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saggi di storia dell’arte

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Anno XIII
2007

De Luca Editori d’Arte


saggi di storia dell’arte

Variazione iconografica dell’icona della croce dipinta nel corso del xiii secolo.
Franco Faranda

Il recente restauro di una croce di-


pinta, custodita a Longiano1, in Ro-
magna, molto più raffinata e signifi-
cativa di quanto fin’ora fosse stata
giudicata2, è stata l’occasione per
una riflessione su questa tipologia
di croce che ha interessato tanto il
percorso stilistico attributivo che l’al-
tro, non meno importante, legato al
variare iconografico dell’icona della
Croce che qui intendiamo presenta-
re (fig. 1).

Agli inizi del XIII secolo la pittura te-


stimonia un cambio, quasi repenti-
no, nella effige del Cristo crocifisso.
L’immagine di un Cristo regale, che
apre le braccia sulla croce indifferen-
te al supplizio e dalla croce parla al
credente da Re e Signore dell’Uni-
verso, tende a mutare velocemente
in quella che comunemente è stata
identificata come la prima rappre-
sentazione di un Cristo raffigurato
morto sulla croce. Un capovolgimen-
to di valori e iconografia che, anche
per il secolo in cui avviene, estrema-
mente legato ad un’ortodossia figu-
rativa, non può che essere il segno di
un profondo e radicale mutamento
1 – Longiano, Convento del Santissimo Crocifisso.
teologico sul quale però poco sappiamo. Una raffi- Croce dipinta. Ambito del “Maestro dei crocifissi francescani”
nata studiosa, come la Sandberg Vavalà, il cui testo
sulla “Croce dipinta italiana”, è ancora insuperato
per le puntuali analisi nell’indagare le variazioni penetrazione di un modello bizantino che prende
iconografiche della croce, davanti a tale mutamen- il posto, senza particolari motivazioni, dell’antica
to non trova di meglio che pensare ad una lenta iconografia3.
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Il nuovo modello appare con l’inizio del XIII secolo, La croce di Maestro Guglielmo è a sua volta il pro-
quando in oriente, tanto l’oriente costantinopolita- dotto di un’evoluzione stilistica che probabilmente
no che delle province, era ormai in uso da più di ha ancora il significativo precedente nel Cristo con
un secolo e rappresenta l’estrema evoluzione di una il cinturone, scolpito sulla porta di Santa Sabina (ca
iconografia che era stata preceduta, anche in orien- 430, sec. V). Il perizoma sembra sostenuto da una
te, da un Cristo regale pur nella doppia versione del cintura che fascia i fianchi del Cristo e pende sul da-
Cristo nudo rivestito dal perizoma e del Cristo ve- vanti, come sulla porta lignea in santa Sabina. Pur
stito con il colobio, una lunga veste con la quale lo non potendosi supporre “evoluzioni” solo con così
troviamo anche a Roma in un affresco dell’VIII seco- pochi modelli, la croce di Alberto Sozio rappresenta
lo4 (fig. 2) e nel celebre crocifisso di Lucca. E’ que- un modello innovativo, testimoniato dal perizoma
sta un’opera iconograficamente rilevantissima, ma più lavorato e dallo stesso tabellone dove le “storie”
della quale non tratteremo in questa sede, volendo della passione sono sostituite dalle più pertinenti
approfondire il percorso della croce dipinta. immagini di Giovanni e Maria da sempre ai lati della
croce. In alto è raffigurato un Cristo in gloria, entro
Cosa ha determinato un cambiamento così rivolu- una mandorla rossa, circondato da angeli. In bas-
zionario che sembra consumarsi nello spazio di un so è rappresentato un piccolo teschio. Ai fianchi il
trentennio? C’è dietro l’immagine un pensiero for- “cinturone” è stato sostituito dal solo perizoma che,
te o è davvero solo un lento adeguarsi ai modelli diversamente piegato, stringe il bacino del Cristo.
dell’oriente? Ma perché questo adeguamento ha Probabilmente ci troviamo davanti ad un diverso
un immediato sopravvento sul modello più antico, modello di riferimento rispetto all’opera di Maestro
e dopo un periodo di adattamento che durerà circa Guglielmo, come mostrano l’azzurro della croce e i
venti anni, si impone con le croci di Giunta Pisano bordi bianchi romboidali che ne delimitano i bracci
e poi con Cimabue? E dietro il Cristo regale quale e annunciano una dinamica centro italiana che si
pensiero si cela e da quando è viva questa icono- svilupperà nel secolo successivo.
grafia? Non possiamo ricostruire l’origine di questo tipo di

Domande destinate a restare senza una risposta


certa, ma che consentono comunque qualche con-
siderazione. All’origine della nostra storia, in Italia,
– origine perché sono le testimonianze pervenute,
non perché siano le prime in assoluto – sono state
poste dalla Vavalà due croci dipinte, l’una, conser-
vata a Sarzana, datata 1138 (fig. 3) e dovuta mae-
stro Guglielmo. L’altra, più tarda, conservata a Spo-
leto, eseguita da Alberto Sozio, e datata 1187 (fig.
4). La cronologia della studiosa non è stata ancora
integrata da altri più antichi e certi ritrovamenti.

Entrambe le opere presentano modelli molto com-


plessi che è difficile pensare quali prime realizza-
zioni di una tipologia figurativa su tavola. Il Cristo
crocifisso è inserito in uno schema narrativo così
che l’evento finale, incruento nella forma, con un
2. Roma, Santa Maria Antiqua, Cristo con il colobio
Cristo ancora regale, è preparato dalla “storia” della
passione, dalla gloria degli angeli, da altri episodi croce, che potrebbe essere molto più antico rispetto
legati alla passione e alla vita terrena del Cristo ivi agli esempi esaminati. Non dobbiamo dimenticare
compresa, alle volte, la “crocifissione”, rendendo infatti il particolare momento storico e la consolida-
così evidente che l’icona del Cristo in croce è cosa ta tradizione nella trasmissione dei modelli figura-
diversa dalla narrazione della “crocifissione”5. tivi e dello spazio architettonico. Basti pensare, per
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3. Sarzana. Maestro Guglielmo, 1138. 4. Spoleto, Alberto Sozio, 1187

capirci, che il modello di altare dal quale Melchise- di legno sull’altare, sulla quale, se si vuole, non è
dec celebra il suo sacrificio a Ravenna, nella Chiesa proibito far dipingere un’effigie del Salvatore”7. Il
di San Vitale, sembra avere le stesse dimensioni de- filosofo innamorato testimonia, con questa affer-
gli altari dipinti dallo Pseudo Iacopino, ben dentro il mazione, l’uso di un modello di croce lignea, priva
XIV secolo, confrontabili con altri modelli dipinti e di immagine e la possibilità di dipingere l’immagine
con qualche sopravvissuto esemplare di altare6. Né del Cristo, di raffigurare cioè in un “dipinto su tavo-
sappiamo quando la croce dipinta su tavola, come la”, il Cristo crocifisso. A quale Cristo pensasse non
oggetto a se stante e non legata a cicli affrescati o a ci è dato sapere, ma molto probabilmente il model-
mosaici, viene accettata nelle Chiese italiane. lo di riferimento è quello del Cristo giudice. Qualche
Con il XII secolo le croci dipinte trovano un’articola- anno dopo infatti, intorno al 1145, l’Abate Suger di
ta diffusione, ma il dibattito, in questi anni, è ancora Saint-Denis, dando delle disposizioni sulla realizza-
vivo e in evoluzione. E’ testimoniato l’uso di esporre zione di una preziosa croce in metallo prezioso da
sull’altare una croce senza immagine mentre cresce porre sull’altare del celebrante, si raccomanda per-
una nuova sensibilità che pensa di rinnovare questo ché la croce sia, sul verso, quello rivolto ai fedeli,
modello. ricca di pietre preziose, ma nella parte anteriore,
Dalle fonti scritte, certo scritte non pensando a trat- cioè davanti agli occhi del sacerdote celebrante, la
tati per storici dell’arte, ma alla funzionalità della croce “in ricordo della sua passione mettesse in ri-
Chiesa e del monastero, ricaviamo alcune interes- lievo l’adorabile immagine del Signore e Salvatore
santi testimonianze che possiamo correttamente quasi ancora sofferente in croce.”8
utilizzare per capire lo sviluppo di questa particola- In un altro contesto, quello sfarzoso ed elegante
re immagine dipinta. dell’Abbazia francese, elaborando una croce neces-
Citiamo Abelardo (1079 – 1142) che scrive qual- sariamente preziosa e ricolma di gemme, si inse-
che anno prima della realizzazione della croce di risce una notazione iconografica di grande valore:
Sarzana. Premettiamo che la lettera indirizzata un Cristo che faccia pensare al solo celebrante, alla
all’amata Eloisa, fa riferimento ad una particolare sofferenza della croce. La prudenza linguistica usata
chiesa, quella monastica. Nell’essenzialità che deve nel proporre questa variazione “quasi ancora soffe-
contraddistinguere questo ambiente, a suo dire, rente” fa intuire che, ancora in quegli anni, la tipolo-
dovrebbero essere escluse tutte le statue e le im- gia più comune della croce è quella di un Cristo re-
magini sacre dalle pareti ad eccezione di una “croce gale e di un Cristo giudice alla quale qui si propone
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comunità monastica.

Per capire da quanto tempo


fosse iconograficamente co-
nosciuto il modello di croce
“regale”, forse il primo della
storia figurativa e che in que-
sti anni viene ridiscusso, pos-
siamo risalire fino a sant’Ago-
stino (354 – 430), che è come
dire, fino alle radici stesse del
cristianesimo in occidente.
Siamo ancora nel 414 quan-
do Agostino scrive la seconda
parte del commento al Van-
gelo di Giovanni, e il cristia-
nesimo vive in occidente una
stagione di radicamento cul-
turale e per immagini già am-
piamente diffuse, anche se
ormai quasi del tutto scom-
parse. In questo contesto e
semplicemente commentan-
do il testo di Giovanni, senza
alcun riferimento alle imma-
5. Longiano, Convento del Santissimo Crocifisso. Croce dipinta. gini, Agostino osserva che
Particolare di una mano la Croce sulla quale è stato posto il Cristo se “ben
consideri, la croce stessa fu un tribunale: il giudice
di dare un nuovo aspetto. posto in mezzo, ai lati il ladrone che credette e fu
Le indicazioni date dall’abate di Saint Denis sembra- assolto (cf. Lc 23, 43), e il ladrone che insultava Gesù
no trovare riscontro in una piccola croce, certamen- e fu condannato. Segno già di ciò che farà con i vivi
te una croce astile da porre sull’altare, che si colloca e con i morti: collocherà gli uni a destra e gli altri a
nei primi decenni del XIII secolo, recentemente at- sinistra. Uno dei ladroni è figura di quelli che staran-
tribuita al Maestro di Santa Maria Primerana, oggi no a destra, e l’altro figura di quelli che staranno a
conservata nella Galleria di Palazzo Cini9. E’ inte- sinistra. Mentre dunque era giudicato, annunciava
ressante notare la diversa postura del Cristo sulla il suo giudizio” 10.
croce: da un lato il Cristo eretto e dall’altro il Cristo
con il capo reclinato. Probabilmente ci troviamo da- Pur non scrivendo un trattato di iconografia Ago-
vanti un ulteriore esempio della tipologia iconogra- stino disegna un modello di rappresentazione della
fica tracciata a Saint Denis con l’ovvia variante di un crocifissione, della quale non possiamo seguire l’ori-
Cristo eretto sul verso – lato che a Saint Denis era gine – e perché non pensarla già presente quando
rivestito di pietre preziose – raffigurazione destina- Agostino scrive? – ma che troviamo perfettamente
ta alla comunità, e un’immagine patiens sul recto, rispondente al testo del santo da quando possiamo
rivolta verso il celebrante. esaminare immagini di Cristo in Croce, raffigurato
vivo e regale o meglio, giudice.
Osserviamo come la nuova iconografia penetri len-
tamente e sia riservata in principio, stando alle te- Se Sant’Agostino può costituire l’antefatto teorico
stimonianze letterarie, ad una ristretta e preparata ad un modello iconografico le cui persistenze tro-
porzione della comunità cristiana: il celebrante e la viamo ancora vive e vitali nel corso del XII secolo,
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7. Longiano, Convento del Santissimo Crocifisso. Croce dipinta.


Particolare dei piedi.

cuato nella positura che siamo soliti definire “curva


bizantina” e che toglie comunque ogni parvenza di
realismo rappresentativo alla nuova immagine.
Il modello è ampiamente documentato nell’oriente
cristiano già nei secoli X e XI e benché sia da imma-
ginare che particolari condizioni storiche possano
averne accelerato l’introduzione in Italia, resta da
6. Longiano, Convento del Santissimo Crocifisso. Croce chiedersi perché per più di un secolo la cultura fi-
dipinta. Particolare busto. gurativa italiana sembra del tutto impermeabile al
nuovo modello di Cristo sofferente che in qualche
dobbiamo chiederci per quale motivo fin dall’inizio modo prelude all’abbandono della morte.
del secolo successivo il modello si evolve. Probabil-
mente dapprima in maniera timida, come fa sup- Il Cristo con la “curva bizantina” non è un’immagine
porre la disposizione dell’Abate Suger, e poi sempre realistica e lo testimoniano le mani del tutto aper-
più consapevolmente fino a ritrovare adulto, negli te (fig. 5), le ginocchia non flesse e numerosi altri
anni trenta del secolo, un nuovo modello di croci- interessanti particolari. Con il diffondersi di questa
fissione con il Cristo raffigurato con il capo reclinato immagine spariscono le “storie” della passione sul
sulla spalla, gli occhi semi chiusi, poi chiusi, le lab- tabellone laterale, quasi a obbligare il credente a in-
bra appena dischiuse, il corpo inverosimilmente ar- contrare la figura del Cristo privata da tutto ciò che
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può distrarre dal grande mistero rappresentato. A


differenza di quanto accade in oriente, in Italia il
passaggio tra i due modelli è repentino e probabil-
mente dovuto, ipotizza la Vavalà, ad un fenomeno
imitativo.

Il modello era certamente noto in Italia, ma non ac-


cettato. Nel 1054 Umberto di Silvacandida, legato
papale a Costantinopoli, conosciuta l’immagine in-
novativa Hominis morituri ne rimane scandalizzato,
definendola un’eresia11. Agli inizi del XIII secolo il
nuovo modello comincia a circolare anche in Italia e
finirà per imporsi su tutti gli altri.
Questa trasformazione oltre ad essere molto rapida
avviene in un momento così ricco di eventi cultu-
rali da indurre a capire meglio le motivazioni che
hanno portato all’accettazione di un nuovo model-
lo iconografico. Si potrebbe ipotizzare che la nuova
immagine assimili il modello orientale attraverso
un’autonoma maturazione, legata ad una rinnovata
meditazione sul mistero della Croce.

Mentre si diffonde la nuova iconografia cresce la


riflessione teologica e la devozione verso l’Eucari-
stia. C’è da chiedersi se questa nuova figura di Cristo
dalla caratteristica “curva bizantina” non sia incardi-
nata in questa innovativa “adorazione eucaristica”
proposta alla devozione, in Italia, da san Francesco
e che sarà interpretata liturgicamente da san Tom-
maso.
8. Longiano, Convento del Santissimo Crocifisso. Croce dipin-
Questo “Corpo” miracolosamente in piedi e in ta. Tabellone laterale.
una posizione innaturale, evidenzia intanto il E contemporaneamente entriamo nel vivo del rin-
sangue che a fiotti zampilla dalle ferite delle novato spazio culturale del XIII secolo che vede la
mani e dei piedi e dal costato ove il sangue nascita di una lingua nuova e la rivoluzionaria pre-
si mescola ad acqua (figg. 6 – 7). Indossa un senza di un uomo di nome Francesco. Il Santo è por-
elegante perizoma dorato e sembra sospeso più tatore di una inedita sensibilità, per niente priva di
che inchiodato alla croce al punto che i chiodi cultura e formazione. I suoi modelli culturali sono
sono appena accennati, forse nemmeno presenti. originali, attingono più alla chanson del geste che
alla scolastica, pensano in lingua franca – non di-
Evidentissimi invece i fori da cui fuoriesce il
mentichiamo che Francesco è figlio di un mercante
sangue. Il corpo sembra materializzarsi sulla
che tiene rapporti commerciali con questo mondo
croce più che inchiodato alla stessa. Il legno – invece che attraverso i collaudati schemi del pla-
della croce è dipinto di un azzurro costituito tonismo. La sua poesia dobbiamo immaginarla ac-
da materiali pregiati (azzurrite e lapislazzuli), compagnata da una musica dai ritmi innovativi che
delimitato da motivi floreali e contrapposto ad avrà reso ancora più dirompente il celebre cantico
un motivo decorativo geometrico che adorna il delle creature12.
tabellone laterale alla Croce.
Ma la vocazione di Francesco non è legata ad
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9. Longiano, Convento del Santissimo Crocifisso. Croce dipinta. Busto del Cristo.

emozioni momentanee, è frutto di meditazione, che servono a celebrare il mistero eucaristico:


di scelte consapevoli e dirompenti e uno dei pun- “ovunque il santissimo corpo del Signore nostro
ti di riferimento della sua celata spiritualità risiede Gesù Cristo sarà stato senza decoro collocato e
nella devozione, nell’adorazione dell’Eucaristia. Né lasciato, sia tolto di là e sia posto e custodito in
possiamo dimenticare la complicità di una croce di- un luogo prezioso”14 e ancora, in altra occasione,
pinta nella scoperta della sua vocazione: Il celebre
raccomanda che i frati prestino “tutto il rispetto e
crocifisso di san Damiano.
tutta l’adorazione al Santissimo corpo e sangue
Il Santo raccomanda più volte ai suoi frati il del Signore nostro Gesù Cristo”15. Sempre
culto verso l’Eucaristia. Lo fa tanto nella regola insiste sulla corrispondenza tra il sacrificio
che nelle lettere. “vedendo pane e vino con sacramentale e il “Corpo e il Sangue” realmente
gli occhi del corpo, crediamo e fermamente presenti in quel sacrificio.
crediamo che il suo Santissimo corpo e sangue
sono vivi e veri”13. Così nella regola, ma più Possiamo forse chiederci se in una società
volte torna ad esortare i suoi frati in numerose educata dall’immagine il “corpo e il sangue di
lettere, raccomandando l’adorazione e quella Cristo” da adorare nell’Eucaristia non abbia
che possiamo definire la “tutela” degli oggetti avuto anche bisogno di un’adeguata icona che
ricordasse quel Mistero. Una rappresentazione
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10. Longiano, Convento del Santissimo Crocifisso. Croce dipinta. Particolare del volto.

moderna rispetto alle analoghe raffigurazioni un rilievo davvero eccezionale fino ad arrivare
della croce, proprio per evidenziare questo all’istituzione della festa del Corpus Domini, nel
nuovo valore semantico. 1264. Il suo percorso si sviluppa lungo il corso
della prima metà del XIII secolo e, guarda caso,
Questa inedita effigie immortala un momento è legato ad una monaca francese che a seguito
particolare del supplizio che trova in San di mistiche rivelazioni, ne propone il culto
Tommaso d’Aquino una fonte teologica ancora fin dal 1208. Torna ancora la Francia alla cui
una volta non destinata all’immagine, ma alla cultura non è estraneo Francesco che definisce
quale l’immagine sembra attingere. Come quella nazione amica Corporis Domini. Le
se il pittore avesse trovato una nuova fonte lettere e le esortazioni di Francesco si muovono
iconografica per rappresentare il Cristo in croce dunque all’unisono con le esortazioni della
così come, probabilmente, altri più antichi beata Giuliana di Retine che porteranno, nel
pittori, avevano trovato in sant’Agostino, 1246, alla celebrazione della festa nel solo
l’involontario teorico del “Cristo Giudice”. territorio diocesano e che successivamente,
dopo l’elezione a Papa di Urbano IV, che
Il nuovo modello di Crocifisso sembra aveva conosciuto la beata Giuliana, sarà estesa
partecipare all’intero dibattito dottrinario e all’intera Chiesa nel 1264. Nel frattempo,
liturgico e, come è giusto che sia, l’immagine l’anno prima, il miracolo di Bolsena, con il
si perfeziona in itinere, negli stessi anni in cui sanguinamento dell’Ostia, aveva accentuato
la riflessione dogmatica sull’Eucaristia assume l’interesse verso il Corpo e il sangue di Cristo16.
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in quegli anni e non ultimo lo stesso incredulo


Un’attenzione che si sviluppa anche su un sacerdote boemo, che celebrando a Bolsena
versante del tutto laico e fantastico, il mondo e interrogandosi sulla veridicità del Corpo
cavalleresco che canta, negli stessi anni, le e del Sangue di Cristo, avrà in risposta il
straordinarie gesta degli intrepidi cavalieri della sanguinamento, tra le sue mani, dell’Eucaristia.
tavola rotonda alla ricerca del Santo Graal, il
mitico vaso ove era stato raccolto il sangue di Recita la prima lettura del Notturno dell’Ufficio
Cristo. A Fecamp, sempre in Francia, nel 1171, del “Corpus Domini” “…il suo corpo lo offrì
tra le rovine dell’abbazia dopo un incendio, si sull’altare della Croce”18. La Croce nella poetica
era creduto di trovare la punta della lancia di elaborazione, forse di Tommaso d’Aquino,
Longino e il guanto di Giuseppe d’Arimatea diventa altare sul quale il Cristo pone il suo
con le gocce del Sangue di Cristo17. Le Chrétien corpo. Lo stesso frate domenicano, nella questio
de Troyes, il Perlesvaus, il testo su Giuseppe 47 della Summa Teologica spiega la volontarietà
d’Arimatea di Robert de Boron, accompagnano della morte del Cristo e le sue modalità. Il Santo
fantasticamente la ricerca sul “sangue di Cristo” scrive negli stessi anni in cui viene istituita la
che la mistica prima e la teologia poi tendono a festa del Corpus Domini. Anni in cui insegna
ordinare nell’ambito del culto. E sarà infine la all’Università di Parigi e il suo insegnamento è
liturgia con la celebrazione della solennità del seguito e immediatamente discusso e diffuso.
Corpus Domini a sintetizzare e ad elevare quasi Viene sottolineata la particolare morte del
a poesia l’esortazione di Francesco, ma anche Cristo e riprendendo sant’Agostino si sottolinea
l’intuizione della Beata Giuliana di Retine. Due che Cristo non muore per una lenta agonia –
nomi pervenuti, certamente tra i tanti che sul come comunemente accadeva ai condannati
mistero del Corpo di Cristo si interrogavano al supplizio della croce - ma con vigore,

11. Pinacoteca nazionale. Maestro dei crocifissi Francescani. Particolare.


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Cristo, secondo san Tommaso, muore


per libera scelta e lo fa nel pieno del
suo vigore fisico gridando a gran voce
nel momento supremo.
La Vavalà presentando questo nuovo
modello di Cristo inarcato sulla croce
osserva, con sottile scienza, che non
si tratta di una figura naturale, ma
rappresenta un particolare momento
della morte, una fase convulsiva in cui
l’agonia è presente, e la stessa forma
non è naturale, ma il procedimento di
una stilizzazione assoluta applicata
ad un concetto, privo di connotati
realistici20.

Mi chiedevo se questa nuova immagine


dipinta non sia una traslitterazione
del pensiero elaborato da Tommaso.
Certo non come icona speculare,
quasi illustrazione al testo, ma come
procedimento parallelo che vede
l’iconografo sulla stessa lunghezza
d’onda del pensiero del grande
domenicano e, più in generale, attento
alla riflessione sul Corpus Domini.
12. Giunta Pisano, Bologna.
La croce, divenuta altare eucaristico, fa di tutto
“gridando a gran voce rese lo spirito”. Dunque, per somigliare ad un altare. Il tabellone laterale,
conclude Tommaso, Cristo non fu ucciso dai fino a questo momento occupato dalle storie della
carnefici, ma da se stesso. “Per mostrare che passione, è ormai un paliotto ricco di preziosi
la passione inflitta con la violenza non era decori (fig. 8). Trasposizione di cuoio inciso,
capace di strappargli la vita. Cristo conservò pesanti broccati, forse – e perché no – decori
la natura corporale nel suo vigore, così da metallici o in ceramica, e potremmo aprire un
poter gridare a gran voce anche nel momento altro interessante argomento sui contatti con il
supremo”. “Perciò come si deve alla volontà di mondo islamico, da dove forse proviene più di
Cristo che la sua vita corporale fu conservata un motivo geometrico sia sulla croce che negli
nel pieno vigore fino alla fine, così, quando elementi decorativi dei coevi cicli affrescati.
egli volle, subito cedette alla violenza inflitta.
Si deve affermare che Cristo simultaneamente Il Cristo giganteggia più che patire, colto nel
soffrì la morte per violenza e che tuttavia morì momento del trapasso, subito dopo aver grida-
volontariamente: poiché contro il suo corpo fu to, quando il volto si spegne alla vita e il corpo
usata violenza, e tuttavia questa non prevalse resta ancora inarcato per l’ultimo sforzo com-
su di esso se non nella misura che egli volle”19. piuto nel trarre lo spirito, come sembra mostra-
re lo stesso petto espanso (figg. 9 – 10) che qui
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come quello che indossa l’Imperatore di


Bisanzio dopo la triplice immersione nella
piscina dell’acqua santa delle Blacherne,
il santuario della Vergine “Platytera” dalle
cui mani sgorgava l’acqua della piscina21.
Un richiamo di particolare complessità
che varrà la pena approfondire in altra
sede e che ho voluto richiamare soprat-
tutto per introdurre un altro rilevantissi-
mo simbolo posto all’apice del Crocifisso
della Pinacoteca Nazionale di Bologna,
che appartiene al gruppo delle Croci del
“Maestro dei crocefissi francescani”, ed è
sormontato dalla Madonna orante fian-
cheggiata da due angeli22 (fig. 11).

Il “modello” mariano è riconducibile alla


Vergine Platytera, “Madre di Dio del Se-
gno” che, nell’originaria effigie è com-
pletata dal Figlio, raffigurato in un meda-
glione o “uovo cosmico”23 su fondo oro,
posto all’altezza del seno della Madre, ad
indicare il mistero dell’Incarnazione del
Verbo. La Vergine Platytera vuole essere
13. Cimabue, Arezzo. anche immagine della Chiesa che accoglie
mostriamo attraverso il Crocifisso di Longiano, in se il Verbo incarnato e lo rivela all’umanità24.
ma che trova ampio e più puntuale riscontro nel L’immagine di Maria sulla nostra croce, 13. Ci-
Crocifisso di Cimabue ad Arezzo. E’ rappresen- mabue, Arezzo. sostituisce il Logos racchiuso
tato dunque l’attimo del passaggio, concettual- nell’uovo cosmico con il Cristo in Croce che,
mente reso dal corpo ancora vibrante di vita analogamente a quanto accade nella Vergine
nell’arco bizantino e dal capo già reclinato. Un Blachernitissa apre le mani anch’esso, e diven-
concetto più che un’imago pietatis che trovere- ta simbolo, non “il crocifisso”, ma corpo e il
mo solo tra qualche decennio. Un concetto sot- sangue di Cristo. Un concetto sottolineato dalla
tolineato da altri particolari: ad esempio la sua Vergine Platytera che lo annuncia fiancheggiata
sospensione sulla croce. Abbiamo già osservato dagli arcangeli a simboleggiare anche la Chiesa
che i chiodi sono solo suggeriti, ma è il sangue, che mostra e custodisce il Corpus Domini: An-
il sangue di Cristo, ad essere evidenziato sulle nuncio e custodia sul petto della Madre Chiesa.
mani, i piedi e il costato e a caratterizzare que-
sto modello di Crocifisso. E ancora la preziosità Un concetto-immagine che si sviluppa e
del perizoma. Un perizoma dorato, segno di glo- conclude nello spazio di circa venti anni,
ria, che contraddistingue una ristretta genera- cronologicamente delimitato dal crocifisso
zione di crocifissi al punto da dover pensare ad di Giunta Pisano a Bologna (fig. 12) e dal
una particolare simbologia, presto dimenticata: Crocifisso di Cimabue ad Arezzo (fig. 13). Già
un altro modo per parlare ancora di regalità di nel crocefisso di Cimabue in Santa Croce ritorna
Cristo, di parusia sulla Croce. Un panno regale un perizoma di stoffa e le altre croci di Giunta,
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vestono i fianchi del Cristo con un panno di stato chiamato così dal teschio del primo uomo.
stoffa simile a quelli che coprivano i fianchi del E’ questa una spiegazione facile e gradita alle
Cristo eretto. Anche per questo credo di poter orecchie del popolo: ma non veritiera. Infatti
considerare la croce di Giunta a Bologna come fuori delle città e delle loro porte c’era il luogo
un’evoluzione tra i suoi modelli, contrariamente in cui venivano eseguite le condanne capitali:
a quanto affermato anche recentemente. Uno esso fu perciò denominato luogo del teschio dai
spazio temporale delimitabile tra il 1250 e il decapitati. Quindi Gesù volle essere crocifisso
1270, comunque concluso con il soggiorno per innalzare il vessillo del martirio là dove
romano di Cimabue. Un arco cronologico per c’era prima il campo dei condannati. Quanto
indicare un tempo dopo il quale la pittura torna poi ad Adamo risulta dal libro di Giosuè h
ad evolversi come appunto mostra il panno era sepolto ad Ebron. Ed era giusto che cristo
velato del Cristo di Santa Croce a Firenze. Non fosse crocifisso nel luogo dove comunemente si
si vuole con questo affermare che non esistano eseguivano le condanne piuttosto che presso il
crocifissi con il perizoma prezioso anche al di sepolcro di Adamo, per mostrare che la croce di
là di queste date – lo testimoniano le opere del lui non riparava soltanto il peccato personale
“Maestro dei crocifissi francescani” - , ma la di Adamo ma i peccati di tutto il mondo.” Il
storia della pittura pone questi limiti temporali. teschio tornerà dirompente nella croce di Giotto
Limiti cronologicamente superati da pittori a Padova.
ancorati a questi schemi figurativi che, proprio
perché concettualmente forti, hanno avuto Non è per combinazione che l’arco bizantino
modo di ripetere il modello ancora per qualche chiude il processo evolutivo del Crocifisso in
tempo. Ma già l’immagine del crocifisso guarda oriente, come se avesse raggiunto la perfezione,
oltre e il panno che cinge i fianchi del Cristo di e rappresenta in Italia una breve, intensa
Cimabue in Santa Croce rappresenta un ulteriore parentesi, che trova nei concetti teologici la
passo avanti verso un realismo rappresentativo sua giustificazione, mentre già si innalzano
che velocemente si lascia alle spalle questo le impalcature di Assisi e la narrazione
nobile concetto iconografico e teologico per diventa contemporanea; il dolore umano; la
addentrasi nell’imago pietatis, nel realismo partecipazione emozionale e non concettuale.
rappresentativo tra poco urlato da Giotto con i
chiodi che trafiggono la carne e un corpo che L’inizio e la fine di questa breve, ma intensa
tende a cadere, sia pure elegantemente, sotto il stagione, delimitata nella liturgia e nella teologia
suo peso divenuto visibile nella tridimensionalità dalla Festa del Corpus Domini e dalla redazione
dello spazio. della Summa Teologica di San Tommaso, trova
E tornano altri accessori della croce che c’erano il riscontro figurato in due Chiese domenicane:
prima e che torneranno ancora e che sembrano Bologna che custodisce i Cristo di Giunta Pisano
negati, ma concettualmente negati, dalle e Arezzo con la croce di Cimabue. La diffusione
croci di questo gruppo che iconograficamente del motivo del perizoma prezioso trova però
si distinguono per il perizoma prezioso. vasto riscontro nelle chiese francescane, grazie
Osserviamo come in tutte queste croci, manca ad un maestro o, più probabilmente a diverse
il teschio sotto il suppedaneo. Un teschio che maestranze, attualmente raggruppate sotto
avevamo già visto in una delle croci con il la denominazione di “maestro dei crocifissi
Cristo giudice. Sarà forse un caso, ma è ancora francescani”. Tra gli altri esempi, importanti
san Tommaso che nella Questio 46, al punto 3, quelli custoditi nella chiesa di San Francesco a
spiega che non mancano esegeti secondo i quali Bologna, nella Pinacoteca Nazionale, ancora a
il luogo ove è stato crocifisso Cristo “sarebbe Faenza. E’ interessante anche questo intreccio
18  Commentari d’Arte
saggi di storia dell’arte

di opere e ordini religiosi. Le esortazioni di a Pisa. La pittura pisana del Duecento da Giunta a Giotto” a
cura di Mariagiulia Burresi e Antonio Caleca, Pacini editore
Francesco verso il corpo e il Sangue di Cristo, 2005.
l’elaborazione teologica di Tommaso sulla 6 Per la riproduzione di alcuni altari cfr. Arturo
volontarietà della passione, l’impatto emotivo Carlo Quintavalle, Riforma Gregoriana, scultura e arredi
della festa del Corpus Domini e del culto liturgici fra XI e XII secolo pp. 242 – 266 in. “Arti e Storia nel
medioevo” vol II. Einaudi 2003.
eucaristico, trovano riscontro nelle chiese dei 7 Pietro Abelardo, lettere a Eloisa, VIII,in Juan
due ordini, analogamente impegnati e secondo Plazaola, Arte cristiana nel tempo, vol. I, p. 429. Ed. San
le proprie peculiarità. E potremmo forse Paolo, 2001.
8 Suger de Saint-Denis, Liber de rebus in
sostenere che il caso ha voluto che i pregevoli administratione sua gestis riprodotto in : Daniele Menozzi, la
concetti di Tommaso avessero riscontro nelle Chiesa e le immagini, Società San Paolo, 1995, p. 128.
preziose icone di Giunta e Cimabue, e l’amore 9 Valentina Catone, Cristo vivo e Cristo morto nella
di Francesco per il Corpus Domini trovasse un croce dipinta della Fondazione Giorgio Cini, in: Saggi e
memorie di Storia dell’arte, 27, Verona 2004.
raffronto negli altrettanto preziosi, ma meno 10 S. Aurelii Augustini OPERA OMNIA editio latina PL 35 In
impegnativi modelli del maestro dei crocefissi Evangelium Ioannis tractatus centum viginti quatuor, tractatus
francescani. 31 : Tamen et ipsa crux, si attendas, tribunal fuit: in medio enim
iudice constituto, unus latro qui credidit liberatus  , alter qui
insultavit damnatus est. Iam significabat quod facturus est de
vivis et mortuis; alios positurus ad dexteram, alios ad sinistram:
similis ille latro futuris ad sinistram, similis alter futuris ad dex-
teram. Iudicabatur, et iudicium minabatur.
(Endnotes)
11 Gabriella Rossetti, a cura di , Santa croce e santo
1 La croce è custodita nel Santuario del Santissimo
volto. Contributi allo studio dell’origine e della fortuna del
Crocifisso di Longiano e probabilmente è conservata da
culto del Salvatore (sec. IX – XV), Pisa 2002, p. 157
sempre in questa chiesa francescana. Le fonti la ricordano
solo dal 1493 quando una vitella, donata ai frati dai cittadini 12 Cfr. Chiara Frugoni, “Vita di un uomo: Francesco
di Gambettola, si inginocchiò in adorazione dell’immagine d’Assisi”, Einaudi 2005
posta nel chiostro dei frati. L’evento è causa di una rinnovata 13 Fonti Francescane, Sezione prima, p. 138. Trento
attenzione verso l’antica immagine che, probabilmente rifiutata 1990.
sul piano stilistico e non a caso posta nel chiostro, acquista 14 Ibidem, p. 160
nuova rilevanza nel culto ed è riportata in Chiesa ove, da 15 Ibidem p. 162.
allora, costituirà il punto di riferimento della devozione dei 16 In realtà la festa posa le sue radici nell’ambiente
longianesi. Per la storia del miracolo cfr. l’opuscolo Alli fervoroso della Gallia belgica - che San Francesco chiamava
confratelli, ed alle consorelle della Venerabile Compagnia amica Corporis Domini - e in particolare grazie alle rivelazioni
della Buona Morte eretta nella Chiesa de’ MM. RR. PP. CC. della Beata Giuliana di Retìne. Nel 1208 la beata Giuliana,
Di S. Francesco di Lonzano ad onore del SS. Crocefisso ed a priora nel Monastero di Monte Cornelio presso Liegi, vide
ciascun’altra persona divota del medesimo. Rimini 1781. durante un’estasi il disco lunare risplendente di luce candida,
2 Lo studio ancora oggi più significativo lo troviamo deformato però da un lato da una linea rimasta in ombra, da
nella scheda di Anna Tamburini in: “Pittura dall’alto Dio intese che quella visione significava la Chiesa del suo
medioevo al tardo gotico nel territorio di Faenza e Forlì”, tempo che ancora mancava di una solennità in onore del SS.
Castelbolognese 1982, p. 36 – 37. Un’articolata disamina Sacramento. Il direttore spirituale della beata, il Canonico di
viene inoltre presentata nel saggio di G. Savini nel volume “Il Liegi Giovanni di Lausanne, ottenuto il giudizio favorevole
Crocifisso di Longiano. Fulcro di Fede e di Arte”. A cura di di parecchi teologi in merito alla suddetta visione, presentò
Claudio Riva, Cesena 1992. Il dipinto viene citato anche nella al vescovo la richiesta di introdurre nella diocesi una festa in
recente esposizione bolognese, ma distinto dal gruppo più onore del Corpus Domini.
omogeneo del “maestro dei crocifissi francescani”. Un giudizio La richiesta fu accolta nel 1246 e venne fissata la data del
probabilmente viziato dalle difficoltà a vedere il dipinto prima giovedì dopo l’ottava della Trinità. Più tardi, nel 1262 salì al
del recente e ancora non commentato restauro, diretto dallo soglio pontificio, col nome di Urbano IV, l’antico arcidiacono
scrivente. Per la mostra bolognese crf. La scheda 49 di Miklos di Liegi e confidente della beata Giuliana, Giacomo
Boskovits, nel volume “Duecento Forme e colori del medioevo Pantaleone. Ed è a Bolsena, proprio nel Viterbese, la terra dove
a Bologna”, a cura di Massimo Medica, Bologna 2000. è stata aperta la causa suddetta che in giugno, per tradizione
3 E. Sandberg Vavalà, “La Croce dipinta italiana”, si tiene la festa del Corpus Domini a ricordo di un particolare
Verona 1929, p. 46 miracolo eucaristico avvenuto nel 1263, che conosciamo sin
4 Roma, chiesa di Santa Maria Antiqua dai primi anni della nostra formazione cristiana. Infatti, ci è
5 Cfr ad esempio la croce di Enrico di Tedice, datata raccontato che un prete boemo, in pellegrinaggio verso Roma,
alla metà del XIII secolo. Una bella riproduzione in “Cimabue si fermò a dir messa a Bolsena ed al momento dell’Eucarestia,

Commentari d’Arte  19
Commentari d’Arte

nello spezzare l’ostia consacrata, fu pervaso dal dubbio che


essa contenesse veramente il corpo di Cristo. A fugare i suoi
dubbi, dall’ostia uscirono allora alcune gocce di sangue che
macchiarono il bianco corporale di lino liturgico (attualmente
conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare
tuttora custodite in preziose teche presso la basilica di Santa
Cristina.
Venuto a conoscenza dell’accaduto Papa Urbano IV istituì
ufficialmente la festa del Corpus Domini estendendola dalla
circoscrizione di Liegi a tutta la cristianità. La data della sua
celebrazione fu fissata nel giovedì seguente la prima domenica
dopo la Pentecoste (60 giorni dopo Pasqua). Così, l’11 Agosto
1264 il Papa promulgò la Bolla “Transiturus” che istituiva per
tutta la cristianità la Festa del Corpus Domini dalla città che
fino allora era stata infestata dai Patarini neganti il Sacramerito
dell’Eucaristia. Già qualche settimana prima di promulgare
questo importante atto - il 19 Giugno - lo stesso Pontefice
aveva preso parte, assieme a numerosissimi Cardinali e prelati
venuti da ogni luogo e ad una moltitudine di fedeli, ad una
solenne processione con la quale il sacro lino macchiato del
sangue di Cristo era stato recato per le vie della città. Le note
sono tratte dal sito www.vatican.va
17 Perlesvaus a cura di Silvia De Laude in: Il Graal,
mondatori 2005, p. 357
18 S. Tommaso d’Aquino, “Opuscoli Spirituali” a cura
di Pietro Lippini, p. 304. Ed. Studio Domenicano, Bologna
1999.
19 S. Tommaso d’Aquino, “La Somma Teologica”,
Questio 47, articulus 1, p. 81 e sgg. Ed. Studio Domenicano,
vol. XXVI (III, qq. 46 – 59). Bologna 1970
20 Sandberg Vavalà, op. cit. p. 36
21 Il complesso cerimoniale è descritto da Costantino
Porfirogenito, Constantini Porphyrogeniti de cerimoniis aulae
byzantinae, ed. REISKE I.I., (Corpus Scriptores Historiae
Byzantinae), Bonnae 1829. Anche in Migne P. (a cura di),
Patrologia Graeca, t. 112, cc.1020 - 1028. Traduzione francese
in Constantin VII Porphyrogénéte, Le Livre des Cérémonies,
2 voll., ed. VOGT A., Paris 1935-1940. Traduzione italiana
in Costantino Porfirogenito– Ibn Rosteh – Liutprando Da
Cremona, Il libro delle cerimonie, a cura di Panascia M.,
Palermo 1993.
22 Siliva Giorgi, Maestro dei Crocefissi Francescani,
scheda n. 2 in “Pinacoteca Nazionale di Bologna. Catalogo
Generale. I dal Duecento a Francesco Francia”. Marsilio
Editori, 2004.
23 Antonio Carile, La sacralità rituale dei basileis bizan-
tini, in Adveniat Regnum. La regalità sacra dell’Europa cristiana,
a cura di F. Cardini e M. Ssaltarelli, Genova 2000, Fondazione
Cardinale Giacomo Lercaro, Veritatis Splendor, Istituto per la
ricerca e la formazione culturale cattolica, pp. 65-117.
24 Giovanna Parravicini, “Vita di Maria in Icone”, pp.
29 – 32. Ed. san Paolo, 2002.

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