autodeterminazione negoziale.
Il soggetto fa affidamento su quella affermazione e stipula contratti con la società, un contratto che
altrimenti non avrebbe stipulato, o a condizioni diverse. Oppure resp. da PROSPETTO
INFORMATIVO: rappresentazione informativa contenuta nel documento e che non sia veritiera.
Siamo al di fuori di una trattativa, di procedimento di formazione del contratto. Si risponde ex 2043.
Così come si risponde ex art. 2043 nei casi di lettere di patronage deboli: il soggetto, affidabile e
attendibile, che merita considerazione, fornisce informazioni su un altro soggetto. Es: bisogna
ottenere un mutuo; Tizio, soggetto affidabile, rende informazioni su Caio che confortano la banca in
ordine all’erogazione di un mutuo a Caio. Le affermazioni rassicuranti (colposamente o
dolosamente) di Tizio incidono sull’autodeterminazione negoziale della Banca, sul processo di
formazione del contratto di mutuo. Tizio non è parte nella trattativa, risponde ex at. 2043.

Diversa è la posizione del MEDIATORE TIPICO, cioè quello NON legato da rapporti contrattuali
con le parti. Svolge attività giuridica in senso stretto. Ma rende informazioni dolosamente o
colposamente non veritiere, che incidono sulla libertà di autodeterminazione negoziale di una delle
parti della trattativa. Il mediatore è terzo rispetto al contratto. Non è parte in senso tecnico della
trattativa; ma qui la giurisprudenza individua una resp. da CONTATTO SOCIALE. Cioè: il
mediatore entra in contatto con le parti della trattativa. Per il ruolo che svolge il mediatore ha degli
obblighi di protezione, informazione nei confronti delle parti. E’ gravato da quegli stessi obblighi
che discendono dal contatto sociale qualificato.ATTENZIONE: non è una resp. da inadempimento
in quanto r.p.; è una r. da inadempimento perché su di lui gravano gli stessi obblighi derivanti dal
CONTATTO SOCIALE QUALIFICATO! Non è r.p.!
Il terzo estraneo alla trattativa, quindi non risponde mai per r.p., ma ex art. 2043; salvo che non
sussista una forma di contatto sociale qualificato che è fonte di obblighi di informazione,
protezione.

Si può configurare una r.p. della PA?


Se si può configurare, qual è il campo di applicazione? Nell’ambito dell’intera fase della procedura
di evidenza pubblica? Dopo la stipulazione del contratto? Dopo l’aggiudicazione e prima della
stipulazione? Prima dell’aggiudicazione?La r.p. sembra quasi una contraddizione: per aversi r.p.
occorre un comportamento nell’ambito di un rapporto paritetico, violativo di una regola privatistica
(la correttezza), che lede una posizione di diritto soggettivo. L’attività della PA è disciplinata da
norme di diritto pubblico, che disciplinano l’esercizio del potere amministrativo, nell’ambito di un
rapporto non paritetico, che si sostanzia nell’adozione di provvedimenti, lesivi dell’interesse
legittimo del privato. Ecco l’apparente contraddizione. Eppure contraddizione non c’è. Perché alla
PA si applicano le norme di diritto pubblico; che disciplinano il potere amministrativo attraverso
provvedimenti che incidono sull’interesse legittimo. Ma alla PA si applicano anche le norme
PRIVATISTICHE, che disciplinano i comportamenti della PA. Le norme di diritto pubblico e le
norme di diritto privato operano NON SOLO in sequenza temporale (prima pubblico e poi privato
nella procedura di gara): le norme di dir. pubbl. e priv. non operano SOLO in sequenza temporale,
tipo le norme di dir. pubblico fino all’aggiudicazione e poi le norme del diritto privato (stipulazione
ed esecuzione). Non è così. Le due tipologie di norme operano in maniera contemporanea,
sinergica: dove si applicano le norme del diritto pubblico, si applicano CONTESTUALMENTE
anche le norme del diritto privato: il campo di applicazione delle norme di dir. privato si
SOVRAPPONE al campo di applicazione delle norme di diritto pubblico. L’attività amministrativa
cui si applica il dir. pubblico non sfugge alla applicazione contestuale e sinergica del diritto privato!
Il campo di applicazione del dovere di CORRETTEZZA è un campo di applicazione molto esteso.
E’ un nuovo modello di PA: è il NUOVO diritto amministrativo. E’ il modello che si è evoluto nel
diritto vivente, alla luce dei diritti dell’UNIONE EUROPEA e in particolare del PRINCIPIO DI
BUONA AMMINISTRAZIONE, art. 41 Carta diritti che pochi avete citato sul tema della
proporzionalità dell’azione amministrativa! Buona PA non è solo l’Amm efficiente, efficace, che
persegue il risultato con il raggiungimento del risultato con il miglior dispiego di risorse; buona
amministrazione è un principio che è POSTO A GARANZIA DELLE POSIZIONI PRIVATE
COINVOLTE dall’esercizio del potere amministrativo. Non solo posizioni di interesse legittimo ma
anche di diritto soggettivo. Garanzia che il principio di buona amm. riconosce alle posizioni private
coinvolte dall’esercizio del potere: non solo posizioni di interesse legittimo ma anche di diritto
soggettivo. Il dovere di correttezza si applica non solo nei procedimenti volti alla conclusione di
un contratto: ma anche in procedimenti non finalizzati alla conclusione di un contratto. Attività
amministrativa PURA, non finalizzata alla conclusione di un contratto. Ad es.: provvedimento
illegittimo favorevole: permesso di costruire: è favorevole ma illeggitimo. La PA lo annulla in
autotutela. Il ritiro del permesso è LEGITTIMO, bene ha fatto la PA a ritirare l’atto. Ma non viene
in considerazione solo il provvedimento, nell’ambito di un rapporto autoritativo disciplinato dalle
norme di diritto pubblico; viene in rilievo in maniera contemporanea e sinergica il
COMPORTAMENTO della PA. Il provvedimento è solo un elemento di una fattispecie più
articolata, complessa, di tipo COMPORTAMENTALE: il provvedimento è solo un elemento di una
fattispecie comportamentale, governata da una regola di correttezza, posta a tutela dell’affidamento
legittimo del privato. Ecco perché applicazione sinergica di norme di diritto pubblico e privato.
MALE ha fatto la PA ad ingenerare, col suo comportamento, un affidamento nel privato. Qui
abbiamo un procedimento NON volto alla conclusione di un contratto , nel quale si applicano
sinergicamente le norme di diritto pubblico e privato. C’è garanzia delle posizioni private di diritto
soggettivo coinvolte dall’esercizio del potere. Scatta la responsabilità della PA: che non è una r.p.
Non è un comportamento precontrattuale! E’ responsabilità aquiliana: se le norme di dir. privato
che disciplinano i comportamenti e che sonoposte a tutela dei diritti soggettivi trovano applicazione
in un procedimento non finalizzato alla conclusione di un contratto, a maggior ragione la regola di
CORRETTEZZA e la tutela del legittimo affidamento trova applicazione in un procedimento volto
alla conclusione di un contratto.

PASSO INDIETRO,pardon. Altra ipotesi (oltre al provvedimento illegittimo favorevole) in cui il


procedimento non volto alla conclusione del contratto risulta assoggettato all’applicazione di una
regola di CORRETTEZZA. DANNO DA MERO RITARDO: la PA dovrebbe adottare il
provvedimento e non lo adotta nei termini. Incorre nella resp. per DANNO DA RITARDO cioè per
lesione dell’interesse legittimo PRETENSIVO. Il privato vanta all’adozione del provvedimento,
quel provvedimento viene adottato con ritardo, cioè il bene della vita collegato all’interesse
legittimo pretensivo il privato lo ottiene, ma con RITARDO. Danno da MERO RITARDO: lesione
di autodeterminazione del privato. La lesione del fattore tempo, il pregiudizio al bene della vita-
tempo. Lesione di una posizione di diritto soggettivo. Un comportamento scorretto della PA che
lede un bene giuridico autonomo rispetto all’interesse legittimo pretensivo. Viene leso il diritto di
scelta, di autodeterminazione del privato. Non siamo nel campo dei procedimenti finalizzati
all’adozione di un contratto; ma nell’ambito dell’attività amministrativa pura: eppure viene in gioco
un profilo di tutela dell’autodeterminazione del privato, un comportamento della PA che risulta
scorretto. Se le posizioni di dir soggettivo trovano applicazione attraverso la regola di correttezza in
procedimenti non finalizzati all’adozione di un contratto, a maggior ragione la tutela delle posizioni
di diritto soggettivo, del diritto di autodeterminazione, trova protezione nei procedimenti volti
all’adozione di un contratto. Come un procedimento di evidenza pubblica.

Procedimento di evidenza pubblica. La PA nell’ambito della gara pone in essere un comportamento


violativo di una regola di correttezza. Essendo un comportamento precontrattuale, violativo di una
regola di correttezza precontrattuale, si configura una responsabilità precontrattuale della pa.
Quanto è estesa questa respons. prec? Acclarato che la regola di correttezza si applica nel
procedimento di evidenza pubblica, che precede conclusione del contratto; acclarato che il
comportamento scorretto della PA nella fase di gara configura una r.p., quanto è esteso il campo di
applicazione di questa responsabilità? Si può configurare una r.p. dopo l’aggiudicazione e dopo la
stipulazione del contratto? O prima dell’aggiudicazione?
A)DOPO l’aggiudicazione e stipulazione del contratto. La PA aggiudica la gara, individua il
contraente e stipula il contratto. Ma dopo aver stipulato il contratto la PA annulla in autotutela
l’aggiudicazione, perché è illegittima, perché la PA ha aggiudicato la gara violando le norme che
disciplinano la gara. Ha aggiudicato la gara violando le norme del diritto pubblico. L’annullamento
in autotutela della aggiudicazione determina l’INEFFICACIA del contratto. La stipulazione del
contratto è INUTILE. La PA che conosce o dovrebbe conoscere la causa di invalidità
dell’aggiudicazione e ciò nonostante stipula il contratto, ingenerando nel privato aggiudicatario
l’affidamento legittimo nel contratto, incorre in resp. ai sensi del 1338, r.p. da stipulazione inutile.
Sul piano pubblicistico bene fa la PA ad annullare in autotutela l’aggiudicazione; ma sul piano delle
regole privatistiche, la PA che conosce o dovrebbe conoscere le regole della gara e non le rispetta,
aggiudicando il contratto illegittimamente e non comunicando l’esistenza della causa di invalidità
dell’aggiudicazione incorre in resp. ex art. 1338 c.c. ATTENZIONE: ai fini del 1338 cosa occorre?
Qual è il presupposto? L’affidamento legittimo sull’efficacia del contratto. Il privato deve fare
affidamento legittimo sulla validità dell’aggiudicazione e quindi sull’efficacia del contratto. Se
l’affidamento del privato è COLPOSO (il privato ha concorso producendo documentazione
rivelatasi poi falsa) l’affidamento è illegittimo e non ci può essere r.p.

Le regole di evidenza pubblica violate dalla PA sono norme imperative, poste nell’interesse
generale. Quindi, se l’aggiudicazione è illegittima per violazione delle norme di gara, e se queste
ultime le consideriamo norma imperativa, non ci può mai essere affidamento legittimo del privato.
Il privato non vanterebbe mai un affidamento legittimo in caso di aggiudicazione illegittima e
conseguente inefficacia del contratto. Quindi non ci sarebbe mai r.p. ex art. 1338. Ma le norme di
gara non possono essere considerate norme imperative. In generale le norme di dir. amm. non
sono imperative per il sol fatto che sono poste a tutela di un interesse pubblico; altrimenti tutte le
norme di dir. amm. sarebbero imperative, in quanto poste a tutela di interessi generali. Se fossero
tutte norme imperative, la violazione di legge sarebbe sempre causa di nullità del provvedimento: e
invece la disciplina dell’invalidità ci consegna il dato contrario: la violazione di legge è causa di
annullabilità del provvedimento. Perché la violazione di legge è causa di annullabilità del
provvedimento e non c’è la NULLITA’ per violazione di norma imperativa? Perché nel diritto
amministrativo non è importabile la categoria del diritto civile: le norme IMPERATIVE sono una
categoria del diritto civile. Nel diritto amministrativo non si discute di norme imperative: si può
discutere di norme di azione o relazione. Altrimenti sarebbero tutte imperative! Allora non si può
escludere aprioristicamente la r. ex art.1338 dicendo che l’affidamento del privato
nell’aggiudicazione illegittima e nel contratto inefficace è SEMPRE illegittimo perché si basa sulla
violazione di una norma imperativa. Bisogna guardare caso per caso. Se l’affidamento del privato
non è legittimo, perché concorre con il suo comportamento doloso o colposo a determinare
l’illegittimità dell’aggiudicazione, in quel caso il privato non può far valere la r.p. della PA. Si può
allora configurare, se l’affidamento del privato è legittimo, una r.p. della PA ai sensi del 1338 del
c.c.

Si può configurare una r.p. DOPO l’aggiudicazione?


La PA aggiudicala gara ed individua il contraente. Stop. Non stipula il contratto. R.p. da mancata
stipulazione. Interruzione ingiustificata della trattativa. PROBLEMA. La PA aggiudica e rimane
inerte, non stipula il contratto. Siamo nella fase che va dall’aggiudicazione alla stipulazione del
contratto. E’ un lasso di tempo problematico, zona grigia, terreno di confine. L’aggiudicazione
chiude la fase di evidenza pubblica, la stipula apre la fase privatistica. Qui siamo DOPO
l’aggiudicazione e PRIMA della stipulazione. E’ un momento di confine. C’è interesse legittimo
pretensivo alla stipulazione del contratto o c’è diritto soggettivo alla stipulazione? Siamo ancora
nella fase pubblicistica o siamo già nella fase privatistica? Se siamo nella fase pubblicistica c’è
interesse legittimo pretensivo; se siamo nella fase privatistica c’è diritto soggettivo alla stipulazione
e la mancata stipulazione del contratto è lesione di un diritto soggettivo, si può configurare r.p. della
PA. Se siamo ancora in fase pubblicistica c’è interesse legittimo pretensivo. La mancata
stipulazione del contratto non è lesiva di una posizione di diritto soggettivo. La giurisprudenza
(anche se non unanimamente) tende a qualificare questo iato temporale tra aggiudicazione e
stipulazione come fase già privatistica. Diritto soggettivo alla stipulazione del contratto: la mancata
stipulazione è una interruzione ingiustificata della trattativa. La PA che rimane inerte e che
immotivatamente si rifiuta di stipulare incorre in r.p. da mancata stipulazione del contratto.
Attenzione però: dobbiamo considerare l’art. 32 co.8 c.contr: prende proprio in considerazione
l’ipotesi in cui dopo l’aggiudicazione la PA rimane inerte. Decorso un certo tempo
dall’aggiudicazione la norma riconosce al privato il diritto di RECEDERE. E riconosce al privato
il diritto ad un INDENNIZZO pari alle spese sostenute per partecipare alla gara. Cioè uguale
all’interesse NEGATIVO. Ora, il fatto di prevedere il diritto di recesso, liberarsi senza dovere
ulteriormente attendere e senza dover esperire altri rimedi, una forma di autotutela privatistica, che
è associata ad un indennizzo che PRESCINDE dall’accertamento della responsabilità della PA; il
diritto all’indennizzo è nell’ottica di maggior tutela del privato, ma questa norma NON ESCLUDE
il configurarsi di una r.p. della PA. Facilita! Ma la norma non è incompatibile con una previsione di
r.p. da mancata stipulazione. La norma può sul piano concreto rendere inutile l’azione di r.p. se il
privato ottiene già la riparazione attraverso l’indennizzo; ma la norma non esclude la responsabilità!
Prevede rimedio alternativo facilitativo. Allora anche alla luce dell’art. 32co.8 si può configurare
una r.p. della PA da mancata stipulazione. Qual è il danno risarcibile? INTERESSE NEGATIVO.
Quello che vale in generale, vale anche per la PA.

Si può configurare una r.p. PRIMA della aggiudicazione?


Qual è il problema? Risolto dalla A.P. 2018. Un orientamento della giurisprudenza sosteneva che
prima della aggiudicazione NON ci fosse una trattativa affidante. Anche a volersi parlare di
trattativa, essa è multipla, seriale. Ci sono più soggetti che partecipano alla gara. Nessun soggetto
può fare affidamento sulla aggiudicazione. Per cui, non essendo una trattativa affidante, non si può
configurare una r.p. della PA. Non essendoci legittimo affidamento, non può esserci r.p. Si finisce
per individuare una ZONA FRANCA di irresponsabilità della PA. La PA non risponde prima della
aggiudicazione. Se la PA bandisce una gara, salvo poi, prima della aggiudicazione, RITIRARLA: la
PA annulla il bando in autotutela perché contiene clausole illegittime. L’annullamento del bando è
legittimo: bene ha fatto la PA perché il bando è illegittimo. Ma la PA non avrebbe dovuto emanare
il bando, salvo poi avvedersi della illegittimità e annullarlo in autotutela: comportamento scorretto
che secondo un filone della giurisprudenza va esente da responsabilità. Ma non si possono
ammettere zone franche di irresponsabilità. Se la regola di correttezza si applica nel procedimento
non finalizzato alla conclusione del contratto, non può non applicarsi la regola di correttezza
nell’ambito di un procedimento che è finalizzato alla conclusione di un contratto. Anche se
l’aggiudicazione non c’è stata, anche se la trattativa è seriale, non si può non riconoscere in capo al
privato che partecipa alla gara un affidamento legittimo rispetto alla conclusione di quella gara. Si
ampliano allora le maglie della r.p. della PA. La PA risponde in ogni fase: prima, dopo
aggiudicazione; dopo stipulazione del contratto. Ovviamente, prima della aggiudicazione, il privato
ha l’ONERE DELLA PROVA. La giurisprudenza bilancia l’ampliamento della r.p. della PA con
l’esigenza di evitare un eccesso di responsabilità. Il privato deve provare l’affidamento
incolpevole, la condotta contraria a buona fede e correttezza, e deve provare il DOLO o la
COLPA della PA, e ovviamente il danno-conseguenza, ovvero l’interesse negativo: danno
economico per partecipare alla gara, tempo perso, ed occosioni alternative mancate. E però se
diciamo questo, come la stiamo qualificando? Come RESPONSABILITA’ AQUILIANA. L’Ad.
Pl. fornisce linee guida che consentono di valutare, nel singolo caso concreto, se sussistono o no i
presupposti della r.p. della PA. L’Ad. Plen. individua degli elementi sintomatici in grado di
orientare il giudizio sulla sussistenza dei presupposti della r.p. della PA. Quali sono questi
indici?1)bisogna guardare il TIPO di procedimento di evidenza pubblica: più il procedimento è
complesso, minore è la colpa della PA; 2) lo stato di avanzamento del procedimento: più è avanzato
il procedimento di gara, maggiore sarà il livello di resp. della PA; 3)se il privato abbia o no ancora
PRESENTATO L’OFFERTA; 4)conoscenza o conoscibilità da parte del privato dei VIZI che
inducono la PA all’annullamento della gara. Se i vizi sono conosciuti o conoscibili sulla base
dell’ordinaria diligenza (non con uno sforzo in particolare), entra in gioco il principio di
autoresponsabilità ai sensi del 1227 co.2 c.c; 5)ATTENZIONE, IL PIU’ INNOVATIVO: l’
affidabilità soggettiva del privato che partecipa alla gara. Se il privato ha non ha i requisiti per
partecipare alla gara. Se il privato NON ha i requisiti per partecipare alla gara, di cosa si duole il
privato nel momento in cui la PA ritira la gara? Il soggetto sarebbe stato comunque escluso. Oppure
la sussistenza di informative antimafia: se sul soggetto c’è una informativa antimafia che preclude
l’aggiudicazione, l’esecuzione del contratto, l’atto della PA con cui si ritira la gara non cagiona
danno al soggetto, che non avrebbe potuto comunque aggiudicarsi la gara.

Il danno risarcibile è dunque l’interesse negativo; ma si può configurare nella r.p. un danno da
PERDITA DI CHANCE dell’aggiudicazione? La PA interrompe la gara, ritira il bando, frustrando
la chance dell’aggiudicazione. La r.p. lede il diritto soggettivo di autodeterminazione negoziale. La
perdita di chance è perdita della chance di aggiudicazione del contratto. L’aggiudicazione del
contratto è oggetto non del diritto soggettivo di autodeterminazione negoziale; è collegata
all’interesse legittimo del privato che partecipa alla gara! Il bene della vita “aggiudicazione” e la
“chance” di aggiudicazione è collegato all’interesse legittimo pretensivo. L’aggiudicazione dipende
dall’esercizio del potere amministrativo, disciplinato da regole pubblicistiche attraverso l’adozione
di provvedimenti amministrativi. Siamo sul piano pubblicistico. E’ collegata all’esercizio del potere
amministrativo, attraverso provvedimenti che incidono, in modo non paritetico, sull’interesse
pretensivo del privato. Se la r.p. si fonda su un comportamento violativo di una regola privatistica
che lede una posizione di diritto soggettivo, se la chance di aggiudicazione riguarda il profilo
pubblicistico della gara, è evidente che la perdita della chance di aggiudicazione non è risarcibile.
Quando viene in gioco il problema del danno da perdita di chance? Non nella r.p.; non nel
comportamento che lede il diritto soggettivo all’autodeterminazione negoziale. La perdita di chance
entra in gioco quando è leso l’interesse legittimo pretensivo correlato all’aggiudicazione. Quando
entra in gioco? Quando la r. della PA non è una responsabilità prec., o meglio; è una r.p. solo in
senso cronologico: che PRECEDE la stipulazione del contratto; ma non è una r.p. in senso
ONTOLOGICO ai sensi del 1337 e 1338 c.c. Si può configurare un danno da perdita di chance
quando la PA incorre in responsabilità prima della stipulazione del contratto; ma non responsabilità
prec. per violazione di una regola privatistica attraverso un comportamento scorretto che lede il
diritto soggettivo; ma quando la PA esercita illegittimamente il potere amministrativo: la PA la gara
NON LA BANDISCE PROPRIO: affida il contratto senza gara, violando le regole dell’evidenza
pubblica. C’è la violazione di una norma pubblicistica: cattivo esercizio del potere amministrativo.
Norma che impone di espletare procedura di evidenza pubblica. Qui entra in gioco una
responsabilità AQUILIANA, 2043! La PA non bandendo la gara frustra la possibilità alle imprese
che avrebbero potuto partecipare alla gara di aggiudicarsi la gara. Se la PA avesse bandito la gara,
le imprese avrebbero potuto partecipare, ed avrebbero potuto far valere un interesse legittimo
pretensivo di aggiudicarsi la gara. Qui c’è una perdita di chance.
E’ risarcibile questo danno da perdita di chance?
ESEMPIO I. La PA non bandisce una gara alla quale avrebbero avuto i requisiti per partecipare
quattro imprese. La chance di aggiudicarsi la gara è pari a ¼. Al 25% . Se la chance è un bene della
vita autonomo (teoria della chance ONTOLOGICA, Ad. Plen. 2018, bene della vita autonomo
rispetto al bene della vita finale, l’aggiudicazione), vuol dire che è una posta attiva del patrimonio.
Perdere la possibilità vuol dire perdere una posta attiva del patrimonio: danno EMERGENTE.
Danno autonomo rispetto alla perdita del risultato finale. Quindi non andiamo a guardare alla
perdita del bene finale secondo la teoria della CAUSALITA’ GIURIDICA: per risarcire il danno da
perdita di chance in chiave ontologica non serve la probabilità, almeno pari al 50% di conseguire il
risultato finale. La chance è un bene della vita autonomo. E’ sufficiente che la chance sia SERIA,
che abbia una CONSISTENZA: se le imprese in gara sono 4, ogni impresa avrebbe avuto il 25% di
possibilità di aggiudicarsi la gara. Il 25% è una probabilità seria, perché non guardiamo al 50
secondo la causalità giuridica.
ESEMPIO II. La PA stipula un contratto di lavoro senza un concorso pubblico, frustrando la chance
a tutti gli altri. Se la PA avesse bandito il concorso avrebbero partecipato 12.000 persona. La chance
è 1:12000. Cioè è una chance INFINITESIMALE. La chance ontologica non è risarcibile quando è
infinitesimale! Non è seria né consistente. La percentuale della chance incide sull’AN del
risarcimento; ma se la chance non è seria NON c’è risarcimento. E incide sul QUANTUM: il
quantum risarcibile dipende dalle possibilità. Ad es. 25% di possibilità: la chance è consistente,
quindi in chiave ontologica si risarcisce. Il danno sarà uguale al 25% dell’utilità dell’interesse
positivo ritraibile da quel contratto. Se il contratto fosse stato stipulato l’impresa avrebbe
conseguito un’utilità, un interesse positivo: il danno da perdita di chance è uguale alla possibilità di
ottenere quell’utilità. Se l’utilità ritraibile dal contratto è 100, quando la chance è 25%, il danno sarà
uguale al 25% di 100. Se invece le imprese sono 10, 10% di chance è ancora una chance seria,
consistente.
Teoria eziologica: la chance non è un bene della vita autonomo. La possibilità di un risultato non è
un bene della vita autonomo. Il bene della vita è il risultato. Il danno è la perdita del risultato, non la
perdita della possibilità di conseguirlo. Il danno è il LUCRO CESSANTE: la mancata utilità che
sarebbe derivata dal risultato finale, cioè dall’aggiudicazione! In questa chiave eziologica, per
risarcire la perdita di chance occorre la PROVA della CAUSALITA’ GIURIDICA, della probabilità
non inferiore al 50%! Se c’è prova del conseguimento del risultato finale, cioè dell’aggiudicazione,
almeno pari al 50% secondo la logica della causalità giuridica, allora è risarcibile la perdita di
chance. Se le imprese sono 4, la probabilità è del 25%: il danno da perdita di chance eziologica non
è risarcibile.

NEGOZI PREPARATORI
Nella fase di formazione del contratto si iscrivono i negozi preparatori. Opzione, proposta
irrevocabile, prelazione, contratto preliminare, contratto normativo. Tutte figure preparatorie che
presentano alcune caratteristiche, comuni e distintive. Le analizziamo a due a due.

Proposta irrevocabile ed opzione


Hanno una caratteristica in comune: sono caratterizzate dalla produzione di uno STESSO
EFFETTO. Sia la proposta che l’opzione producono, come effetto, il fatto che la parte RIMANE
VINCOLATA alla propria dichiarazione e il destinatario ha la facoltà di accettarla o meno. Si
attribuisce un diritto potestativo alla conclusione del contratto, al quale corrisponde uno stato di
soggezione. DIFFERENZE. Riguardano la struttura. La prop. irr. è un negozio unilaterale: si può
discutere se sia un unico negozio unilaterale o il collegamento di due negozi unilaterali (negozio di
proposta; negozio di rinuncia alla facoltà di revocare la proposta). La giurisprudenza tende a
considerarla come un unico negozio. Mentre l’opzione è un CONTRATTO: le parti “convengono”.
Da questa differenza si fa discendere una SECONDA differenza, sulla quale però ci dobbiamo
chiarire. Dalla differenza di struttura discende una differenza sotto il profilo della natura. Si dice: la
proposta irrevocabile è un negozio necessariamente gratuito, mentre l’opzione è un negozio
necessariamente oneroso. Sul fatto che la proposta non può essere onerosa siamo d’accordo: non
può essere onerosa perché è un negozio unilaterale. Il destinatario della proposta non può essere
gravato da obbligazioni. Essendo un negozio unilaterale può solo produrre effetti vantaggiosi per il
destinatario. Si dice poi che l’opzione, come contratto, è necessariamente oneroso: se l’opzione
fosse gratuita, essa potrebbe essere conclusa attraverso lo schema del 1333, negozio con
obbligazioni a carico di una sola parte (il concedente l’opzione). Il 1333 nella lettura evolutiva,
NON è un contratto ma un negozio giuridico unilaterale: allora l’opzione gratuita segue lo schema
del 1333, il 1333 è un negozio unilaterale, l’opzione gratuita è un negozio unilaterale che produce
gli stessi effetti di una proposta irrevocabile; ma se l’opzione gratuita è un negozio unilaterale che
produce gli stessi effetti di una proposta irrevocabile, è una proposta irrevocabile! La proposta
irrevocabile è un negozio unilaterale che produce quell’effetto; se l’opzione gratuita è un negozio
unilaterale ex 1333 che produce lo stesso effetto della proposta irrevocabile l’opzione gratuita non è
un’opzione ma una proposta irrevocabile. ATTENZIONE: qui si fa confusione fra la struttura e
l’effetto. Cioè: l’opzione gratuita produce un effetto unilaterale. Produce effetto solo nei confronti
del concedente: ma il fatto che sia unilaterale l’effetto non vuol dire che anche la struttura debba
essere unilaterale.La struttura non è quella della proposta irrevocabile: si può concludere l’opzione
secondo la logica del contratto. Le parti “convengono” l’opzione gratuita. La proposta rimane una
proposta unilaterale; l’opzione, pur essendo gratuita conserva la struttura contrattuale. L’opzione
gratuita è configurabile: anzi, la troviamo nella realtà! Pensiamo ai contratti di SALE AND LEASE
BACK: le forme contrattuali caratterizzate dal collegamento di più negozi presentano un’opzione
che normalmente è gratuita. Quindi la proposta è necessariamente gratuita; l’opzione è
normalmente onerosa; ma non si può escludere l’opzione gratuita. Nella prassi si rinviene.

Ci sarebbe una differenza –tutta da verificare- tra proposta e opzione sotto il profilo della
responsabilità. La violazione della proposta irrevocabile darebbe la stura alla resp. prec. mentre la
violazione dell’opzione darebbe la stura alla r. contrattuale. Attenzione, perché è vero che la
proposta irr. non è un contratto; ma è un negozio da cui discendono dei vincoli. La proposta
irrevocabile non esclude il configurarsi di una responsabilità da inadempimento in caso di
violazione. Non è resp. contrattuale ma non è neanche aquiliana.

C’è una caratteristica che accomuna opzione e proposta irrevocabile: l’inopponibilità ai terzi.
Opzione e proposta irrevocabile, anche quando hanno ad oggetto un diritto reale, non sono
opponibili ai terzi perché non sono suscettibili di trascrizione. Non si può trascrivere l’opzione né
la proposta irrevocabile. Sull’opzione c’è chi interpreta in maniera estensiva la norma sulla
trascrizione del preliminare: se si può trascrivere il contratto preliminare, a maggior ragione si può
trascrivere l’opzione, perché essa produce un vincolo che è ancora più stringente rispetto al vincolo
che deriva dal contratto preliminare. Dal contratto preliminare deriva il diritto di credito a
concludere il contratto e l’obbligo a concluderlo; dall’opzione deriva il diritto soggettivo a
concludere il contratto e stato di soggezione a concluderlo. Vincolo ancora più pregnante; se
dunque è trascrivibile il preliminare, a maggior ragione dovrebbe poter trascriversi l’opzione.
Questa tesi è assolutamente minoritaria. La tesi prevalente eclude la trascrizione: per il principio di
TIPICITA’ degli atti soggetti a trascrizione. Gli atti trascrivibili sono solo quelli previsti dalla
legge; anche a voler accedere alla tesi della TIPICITA’ PER L’EFFETTO (cosa vuol dire: la legge
prevede gli atti soggetti a trascrizione. Regola di tipicità per l’effetto vuol dire che sono
trascrivibili non solo tutti gli atti previsti come trascrivibili, ma anche quegli atti che producono
gli stessi effetti degli atti elencati come trascrivibili. Se un atto non è espressamente previsto come
trascrivibile ma produce gli stessi effetti di un atto che invece è previsto come trascrivibile,
quell’atto anche se non menzionato può essere trascritto), l’opzione non è comunque trascrivibile
neppure sulla base di questo principio perché gli effetti che l’opzione produce sono diversi da
quelli prodotti dal preliminare. Il contratto preliminare fa sorgere l’obbligo di stipulare il contratto;
l’opzione produce uno stato di SOGGEZIONE alla stipulazione del contratto in forza dell’esercizio
di un diritto potestativo.

Contratto preliminare e contratto normativo


Il contratto preliminare è trascrivibile e la funzione del preliminare è una funzione
PRENOTATIVA. Cioè si prenotano gli effetti che discendono dalla trascrizione del contratto
definitivo. Questo vuol dire che gli effetti della trascrizione del definitivo retroagiscono a far data
dalla trascrizione del preliminare, rendendo opponibile nei confronti dei terzi il definitivo a far data
dalla trascrizione del preliminare. E’ una retrodatazione degli effetti della trascrizione del contratto
definitivo a far data dalla trascrizione del contratto preliminare. Questa è la funzione
PRENOTATIVA: cioè la trascrizione non ha una funzione dichiarativa autonoma; è una funzione
dichiarativa strumentale. La trascrizione del contratto preliminare deve essere seguita entro un
certo termine dalla trascrizione del contratto definitivo (2645 bis).

Il contratto preliminare produce DUE tipologie di obbligazioni: 1)il preliminare-promessa di


consensi; 2) preliminare –promessa delle prestazioni finali. Promessa di consensi nel senso che
obbliga a prestare il consenso a stipulare il contratto. Promessa delle prestazioni finali nel senso che
obbliga le parti a realizzare quel programma che è già definito nel preliminare. Questa doppia
obbligazione è rilevante sotto il profilo dell’analisi dei VIZI della cosa che forma oggetto del
preliminare. Preliminare di vendita: figura più problematica per il problema a)dei vizi della cosa;
b)degli effetti anticipati; c)per il preliminare di preliminare. Il preliminare di vendita può avere ad
oggetto un bene viziato. Se il bene è viziato, quali sono i rimedi esperibili dal promissario
acquirente? SEGUITEMI: le azioni edilizie possono essere fatte valere? Il contratto di vendita
prevede delle garanzie in caso di vizi e appresta dei rimedi: i rimedi edilizi (azione di risoluzione,
azione di riduzione del prezzo –actio quanti minoris). Possono essere esperiti i rimedi previsti per la
vendita nel caso di vizio del bene che forma oggetto del PRELIMINARE di vendita? Non possono
essere esperiti. Solo con la vendita definitiva. Il fatto che non possono essere esperiti, però, non
vuol dire che il promissario acquirente sia senza tutela. Qual è la tutela del promissario acquirente?
Se il bene è viziato, il vizio costituisce inadempimento dell’obbligo che dal preliminare discende di
realizzare il programma del preliminare. Il programma del preliminare è il trasferimento della
proprietà di un bene esente da vizi. Se il bene presenta un vizio, quel vizio costituisce
inadempimento dell’obbligo di realizzare il programma del preliminare. La tutela del promissario
acquirente è la tutela contro l’INADEMPIMENTO del contratto in generale. Il vizio della cosa è
inadempimento dell’obbligazione che sorge dal preliminare: l’obbligazione di realizzare il
programma fissato dal preliminare. Quindi i rimedi del promissario acquirente sono i rimedi
generali previsti dalla disciplina dell’inadempimento. E quindi l’azione di risoluzione del contratto
preliminare di vendita per inadempimento, ovvero l’azione di ESATTO ADEMPIMENTO. Che
cosa vuol dire l’azione di esatto adempimento nel caso del preliminare di vendita? L’azione di
esatto adempimento si sostanzia nella ELIMINAZIONE DEL VIZIO: cioè in un rimedio che la
disciplina della vendita NON PREVEDE! L’eliminazione del vizio non è un rimedio edilizio.
L’eliminazione del difetto può essere oggetto di una obbligazione assunta dal venditore, sulla base
di una promessa, ma non è una garanzia prevista dalla legge. Ciò che l’acquirente non può sperire
dopo la vendita può esperire PRIMA della vendita sulla base del preliminare di vendita. Può il
promissario acquirente esperire la riduzione del prezzo, che sarebbe esperibile in caso di vendita?
L’azione di riduzione del prezzo NON è prevista espressamente fra i rimedi generali contro
l’inadempimento. Saremmo tentati di escludere il rimedio dell’actio quanti minoris. ATTENZIONE
PERO’: si può sostenere che l’azione di riduzione del prezzo è IMPLICITA nel sistema!!! Si può
sostenere che l’azione di riduzione è un rimedio implicito espressione di un principio generale
IMMANENTE nel sistema, principio ritraibile dalla disciplina dell’IMPOSSIBILITA’ PARZIALE:
1464 c.c.: “quando la prestazione di una parte è diventata solo parzialmente impossibile, l’altra
parte ha diritto a una corrispondente riduzione della propria prestazione”. Questa norma fonda
quella teoria secondo cui l’azione di riduzione del prezzo è un rimedio generale, in caso di
inadempimento. Per cui il promissario acquirente può: a)esperire azione di risoluzione; b)esperire
l’azione di esatto adempimento per ottenere eliminazione del vizio; c)esperire l’actio quanti
minoris, senza peraltro dover rispettare i termini di decadenza previsti per le azioni edilizie: perché
qui si applica non la garanzia per vizi, ma la disciplina generale dell’inadempimento. Quindi i
termini per esperire le azioni sono i termini generali, quindi il promissario acquirente può esperire
più azioni dell’acquirente (anche quella dell’eliminazione del vizio) senza dovere osservare i
termini previsti per l’acquirente. Il promissario acquirente diventa più tutelato dell’acquirente.

Preliminare a effetti anticipati.


Il preliminare anticipa gli effetti del definitivo, in tutto o in parte. Es: CONSEGNA DELLA COSA.
L’effetto della consegna è anticipato al preliminare. PAGAMENTO DEL PREZZO. Il pagamento è
anticipato in tutto o in parte al momento del preliminare. Come si giustifica la produzione degli
effetti anticipati nell’ambito di un contratto che è ad effetti obbligatori? Come si giustifica la
produzione di effetti reali in forza di un contratto produttivo di soli effetti obbligatori?
GIURISPRUDENZA: si giustifica in forza di un collegamento negoziale: gli effetti reali non
discendono dal preliminare; gli effetti reali discendono da contratti collegati al preliminare. La
consegna della cosa è un effetto che discende da un COMODATO; il pagamento del prezzo è un
effetto che discende dal MUTUO. Quindi il preliminare ad effetti anticipati non è un preliminare ad
effetti anticipati: è un preliminare collegato a un contratto di comodato o a un contratto di mutuo.
Perché è rilevante questa ricostruzione? Perché comporta: 1)il promissario acquirente riceve la cosa
all’atto del preliminare. Qual è il titolo in forza del quale riceve la cosa? La detiene in forza del
contratto di comodato: detenzione qualificata. Ma non è POSSESSORE! Manca l’animus rem sibi
habendi; 2)se viene meno il contratto preliminare, i contratti collegati (mutuo e comodato), simul
stabunt simul cadent. L’operazione che i tre contratti realizzano è unitaria: se viene caducato il
contratto preliminare vengono caducati anche il comodato e il mutuo. Quindi la conseguenza è che
se viene meno il preliminare c’è l’OBBLIGO DI RESTITUZIONE della cosa consegnata; di
restituire la somma. Vengono meno gli effetti anticipati.

Nella prassi, conclusione trifasica del preliminare.


Si arriva al definitivo attraverso tre contratti: a) un primo preliminare; b) un secondo preliminare; c)
un contratto definitivo. Il codice civile non prevede una struttura trifasica. La formazione trifasica è
esercizio della libertà negoziale. E un’opzione dell’autonomia privata. Siamo nel campo
dell’atipico. Le parti scelgono di dar vita a una sequenza trifasica. Quando siamo nel campo
dell’atipico scatta il controllo di MERITEVOLEZZA dell’interesse. Domanda: è meritevole di
tutela una sequenza trifasica? C’è una causa che giustifica la stipulazione di un primo contratto, al
quale segue un secondo preliminare, al quale segue un definitivo? Se i due contratti, il primo e il
secondo preliminare, hanno lo STESSO CONTENUTO, producendo dunque lo stesso effetto,
hanno la stessa causa: inutile superfetazione, duplicazione. C’è un preliminare di troppo, che di
solito è riferito al secondo. Il secondo sarebbe quindi privo di causa. Quando invece NON HANNO
lo stesso contenuto il discorso è DIVERSO. Il primo contratto può avere un contenuto MAGGIORE
del secondo. I due contratti realizzano lo stesso assetto degli interessi; ma il primo contiene clausole
ulteriori che il secondo non ha. Il primo contratto contiene la CLAUSOLA DI RECESSO; il primo
contratto ESCLUDE IL RIMEDIO DELL’ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICA
DELL’OBBLIGO DI CONTRATTO; dal primo contratto si può recedere, dal secondo no; il primo
contratto non si può eseguire in forma specifica; il secondo sì! I due contratti hanno lo stesso assetto
di interessi ma hanno una COGENZA DIVERSA. Il primo è meno cogente: si può recedere; non si
può azionare il rimedio dell’esecuzione in forma specifica; il secondo contratto ha una cogenza
maggiore: non si può recedere e SI PUO’ esperire il rimedio in forma specifica! Si giustifica la
struttura trifasica nell’ottica della progressione della forza, del vincolo verso il contratto. C’è una
causa MERITEVOLE di tutela. Le parti si vincolano con forza progressiva. Ipotesi inversa: il primo
contratto ha un contenuto MINORE del secondo: non definisce l’assetto degli interessi. Non
completa il regolamento. Le parti raggiungono l’accordo su una parte del regolamento contrattuale;
demandando al secondo il regolamento. Il primo contratto è incompleto; il secondo è preliminare,
perché completo. Il primo allora non è un preliminare, perché è incompleto: il primo è un
ACCORDO PREPARATORIO, un negozio atipico. Questa struttura trifasica si giustifica: le parti
raggiungono l’accordo su una parte, demandando il regolamento contrattuale a un secondo
contratto: progressione nella COMPLETEZZA del contratto verso il definitivo. Vi è una causa
meritevole di tutela. Dal primo contratto, che non è un preliminare, discende l’obbligo di
CONTRATTARE, COMPLETARE, di CONTINUARE A CONTRATTARE; dal secondo
contratto, che è un preliminare, discende l’obbligo di CONTRARRE. L’inadempimento
dell’obbligo di completare/contrattare del primo contratto fa scattare la responsabilità contrattuale;
come l’inadempimento dell’obbligo di contrarre che discende dal secondo contratto, che è il
preliminare. In entrambi i casi è responsabilità contrattuale. Nel primo caso, obbligo di contrattare,
non è esperibile il rimedio dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre: non
essendoci obbligo di contrarre, non vi può essere rimedio in forma specifica. L’adempimento del
secondo contratto, preliminare in senso tecnico, è suscettibile di esecuzione in forma specifica.

La MINUTA non fa scattare né l’obbligo di contrattare né di contrarre: è una puntuazione di


clausole. E’ un atto interlocutorio: non produce effetto vincolante. Le parti stanno ancora trattando:
la minuta è nella fase delle trattative, dove le parti stanno delineando l’accordo da raggiungere ma
sono libere di non dar seguito a quell’abbozzo che hanno raggiunto. E’ la prova dello stato di
avanzamento della trattativa. Ad esempio, la minuta rileva ai fini della r.p. da interruzione
ingiustificata della trattativa. Se le parti sono arrivate ad una minuta, quindi la trattativa è affidante
a un livello avanzato, l’interruzione di quella trattativa può far scattare r.p. ma non contrattuale. E’
una fase anteriore. Siamo nell’ambito della libera trattativa. Libertà di trattare con obbligo di
corretteza; obbligo di contrattare che deriva da un primo preliminare che non è preliminare;
obblico di contrarre che deriva da un secondo contratto che è preliminare.

Contratto normativo.
Non sorge l’obbligo di contrarre. E’ un contratto che definisce il regolamento negoziale, come il
preliminare. Ma a differenza del preliminare (che fa sorgere l’obbligo di contrarre), il contratto
normativo non fa sorgere l’obbligo di realizzare quel programma. Le parti rispetto al contratto
normativo sono libere di stipulare o non stipulare il contratto finale. Pensate all’ACCORDO
QUADRO.Al CONTRATTO QUADRO: stabilisce le condizioni dei futuri contratti. Ma non
obbliga a stipularli. Le parti sono libere di stipulare o meno a quelle condizioni i successivi
contratti. Il contratto normativo non consuma la libertà di contrarre: vincola il QUOMODO. Se le
parti vorranno stipulare, dovranno farlo alle condizioni del contratto normativo. In questo senso è
un contratto debole: non obbligando a stipulare, ma solo a stipulare in un certo modo, è un contratto
dagli effetti deboli. Quando c’è inadempimento del contratto normativo? Non quando non si stipula:
il non stipulare non è inadempimento, perché non c’è obbligo di stipula. Quando allora c’è
inadempimento del contratto normativo? Quando non si vuole stipulare alle condizioni fissate nel
contratto normativo. Non è il rifiuto di stipulare; ma di stipulare a quelle condizioni. E’ ovvio che il
rifiuto di stipulare può mascherare un rifiuto di stipulare a quelle condizioni! Ma per aversi
inadempimento bisogna rifiutare di stipulare a quelle condizioni. Ci può essere ABUSO DEL
DIRITTO nel caso del contratto normativo: la parte ha il diritto di non stipulare; ma non ha il diritto
di non stipulare perché non vuole stipulare alle condizioni del contratto normativo. Se la parte
esercita il diritto di non stipulare perché NON VUOLE STIPULARE ALLE CONDIZIONI
FISSATE DAL NORMATIVO, sta abusando del proprio diritto violando il contratto normativo.
IL CONTRATTO INCOMPLETO,
IMMERITEVOLE DI TUTELA, SQUILIBRATO
LEZIONE CENTRALE
DEL CONTRATTO

Affronteremo OGGETTO, CAUSA POTERI DEL GIUDICE: affronteremo il contratto incompleto,


immeritevole e squilibrato. E quindi oggetto, causa, e sindacato del giudice sull'equilibrio del
contratto: in una prospettiva trasversale, problematica, sistematica, non solo istituzionale. Le S.U. di
fine 2018 sulle clausole claims made: problema del giudizio di meritevolezza, tema centrale
nell’assetto del contratto. Le SU ci dicono “il giudizio di meritevolezza è limitato ai contratti
atipici”: non convince! Infatti, con la prospettiva della causa in concreto contrasta con la
limitazione del giudizio di meritevolezza ai contratti atipici!

OGGETTO DEL CONTRATTO


Quando non è un preliminare: abbiamo affrontato la figura valida di preliminare di preliminare, e
abbiamo visto che è valido il preliminare di preliminare NON preliminare: è valido quando il primo
NON è un preliminare, perché è un contratto aperto, incompleto. E’ una forma di contratto
incompleto. Stiamo trattando l’oggetto del contratto, in prospettiva problematica. Il preliminare di
pre. è DELIBERATAMENTE in completo. Le parti SCELGONO di non definire in quel momento
l’assetto degli interessi: raggiungono l’accordo su una parte del programma ma non lo completano;
rinviano il completamento al secondo contratto, il VERO preliminare. Dunque distinzione fra:

-contratto VOLONTARIAMENTE INCOMPLETO; preliminare di preliminare; puntuazione


vincolante di clausole;
-contratto INVOLONTARIAMENTE incompleto: lacuna regolamentare involontaria. Come si
colmano le lacune di un contratto involontariamente incompleto?

STRUMENTI DI DETERMINAZIONE DI CONTRATTO VOLONTARIAMENTE


INCOMPLETO.
Tassonomia di strumenti che consentono alle parti di colmare la lacuna volontaria del contratto:
1)determinazione consensuale: completamento consensuale del contratto: come nel preliminare di
preliminare non preliminare: le parti colmano la lacuna con l’ACCORDO, con un secondo
contratto; 2)ARBITRAGGIO DEL TERZO: 1349. Norma centrale nell’analisi che svolgeremo nella
seconda parte della lezione. Al terzo è demandato il potere di completare il contenuto del contratto:
e se il terzo NON completa? O lo fa in maniera manifestamente INIQUA o ERRONEA.
INIQUITA’: attenti a questa parola. E’ previsto l’intervento SOSTITUTIVO del giudice: è il
giudice che determina il contenuto del contratto. C’è il potere del giudice di sindacare lo
SQUILIBRIO del contratto e di modificare il contenuto! Questa norma è utilizzata da ROPPO, per
affermare che nel nostro ordinamento il giudice ha un potere di sindacare lo squilibrio del contratto
e di intervenire modificando il contenuto del contratto per ripristinare l’equilibrio dello scambio.
Tuttavia questa norma non può significare questo: è una norma che è specificamente prevista in
tema di arbitraggio; è una norma che opera non contro ma a FAVORE dell’autonomia privata. Non
c’è un rapporto di ANTIPATIA con la’autonomia privata ma simpatia. Vedremo meglio questo
punto; 3) ARBITRAGGIO DI PARTE: il contratto rimete ad UNA DELLE PARTI il potere di
completare il regolamento contrattuale. Ad esempio nel contratto di SOMMINISTRAZIONE:
quando l’entità della somm. non è determinata, una delle parti può completare il regolamento
contrattuale.

INTEGRAZIONE SUPPLETIVA
Domanda. Al di fuori dei casi previsti dalla legge è configurabile un potere di determinazione
UNILATERALE del contenuto del contratto? Contratto INVOLONTARIAMENTE incompleto.
Integrazione suppletiva: da distinguere dall’integrazione COGENTE! JOLLY: ruolo delle norme
imperative nel sistema. Possono assolvere una doppia funzione: 1)PROIBITIVA;
2)CONFORMATIVA. Fonti dell’integrazione suppletiva: a)fonti legali; b)integrazioni giudiziali:
EQUITA’. Cosa vuol dire oggi EQUITA’? Può l’equità, oltre che integrare, CORREGGERE il
contratto? E’ un concetto elastico che integra il contenuto di un contratto incompleto: ma se pur
essendo incompleto è iniquo, l’equità, oltre che integrare, può CORREGGERE il contenuto di un
contratto COMPLETO??Ma iniquo? L’equità consente al giudice di sindacare lo squilibrio del
contratto e correggerlo? Quali sono, se ci sono, gli strumenti che consentono al giudice di sindacare
lo squilibrio del contratto?
-Può essere l’equità CORRETTIVA di un contratto completo essere considerata lo strumento che
consente al giudice di sindacare lo squilibrio di un contratto e correggerlo?
-Può essere il giudizio di meritevolezza sul contratto lo strumento che consente al giudice di
sindacare lo squilibrio del contratto? Secondo una logica per cui contratto meritevole è uguale a
contratto EQUILIBRATO? E immeritevole, SQUILIBRATO?
Le SU ci dicono che il giudizio di meritevolezza non riguarda la causa: affermazione molto forte!
Vedremo che la CAUSA è strumento del contratto; ma la meritevolezza non è requisito del
contratto, ma il GIUDIZIO sul contratto, lo dice la relazione: “è il giudizio sul RISULTATO del
contratto”. Analisi della causa come elemento di struttura; analisi della meritevolezza come analisi
di un giudizio sul contratto!
-Che rapporto c’è tra illiceità e immeritevolezza??? Può l’immeritevolezza costituire lo strumento
che consente al giudice di sindacare lo squilibrio del contratto?

EQUITA’ CORRETTIVA
Vedremo che finirà per coincidere con il concetto di buona fede. Può l’equità consentire al giudice
di sindacare l’equilibrio del contratto ed eventualmente correggerlo, RIPRISTINANDO la giustizia
del contratto? Dove per giustizia si intende EQUILIBRIO DELLO SCAMBIO???? Può la BUONA
FEDE consentire al giudice (e abbiamo pronunce giurisprudenziali) di SINDACARE lo squilibrio
del contratto?

ATTENZIONE, DOBBIAMO SCINDERE: 1) può il giudice effettuare un giudizio di MERITO sul


contratto? 2)può MODIFICARE il contenuto del contratto una volta accertato lo squilibrio? Se
accerta lo squilibrio qual è il rimedio allo squilibrio? Due quesiti che dobbiamo esaminare alla luce
dell’equita’: può l’equità consentire il sindacato sul contratto e la sua modifica? può la BUONA
FEDE fare lo stesso? Cosa si intende per equità e per buona fede? Può il GIUDIZIO DI
MERITEVOLEZZA consentire al giudice di sindacare lo squilibrio del contratto e modificarlo???

CODICE CIVILE
Ha un assetto definito. Concepisce il potere del giudice di sindacare l’equilibrio del contratto come
un POTERE ECCEZIONALE; mentre concepisce il potere del giudice di MODIFICARE il
contratto per ripristinare l’equilibrio come un potere ANCOR PIU’ ECCEZIONALE. Pensiamo alla
clausola penale: MANIFESTAMENTE ECCESSIVA: il giudice può sindacare lo squilibrio, può
valutare se la penale (che assolve una funzione SANZIONATORIA della condotta di
inadempimento; RIPARATORIA del danno derivante dall’inadempimento) è
SPROPORZIONATA, e può modificarla, può ridurre la penale; può modificare il contenuto del
contratto. Ma c’è una norma! Che attribuisce un potere ECCEZIONALE al giudice. Come sono
eccezionali che consentono al giudice di sindacare lo squilibrio del contratto quando esso è stato
concluso in stato di bisogno e stato di pericolo. Stato di bisogno e di pericolo, e vedremo a livello di
analisi del diritto, consentono al giudice di sindacare lo squilibrio del contratto; se non c’è il
bisogno e pericolo , il contratto NON E’ sindacabile. DEROGANO al PRINCIPIO di interferenza:
il codice non interferisce con l’autonomia privata: principio di non interferenza dell’ordinamento
che comporta il principio di INSINDACABILITA’.

SECONDO CONTRATTO
Le maglie si allargano: il giudice può sindacare lo squilibrio del contratto del consumatore e
professionista: contratti B to C, business to consumer. Contratti ASIMMETRICI: il giudice può
sindacare lo squilibrio, clausole vessatorie.

TERZO CONTRATTO
Contratti tra imprese: le maglie si allargano ancora di più. Contratto di subfornitura; transazioni
commerciali e ritardi nei pagamenti.

GIURISPRUDENZA
Le maglie si allargano con la giurisprudenza: in alcuni arresti, ai massimi livelli, Corte
Costituzionale, SU, riconosce al giudice al di fuori dei presupposti previsti dalla legge (PRIMO
contratto; del SECONDO; del TERZO) un potere di sindacare lo squilibrio del contratto: si
rovescia l’assetto codicistico. Da un principio di insindacabilità salvo eccezioni, a un principio di
sindacabilità: sulla base di principi generali: PRINCIPIO DI SOLIDARIETA’, CLAUSOLA DI
BUONA FEDE, la quale equivale, lo vedremo, all’equità. NON il giudizio di meritevolezza. Si
allargano le maglie del sindacato del giudice; potere di SINDACARE; MA NON SI RICONOSCE
AL GIUDICE UN POTERE DI MODIFICARE IL CONTENUTO: il potere del giudice è legale,
non giudiziale. Il rimdio allo squilibrio è la NULLITA’, nella forma della nullità parziale, che
consente di eliminare la clausola squilibrante, ma di CONSERVARE il contratto depurato dello
squilibrio. La nullità parziale consente di riportare il contratto ad equilibrio.

PRELIMNARE DI PRELIMINARE
E' valido: 1) se il primo preliminare ha un contenuto più ampio del secondo preliminare, cioè
contiene clausole che prevodono il recesso, che escludono l'esecuzione in forma specifica
dell'obbligo di contrarre. Cioè il vincolo del primo preliminare è un vincolo MENO STRINGENTE
rispetto al secondo preliminare; progressione nella cogenza del vincolo che giustifica il secondo
preliminare; 2) il primo preliminare ha un contenuto minore del secondo: non e' completo. Le parti
non hanno raggiunto l'accordo sull'intero assetto di interessi. Il primo preliminare è un contratto
APERTO. E per definizione il contratto preliminare è un contratto CHIUSO: definisce l'assetto
delle parti , non li attua ma li PROGRAMMA. Alloa questo non è un preliminare; ma un contratto
ATIPICO con funzione preparatoria del contratto preliminare. Il primo preliminare è
VOLONTARIAMENTE incompleto.

STRUMENTI COLMANTI LACUNA REGOLAMENTARE DI CONTRATTO


VOLONTARIAMENTE INCOMPLETO
Il programma non è dunque completo: l'incompletezza incide sulla realizzazione dell'interesse
collegato a quel contratto. Il contratto presenta lacuna regolamentare che ne consenta l'esecuzione.
La lacuna regolamentare può essere VOLONTARIA o INVOLONTARIA. Il contratto può essere
DELIBERATAMENTE incompleto, come nel caso di preliminare di preliminare (che non è
preliminare); la puntuazione.
Le parti hanno quindi voluto la lacuna: esse stesse prevedono le modalità per colmare quella lacuna.
Quali sono le modalità? Tassonomia:
1)CONSENSO delle parti: la parte mancante del contratto è definita in base all'accordo;
2)ARBITRAGGIO ex art. 1349;
3) ARBITRAGGIO DI PARTE: come nel caso di somministrazione. La parte ha il potere di
determinare unilateralmente il contenuto mancante del contratto.

CONSENSO.
Sulla base di un accordo successivo le parti completano il regolamento contrattuale.

ARBITRAGGIO DEL TERZO.


Le parti scelgono di NON SCEGLIERE. Demandano a un terzo la scelta del contenuto, il potere di
determinare il contenuto del contratto. Consumano l'autonomia privata, esercitandola. Esercizio di
libertà del contratto. Cosa succede se il terzo non determina o deterimina in maniera iniqua o
erronea? POTERE SOSTITUTIVO DEL GIUDICE:
-il giudice determina il contenuto del contratto se il terzo non lo ha determinato;
-il giudice MODIFICA il contenuto se il terzo lo ha determinato in maniera manifestamente iniqua
o erronea.
Questa norma (PARTO DALLA FINE, teoria di Roppo) è utilizzata per affermare che il giudice ha
il potere di sindacare il contenuto del contratto: di sindacare il MERITO, del contratto, il contratto è
INIQUO, il giudice può MODIFICARE il contenuto del contratto. ATTENZIONE: è vero che il
giudice ha il potere di modificare il contenuto del contratto; ma in base al 1349! Solo se le parti
hanno scelto di RIMETTERSI ALLE DETERMINAZIONI DEL TERZO per stabilire il contenuto
del contratto. La norma sta attribuendo:
1)non il potere di sostituirsi alle parti, ma di sostituirsi al TERZO!
2)sta attribuendo al giudice un potere di INTERVENTO sul contratto CONFORME alla volontà
delle parti, non CONTRO la volontà delle parti. E' un rapporto di SIMPATICA con l'autonomia
privata.

ARBITRAGGIO DI PARTE
Ci sono norme che in relazione a tipi contrattuali prevedono la determinazione unilaterale come
strumenti che colmano la lacuna del contratto. Disciplina della somministrazione: 1560 co.2.
Quando non è determinata l'entità della somministrazione: hanno stabilito soltanto il limite massimo
e minimo; solo la forbice; ma non l'entità della somministrazione. Spetta all'avente diritto della
somministrazione di determinare unilateralmente il contenuto del contratto. Dove c'è una norma di
legge, il problema non si pone. In assenza di norma di legge, si può riconoscere alla parte il potere
di determinazione del contenuto del contratto? Cioè, il potere di determinare unilateralmente il
contenuto del contratto è un potere eccezionale, che si configura nei soli casi stabiliti dalla legge, o
è generale, che può essere conferito dal contratto pur in assenza di una NORMA autorizzatoria?
RAGIONIAMO:
1a TESI:
-a) determinazione unilaterale come strumento tipico, tassativo. Ricorre nei soli casi previsti da una
norma di legge.Ricordatevi, il problema non è la soluzione, ma il PERCHE' di quella soluzione.
Perchè eccezionalità, tassatività delle ipotesi di determinazione unilaterale del contratto? Principio
dell'ACCORDO: la determinazione unilaterale è una deroga all'ACCORDO! Quindi sconta il limite
dell'eccezionalità: i casi di determinazione unilaterale sono solo quelli previsti dalla legge;
-b)tant'è che la legge prevede una norma generale sull'arbitraggio del terzo; ma non prevede una
norma generale sull'arbitraggio di parte, che prevede solo in relazione a SINGOLI contratti;
-c)perchè non c'è una norma generale che contempla l'arbitraggio di parte? L'arbitraggio del terzo
offre una garanzia di tutela degli interessi di ENTRAMBE le parti: il terzo è terzo, è in posizione di
neutralità rispetto agli interessi in conflitto delle parti. Questa posizione di terzietà NON ricorre nel
caso di arbitraggio di parte. C'è dunque un rischio: attribuire un potere eccessivo ad una delle parti
del contratto, potere che può determinare uno squilibrio contrattuale;
-d)se si riconoscesse tale potere al di fuori di norma di legge: nella somministrazione c'è un limite,
una forbice; se si riconoscesse un potere generale, il rischio è attribuire un potere senza limiti!

2a TESI:
-Vero che non c'è norma generale che lo prevedono; ma non c'è una norma che lo vieta. Ci sono
norme che lo contemplano ma non perchè siano eccezionali; ma come specificazione di un
POTERE GENERALE. Le singole norme sono manifestazione di un potere generale di cui il
legislatore avverte l'esigenza di disciplinare alcune fattispecie, dove avverte che il rischio
dell'esercizio indiscriminato di quel potere è maggiore. Il potere di determinazione unilaterale,
allora, non abbisogna di una norma autorizzatoria; è un potere che costituisce esercizio
dall'autonomia negoziale; non ha bisogno di una norma di legge. Il fondamento della
determinazione unilaterale è l'autonomia privata.
-E non è vero che è un potere illimitato: il diritto di determinazione unilaterale incontra un limite
nei principi generali dell'ordinamento: il divieto di ABUSO. La parte deve esercitare quel diritto
secondo BUONA FEDE.

LACUNA INVOLONTARIA
Non avendo voluto la lacuna, non hanno neanche previsto lo strumento per colmarla, il quale non
può che avere una fonte esterna. Fonte eteronoma. Si tratta di una INTEGRAZIONE
SUPPLETIVA. In cosa l'integrazione suppletiva si differenzia dall'integrazione COGENTE?
Stiamo dicendo dunque che c'è una integrazione eteronoma. Ma quando l'integrazione eteronoma da
luogo ad una integrazione suppletiva? E quando ad una integrazione cogente?
-INTEGRAZIONE COGENTE: il contratto è completo; non c'è una lacuna da colmare; ma il
contenuto del contratto, pur essendo completo è DISAPPROVATO dall'ordinamento. Il contratto
contiene delle clausole che si pongono in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento
giuridico. Quindi quelle clausole devono essere espulse dal contratto. L'interpretazione cogente è in
rapporto di ANTIPATIA rispetto all'autonomia privata. Intervento dell'ordinamento CONTRO
l'autonomia privata. Le norme imperative possono assolvere una funzione: a) PROIBITIVA: la
norma VIETA il contratto, determina la CADUCAZIONE: non si configura una fattispecie di
integrazione; b)CONFORMATIVA: la norma dà luogo a integrazione: si realizza l'integrazione
COGENTE che si può realizzare in due modi:
-DIRETTAMENTE: integrazioen cogente diretta. Si verifica attraverso il meccanismo di
sostituzione automatica della clausola, 1339 c.c. Norma imperativa con funzione conformativa.
-INDIRETTA: quando la calusola deroga ad una norma di legge; ma la clausola è in contrasto con
una norma imperativa. La clausola CADE e si riespande la disciplina legislativa. La clausola
deroga al regime legale; ma introduce un regime convenzionale in contrasto con la norma
imperativa. Quindi cade la clausola derogatoria, e si riespande il regime legale. Non c'è un
meccanismo di sostituzione automatica della calusola con la norma. La clausola cade per contrasto
con la norma imperativa. Cadendo il regime convenzionale si riespande il regime legale. Questa è
integrazione cogente, non è suppletiva. Il presupposto dell'integrazione cogente è la
COMPLETEZZA del contratto; il presupposto dell'integrazione SUPPLETIVA è l'incompletezza
del contratto.

INTEGRAZIONE SUPPLETIVA
Mentre quella cogente opera CONTRO l'autonomia privata; quella suppletiva è in rapporto di
SIMPATIA con l'autonomia privata: il contratto è INVOLONTARIAMENTE incompleto, Il
contratto DEVE essere integrato. L'integrazione suppletiva consente al contratto di produrre tutti i
suoi effetti, consente alle parti di realizzare il risultato programmato, simpatia. Quali sono le fonti
ETERONOME di integrazione suppletiva?
-FONTE LEGALE: norma, uso (normativo, non negoziale: diuturnitas e opinio iuris ac
necessitatis);
-FONTE GIUDIZIALE: integrazione giudiziale, il ruolo del giudice nell'integrazione del contratto.
Avviene ex art. 1374 attraverso un criterio di legge a contenuto non determinato: EQUITA'.
Concetto elastico, clausola generale.

EQUITA'
Concetto che troviamo anche nel diritto processuale: giudizio equitativo. In cosa si sostanzia il
giudizio equitativo? E' il giudizio del caso concreto: per equità nella processualistica si intende la
giustizia del caso concreto. Traslando il concetto di equità come giustizia sul piano del diritto
sostanziale, in ambito contrattuale, equità significa GIUSTIZIA CONTRATTUALE. L'integrazione
del contratto secondo equità vuol dire che in base all'equità il giudice integra il contratto
introducendo regole COERENTI con gli equilibri di quel regolamento. Logica della giustizia,
dell'equilibrio del contratto. DOMANDA: può l'equità come giustizia oltre che integrare un
contratto incompleto consentire di CORREGGERE un contratto completo ma squilibrato, e quindi
ingiusto, iniquo? Il giudice può sindacare un contratto COMPLETO ma ingiusto? Può l'equità, può
la buona fede, può il controllo di meritevolezza consentire al giudice di sindacare un contratto che è
completo ma non è equilibrato?

MERITEVOLEZZA
Può consentire al giudice di ripristinare l'equilibrio del contratto? Le SU unite oggi ci dicono: "il
giudizio di meritevolezza non riguarda la causa". Cioè: qual è la prospettiva delle SU? La causa è
elemento di struttura del contratto; la meritevolezza è GIUDIZIO sul contratto. Distinguiamo questi
due profili.

CAUSA COME ELEMENTO DI STRUTTURA


Facciamo riferimento al principio causalistico: ogni spostamento patrimoniale deve essere sorretto
da una causa idonea a giustificare quel trasferimento di ricchezza. L'ordinamento riconosce
l'autonomia privata in vista di uno SCOPO: ciò equivale all'opposto del principio di astrazione.
L'ordinamento rifiuta il contratto astratto. L'ordinamento accoglie il principio causalistico, rifiuta il
principio di astrazione. Vi sono delle limitate eccezioni alla regola della rilevanza della causa: ci
sono forme di cd. negozio astratto:

1)si dice che la procura, in certi casi, può essere considerato un negozio astratto: quando? Essa
conferisce solo il potere rappresentativo, di agire in nome di un soggetto; ma non conferisce potere
GESTORIO, il quale si basa su un DIVERSO negozio, ad esempio il mandato. La procura
attribuisce un potere rappresentativo che è strumentale rispetto alla gestione di un affare. Il negozio
di procura è collegato ad un negozio gestorio. La procura, pur essendo collegata ad un negozio
gestorio, potrebbe non fare riferimento al negozio gestorio. E qui si dice, la procura attribuisce un
potere rappresentativo attraverso un negozio astratto. No menzione del rapproto sottostante: la
gestione è la causa della procura; la procura è strumentale rispetto al negozio gestorio, ma la
procura non fa riferimento al negozio gestorio quindi i vizi, i difetti del negozio gestorio NON
VANNO AD INTACCARE il negozio di procura. Procura come negozio asratto.

2)Contratto autonomo di garanzia: autonomo, nel senso che è autonomo dal rapporto garantito:
abbiamo il rapporto garantito e il rapporto di garanzia. I vizi, difetti del rapporto garantito non
possono essere fatti valere nel rapporto di garanzia. E' il contrario della FIDEIUSSIONE: nella
fideiussione, che è caratterizzata dalla accessorietà, l'accessorietà comporta che le eccezioni,
relative al rapporto sottostante possono essere fatte valere sul rapporto fideiussorio. Il rapporto
fideiussorio risente della sorte del rapporto grantito. Nel contratto autonomo c'è invece astrazione
sostanziale che può comportare la MANCANZA della causa di garanzia nel contratto autonomo:
cosa voglio dire?! Se il contratto è autonomo dal rapporto garantito e il rapporto garantito presenta
un vizio, il credito garantito non sussiste; ma essendo il contratto di garanzia autonomo dal rapporto
sosttostante, il creditore può comunque ESCUTERE la garanzia! E' tuttavia una astrazione relativa:
c'è il DIVIETO DI ABUSO DEL DIRITTO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!Se l'insussistenza del diritto di credito è
MANIFESTA, evidente, e ciò nonostante il creditore escute la garanzia, il garante può ECCEPIRE
IL DOLO, exceptio doli, e paralizzare la pretesa. L'exceptio doli consente al garante di bloccare
l'escussione della garanzia autonoma quando è manifesta, evidente l'insussistenza del diritto di
credito. Sono negozi astratti, ma l'astrazione è relativa: vige sempre il principo causalistico.

3)ASTRAZIONE SUL PIANO PROCESSUALE


Nulla ha a che vedere con il principio causalistico: l'astrazione che inverte l'onere della prova, o che
inverte il rapporto tra azione ed eccezione. Promessa di pagamento e ricognizione di debito; i
negozi unilaterali: la prima lezione che abbiamo affrontato. Promessa e ricognizione sono negozi
unilaterali che producono un effetto, quello di astrazione processuale, cioè: il
credito promesso/riconosciuto SI PRESUME esistente valido ed efficace fino a prova contraria. Il
creditore è sollevato dall'onere di provare l'esistenza; è il debitore che deve provare l'esistenza, per
evitare il pagamento. Inversione dell'onere: non c'è astrazione sostanziale. Non è un negozio
astratto!

4)FIDEIUSSIONE CON CLAUSOLA SOLVE ET REPETE


Stessa cosa. Il contratto autonomo di garanzia può essere considerato una forma di negozio astratto;
la fideiussione con clausola solve et repete, invece non è un negozio astratto, neppure limitatamente
astratto. E' però un fenomeno di astrazione processuale: la clausola obbliga il garante prima ad
adempire e poi a far valere le eccezioni relative all'insussistenza del diritto di credito; non puoi
eccepire l'insussistenza del diritto di credito: puoi farlo solo DOPO aver pagato. Non puoi eccepire;
ma devi AGIRE. Ecco rapporto fra eccezione ed azione.

PRINCIPIO CAUSALISTICO
Vuol dire quindi centralità della causa, che oggi assume una doppia dimensione. In astratto e in
concreto. La causa in concreto SI AFFIANCA alla causa in astratto: cosa voglio dire? Nella
relazione, causa come funzione economica e sociale: causa in astratto. Cosa vuol dire in astratto?
Vuol dire che la causa si IDENTIFICA CON IL TIPO e il tipo con la causa. Vendita: causa di
scambio; mandato: causa gestoria; locazione: causa di godimento. Nell'ultimo decennio però la
giurisprudenza ha accolto la teoria di autorevolissima dottrina, causa ANCHE in concreto.Non solo
la funzione del tipo, ma la funzione che quel contratto realizza nel caso concreto. Lo scopo pratico.
Il programma negoziale che le parti intendono realizzare.

CONTROLLO CAUSA IN CONCRETO


Il controllo è volto a verificare che la funzione del contratto si sia effettivamente realizzata in base
alle circostanze del caso concreto. Cioè: la causa in astratto può NON COINCIDERE con la causa
in concreto. Le parti possono utilizzare un tipo di contratto con una certa causa per realizzare, in
concreto, una funzione diversa dalla funzione propria del tipo. Contratto di vendita: causa di
SCAMBIO. Le parti lo utilizzano per realizzare in concreto una diversa funzione.
- Ad esempio, vendita NUMMO UNO: cioè a un euro. La causa in concreto non realizza uno
scambio. La controprestazione (1euro) è apparente, simbolica. Lo scambio non c'è. La funzione del
tipo non si realizza: quindi il contratto sarebbe nullo per mancanza di causa. Attenzione però: le
parti potrebbero volere realizzare una causa diversa dallo scambio: potrebbero volere realizzare un
contratto GRATUITO: un contratto senza prestazione. Dove il vantaggio c'è, per il soggetto che non
riceve la prestazione; ma non è un vantaggio dato dalla controprestazione, ma è un vantaggio
indiretto. Si spoglia di un bene che è costoso, oneroso, improduttivo: la logica del trasferimento non
è lo scambio, ma liberasi di un bene che reca perdita. Vantaggio per alienante.
-Così come (passando dalla causa gratuita alla CAUSA DONANDI, qui la giurisprudenza è
alluvionale) VENDITA dove la controprestazione non è simbolica, ma effettiva.
La controprestazione è reale, effettiva, ma irrisoria: VENDITA A PREZZO VILE, IRRISORIO: c'è
sproporzione fra il valore del bene alienato e il prezzo pagato. La causa in astratto è di scambio;
quella in concreto: non c'è scambio; non c'è gratuità ( perchè c'è controprestazione); qual è la
funzione che le parti vogliono allora realizzare con quel contratto a condizioni
VOLONTARIAMENTE inique/sproporzionate? Le parti intendono realizzare una LIBERALITA'!
La causa in concreto è DONANDI! Abbiamo dunque una forma di contratto indiretto!!!! La
discrasia fra causa in astratto e causa in concreto CONSENTE DI REALIZZARE UN
CONTRATTO INDIRETTO. Le parti utilizzano un tipo contrattuale con una certa causa in astratto,
piegando quel tipo al perseguimento di una CAUSA DIVERSA, che si potrebbe realizzare con un
diverso contratto. Le parti potrebbero utilizzare il contratto di donazione; quella causa liberale si
potrebbe realizzare con il tipo di donazione; le parti utilizzano un tipo diverso, la vendita, per
realizzare la stessa funzione che potrebbero realizzare con l'altro tipo contrattuale.

DONAZIONE INDIRETTA: CAUSA DEBOLE.


Il contratto di liberalità, la causa donandi viene qualificata come causa debole Concetto di causa
DEBOLE: il contratto realizza un interesse economico, patrimoniale; la donazione invece non
persegue un interesse patrimoniale.E' dunque a causa debole: per questo il codice civile prevede la
forma solenne per il contratto di donazione; per compensare la causa debole con una forma
forte!!!Per questo le parti realizzano la donazione indiretta! Per fuggire al vincolo di forma solenne!
Il contratto indiretto consente di sfuggire alla forma solenne.

PRESUPPOSIZIONE E CAUSA DEBOLE


Sono considerati contratti di causa debole anche quei contratti che sono in rapporto di
PRESUPPOSIZIONE: siamo abituati al concetto di presupposizione nel rapporto tra gli atti di
diritto amministrativo. Atto presupposto e atto presupponente. Invalidità derivata. La
presupposizione si configura anche nei contratti, anche nei negozi. Il contratto presuppone un altro
contratto. Contratto su contratto. Quando il contratto presuppone un altro contratto, il contratto
presupponente è A CAUSA DEBOLE: perchè dipende da un altro contratto. Es: il contratto di
ACCERTAMENTO. E' un contratto su contratto: postula un rapporto da accertare; se non è valido
il contratto da accertare, il contratto di accertamento diventa priva di causa. La causa è una causa
debole, perchè dipende dall'efficacia di un altro contratto.

CONTRATTO INDIRETTO E SIMULATO


Il contratto simulato è un contratto apparente, fittizio, non voluto dalle parti, che NON vogliono
quel contratto, quel regolamento, quella funzione. Possono non volere alcuno scopo (simulazione
assoluta), o possono volere scopo diverso ( simul.relativa). Il contratto indiretto invece è un
contratto EFFETTIVO: le parti vogliono quel risultato concreto, diverso da quello astratto, cioè
vogliono raggiungere quel risultato attraverso un tipo che per la sua causa in astratto NON
raggiunge quel risultato. Ma la causa è effettiva (quella del negozio concreto); mentre la causa del
contratto simulato è apparente.

PRESUPPOSIZIONE E CONTRATTO DI ACCERTAMENTO


Contratto di accertamento. Presuppone un contratto da accertare: elimina l'incertezza riguardo a un
rapporto sottostante. Il contratto di accertamento non costituisce il rapporto, che è già costituito. Nè
estingue nè modifica il rapporto sottostante, il quale viene solo accertato: ecco la causa DEBOLE
del contratto di accertamento. Assolve solo una funzione di regolazione in senso lato: chiarisce
portato contenuto effetti del rapporto sottostante. Appartiene alla categoria dogmatica del
"riconoscimento causale", "negozio ricognitivo". Sicchè, anche quando ha ad oggetto DIRITTI
REALI, NON può essere trascritto, perchè NON TRASFERISCE, NON COSTITUISCE, NON
MODIFICA il diritto reale, il contratto di accertamento non produce quegli effetti per i quali è
prevista la trascrizione del contratto avente oggetto diritti reali.

NEGOZIO DI ACCERTAMENTO
GIURISPRUDENZA: ci dice che non può essere trascritto neppure quando abbia ad oggetto
l'accertamento della USUCAPIONE del diritto reale. Il 2651 c.c. prevede la trascrizione della
sentenza di accertamento dell'usucapione. Allora si dice: se è trascrivibile la sentenza, dovrebbe
potersi trascrivere il contratto di accertamento dell'intervenuta usucapione, avendo i medesimi
effetti. Giurisprudenza: 1) non si può applicare in via analogica e estensiva il 2651 al contratto di
accertamento, un conto è la sentenza un conto è il contratto; 2) la trascrizione del contratto di
accertamento si presterebbe a possibili abusi: con la trascrizione del negozio di accertamento si
potrebbe pregiudicare il diritto acquistato dal terzo: Tizio trasferisce a Sempronio, ma con Caio
stipula un contratto di accertamento dell'usucapione di Caio, trascrivendolo, Caio acquista in danno
di Sempronio. Si mira la certezza dei traffici giuridici.
Il contratto di accertamento dunque non può essere trascritto; non soggiace a vincoli di forma,
attenzione però: è sempre un contratto su contratto. Si applica il principio della forma vincolata per
relationem: se per il contratto da accertare è richiesta una certa forma ad substantiam, il contratto di
accertamento deve osservare quella forma. Contratto su contratto: c'è un rapporto VERTICALE sul
contratto.

COLLEGAMENTO NEGOZIALE
Il rapporto tra contratti può essere ORIZZONTALE: collegamento negoziale. Siamo sempre sulla
causa. Mentre il rapporto di presupposizione configura una causa debole; nei rapporti orizzontali
che danno vita a un collegamento tra contratti, il collegamento produce come conseguenza la
realizzazione di una causa ULTERIORE e DIVERSA rispetto alla causa dei singoli contratti
individualmente considerati. I singoli contratti perseguono una certa funzione; i contratti collegati
ne perseguono insieme una ulteriore. Il collegamento si caratterizza per un requisito OGGETTIVO:
la causa che deriva dal collegamento. Non basta però il requisito oggettivo; la giurisprudenza ci
dice che ci vuole anche quello SOGGETTIVO: intento delle parti di realizzare quella FUNZIONE
ULTERIORE. Intento di TUTTE le parti coinvolte: perchè i contratti collegati potrebbero non
intercorrere fra le stesse parti! Contratto A (tra Tizio e Caio) e contratto B (tra Caio e Sempronio).
Le parti non coincidono. Tizio non è parte di un contratto con Sempronio. Formalmente Sempronio
è terzo rispetto al contratto di Caio. Ma se c'è l'intento di tutte le parti di realizzare un'operazione
unitaria, il soggetto non formalmente parte, diventa SOSTANZIALMENTE parte. Il collegamento
negoziale introduce la distinzione fra parte in senso formale e parte in senso sostanziale. Il principio
che governa il contratto è la RELATIVITA' degli effetti del contratto. Quindi Sempronio non
potrebbe far valere i diritti nè esperire le azioni derivanti dal contratto tra Tizio e Caio; SALVO
CHE vi sia collegamento fra i contratti: requisito oggettivo e soggettivo. I due contratti realizzano
un unico contratto, anche se formalmente distinti. E quindi, conseguenze in virtù del collegamento,
ove quindi vi sia collegamento tecnico, proprio, con requisito SOGGETTIVO e OGGETTIVO :

1) principio del SIMUL STABUNT SIMUL CADENT: se cade il contratto tra tizio e caio, cade
anche quello tra caio e sempronio;
2)conseguenza più importante in chiave sistematica: se Sempronio, pur non essendo formalmente
parte del rapporto con Tizio, lo è SOSTANZIALMENTE in virtù del collegamento negoziale che
realizza l'unitarietà dell'operazione sul piano gius-economico, Sempronio, in quanto parte
sostanziale, potrà fare VALERE I DIRITTI ed ESPERIRE LE AZIONI derivanti dal contratto tra
Tizio e Caio. Se Tizio non adempie, Sempronio potrà far valere l'azione di risoluzione del contratto
che intercorre tra tizio e caio!!!!!!!
LEASING FINANZIARIO
La giurisprudenza dice che NON c'è un collegamento negoziale in senso tecnico: manca il requisito
soggettivo. Abbiamo due contratti: a)vendita: fra tizio e caio; b)locazione finanziaria: tra caio e
sempronio. I due contratti, sul piano OGGETTIVO sono collegati, ma non lo sono sul piano
SOGGETTIVO, cioè NON c'è l'intento di tizio caio e sempronio di realizzare un 'operazione
unitaria caratterizzata dalla causa di finanziamento. Al venditore, della causa di finanziamento di
sempronio non gliene importa nulla! L'interesse del proprietario è il trasferimento della proprietà
verso il trasferimento del prezzo. Sempronio, che riceve il bene a titolo di locazione finanziaria non
è parte nè in senso formale nè in senso sostanziale del contratto tra tizio e caio. Sempronio,
l'utilizzatore del bene, non può quindi far valere l'azione di risoluzione del contratto di vendita per
l'inadempimento di Tizio. Unico soggetto legittimato è Caio. C'è un deficit di tutela!!! Che viene
colmato attraverso la CLAUSOLA DI BUONA FEDE: Caio, unico soggetto legittimato, ha
l'obbligo EX BONA FIDEI di esperire l'azione di risoluzione per tutelare sempronio. Tuttavia, può
esserci una norma di legge che consente di esperire l'azione da parte del terzo. Esempio: contratto di
credito al consumo.

CONTRATTO DI CREDITO AL CONSUMO


Art. 125 quinquies t.u. bancario. Abbiamo due contratti: contratto di vendita e quello di
finanziamento. Tizio caio, contratto di vendita; caio sempronio, sempronio consumatore, contratto
di finanziamento: i due contratti sono oggettivamente collegati ma non lo sono soggettivamente; a
Tizio venditore, della funzione di finanziamento del consumatore non interessa. Sempronio
consumatore è estraneo al contratto di vendita fra tizio e caio. Sempronio non potrebbe dunque
esperire l'azione di risoluzione del contratto di vendita per inadempimento di tizio venditore. Il bene
presenta un vizio: il consumatore che riceve il finanziamento per l'utilizzo di quel bene è
pregiudicato, perchè paga un corrispettivo che include il costo del finanziamento per un bene
INIDONEO; ma essendo terzo rispetto al contratto di vendita non potrebbe esperire l'azione di
risoluzione. Quindi si troverebbe a pagare quel prezzo, inclusivo del finanziamento, a fronte di un
bene comunque inidoneo. Cosa fa la disciplina di settore a tutela del consumaotre? Pur essendo il
consumatore estraneo al contratto di vendita, pur non essendoci collegamento negoziale in senso
tecnico, la legge consente al consumatore di esperire l'AZIONE DI RISOLUZIONE. C'è una norma
di legge che consente al terzo di agire per il contratto stipulato da altri. Norma che deroga al
principio di relatività degli effetti del contratto.

GIUDIZIO DI MERITEVOLEZZA
La causa non è solo elemento di struttura del contratto; ma anche elemento di giudizio. La
giurisprudenza oggi ci dice: "il giudizio di meritevolezza non è un giudizio sulla causa". La
posizione tradizionale è quella per cui il giudizio sulla causa del contratto passa attraverso una
doppia scure: 1)valutazione di LICEITA'; 2) valutazione di MERITEVOLEZZA. Quale domanda
sussiste fra liceità e meritevolezza???

LICEITA'
Il giudizio di liceità è un giudizio declinato dalla legge: i parametri sono stabiliti dalla legge, norme
imperative, ordine pubblico, buon costume. E' nullo il contratto in contrasto con norme imperative,
ordine pubblico, buon costume. E' nullo il contratto IN FRODE alla legge: la causa è illecita anche
quando è utilizzato un MEZZO DIVERSO per raggiungere il risultato vietato dalla legge. La norma
vieta un certo atto, un certo mezzo: lo vieta perchè persegue un RISULTATO. La norma vieta l'atto,
ma perchè intende vietare il RISULTATO. Se quel risultato può essere ottenuto attraverso un atto
diverso da quello vietato dalla legge, abbiamo una causa comunque illecita. Es: DIVIETO DI
PATTO COMMISSORIO. La legge vieta il patto, il mezzo, perchè intende vietare un certo
risultato: il trasferimento della proprietà in funzione di garanzia al verificarsi dell'inadempimento
del debitore. Il contratto in FRODE ALLA LEGGE è qualunque atto, formalmente diverso dal patto
commissorio, che realizza lo stesso risultato vietato dal patto commissorio: es., alienazioni a scopo
di garanzia sospensivamente o risolutivamente condizionate, contratto di sale and lease back.

GIUDIZIO DI MERITEVOLEZZA
Non è stabilito dalla legge, la legge non stabilisce i parametri del giudizio di meritevolezza. In cosa
si sostanzia? Le SU sembrano dire che il giudizio di liceità riguarda la causa, il giudizio di
meritevolezza, NON riguarda la causa: in questa prospettiva il giudizio di liceità dovrebbe
riguardare solo i contratti tipici, quello di meritevolezza i contratti ATIPICI. Attenzione però:
1) questa prospettiva però contrasta con la doppia prospettiva della causa, causa in astratto e causa
in concreto;
2)vero è che non c'è un parametro per la meritevolezza; ma prendiamo la relazione al codice civile:
chiarisce che la meritevolezza è un giudizio, non un elemento; un giudizio che investe NON il
contratto in sè, ma il RISULTATO perseguito. E' un giudizio sul risultato, che è immeritevole
quando è contrario alla COSCIENZA CIVILE E POLITICA, alla ECONOMIA NAZIONALE,
all'ORDINE PUBBLICO e al BUON COSTUME. Quando il contratto è contrario a ordine
pubblico e buon costume, il contratto è ILLECITO: illiceità = immeritevolezza. Quando il contratto
è illecito perchè contrario a ordine pubblico e buon costume quel contratto è anche immeritevole: e
allora se il giudizio di illiceità riguarda la causa; il giudizio di meritevolezza riguarda anch'esso la
causa: la causa dell'illiceità è la stessa causa dell'immeritevolezza. Se il contratto illecito è anche
immeritevole, se l’illiceità riguarda la causa, anche l’immeritevolezza riguarda la causa. Il giudizio
di liceità è anche giudizio di meritevolezza; ma il giudizio di meritevolezza non si esaurisce nel
giudizio di liceità. Il giudizio di meritevolezza non si esaurisce nel giudizio di liceità. Il contratto
immeritevole è contrario, oltre che a buon costume e ordine pubblico anche a ECONOMIA
NAZIONALE e COSCIENZA CIVILE E POLITICA: in questi punti non coincide! PRINCIPI
COSTITUZIONALI!!Il giudizio di meritevolezza affonda le proprie radici nei principi
costituzionali: coscienza civile e politica, economia nazionale, sono poi espressi dalla Costituzione,
art. 2, art. 4, art. 41 co.2: funzione sociale e utilità sociale. Il contratto illecito è immeritevole. Il
contratto illecito non è necessariamente immeritevole: se ogni contratto illecito può essere
considerato immeritevole, non ogni contratto lecito è per ciò solo meritevole: NON OMNE QUOD
LICET HONESTUM EST.

GIUDIZIO E SINDACATO: CODICE CIVILE.


Il giudizio di meritevolezza può fondare il potere del giudice di sindacare l'equilibrio del contratto?
Secondo una equazione meritevolezza= equilibrio; squilibrio=immeritevolezza. Partiamo dai punti
fermi, dalle norme. La disciplina del contratto lo concepisce come esercizio di libertà negoziale, il
contratto compone un conflitto di interessi fra le parti: ciascuna parte tende a massimizzare il
proprio interesse, in rapporto all'interesse dell'altra parte, realizzando uno scambio efficiente, un
ottimo paretiano: uno scambio efficiente delle risorse. Le parti sono i migliori giudici dei propri
interessi, fintanto che il contratto rilfette l'interesse delle parti. Per questo l'ordinamento si basa sul
principio di non interferenza. E quindi, principio di insindacabilità nel merito del contratto. Sono
eccezionali le ipotesi in cui il codice attribuisce al giudice il potere di sindacare il contratto e
addirittura di modificarlo e riportarlo ad equilibrio: 1) CLAUSOLA PENALE manifestamente
eccessiva. C'è uno squilibrio economico.Riduzione ad equità: equità come "proporzione". Se non ci
fosse la norma il giudice non potrebbe sindacare nè correggere: potere ECCEZIONALE; 2)
rescissione: lo stato di bisogno; lo stato di pericolo; sono i presupposti che consentono al giudice di
sindacare: perchè c'è un condizionamento!! Il contratto non risente della vera volontà della parte! Se
non ci fosse stato lo stato di bisogno quel contratto non sarebbe stato concluso, oppure concluso a
condizioni diverse. La rescisione viene considerata , secondo autorevole dottrina, una forma di
PATOLOGIA del contratto, patologia che sta proprio nella ingiustizia procedurale: patologia che
condiziona, precede e determina la stipulazione del contratto. Se non c'è stato di bisogno e di
pericolo, il giudice NON può configurare. Queste norme eccezionali confermano la regola! Il
rimedio in questo caso è la rescissione: un rimedio CADUCATORIO! Il rimedio non è il
RIEQUILIBRIO del contratto, la modifica da parte del giudice; il rimedio è la caducazione. Queste
norme eccezionali non consentono dunque al giudice di MODIFICARE il contratto! Chi può
modificarlo? La parte stessa: offerta di riduzione ad equità! E' un negozio unilaterale, esercizio di
un diritto potestativo!!! Lo squilibrio può essere eliminato NON con l'intervento del giudice,
dunque.
Sulla base della disciplina codicistica possiamo quindi dire che il giudice può eccezionalmente
sindacare lo squilibrio economico del contratto (rescisione: senza potere correttivo) e in maniera
ancor più eccezionale MODIFICARE il contenuto del contratto per riportarlo ad equità (clausola
penale). Nel codice civile è tutto qui!

GIUDIZIO E SINDACATO: DISCIPLINA CONSUMERISTICA


I poteri del giudice si ampliano con la disciplina del secondo contratto: contratto considerato
strutturalmente asimmetrico. Consumatore parte debole, professionista forte. Asimmetria
INFORMATIVA. La tutela è affidata: a) obbligo informativo da parte del professionista; b) sistema
di controllo sostanziale del contratto, basato sulle clausole vessatorie. Sono vessatorie le clausole
che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio di diritti e di obblighi
derivanti dal contratto. E' uno squilibrio NORMATIVO: dei diritti e degli obblighi: lo squilibrio è
normativo quando la clausola modifica le posizioni contrattuali definite dal diritto dispositivo. Il
diritto dispositivo costituisce il parametro del livello ideale di equilibrio delle posizioni delle parti.
Lo squilibrio non è ECONOMICO.

EQUILIBRIO ECONOMICO
Il potere del giudice non è solo limitato all'equilibrio normativo. Art. 34 co.2: la valutazione del
carattere vessatorio della clausola non attiene:
- alla determinazione dell'oggetto del contratto;
- nè all'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi.
La norma ci sta dicendo che lo squilibrio non è economico, ma normativo. Purchè, aggiunge la
norma, tali elementi siano INDIVIDUATI IN MODO CHIARO E COMPRENSIBILE. Se è violato
il PRINCIPIO DI TRASPARENZA su cui si basa la disciplina consumeristica, il sindacato del
giudice potrà avere ad oggetto anche l'equilibrio economico del contratto.
Attenzione, perchè qui, il sindacato sullo squilibrio normativo è agevolato dalla PRESUNZIONE
DI VESSATORIETA', cioè di SQUILIBRIO: il 33 co.2 contiene la cd. lista grigia, un elenco di
clausole che si presumono vessatorie. Sono due categorie di clausole:

A) di SBILANCIAMENTO: lo squilibrio normativo si manifesta come asimmetria delle posizioni


sostanziali o processuali delle parti: la clausola di sbilanciamento prevede pesi o limiti a carico del
SOLO consumatore; oppure prevede vantaggi o agevolazioni per il SOLO professionista;
minorazione, solo per il consumatore, di far valere pretese o difendersi contro il professionista.
Nelle clausole di sbilanciamento il valore che viene perseguito è l'UGUAGLIANZA fra le parti, e
in particolare, un profilo specifico dell'uguaglianza, rappresentato dalla RECIPROCITA'.

B) di SORPRESA: lo squilibrio normativo consiste nel fatto che il consumatore è costretto a subire,
dopo la stipulazione, delle situazioni contrattuali che sono imprevedibilmente diverse rispetto a
quelle che il consumatore poteva ragionevolmente attendersi dalla stipulazione del contratto, mentre
il professionista è al riparo da ogni sorpresa. Le clausole della lista grigia sono colpite da una
presunzione relativa di vessatorietà. l'onere della prova contraria grava sul PROFESSIONISTA. Se
la clausola si presume vessatoria, si presume lo squilibrio normativo: l'accertamento del giudice si
basa sulla presunzione prevista dalla legge. Il giudice verifica che la clausola del contratto
corrisponde a quella elencata nella lista grigia; la sussunzione della clausola del contratto sotto
l'elenco delle clausole della lista grigia costituisce già accertamento dello squilibrio normativo.
Salvo che il professionista non fornisca la prova della mancanza dello squilibrio normativo.

CONSEGUENZA SQUILIBRIO NORMATIVO


Il giudice può sindacare lo squilibrio normativo; rilevato lo squilibrio, può il giudice
RIPRISTINARE l'equilibrio normativo accertato? Il rimedio non è di tipo GIUDIZIALE: la
disciplina non riconosce al giudice il potere di CORREGGERE lo squilibrio normativo
modificando il contratto. Il rimedio è quello ex art. 36, che costituisce il PARADIGMA della nullità
di protezione. Il rimedio è la NULLITA' DI PROTEZIONE: l'accertamento dello squilibrio
normativo da quindi la stura ad un rimedio LEGALE.

NULLITA' DI PROTEZIONE
Attenzione: essa è concepita come nullità PARZIALE: colpisce solo la clausola squilibrante. Il
contratto si conserva.E' un rimedio CADUCATORIO, ma che produce un effetto
MANUTENTIVO, conservativo, di adeguamento del contratto, di ripristino dell'equilibrio
normativo del contratto. Viene eliminata la clausola squilibrante; il contratto resta valido ed efficace
per il resto; quindi la caducazione produce effetto MANUTENTIVO. Lo dice la CGE: la disciplina
del secondo contratto mira a soddisfare l'interesse del consumatore all'ESECUZIONE del contratto
riequilibrato. L'interesse del consumatore non è alla liberazione del contratto! Vuole il contratto!
Ecco perchè non si attribuisce al giudice un potere giudiziale. Salvo che, e qui si pone il problema,
la clausola squilibrante non sia una clausola fondamentale nella regolamentazione del contratto,
cioè una clausola senza la quale il contratto non possa essere eseguito: cade la clausola, cade il
contratto. In quel caso la nullità parziale, colpendo una clausola essenziale, è impossibile
l'esecuzione del contratto. In questo caso la nullità parziale non è efficace per raggiungere
l'obiettivo che il legislatore si è posto: non basta caducazione della clausola. In questo caso serve
l'ETEROINTEGRAZIONE del contratto, serve una fonte eteronoma che colma la lacuna. Occorre
una integrazione suppletiva del contratto, di fonte o legale o giudiziale: può il giudice integrare il
contenuto del contratto per ripristinare l'equilibrio del contratto? La CGE ci dice NO: quando la
clausola squilibrante è essenziale, che impedisce esecuzione del contratto, bisogna integrare il
contratto; ma l'integrazione deve essere di FONTE LEGALE. Neanche in questo caso può essere il
giudice a intervenire sul contratto per ripristinare l'equilibrio del contratto. L'integrazione deve
venire ad opera della LEGGE: ad opera di una disposizione di diritto nazionale, di natura
suppletiva, che consente l'adeguamento del contratto. Siamo più sull'integrazione cogente che
suppletiva.

TERZO CONTRATTO
BtoB. Contratto tra imprese. Impresa economicamente forte e impresa debole. Qui non c'è
un'impresa che è debole sul piano delle conoscenze, delle competenze. Abbiamo operatori
professionali, competenti; l'asimmetria è di tipo economico: es. SUBFORNITURA, L.192/98. La
disciplina della subfornitura vieta l'abuso dello stato economico di dipendenza economica di un'altra
impresa, dell'impresa debole da parte dell'impresa forte. L'abuso determina una MINORAZIONE
della libertà contrattuale dell'impresa debole. Il contratto non rispecchia la reale preferenza di
quella impresa. L'asimmetria economica si riperquote sull'equilibrio del contratto: "eccessivo
squilibrio di diritti e di obblighi". Il giudice può effettuare un sindacato sullo squilibrio normativo
del contratto. Una volta accertato lo squilibrio, può il giudice CORREGGERE il contratto
riportandolo in equilibrio? Qual è il rimedio? La NULLITA': SOLO la nullità del fatto che realizza
l'abuso; SOLO la nullità del fatto che realizza lo squilibrio. Secondo la logica depurativa: cercare di
conservare il contratto epurato.
RITARDI NEI PAGAMENTI NELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI
Stessa logica: d.lgs. 231/2002, art. 7. Le clausole relative al TERMINE di pagamento, al SAGGIO
degli interessi moratori, al RISARCIMENTO per i costi di recupero sono NULLE quando risultano
gravemente INIQUE in danno del creditore. La norma parla di GRAVE INIQUITA'. C'è uno
squilibrio innanzitutto NORMATIVO: termine di pagamento. Ma anche ECONOMICO: il saggio
dell'interesse moratorio; il risarcimento per i costi di recupero. Abbiamo uno squilibrio normativo-
economico. La norma consente al giudice di SINDACARE questo squilibrio, a tutela del creditore.
Attenzione, è un sindacato confinato a certe clausole, perimetrato, solo quelle. Non è un sindacato
sull'intero merito contrattuale. Il giudice può intervenire col suo sindacato sulle clausole; ma non
può, anche qui, modificare il contenuto del contratto. Il rimedio non è la CORREZIONE giudiziale
del contratto. Il rimedio è legale: la nullità della clausola che produce lo squilibrio del contratto.

LE COSE CAMBIANO: SOLIDARIETA' SOCIALE.


Quest'analisi ci consente di vedere che il giudice ha un potere eccezionale di sindacare lo squilibrio
economico o normativo del contratto. E' un potere che la legge riconosce in nome di una patologia
(codice di civile) o di una asimmetria. Il potere è ECCEZIONALE. Sono ancora più eccezionali i
casi in cui al giudice è consentito di sindacare lo squilibrio e di CORREGGERLO: CLAUSOLA
PENALE. Le maglie del sindacato del giudice sono quindi definite dalla legge. Questo assetto oggi
è messo in discussione dalle sentenze della Corte Costituzionale e SU che riconoscono al giudice un
POTERE DI SINDACARE LO SQUILIBRIO DEL CONTRATTO A PRESCINDERE
DALL'ESISTENZA DI UNA PATOLOGIA O DI UNA ASIMMETRIA. Sentenze che riconoscono
al giudice un potere di sindacare il MERITO di un contratto, a prescindere dall'esistenza di una
patologia o asimmetria. Consentono al giudice un sindacato che tutela NON l'espressione della reale
preferenza al contratto; ma è volto a verificare la GIUSTIZIA del contratto A PRESCINDERE da
asimmetrie e patologie delle parti. Capite bene che stiamo TRANSCODIFICANDO: guardiamo il
contratto in sè, guardiamo la giustizia di quel contratto. Qual è il FONDAMENTO di tale
sindacato? EQUITA'? BUONA FEDE? GIUDIZIO DI MERITEVOLEZZA??? Orientamento
progressista della giurisprudenza: sentenze sulla caparra confirmatoria; sulle clausole claims made;
individua il fondamento del potere di sindacato sull'equilibrio del contratto nel PRINCIPIO DI
SOLIDARIETA' SOCIALE, intendendolo come un principio precettivo, che assume consistenza
attraverso la regola primaria della BUONA FEDE, intesa anch'essa quale regola precettiva, cioè un
precetto, che orienta, che vincola l'autonomia privata. Buona fede e solidarietà come regole
precettive che incidono sull'autonomia privata. L'autonomia negoziale deve essere conforme alla
regola precettiva di buona fede. La buona fede impone la regola della reciprocità: ovvero
EQUILIBRIO NELLO SCAMBIO. La buona fede precettiva finisce per coincidere con il concetto
di equità. Se il contratto non è equilibrato, allora è contrario alla regola precettiva di buona fede: la
clausola o il contratto (dice la Corte Cost.) è affetto da NULLITA'. E' violato un principio
costituzionale, una regola precettiva. La BUONA FEDE diventa paradigma di validità del contratto:
quindi è nullo. Si sta dunque generalizzando quello che era un potere eccezionale, il sindacato del
giudice sullo squilibrio: sulla base della regola della buona fede. Qui si gioca una partita molto
importante: sul piano delle affermazioni di principio la giurisprudenza allarga le maglie: tendendo
ad affermare il potere del giudice di sindacare il contratto al di fuori delle norme che tanto
prevedono; ma poi, LE APPLICAZIONI PRATICHE DI QUESTO SINDACATO SONO
SCARSE: perchè qui si finisce per attribuire al giudice un potere di sostituzione alle parti. Cioè si
rischia di mettere in discussione il fondamento della disciplina del contratto: LE PARTI SONO I
MIGLIORI GIUDICI dei propri interessi. Qui diventa il giudice il miglior giudice dell'interesse
delle parti. Più si attribuiscono poteri al giudice, più si cade nel rischio della discrezionalità , di
trattamenti differenziati. La dottrina è molto critica con la giurisprudenza che fa sempre ricorso alla
clausola di buona fede: più si attribuiscono poteri al giudice sulla base di clausole generali, più c'è il
rischio della discrezionalità che sfocia nell'arbitrio del giudice. Ad ogni modo, Cassazione e Corte
Cost. vanno verso questa direzione.

PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA'
Non si utilizza il principio di proporzionalità: principio di rilievo unionale. Potrebbe attribuire al
giudice un potere di controllo sull'equilibrio del contratto; potrebbe consentire al giudice di rilevare
lo squilibrio del contratto. In che termini? Essa andrebbe ad esigere un rapporto di CONGRUITA'
tra gli interessi in gioco, quindi un contratto squilibrato viola il principio di proporzionalità. Non
abbiamo riscontri in giurisprudenza.

GIUDIZIO DI MERITEVOLEZZA
Abbiamo invece alcuni riscontri che riconoscono al giudice il potere di sindacare lo squilibrio del
contratto in base al giudizio di MERITEVOLEZZA. Esso secondo un orientamento può costituire
lo strumento che consente al giudice di sindacare l'equilibrio del contratto, secondo la logica per
cui un contratto meritevole è un contratto EQUILIBRATO; un contratto squilibrato è
IMMERITEVOLE. Il giudizio di meritevolezza affonda le radici nei principi costituzionali, art. 2
Cost? Si! E allora esso può consentire al giudice di controllare l'equilibrio del contratto. Se è
squilibrato allora è immeritevole sulla base dei principi costituzionali.

MODIFICA
La stessa giurisprudenza che riconosce al giudice un potere di sindacato sull'equilibrio anche al di
fuori delle ipotesi normativamente previste di asimmetria/patologia, NON CONSENTE al giudice
di MODIFICARE, CORREGGERE lo squilibrio. Il rimedio (PATOLOGIA, primo contratto;
ASIMMETRIA, secondo contratto; ASIMMETRIA, terzo contratto) che la legge (eccetto per la
CLAUSOLA PENALE) e che la giurisprudenza individua in caso di squilibrio quando fonda il
potere del giudice sul principio di buona fede e sul controllo di meritevolezza è un rimedio
LEGALE: la NULLITA'. La nullità è lo strumento di correzione del contratto, sotto forma di nullità
PARZIALE. La nullità parziale è oggi lo strumento che a livello normativo e giurisprudenziale
consente di RIEQUILIBRARE il contratto. Il codice civile consente la rescissione: e lì abbiamo una
caducazione tout court e il riequilibrio avviene attraverso un negozio di parte, esercizio di un diritto
potestativo; mentre nel secondo contratto, nel terzo, nella giurisprudenza che riconosce al giudice
un potere di sindacato a prescindere da patologie o asimmetrie, il rimedio è LEGALE: caducazione
della clausola, conservazione del contratto, effetto di riequilibrio. Nè il codice civile con la
rescissione; nè il secondo contratto con la nullità parziale; nè il terzo contratto con la nullità della
clausola, del patto; nè la giurisprudenza con i principi di buona fede, solidarietà e meritevolezza,
NESSUNO RICONOSCE AL GIUDICE POTERE DI CORREGGERE IL CONTRATTO PER
RIPRISTINARNE L'EQUILIBRIO.

CONTRATTI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE


Art. 3.10 dei principi UNIDROIT: norma rubricata "eccessivo squilibrio". C'è un "vantaggio
eccessivo" per l'altra parte: il giudice può sindacare lo squilibrio. E fin qui nulla di nuovo; solo che
il potere del giudice qui non è limitato all'accertamento dello squilibrio; il potere del giudice è
ORDINARIAMENTE (!!!) esteso alla CORREZIONE del contratto: cioè la parte può chiedere, in
caso di squilibrio:

1) l'annullamento della clausola, cioè la caducazione parziale (nihil novi sub sole);
2) può chiedere l'annullamento del contratto, caducazione totale (come per la rescissione);
3) la parte può chiedere al giudice di ADATTARE il contratto o le sue clausole in modo da renderlo
conforme ai criteri ordinari di correttezza nel commercio. Qui abbiamo un potere correttivo da parte
del giudice. Il giudice può MODIFICARE la clausola o il contratto in modo da rendere la clausola
conforme ai criteri ordinari di correttezza nel commercio. E' un rimedio correttivo; ed è un rimedio
ORDINARIO!!!! Questo potere nel nostro ordinamento non è concepito NEPPURE da quella
giurisprudenza che oggi riconosce al giudice il potere di sindacare l'equilibrio del contratto al di
fuori delle ipotesi di patologia, asimmetria, ed espressamente previsti dalla legge.
LE SOPRAVVENIENZE
INTRODUZIONE
Noi siamo partiti analizzando la fase di formazione del contratto: abbiamo quindi analizzato la
prospettiva DIACRONICA. La fase di formazione del contratto che si sviluppa nel tempo
(trattative, negozi preparatori: formazione a tappe); o istantaneamente. Nella seconda lezione ci
siamo invece occupati della fase statica, genetica di CONCLUSIONE del contratto: abbiamo
analizzato gli elementi che configurano la struttura del contratto, e ci siamo fermati in particolare
sulla CAUSA. Quindi abbiamo analizzato il contratto inteso come ATTO, ACCORDO, FONTE. E
abbiamo analizzato la causa come elemento genetico del contratto, come elemento di struttura del
contratto inteso come ATTO. Oggi cambiamo prospettiva e ritorniamo alla prospettiva
DIACRONICA: consideriamo il contratto non come atto, fonte, accordo; ma come RAPPORTO,
come PRESTAZIONE DA ESEGUIRE, come EFFETTO. Guardiamo alla fase ESECUTIVA: dalla
fase statica genetica a quella dinamica esecutiva. Il contratto "QUASI SEMPRE SI PROIETTA
NEL FUTURO" (Roppo). Il contratto deve essere eseguito: il momento dell'esecuzione può non
coincidere con quello della conclusione: pensate ai contratti di DURATA; a quelli di
ESECUZIONE PERIODICA; a quelli a ESECUZIONE DIFFERITA. Il contratto viene eseguito in
un momento diverso da quello in cui viene stipulato: viene eseguito nel futuro. Il futuro è per
definizione DIVERSO DAL PRESENTE: nello iato temporale si possono verificare delle
circostanze esterne al contratto, estranee alla volontà delle parti, che incidono sul contratto. Queste
circostanze di definiscono SOPRAVVENIENZE.

SOPRAVVENIENZE
Le sopravvenienze incidono sul contratto in maniera diversa. Possiamo effettuare una
TASSONOMIA distinguendo fra TRE tipologie di sopravvenienze:

1) quelle che RENDONO IMPOSSIBILE l'esecuzione del contratto: incidono sulla possibilità di
eseguire la prestazione;

2) quelle che non rendono impossibile l'esecuzione della prestazione; la prestazione è possibile;
solo che la sopravvenienza RENDE L'ESECUZIONE DELLA PRESTAZIONE NON PIU' UTILE.
La sopravvenienza FRUSTRA LA CAUSA IN CONCRETO del contratto. Fermo il problema del
distinguere fra causa e motivi del contratto, cioè quando la funzione de viaggio non è un MOTIVO,
ma diventa la CAUSA in concreto del viaggio, c'è una OGGETTIVIZZAZIONE del motivo. Non
consente di realizzare lo scopo pratico di quel contratto. Es: il contratto turistico a scopo sessuale;
meta caratterizzata da turismo sessuale, dove il contratto di viaggio ha questa funzione; dopo la
conclusione del contratto si verifica una epidemia che si trasmette attraverso i rapporti sessuali.

3) la sopravvenienza non rende impossibile l'esecuzione; non frustra la causa del contratto; però
incide sull'EQUILIBRIO del contratto: rende un contratto in origine equilibrato, SQUILIBRATO.
Esempio: USURA SOPRAVVENUTA: quando il contratto viene stipulato, la clausola prevede un
interesse NON usuraio, al di sotto della soglia dell'usura. Solo che il contratto è di DURATA: la
soglia dell'usura varia nel tempo, a seconda dell'andamento dei tassi di interesse; più aumenta il
costo del denaro, più il tasso di interesse, più aumenta la soglia dell'usura. Più si abbassa il costo del
denaro, più diminuisce il tasso di interessi, più si abbassa la soglia dell'usura. La clausola dopo 15
anni diventa usuraia, perchè si è abbassata la soglia dell'usura, in quanto si è verificata una
SOPRAVVENIENZA ECONOMICA- NORMATIVA cioè una circostanza esterna al contratto,
indipendente dalla volontà delle parti. Il contratto diventa squilibrato; la prestazione di interessi è
diventata ingiusta.
IN TUTTI E TRE I CASI il problema delle sopravvenienze è sempre lo stesso: impediscono
l'esecuzione della prestazione. Il problema è sempre lo stesso, di ANALISI ECONOMICA DEL
DIRITTO: su chi ricade il rischio della sopravvenienza??? Qual è la parte che deve sopportare il
rischio di sostenere il costo della sopravvenienza? Prima tipologia di sopravvenienza: la prestazione
di Caio è diventata IMPOSSIBILE; Tizio deve comunque eseguire la propria prestazione, senza
avere la possibilità di ricevere la controprestazione? Oppure il rischio della sopravvenienza va
ridistribuito, per cui Tizio deve avere degli strumenti, dei RIMEDI che consentono di reagire alla
sopravvenienza? Questo discorso vale per tutte e tre le tipologie di sopravvenienze. Tizio deve
pagare il viaggio nonostante l'epidemia? O ha dei rimedi che consentono di reagire alla
sopravvenienza? E stessa logica dell'usura: il debitore si trova a pagare degli interessi diventati
USURARI, sproporzionati. Il debitore Tizio assume su di sè il rischio della sopravvenienza
macroeconomica? Ne sopporta il costo? Deve pagare comunque gli interessi anche se usurari?
Oppure vi sono degli strumenti che consentono di REAGIRE, RIALLOCARE, GESTIRE la
sopravvenienza? Ciò nel sistema di common law si definisce CONTRACT GOVERNANCE, il
governo sul contratto, la gestione delle sopravvenienze: che è un problema che NON si pone
quando la sopravvenienza è TIPICA.

SOPRAVVENIENZA TIPICA
Quando la sopravvenienza è tipica, cioè prevista dalla legge, il problema di gestione delle
sopravvenienze NON si pone. La legge contempla l'ipotesi della sopravvenienza e la gestisce,
prevedendo un rimedio:

-Prima categoria: la sopravvenienza rende impossibile l'esecuzione della prestazione.


L'IMPOSSIBILITA' SOPRAVVENUTA della prestazione è una sopravvenienza prevista dalla
legge: 1463 c.c. La sopravvenienza è gestita dalla legge, la quale attribuisce un rimedio: Tizio, a
fronte dell'impossibilità della prestazione di Caio SI PUO' LIBERARE dal contratto, attraverso il
rimedio della RISOLUZIONE, che è un rimedio di tipo CADUCATORIO. Tizio NON sopporta il
rischio della sopravvenienza, e non ne sostiene il costo, si può LIBERARE.

-Terza categoria: art. 1467: la sopravvenienza è del terzo tipo. ECCESSIVA ONEROSITA'
SOPRAVVENUTA: lo dice la rubrica. C'è una "sopravvenienza", che determina l'eccessiva
onerosità, cioè rende il contratto squilibrato; rende una prestazione eccessivamente onerosa rispetto
alla CONTROPRESTAZIONE. La norma contempla la sopravvenienza squilibrante; ma a CERTE
CONDIZIONI: il 1467 richiede che la sopravvenienza sia legata ad avvenimenti STRAORDINARI
e IMPREVEDIBILI. Non ogni sopravvenienza squilibrante ricade nel campo di applicazione del
1467; solo quella sopravvenienza derivante da avvenimenti straordinari e imprevedibili, cioè
ECCEZIONALI. Il legislatore assegna rilevanza tipica solo a certe sopravvenienze squilibranti:
quando la sopravvenienza squilibrante presenta le caratteristiche del 1467 è una
SOPRAVVENIENZA TIPICA. Il soggetto ha il rimedio della RISOLUZIONE: stessa logica,
rimedio CADUCATORIO, che libera il contraente che ha subito la sopravvenienza dall'obbligo di
eseguire la prestazione diventata eccessivamente onerosa. SALVA OFFERTA DI MODIFICA
dell'altra parte, che è un rimedio MANUTENTIVO: la parte avvantaggiata dalla sopravvenienza
può evitare lo scioglimento del rapporto attraverso l'offerta di modifica, abbiamo un rimedio di
parte conservativo, manutentivo; come la RIDUZIONE AD EQUITA' che abbiamo visto nella
rescissione. Nella rescissione abbiamo uno squilibrio ORIGINARIO; nel 1467 uno squilibrio
SUCCESSIVO. In entrambi i casi, diritto potestativo, negozio giuridico unilaterale che evita la
caducazione del contratto. DIFFERENZE: nella rescissione, la riduzione ad equità deve eliminare
INTERAMENTE lo squilibrio; deve riportare il contratto in equilibrio; mentre nell'OFFERTA DI
MODIFICA ex 1467 bisogna riportare il contratto ENTRO L'ALEA NORMALE di rischio dello
squilibrio: cioè, non occorre eliminare interamente il rischio di squilibrio. Può conservarsi uno
squilibrio, purchè rientri nell'alea normale del contratto: ogni contratto porta con sè un' alea
normale, ordinaria di rischio; in ogni contratto c'è il rischio che si realizzi un certo squilibrio dopo
la conclusione del contratto: è fisiologico! Perchè il valore delle prestazioni oggetto del contratto è
un valore che nel tempo oscilla. Fin quando lo squilibrio rimane nell'alea normale di rischio
fisiologico del contratto, quello squilibrio è tollerato; quando lo squilibrio diventa eccessivo, lì c'è
ECCESSIVA ONEROSITA'. Lo squilibrio patologico può essere eliminato con l'offerta di modifica
riportando il contratto entro lo squilibrio fisiologico. La differenza tra rescissione e 1467 si spiega
anche con il fatto che nella rescissione lo squilibrio è causato dall'APPROFITTAMENTO della
parte, e quindi non può essere premiato: lo squilibrio va eliminato del tutto; perchè se si
confermasse una quota anche minima di squilibrio, la parte approfittatrice dello svantaggio sarebbe
premiata; mentre nell'eccessiva onerosità sopravvenuta lo squilibrio non dipende dal
comportamento della parte, ma da una sopravvenienza esterna, indipendente dalla volontà della
parte.

SOPRAVVENIENZA ATIPICA
Se la sopravvenienza non ha i caratteri della straordinarietà e imprevedibilità, quella sopravvenienza
è ATIPICA. Non ricade nel campo di applicazione del 1467: ecco il problema! Finchè la
sopravvenienza è tipica, la norma risolve il problema; ma quando la sopravvenienza squilibrante
NON E' eccezionale (come l'usura sopravvenuta, che non deriva da circostanze straordinarie e
imprevedibili: il mutamento dei tassi di interesse e della soglia dell'usura è una modifica fisiologica)
perchè non presenta i caratteri del 1467; ovvero la sopravvenienza è atipica perchè NON E'
contemplata dalla legge: la seconda categoria (l'epidemia), la sopravvenienza che frustra la causa
del contratto. Non c'è una norma che contempla l'ipotesi in cui la sopravvenienza è del secondo
tipo; non c'è una norma che contempla l'ipotesi in cui la sopravvenienza frustra la causa in concreto
del contratto. Come si gestisce allora la sopravvenienza? Analisi economica: chi sopporta il rischio
della sopravvenienza atipica che incide sulla causa? Chi sopporta il rischio dell'usura sopravvenuta?
Il soggetto su cui ricade la sopravvenienza? Il contratto è diventato squilibrato: non importa, deve
essere eseguito?! Insomma: le sopravvenienze atipiche, rilevano o non rilevano? Consentono di
reagire attraverso un rimedio? O chi subisce la sopravvenienza se la tiene? Se la sopravvenienza
atipica RILEVA, quali sono gli STRUMENTI che consentono di reagire ad essa?

II TIPO: SOPRAVVENIENZA INCIDENTE SU CAUSA IN CONCRETO


La sopravvenienza rileva o non rileva?

GIURISPRUDENZA TRADIZIONALE: per tanto tempo ha ragionato in un modo; e capiremo


perché:
1) il principio è "pacta sunt servanda". Il contratto ha forza di legge fra le parti, salvo il mutuo
dissenso, e salvo i casi di scioglimento previsti dalla legge. Le sopravvenienze atipiche si scontrano
con il principio "pacta sun servanda". La norma di legge non contempla le sopravvenienze atipiche:
quindi non hanno la forza di determinare la caducazione del contratto. Il contratto deve essere
eseguito NONOSTANTE la sopravvenienza atipica che frustra la causa in concreto del contratto. E'
il legislatore che stabilisce "quando" si scioglie il contratto per la sopravvenienza. Quelle atipiche
NON rilevano. Il contratto deve essere eseguito. PERCHE' questo orientamento????? In virtù di
un'adesione alla teoria della causa IN ASTRATTO: fin tanto che la giurisprudenza continua a
considerare, alla luce della relazione al codice civile, la causa del contratto come funzione
economico sociale, quindi causa del contratto come causa del TIPO, non c'è spazio per la rilevanza
delle sopravvenienze ATIPICHE, per due motivi:
2) la causa del contratto è causa in astratto, è causa del tipo; c'è coincidenza fra CAUSA e
TIPICITA'; la sopravvenienza ATIPICA non può incidere sulla causa, perchè la causa è fissa, non
può essere scalfita, è insensibile alle sopravvenienze atipiche;
3) la causa in astratto è ELEMENTO DI STRUTTURA del contratto, cioè è un elemento del
contratto inteso come ATTO, ACCORDO, FONTE. Cioè la causa è un elemento GENETICO del
contratto: la causa guarda dunque al momento STATICO di conclusione del contratto; le
sopravvenienze guardano al momento dinamico, alla fase di esecuzione, al contratto come rapporto.
La sopravvenienza atipica, riguardando la fase ESECUTIVA, non può andare ad incidere sulla
causa come elemento di STRUTTURA del contratto.

GIURISPRUDENZA DELLA CAUSA IN CONCRETO: cambia la prospettiva con l'adesione alla


teoria della causa in concreto. Nel momento in cui la causa del contratto non è solo quella in
astratto, ma anche quella in concreto, la causa (e compongo il puzzle che ho delineato la volta
scorsa) non è solo un elemento statico del contratto, di struttura, della fase genetica. La causa in
concreto, lo scopo pratico da realizzare diventa un elemento PLASTICO del contratto, dinamico, la
causa in concreto rileva anche nella fase di esecuzione del contratto: si può realizzare quello scopo
pratico? Nel momento in cui si realizza in giurisprudenza la presa di coscienza dell'IPOSTASI della
causa, cioè della concretizzazione della causa, il passaggio dalla causa in astratto a quella in
concreto, nel momento in cui la causa diventa funzione economico-individuale NON POSSONO
CHE RILEVARE ANCHE LE SOPRAVVENIENZE ATIPICHE. Bisogna guardare se quel
programma può essere realizzato a fronte delle sopravvenienze: se la sopravvenienza atipica
impedisce di realizzare quel programma, quello scopo pratico, la sopravvenienza atipica FRUSTRA
un elemento del contratto, che non è più intesto solo statico, ma dinamico. E quindi: pacta sunt
servanta....REBUS SIC STANTIBUS! Il contratto deve essere eseguito...se non cambiano le
condizioni! Se si realizzano sopravvenienze atipiche, che incidono sulla causa del contratto, il
contratto può NON essere eseguito. E qui si pone il problema dei rimedi.

RIMEDI
Le sopravvenienze atipiche che frustrano la causa del contratto RILEVANO. Ma come rilevano?
Qual è lo strumento che consente la rilevanza? Qual è il rimedio che consente alla parte di reagire
alla sopravvenienza atipica squilibrata, che frustra la causa? Non essendo la sopravvenienza tipica,
non c'è rimedio tipico:

A) in alcune pronunce, la Cassazione ricorre alla teoria di presupposizione, di matrice tedesca, ma


importata nel nostro ordinamento, alla quale la Cassazione fa ricorso in alcune pronunce, dicendo:
"la presupposizione consente di sdoganare le sopravvenienze atipiche; il contratto si basa
sul presupposto rebus sic stantibus, presupposto non espresso; se fosse espresso non sarebbe una
presupposizione ma una condizione; quel contratto si basa su certe circostanze che però non
costituiscono condizione espressa del contratto, le parti non hanno condizionato quel contratto alla
sussistenza o meno di quelle circostanze; ma il contratto comunque POGGIA su quelle circostanze.
Se quelle circostanze vengono meno a causa di una sopravvenienza, il venir meno del presupposto
determina la caducazione del contratto. Il contratto cade in presenza di una circostanza atipica che
fa venir meno il presupposto su cui il contratto poggia. La presupposizione consente di dar
rilevanza alle sopravvenienze atipiche. Ma rimane sempre la domanda di fondo: qual è il rimedio?
La presupposizione è istituto giurisprudenziale, non normativo; non c'è un rimedio nel caso in cui
viene meno il presupposto del contratto. La teoria della presupposizione consente di sdoganare le
sopravvenienze atipiche; ma non di trovare il rimedio. Qual è il rimedio? La giurisprudenza lo
individua nel 1463: la sopravvenienza atipica NON rende impossibile l'esecuzione della
prestazione; ma rende impossibile l'UTILIZZO della prestazione conforme alla funzione del
contratto. Cioè: c'è una impossibilità sopravvenuta di UTILIZZO della prestazione , conforme allo
scopo del contratto. Si applica il rimedio della RISOLUZIONE, come se la sopravvenienza
rendesse impossibile l'esecuzione; ma la sopravvenienza non rende impossibile l'esecuzione; rende
impossibile realizzare la FUNZIONE collegata a quella prestazione. Per analogia si applica
all'impossibilità di utilizzo della prestazione conforme alla causa del contratto il rimedio
dell'impossibilità dell'esecuzione della prestazione (appunto, il 1463). La giurisprudenza trova
dunque alle sopravvenienze atipiche un rimedio TIPICO. Ciò che la giurisprudenza non fa per la
terza categoria di sopravvenienze.

B)Terza categoria di sopravvenienza (USURA SOPRAVVENUTA): non straordinarie e


imprevedibili che però alterano l'equilibrio del contratto. La sopravvenienza è squilibrante: altera
l'equilibrio del contratto. La sopravvenienza rileva? E attraverso quali rimedi? Il problema si pone
per il fenomeno dell'USURA SOPRAVVENUTA: l'usura sopravvenuta è una sopravvenienza
ATIPICA, sia rispetto al 1467, sia rispetto al 1815 co.2 che abbiamo visto all'inizio del corso: non è
un evento straordinario e imprevedibile (come invece è quello ex art. 1467); non è nemmeno una
forma di usura contemplata dall'art. 1815 co. 2 c.c.: il quale si riferisce all'usura; ma non a quella
sopravvenuta! Si riferisce all'usura ORIGINARIA: "se sono convenuti interessi usurari". La
"convenzione", l' "accordo": la norma considera l'usura nella fase GENETICA del contratto, nel
momento in cui si conclude il contratto, e in tale momento la clausola preveda interessi usurari. Non
fa riferimento alla fase di esecuzione del contratto. L'interesse qui diventa invece usurario al
momento della esecuzione del contratto, al momento del PAGAMENTO degli interessi. La norma
di INTERPRETAZIONE AUTENTICA del 644 del codice penale e del 1815 co.2 c.c. è molto
chiara: "l'usura alla quale fanno riferimento la norma penale e la norma civile è quella
ORIGINARIA". Si guarda al momento in cui gli interessi sono promessi; la fase genetica del
contratto, il contratto come atto, accordo. Non rileva l'usura nella fase ESECUTIVA. Il legislatore
ESCLUDE dunque l'usura sopravvenuta! E c' una logica in questo:
-l'usura originaria è frutto del comportamento abusivo del creditore, che ha imposto un interesse
usurario, sfruttando una posizione di forza, abusando della posizione di debolezza del debitore; e
quindi scatta la sanzione della NULLITA' TESTUALE PARZIALE a carattere
SANZIONATORIO: nulla è dovuto! Perchè il comportamento del creditore è stato scorretto;
-nell'usura sopravvenuta, invece, non è il comportamento del creditore la causa dell'interesse
usurario; la causa è una circostanza esterna al contratto ed estranea alla volontà delle parti. Se si
applicasse il 1815 co. 2 all'usura sopravvenuta l'effetto sarebbe: a)la clausola è nulla; b)nulla è
dovuto: il creditore perde il diritto agli interessi, cioè, il rischio dell'usura sopravvenuta ricade
interamente sul creditore, che perderebbe il diritto agli interessi; sarebbe un'ingiustizia.
Quindi il 1815 non può essere applicato all'usura sopravvenuta: essa quindi è una sopravvenienza
ATIPICA anche rispetto alla norma che prevede l'usura.
DOMANDA: acclarato che l'usura sopravvenuta è atipica rileva o non rileva? E come rileva? Quali
sono i rimedi per il debitore?
GIURISPRUDENZA PRIMA DELLE SU
Ha ragionato in questi termini:

I TESI
L'usura sopravvenuta non ricade nel 1467, non ricade nel 1815 co.2, ma può rilevare attraverso il
rimedio della NULLITA' VIRTUALE. La soglia dell'usura è fissata da una norma imperativa, di
ordine pubblico economico. La clausola del contratto che finisce per prevedere un interesse
superiore al tasso soglia VIOLA la relativa norma imperativa. La clausola è nulla per violazione di
clausola imperativa, nullità virtuale. Si può applicare il meccanismo della SOSTITUZIONE
AUTOMATICA della clausola nulla con la norma di legge; non è che "nulla è dovuto" (perchè se
così fosse ci sarebbe l'ingiustizia per il creditore, tutto il rischio della sopravvenienza finirebbe per
cadere sul creditore che perderebbe il diritto agli interessi). Quindi sostituzione automatica della
clausola nulla con la norma di legge (che però, voi sapete, tale sostituzione automatica postula una
norma imperativa con funzione di tipo CONFORMATIVO; qui invece la norma di legge ha una
funzione PROIBITIVA: la norma sull'usura ha una funzione proibitiva, quindi non potrebbe
fungere da norma che si sostituisce alla clausola; ma ad ogni modo, al di là del meccanismo della
sostituzione automatica qui c'è un problema A MONTE). Problema a monte (che capiremo meglio
nella prossima lezione sui difetti e sui rimedi): qui la nullità è SUCCESSIVA! Cioè, nel momento
di conclusione del contratto la clausola NON è usuraria, non è nulla, è valida. La clausola diventa
nulla per violazione della norma imperativa sul tasso soglia durante l'esecuzione del contratto. E'
una ipotesi di invalidità successiva: nullità sopravvenuta. Ma la nullità è un vizio ORIGINARIO del
contratto; è un difetto di struttura del contratto; la nullità riguarda il contratto come ATTO. Qui
abbiamo la nullità che riguarda il contratto come RAPPORTO. Ma la nullità non può riguardare il
contratto come RAPPORTO! La nullità è concepita nel nostro ordinamento come originaria.
L'usura sopravvenuta sarebbe una ipotesi di nullità successiva, NON compatibile con il sistema. La
clausola NON può DIVENTARE nulla per violazione di norma imperativa; o lo è al momento di
conclusione del contratto; o non sarà MAI nulla! Salva la NORMA RETROATTIVA
SUCCESSIVA; salvo le NORME DI INTERPRETAZIONE AUTENTICA; salvo insomma le
norme eccezionali, la clausola non può diventare nulla. Non può quindi essere la nullità per
violazione di norma imperativa lo strumento, il rimedio per dare rilevanza all'usura sopravvenuta.

II TESI
Lasciamo stare la nullità perchè non andiamo da nessuna parte. Secondo tentativo della cassazione.
La clausola non è nulla, non può esserlo, perchè è nata VALIDA. La clausola diventa
INEFFICACIA: non parliamo di nullità ma di inefficacia. L'inefficacia può essere successiva nel
nostro ordinamento. Qual è la causa di inefficacia successiva della clausola? La clausola nasce
efficace; diventa INEFFICACE in virtù dell'usura sopravvenuta perchè, in fase esecutiva, diventa
ILLECITA la pretesa al pagamento di interessi usurari. La causa di inefficacia è la violazione del
divieto di usura. Attenzione però: qui le SU ci dicono: "inefficacia per illiceità della pretesa di
pagamento? Per illiceità derivante dalla violazione del divieto di usura??? Ma quando è violato il
divieto di usura? Il divieto di usura è sancito dal 644 del codice penale; è sancito dal 1815 c.c.;
entrambi fanno riferimento all'usura ORIGINARIA: il divieto di usura è violato quando l'usura è
originaria! Quando l'usura è sopravvenuta, NON C'E' NESSUN DIVIETO
NELL'ORDINAMENTO."
SU
Non c'è nessuna norma che vieta l'usura sopravvenuta. Cioè: non c'è nessuna illiceità nel pretendere
il pagamento di interessi usurari!!! La clausola che prevede interessi divenuti usurari è VALIDA
perchè la nullità successiva non è configurabile; è EFFICACE, perchè non c'è nessuna illiceità nel
pretendere il pagamento di interessi usurari, perchè non c'è nessuna violazione del divieto di usura;
la clausola che prevede interessi DIVENUTI usurari è VALIDA (perchè non si configura la nullità
successiva); ed EFFICACE (perchè non c'è nessuna illiceità nel pretendere il pagamento di quegli
interessi, derivante dalla violazione di un divieto di usura). La clausola va quindi ESEGUITA.
L'usura sopravvenuta N O N R I L E V A.
Il contratto contiene una clausola valida ed efficace, che attribuisce un diritto di credito. Il creditore
che esercita il diritto al pagamento di interessi usurari esercita un diritto derivante da una clausola
VALIDA ed EFFICACE. L'usura sopravvenuta non rileva: il creditore vanta un diritto di credito
fondato su una clausola valida ed efficace: salvo il limite della B U O N A F E D
E nell'esercizio del diritto. L'usura sopravvenuta può rilevare, secondo le SU, attraverso la buona
fede. Attenzione: che tipologia di buona fede è? Qui non abbiamo una buona fede PRECETTIVA,
come abbiamo visto nell'ultima lezione di civile, in relazione al problema dello squilibrio
ORIGINARIO del contratto:

"la giurisprudenza delle SU, e la Corte Costituzionale ci dicono che, quando il contratto NASCE
squilibrato, ingiusto, sproporzionato, è contrario alla regola della buona fede, intendendo la buona
fede come regola PRECETTIVA: che comporta la NULLITA' della clausola, se non dell'intero
contratto, quando il contratto NASCE squilibrato, lo squilibrio contrasta con una regola di equità
che è scolpita nel principio di SOLIDARIETA' che si riflette nella clausola di buona fede. La buona
fede equivale a norma precettiva. Il contrato che nasce squilibrato viola una regola precettiva e
quindi incorre nella nullità della clausola o del contratto. E quella nullità della clausola produce un
effetto di RIEQUILIBRIO del contratto; ma quando lo squilibrio è SOPRAVVENUTO, la
cassazione ci dice: la buona fede rileva; ma come rileva? NON come regola precettiva; se rilevasse
come regola precettiva, le SU non potrebbero dire che la clausola che prevede gli interessi
sproporzionati e usurari è VALIDA; dovrebbe dire che la clausola è nulla; e allora invece le SU ci
dicono la clausola è valida: perchè la buona fede NON è regola precettiva. Però OPERA: come
opera? Come regola VALUTATIVA: è la buona fede di 30 anni fa, l'accezione più vecchia di
buona fede. La buona fede "VALUTATIVA DEL COMPORTAMENTO DEL CREDITORE": le
SU ci dicono: il creditore ha il diritto di credito; ma quel diritto va esercitato secondo buona fede:
cioè bisogna guardare al CONTESTO in cui l'esercizio del diritto si iscrive; bisogna guardare alle
MODALITA' con le quali il creditore esercita il diritto. Se in base alle modalità e al contesto
RISULTA una violazione della regola della buona fede, qui in questo caso la regola si applica. Ma
in che modo si applica????? Le SU ci dicono che ci può essere violazione della buona fede nelle
modalità di esercizio del diritto di pretendere interessi usurari; ma non ci dice QUALI sono le
conseguenze! La conseguenza, applicando le coordinate delle SU, dovrebbe essere l'ABUSO DEL
DIRITTO: il creditore che esercita il diritto di pretendere interessi usurari in modo contrario alla
regola della buona fede valutativa incorre nell'ABUSO DEL SUO DIRITTO. E quindi la tutela del
debitore dovrebbe essere rappresentata dalla EXCEPTIO DOLI."

Quindi le sopravvenienze atipiche squilibranti come l'usura sopravvenuta NON RILEVANO; se


non attraverso la regola generale della buona fede valutativa del comprotamento del creditore, che
può configurare abuso del diritto in capo del creditore, e quindi può consentire di dare la stura al
rimedio dell'EXCEPTIO DOLI. Le SU non considerano dunque la buona fede precettiva, correttiva.
Anzi, la escludono. Anche se non la escludono espressamente; perchè ci dicono che la clausola è
valida. E se è valida è evidente che la buona fede non opera come regola precettiva correttiva,
perchè se operasse come tale dovrebbe comportare la NULLITA'; ma sarebbe una ipotesi di nullità
SUCCESSIVA, e torneremmo al problema di prima!!! Il diritto civile è circolare: cambio l'ordine
dei fattori, ma il risultato non cambia. Delle due l'una: o sdoganiamo nell'ordinamento la nullità
successiva; oppure non c'è spazio per la nullità!!!

BUONA FEDE INTEGRATIVA


Ciò che la Cassazione NON considera è la possibilità, prospettata da Roppo, di dare rilevanza
sempre alla buona fede; ma a una diversa tipologia di buona fede. Una buona fede
INTEGRATIVA: art. 1375 c.c: nell'esecuzione del contratto le parti hanno l'obbligo di buona fede;
analogamente al 1337 (obbligo di buona fede nel corso delle trattative). L' obbligo di buona fede si
declina in concreto in relazione alle circostanze del caso concreto: obbligo di buona fede
nell'esecuzione del contratto può significare " se si verifica una sopravvenienza squilibrante come
l'usura sopravvenuta, allora la buona fede può significare OBBLIGO DI RINEGOZIARE". La parte
avvantaggiata dalla sopravvenienza squilibrante, il creditore, ha l'obbligo di BUONA FEDE
nell'esecuzione del contratto, che si sostanzia, in presenza di una sopravvenienza squilibrante, in un
obbligo di RINEGOZIARE il contratto, di riportare l'interesse dovuto dal debitore, al di sotto della
soglia dell'usura. Rinegoziare il tasso di interesse. Questo potrebbe essere un rimedio per dare
rilievo alla sopravvenienza atipica squilibrante, come nel caso dell'usura sopravvenuta, attraverso
l'obbligo di buona fede nella ESECUZIONE del contratto, che si concretizza nell'obbligo di
rinegoziare. Questa soluzione, le SU non la prospettano. Eppure è normativa. Se il creditore non
adempie l'obbligo di rinegoziare (la rinegoziazione essendo un rimedio, quindi,
MANUTENTIVO), secondo Roppo (e NON è condivisibile) la parte che subisce l'inadempimento
può chiedere al giudice la rinegoziazione del contratto. Ma questo NON SI PUO' FARE: c'è un
limite al sindacato del giudice, che non può sostituirsi all'AUTONOMIA DELLE PARTI. Se il
creditore non adempie all'obbligo di rinegoziare, l'unico rimedio che rimane al debitore, è l'azione
di RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER INADEMPIMENTO CON DIRITTO AL
RISARCIMENTO DEL DANNO. E quindi si finisce nei rimedi di tipo CADUCATORIO: il
debitore si scioglie dal contratto e ha diritto al risarcimento del danno. Ma ovviamente, lo
scioglimento del contratto comporta l'obbligo di RESTITUIRE la somma data a mutuo, per cui non
è un rimedio del tutto appagante (ecco perchè Roppo propone la rinegoziazione da parte del
giudice; perchè l'unico strumento veramente manutentivo è la rideterminazione del contenuto del
contratto da parte del giudice; altrimenti il rimedio diventa caducatorio; il debitore subisce
l'inadempimento dell'obbligo di rinegoziare e quindi chiede al giudice la risoluzione del contratto;
ma il debitore NON ha interesse alla risoluzione, ma alla continuazione del contratto riequilibrato).

Le SU comunque non prendono in considerazione il 1375: si limitano ad attribuire rilevanza alla


buona fede come buona fede VALUTATIVA del comportamento del creditore. Nè
precettiva/correttiva; nè integrativa. Ma la più classica delle buone fedi: quella di tipo
VALUTATIVO del comportamento del creditore.

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