Sei sulla pagina 1di 1

Per Dottrina Truman si intende la strategia politica ideata dall'allora presidente degli Stati

Uniti d'America Harry S. Truman il 12 marzo 1947, in un discorso tenuto alle camere in
seduta comune, prendendo spunto dai casi di Grecia e Turchia, che avevano lasciato
intravedere la possibilità di una resa di fronte all'espansionismo sovietico. La dottrina si
proponeva di contrastare le mire espansioniste dell'avversario comunista in Europa ed in
Asia. È importante sottolineare come l'Unione Sovietica fosse chiaramente al centro dei
pensieri di Truman, anche se nel suo discorso la nazione non venne mai direttamente
menzionata.

La Dottrina Eisenhower venne annunciata al Congresso degli Stati Uniti d'America dal
presidente Dwight D. Eisenhower il 5 gennaio 1957. Secondo questa dottrina, gli Stati
Uniti si assumevano l'impegno di garantire l'integrità territoriale e l'indipendenza degli Stati
del Medio Oriente che fossero stati soggetti di un'aggressione da parte dell'Unione
Sovietica o di suoi satelliti e perciò rivolgevano una richiesta di aiuto agli Stati Uniti.
In seguito all'approvazione da parte del Congresso nel marzo 1957, vennero destinati
all'incirca 120 milioni di dollari sotto forma di aiuto economico e militare ai paesi dell'area
che avessero accettato la dottrina[1].
Questa politica fu perseguita, in seguito alla grave crisi di Suez, per evitare aggressioni
militari a nazioni neutrali da parte del blocco comunista. La Dottrina Eisenhower fece parte
di una serie di iniziative intraprese dal governo degli Stati Uniti per arginare l'infiltrazione
l'espansione dell'Unione Sovietica (misure che presero il nome di politiche del
Containment).

La dottrina Nixon è la strategia di politica estera, in particolare riguardante la posizione


degli Stati uniti nel conflitto vietnamita, elaborata dal neo presidente Richard Nixon (eletto
alla Casa Bianca nel 1968) e dal suo consigliere Henry Kissinger.
La dottrina prevedeva il progressivo disimpegno delle forze armate statunitensi dal
conflitto vietnamita, che nel pieno dell'escalation consisteva di 500.000 uomini, a favore di
un maggior impegno di forze sudvietnamite. Per questo motivo si parla a proposito della
dottrina Nixon di "Vietnamizzazione" del conflitto.

La Dottrina Carter fu una linea politica proclamata dal Presidente degli Stati Uniti Jimmy
Carter nel suo discorso ai membri del Congresso il 23 gennaio 1980, la quale stabiliva che
gli USA avrebbero utilizzato la propria forza militare se necessario per difendere gli
interessi nazionali nel Golfo Persico. La dottrina fu una risposta all’invasione sovietica
dell’Afghanistan del 1979.
La dottrina fu ideata dal Consigliere per la Sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski, sulla
base della Dottrina Truman, “per rendere chiaro che i sovietici debbono stare lontano dal
Golfo Persico”[1].
Poiché al tempo gli Stati Uniti non avevano una presenza militare significativa nell’area del
Golfo Persico, l’amministrazione Carter per supportare la propria dottrina istituì la Rapid
Deployment Force (forza militare di intervento rapido), rifiutò gli accordi sul controllo degli
armamenti ed aumentò la presenza navale nel Golfo Persico e nell’Oceano Indiano[2].
Il successore di Carter alla carica di Presidente, Ronald Reagan, estese la Dottrina Carter
con una sorta di ‘corollario’, chiamato proprio “Reagan Corollary to the Carter Doctrine”, il
quale proclamava che gli USA sarebbero intervenuti a supporto dell’Arabia Saudita, storica
alleata nell’area mediorientale, qualora la loro sicurezza fosse minacciata in seguito allo
scoppio della guerra tra Iran e Iraq.

Potrebbero piacerti anche