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Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Fondazioni - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore

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Capacità portante

4.1. GENERALITÀ

Una buona fondazione su terreno deve soddisfare i seguenti requisiti:


1. deve essere sufficientemente sicura nei confronti della capacità portante limite ultima del terreno
sul quale appoggia direttamente la fondazione;
2. deve subire cedimenti sia totali che differenziali compatibili con la funzionalità della struttura in
elevazione;
3. deve considerare tutti i fattori ambientali;
4. deve essere economicamente fattibile in relazione alla funzione e al costo della struttura in ele-
vazione.
I principali fattori ambientali che condizionano la progettazione ed il comportamento di una fonda-
zione sono i seguenti:
• azione del gelo;
• suscettibilità dei terreni al ritiro o al rigonfiamento;
• terremoti e vibrazioni;
• falda freatica;
• eterogeneità presenti nel sottosuolo;
• presenza di strutture o di scavi adiacenti;
• azioni erosive (correnti, onde, moti di filtrazione, ecc.).
Normalmente la progettazione di una fondazione su terreno si articola nelle seguenti fasi:
1. definizione dello scopo del problema;
2. indagini in sito;
3. formulazione di una prima soluzione progettuale di tentativo;
4. definizione di un modello di comportamento del terreno di fondazione da analizzare;
5. determinazione dei carichi e dei parametri geotecnici dei terreni di fondazione;
6. esecuzione delle analisi di stabilità, che comprendono la determinazione della capacità portante
e dei cedimenti;
7. confronto dei risultati con altri modelli ed esperienze;
8. eventuali modifiche al progetto;
9. osservazioni durante la costruzione.
Normalmente se il valore trovato di capacità portante del terreno di fondazione è soddisfacente, si
effettuano analisi per la valutazione dei cedimenti sia immediati che a lungo termine.

4.2. VALUTAZIONI PRELIMINARI DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI TERRENI

A livello qualitativo, una prima indicazione sulla capacità portante dei terreni può essere ricavata
dalla natura dei terreni stessi. La tabella di figura 4.1 riporta le pressioni ammissibili presunte sulla
base del tipo di terreno di fondazione e di una descrizione delle condizioni geotecniche dei terreni
(U.S. Department of the Navy, 1982). La procedura per progettare una fondazione sulla base della
pressione ammissibile presunta è semplice e diretta: avendo determinato la pressione ammissibile
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Presunta capacità
Tipi e condizioni
Resistenza del materiale portante
Gruppo delle rocce Note
roccioso ammissibile
e dei terreni
(kPa)
Roccie massive ignee e rocce metamorfiche Alta 10.000
(graniti, dioriti, basalti, gneiss) in condizioni Molto alta
compatte (2)

Rocce metamorfiche foliate (scisti argillosi e Medio 3.000


scisti) in condizioni compatte (1) (2) Alta

Rocce sedimentarie: scisti cementati, siltiti, Medio 1.000 – 4.000


arenarie, calcari con cavità, conglomerati Alta
cementati tutti in condizioni compatte (1) (2) Questi valori sono basati
sulla assunzione che le
Roccia Scisti compatti e altre rocce argillose in con- Medio 500 – 1.000 fondazioni siano impostate
dizioni compatte (2) (4) Bassa al di sotto dello strato
superficiale alterato
Rocce fratturate di ogni tipo con spaziatura 1.000
delle discontinuità maggiore o uguale a 0.3
m, eccetto che per le rocce argillose (argilliti)

Calcari, arenarie, rocce argillose con stratifi-


cazione fitta vedi nota 3

Roccia intensamente fratturata o alterata


vedi nota 3
Ghiaie dense o sabbie dense e ghiaie > 600

Ghiaie compatte o sabbie e ghiaie compatte 200 – 600 Larghezza della fondazio-
ne (B) non inferiore a 1 m.
Terreno Ghiaie sciolte o sabbie e ghiaie sciolte < 200 Il livello della falda è assun-
a grana to pari ad una profondità
grossa Sabbie dense > 300 maggiore o uguale a B, al
di sotto della quota di impo-
Sabbie compatte 100 – 300 sta della fondazione

Sabbie sciolte < 100


Argille da dure a molto dure o depositi argil- 300 – 600 I terreni a grana fine sono
losi eterogenei quali ad esempio i depositi sottoposti a cedimenti a
morenici lungo termine di consolida-
zione dovuti ai carichi
Argille dure 150 – 300 applicati e sono spesso
suscettibili di rigonfiamento
Argille compatte 75 – 150 o ritiro a causa delle varia-
zioni del contenuto natura-
Terreni Argille tenere e limi < 75 le d’acqua. Se l’indice di
a grana plasticità (Ip) è superiore a
fine Argille molto tenere e limi non applicabile 30 e il contenuto della fra-
zione argillosa è superiore
al 25%, il comportamento a
lungo termine della fonda-
zione può essere significa-
tivamente influenzato dal
rigonfiamento o ritiro dei
terreno e tali aspetti devo-
no essere esaminati

Terreni
Torbe e materiali organici non applicabile
organici
Riempimenti Riempimenti non applicabile

NOTE:
1. I valori indicati per le rocce sedimentarie o foliate si applicano quando l’andamento degli strati o della foliazione (scistosità) è parallela o sub parallela al piano di impo-
sta della fondazione nel caso di strati o foliazioni variamente inclinata rispetto alla fondazione (ad esempio per una fondazione su un pendio) occorre ridurre opportu-
namente i valori.
2. Condizioni di roccia competente implicano un minore numero di fratture e spaziature non inferiori a 1 m.
3. Da valutare sulla base di un esame in sito incluse, se necessario, delle prove di carico.
4. Queste rocce sono suscettibili di rigonfiamento per scarico tensionale mentre se esposte all’acqua sono suscettibili di rammollimento e rigonfiamento

Figura 4.1. Valori di capacità portante presumibili in funzione del tipo di terreno e del grado di addensamento o consistenza
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 113

mediante tabelle come quella riportata in figura 4.1, il progettista può determinare le dimensioni
necessarie per la fondazione dividendo il carico che la fondazione deve sostenere per la pressione
ammissibile. Ogni fondazione di dimensioni uguali o superiori a quella calcolata in tale maniera è
accettabile.
Sebbene l’impiego dei valori di pressione ammissibili presunti sia un metodo molto semplice, tutta-
via non è sicuramente accurato: non è possibile determinare infatti accuratamente la pressione
ammissibile sulla sola base del tipo di terreno e di una sua descrizione qualitativa quale, ad esem-
pio, il grado di addensamento o la consistenza. Il dimensionamento delle fondazioni su tali valori
della pressione ammissibile presunta è, inoltre, eccessivamente conservativo e comporta, in alcuni
casi, uno spreco di risorse ed, in altri, anche delle scelte non adeguate in termini di sicurezza.
L’impiego delle pressioni ammissibili presunte sono invece utili per una stima preliminare delle
dimensioni delle fondazioni e anche come criterio di controllo e di valutazione dei risultati ottenuti
da analisi con metodi più adeguati.

4.3. CAPACITÀ PORTANTE SULLA BASE DELLE PROVE PENETROMETRICHE DINAMICHE SPT

Com’è noto, le prove penetrometriche dinamiche (SPT) permettono di misurare la resistenza del ter-
reno misurando il valore del numero dei colpi N per un avanzamento di 300 mm del campionatore.
Il valore del numero dei colpi N può essere impiegato per stimare le proprietà geotecniche dei ter-
reni, sia per quelli a grana fine (resistenza al taglio in condizioni non drenate cu) sia, soprattutto, per
quelli a grana grossa (angolo di resistenza al taglio φ’). Questi parametri possono essere utilizzati
direttamente per stimare la capacità portante mediante la corrispondente che sarà più avanti discus-
sa. I valori del numero di colpi N possono anche essere impiegati per stimare direttamente la capa-
cità portante, mediante l’impiego di correlazioni empiriche.
Una delle prime relazioni fra il valore di N e quello della capacità portante è stata fornita da Terzaghi
e Peck (1967); tale relazione è stata per lungo tempo largamente impiegata ma, sulla base di molte
osservazioni sperimentali, si è verificato che era troppo conservativa.
La capacità portante ammissibile qa di una fondazione su sabbie, in funzione del numero dei colpi N,
della dimensione minima della fondazione e della profondità della fondazione, può essere ricavata
sulla base dei grafici riportati in figura 4.2. I valori determinati in questa maniera corrispondono al
caso nel quale la falda si trova ad una profondità notevole rispetto alla quota di imposta della fonda-
zione; se si ritenesse probabile un innalzamento della falda fino al raggiungimento della quota della
fondazione, i valori ricavabili della figura dovrebbero essere ridotti della metà. I grafici della figura
Capacità portante ammissibile

Larghezza della fondazione, B

Figura 4.2. Capacità portante ammissibile qa di una fondazione su sabbie, in funzione del numero dei colpi N, della dimen-
sione minima della fondazione e della profondità della fondazione
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114 FONDAZIONI

4.2, che riportano i valori della capacità portante


ammissibile, sono stati ricavati sulla base di valori
Nσ’
v
Fattore di correzione CN =

di N ottenuti a delle profondità dove la tensione effi-


Nfield

cace geostatica è pari a circa 100 kPa (circa 5 m).


La figura 4.3 indica un coefficiente di correzione
CN, per i valori di N, che permette di tenere conto
della profondità alla quale sono state eseguite le
prove penetrometriche dinamiche SPT.
In alternativa, la capacità portante ammissibile può
essere stimata dalle formule proposte da Meyerhof

Tensione verticale efficace


(1956):
qa = 12000 ⋅ N ⋅ K d se B < 1.2 m

 B + 0.3 
2

qa = 8000 ⋅ N ⋅ K d ⋅   se B ≥ 1.2 m
 B 
dove B è la larghezza della fondazione, D è la
profondità della fondazione rispetto al piano cam-
pagna e Kd è un coefficiente di profondità pari a:
Figura 4.3. Valori del coefficiente correttivo CN in fun-
K d = 1 + D / 3B se D < B zione della profondità

Kd = 1.3 se D > B
Da notare che la sopra citata formula è espressa nel Sistema Internazionale con la pressione in Pa e
le lunghezze in metri.

4.4. CAPACITÀ PORTANTE SULLA BASE DELLE PROVE CPT

Meyerhof (1956) ha suggerito un metodo diretto per calcolare la capacità portante di una fondazione
su sabbia, sulla base dei risultati di prove penetrometriche statiche CPT, basato sulla seguente formula:
qult = qc ( B / C ) (1 + D / B)

dove C è una costante empirica pari a 12.2 in metri, mentre B è la larghezza della fondazione e D è
la profondità della fondazione rispetto al piano campagna.
La resistenza alla punta, qc , è calcolata come valore medio su una profondità pari alla larghezza
della fondazione (B). Meyerhof raccomanda di assumere un coefficiente di sicurezza pari a 3 per cal-
colare la pressione ammissibile.
Tand et al. (1995) hanno suggerito che la capacità
portante ultima di fondazioni superficiali su sabbie
mediamente addensate e leggermente cementate
possa essere stimata mediante la seguente espres-
sione:
qult = Rk qc + σ v 0
Sabbia densa
Fondazione quadrata
Circolare

dove Rk è compreso fra 0.14 e 0.2, a seconda delle


Quadrata
Sabbia da sciolta Circolare

dimensioni e profondità della fondazione, e σv0 è la


a mediamente addensata

tensione verticale totale. Questi metodi sono


approssimati e generalmente conservativi.
Eslaamizaad e Robertson (1996) suggeriscono la
Figura 4.4. Valori della capacità portante da prove
relazione mostrata in figura 4.4, dove:
CPT

qult = K ⋅ qc
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 115

4.5. TEORIA DELLA CAPACITÀ PORTANTE

La determinazione della capacità portante limite qlim del terreno può essere condotta adottando il
metodo dell’equilibrio limite globale; numerose sono le soluzioni fornite in letteratura per il calco-
lo della qlim come somma di termini dovuti ai diversi contributi: ben note sono, per esempio, le solu-
zioni fornite da Terzaghi (1943) e Brinch Hansen (1970), basate sull’assunzione di un comporta-
mento rigido-plastico del terreno e perciò applicabili solo al caso di rottura generale. A seconda,
infatti, del grado di addensamento del terreno si possono distinguere tre meccanismi di rottura (figu-
ra 4.5):
• rottura generale;
• rottura per punzonamento;
• rottura di tipo locale.

Carico

Rottura di taglio locale

Rottura di taglio generalizzata


Cedimento

Carico
Cedimento

Carico
Cedimento

Figura 4.5. Curve carico-cedimento e zone di rottura osservate durante prove su modello con sabbie: (a) dense, (b) media-
mente dense, (c) molto sciolte (Vesic, 1963)
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116 FONDAZIONI

La formula generale di Brinch Hansen, che costituisce un’estensione dell’equazione di Buisman


(1935) e Terzaghi (1943), ottenuta dalla sovrapposizione di soluzioni relative a casi particolari, è
espressa nella seguente forma, nel caso di verifiche condotte in termini di tensioni efficaci:
1
qlim = c' ⋅ N c ⋅ sc ⋅ dc ⋅ ic ⋅ bc ⋅ gc ⋅ ξ c + q ' ⋅ N q ⋅ sq ⋅ dq ⋅ iq ⋅ bq ⋅ gq ⋅ ξ q + ⋅ γ ' ⋅ B ⋅ N γ ⋅ sγ ⋅ iγ ⋅ bγ ⋅ gγ ⋅ ξγ
2
in cui:
qlim = capacità portante ultima
c’ = coesione in termini di sforzi efficaci
φ’ = angolo di resistenza al taglio
q’ = sovraccarico agente ai lati della fondazione
γ’ = peso dell’unità di volume del terreno al di sotto del piano di posa della fondazione
B = larghezza della fondazione
Nc, Nq, Nγ = fattori di capacità portante dipendenti dall’angolo di resistenza al taglio
sγ, sc, sq = fattori di forma della fondazione
iγ, ic, iq = fattori correttivi che tengono conto dell’inclinazione del carico
bγ, bc, bq = fattori correttivi che tengono conto dell’inclinazione della base della fondazione
gγ, gc, gq = fattori correttivi che tengono conto dell’inclinazione del piano campagna
dc, dq = fattori dipendenti dalla profondità del piano campagna
ξγ, ξc, ξq = fattori correttivi di compressibilità.
Nel caso di terreni coesivi e di analisi in termini di tensioni totali (a breve termine), con φ = 0 e c =
cu, l’espressione fornita da Brinch Hansen è la seguente:
qlim = cu N c sc0 dc0 ic0 bc0 gc0 + q '
I fattori sopra elencati hanno i seguenti valori:
• Fattori di capacità portante
 φ' 
N q = tan 2  45 +  ⋅ eπ ⋅tan φ
'

 2
N c = ( N q − 1) ⋅ cot φ '
N = 2 ⋅ ( N q + 1) ⋅ tan φ '

• Fattori di forma
Sia B la larghezza della fondazione ed L la lunghezza della fondazione con B < L, si ha:
sγ = 1 − 0.4 B / L
sq = 1 + B / L ⋅ tan φ '
sc = 1 + B / L ⋅ N q / N c
Per φ = 0 abbiamo s0c = 1 + 0.2 B/L.
• Fattori correttivi per l’inclinazione del carico
Sia H la componente orizzontale del carico ed N la componente verticale, si ha:
 (
m+1)
H
iγ = 1 − '
 N + B ⋅ L ⋅ c ⋅ cot φ 
'

 (
m)
H
iq = 1 − '
 N + B ⋅ L ⋅ c ⋅ cot φ 
'

1 − iq
ic = iq −
N c ⋅ tan φ '
2+ B / L
m=
1+ B / L
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 117

• Fattori correttivi per l’inclinazione della base della fondazione


Sia α l’inclinazione della base della fondazione si ha:

bq = bγ = (1 − α ⋅ tan φ ' )
2

1 − bq
bc = bq −
N c ⋅ tan φ '
Per φ = 0:
bc0 = 1 − 2 ⋅ α / ( π + 2 )
α = inclinazione della fondazione.

• Fattori correttivi per l’inclinazione del piano campagna


Sia β l’inclinazione del piano campagna rispetto all’orizzontale, si ha:

gq = (1 − tan β )
2

gγ = gq
1 − gq
gc = gq −
N c ⋅ tan φ '
Per φ =0:
gc0 = 1 − 2 β / ( π + 2 )
Inoltre nel calcolo di qlim viene aggiunto il seguente termine:
0.5 ⋅ γ ⋅ B ⋅ N γ ⋅ sγ
essendo:
N γ = −2 sin β
sγ = 1 − 0.4 ⋅ B / L

• Fattori correttivi per la profondità del piano di imposta della fondazione


Sia D la profondità della fondazione rispetto al piano campagna, si ha:

⋅ tan φ ' ⋅ (1 − sin φ ' )


D
dq = 1 + 2 ⋅ per D/B ≤ 1
2

B
dq = 1 + 2 ⋅ tan φ ' ⋅ (1 − sin φ ' ) ⋅ tan −1 ( D / B) per D/B > 1
2

1 − dq
dc = dq −
N c ⋅ tan φ '
Per φ = 0:
dc0 = 1 + 0.4 ⋅ D / B per D/B ≤ 1
dc0 = 1 + 0.4 ⋅ tan −1 D / B per D/B > 1

• Fattori correttivi di compressibilità


Nel caso di terreni a grana grossa è corretta l’applicazione delle formule convenzionali se l’indi-
ce di rigidezza IR del terreno è superiore all’indice di rigidezza critico ICR, il cui valore è fornito
dalla seguente espressione:

{
I CR = 0.5 ⋅ exp ( 3.3 − 0.45 ⋅ B / L ) ⋅ cot ( 45 − φ ' / 2 ) }
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118 FONDAZIONI

mentre:

G
(c + q ⋅ tan φ ' )
IR =

con:
G = modulo di deformazione al taglio
q = tensione efficace iniziale esistente alla profondità B/2 al di sotto della fondazione, assunta
pari alla tensione media nel caso di fondazioni quadrate o circolari, o alla tensione orizzonta-
le nel caso di fondazioni nastriformi.

Se la condizione IR > ICR non è soddisfatta, nella valutazione di qlim occorre tenere conto della com-
pressibilità del terreno adottando i seguenti fattori correttivi:

  ( 3.07 ⋅ sin φ ' ) ⋅ ( log10 2 ⋅ I R ) 


ξγ = ξ q = exp (−4.4 + 0.6 ⋅ B / L ) ⋅ tan φ  + 
 '

  1 + sin φ ' 
1 − ξq
ξc = ξq −
N c ⋅ tan φ '

Occorre evidenziare che la soluzione di Brinch Hansen è relativa ad una risultante del carico verti-
cale che sia applicata nel baricentro della fondazione; se tale condizione non è soddisfatta, occorre
fare riferimento ad un’area equivalente della fondazione, ovvero all’area rispetto alla quale la risul-
tante del carico verticale risulta baricentrica.
Con riferimento alla figura 4.6, nel caso di fondazioni rettangolari, la larghezza e lunghezza dell’a-
rea equivalente sono date dalle seguenti espressioni:

B’ = 2y
L’ = 2x
dove
B’ = larghezza della fondazione ridotta
L’ = lunghezza della fondazione ridotta
x = minima distanza dall’estremità della fondazione del punto di applicazione del carico verticale
y = minima distanza dall’estremità della fondazione del punto di applicazione del carico vertica-
le misurato perpendicolarmente ad x.

Area ridotta effettiva Area ridotta effettiva

Punto di applicazione del carico


Punto di applicazione del carico

Figura 4.6. Determinazione dell’area effettiva equivalente per una fondazione rettangolare
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 119

Figura 4.7. Metodo per determinare l’area effettiva equivalente per una fondazione circolare

Per fondazioni che non sono rettangolari, come ad esempio la fondazione circolare mostrata in figu-
ra 4.7, l’area equivalente può essere stimata usando delle semplici approssimazioni; la figura 4.7
riporta un metodo per calcolare l’area effettiva equivalente.
Infine la capacità portante ammissibile è data da:
q
qamm = lim
Fs

dove il coefficiente di sicurezza Fs, in accordo al D.M. 11/3/1988, viene assunto pari a 3.
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120 FONDAZIONI

Tabella 4.1. Esempio di un listato di un programma per il calcolo della capacità portante con la soluzione di Brinch Hansen (1970)
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 121


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122 FONDAZIONI

Tabella 4.2. Risultati del calcolo della capacità portante per un plinto quadrato di dimensioni 1 · 1 m posto ad una profondità
di 1.5 m dal piano campagna

Oppure, più correttamente, il calcolo della capacità portante ammissibile può essere fatto nel seguen-
te modo:
N q − q'
qlim = = lim + q'
B⋅ L Fs
essendo N il carico verticale (comprensivo del peso totale della fondazione) ed Fs il coefficiente di
sicurezza.
Nella seguente tabella 4.1 viene proposto il listato di un semplice programma, scritto in Basic, per
la determinazione della capacità portante ultima secondo la soluzione proposta da Brinch Hansen.
La tabella 4.2 riporta i risultati relativi al calcolo della capacità portante di un plinto delle dimen-
sioni di 1 · 1 m posto ad una profondità di 1.5 m dal piano campagna.

4.6. PROGETTAZIONE SECONDO L’EUROCODICE 7

4.6.1. BREVI NOTE STORICHE


Prima della seconda guerra mondiale, le normative tecniche per l’ingegneria strutturale e delle fon-
dazioni erano disponibili solamente in alcuni paesi. Queste normative avevano lo scopo di descri-
vere le regole da applicare per una buona pratica costruttiva ma non erano molto sistematiche nel
loro approccio alla progettazione. Il boom delle costruzioni, che è seguito alla fine della seconda
guerra mondiale, ha condotto ad un diffuso ripensamento dell’intero processo progettuale nell’am-
bito dell’ingegneria civile. Nei primi anni ‘50, per esempio, l’associazione degli ingegneri strutturi-
sti (1955) in Inghilterra costituì un comitato per definire le problematiche relative alla sicurezza nel
campo della progettazione delle strutture; nel suo rapporto conclusivo, il comitato affermò che “il
principale aspetto che riguarda la sicurezza di una struttura si manifesta nei calcoli relativi alla pro-
gettazione della stessa struttura”, e suggerì che il calcolo per la progettazione di una struttura si
dovesse basare su due particolari rapporti:
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 123

• il rapporto fra il carico ultimo ed il carico di esercizio, conosciuto come fattore di carico ultimo;
• il rapporto fra il carico limite ed il carico di esercizio, conosciuto come fattore di carico limite.
Il carico ultimo era identificato come quello che causa il collasso della struttura, mentre il carico
limite era inteso come quel carico che causa l’insorgere di eccessive deformazioni elastiche con la
conseguenza del manifestarsi di fessure antiestetiche o di causare interferenze con il corretto impie-
go e funzionamento della struttura fino alla comparsa di difetti permanenti.
Nel 1956, Brinch Hansen ha introdotto per primo il termine di “progettazione allo stato limite” in un
contesto geotecnico. Egli ha descritto la progettazione allo stato limite nella seguente maniera: “nella
progettazione di ogni struttura in principio devono essere condotte due separate analisi: una per
determinare la sicurezza nei confronti della rottura (verifica dello stato limite ultimo) e un’altra per
determinare le deformazioni per le condizioni relative al carico di esercizio (verifica dello stato limi-
te di esercizio)”. Brinch Hansen ha inoltre correlato il concetto di progettazione allo stato limite a
quello dell’impiego dei coefficienti di sicurezza parziali e li ha introdotti nella pratica danese della
progettazione delle fondazioni.
Durante gli anni ‘60 e ‘70 numerose associazioni tecniche europee e comitati nazionali ed europei
hanno iniziato a lavorare per mettere a punto le normative sui diversi materiali da costruzione. Uno
dei primi esempi dei risultati ottenuti è lo Standard Britannico (British Standard CP110) sull’impie-
go strutturale del calcestruzzo (The Structural Use of Concrete), pubblicato nel 1972. La più impor-
tante innovazione fu l’esplicito impiego della teoria delle probabilità nella scelta dei valori caratte-
ristici della resistenza, che, in accordo ad alcune nozioni di base e distribuzioni misurate, avrebbe
dovuto eccedere almeno il 95% dei risultati delle prove standardizzate.
Nel 1976 la Commissione Europea decise di sponsorizzare lo sviluppo di una serie di norme euro-
pee per la progettazione e costruzione delle strutture civili, con lo scopo di incoraggiare il libero
commercio fra tutti gli stati membri.
Nel 1980 fu raggiunto un accordo fra la Commissione delle Comunità Europee (Commission of the
European Communities, CEC) e la Società Internazionale per la Meccanica dei Terreni e l’Ingegneria
Geotecnica (International Society for Soil Mechanics ad Geotechnical Engineering, ISSMGE) secon-
do il quale la società avrebbe raccolto tutte le normative esistenti, nei paesi appartenenti alla comu-
nità, per la progettazione delle fondazioni e avrebbe messo a punto una bozza di normativa che
potesse essere adottata come Eurocodice 7.
Nel 1981, l’ISSMGE costituì un apposito comitato per perseguire tale obiettivo e venne realizzata una
prima bozza dell’Eurocodice 7 nel 1987.
Il CEC sponsorizzò ulteriori lavori su tale testo in bozza per tre anni, fino al 1990, quando il lavoro
sulla preparazione degli eurocodici venne trasferito, per ulteriori affinamenti per la stampa e la dif-
fusione, al Comitato Europeo sulla Standardizzazione (European Committee for Standardization,
CEN), in accordo con l’associazione europea per il libero commercio (European Free Trade
Association, EFTA). Il comitato tecnico del CEN n. 250 (CEN Technical Committee TC250) venne per-
tanto costituito con lo scopo di sviluppare gli eurocodici strutturali a partire dal 1990.
Un sottocomitato (subcommitee, SC) del CEN/TC 250 è responsabile per ciascun eurocodice; quello
che concerne l’Eurocodice 7 è denominato CEN/TC250/SC7. Sotto l’auspicio di questo sottocomitato,
un apposito gruppo di lavoro ha prodotto in bozza la parte 1 dell’Eurocodice 7 (Eurocodice 7 – Part
1), che è stata ratificata come ENV 1997-1 nel 1993.
Dopo un periodo di tre anni fu richiesto agli stati membri del CEN di fornire commenti sul documento
ENV 1997-1. Questi commenti furono presi in considerazione dal sottocomitato CEN/TC 250/SC7 e un
apposito gruppo di lavoro ha prodotto successive bozze del documento EN 1997-1. La bozza finale
è stata sottoposta nel 2004 ad un voto formale ai membri del CEN, con la conseguenza dell’approva-
zione dell’Eurocodice 7 denominato EN 1997-1 (Eurocode 7: Geotechnical Design, Part 1, General
Rules).
L’Eurocodice 7 è composto da due documenti principali:
• Parte 1, Regole Generali (Part 1, General Rules) che è rivolta a definire le regole generali della
progettazione geotecnica.
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124 FONDAZIONI

• Parte 2, Indagini geotecniche e prove sul terreno (Part 2, Ground Investigation and Testing) che
riguarda l’impiego delle indagini geotecniche in sito ed in laboratorio per la progettazione geo-
tecnica.
La seconda parte dell’Eurocodice 7 (EN 1997-2), al momento, è pronta per l’avvio della fase di
approvazione finale e non è quindi disponibile in forma definitiva. In ogni caso, questo documento
fornirà le regole per la programmazione e l’uso delle indagini geotecniche nella progettazione.

4.6.2. I TRE APPROCCI PROGETTUALI


Quando è iniziato il lavoro di preparazione dell’Eurocodice 7 nel 1981, una decisione era già stata
presa dagli esperti coinvolti nella preparazione in bozza degli eurocodici strutturali (opere in calce-
struzzo, in acciaio, in muratura, ecc., Eurocodici da 2 a 6): la scelta di basare gli eurocodici sul meto-
do degli stati limite con l’impiego dei coefficienti di sicurezza parziali. Per gli esperti responsabili
della stesura in bozza dell’Eurocodice geotecnico n. 7, tale approccio si presentava del tutto nuovo
poiché quasi nessuno aveva esperienza di questi concetti nei diversi paesi europei, nella maggior
parte dei quali, la progettazione geotecnica era basata quasi interamente sul metodo delle tensioni
ammissibili con l’impiego di coefficienti di sicurezza globali.
Il lavoro del gruppo incaricato della stesura in bozza dell’Eurocodice 7 incontrò numerosi ostacoli
nell’adozione di tale nuovo approccio (metodo degli stati limite) per la progettazione geotecnica
delle strutture; due aspetti costituivano i maggiori impedimenti:
• la geologia e, conseguentemente, le condizioni geotecniche dei terreni sono notevolmente diffe-
renti da una regione all’altra dell’Europa. Questo ha comportato delle pronunciate differenze, fra
un paese e l’altro, nei metodi di indagine geotecnica, sia in sito sia in laboratorio, nei metodi di
calcolo e nella prassi progettuale; per esempio, l’impiego delle procedure di progettazione basa-
te direttamente sui risultati delle prove pressiometriche rappresenta più o meno lo stato dell’arte
della pratica progettuale dell’Europa centrale, mentre nell’Europa del Nord le scelte progettuali
sono basate su parametri ricavati dalle prove di laboratorio, dalle prove penetrometriche dinami-
che SPT e dalle prove scissometriche;
• nel 1981 gli esperti responsabili della stesura in bozza degli eurocodici avevano già scelto di uti-
lizzare un coefficiente pari a 1.35 come coefficiente di sicurezza parziale sulle azioni permanen-
ti sfavorevoli, incluso il peso proprio dei materiali costituenti le strutture, per la progettazione
allo stato limite ultimo nelle situazioni permanenti e transitorie. Nella progettazione geotecnica
il peso proprio del terreno è sovente l’azione dominante, tuttavia è molto spesso difficile deter-
minare precisamente quale parte del peso del terreno contribuisce con un’azione favorevole e
quale con un’azione sfavorevole.
Nella versione in bozza ENV dell’Eurocodice 7, le citate difficoltà furono risolte proponendo che la
progettazione allo stato limite ultimo di una struttura geotecnica dovesse impostarsi su due calcoli,
ciascuno basato su due differenti tipi di coefficienti di sicurezza parziali:
• calcolo 1, nel quale i coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni permanenti sono superiori
all’unità, mentre i coefficienti di sicurezza parziali sulla resistenza dei materiali geotecnici (ter-
reni e rocce) sono posti pari all’unità;
• calcolo 2, nel quale i coefficienti di sicurezza parziali sulla resistenza dei materiali geotecnici
(terreni e rocce) sono superiori all’unità, mentre i coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni
permanenti sono posti pari all’unità.
Per tutte le analisi agli stati limiti ultimi (ultimate limit state, ULS) in situazioni di carico sia perma-
nenti sia transitorie, era pertanto necessario verificare in principio due differenti combinazioni di
coefficienti di sicurezza parziali. I calcoli per le due combinazioni furono chiamati, rispettivamente,
Caso B e Caso C nella versione in bozza ENV dell’Eurocodice 7-Parte 1.
Nel Caso B si doveva applicare un coefficiente di sicurezza parziale di tipo “strutturale” pari a 1.35
sulle azioni permanenti sfavorevoli, per la progettazione allo stato limite ultimo, in situazioni di cari-
co persistenti e transitorie incluso il peso del terreno.
Un’estesa applicazione di tale approccio indicò che se i tradizionali livelli di sicurezza, adottati nella
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 125

progettazione delle opere geotecniche, dovevano essere mantenuti, non rimaneva spazio per adotta-
re dei coefficienti di sicurezza parziali superiori all’unità per la resistenza dei materiali geotecnici.
Venne conseguentemente deciso di introdurre un Caso C, contemplando dei coefficienti di sicurez-
za parziali sulle resistenze dei materiali geotecnici superiori all’unità, mentre i coefficienti di sicu-
rezza parziali sulle azioni permanenti erano assunti pari all’unità.
I commenti nazionali sulla versione ENV dell’Eurocodice 7-Parte 1 rivelarono, tuttavia, delle insod-
disfazioni sul modo nel quale la norma prescriveva le verifiche allo stato limite ultimo in situazioni
di carico persistente e transitorio.
Furono proposte, pertanto, le seguenti due principali modifiche:
• tentare di ridurre il numero di calcoli e verifiche (ad esempio da due casi ad un unico caso);
• introdurre dei coefficienti di sicurezza parziali anche sulle resistenze e sugli effetti delle azioni
piuttosto che solamente sui materiali (terreno) e sulle azioni.
Sulla base di tali osservazioni la versione EN dell’Eurocodice 7-Parte 1 e l’Eurocodice: Basi della pro-
gettazione strutturale (Eurocode: Basis of Structural Design) includono, come opzione, i seguenti tre
approcci per le verifiche agli stati limite ultimi (ULS) per situazioni di carico persistenti e transitorie:
• Approccio progettuale 1: è virtualmente identico alle indicazioni progettuali della versione ENV
dell’Eurocodice 7, prima descritta. In tale approccio è necessario eseguire due differenti tipi di
calcolo, ciascuno con un differente set di coefficienti di sicurezza parziali, con l’ovvia conside-
razione che, laddove uno dei due set di coefficienti di sicurezza parziali governi la progettazio-
ne, non è necessario effettuare i calcoli e le verifiche con il secondo set di parametri.
Generalmente, l’approccio progettuale 1 può essere definito come l’approccio che adotta dei
coefficienti di sicurezza parziali sia alle azioni sia ai materiali; tali coefficienti sono applicati
all’origine, ovvero alle azioni piuttosto che agli effetti delle azioni e, per quanto concerne i mate-
riali, ai parametri della resistenza al taglio (resistenza unitaria) piuttosto che alla resistenza
(forza), sebbene ci siano due eccezioni: per il progetto dei pali di fondazione e per quello degli
ancoraggi, dove si applicano dei coefficienti di sicurezza parziali alle resistenze.
• Approccio progettuale 2: richiede un unico calcolo dove i coefficienti di sicurezza parziali sono
applicati sia alle azioni e agli effetti delle azioni sia alle resistenze. L’approccio progettuale 2 può
essere definito come l’approccio basato su coefficienti di sicurezza parziali applicati sia all’ef-
fetto delle azioni sia alla resistenza. Poiché applica dei coefficienti di sicurezza parziali all’effet-
to delle azioni, non differisce significativamente dall’approccio convenzionale che fa riferimen-
to al coefficiente di sicurezza globale (Overall Factors of Safety, OFSS).
• Approccio progettuale 3: richiede un unico calcolo nel quale sono applicati dei coefficienti di
sicurezza parziali alle azioni o agli effetti delle azioni sulla struttura e ai parametri di resistenza
al taglio del terreno. L’approccio progettuale 3, può essere definito come un approccio basato su
coefficienti di sicurezza parziali applicati sia alle azioni (effetti) sia ai materiali.
La necessità di includere tutti e tre gli approcci progettuali fu chiaramente dimostrata dalle discus-
sioni nell’ambito del sottocomitato CEN/TC250/SC7 e tra tutti gli ingegneri geotecnici europei coin-
volti: molti membri nazionali del CEN erano apertamente in favore di uno (o talvolta di due) dei tre
differenti approcci progettuali ma non sarebbero stati capaci di votare favorevolmente per l’introdu-
zione dell’Eurocodice EN 1997-1 se fosse stato introdotto solamente uno dei tre approcci imponen-
do, pertanto, un’unica possibilità.
Sulla base di questi differenti punti di vista occorre pertanto evidenziare che la completa armoniz-
zazione della progettazione geotecnica non è conseguibile, allo stato attuale, mediante l’introduzio-
ne dell’EN 1997-1. Tuttavia c’è la speranza fra tutti gli esperti coinvolti nella stesura dell’Eurocodice
7 che l’esperienza che sarà raccolta durante l’applicazione dell’Eurocodice 7, nei diversi paesi euro-
pei, secondo i tre diversi approcci contemplati, potrà portare in futuro alla definizione di un unico
approccio.
L’Eurocodice 7 prevede inoltre un annesso nazionale, ovvero un allegato particolare che contiene le
scelte nazionali sui punti lasciati non definiti dall’EC7. Ciò è possibile in quanto:
• sono possibili scelte alternative;
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126 FONDAZIONI

• devono essere fissati i valori numerici delle grandezze indicate solo simbolicamente
nell’Eurocodice;
• alcune grandezze dipendono da situazioni specifiche di ogni singolo paese (clima, geologia,
ecc.).
Per esprimere la volontà di raggiungere la più completa armonizzazione della normativa sulle
costruzioni, il TC250 ha stabilito che l’annesso nazionale non potrà in alcun modo modificare i con-
tenuti della norma europea, per esempio non potrà alterare il valore di una clausola normativa
variandone il grado di obbligatorietà.

4.6.3. PRINCIPI BASE DELL’EUROCODICE 7


L’opera deve essere progettata in modo tale da soddisfare i seguenti requisiti:
• sia stabile complessivamente ed in ogni sua componente con adeguati margini di sicurezza, ovve-
ro non raggiunga mai condizioni di stato limite ultimo;
• mantenga pressoché inalterate le caratteristiche di funzionalità per le quali è stata concepita,
ovvero non raggiunga mai condizioni di stato limite di esercizio.
Tali requisiti valgono nelle varie fasi sia della costruzione sia dell’esercizio.
Allo scopo di conseguire tali requisiti la progettazione deve essere sviluppata in accordo al seguen-
te iter:
1. Individuazione di tutti gli stati limite possibili sia per la nuova struttura prevista sia per il siste-
ma terreno-struttura e, ove appropriato, per opere esistenti poste nelle immediate vicinanze.
2. Definizione, sulla base dei dati di progetto acquisiti, delle situazioni progettuali per le quali con-
durre le verifiche degli stati limite. L’Eurocodice 1 definisce le seguenti situazioni progettuali:
• situazioni definitive (permanenti) che si riferiscono alle normali condizioni di vita della strut-
tura;
• situazioni provvisorie che si riferiscono a condizioni che si verificano temporaneamente
(come, ad esempio, quelle relative alla varie fasi di costruzione);
• situazioni accidentali che si riferiscono a condizioni eccezionali, quali quelle che si verifica-
no nel caso di urti, esplosioni, incendi, ecc.;
• situazioni dinamiche che si riferiscono ad eventi sismici che causano l’applicazione di carichi
e conseguenti deformazioni.
3. Verifica, per ciascuna situazione di progetto, del non raggiungimento delle condizioni di stato
limite.
Per quanto riguarda lo stato limite si possono individuare le seguenti due condizioni:
1. Stati limite ultimi (ULS) vengono definiti sulla base di considerazioni di sicurezza per l’opera da
progettare, nonché per le eventuali opere esistenti poste nelle immediate vicinanze. Essi sono
generalmente associati a meccanismi di collasso della struttura (o di uno o più dei suoi compo-
nenti) o del terreno, in quest’ultimo caso mediante la formazione di superfici di rottura, e sono
causati, oltre che dal superamento dei limiti di resistenza dei materiali, anche da:
• perdita di equilibrio della struttura o di una sua parte;
• rotture dilazionate nel tempo, causate da fenomeni di fatica o da altri fattori dipendenti dal
tempo;
• deformazioni eccessive in grado di mettere fuori servizio l’opera da progettare o opere esi-
stenti poste nelle immediate vicinanze.
Per cautelarsi nei confronti del raggiungimento degli stati limite ultimi, il progettista deve intro-
durre nelle analisi adeguati coefficienti di sicurezza, secondo i criteri più avanti esposti.
2. Stati limiti di esercizio (SLS): sono quelli in corrispondenza dei quali l’opera non soddisfa più
alcuni requisiti per i quali è stata concepita. Vengono definiti sulla base delle seguenti conside-
razioni:
• funzionamento dell’opera nel suo complesso o delle sue parti componenti;
• fruibilità dell’opera;
• estetica dell’opera (fessurazione, danni alle finiture e/o agli elementi non strutturali, ecc.).
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 127

Sono generalmente causati dall’insorgere di eccessive deformazioni e/o eccessive sollecitazioni


negli elementi strutturali e nel terreno (vedi ad esempio i fenomeni di fessurazione nelle strutture
in cemento armato). Di norma le verifiche agli stati limite di esercizio vengono condotte limitan-
do i valori delle deformazioni e delle tensioni negli elementi strutturali e nel terreno, entro valori
ammissibili definiti sulla base dell’esperienza e dell’osservazione del comportamento delle opere.
È compito del progettista individuare gli stati limite da analizzare. In generale vengono considerati i
seguenti stati limite:
• instabilità generale del sito e dell’opera (ULS, vedi ad esempio figura 4.8);
• rottura del terreno (ULS, si veda ad esempio le figure 4.94.11);
• rottura di elementi strutturali (ad esempio muro, micropali, ancoraggio, ecc.) o delle connessio-
ni tra elementi strutturali (ULS, vedi ad esempio figure 4.12 e 4.13);
• contemporanea rottura nel terreno e in uno o più elementi strutturali (ULS);
• spostamenti eccessivi che inducano la messa fuori servizio della struttura (ULS), danni irrepara-
bili alla struttura (ULS), perdita di funzionalità o di qualità estetica della struttura (SLS);
• spostamenti eccessivi che inducano il collasso, la messa fuori servizio e la perdita di funzionalità
o di qualità estetica di strutture esistenti nelle immediate vicinanze dell’opera (ULS-SLS);
• infiltrazioni d’acqua attraverso la struttura (ULS-SLS);
• trasporto di terreno attraverso la struttura (ULS-SLS);
• modifiche del regime idrostatico (ULS-SLS), ecc.

Figura 4.8. Esempi di modi limite di comportamento per instabilità globale delle strutture di sostegno

Figura 4.9. Esempi di modi limite di comportamento per rottura in fondazioni di muri a gravità
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128 FONDAZIONI

Figura 4.10. Esempi di modi limite di comportamento per la rottura per rotazione di paratie

Con riferimento ai pali di fondazione devono esse-


re considerate le seguenti condizioni di stati limiti
ultimi provocate dalla rottura del terreno:
• stato limite ultimo per instabilità globale;
• stato limite per carico limite della palificata;
• stato limite ultimi per rottura o grave danno
della sovrastruttura provocato da spostamenti
della palificata;
• stato limite di servizio della sovrastruttura pro-
vocato da spostamenti dei pali.
Nel caso di impiego dei micropali o pali di piccolo Figura 4.11.Esempio di modo limite di comportamento
diametro come opere di sostegno devono essere per rottura verticale di una parete
analizzati i seguenti stati limite:
• rottura per rotazione causata da non adeguate reazioni orizzontali del terreno al di sotto del fondo
scavo;
• rottura per sfilamento degli ancoraggi;
• rottura per raggiungimento di condizioni di instabilità locale per capacità portante in condizioni
non drenate di strati limoso-argillosi posti in corrispondenza del fondo scavo;
• rottura per raggiungimento di condizioni di instabilità del fondo scavo dovute a fenomeni di sifo-
namento o di sollevamento per pressioni artesiane in livelli/strati sabbiosi sottostanti livelli/stra-
ti limoso-argillosi più impermeabili;
• rottura per mancanza di equilibrio verticale.
È compito del progettista definire, sulla base dei dati di progetto raccolti, le situazioni di progetto
per le quali condurre le verifiche degli stati limite, facendo riferimento ad assunzioni e a combina-
zioni dei dati di progetto sufficientemente cautelative, in modo da coprire tutte le condizioni che pos-
sono ragionevolmente essere previste durante l’esecuzione e la vita utile dell’opera. Le assunzioni e
le combinazioni dei dati di progetto possono variare in relazione anche al tipo di situazione proget-
tuale che occorre verificare; ad esempio, il livello della falda assunto per il dimensionamento di
un’opera provvisoria può essere meno cautelativo di quello considerato per la progettazione di un’o-
pera definitiva. Le ipotesi di base che conducono alla definizione delle situazioni di progetto devo-
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 129

Figura 4.12. Esempi di modi limite di comportamento per la rottura strutturale di strutture di sostegno
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130 FONDAZIONI

Figura 4.13. Esempi di modi limite di comportamento per rottura da sfilamento di ancoraggi

no essere esplicitate e giustificate in dettaglio nella documentazione allegata al progetto dell’opera.


Il grado di cautela da introdurre nella definizione delle situazioni di progetto deve tenere conto, tra
gli altri, dei seguenti aspetti:
1. Condizioni di stabilità generale del sito, in relazione anche alla presenza o meno di movimenti
del terreno indotti da fenomeni di subsidenza o di rigonfiamento, che possono generare carichi
aggiuntivi sulle strutture.
2. Complessità delle condizioni stratigrafiche e geotecniche, in relazione soprattutto:
• al grado di conoscenza acquisito sulle caratteristiche fisiche e meccaniche dei vari strati di terreno;
• alla loro variabilità nello spazio e nel tempo;
• alla presenza o meno di discontinuità strutturali (giunti, fessure, ecc.) che possono influenza-
re il comportamento in grande scala dell’ammasso;
• al grado di conoscenza delle tensioni geostatiche iniziali.
3. Complessità delle condizioni idrogeologiche, in relazione soprattutto alla definizione dei livelli
piezometrici presenti nei vari strati di terreno e alle loro variazioni nel tempo.
4. Grado di confidenza sulle condizioni geometriche e di carico assunte per le verifiche, in relazio-
ne soprattutto:
• alla possibilità che nelle zone circostanti l’opera possano verificarsi fenomeni di erosione o
essere effettuati scavi e riporti, ecc.;
• alla possibilità che possano cambiare nel tempo le condizioni di carico (variazione dei carichi
e/o delle loro combinazioni), ecc.
5. Caratteristiche dell’opera, in relazione soprattutto alla sua capacità di assorbire l’effetto di spo-
stamenti differenziali.
6. Condizioni ambientali, in relazione soprattutto agli effetti prodotti da agenti aggressivi sulla
durabilità dell’opera.
Il raggiungimento degli obiettivi progettuali, ovvero la verifica che nell’ambito di ciascuna situa-
zione di progetto considerata non si verifichi il raggiungimento degli stati limite, può essere perse-
guito dal progettista:
• mediante il ricorso al calcolo;
• mediante l’adozione di prescrizioni;
• mediante l’utilizzo di dati relativi a prove su prototipi a grande scala o su modelli fisici in scala
ridotta;
• mediante l’utilizzo del metodo osservazionale.
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 131

Generalmente i progetti vengono supportati dal calcolo, che viene anche utilizzato nel caso dell’a-
dozione di altre metodologie progettuali. Il progetto mediante calcolo comporta lo sviluppo dei
seguenti punti:
• la definizione della situazione di progetto, con identificazione dei dati geometrici (dimensioni
dell’opera, stratificazione del terreno, livelli di falda, ecc.), delle azioni, delle proprietà meccani-
che dei terreni ecc.;
• la scelta del metodo di calcolo e del modello costitutivo per le strutture e per il terreno;
• la definizione dei parametri che caratterizzano il modello costitutivo prescelto per le strutture e
per il terreno;
• la definizione dei criteri di accettabilità, ovvero dei coefficienti di sicurezza minimi richiesti per
le verifiche degli stati limite ultimi e degli spostamenti totali e/o differenziali ammissibili sia per
le verifiche degli stati limite di esercizio che per le verifiche degli stati limite ultimi.
La scelta del metodo di calcolo e dei modelli costitutivi del terreno deve essere effettuata in relazione:
• allo stato limite da analizzare;
• alla complessità (geometrica e geotecnica) del problema da esaminare;
• alla capacità del metodo di calcolo di rappresentare il problema da esaminare;
• al grado di definizione della situazione geotecnica (qualità e quantità dei dati geotecnici, incer-
tezze nella stratigrafia ecc.);
• all’importanza dell’opera;
• alle implicazioni connesse con eventuali insuccessi nella previsione dei risultati.
Nel caso di opere di una certa rilevanza il progettista si avvale:
• di metodi di calcolo in grado di schematizzare adeguatamente il problema di interazione terreno-
struttura, mettendo in conto aspetti connessi con la compatibilità delle deformazioni, soprattutto
in presenza di materiali fragili, ovvero caratterizzati da leggi di comportamento del tipo ram-
mollente (strain-softening);
• del confronto tra i risultati ottenibili con metodi di calcolo alternativi;
• del confronto con i risultati pubblicati in letteratura o facenti parte del suo bagaglio tecnico, rela-
tivi al monitoraggio dalle opere di caratteristiche simili, realizzate in condizioni geotecniche
comparabili al caso di progetto.
Per quanto concerne la progettazione mediante l’utilizzo di prescrizioni, tale metodologia si esplica
nell’adozione di particolari cautele progettuali, di prescrizioni sulle metodologie esecutive, di con-
trolli sulle caratteristiche dei materiali, ecc.
L’adozione di prescrizioni per la progettazione deve essere limitata:
• a problemi relativamente semplici (ad esempio, in presenza di muri con carichi in fondazione di
limitata entità, appoggiati su terreni di ottime caratteristiche meccaniche, si potrà evitare la veri-
fica di capacità portante, prescrivendo opportuni controlli ed accorgimenti in fase di realizzazio-
ne della fondazione che attestino l’effettivo raggiungimento del tetto della formazione rocciosa);
• a opere di limitata importanza caratterizzate da situazioni riconducibili a casi per i quali sono
disponibili anche evidenze di comportamento in siti adiacenti a quelli di futura costruzione; in
tali casi si dovrà comunque dimostrare la similarità delle condizioni geotecniche tra il sito di futu-
ra costruzione e quello preso come riferimento.
A fini progettuali possono inoltre essere presi in considerazione i risultati di prove su prototipi a gran-
de scala o su modelli fisici in scala ridotta, purché siano considerati e valutati i seguenti aspetti:
• differenze tra le condizioni geotecniche che caratterizzano le prove su prototipi o su modelli fisi-
ci in scala ridotta e la situazione di progetto, con particolare riferimento al grado di addensa-
mento, all’entità delle pressioni geostatiche iniziali, alla stratificazione, alla presenza di discon-
tinuità strutturali, ecc.;
• estendibilità dei risultati delle prove alla vita utile dell’opera;
• effetti scala, nel caso di prototipi di dimensioni più piccole rispetto a quelle dell’opera in pro-
getto.
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132 FONDAZIONI

In generale risulta tuttavia preferibile utilizzare i risultati sperimentali delle prove su prototipi a
grande scala o su modelli fisici in scala ridotta in modo indiretto, ovvero attraverso la taratura
mediante analisi a ritroso (back analysis) dei metodi di calcolo, che verranno invece applicati per
l’esame della situazione reale di progetto.
Nel caso di opere e/o situazioni di progetto di particolare complessità, qualora i metodi di calcolo,
ancorché raffinati, non siano in grado di fornire sufficienti garanzie sull’effettivo comportamento
dell’opera, si può affiancare la progettazione mediante calcolo con quella mediante il metodo osser-
vazionale.
Secondo tale metodo, il progetto può essere controllato ed eventualmente modificato durante la fase
di realizzazione.
Nel caso di utilizzo di tale approccio progettuale, nello sviluppo del progetto:
• deve essere stabilito un campo di possibili comportamenti accettabili per l’opera, definendone i
limiti;
• deve essere dimostrato che il comportamento reale dell’opera abbia un’accettabile probabilità di
ricadere nei prefissati limiti di accettabilità;
• deve essere previsto un sistema di monitoraggio in grado di rilevare se il comportamento reale
della struttura rimane o meno nel campo di quelli accettabili. A tale scopo il monitoraggio deve
essere progettato in modo tale da consentire il rilevamento di eventuali comportamenti anomali,
in modi e tempi opportuni per permettere con successo l’attivazione degli interventi integrativi
previsti in progetto. In particolare, i tempi di risposta del sistema di monitoraggio, di acquisizio-
ne e di interpretazione dei dati, di eventuale attivazione ed esecuzione degli interventi integrati-
vi devono essere stabiliti nel progetto tenendo conto di ragionevoli previsioni sull’evoluzione di
eventuali fenomeni di instabilità;
• devono essere previsti interventi integrativi, nonché i modi e i tempi per la loro attivazione.

4.6.4. VERIFICHE AGLI STATI LIMITI ULTIMI


4.6.4.1. GENERALITÀ
Sebbene l’EN 1997-1 tratti della progettazione dei differenti tipi di fondazioni, opere di sostegno e
altri tipi di strutture geotecniche, l’Eurocodice 7 non specifica quali teorie della meccanica delle
terre o quali leggi costitutive dei terreni e delle rocce devono essere utilizzate per determinare, per
esempio, la pressione delle terre che agisce su un’opera di sostegno, o per analizzare la stabilità di
un pendio. Tuttavia, l’EN 1997-1 indica quali criteri progettuali devono essere adottati nei calcoli
sulla base dell’impiego di coefficienti di sicurezza parziali. I valori dei coefficienti di sicurezza par-
ziali riportati nell’Annesso A dell’Eurocodice 7 sono raccomandati, ma possono comunque essere
modificati dall’annesso nazionale.
L’EN 1997-1 distingue tra cinque differenti tipi di verifiche agli stati limite ultimi e usa le abbrevia-
zioni che erano già state definite nell’EN 1990:
• perdita di equilibrio generale della struttura, considerata come un corpo rigido, o del terreno
(indicata con EQU), dove la resistenza dei materiali strutturali e del terreno sono insignificanti nel
fornire resistenza, come, ad esempio, nel caso di ribaltamento di un muro di sostegno su roccia;
• superamento della resistenza limite o eccesso di deformazioni della struttura o degli elementi
strutturali (indicato con STR), inclusi fondazioni dirette, pali, muri di sostegno, ecc., nei quali la
resistenza dei materiali strutturali è significativa nel fornire resistenza;
• superamento della resistenza limite o eccesso di deformazione del terreno (indicato con GEO), nel
quale la resistenza del terreno o della roccia è significativa nel fornire resistenza, come, ad esempio,
nel caso della stabilità globale, della capacità portante di fondazioni superficiali o profonde su pali;
• sollevamento della costruzione o del terreno per sottopressioni idrauliche o per altre azioni ver-
ticali (indicato con UPL);
• collasso del terreno causato da gradienti idraulici eccessivi (indicato con HYD).
Le formule per controllare questi stati limite sono riportate nei paragrafi da 2.4.7.2 a 2.4.7.5
dell’Eurocodice 7.
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 133

Nella verifica agli stati limite ultimi per rottura o per eccessiva deformazione nel terreno e negli ele-
menti strutturali deve essere verificata la seguente disuguaglianza:

Ed ≤ Rd

dove Ed è il valore di progetto degli effetti di tutte le azioni, e Rd è il valore di progetto della corri-
spondente resistenza del terreno o della struttura.
Al contrario delle verifiche eseguite nella progettazione delle strutture, le azioni geotecniche non pos-
sono essere separate dalle resistenze del terreno, poiché spesso dipendono da esse come, ad esempio,
nel caso della pressione delle terre. Inoltre, la resistenza del terreno spesso dipende dalle azioni come,
ad esempio, nel caso della capacità portante di una fondazione superficiale che dipende dalle azioni
applicate alla fondazione. Ci sono differenti ed equivalenti modi per tenere conto di questa diretta
dipendenza, in geotecnica, tra le azioni e le resistenze; a questo riguardo, l’EN 1997-1 propone tre
approcci progettuali per verificare l’assenza della rottura nel terreno (GEO) e nella struttura (STR).
Nell’Eurocodice 7 si definiscono i valori caratteristici delle azioni (F), dei parametri geotecnici (X)
e dei parametri geometrici (a), ed i corrispondenti valori di progetto, che si ottengono applicando un
coefficiente di sicurezza parziale al corrispondente valore caratteristico della grandezza considerata.
Valori caratteristici e valori di progetto entrano in gioco nel calcolo delle resistenze R e degli effet-
ti delle azioni E:

R = R (F, X, a)
E = E (F, X, a)

Inoltre, ma solo per quanto riguarda le azioni, si considera il cosiddetto valore rappresentativo per
tenere conto della possibilità che queste siano di tipo permanente, variabile o accidentale.
Concettualmente, il valore rappresentativo di un’azione è solo un particolare valore caratteristico
che tiene conto del modo in cui le azioni si manifestano. La tabella, riportata in figura 4.14, può ser-
vire per riassumere le definizioni delle grandezze ed il modo per ricavarle, secondo quanto prescrit-
to dalla norma EN 1990-2001 “Basis of Design”.

Simbologia Note
Valore rappresentativo Frep = Ψ · Fk
Si ottiene combinando fra loro le azioni caratteristi-
che Fk permanenti, variabili e accidentali
Fattore di combinazione Ψ≤ 1
Valore di progetto Fd = γF Frep γF coefficiente di sicurezza parziale
Geotecnici valore caratteristico Xk stima cautelativa di un parametro geotecnico
si ricava alternativamente:
valore di progetto Xd 1) Xd = Xk/γM (γM coefficiente parziale)
2) scelta diretta
Geometrici valore nominale anom

Figura 4.14. Definizioni presenti in EN 1990-2001

4.6.4.2.SUPERAMENTO DELLA RESISTENZA LIMITE O ECCESSO DI DEFORMAZIONE NEGLI ELEMENTI


STRUTTURALI STR O SUPERAMENTO DELLA RESISTENZA LIMITE O ECCESSO DI DEFORMAZIONE NEL
TERRENO GEO

Azioni di progetto
Gli effetti delle azioni sono funzione delle stesse azioni, delle proprietà dei terreni e dei dati geo-
metrici. Le seguenti espressioni (4.1a) e (4.1b) indicano il calcolo dei valori di progetto degli effet-
ti delle azioni, applicando il coefficiente di sicurezza parziale o direttamente sulle azioni o sull’ef-
fetto finale.
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134 FONDAZIONI

I coefficienti di sicurezza parziali per le azioni possono essere quindi applicati:


• ai valori rappresentativi Frep dell’azione
Ed = E {γ F ⋅ Frep , X k / γ M , ad } (4.1a)
• o al loro effetto (E)
Ed = γ E ⋅ E { Frep , X k / γ M , ad } (4.1b)
dove Xk è il valore caratteristico della resistenza del terreno, γF è un coefficiente di sicurezza parziale
sull’azione, γM è un coefficiente di sicurezza parziale sulle proprietà del materiale, γE è un coeffi-
ciente di sicurezza parziale sull’effetto delle azioni, e ag è il valore di progetto dei dati geometrici.
L’EN 1990 (paragrafo 6.3.1) e l’Annesso B dell’EN 1997-1 forniscono indicazioni su quando usare le
espressioni (4.1) e (4.2). Il termine Xk/γM introduce nel calcolo gli effetti delle azioni geotecniche,
come ad esempio la pressione del terreno.
I seguenti metodi possono essere usati per calcolare il valore di progetto dell’effetto di una azione
geotecnica (si veda l’annesso B.2 dell’EN 1997-1):
• utilizzando i valori di progetto dei parametri di resistenza e applicando un coefficiente di sicu-
rezza parziale γM superiore all’unità alla sorgente dell’azione;
• usando valori di progetto uguali ai valori caratteristici dei parametri di resistenza, ovvero appli-
cando un coefficiente di sicurezza parziale uguale all’unità.
Conseguentemente le espressioni (4.1) e (4.2) diventano:
Ed = γ E ⋅ E { Frep , X k / γ M , ad } (espressione (B.3.2) nell’annesso B.2)

Ed = γ E ⋅ E { Frep , X k / γ M , ad } (espressione (B.3.1) nell’annesso B.2)


Valori raccomandati dei coefficienti di sicurezza variabili per l’impiego in situazioni persistenti e
transitorie sono dati nelle tabelle A.3 e A.4 dell’annesso A, di seguito riportate; valori alternativi pos-
sono essere dati dagli annessi nazionali.

Resistenze di progetto
La resistenza nel terreno è una funzione della resistenza al taglio del terreno, Xk, e spesso delle azio-
ni Frep (quando il valore della resistenza è condizionato dall’azione, come ad esempio per le fonda-
zioni superficiali sottoposte a carichi inclinati), e dei dati geometrici. Il valore di progetto della resi-
stenza, Rd, può essere calcolato nei seguenti tre modi, che si differenziano per come agisce il coef-
ficiente di sicurezza parziale: rispettivamente sulle azioni, sull’effetto delle azioni o su entrambe.
L’entità delle azioni influenza infatti anche i valori delle resistenze geotecniche:
Rd = R {γ F ⋅ Frep , X k / γ M , ad } (4.2a)

Rd = R {γ F ⋅ Frep , X k , ad } / γ R (4.2b)

Rd = R {γ F ⋅ Frep , X k / γ M , ad } / γ R (4.2c)
dove γR è un coefficiente di sicurezza parziale per la resistenza del terreno.
Nell’espressione (4.2a) il valore di progetto della resistenza è ottenuto applicando un coefficiente di
sicurezza parziale γM > 1.0 ai valori caratteristici dei parametri di resistenza al taglio del terreno c’k e
tanϕ’k o cu,k, ecc. Se le azioni giocano un ruolo sulla resistenza, i valori di progetto delle azioni (γF ·
Frep) sono introdotti nel calcolo di Rd (si vedano gli approcci progettuali 1 e 3 e le figure 4.15 e 4.17).
Nell’espressione (4.2b), il valore di progetto della resistenza è ottenuto applicando un coefficiente
di sicurezza parziale γR > 1.0 alla resistenza ottenuta usando i valori di progetto uguali ai valori carat-
teristici dei parametri di resistenza al taglio del terreno. Se le azioni giocano un ruolo sulla resisten-
za, i valori di progetto delle azioni (γF · Frep) sono introdotti nel calcolo di Rd (si veda l’approccio
progettuale 2 e la figura 4.16).
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Fondazioni - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore

CAPITOLO 4 - Capacità portante 135

Figura 4.15. Approccio progettuale 1: introduzione ai coefficienti di sicurezza parziali (valori raccomandati) da impiegare per
valutare la capacità portante del terreno usando: (a) combinazione 1 e (b) combinazione 2. Per semplicità, è
considerato solamente l’equilibrio verticale e sono mostrate le sole azioni sfavorevoli

Figura 4.16. Approccio progettuale 2: introduzione ai coefficienti di sicurezza parziali (valori raccomandati) da impiegare per
valutare la capacità portante del terreno: (a) fattorizzazione delle azioni all’origine, indicato come approccio DA-
2; (b) fattorizzazione degli effetti delle azioni, indicato come approccio DA-2*. Per semplicità, è considerato sola-
mente l’equilibrio verticale e sono mostrate le sole azioni sfavorevoli

Se gli effetti delle azioni sono fattorizzati (si veda l’Annesso B.3(6) dell’EN 1997-1), si ha γF = 1.0
e l’espressione (4.2c) diventa:
Rd = R { Frep , X k , ad } / γ R (espressione (B.6.2.2.) nell’annesso B.3)
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136 FONDAZIONI

Figura 4.17. Approccio progettuale 3: introduzione ai coefficienti di sicurezza parziali (valori raccomandati) da impiegare per
valutare la capacità portante del terreno. Per semplicità, è considerato solamente l’equilibrio verticale e sono
mostrate le sole azioni sfavorevoli

L’espressione (4.2c) è simile all’espressione (4.2a), ma un coefficiente di sicurezza parziale com-


plementare γR > 1.0 può essere applicato per ottenere il valore di progetto della resistenza. I valori
dei coefficienti di sicurezza parziali possono essere presi dall’Annesso A dell’Eurocodice 7 (di
seguito si riportano per comodità di lettura le tabelle A.1, A.2, A.3 e A.4); valori alternativi possono
essere indicati nell’annesso nazionale

Tabella A.1 Dall’annesso A dell’Eurocodice 7 (en 1997-1), coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni (γF) per la verifica dello
stato di equilibrio limite (EQU)
Azione Simbolo Valore
Permanenti
Sfavorevoli (a) γG,dst 1.1
Favorevoli (b) γG,stk 0.9
Variabili
Sfavorevoli (a) γQ,dst 1.5
Favorevoli (b) γQ,dst 0
(a) Destabilizzanti
(b) Stabilizzanti

Tabella A.2 Dall’annesso A dell’Eurocodice 7 (en 1997-1), coefficienti di sicurezza parziali sui parametri del terreno (γM) per
la verifica dello stato di equilibrio limite (EQU)
Parametro del terreno Simbolo Valore
Angolo di resistenza al taglio (*) γφ’ 1.25
Coesione efficace γc’ 1.25
Resistenza al taglio in condizioni
γcu 1.4
non drenate
Resistenza a compressione
γqu 1.4
monoassiale
Peso dell’unità di volume γγ 1.0
Questo coefficiente di sicurezza si applica alla tangente dell’angolo di resistenza al taglio (tanφ)
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 137

Tabella A.3 Dall’annesso A dell’Eurocodice 7 (EN 1997-1), coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni (γF) o sugli effetti delle
azioni (γE) per le verifiche strutturali (STR) e geotecniche (GEO)
Set
Azione Simbolo
A1 A2
Sfavorevoli 1.35 1.0
Permanenti γG
Favorevoli 1.0 1.0
Sfavorevoli 1.5 1.3
Variabili γQ
Favorevoli 0 0

Tabella A.4 Dall’annesso A dell’Eurocodice 7 (EN 1997-1), coefficienti di sicurezza parziali sui parametri del terreno (γM) per
le verifiche strutturali (STR) e geotecniche (GEO)
Set
Parametro del terreno Simbolo
M1 M2

Angolo di resistenza al taglio (*) γφ’ 1.0 1.25

Coesione efficace γc’ 1.0 1.25

Resistenza al taglio in
γcu 1.0 1.4
condizioni non drenate
Resistenza a
γqu 1.0 1.4
compressione monoassiale

Peso dell’unità di volume γγ 1.0 1

(*) Questo coefficiente di sicurezza si applica alla tangente dell’angolo di resistenza al taglio (tanφ)

Approcci progettuali
Le espressioni (4.1) e (4.2) differiscono nel modo di distribuire i coefficienti di sicurezza parziali tra
le azioni, le proprietà del terreno e le resistenze. Differenti combinazioni delle espressioni (4.1) e
(4.2) e, pertanto, differenti modi di introdurre i coefficienti di sicurezza parziali nei termini E ed R
della disuguaglianza fondamentale Ed ≤ Rd hanno condotto a tre differenti approcci progettuali con-
templati nell’EN 1997-1. I valori dei coefficienti di sicurezza parziali da applicare, una volta scelto
un determinato Approccio Progettuale, sono lasciati alle determinazioni di ciascun paese e devono
essere indicati nell’apposito annesso nazionale.
I modi di combinare i set dei coefficienti di sicurezza parziali, per ottenere i valori di progetto degli
effetti delle azioni e delle resistenze, nella disuguaglianza Ed ≤ Rd, sono indicati in maniera simbo-
lica, ad esempio, nel seguente modo, ad esempio:
A1 ’+’ M1 ‘+’ R1
Il significato dell’espressione sopra indicata è
la seguente:
1. i coefficienti di sicurezza parziali per le azioni (γF) o per gli effetti delle azioni (γE) sono rappre-
sentati dal simbolo A e sono presi dal set A1 della tabella A.3 dell’Annesso A dell’EN 1997-1; il
simbolo ‘+’ significa che essi sono usati in combinazione con
2. i coefficienti di sicurezza parziali (γM) per la resistenza al taglio dei terreni (simbolo M) che sono
presi dal set M1 della tabella A.4, e con
3. i coefficienti di sicurezza parziali per la resistenza (γR) (simbolo R), che sono presi dal set R1,
delle tabelle da A.5 ad A.8 riportate nell’annesso A.
La procedura per combinare i coefficienti di sicurezza parziali, sopra descritti in maniera simbolica,
implica che un’azione geotecnica, o l’effetto di un’azione, incluse le azioni geotecniche, coinvolga
due differenti set di coefficienti di sicurezza parziali: A (coefficienti di sicurezza parziali sulle azio-
ni) ‘+’ M (coefficienti di sicurezza parziali sui parametri geotecnica). Invece, una resistenza geotec-
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138 FONDAZIONI

nica implica sempre due set di coefficienti di sicurezza parziali: M (coefficienti di sicurezza parzia-
li sui parametri geotecnica) ‘+’ R (coefficienti di sicurezza parziali sulle resistenze).
Tuttavia, in un certo numero di casi, i coefficienti di sicurezza parziali sono posti uguali all’unità;
questo si applica, ad esempio, ai set M1, R1 ed R3.
Se si fa uso dei coefficienti di sicurezza parziali relativi al set M1, i valori di progetto dei parametri
del terreno sono assunti uguali ai loro valori caratteristici.

Approccio progettuale 1 (DA-1)


Sono prescritte due analisi distinte per verificare che non si determini uno stato limite di collasso
nelle componenti strutturali o nel terreno. Nel primo caso i coefficienti di sicurezza parziali sono
applicati alle azioni, mentre i parametri geotecnici compaiono con i loro valori caratteristici; nel
secondo caso, le azioni vengono considerate con i loro valori caratteristici (eccetto per la compo-
nente variabile dei carichi esterni, che viene maggiorata se sfavorevole), mentre i parametri geotec-
nici assumono i valori di progetto.
I coefficienti di sicurezza parziali sono applicati alle azioni, piuttosto che ai loro effetti e ai valori
caratteristici della resistenza al taglio del terreno (come ad esempio c’ e tanϕ’o cu), utilizzando l’e-
spressione (4.2a). Un’eccezione a questo approccio si ha per la progettazione dei pali e degli anco-
raggi, che sono verificati applicando i coefficienti di sicurezza parziali alla resistenza misurata o cal-
colata usando l’espressione (4.2b); in questo caso, la verifica a rottura del terreno, si esegue appli-
cando i coefficienti di sicurezza parziali direttamente sulle resistenze finali (per esempio la portata
di punta e la portata laterale per i pali di fondazione) e non sui parametri geotecnici.
I coefficienti di sicurezza parziali sono usualmente applicati direttamente ai valori rappresentativi
delle azioni (espressione (4.1a)), ad eccezione di quando, seguendo tale approccio, si giunge a delle
situazioni fisicamente impossibili, come nel caso dell’applicazione di un coefficiente di sicurezza
parziale (chiamata anche fattorizzazione) alla profondità nota della falda; in tali casi, i coefficienti
di sicurezza parziali sono applicati agli effetti dell’azione, pertanto è impiegata l’espressione (4.1b)
(si veda il paragrafo 2.4.7.3.2(2) dell’Eurocodice 7).

Combinazione 1
La combinazione dei coefficienti di sicurezza variabili è: A1 ‘+’ M1 ‘+’ R1. La combinazione 1 coin-
cide con il vecchio caso B usato nella versione preliminare dell’Eurocodice 7 (ENV 1997-1) Lo scopo
è quello di conseguire un’adeguata sicurezza nei confronti di sfavorevoli deviazioni dei valori delle
azioni, o dei loro effetti, dai loro valori caratteristici, mentre i valori di progetto delle proprietà del
terreno sono assunti uguali ai valori caratteristici. Così, per le azioni sfavorevoli (o i loro effetti) i
calcoli per la combinazione 1 sono condotti usando il set di coefficienti di sicurezza parziali A1 della
Tabella A.3 dell’annesso A (figura 4.15a: valori raccomandati γG = 1.35 e γQ =1.5); per le azioni favo-
revoli i valori raccomandati sono i seguenti: γG =1.0 e γQ =0.0. Per le resistenze del terreno, i calco-
li sono eseguiti utilizzando il set di coefficienti di sicurezza parziali M1 della tabella A.4, e il set R1
delle tabelle da A.5 ad A.8 e delle tabelle da A.12 ad A.14 (riportate nella figura 4.18) (figura 4.15a:
γϕ' = γc' = γcu = 1.0 e γR,v = 1.0).

Combinazione 2
La combinazione dei coefficienti di sicurezza parziali è: A2 ‘+’ M2 ‘+’ R1. La combinazione 2 cor-
risponde al caso C nell’ENV 1997-1 e ha lo scopo di conseguire un’adeguata sicurezza nei confronti
di sfavorevoli deviazioni delle caratteristiche di resistenza al taglio del terreno dai valori caratteri-
stici, e per tenere anche conto delle incertezze insite nel modello di calcolo.
È invece assunto che le azioni permanenti siano molto prossime ai loro valori rappresentativi previ-
sti, mentre le azioni variabili applicate alla struttura possano variare leggermente e in maniera sfa-
vorevole. Conseguentemente, per le azioni (o i loro effetti), i calcoli per la combinazione 2 sono con-
dotti adottando il set A2 della tabella A.3 dell’annesso A (figura 4.15b: valori raccomandati γG = 1.0,
per azioni sia favorevoli sia sfavorevoli, e γQ = 1.3 (azioni sfavorevoli) e γQ = 0.0 (azioni favorevo-
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 139

Tabella A.5 Coefficienti di sicurezza parziali γR per fondazioni superficiali

Set
Resistenza Simbolo
R1 R2 R3
Portanza γR;v 1.0 1.4 1.0
Scorrimento γR;h 1.0 1.1 1.0

Tabella A.6 Coefficienti di sicurezza parziali γR per pali infissi


Set
Resistenza Simbolo
R1 R2 R3 R4
Base γB 1.0 1.1 1.0 1.3
Fusto del palo (compressione) γs 1.0 1.1 1.0 1.3
Totale/combinati (compressione) γt 1.0 1.1 1.0 1.3
Fusto in trazione γs;t 1.25 1.15 1.1 1.6

Tabella A.7 Coefficienti di sicurezza parziali γR per pali trivellati


Set
Resistenza Simbolo
R1 R2 R3 R4
Base γB 1.25 1.1 1.0 1.6
Fusto del palo (compressione) γs 1.0 1.1 1.0 1.3
Totale/combinati (compressione) γt 1.15 1.1 1.0 1.5
Fusto in trazione γs;t 1.25 1.15 1.1 1.6

Tabella A.8 Coefficienti di sicurezza parziali γR per pali a elica


Set
Resistenza Simbolo
R1 R2 R3 R4
Base γB 1.1 1.1 1.0 1.45
Fusto del palo (compressione) γs 1.0 1.1 1.0 1.3
Totale/combinati (compressione) γt 1.1 1.1 1.0 1.4
Fusto in trazione γs;t 1.25 1.15 1.1 1.6

Tabella A.12 Coefficienti di sicurezza parziali γR per ancoraggi pretesi


Set
Resistenza Simbolo
R1 R2 R3 R4
Temporanea γa;t 1.1 1.1 1.0 1.1
Permanente γa;p 1.1 1.1 1.0 1.1

Tabella A.13 Coefficienti di sicurezza parziali γR per opere di sostegno


Set
Resistenza Simbolo
R1 R2 R3
Capacità portante γR;v 1.0 1.4 1.0
Resistenza allo scorrimento γR;h 1.0 1.1 1.0
Resistenza del terreno γR;e 1.0 1.4 1.0

Tabella A.14 Coefficienti di sicurezza parziali γR per pendii e per analisi di stabilità globali
Set
Resistenza Simbolo
R1 R2 R3
Resistenza del terreno γR;e 1.0 1.1 1.0

Figura 4.18. Tabelle A.5, A.6, A.7, A.8, A.12, A.13, A.14 relative ai coefficienti di sicurezza parziali, riportate nell’Annesso A
dell’Eurocodice 7
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140 FONDAZIONI

li). Per le resistenze del terreno, i calcoli sono eseguiti utilizzando il set di coefficienti di sicurezza
parziali M2 della tabella A.4, e il set R1 delle tabelle da A.5 ad A8 e da A.12 ad A.14 (figura 4.15b:γϕ'
= γc' = 1.25, γcu =1.4 e γR,v = 1.0).
Quando è ovvio che una delle due combinazioni governa il progetto, non è necessario analizzarle
entrambe. Usualmente, il dimensionamento geotecnico è governato dalla combinazione 2, ed è per-
tanto sufficiente controllare in un secondo tempo che le dimensioni siano accettabili per la combi-
nazione 1; analogamente, è spesso ovvio dimensionare la struttura sulla base della combinazione 2
e, quando pertinente, verificarla con la combinazione 1.

Approccio progettuale 2 (DA-2)


In questo approccio è sufficiente eseguire una sola verifica, applicando i coefficienti di sicurezza
parziali contemporaneamente alle azioni (o agli effetti delle azioni) ed alle resistenze finali, mentre
i parametri geotecnici vanno considerati con i loro valori caratteristici.
La combinazione dei coefficienti di sicurezza parziali A1 ‘+’ M1 ‘+’ R2 è impiegata a questo scopo.
I medesimi coefficienti di sicurezza parziali sono applicati sia alle azioni geotecniche sia alle azio-
ni provenienti dalla struttura in elevazione. I coefficienti di sicurezza parziali sono applicati alla resi-
stenza del terreno e alle azioni (approccio indicato con la sigla DA-2 in figura 4.16a) o agli effetti
delle azioni (approccio indicato con la sigla DA-2* in figura 4.16b). I risultati, ottenuti dai due diffe-
renti modi di applicare i coefficienti parziali, sono differenti.
Per la procedura dove le azioni sono fattorizzate (alle azioni sono applicati i coefficienti di sicurez-
za parziali) all’origine (DA-2), sono usati i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella
A.3, del set M1 della tabella A.4, e del set R2 delle tabelle da A.5 ad A.8 e da A.12 ad A.14 (figura
4.16a: valori raccomandati γG =1.35 e γQ =1.5; set M1, γϕ' = γc' = γcu = 1.0; set R2 γR,v = 1.4 applica-
to alla capacità portante).
Per la procedura dove i coefficienti di sicurezza parziali sono applicati agli effetti delle azioni (DA-
2*), sono impiegati i medesimi coefficienti di sicurezza parziali ma i calcoli di E ed R sono effet-
tuati con i valori di progetto delle azioni mentre, per i parametri di resistenza al taglio del terre-
no, sono assunti i valori caratteristici. I coefficienti di sicurezza parziali (set A1 ed R2) sono appli-
cati, alla fine, agli effetti risultanti delle azioni permanenti e variabili (figura 4.16b:
Vd = 1.35 ⋅ ∑ VG ,k + 1.5 ⋅ ∑VQ ,k ) e alla resistenza calcolata usando i valori caratteristici delle proprietà
del terreno (figura 4.16b: Rv ,d = Rv (ϕ k' , ck' ) / 1.4 ). In questa procedura, sono impiegate le espressioni
(B.3.1) e (B.6.2.2) dell’annesso B dell’EN 1997-1, cosicché si ha una diretta relazione con il tradi-
zionale coefficiente di sicurezza globale η = Rk / Ek .

L’espressione Ed ≤ Rd diventa:
γ E E { Frep , X k , ad } ≤ R { Frep , X k , ad } / γ R
e quindi si ha:
η = γ Eγ R
Si dovrebbe notare che γE è un coefficiente composto, in quanto il valore dipende dalle proporzioni
delle parti permanenti e variabili dell’azione. Il prodotto γEγR è dipendente da questa proporzione,
mentre il coefficiente di sicurezza η globale è usualmente indipendente da essa.

Approccio progettuale 3 (DA-3)


Anche in questo caso è sufficiente una sola verifica, ma i coefficienti di sicurezza parziali sono appli-
cati alle azioni (o agli effetti delle azioni) e ai parametri del terreno. Per quanto riguarda le azioni,
però, si fa una distinzione fra quelle che derivano dalle strutture e quelle di origine geotecnica, cioè
quelle azioni esercitate dal terreno naturale, da riempimenti di terreno e dalle acque di sottosuolo.
Nel primo caso, infatti, tutte le azioni permanenti sfavorevoli sono amplificate, mentre nel secondo
caso le azioni devono essere prese con il loro valore caratteristico, cioè non amplificate. Per quanto
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 141

riguarda le azioni variabili sfavorevoli queste vengono amplificate, anche se con coefficienti parziali
diversi, in entrambi i casi.
A questo scopo si adotta la seguente combinazione di coefficienti di sicurezza parziali A1 (per le
azioni strutturali) o A2 (per le azioni geotecniche) ‘+’ M2 ‘+’ R3.
I valori caratteristici delle azioni che provengono dalla struttura (azioni strutturali) sono moltiplica-
ti per i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3 (figura 4.17: valori raccomanda-
ti γG =1.35 e γQ =1.5) per ottenere i valori di progetto. I valori di progetto delle azioni dovute alla
presenza del terreno o trasferite attraverso di esso (azioni geotecniche) sono ricavati usando i coef-
ficienti di sicurezza parziali sulla resistenza al taglio del terreno mediante il set M2 ed A2 (figura
4.17: valori raccomandati γG =1.0 e γQ =1.3). I valori di progetto della resistenza al taglio del terre-
no sono ottenuti applicando i coefficienti di sicurezza parziali del set M2 della tabella A.4 (figura
4.17: valori raccomandati γϕ' = γc' = 1.25; γcu = 1.4).
I valori di progetto della resistenza del terreno sono ottenuti utilizzando i coefficienti di sicurezza
parziali del set M2 della tabella A.4 ai parametri di resistenza al taglio del terreno, e i coefficienti di
sicurezza parziali della resistenza del set R3 delle tabelle da A.5 ad A8 e da A.12 ad A.14 dell’an-
nesso A (Figura 4.17: set M2, valori raccomandati γϕ' = γc' = 1.25, γcu = 1.4 e γR,v = 1.0).

4.6.5. CRITERI DI VERIFICA DEGLI STATI LIMITI DI ESERCIZIO


Le verifiche degli stati limiti di esercizio sono effettuate con riferimento ai valori caratteristici sia
dei parametri di resistenza e di deformabilità sia delle azioni, ovvero senza applicazione di coeffi-
cienti di sicurezza.
Oltre alle verifiche degli elementi strutturali previste dalla normativa vigente e dagli eurocodici, si
dovrà verificare che gli spostamenti calcolati siano inferiori a quelli ammissibili per l’opera da rea-
lizzare e, ove appropriato, per le strutture poste nelle immediate vicinanze. A tale proposito il pro-
gettista deve:
• effettuare specifiche valutazioni degli spostamenti facendo riferimento a profili di deformabilità
dei terreni ragionevolmente cautelativi;
• definire, sulla base di considerazioni tecniche, i valori di soglia degli spostamenti che possono
produrre il raggiungimento dello stato limite di sesercizio per le strutture, o, in alternativa, valu-
tare direttamente, mediante calcoli specifici, le conseguenze prodotte sulle strutture dagli sposta-
menti calcolati.

4.6.6. ANALISI DI SENSIBILITÀ


Nei casi in cui la definizione delle situazioni di progetto e, quindi, la verifica degli stati limite com-
portino inevitabili incertezze (si pensi soprattutto alla definizione delle condizioni idrogeologiche,
delle condizioni stratigrafiche, dei valori dei parametri geotecnici, ecc.) nell’attendibilità dei meto-
di di analisi o nella riuscita di soluzioni o accorgimenti progettuali previsti (ad esempio interventi di
miglioramento delle caratteristiche dei terreni), il progettista deve procedere all’esecuzione di ana-
lisi di sensibilità, finalizzate a valutare gli effetti prodotti sul dimensionamento dell’opera da possi-
bili variazioni dei dati di ingresso in termini di danni difficilmente rimediabili.
Le situazioni di progetto oggetto delle analisi di sensibilità, sia pure cautelative, devono pur sempre
rappresentare situazioni realistiche: ad esempio, i valori caratteristici dei parametri di resistenza al
taglio e di deformabilità dei terreni non devono mai essere inferiori a quelli peggiori possibili per il
tipo di problema e di terreno esaminato; con riferimento ai materiali sabbiosi, sono da ritenersi ingiu-
stificati valori dell’angolo di attrito caratteristici inferiori a quelli caratteristici di stato critico.

4.6.7. STABILITÀ GENERALE DEL SITO


Ove appropriato, il progetto delle opere deve essere preceduto da specifiche analisi di stabilità fina-
lizzate ad accertare l’idoneità del sito ad accogliere l’opera in progetto e/o individuare e dimensio-
nare eventuali interventi preventivi di stabilizzazione.
La stabilità generale del sito deve essere esaminata, in particolare, in presenza delle seguenti situazioni:
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142 FONDAZIONI

• in prossimità o su un pendio inclinato, sia esso naturale o artificiale (instabilità per fenomeni gra-
vitativi);
• in prossimità di un corso d’acqua, di un lago o del mare (instabilità per fenomeni di erosione);
• in prossimità di cavità sotterranee o di strutture interrate (instabilità per chiusura delle cavità e/o
per eccessivi spostamenti);
• in aree, anche pianeggianti, per le quali possano essere previsti fenomeni di liquefazione in pre-
senza di eventi sismici (instabilità per perdita di resistenza degli strati di terreno).

4.6.8. ULTERIORI REQUISITI GENERALI DI PROGETTAZIONE


Oltre a quanto precedentemente evidenziato, nella definizione della tipologie di fondazione si devo-
no tenere conto dei seguenti aspetti:
• delle configurazioni provvisorie necessarie alla realizzazione dell’opera;
• delle opere provvisionali necessarie per consentire l’accesso ai mezzi d’opera (strade, ponteggi, ecc.);
• della necessità di ricorrere ad interventi di manutenzione ordinaria;
• degli accessi da prevedere per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’opera.
Per quanto possibile, l’opera deve essere concepita e progettata in modo tale che possa fornire segni
visibili di dissesto prima del raggiungimento di condizioni critiche per la funzionalità e/o stabilità,
così da evitare l’occorrenza di collassi improvvisi.
Qualora il funzionamento o la sicurezza dell’opera sia assicurata dal funzionamento del sistema di
drenaggio e/o di supporto (ad esempio da alcuni ordini di tiranti), si dovranno valutare le conse-
guenze di scenari pessimistici sul funzionamento di tali sistemi, in termini di eventuali danni subiti
e di possibilità di intervenire con opere di ripristino.
Su tali presupposti si dovrà attuare una scelta tra le seguenti soluzioni:
• prevedere il monitoraggio dell’opera ed un programma di manutenzione del sistema, da attivare
in relazione ai risultati della strumentazione installata;
• dimensionare il sistema in modo tale da rendere superfluo il monitoraggio dell’opera (fatta ecce-
zione per le ispezioni visive) e poco probabili gli interventi di manutenzione (sovradimensiona-
mento).
Il ricorso alla prima soluzione sarà condizionato anche da considerazioni in merito ai tempi di acqui-
sizione ed interpretazione dei dati di strumentazione, in relazione a quelli di sviluppo dei fenomeni
connessi con la perdita di efficienza del sistema
oggetto della manutenzione.

4.6.9. ESEMPIO DI VERIFICA DI UNA FONDAZIONE


SUPERFICIALE SECONDO L’EUROCODICE 7
Di seguito si riporta un esempio di applicazione
dell’Eurocodice 7 per la progettazione agli stati limi-
te ultimi di una fondazione superficiale, in accordo al
metodo progettuale diretto e alla procedura analitica
riportata nell’annesso D dell’Eurocodice 7, ripreso
liberamente da Frank et al. (2004).
Nell’esempio sono considerate sia le condizioni non
drenate sia quelle drenate. Il calcolo agli stati limite
ultimi, condotto per situazioni di carico persistenti e
transitorie, è effettuato secondo i tre approcci proget-
tuali precedentemente illustrati e contemplati
dall’Eurocodice 7. Figura 4.19. Esempio di azioni agenti su una fonda-
zione superficiale. Vd è la risultante agen-
Con riferimento alle figure 4.19 e 4.20, si consideri te normale alla fondazione relativamente
un plinto di altezza pari a 0.5 m impostato su delle ai valori di progetto delle seguenti azioni
argille tenere ad una profondità di 1 m dal piano cam- (è omesso il pedice d per maggiore chia-
rezza): H, M e V sono azioni strutturali; A
pagna. Il plinto è sottoposto ad un carico permanente e P sono le pressioni del terreno; W1 e W2
di 270 kN e ad un carico variabile di 70 kN. Nella sono i pesi del rinterro della fondazione
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 143

figura 4.20 sono riportati i valori


caratteristici del terreno e gli altri
Pk = 270 kN Qk = 70 kN

dati indispensabili per verificare il


plinto. La falda è posta coincidente
h2 = 0.5 m con il piano campagna. Poiché il
h1 = 0.5 m carico è applicato al baricentro del
plinto e non si ha pertanto un
γk = 25 kN/m3 γ'k = 15 kN/m3

momento risultante, la larghezza e


BxB

Proprietà del terreno: γk


γacqua
=
=
18 kN/m3
10 kN/m3 lunghezza efficaci sono uguali ai
γ'k
ϕ'k
= 8 kN/m3
loro valori nominali e quindi si ha:
B’ = B, L’ = L e A = A’.
= 20°
Ck = 5 kPa

La minima dimensione del plinto è


Cu,k = 30 kPa

Figura 4.20. Geometria dell’esempio di verifica delle dimensioni di una fon- verificata per ciascun approccio
dazione superficiale con i valori caratteristici delle azioni e
delle proprietà del terreno progettuale.

(a) Condizioni non drenate


L’analisi è effettuata in sforzi totali.

Approccio progettuale 1 – Combinazione 2


Con riferimento alle figure 4.19 e 4.20 la condizione che si abbia Vd ≤ Rd è verificata per un plinto
delle dimensioni di 1.7 m · 1.7 m.
Il valore di progetto delle azioni (incluso il peso della fondazione e del materiale di rinterro pari a
G pad ,k = 1.7 2 ⋅ ( 0.5 ⋅ 18 + 0.5 ⋅ 25 ) = 62 kN è ottenuto usando i coefficienti di sicurezza parziali relativi
al set A.2 della tabella A.3:

Vd = γ G ⋅ ( Pk + G pad ,k ) + γ Q ⋅ Qk

Vd = 1.0 ⋅ ( 270 + 62 ) + 1.3 ⋅ 70 = 423kN

Il valore di progetto per la resistenza portante verticale è calcolato mediante l’equazione (D.1)
dell’Annesso D dell’Eurocodice 7 (pagine 156, 157 e 158 del documento EN 1997-1:2003(E)), appli-
cando i coefficienti di sicurezza parziali, alla resistenza in condizioni non drenate, del set M2 della
tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale è fissato pari ad 1, in accordo con il set R1 della
tabella A.5:
Rd / A ' = ( π + 2 ) ⋅ cu ,d ⋅ bc ⋅ sc ⋅ ic + q
dove:
cu,d = cu,k/γcu=30/1.4 = 21.4 kPa
sc = 1.2 (fondazione a forma quadrata: B’/L’=1)
bc = 1 (superficie del terreno e base della fondazione orizzontale)
ic = 1 (carichi verticali)
qd = (γ/γγ) · /h1 + h2) = (18/1.0) · (0.5+0.5) = 18 kPa
e quindi si ottiene:
Rd / A' = ( 3.14 + 2 ) ⋅ 21.4 ⋅ 1 ⋅ 1.2 ⋅ 1 + 18 ⋅ 1 = 150 kPa
Il valore di progetto della capacità portante della fondazione (1,70 m · 1,70 m) è pertanto pari a:

Rd = 150 ⋅ 1.7 ⋅ 1.7 = 434 kN

Come si può notare, la condizione Vd ≤ Rd è soddisfatta, essendo 423 kN < 434 kN.
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144 FONDAZIONI

Approccio progettuale 1 – Combinazione 1


La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 1.7 m · 1.7 m le cui dimensioni
sono state già verificate con la combinazione 2. Il valore di progetto delle azioni (incluso il peso
della fondazione ed il rinterro) è ottenuto usando i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della
tabella A.3:

Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 62 ) + 1.5 ⋅ 70 = 553kN


Il valore di progetto per la capacità portante verticale è calcolato mediante l’equazione (D.1)
dell’Annesso D dell’Eurocodice 7, applicando i coefficienti di sicurezza parziali alla resistenza al
taglio in condizioni non drenate del set M1 della tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale γR,v
è fissato pari ad 1 in accordo con il set R1 della tabella A.5.
Pertanto si ha:
cu,d = cu,k/γcu =30/1.0 = 30 kPa
sc = 1.2 (fondazione a forma quadrata: B’/L’=1)
bc = 1 (superficie del terreno e base della fondazione orizzontale)
ic = 1 (carichi verticali)
qd = (γ/γγ) · /h1 + h2) = (18/1.0) · (0.5+0.5)=18 kPa
e quindi:
Rd / A ' = ( 3.14 + 2 ) ⋅ 30 ⋅ 1.2 ⋅ 1 ⋅ 1 + 18 ⋅ 1 = 203kPa
Il valore di progetto della resistenza portante (questo termine viene usato al posto di “capacità por-
tante” quando ci si riferisce a forze resistenti e non a resistenze unitarie; l’unità di misura è quella
delle forze e non quella degli sforzi) della fondazione (1,70 m · 1.70 m) è pertanto pari a:
Rd = 203 ⋅ 1.7 ⋅ 1.7 = 587 kN
La condizione Vd ≤ Rd è soddisfatta, essendo 553 kN < 587 kN.
Le condizioni per le verifiche allo stato limite ultimo di tipo geotecnico (GEO) sono rispettate per
entrambe le combinazioni 1 e 2. Come si può notare, l’approccio progettuale 1 (DA-1, Design
Approach 1) è governato dalla combinazione 2, in quanto il rapporto Rd / Vd è più piccolo per la com-
binazione 2, piuttosto che per la combinazione 1.
L’equivalente coefficiente di sicurezza globale (OFS) è pari a:

OFS = Rk / ( Pk + Qk + G pad ) = 586/(270+70+62)=586/402=1.46

Questo valore è molto basso in confronto ai valori impiegati nella progettazione tradizionale.

Approccio progettuale 2
La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 2.0 · 2.0 m.
Il valore di progetto delle azioni (incluso il peso proprio della fondazione e del rinterro) è ottenuto
usando i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3:
Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 86 ) + 1.5 ⋅ 70 = 585 kN
Il valore di progetto della resistenza portante verticale è calcolato mediante l’equazione (D.1)
dell’Annesso D dell’Eurocodice 7, nella quale sono introdotti i valori caratteristici delle proprietà
del terreno (il coefficiente di sicurezza parziale γcu è pari all’unità nella tabella A.4), e viene appli-
cato un coefficiente di sicurezza parziale γR,v = 1.4, indicato dal set R2 della tabella A.5 per quanto
concerne il valore di Rd.
Si ha pertanto:
cu,k = 30 kPa
sc = 1.2 (fondazione a forma quadrata: B’/L’=1)
bc = 1 (superficie del terreno e base della fondazione orizzontale)
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 145

ic = 1 (carichi verticali)
qk = 1.0 · 18 kPa
qd = (γ/γγ) · (h1 + h2) = (18/1.0) · (0.5+0.5)=18 kPa
e quindi:
Rk / A' = ( 3.14 + 2 ) ⋅ 30 ⋅ 1.2 ⋅ 1 ⋅ 1 + 18 ⋅ 1.0 = 203kPa

Essendo Rd = Rk / γ R ,v = Rk / 1.4 , la resistenza di progetto (A’ = 2.0 m · 2.0 m) diventa:

Rd = 203 ⋅ 2 ⋅ 2 / 1.4 = 580 kN


La condizione GEO che Vd ≤ Rd può essere considerata pienamente soddisfatta essendo
585 kN ≅ 580 kN .
L’equivalente coefficiente di sicurezza deterministico globale è pari a OFS=812/426=1.91.

Approccio progettuale 3
La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 2.0 · 2.0 m.
I valori di progetto delle azioni (incluso il peso della fondazione e del rinterro) sono ottenuti utilizzan-
do i coefficienti di sicurezza del set A1 della tabella A.3. Poiché tutte le azioni sono strutturali si ha:
Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 86 ) + 1.5 ⋅ 70 = 586 kN
Il valore di progetto della resistenza portante verticale è calcolato mediante l’equazione (D.1)
dell’Annesso D dell’Eurocodice 7, applicando i coefficienti di sicurezza parziali alla resistenza al
taglio in condizioni non drenate del set M2 della tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale
della resistenza γR,v è assunto pari all’unità, in accordo al set R3 della tabella A.5.
Si ha pertanto:
cu,d = cu,k/γcu=30/1.4 = 21.4 kPa
sc = 1.2 (fondazione a forma quadrata: B’/L’=1)
bc = 1 (superficie del terreno e base della fondazione orizzontale)
ic = 1 (carichi verticali)
qd = (γ/γγ) · (h1 + h2) = (18/1.0) · (0.5+0.5)=18 kPa
e quindi:
Rd / A' = ( 3.14 + 2 ) ⋅ 21.4 ⋅ 1 ⋅ 1.2 ⋅ 1 + 18 ⋅ 1 = 150 kPa
Il valore di progetto della resistenza (questo termine viene usato al posto di “capacità portante”
quando ci si riferisce a forze resistenti e non a resistenze unitarie; l’unità di misura è quella delle
forze e non quella degli sforzi) della fondazione (2.0 m · 2.0 m) è pertanto pari a:

Rd = 150 ⋅ 2.0 ⋅ 2.0 = 600 kN


Come si può notare, la condizione Vd ≤ Rd è soddisfatta, essendo 586 kN < 601 kN.
L’equivalente coefficiente di sicurezza deterministico globale è pari a OFS = 812/426 = 1.91.
La seguente tabella 4.3 riepiloga i risultati dei calcoli per i tre differenti approcci progettuali, effet-
tuati in condizioni non drenate.
Tabella 4.3. Risultati in condizioni non drenate

DA-1 DA-2 DA-3


Dimensioni (m · m) 1.70 · 1.70 2.00 · 2.00 2.00 · 2.00
Coefficiente di sicurezza globale 1.46 1.91 1.91

Il coefficiente di sicurezza globale trovato nell’approccio progettuale 1 (DA-1) può sembrare picco-
lo in confronto con i valori tradizionalmente adottati nella pratica progettuale. Tuttavia occorre men-
zionare che le dimensioni finali di una fondazione dipendono anche dalle verifiche agli stati limiti
di esercizio (SLS) e che, com’è noto dalla pratica tradizionale, gli stati limite di esercizio governano
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146 FONDAZIONI

le scelta delle dimensioni della fondazione; pertanto il risultato può essere confrontato con la prati-
ca tradizionale solamente dopo che sono stati verificati gli stati limiti di esercizio, ovverosia quan-
do sono stati calcolati i cedimenti.

(b) Condizioni drenate


L’analisi agli stati limiti ultimi è effettuata in sforzi efficaci. Poiché le pressioni dell’acqua proven-
gono da una singola origine, ad esse viene applicato il medesimo coefficiente di sicurezza parziale
(occorre menzionare, a questo proposito, che l’EN 1997 dice che, quando le azioni derivano da un’u-
nica fonte, devono essere fattorizzate allo stesso modo sia che il loro effetto sia favorevole sia che
sia sfavorevole). Le azioni dovute al peso della fondazione sotto falda e del terreno di rinterro sono
relative ai loro pesi di volume alleggerito; pertanto, i coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni si
applicano al peso di volume del terreno alleggerito e al peso della fondazione. Il valore di progetto
dell’azione agente sul terreno di fondazione è dato dalla seguente espressione:
Vd = γ G ,unfav ⋅ Vk + γ Q ,unfav ⋅ Qk + (γ G ,unfav ⋅ h2 ⋅ γ k' + γ G ,unfav ⋅ γ concrete
'
⋅ h1 ) ⋅ A
I valori dei coefficienti di sicurezza parziali γG,unfav e γQ,unfav dipendono dall’approccio progettuale
adottato. La sezione del pilastro, in questa equazione, è stata trascurata.
Occorre evidenziare che, usando questa equazione, il coefficiente di sicurezza parziale per le azioni
sfavorevoli è applicato ai pesi di volume efficaci (alleggeriti) della fondazione e del rinterro, pertan-
to è applicato anche alle pressioni dell’acqua favorevoli. Questo è discutibile in alcuni casi speciali,
dove la pressione dell’acqua gioca un ruolo importante nell’equilibrio e, conseguentemente dovreb-
be essere applicata una separata fattorizzazione dei pesi di volume (totali) e delle forze dell’acqua.

Approccio progettuale 1 – Combinazione 2


È verificata la condizione Vd ≤ Rd per un plinto delle dimensioni di 1.85 m · 1.85 m.
Analizziamo dapprima la combinazione 2 che, nel caso di carichi verticali o leggermente inclinati,
governa le dimensioni della fondazione.
Il valore di progetto delle azioni (incluso il peso efficace della fondazione e del materiale di rinter-
ro) è ottenuto usando come coefficienti di sicurezza parziali i valori del set A2 della tabella A.3:
Vd = γ G ,unfav ⋅ ( Pk + G pad
'
, k ) + γ Q ⋅ Qk

Vd = 1.0 ⋅ ( 270 + 39 ) + 1.3 ⋅ 70 = 400 kN


dove

, k = 1.85 ⋅ ( 25 − 10 ) ⋅ 0.5 + (18 − 10 ) ⋅ 0.5 = 39 kN


G pad
' 2
 
Il valore di progetto per la resistenza verticale è calcolato mediante l’equazione (D.2) dell’Annesso
D dell’Eurocodice 7 (pagina 157 del documento EN 1997-1:2003(E)), applicando i coefficienti di sicu-
rezza parziali alla resistenza al taglio in condizioni drenate (c’ e tanϕ’) del set M2 della tabella A.4; il
coefficiente di sicurezza parziale γR,v è fissato pari ad 1, in accordo con il set R1 della tabella A.5.
Rd / A ' = q ' ⋅ N q ,d ⋅ bq ⋅ iq ⋅ sq ,d + 0.5 ⋅ γ ' ⋅ B' ⋅ N γ ,d ⋅ bγ ⋅ iγ ⋅ sγ + c' ⋅ N c ,d ⋅ bc ⋅ ic ⋅ ss ,d
nella quale:
ϕ’d = 16.23° (tanϕ’d = tanϕ’k/1.25)
c’d = 5/1.25 = 4 kPa.
Con riferimento alle formule per calcolare i coefficienti di capacità portante ed i coefficienti di forma
riportati nell’annesso D dell’Eurocodice 7, inserendo si ha:

Nq,d = 4.43 sq,d = 1.28 iq = 1.0 bq = 1.0

Nγ,d = 2.00 sγ = 0.7 iγ = 1.0 bγ = 1.0

Nc,d = 11.79 sc,d = 1.36 ic = 1.0 bc = 1.0


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CAPITOLO 4 - Capacità portante 147

Il sovraccarico agente ai lati della fondazione è q’ = γ’ · D = 8 · 1.0 = 8 kPa.


Conseguentemente si ha:
Rd / A' = 8 ⋅ 4.43 ⋅ 1.28 + 0.5 ⋅ 1.85 ⋅ 2.0 ⋅ 8 ⋅ 0.7 + 4 ⋅ 11.79
9 ⋅ 1.36 = 120 kPa
Il valore di progetto della resistenza portante della fondazione (1.85 m · 1.85 m) è pertanto:
Rd = 120 ⋅ 1.85 ⋅ 1.85 = 410 kN
La condizione Vd ≤ Rd è soddisfatta, essendo 400 kN < 410 kN.

Approccio progettuale 1 – Combinazione 1


I valori di progetto delle azioni (inclusi i pesi efficaci della fondazione e del rinterro sulla fondazio-
ne) sono ottenuti utilizzando i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3:
Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 39 ) + 1.5 ⋅ 70 = 522 kN
Il valore di progetto per la resistenza portante verticale è calcolato mediante l’equazione (D.2)
dell’Annesso D dell’Eurocodice 7, applicando i coefficienti di sicurezza parziali alla resistenza al
taglio in condizioni drenate del set M1 della tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale γR,v è
fissato pari ad 1, in accordo con il set R1 della tabella A.5.
Pertanto si ha:
cu ,d = cu ,k / γ cu = 30 / 1.0 = 30 kPa
I valori di progetto dei coefficienti di capacità portante sono ottenuti assumendo ϕ = ϕ d' = ϕ k' e
c' = cd' = ck' mentre i coefficienti i e b sono assunti pari a 1.0.

Nq,k = 6.40 sq,k = 1.34 iq = 1.0 bq = 1.0

Nγ,k = 3.93 sγ ,d = 0.7 iγ = 1.0 bγ = 1.0

Nc,k = 14.83 sc,k = 1.40 ic = 1.0 bc = 1.0

Il sovraccarico agente ai lati della fondazione è:


qd = (γ ' / γ γ ) ⋅ ( h1 + h2 ) = 8/1.0 · (0.5 · 0.5) = 8 kPa
Conseguentemente si ha:
Rd / A' = 8 ⋅ 6.40 ⋅ 1.34 + 0.5 ⋅ 1.85 ⋅ 3.93 ⋅ 8 ⋅ 0.7 + 5 ⋅ 14.83 ⋅ 1.40 = 193kPa
Il valore di progetto della resistenza portante della fondazione (1.85 m · 1.85 m) è pari a:
Rd = 193 ⋅ 1.85 ⋅ 1.85 = 660 kPa
Come si può notare, la condizione Vd ≤ Rd è soddisfatta essendo 522 kN < 660 kN.
In conclusione la verifica agli stati limite ultimi GEO (superamento della resistenza limite o eccesso
di deformazioni) è soddisfatta per entrambe le combinazioni; il progetto per l’approccio 1 è gover-
nato dalla combinazione 2.
L’equivalente coefficiente di sicurezza globale deterministico è pari a:
OFS = Rk / ( Pk + Qk + G pad ) = 660/(270+39+70)= 660/379=1.74.

Approccio progettuale 2
La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 1.95 · 1.95 m.
Il valore di progetto delle azioni (incluso il peso proprio alleggerito della fondazione e del rinterro)
è ottenuto usando i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3:
Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 44 ) + 1.5 ⋅ 70 = 530 kPa
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148 FONDAZIONI

Il valore di progetto della resistenza verticale è calcolato mediante l’equazione (D.2) dell’Annesso
D dell’Eurocodice 7, nella quale sono stati adottati, per i parametri di resistenza al taglio in condi-
zioni drenate, i coefficienti di sicurezza parziali del set M1 della tabella A.4. Inoltre è stato applica-
to al valore calcolato della resistenza (valore caratteristico) un coefficiente di sicurezza parziale γR,v
= 1.4, appartenente al set R2 della tabella A.5.
I valori di progetto dei coefficienti di capacità portante e dei coefficienti di forma e di inclinazione
del carico sono uguali ai loro valori caratteristici:

Nq,k = 6.40 sq,k = 1.34 iq = 1.0 bq = 1.0

Nγ,k = 3.93 sγ = 0.7 iγ = 1.0 bγ = 1.0

Nc,k = 14.83 sc,k = 1.40 ic = 1.0 bc = 1.0

Rd / A' = 8 ⋅ 6.40 ⋅ 1.34 + 0.5 ⋅ 1.95 ⋅ 3.93 ⋅ 8 ⋅ 0.7 + 5 ⋅ 14.83 ⋅ 1.40 = 194 kPa
Applicando un coefficiente di sicurezza parziale γR,v = 1.4 al valore caratteristico della resistenza si
ottiene:
Rd/A’ = 194/1.4 = 139 kPa
Rd = 139 · 1.95 · 1.95 = 529 kN.
La condizione Vd ≤ Rd per la verifica agli stati limite ultimi GEO (superamento della resistenza limi-
te o eccesso di deformazioni) è soddisfatta, essendo 530 kN ≅ 529 kN.
L’equivalente coefficiente di sicurezza globale è pari a:
OFS = Rk / ( Pk + Qk + G pad ) = 776/(270+46+70)= 776/386 = 2.01

Approccio progettuale 3
La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 2.15 · 2.15 m.
Le azioni sono strutturali. I loro valori di progetto (incluso il peso efficace della fondazione e del
rinterro) sono ottenuti utilizzando i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3:
Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 53) + 1.5 ⋅ 70 = 541kPa
Il valore di progetto della resistenza verticale è calcolato mediante l’equazione (D.2) dell’Annesso
D dell’Eurocodice 7, applicando ai parametri relativi alla resistenza al taglio drenata i coefficienti di
sicurezza parziali del set M2 della tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale della resistenza
γR,v è assunto pari all’unità, in accordo al set R3 della tabella A.5.

Nq,k = 4.43 sq,k = 1.28 iq = 1.0 bq = 1.0

Nγ,k = 2.00 sγ = 0.7 iγ = 1.0 bγ = 1.0

Nc,k = 11.79 sc,k = 1.36 ic = 1.0 bc = 1.0

Il sovraccarico agente ai lati della fondazione è:

q ' = γ ' D = 8 ⋅ 1.0 = 8 kPa


Conseguentemente si ha:
Rd / A ' = 8 ⋅ 4.43 ⋅ 1.28 + 0.5 ⋅ 2.15 ⋅ 2.0 ⋅ 8 ⋅ 0.7 + 4 ⋅ 11.799 ⋅ 1.36 = 121.5 kPa
Il valore di progetto della resistenza portante della fondazione (1.85 m · 1.85 m) è pari a:

Rd = 121.5 ⋅ 2.15 ⋅ 2.15 = 562 kN


La condizione Vd ≤ Rd per verifica agli stati limite ultimi GEO (superamento della resistenza limite o
eccesso di deformazioni) è soddisfatta, essendo 541 kN < 562 kN.
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CAPITOLO 4 - Capacità portante 149

L’equivalente coefficiente di sicurezza globale deterministico è pari a:

OFS = Rk / Vk = Rk / ( Pk + Qk + G pad ) = 906/(270+70+53)=906/393=2.3

La seguente tabella 4.4 riepiloga i risultati dei calcoli per i tre differenti approcci progettuali per le
condizioni drenate.

Tabella 4.4. Risultati in condizioni drenate

DA-1 DA-2 DA-3

Dimensioni (m · m) 1.85 · 1.85 1.95 · 1.95 2.15 · 2.15


Coefficiente di sicurezza globale 1.74 1.92 2.30

4.7. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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Eslaamizaad S. e Robertson R.K. (1996), Cone penetration test to evaluate bearing capacity of foundation in sands.
Proceedings of the 49th Canadian Geotechnical Conference, St. John’s, Newfoundland, September
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EN 1997-1 Eurocode 7: Geotechnical Design - General Rules. Thomas Telford, Londra
Hansen J.B. e Hansen B. (1957). Foundations of structures – (a) General subjects and foundations other than piled foun-
dations. General report, 4th ICSMFE, London, Vol. II, pp 441-447
Hansen J.B. (1970). A Revised and Extended Formula for Bearing Capacity. Bulletin No. 28, Danish Geotechnical
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Meyerhof G.G. (1953), The ultimate bearing capacity of fondations under eccentric and inclined loads. Proc. 3rd
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Meyerhof G.G. (1956), Penetration tests and bearing capacity of cohesionless soils. Proc., Journal of Soil Mechanics and
Foundation Engineering, ASCE, Vol. 82, No. SM1, pp 1-11
Tand K.E., Funegard E.G. e Warden P.E. (1995), Predicted/measured bearing capacity of shallow footings on sand.
Proceedings of thye International Symposium on Cone Penetration Testing, CPT’95, Linkoping, Sweden, 2, 589-94,
Swedish Geotechnical Society
Terzaghi K. (1943), Theoretical soil mechanics. John Wiley and Sons, New York, p. 510
Terzaghi K. e Peck R.B. (1967), Soil mechanics in engineering practice, Second Edition, John Wiley and Sons, New York,
p. 729
US Department of Navy (1982), NAVFAC DM – 7.1 – Soil Mechanics, Naval Facilities Engineering Command, VA, p.
348.
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Abstract tratto da Giovanni Conticello - Consolidamento fondazioni di strutture in muratura - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editor

3. Capacità portante di una fondazione superficiale

3.1. Introduzione all’argomento


Tutti i carichi agenti su una struttura, quali ad esempio azioni verticali, oriz-
zontali, termiche, ecc., vengono trasmessi alle fondazioni, e da queste al terreno
sottostante.
Un cedimento o la rottura del terreno possono provocare dei collassi parziali o to-
tali dell’intera struttura, per questo la capacità portante di una fondazione riveste
il più alto grado d’interesse per la stabilità globale o locale del manufatto; in caso
contrario, supponendo di avere una struttura in elevazione di grandi resistenze, la
stessa può cedere a causa di un terreno fondale che non riesce a scaricare le azioni
(rottura del terreno).
La trasmissione tra le azioni della struttura con il terreno avvengono secondo
una superficie detta piano di posa della fondazione, posta a una profondità D, in
genere chiamata affondamento del piano di posa rispetto al piano di campagna
(figura 3.1).

Figura 3.1. Definizione della base fondale B e dell’affondamento D


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48
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura

La superficie di contatto o di trasmissione è determinata dalla base della fonda-


zione B, il rapporto D/B permette così per come proposto da Terzaghi di definire:
• superficiali le fondazioni in cui il rapporto D/B è minore di 4;
• profonde le fondazioni per le quali il rapporto D/B è maggiore di 10;
• semi-profonde le fondazioni con D/B compreso tra 4 e 10.
La differenza tra le tipologie di fondazione risiede nel meccanismo di trasferi-
mento del carico al terreno, dove le fondazioni superficiali trasmettono il carico
solo attraverso il piano di appoggio, mentre le fondazioni profonde e semi-pro-
fonde trasferiscono il carico al terreno sia in corrispondenza del piano di appog-
gio che lungo la superficie laterale.
La funzionalità delle strutture in elevazione è garantita quando le azioni trasmes-
se alle fondazioni:
• non producono rottura del terreno sottostante;
• non inducono cedimenti eccessivi nel terreno tali da compromettere la stabili-
tà e la funzionalità dell’opera sovrastante;
• non producono instabilità globale, per esempio in opere realizzate su pendio,
quando possono verificarsi sollecitazioni incompatibili con il materiale delle
fondazioni.

3.2. Meccanismi di rottura del terreno sottostante


Si consideri un blocco rigido appoggiato su un terreno omogeneo, su questo si
applichi un carico verticale Q, fatto crescere gradualmente, leggendo contempo-
raneamente lo spostamento verticale (cedimento) w della fondazione. Diagram-
mando secondo un sistema carico-cedimento, si osserva che in un primo mo-
mento il cedimento cresce secondo una legge prossima a quella lineare, per poi
incrementarsi per piccoli incrementi del carico, fino a raggiungere il carico limite
del terreno Qlim (rottura del terreno), che rappresenta la pressione massima che
una fondazione può trasmettere al terreno prima che questo raggiunga la rottura.
L’andamento del tipo di rottura è fortemente influenzato dallo stato di addensa-
mento (o alla consistenza, se si tratta di terreno coesivo), osservando che:
• per un carico equivalente, il cedimento della fondazione è tanto maggiore
quanto minore è la densità relativa (o quanto minore è la consistenza);
• per terreni in cui si ha una elevata densità relativa (o della consistenza), in
corrispondenza del carico di rottura, il blocco collassa, mentre per valori bassi
della densità relativa (o della consistenza) il cedimento tende ad aumentare
progressivamente e indefinitamente. La condizione di rottura è individuata da
un valore limite convenzionale del cedimento.
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49
Capacità portante di una fondazione superficiale  cap 3

Premesso che l’andamento del grafico riportato nelle figure 3.2-3.4 si riferisce
a condizioni di deformazione controllata e non di carico controllato, si possono
distinguere tre meccanismi di rottura.

rottura generale

Si ha la formazione di una superficie di scorrimento, dove il terreno sottostante


la fondazione rifluisce lateralmente e verso l’alto, ovvero un sollevamento del
terreno stesso e l’emergere della superficie di scorrimento. Questo tipo di rottura
è associato al caso di terreno denso (o compatto), dove i piani di rottura si esten-
dono fino a raggiungere la superficie del piano campagna.

Figura 3.2. Rottura generale

rottura locale

Si ha la formazione di una superficie di rottura che interessa solo la zona in pros-


simità del cuneo sottostante la fondazione e che non si estende lateralmente. Il
meccanismo è associato a terreno sciolto (o poco consistente).

Figura 3.3. Rottura locale


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50
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura

punzonamento

Questo tipo di rottura è caratterizzato dall’assenza di una superficie ben definita,


il meccanismo provoca una compressione del terreno di fondazione con relativa
diminuzione della sua porosità. Si osserva uno spostamento verso il basso del
terreno circostante la fondazione. Il meccanismo è associato a un terreno molto
sciolto (o molle).

Figura 3.4. Punzonamento

Variando la profondità del piano di posa si osserva che l’andamento della curva
carico-cedimenti si modifica e, in particolare, all’aumentare della profondità del
piano di posa si può passare da una condizione di rottura generale a una di rottura
locale e a una per punzonamento.

3.3. Capacità portante di una fondazione superficiale


I primi studi sul calcolo della capacità portante di una fondazione superficiale,
vengono attribuiti a Prandtl (1920) e Terzaghi (1943). Secondo l’ipotesi di fonda-
zione nastriforme (problema piano), entrambi utilizzano il metodo dell’equilibrio
limite.
Entrambi gli autori schematizzano il terreno come un mezzo continuo, omogeneo
e isotropo, a comportamento rigido plastico e per il quale vale il criterio di rottura
di Mohr-Coulomb.
Lo studio di Prandtl è stato condotto ipotizzando l’assenza di attrito tra fondazio-
ne e il terreno sottostante, in tal caso la rottura avviene con la formazione di un
cuneo in condizioni di spinta attiva di Rankine (con tensioni verticali e orizzon-
tali principali, con tensione verticale maggiore, e tensione orizzontale minore) le
cui facce risultano inclinate di un angolo pari a 45° + φ/2 rispetto all’orizzontale,
essendo φ l’angolo di resistenza al taglio del terreno (figura 3.5).
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51
Capacità portante di una fondazione superficiale  cap 3

Figura 3.5. Schema di Prandtl

Le azioni della fondazione spingono verso il basso il cuneo, cosa che, in condi-
zioni di equilibrio limite, si traduce nella rottura del terreno circostante secon-
do una superficie di scorrimento a forma di spirale logaritmica con anomalia
φ. Prandtl ha ipotizzato che in condizioni di rottura le tensioni sulla superficie
di scorrimento sono inclinate per attrito di un angolo φ rispetto alla normale, e
che queste hanno direzione che converge nel polo A della spirale logaritmica.
La zona di taglio radiale spinge ulteriormente il terreno latistante producendo la
rottura per spinta passiva. Il cuneo ADF è a questo punto in condizioni di spinta
passiva di Rankine (tensioni verticali e orizzontali principali, con tensione ver-
ticale minore, e tensione orizzontale maggiore), questo è delimitato da superfici
piane inclinate di un angolo di 45° – φ/2 rispetto all’orizzontale, scorre verso
l’esterno e verso l’alto.

Figura 3.6. Schema di Terzaghi


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52
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura

Terzaghi ipotizza la presenza di attrito tra fondazione e terreno. In questo caso il


cuneo sottostante la fondazione è in condizioni di equilibrio elastico, con super-
fici inclinate di un angolo φ rispetto all’orizzontale, e penetra nel terreno come se
fosse parte della fondazione stessa (figura 3.6).
Considerare il cuneo sottostante la fondazione come elemento rigido equivale a
dire che la rottura avviene al di fuori del cuneo rigido. Entrambe le teorie presup-
pongono che il terreno sovrastante il piano di fondazione contribuisce alla capaci-
tà portante secondo il proprio peso, considerato come carico a favore di sicurezza
e privo di resistenza al taglio, quindi nel tratto FG della superficie di scorrimento
non vi sono tensioni di taglio.
Il calcolo della capacità portante di una fondazione superficiale può essere ricon-
dotto a una formula trinomia, che dipende:
• dalla base B della fondazione;
• dell’angolo di resistenza al taglio φ;
• dalla coesione c;
• dal peso proprio del terreno γ, interno alla superficie di scorrimento;
• dal sovraccarico, che, in assenza di carichi esterni sul piano campagna, è dato
da q = γD.
La formula trinomia per sovrapposizione degli effetti è la seguente:

1
qlim = cN c + qN q + γ N γ B (3.1)
2

La rottura viene calcolata supponendo che la superficie di scorrimento corrispon-


da alle condizioni previste per il singolo caso.
Nella (3.1), i valori Nγ, Nc, Nq sono quantità adimensionali, e vengono dette fattori
di capacità portante; queste grandezze sono funzione dell’angolo al taglio φ.
I fattori Nc e Nq fanno riferimento rispettivamente alla coesione e al sovraccarico,
mentre Nγ tiene conto dell’influenza del peso del terreno.
La formula trinomia sul calcolo della capacità portante è in genere corretta da
fattori dipendenti dalle condizione al contorno, inseriti nel tempo da vari autori.

3.3.1. Formula di Terzaghi


Terzaghi nel 1943 formulò una delle teorie sulla capacità portante di una fon-
dazione superficiale, per il caso in cui D ≤ B. Senza prendere in considerazione
l’inclinazione della fondazione o un’eventuale eccentricità del carico o sua incli-
nazione, la formula trinomia proposta dall’autore è la seguente:
1
qlim = cN c sc + qN q + γ N γ Bsγ (3.2)
2
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53
Capacità portante di una fondazione superficiale  cap 3

I fattori di capacità portante secondo la teoria valgono:

e( ) ( )
2 0 ,75π −ϕ / 2 tan φ

Nq =
(
2cos 2 45 + φ 2 )
Nc = (Nq – 1)cotφ

Nγ = 2(Nq – 1)tanφ

Il calcolo della capacità portante dipende dal tipo di fondazione:


• nastriforme se B < L/5
• rettangolare se B > L/5
• quadrata
• circolare.
Terzaghi ha introdotto inoltre dei coefficienti che tengono conto della forma della
fondazione, detti fattori di forma, sc, sγ (tabella 3.1).

Tabella 3.1. Fattori di forma

Fattori di forma
Forma della fondazione sc sγ
Nastriforme 1 1
Rettangolare 1,3 0,8
Quadrata o circolare 1,3 0,6

3.3.2. Formula di Meyerhof


Nel 1963 Meyerhof propose la formula trinomia introducendo anche dei dati che
tengono conto sia della profondità del piano di posa, della fondazione nonché
dell’inclinazione del carico:
1
qlim = cN c sc ic dc + qN q sq iq dq + γ N γ Bsγ iγ dγ (3.3)
2
I fattori di capacità portante secondo la teoria valgono:
π ϕ
N q = eπ tanφ tan 2  + 
 4 2
Nc = (Nq – 1)cotφ

Nγ = (Nq – 1)tan(1,4φ)
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54
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura

La (3.3) tiene conto:


• dei coefficienti correttivi, che tengono conto della forma della fondazione con
i cosiddetti fattori di forma, sc, sq, sγ;
• della profondità del piano di posa della fondazione rispetto al piano di campa-
gna con i cosiddetti fattori di profondità dc, dq, dγ;
• dell’inclinazione del carico con i cosiddetti fattori di inclinazione del carico ic,
iq, iγ, individuati a seconda del tipo di terreno, coesivo o meno (tabelle 3.2-3.4).
Nel caso di carico inclinato i fattori assumono il seguente valore:

sc = s q = s γ = 1

Tabella 3.2. Fattori di forma

Fattori di forma
Valori di φ sc sq sγ
B 2  π φ
0 1 + 0 ,2 tan  +  1 1
L  4 2

B 2  π φ B 2  π φ B 2  π φ
>0 1 + 0 ,2 tan  +  1 + 0 ,1 tan  +  1 + 0 ,1 tan  + 
L  4 2 L  4 2 L  4 2

Tabella 3.3. Fattori di profondità

Fattori di profondità
Valori di φ dc dc dγ
D  π φ
0 1 + 0 ,2 tan  +  1 1
B  4 2

D  π φ D π φ D π φ
>0 1 + 0 ,2 tan  +  1 + 0 ,1 tan  +  1 + 0 ,1 tan  + 
B  4 2 B  4 2 B  4 2

Tabella 3.4. Fattori di inclinazione del carico

Fattori di inclinazione del carico


Valori di φ ic iq iγ
2 2
 θ   θ 
0 1−  1−  0
 90   90 
2 2 2
 θ   θ   θ
>0 1−  1−  1− 
 90   90   φ

Dove θ rappresenta l’angolo che la retta d’azione del carico forma con la verticale
(espresso in gradi).
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55
Capacità portante di una fondazione superficiale  cap 3

3.3.3. Formula di Brinch-Hansen


Nel 1970 Brinch e Hansen proposero una formula trinomia introducendo altri fat-
tori correttivi, l’inclinazione del piano di posa della fondazione e l’inclinazione
del piano di campagna. La formula trinomia diventa:

1
qlim = c' N c sc ic bc g c dc + q ' N q sq iq bq g q dq + γ N γ B' sγ iγ bγ gγ dγ (3.4)
2

I fattori di capacità portante secondo la teoria valgono:

 π φ
N q = eπ tan tan 2  + 
 4 2

Nc = (Nq – 1)cotφ

Nγ = 2(Nq + 1)tanφ

Nel caso particolare, per φ = 0, ovvero per le verifiche in condizioni non drenate
di fondazioni superficiali su terreno coesivo saturo in termini di tensioni totali, i
fattori di capacità portante assumono i seguenti valori:

Nq = 1

Nc = 2 + π = 5,14

Nγ = 0

Per φ = 0, la (3.4) diventa:

qlim = (2 + π)cuscicbcgcdc + q (3.5)

Anche se qualche fattore correttivo è già stato definito in precedenza, di seguito


verranno riassunti i fattori utilizzati dalla (3.4) e (3.5)
• fattori di forma sc, sq, sγ
• fattori di profondità dc, dq, dγ
• fattori di inclinazione del carico ic, iq, iγ
• fattori di inclinazione del piano di fondazione bc, bq, bγ
• fattori di inclinazione del piano di campagna gc, gq, gγ.
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56
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura

3.3.3.1. Fattore di forma


L’equazione originale di Terzaghi è ottenuta con riferimento a una striscia inde-
finita di carico, in modo da poter considerare il problema piano. In realtà però le
fondazioni hanno dimensioni in pianta confrontabili, e quindi la capacità portante è
influenzata dagli effetti di bordo. Si può tener conto, in modo semiempirico, della
tridimensionalità del problema di capacità portante attraverso i fattori di forma, il cui
valore può essere calcolato secondo quanto riportato nella tabella 3.5 (Vesic, 1975).

Tabella 3.5. Fattori di forma

Fattori di forma
Forma della fondazione sc sq sγ
B' N q B' B'
Rettangolare 1+ ⋅ 1+ ⋅ tan 1 − 0 ,4
L' N c L' L'
Nq
Circolare o quadrata 1+ ⋅ 1 + tanφ 0,6
Nc

I fattori sc e sq, rispettivamente associati alla coesione e al sovraccarico latistante, sono


maggiori di 1, perché il terreno alle estremità longitudinali della fondazione contribu-
isce alla capacità portante, mentre il fattore sγ, associato al peso proprio del terreno di
fondazione, è minore di 1 a causa del minore confinamento del terreno alle estremità.

3.3.3.2. Fattore di profondità


La profondità del piano di fondazione mette in conto anche la resistenza al taglio
del terreno sopra il piano di fondazione, ovvero considera la superficie di scor-
rimento estesa fino al piano campagna (segmento FG delle figure 3.5 e 3.6). I
fattori di profondità sono riportati in tabella 2.6 (Vesic, 1975).

Tabella 3.6. Fattori di profondità

Fattori di profondità
Valori di φ dc dq dγ

φ=0 D D
≤1 1 + 0 ,4
B' B'
Argilla satura in 1 1
condizioni non D  D
>1 1 + 0 ,4 ⋅ arctan  
drenate B'  B' 
D 2 D
φ>0
B'
≤1
1 − dq
(
1 + 2 tanφ 1 − sin φ ⋅ ) B'
dq − 1
Sabbie e argille in D N c tan ϕ 2  D
condizioni drenate
B'
>1 ( )
1 + 2 tan φ ⋅ 1 − sin φ ⋅ arctan  
 B' 
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57
Capacità portante di una fondazione superficiale  cap 3

Tuttavia, poiché il terreno sovrastante il piano di fondazione è molto spesso un


terreno di riporto o comunque con caratteristiche meccaniche scadenti e inferiori
a quelle del terreno di fondazione, l’uso dei fattori di profondità deve essere fatto
con cautela.

3.3.3.3. Eccentrità dei carichi


In generale le fondazioni superficiali devono sostenere carichi eccentrici. La su-
perficie interagente con il terreno diminuisce, influenzando la capacità portante.
L’area resistente a rottura è quella porzione dell’area totale per la quale il carico
risulta centrato. In particolare, per una fondazione a base rettangolare di dimen-
sioni B (base) e L (lunghezza), considerando un carico che trasmette un’eccen-
tricità eB nella direzione del lato minore B e un’eccentricità eL nella direzione del
lato maggiore L, nel calcolo della capacità portante si terrà conto di una fondazio-
ne rettangolare equivalente di area:

A’ = B’ · L’ (3.6)

rispetto alla quale il carico è centrato, dove:

B’ = B – 2eB (3.7)

L’ = L – 2eL (3.8)

Figura 3.7. Area equivalente


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58
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura

3.3.3.4. Inclinazione dei carichi


L’inclinazione del carico riduce la resistenza a rottura di una fondazione super-
ficiale, secondo il rapporto fra la componenti orizzontale H e quella verticale V.
A seconda dell’inclinazione del carico, la rottura può avvenire per slittamento o
per capacità portante.

Nella tabella 3.7 sono riportati i valori più comunemente utilizzati.

Tabella 3.7. Fattori di inclinazione dei carichi

Fattori di inclinazione dei carichi

Valori di φ ic iq iγ

φ=0
mH
1− 1 1
Argilla satura in condizioni B ⋅ L ⋅ cu ⋅ N c
non drenate
m m+1
c > 0, φ > 0 1 − iq  H   H 
iq −  1−  1− 
Argilla in condizioni drenate N c tanϕ  V + BLcD cotϕ   V + BLcD cot ϕ

c=0  H
m
 H
m+1

-  1−  1− 
Sabbie  V   V 

Dove il coefficiente m assume, per carico orizzontale parallelo alla base, il se-
guente valore:

B
2+
m= L (3.9)
B
1+
L

In un piano H-V è possibile costruire un dominio di rottura, e pervenire al collasso


per differenti moltiplicatori del carico.

3.3.3.5. Inclinazione del piano di posa


L’inclinazione del piano di posa può essere considerata come tolleranza a seguito
degli scavi o per accorgimenti strutturali, difatti ritorna utile nel caso in cui la
struttura trasmetta carichi permanenti sensibilmente inclinati; in tal modo il piano
di posa della fondazione verrà realizzato con un’inclinazione α rispetto all’oriz-
zontale (figura 3.8).
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59
Capacità portante di una fondazione superficiale  cap 3

Figura 3.8. Inclinazione del piano di posa e del piano di campagna

La capacità portante nella direzione ortogonale al piano di posa è corretta secon-


do dei fattori di inclinazione del piano di posa (tabella 3.8).

Tabella 3.8. Fattori di inclinazione del piano di posa

Fattori di inclinazione del piano di posa


Valori di φ bc bq bγ
φ=0 2α
1− 1 1
Argilla satura in condizioni non drenate π +2

c > 0, φ > 0 1 − bq
bq − (1 – αtanφ)2 (1 – αtanφ)2
N c tanϕ
Argilla in condizioni drenate

3.3.3.6. Inclinazione del piano di campagna


Nel caso in cui il piano campagna sia inclinato di un angolo β rispetto all’oriz-
zontale (figura 3.8), verranno inseriti dei coefficienti correttivi sul calcolo della
la capacità portante (tabella 3.9).

Tabella 3.9. Fattori di inclinazione del piano di campagna

Fattori di inclinazione del piano di campagna


Valori di φ gc gq gγ
φ=0 2β
1− 1 1
Argilla satura in condizioni non drenate π +2

c > 0, φ > 0 1 − gq
gq − (1 – βtanφ)2 · cosβ (1 – βtanφ)2
N c tan ϕ
Argilla in condizioni drenate
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60
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura

3.3.4. Metodo EC7


La formula trinomia della capacità portante è uguale al metodo di Brinch e Han-
sen, ovvero:
1
qlim = c' N c sc ic bc g c dc + q ' N q sq iq bq g q dq + γ N γ B' sγ iγ bγ gγ dγ (3.10)
2
I fattori di capacità portante valgono in condizioni drenate:

 π ϕ
N q = eπ tan tan 2  + 
 4 2

Nc = (Nq – 1)cotφ

Nγ = 2(Nq – 1)tanφ

Anche in questo caso per φ = 0 si ha:

Nq = 1

Nc = 2 + π = 5,14

Nγ = 0

Quindi, per φ = 0, la (3.10) diventa:

qlim = (2 + π)cuscicbcgcdc + q (3.11)

I fattori di forma e d’inclinazione del carico sono riportati nelle tabelle 3.10, 3.11, 3.12.

Tabella. 3.10. Fattori di forma

Fattori di forma
Valori di φ Forma sc sq sγ
φ=0 B'
Rettangolare 1 + 0 ,2
L' 1 1
Argilla satura in condizioni
non drenate Quadrata o rotonda 1,2
φ>0 B' B'
Rettangolare sq ⋅ N q − 1 1+ ⋅ sen 1 − 0 ,3
L' L'
Sabbie e argille Nq − 1
in condizioni drenate Quadrata o rotonda 1 + senφ 0,7
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umentato la tensione progressivamente dal generatore fino ad arrivare a 5V. Durante l’esercitazione abbiamo
61 dovuto camb
orrente “Id” in mA dovrebbe formarsi una curva che prende il nome di “curva caratteristica del diodo” dove Vγ è la tensione d
Capacità portante di una fondazione superficiale  cap 3

Tabella. 3.11. Fattori di inclinazione dei carichi (carico orizzontale H parallelo a B)

Fattori di inclinazione dei carichi


Valori di φ ic iq iγ
φ=0
 H 
0 ,5 ⋅  1 + 1 −  1 1
Argilla satura B' ⋅ L' cU 

in condizioni non drenate

3 3
c > 0, φ > 0 iq ⋅ N q − 1  0 ,7 ⋅ H   H 
Nq − 1 1−  1− 
Argilla in condizioni drenate  V + B' L' cD cot ϕ   V + B' L' cD cot ϕ 

Tabella 3.12. Fattori di inclinazione dei carichi (carico orizzontale H parallelo a L)

Fattori di inclinazione dei carichi


Valori di φ ic iq iγ
φ=0
 H 
0 ,5 ⋅  1 + 1 −  1 1
Argilla satura in condizioni B' ⋅ L' ⋅ cU 

non drenate
c > 0, φ > 0
iq ⋅ N q − 1 H H
1− 1−
Argilla in condizioni Nq − 1 V + B' L' cU cot ϕ V + B' L' cU cotϕ
drenate

Per i fattori di profondità, di inclinazione del piano di posa e del piano di campa-
gna, possono essere assunti gli stessi valori proposti da Brinch-Hansen.

3.3.5. Influenza dell’acqua e scelta dei parametri geotecnici


La presenza dell’acqua, sia sul terreno sottostante il piano di posa della fonda-
zione che sul terreno sovrastante, influenza notevolmente la capacità portante. Il
problema è rivolto al drenaggio del terreno, che dipende dal tipo di terreno e dal
modo in cui viene applicato il carico (istantaneo o lento).
Per i terreni a grana grossa, quali ghiaie e sabbie, considerata l’elevata permea-
bilità (k ≥ 10–5 m/s), l’applicazione di carichi statici non genera sovrapressioni
interstiziali; l’analisi è condotta con riferimento alle condizioni drenate, conside-
rando solo tensioni efficaci.
In termini di tensioni efficaci, la resistenza del terreno è definita secondo i para-
metri c’ e φ’, da cui il criterio di rottura:
τ = c’ + σ’ · tanφ
Quindi nella formula trinomia (equazioni (3.1), (3.2), (3.3), (3.4) e (3.10)) devo-
no essere presi come dati geotecnici i valori efficaci c’ e φ’.
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62
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura

La presenza di una falda incide sul calcolo della capacità portante tramite il so-
vraccarico trasmesso dal terreno sovrastante e dal peso specifico del terreno al di
sotto del piano fondale. I fattori di capacità portante vengono calcolati utilizzan-
do i valori di c’ e φ’ del terreno.
A seconda della presenza della falda e della sua profondità possono essere indi-
viduati tre casi. Per semplificazione verrà esaminata la formula trinomia proposta
da Terzaghi, ma ovviamente il caso può essere descritto da tutte le teorie analo-
ghe (Meyerhof, Brinch-Hansen, EC7, ecc.).
Ipotizzando la falda in quiete, con peso specifico dell’acqua γw, si hanno i seguen-
ti casi.

a. Il pelo libero della falda si trova a una quota al di sopra del piano di posa
della fondazione

Figura 3.9. Falda al di sopra del piano di fondazione

Il carico q’ che moltiplica Nq va inteso come il valore della tensione effettiva


verticale litostatica agente alla profondità del piano di posa; in questo caso
si ha:

q’ = γ1 · zFalda + (γSat1 – γw) · (D – zFalda) (3.12)

La formula trinomia diventa:

( )( )
q ' = γ 1 ⋅ z Falda + γ Sat1 − γ w ⋅ D − z Falda (3.13)
dove

γ2’ = γSat2 – γw (3.14)

è il peso di volume immerso del terreno presente sotto la fondazione.


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63
Capacità portante di una fondazione superficiale  cap 3

Se il pelo libero della falda coincide con il piano di fondazione, allora il valo-
re zFalda sarà uguale alla profondità dell’affondamento D, quindi:

q’ = γ1 · D (3.15)

b. Il pelo libero della falda si trova a una profondità al di sotto del piano di
posa della fondazione compresa tra D e D + B ovvero, d < B

Figura 3.10. Falda al di sotto del piano di fondazione

Il carico q’ che moltiplica Nq diventa:

q’ = γ1 · D (3.16)

La formula trinomia diventa:



1 d

2
( )
qlim = c' N c + q ' N q + γ 2 ' + γ 2 − γ 2 ' ⋅  N γ B
B
(3.17)

c. Il pelo libero della falda si trova a una profondità al di sotto del piano di
posa della fondazione con d ≥ B, la falda può essere trascurata

Per i terreni a grana fine (limi e argille), la cui permeabilità è molto bassa, le
sovrapressioni interstiziali a causa dei carichi statici si dissipano lentamente
nel tempo secondo la legge della consolidazione.
La capacità portante dovrebbe essere esaminata secondo un comportamento
a breve termine (condizioni non drenate in termini di tensioni totali), nonché
secondo un comportamento a lungo termine (condizioni drenate in termini di
tensioni efficaci).
Ovviamente considerare la condizione non drenata (comportamento a breve
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64
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura

termine), è a favore di sicurezza per la stabilità delle fondazioni su terreni


coesivi, poiché al termine del processo di consolidazione l’incremento delle
tensioni efficaci avrà prodotto un incremento della resistenza al taglio.
Nelle analisi di capacità portante in termini di tensioni totali, la resistenza del
terreno è definita convenzionalmente mediante il parametro cu (coesione non
drenata) e il criterio di rottura è espresso nella:
τ = cu
contrariamente a c’ e φ’, non rappresenta una caratteristica del materiale, ma
un parametro di comportamento.
Il calcolo della capacità portante viene calcolato secondo la (3.5).

3.4. Verifica a scorrimento


Le azioni orizzontali tendono a far scorrere la fondazione nel verso della forza
applicata H.
La forza che contrasta lo scorrimento dipende dalle forze di attrito e di aderenza
nel contatto fondazione-terreno e da un’eventuale resistenza laterale (figura 3.11):
EH = FRd + Epd = Vtanδt + ca · B + Epd (3.18)
dove
δt = coefficiente di attrito fondazione-terreno
ca = adesione fondazione-terreno
Epd = resistenza laterale di calcolo (resistenza passiva).

Il coefficiente di attrito fondazione-terreno, in generale, può essere assunto pari


all’angolo di attrito interno φ’ del terreno a contatto con la fondazione, l’adesione
ca invece è assunta pari a (0,5 ÷ 0,7)c.
La resistenza passiva in genere si mobilita per spostamenti superiori di almeno un
ordine di grandezza rispetto a quelli necessari per mobilitare lo stato limite attivo
FRd. In genere viene trascurata, a meno che non venga compattato il terreno di
riporto o infisso un muro laterale o che il getto di calcestruzzo avvenga a contatto
con la parete di scavo.
La verifica è soddisfatta se:

RH = H ≤ EH (3.18)

Sia RH che EH vengono calcolati tenendo conto di opportuni coefficienti corretti-


vi, come verrà illustrato nel successivo capitolo.
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65
Capacità portante di una fondazione superficiale  cap 3

Figura 3.11. Azioni per le verifiche a scorrimento

3.5. Capacità portante di una fondazione superficiale in presenza di sisma


La capacità portante di fondazioni superficiali in presenza di carichi sismici deve
tener conto degli effetti dell’inerzia delle masse del suolo sotto la fondazione.
I primi studi che tengono conto dell’effetto del sisma sono dovuti a Mayerhof, e
si basano su un approccio pseudostatico: le accelerazioni verticali e orizzontali
sono applicate nel centro di gravità della struttura e il problema è ridotto a un caso
statico, con carichi agenti di carattere eccentrico.
Alla fine del secolo scorso, negli anni ’90, furono sviluppati i primi lavori che
in forma più rigorosa tengono conto delle forze di inerzia, considerato il sistema
suolo-struttura, basati sul metodo dell’equilibrio limite.
L’analisi della capacità portante in ambiente sismico si lega alle caratteristiche
sismiche del sito:
ag = accelerazione orizzontale massima sul suolo
S = fattore che tiene conto del profilo stratigrafico.
In pratica, in aggiunta alle forze dovute alla gravità, la capacità portante viene
legata al fattore delle inerzie orizzontali:
ag
kh = S ⋅ (3.19)
g
Come si vedrà in seguito, la capacità portante delle fondazioni si riduce sostan-
zialmente durante un terremoto.
I metodi sviluppati in questi ultimi anni per il calcolo della capacità portante di
fondazioni superficiali in zona sismica fanno in generale riferimento al caso di
terreni granulari, privi di coesione, dotati solo di angolo di attrito.

Di seguito verrà analizzato il metodo di Paolucci-Pecker e il metodo di Maugeri.


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66
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura

3.5.1. Metodo di Paolucci e Pecker


Il metodo di Paolucci e Pecker è basato sull’approccio cinematico della yield
design theory, in cui l’eccitazione sismica è applicata staticamente (approccio
quasi-statico).
La formulazione empirica approssima i risultati di un approccio cinematico te-
nendo conto sia dell’eccentricità del carico che del contributo dell’inerzia del
suolo.
Il metodo considera solo l’azione sismica orizzontale kh e trascura kv dovuta
all’eccitazione sismica verticale, ricerca quindi tre moltiplicatori funzione della
forza orizzontale, dell’eccentricità del carico e dell’inerzia del terreno che, valu-
tati come si vedrà di seguito e moltiplicati per la capacità portante limite in campo
statico, forniscono la valutazione della stessa in campo sismico.
La capacità portante in ambiente sismico qlim,e diventa:

qlim,e = υh · υe · υi · qlim,s (3.20)

Il metodo di Paolucci-Pecker è un’estensione ridotta del metodo di Brinch-Han-


sen, dove la portanza in condizioni statiche ridotta nei sui coefficienti vale:
1
qlim,s = c' N c sc ic dc + q ' N q sq iq dq + γ N γ B' sγ iγ dγ (3.21)
2
Il metodo non utilizza nella classica formula di Brinch-Hansen il coefficiente
presentato con il valore tipico di Vesic:

Nγ = 2(Nq + 1)tanφ

ma con il valore:

Nγ = 2(Nq – 1)tanφ

I coefficienti presenti nella formula 3.20 valgono:


a. per la forza orizzontale:
3
 k 
υh = 1 − h  (3.22)
 0 ,85 

b. per l’eccentricità del carico:


1,8
 e 
υe =  1 −  (3.23)
 0 ,50 B 
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67
Capacità portante di una fondazione superficiale  cap 3

essendo e l’eccentricità dei carichi;

c. per l’inerzia del terreno:


0 ,35
 k 
υi =  1 − h  (3.25)
 tan φ 

Il metodo di Paolucci secondo l’equazione (3.25) è valido fino a che viene rispet-
tata la disuguaglianza:
ag
kh = S ⋅ < tanφ (3.26)
g
dopodiché il coefficiente legato all’inerzia del terreno perde significato.
Il metodo non risulta applicabile in certe zone sismiche per valori dell’angolo di
attrito interno relativamente basso.

3.5.2. Metodo di Maugeri


Il metodo di Maugeri si basa su uno studio condotto per via numerica mediante
il metodo delle caratteristiche, proposto da Sokolowskii per un’analisi statica e
riscritto per una condizione pseudostatica attraverso la descrizione di un modello
numerico che permette di trovare i valori di Nj.
Si tenga presente che l’interpolazione è corretta per valori di kh inferiori a 0,40.
I valori di Nj vengono ridotti rispetto a quelli tipici statici grazie a nuovi coeffi-
cienti correttivi indicati rispettivamente con hc, hq, hγ, rappresentati attraverso del-
le funzioni interpolanti di tipo polinomiale cubico in funzione di φ e kh.
Il metodo di Maugeri permette, attraverso il variare di un coefficiente f tra il
valore 0 e il valore 1, di tenere conto, nel primo caso, del solo effetto cinematico
del sisma e nel secondo caso dell’effetto completo (cinematico + dinamico) del
sisma sulla fondazione, quindi il fattore f tiene conto della percentuale di sforzo
di taglio trasmesso alla base.
Con questo metodo la consueta formula di Brinch-Hansen viene riscritta introdu-
cendo i coefficienti h nel seguente modo:
1
qlim,s = c' N c sc ic dc hc + q ' N q sq iq dq hq + γ N γ B' sγ iγ dγ hγ (3.27)
2
I valori h presenti nella (3.27) sono i seguenti:
a. fattore di scorrimento:

hγ = A · kh(1 – f) + B · (kh2 · f) + C · (kh · f) + 1 (3.28)


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68
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura

b. fattore di coesione:

hc = D · (kh2 · f) + E · (kh · f) + 1 (3.29)

c. fattore di sovraccarico:

hq = F · kh2 · (1 – f) + G · kh · (1 – f) + H · (kh2 · f) + I · (kh · f) + 1 (3.30)

dove
A = 7,23tanφ3 – 18,39tanφ2 + 15,22tanφ – 5,39
B = – 70,5tanφ3 + 143,84tanφ2 – 98,79tanφ + 27,64
C = 12,90tanφ3 – 35,04tanφ2 + 30,27tanφ – 12,48
D = 70,06tanφ3 – 171,07tanφ2 + 129,90tanφ – 29,61
E = 1,27tanφ – 1,07
F = 43,29tanφ3 – 105,80tanφ2 + 81,09tanφ – 19,91
G = – 2,80tanφ3 + 6,66tanφ2 – 4,61tanφ + 0,35
H = 63,69tanφ3 – 154,31tanφ2 + 117,70tanφ – 26,34
I = – 4,49tanφ3 + 10,58tanφ2 – 8,48tanφ – 0,22.

Entrambi i metodi permettono di porre in evidenza che al crescere dell’accelera-


zione sismica di picco la capacità portante della fondazione diminuisce in modo
decisamente marcato, diminuzione molto significativa al punto da asserire che,
per angoli di attrito piuttosto bassi e per valori di kh elevati, la capacità portante
in campo sismico si riduce fino ad arrivare a fondazioni di difficile realizzazione,
oppure all’impossibilità della valutazione della stessa.
Ai metodi illustrati ve sono altri che si citano solamente:
• metodo di Kumar
• metodo EC8 annex F
• metodo di Richards
• metodo di Sarma ecc.
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CAPITOLO 3
CALCOLO DELLA CAPACITÀ PORTANTE

3.1. CONSIDERAZIONI GENERALI


L’indagine geotecnica necessaria per la progettazione dei micropali e più in generale dei pali di fon-
dazione, comprende i seguenti punti fondamentali:
• conoscenza approfondita della geologia della zona del progetto;
• conoscenza dell’utilizzo del sito in passato (attività estrattive, precedenti scavi, eventuali proble-
mi incontrati durante la costruzione di opere nel sito in oggetto od in prossimità, metodi costrut-
tivi adottati per la costruzione di manufatti adiacenti, con particolare riferimento alla tipologia
delle fondazioni adottate);
• descrizione della storia geologica e delle modalità di deposizione dei terreni di fondazione;
• analisi delle stratigrafie di sondaggi già eseguiti in prossimità dell’opera con inclusa la descrizio-
ne e classificazione dei diversi strati di terreno presenti (peso dell’unità di volume, contenuto
naturale d’acqua, risultati delle prove penetrometriche dinamiche (SPT) o statiche (CPT), descri-
zione delle condizioni relative alla presenza o meno della falda, ecc.;
• esecuzione di sondaggi la cui lunghezza deve essere tale da raggiungere profondità superiori a quel-
le relative alla quota di base dei micropali o dei pali di fondazione, con una dettagliata descrizione
dei terreni, con particolare riferimento alle zone di transizione fra uno strato ed il successivo;
• preparazione di sezioni geotecniche in corrispondenza delle opere, sulla base delle stratigrafie dei
sondaggi, riportando i differenti tipi di terreno, i valori di SPT e tutte le altre informazioni otte-
nute dall’indagine in sito e di laboratorio, per valutare la variabilità dei terreni di fondazione in
corrispondenza delle opere e per identificare le condizioni geotecniche più critiche presenti in cor-
rispondenza delle opere;
• determinazione delle curve granulometriche, dei limiti di plasticità e liquidità, per i terreni coesi-
vi, determinazione dei parametri di resistenza al taglio dei terreni;
• nel caso siano incontrati strati rocciosi, le stratigrafie devono riportare la classificazione della roc-
cia, il grado di alterazione e fratturazione, la percentuale di recupero delle carote, il valore di
RQD, la resistenza a compressione monoassiale e ogni altra osservazione utile raccolta durante
l’esecuzione dei sondaggi;
• determinazione dell’eventuale presenza di condizioni relative alla presenza di terreni pericolosi,
contaminati e/o corrosivi. Questi dati possono includere la resistività, il valore di pH e la presen-
za di piombo, solfati e clorite.
L’interpretazione di tutti i dati geotecnici, raccolti in un apposito rapporto geotecnico, deve essere
verificata durante l’installazione dei pali, mediante opportuno monitoraggio e rilievo dei dati relati-
vi all’esecuzione dei pali, come ad esempio, la velocità di perforazione o di avanzamento durante la
messa in opera dei pali.

3.2. MICROPALI
Ai fini progettuali, normalmente si considera, per la capacità portante dei micropali, il solo contri-
buto relativo all’attrito laterale fra la miscela cementizia ed il terreno di fondazione, in quanto il con-
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68 MICROPALI

tributo relativo alla portata di base è trascurabile rispetto alla capacità portante complessiva, tenen-
do anche conto dei seguenti aspetti:
• L’elevato valore della resistenza al taglio, presente lungo la superficie laterale al contatto fra la
miscela cementizia ed il terreno, che può essere ottenuto come conseguenza del metodo d’instal-
lazione dei micropali. La capacità portante per attrito laterale può raggiungere valori superiori a
365 kN per metro di lunghezza del micropalo, in terreni a grana grossa ben addensati e 750 kN
per metro di lunghezza in rocce competenti, per i tipici diametri di perforazione dei micropali
(150-300 mm).
• La superficie disponibile per mobilizzare l’attrito laterale è molto superiore rispetto alla superfi-
cie della base del micropalo. Ad esempio, per un palo del diametro di 200 mm e con una lun-
ghezza di connessione pari a 6 m, la superficie, disponibile per attrito o adesione laterale, è 120
volte superiore a quella relativa alla portata di base del micropalo.
• Il cedimento del micropalo, necessario a mobilitare la resistenza al taglio lungo la superficie late-
rale, è significativamente inferiore a quello necessario per mobilizzare la portata di base.
Come conseguenza della dipendenza della capacità portante del micropalo dall’attrito che si svilup-
pa lungo la superficie laterale, i micropali sono considerati geotecnicamente equivalenti in com-
pressione e in tensione. Questa è una comune assunzione sulla base della quale i micropali sono
dimensionati per sforzi assiali di compressione/trazione, valutando il valore della resistenza al taglio
presente lungo la superficie laterale in funzione della resistenza del terreno.
I valori tipici che sono assunti per quanto concerne l’attrito laterale del micropalo, mediante valuta-
zioni teoriche o mediante prove di carico, sono considerati valori medi che agiscono lungo l’intera
lunghezza del tratto di micropalo connesso al terreno. Misure ottenute da strumentazione installata
su ancoraggi e micropali, hanno mostrato, tuttavia, in modo particolare per terreni addensati e com-
patti e per le rocce competenti, che la percentuale di carico trasferita al terreno è più elevata nel trat-
to superiore, connesso al terreno, del micropalo.
Questo fenomeno ha una notevole influenza sulle previsione dei cedimenti. A questo riguardo, una
considerazione pratica è che la concentrazione della reazione ai carichi applicati nella parte supe-
riore del tratto di micropalo connesso al terreno, ha come conseguenza una riduzione della lunghez-
za del tratto di palo che si deforma elasticamente, con la conseguente riduzione dell’entità del cedi-
mento, particolarmente in terreni addensati o compatti e in roccia.
Occorre precisare che mentre l’impiego dei micropali sta crescendo rapidamente, lo stato dell’arte
per quanto riguarda la progettazione geotecnica dei micropali è basata prevalentemente sull’espe-
rienza e ricerca relativa ai pali trivellati, agli ancoraggi nei terreni e ai tiranti.
Con riferimento ad un recente studio condotto dalla FHWA (vedi riferimenti bibliografici), la figu-
ra 3.1 riporta una tabella per stimare il valore della resistenza al taglio lungo la superficie laterale al
contatto fra la miscela cementizia e il terreno.
La tabella include dei campi di variazione, per i quattro tipi di micropalo descritti nel capitolo 1 (tipo
A, B, C e D), in funzione della variabilità geotecnica dei diversi tipi di terreno.
Tali valori della resistenza al taglio sono comunemente basati sull’esperienza locale dell’ingegnere geo-
tecnico. I valori riportati in tabella devono essere, pertanto, considerati come dei valori orientativi di
riferimento, per le diverse modalità d’installazione e le differenti condizioni geotecniche dei terreni.
Sulla base di tali valori, della resistenza al taglio lungo la superficie laterale, al contatto fra la misce-
la cementizia ed il terreno, indicati in tabella con, si può calcolare la capacità portante ammissibile
per forze assiali agenti sul micropalo, secondo la seguente relazione:
α
P= ⋅ 3.14 ⋅ D ⋅ L (1)
FS
dove oltre al valore di α si ha:
D = diametro relativo alla superficie di contatto fra la miscela ed il terreno
L = lunghezza del tratto di connessione fra micropalo e terreno
FS = coefficiente di sicurezza in condizioni statiche, normalmente assunto pari a 2.5.
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 69

Tipici valori della resistenza al taglio lungo la superficie laterale


al contatto fra la miscela cementizia ed il terreno (kPa)
Descrizione dei terreni-rocce
Tipo A Tipo B Tipo C Tipo D

Limo e argilla (con sabbia)


(tenera, medio plastica)

Limo e argilla (con sabbia)


(dura, da densa a molto densa)

Sabbia (con limo)


(fine, da poco a mediamente addensata)

Sabbia (con limo, con ghiaia)


(da mediamente densa a molto densa)

Ghiaia (con sabbia)


(da mediamente a molto densa)

Morena (limo, sabbia, ghiaia)


(da mediamente a molto densa, cementata)

Scisti argillosi teneri


(moderatamente fratturati, poco o per
niente alterati)

Scisti argillosi o scisti duri


(moderatamente fratturati, poco o per
niente alterati)

Calcari
(moderatamente fratturati, poco o per
niente alterati)

Arenarie
(moderatamente fratturate, poco o per
niente alterate)

Graniti e basalti
(moderatamente fratturati, poco o per
niente alterati)

Tipo A – Micropali a Gravità

Tipo B – Iniettati a pressione attraverso il rivestimento provvisorio quando viene sollevato

Tipo C – Iniezione primaria a gravità e iniezione secondaria globale unica in pressione

Tipo D – Iniezione primaria a gravità e una o più fasi di iniezione in pressione secondaria “globale” (iniezione ripetuta selettiva)

Figura 3.1. Riepilogo dei valori della resistenza al taglio lungo la superficie laterale in funzione del tipo di micropalo e terreno,
per valutazioni e dimensionamenti preliminari

Per quanto riguarda il calcolo della capacità portante per forze assiali applicate ai micropali, uno dei
metodi di calcolo, tuttora fra i più validi fra quelli proposti in letteratura, è stato messo a punto da
Bustamante e Doix (1985), i quali hanno analizzato i risultati sperimentali di una notevole mole di
prove di carico relative a tiranti, micropali e pali iniettati per un totale di 249 prove.
Di queste una parte è stata ricavata da prove pubblicate in letteratura ma ben 120 si riferiscono a
prove che gli stessi Autori hanno direttamente seguito per conto del Laboratoires des Ponts et
Chaussées. La figura 3.2, mostra l’ubicazione dei siti in Francia nei quali sono state effettuate le
prove di carico, i cui risultati sono stati utilizzati per mettere a punto il metodo di calcolo, ed un rie-
pilogo di tutte le 249 prove utilizzate.
Relativamente ai differenti tipi di terreni interessati dall’esecuzione dei tiranti e dei micropali sotto-
posti alle prove di carico, sono stati analizzati i risultati relativi a terreni che comprendevano limi e
argille, ghiaie e sabbie, rocce marnose o limo-calcaree e calcari e rocce alterate e fratturate.
La figura 3.3 riepiloga per i differenti siti le prove geotecniche eseguite e utilizzate per l’interpreta-
zione delle prove di carico.
Nonostante una discreta dispersione dei risultati, di cui si parlerà più avanti, gli Autori sono riusciti
ad elaborare dei grafici che forniscono il valore della resistenza al taglio lungo la superficie laterale
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70 MICROPALI

(a)
Numero dei siti
analizzati: 34

(c)

Caratteristiche
Tiranti Micropali
geometriche
Regione parigina
valore medio
Lunghezze totali LT campo di
(m) varizione

Lunghezze in ancoraggio Ls valore medio


campo di
(m) varizione
valore medio
Diametro di perforazione Dd campo di
(mm) varizione

(b)

Numero di elementi sottoposti a prova


Autori o organismi che
hanno interpretato le prove Totale dei siti
Tiranti Micropali Pali iniettati

non precisati
non precisati

Figura 3.2. Prove di carico utilizzate da Bustamante e Doix (1985) per mettere a punto il metodo di calcolo per il dimensiona-
mento dei micropali, (a) ubicazione dei siti nei quali Laboratoires des Ponts et Chaussées hanno effettuato parte delle prove di
carico, (b) riepilogo dei siti e di tutte le prove di carico analizzate, (c) riepilogo delle caratteristiche geometriche dei tiranti e dei
micropali sui quali sono state condotte le prove di carico esaminate

Tipo di prova geotecnica eseguita Totale Siti con le prove Siti dove le prove effettuate Siti nei quali le prove
(parametri geotecnici misurati) dei siti effettivamente hanno fornito risultati parziali geotecniche non sono state effettuate
utilizzate

Pressiometro Ménard 6
(pl) I valori di pl eccedono 1
le possibilità della sonda I valori di pl eccedono le possibilità della sonda di
utilizzata da misurarli misurarli

Penetrometro statico CPT


(qc) 4 17
(rifiuto prematuro) Non è stato possibile eseguire le prove a causa
della natura dei materiali molto addensati

Prove di laboratorio 19
4
(c, ø) Di cui 11 sono stati giudicati inesplorabili a priori
Campioni non indisturbati
a causa dell’impossibilità di prelevare campioni

SPT 19
(N) Di cui 10 sono stati giudicati a priori inadatti
per eseguire prove SPT a causa della natura
troppo compatta dei terreni

Figura 3.3. Prove geotecniche effettuate nei siti nei quali Laboratoires des Ponts et Chaussées hanno eseguito le prove di cari-
co analizzate da Bustamante e Doix
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 71

del micropalo in funzione delle caratteristiche geotecniche dei terreni, con un’unica differenziazio-
ne per quanto riguarda le modalità esecutive dei micropali:
• quelli realizzati con una miscela cementizia colata a gravità o iniettata a debole pressione (infe-
riore a 0.7 MPa) designati con la sigla I.G.U. (iniezione globale unica);
• quelli ottenuti con più fasi d’iniezione di miscela cementizia di cui una prima fase a bassa pres-
sione per sigillare il foro ed una o più fasi ulteriori, a pressioni e volumi controllati, tramite val-
vole di non ritorno posizionate lungo il tratto connesso e designati con la sigla I.R.S. (iniezione
ripetuta selettiva).
Gli Autori chiariscono che la pressione d’iniezione per tiranti o micropali ad iniezione semplice è in
genere:
0.5 pl ≤ pi ≤ pl
mentre nei tiranti o micropali ad iniezioni ripetute si ha:
pi ≥ pl
dove pl è la pressione limite ricavata da prove pressiometriche.
Con riferimento alla figura 3.4 si ha che la capacità portante limite per forze assiali è data dalla
seguente formula generale:
TL = π · Ds · Ls · qs (2)
dove
Ds = diametro efficace
Ls = tratto di micropalo connesso al terreno, o lunghezza del bulbo
qs = tensione di attrito laterale che si sviluppa all’interfaccia palo-terreno.
Per quanto riguarda le dimensioni trasversali del micropalo da considerare, gli autori raccomandano
di utilizzare un valore del diametro efficace superiore al diametro di perforazione secondo la seguen-
te espressione:
Ds = α · Dd (3)
essendo α un parametro migliorativo, i cui valo- TL
TL
QL
ri, a seconda del tipo di micropalo e di terreno,
sono riportati in figura 3.5.
I valori di qs sono indicati dagli Autori in funzio-
Dd
ne dei seguenti tipi di terreno:
• terreni sabbiosi-ghiaiosi (vedi grafico di figura 3.6);
Dd
• terreni argillosi-limosi (figura 3.7);
• arenarie, marne e marne calcaree (figura 3.8); LL
• rocce alterate e fratturate (figura 3.9).
• in funzione della resistenza del terreno, espres-
sa dal valore della pressione limite pressiome- Ls
trica o dalla resistenza alla penetrazione ricava- Ds
ta con prove SPT (Standard Penetration Test).
La figura 3.10 riporta, infine, una tabella per sce-
Ds
Ls
gliere nei grafici delle figure 3.6-3.9 la curva
relativa al diverso tipo di micropalo.
Come si può notare nelle figure 3.6-3.9, la diffe-
renza di capacità portante per attrito laterale, tra i
micropali I.G.U. e I.R.S. risulta influenzata dalla
natura dei terreni ed è maggiormente marcata per Figura 3.4. Rappresentazione schematica di (a) un tirante, (b)
i terreni con migliori proprietà meccaniche. un micropalo
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore

72 MICROPALI

Coefficiente α
Tipo di terreno
Quantità minima di miscela Vl

Ghiaia
Ghiaia sabbiosa
Sabbia ghiaiosa
Sabbia grossolana
Sabbia media
Sabbia fine
per
Sabbia limosa
per

per
Limo
per
per
Argilla
per

Marna per strati compatti


Marna calcarea

Arenaria alterata o fratturata o maggiore per strati fratturati

per strati poco fessurati


Roccia alterata o frattura
o superiori nel caso di roccia fratturata

VS: Volume foro di perforazione • : con pi ≥ pl


IRS: Iniezione ripetuta selettiva •• : con 0,5 pl < pi < pl
IGU: Iniezione globale unica

Figura 3.5. Valori del coefficiente α per il calcolo del diametro efficace α per la valutazione della capacità portante di un micropalo

Sciolte Mediamente addensate Dense Molto dense

Figura 3.6. Abachi per il calcolo del valore di qs in terreni sabbiosi-ghiaiosi


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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 73

Molle Poco consist. Mediam. compatto Compatto Molto compatto

Figura 3.7. Abachi per il calcolo del valore di qs in terreni argillosi-limosi

Molle Alterata Fratturata - sana

Figura 3.8. Abachi per il calcolo del valore di qs in arenarie, marne e marne calcaree

Figura 3.9. Abachi per il calcolo del valore di qs in rocce alterate e fratturate

Nel caso di terreno stratificato la portata laterale limite può essere calcolata sommando i contributi
dei diversi strati di terreno secondo la seguente espressione:
TL = ∑ π · Dsi · qsi · lsi (4)
i
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74 MICROPALI

dove il significato dei simboli è simile a quello


Quantità minima di miscela
prima indicato mentre il pedice i indica che la Tipo di terreno
grandezza è valutata con riferimento allo strato i-
esimo interessato dal tratto connesso di micropalo. Ghiaia
Con riferimento alla valutazione della capacità Ghiaia sabbiosa
Sabbia ghiaiosa
portante dei micropali, occorre evidenziare come Sabbia grossolana
Sabbia media
sia di fondamentale importanza la redazione di Sabbia fine
Sabbia limosa
accurate specifiche tecniche in grado di permet-
tere un’esecuzione appropriata, in particolare Limo
modo proprio per quelle operazioni che influi- Argilla
scono maggiormente sulla capacità portante dei Marna
micropali. Tali specifiche, data la loro delicatez- Marna calcarea
Arenaria alterata o fratturata
za ed importanza sull’effettivo raggiungimento
del risultato finale, devono fare parte integrante Roccia alterata o fratturata
del progetto dei micropali. Conseguentemente, le • : con pi ≥ pl •• : con 0.5 pl < pi < pl
specifiche devono essere scrupolosamente osser-
Figura 3.10. Tabella per la scelta degli abachi per la determi-
vate in fase esecutiva. nazione del valore di qs
Ad esempio, è evidente che per i pali a iniezione
ripetuta selettiva, la stessa definizione del diametro efficace dipende notevolmente dal volume di
miscela iniettata e dalla stessa pressione di iniezione adottata e, conseguentemente, agendo su tali
parametri si può ottenere, come risultato finale, un maggiore o minore diametro efficace.
Prima di dare, pertanto, delle indicazioni relativamente alle comuni prescrizioni fornite nelle speci-
fiche tecniche, ci soffermeremo su alcuni aspetti e concetti importanti, relativamente all’iniezione
dei terreni.
L’iniezione di un terreno o di un ammasso roccioso è un’operazione assai complessa se si vuole otte-
nere una corretta introduzione della miscela nel terreno.
Se, infatti, a livello progettuale fosse correttamente individuata la miscela ottimate per il tipo di ter-
reno, il risultato potrebbe risultare inficiato se la miscela non fosse pompata nel modo più appro-
priato, secondo sequenze precise, quantitativi, portate e pressioni prestabilite in funzione della gra-
nulometria del terreno e delle condizioni specifiche del sito.

Tipo
Tipo

Figura 3.11. Valori di qs misurati in terreni sabbiosi-ghiaiosi


Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore

CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 75

Tipo
Tipo

Figura 3.12. Valori di qs misurati in terreni argillosi-limosi

Tipo
Tipo

Figura 3.13. Valori di qs misurati in rocce marnose o limo-calcaree

Tipo
Tipo

Figura 3.14. Valori di qs misurati in rocce alterate e fratturate

Riassumiamo di seguito, brevemente, alcuni concetti fondamentali, relativamente alla teoria e ai


principi dell’iniezione nel caso di un terreno assimilabile ad un mezzo poroso.
Il moto di filtrazione che s’instaura all’interno di un mezzo poroso è, entro un dato limite di pres-
sione, di tipo laminare e la portata dipende dai seguenti fattori:
• carico idraulico applicato;
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore

76 MICROPALI

• geometria della sezione filtrante;


• struttura e permeabilità del mezzo;
• viscosità del fluido.
La legge di Darcy che definisce il coefficiente di permeabilità k nei mezzi permeabili per porosità è
applicabile ai fluidi come l’acqua caratterizzati da un valore costante della viscosità.
Molti Autori hanno affrontato la teoria dell’iniezione nei terreni pervenendo ad espressioni più o
meno sofisticate, basate sulle seguenti semplificazioni:
• terreno omogeneo ed isotropo;
• moto di filtrazione laminare e stazionario;
• flusso radiale sferico o da sorgente cilindrica.
Di seguito, si forniscono le soluzioni principali (vedi Cambefort, 1967) per il caso di flusso radiale
sferico e flusso da sorgente cilindrica in mezzo omogeneo o stratificato.
I parametri fondamentali relativi all’iniezione sono i seguenti:
∆H(m) = carico idraulico utile in corrispondenza della sezione filtrante
Q (m3/s) = portata d’iniezione
r0 (m) = raggio della sezione filtrante
L (m) = lunghezza della sezione filtrante
r’0 (m) = raggio equivalente per flusso radiale sferico, nel caso di sezione cilindrica di raggio r0
e altezza L
R (m) = raggio di influenza dell’iniezione
t (s) = tempo
V (m3) = volume di terreno interessato
k (m/s) = permeabilità del terreno all’acqua
km (m/s) = permeabilità del terreno alla miscela = k/ηm
ηm = viscosità della miscela
n = porosità del terreno.
Vediamo ora la soluzione per i seguenti tre differenti casi fondamentali.

CASO A: INIEZIONE IN MEZZO OMOGENEO ED ISOTROPO CON FLUSSO RADIALE DA UNA SORGENTE
SFERICA DI RAGGIO r0

La portata in regime stazionario è data dalla relazione:


Q = 4 · π · r0 · km · ∆H (5)
Ponendo ad esempio:
r0 = 0.04 m
si ha:
Q = 0.5 · km · ∆H (m3/s) (6)
oppure:
Q = 3 · 104 · km · ∆H (l/min) (7)

CASO B: INIEZIONE IN MEZZO OMOGENEO ED ISOTROPO CON FLUSSO DA SORGENTE CILINDRICA


DI RAGGIO r0

Nel caso più realistico di sezione cilindrica di altezza si può ugualmente utilizzare la (5), sostituen-
do a r0 il raggio r’0 equivalente:
L
r0' =
α
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 77

dove
( )
0.5
2⋅ L L + L2 − 4 ⋅ r02
α= ⋅ 1n (8)
(L ) 2 ⋅ r0
0.5
2
− 4 ⋅ r02

Mantenendo un raggio r0 = 0.04 m, ed assumendo L = 0.33 m, corrispondente alla presenza di tre


valvole a metro, si ottiene:
α = 4.32
e, conseguentemente:
r’0 = 0.08 m
Come si può notare, rispetto al caso precedente si ha un raddoppio di portata, a parità di carico appli-
cato e di permeabilità del terreno alla miscela, avendosi, infatti:
Q = 1.0 · km · ∆H (m3/s) (9)
La portata può essere espressa anche in termini geometrici nella seguente maniera:
n
Q =V ⋅ (10)
t
e nel caso di sorgente sferica:
4
(
Q = ⋅ π R 3 – r03 ⋅
3
n
t
) (11)

Eguagliando per congruenza le espressioni (1) e (3) della portata, si ottiene una relazione più gene-
rale che correla il raggio di propagazione R al tempo di iniezione t, al carico ∆H, ed alle caratteri-
stiche del terreno k ed n:

3 ⋅ r0 ⋅ km ⋅ ∆H ⋅ t
R 3 – r03 = (11)
n

CASO C: INIEZIONE IN TERRENO STRATIFICATO CON FLUSSO PIANO DA SORGENTE CILINDRICA DI RAGGIO r0
Nella realtà i terreni omogenei ed isotropi sono un’eccezione in quanto in genere si è sempre in pre-
senza di terreni eterogenei fittamente stratificati (Cambefort, 1967) come ad esempio nei depositi
alluvionali nei quali si ha una successione di strati con spessori e permeabilità molto diverse.
Se la sezione filtrante interessa diversi strati, la miscela si diffonde prima in quelli più permeabili.
Si ha comunque un flusso piano, definibile dalla seguente formula di Thiem (1906), scritta in fun-
zione della portata:

2 ⋅ π ⋅ L ⋅ ∆H ⋅ km
Q= (13)
 R
ln  
 r0 

Assumendo come precedentemente, a titolo di esempio:


r0 = 0.04 m
L = 0.33 m
R = 1.0 m
si ottiene:
Q = 0.64 · km · ∆H (m3/s) (14)
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78 MICROPALI

oppure:
Q = 3.84 · 104 · km · ∆H (l/min) (15)
Nei tre casi (A, B e C), mantenendo invariato il valore di r0 si ottiene la seguente espressione generale:
Q = β · km · ∆H (m3/s) (16)

Il coefficiente β assume, nell’ultimo caso C analizzato, un valore intermedio, pari a 0.64, fra quelli
risultanti nei primi due casi (rispettivamente 0.5 per il caso A e 1.0 per il caso B).
Esprimendo la portata in termini puramente geometrici, nella (10) si può introdurre la seguente
espressione:
V = π · (R2 – r20) · L (17)
ottenendo:
n
Q = π R 2 – r02 ⋅ L ⋅
t
( ) (18)

Uguagliando la (13) alla (18) si ottiene la seguente relazione generale:


2 ⋅ km ⋅ ∆H ⋅ t
R 2 – r02 = (20)
 R
n ⋅ 1n  
 r0 
Una volta noti i valori di r0, R e n, si ottiene la seguente relazione generale:
km · ∆H · t = ρ (21)
dove adottando come unità di lunghezza, rispettivamente per le lunghezze ed il tempo, il metro ed
il secondo, la ρ(m2) costante varia da un massimo di 2.56 nel caso A di flusso radiale da sorgente
sferica di raggio r0 = 0.04 m, ad un minimo di 0.48 nel caso C di flusso piano da una sezione cilin-
drica dello stesso raggio e di lunghezza pari a 0.33 m.
Sulla base di quanto sopra, la figura 3.15 mostra, per i tre casi esaminati, l’andamento della portata
in funzione del coefficiente di permeabilità del terreno alla miscela, per tre differenti casi di carico
idraulico, ovverosia di pressione di iniezione.
100.00

90.00

80.00

70.00

60.00
Portata Q (litri/min)

50.00

40.00

30.00

20.00

10.00

0.00
1.0E-06 1.0E-05 1.0E-04
Coefficiente di permeabilità del terreno alla miscela km (m/s)

Figura 3.15. Andamento della portata in funzione del coefficiente di permeabilità del terreno alla miscela, per tre differenti casi
di carico idraulico, ovverosia di pressione di iniezione
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 79

La figura 3.16 mostra, invece, come per ottenere un raggio di propagazione pari ad 1 m, raggiunto
in 30 minuti, occorra variare il carico idraulico in funzione del coefficiente di permeabilità alla
miscela.
Infine, le figure 3.17 e 3.18, rispettivamente per il caso B e C, mostrano come occorre variare il cari-
co idraulico in funzione della durata dell’iniezione e della permeabilità del terreno alla miscela, per
ottenere un raggio di propagazione della miscela di 1 m, nel caso di un terreno caratterizzato da una
porosità pari a 0.3.
Nel caso dei micropali si adotterà il sistema d’iniezione a “volume controllato” che comporta l’im-

CORRELAZIONE FRA CARICO IDRAULICO E PERMEABILITÀ DEL TERRENO ALLA MISCELA SECONDO DIVERSI SCHEMI DI FLUSSO

300.00

250.00

200.00
Carico idraulico H (m)

150.00

100.00

50.00

0.00
1.0E-06 1.0E-05 1.0E-04
Coefficiente di permeabilità alla miscela km (m/s)

Figura 3.16. Variazione del carico idraulico in funzione del coefficiente di permeabilità alla miscela, per ottenere un raggio di
propagazione pari ad 1 m, raggiunto in 30 minuti

CASO B
CORRELAZIONI TEORICHE FRA PRESSIONE, DURATA DELL’INIEZIONE E PERMEABILITÀ DEL TERRENO ALLA MISCELA

1000
Carico idraulico H (m)

100

10
10 100
Durata dell’iniezione (min)

Figura 3.17. Caso B, variazione del carico idraulico in funzione della durata dell’iniezione e della permeabilità del terreno alla misce-
la per ottenere un raggio di propagazione della miscela di 1 m, nel caso di un terreno caratterizzato da una porosità pari a 0.3
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80 MICROPALI

CASO C
CORRELAZIONI TEORICHE FRA PRESSIONE, DURATA DELL’INIEZIONE E PERMEABILITÀ DEL TERRENO ALLA MISCELA

1000
Carico idraulico H (m)

100

10
10 100
Durata dell’iniezione (min)

Figura 3.18. Caso C, variazione del carico idraulico in funzione della durata dell’iniezione e della permeabilità del terreno alla misce-
la per ottenere un raggio di propagazione della miscela di 1 m, nel caso di un terreno caratterizzato da una porosità pari a 0.3

missione in una determinata valvola di un volume considerato come limite massimo e che potrebbe,
tuttavia, diminuire nel caso in cui la pressione di rifiuto venisse ad un certo momento superata.
Anche il valore della pressione assume, dunque, un ruolo limitativo per l’iniezione; da qui la deno-
minazione di “volume”controllato”:
Durante l’esecuzione dell’iniezione occorre perseguire le seguenti finalità:
• fare penetrare il quantitativo di progetto senza provocare rotture nel terreno (“claquages”);
• verificare di conseguenza le pressioni di “rifiuto” per la miscela utilizzata;
• correggere, eventualmente, i quantitativi previsti ed adeguarli alle reali necessità.
La portata e la pressione ammissibile sono legate fra loro; ambedue sono condizionate dalla natura
del terreno e dalla viscosità della miscela iniettata.
Per quanto riguarda l’entità del volume da iniettare, attraverso una valvola, occorre tenere presente
la natura dei terreni e la loro porosità. Nell’ambito dei terreni iniettabili la porosità è mediamente
compresa fra 0.2 e 0.3 per i terreni grossolani e fra 0.3 e 0.4 per i più fini.
È, inoltre, importante tenere presente che il volume dei vuoti riempiti non supera generalmente il
50% della porosità globale n, anche nei casi di migliore successo ai fini del risultato (Ischy e
Glossop, 1962); i maggiori consumi sono da attribuirsi ad aumento del volume iniziale dei vuoti, a
dispersioni oltre i limiti del trattamento previsto ed al drenaggio subito dalla miscela.
La figura 3.19 mostra a titolo esemplificativo e puramente teorico come varia il volume di miscela
che può essere iniettato attraverso delle valvole poste a distanza di 33 cm (3 al metro) in funzione
sia del raggio di propagazione che s’intende raggiungere sia della porosità del terreno, avendo assun-
to un grado di efficienza del trattamento del 50%.
Per quanto riguarda la pressione di iniezione essa provoca sulle pareti del foro uno sforzo tangen-
ziale di trazione, di ugual valore; se questo è superiore al contrasto offerto dal terreno sovrastan-
te, si avrà la rottura. Il fenomeno della fratturazione idraulica o “claquage” consiste nella forma-
zione di una fessura artificiale che può propagarsi più o meno lontano, a seconda delle condizio-
ni locali.
Numerose sono le formulazioni teoriche che stabiliscono la pressione critica, che induce la rottura
del terreno, in funzione del peso dell’unità di volume del terreno, del suo angolo di attrito interno,
del coefficiente di Poisson e della profondità alla quale avviene l’iniezione.
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 81

350

300

250
Litri massimi inettabili per valvola

200

150

100

50

0
0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3
Raggio di propagazione (m)

Figura 3.19. Volumi teorici massimi iniettabili attraverso delle valvole poste a distanza di 33 cm (3 al metro) in funzione sia del rag-
gio di propagazione che si intende raggiungere sia della porosità del terreno

Da un confronto fra gli sforzi tangenziali dovuti al peso proprio del terreno e quelli indotti dalla pres-
sione applicata, risulta che il minimo teorico di “claquage” è dato dalla seguente relazione:
pl = γ · z · (1 + sinø)/υ (21)
per un terreno incoerente, essendo:
γ = peso di volume
z = profondità
ø’ = angolo di attrito interno
υ = coefficiente di Poisson.
Se il terreno è a grana fine, in tale espressione occorre aggiungere il termine relativo alla coesione.
Con questa ed altre formulazioni, la teoria sottovaluta sempre ed anche in misura rilevante, le reali pres-
sioni di rottura del terreno.
Il criterio più razionale è, per-
tanto, sempre quello speri- pressione critica - Pcr
(rottura del terreno)
mentale e cioè la determina-
zione in sito, applicando delle
portate crescenti fino al
portata massima
ammissibile dell’iniezione – Pi
momento in cui la pressione
pressione P [kg/ cmq)

tende a mantenersi costante o


diminuisce come mostrato in
figura 3.20. Una volta defini-
ta sperimentalmente la soglia
di “claquage”, si potrà razio-
nalmente definire il limite di
pressione da adottare. Con
riferimento alla figura 3.20 si
potrà ad esempio assumere
come pressione limite di inie- portata Q [lt/min]

zione il 90% della pressione Figura 3.20. Esempio di andamento dell’iniezione al fine di stabilire la portata massima da
di “claquage”. imporre non superando, pertanto, la pressione critica
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82 MICROPALI

Tuttavia, nel corso dell’iniezione di micropali I.R.S. si ritiene accettabile che si verifichino limita-
te fratturazioni idrauliche (claquages) nel terreno, ma non è accettabile che importanti volumi di
miscela siano dispersi a notevole distanza dal micropalo a causa di un’impropria conduzione del-
l’iniezione.
Per evitare questa incongruenza è necessario prescrivere nelle specifiche tecniche quanto segue:
• adottare una velocità di iniezione da non superare e, orientativamente, pari a 10 ÷ 15 litri al
minuto;
• sospensione dell’iniezione allorché si verifichino cadute di pressione, riprendendo, successiva-
mente dopo che la miscela ha fatto presa, l’iniezione al fine di raggiungere i volumi previsti in
una fase successiva.

3.3. CONSIDERAZIONI GENERALI SUL CALCOLO DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI
I pali di fondazione sono degli elementi strutturali in grado di trasferire il carico, applicato alla loro
sommità, agli strati di terreno più profondi e in generale più resistenti.
La capacità portante di un palo può essere calcolata con:
• formule statiche;
• formule dinamiche;
• prove di carico;
• prove penetrometriche statiche o dinamiche.
La capacità portante di un palo dipende dai seguenti fattori:
• dalla geometria del problema;
• dalla forma e dal tipo di palo;
• dalle condizioni stratigrafiche variabili con la profondità;
• dall’entità del carico applicato;
• dal tempo intercorso tra l’esecuzione e l’applicazione del carico.
La capacità portante del palo è anche influenzata dal:
• metodo di installazione;
• dall’interazione fra il palo ed il terreno.
Infine, il palo è condizionato nel suo carico limite dalla:
• resistenza a compressione del materiale costituente il palo;
• dalla capacità portante del terreno circostante il fusto e la base del palo.
La resistenza totale del fusto di un palo, si sviluppa quando è avvenuto, tra il palo ed il terreno cir-
costante, un movimento relativo dell’ordine di parecchi millimetri.
Con un palo infisso, questa condizione è pienamente soddisfatta durante la fase di installazione.
Con un palo trivellato, ciò è pienamente o parzialmente soddisfatto durante il costipamento del cal-
cestruzzo seguito all’estrazione della tubazione. Infatti il calcestruzzo è compresso verso il basso
come pure lateralmente e quindi si verifica un movimento relativo verticale.
Con entrambi i tipi di palo, un’ulteriore movimento avviene durante il carico del palo e per la com-
pressione elastica del palo che ne segue.
La resistenza del fusto dipende dall’entità delle tensioni normali laterali esercitate sul palo dal ter-
reno circostante.
Tensioni di attrito laterale notevoli si sviluppano durante la messa in opera di un palo prefabbricato
cioè di un palo “a spostamento”, tensioni di attrito laterale di entità inferiore si manifestano nel caso
della messa in opera di un palo trivellato.
Un palo infisso causa lo spostamento del terreno lateralmente e tanto più se la sua sezione è conica,
e quindi le tensioni orizzontali che si originano passano dalla condizione di spinta a riposo alla con-
dizione di quasi totale spinta passiva, soprattutto quando il palo esercita un’azione di cuneo.
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 83

La posa in opera di un palo trivellato causa invece una diminuzione delle tensioni orizzontali, le
quali passano dalla condizione di spinta a riposo allo stato di spinta attiva a meno che la tubazione
del rivestimento provvisorio, non sia mantenuta in opera.
L’entità della tensione di attrito laterale dipende anche dalla lunghezza del palo, cioè dal sovracca-
rico del terreno, in altre parole dalla tensione geostatica presente alla quota della punta del palo.
Il valore della resistenza del fusto, cioè dell’attrito laterale, dipende, infine, dal tipo di palo e cioè se
il palo è:
• portante prevalentemente di punta;
• portante prevalentemente per attrito laterale.
Se un palo porta prevalentemente di punta, cioè appoggia su uno strato molto compatto, questo ha
una compressibilità molto bassa e pertanto il movimento relativo, governato dalle caratteristiche di
deformabilità dello strato portante, è di modesta entità.
La portata prevalentemente di punta di un palo si verifica quando la presenza in profondità di uno
strato molto compatto permette l’appoggio della punta del palo ed il trasferimento diretto del carico
a tale strato.
Oltre al verificarsi dei due casi estremi, in casi particolari, per i quali si hanno pali portanti esclusi-
vamente o quasi totalmente di punta o per attrito laterale, nella pratica si verificano soprattutto casi
intermedi, cioè pali portanti di punta e contemporaneamente per attrito laterale.
Inizialmente il palo resiste principalmente per connessione laterale, solo una modesta quota parte del
carico ad esso affidato è trasferita alla punta, ciò anche se la punta viene ad appoggiare su uno stra-
to compatto.
Con l’applicazione del carico si manifesta un certo spostamento che mobilizza la connessione late-
rale, tale spostamento è maggiore nella parte superiore del palo, perciò in tale tratto la connessione
laterale raggiunge il suo valore massimo.
Crescendo ulteriormente il carico e quindi lo spostamento, è totalmente mobilizzata la connessione
laterale disponibile anche per il tratto più profondo del palo, ulteriori incrementi di carico vengono
quasi integralmente trasferiti alla punta.
Il valore critico dello spostamento della sommità del palo, per il quale si raggiunge il massimo valo-
re della tensione di connessione laterale, non dipende dal diametro.
La connessione laterale si manifesta con il mobilitarsi:
• dell’adesione per i terreni coesivi;
• dell’attrito per i terreni granulari.
A seconda della natura del terreno, risulta diversa la distribuzione delle tensioni di connessione laterale.
Con un palo in terreno coesivo la distribuzione della tensione di connessione laterale lungo il fusto del
palo ha un andamento parabolico nella parte alta e tende a diventare costante nella parte più profonda.
Il punto di applicazione, della risultante delle tensioni di connessione laterale è situato nella parte
alta per un palo singolo, mentre per un gruppo di pali si ha uno spostamento considerevole verso il
basso.
La mobilizzazione della resistenza totale per connessione laterale avviene con minimi spostamenti
verticali, secondo vari Autori dell’ordine dei 7 mm.
Perciò è modesto il valore percentuale del carico trasferito alla punta rispetto al carico totale affida-
to al palo, anche nel caso di pali intestati in terreno molto compatto.
Per un palo in terreno incoerente la distribuzione delle tensioni di attrito laterale lungo il fusto del
palo ha un andamento parabolico indipendente dalle caratteristiche geometriche del palo e dalle
modalità costruttive od esecutive.
Una volta applicato il carico, la quota parte di carico, che è trasferita alla punta del palo, causa uno
spostamento verso il basso del punto di applicazione della risultante delle tensioni, relative alla con-
nessione laterale.
Aumentando il carico totale aumenta la percentuale di carico trasmesso alla punta, potendo rag-
giungere anche il 100%.
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84 MICROPALI

La massima resistenza per connessione laterale si Compressione Trazione


mobilizza, secondo diversi Autori, per un’entità
degli spostamenti verticali di circa 8 ÷ 10 mm.
La massima resistenza alla base del palo, richiede
spostamenti di circa 4 ÷ 5 volte superiori a quelli
sopraindicati. Secondo altri Autori, tra i quali
Terzaghi, la resistenza alla base del palo si mobi-
lizza con il verificarsi di spostamenti dell’ordine
di 0.05 ÷ 0.15 D, essendo D il diametro del palo.
La capacità portante o portata limite di un palo
può essere valutata, considerando l’equilibrio
delle forze mostrate in figura 3.21, mediante le
seguenti formule statiche che si basano sui prin- Figura 3.21. Forze agenti su un palo in compressione ed in tensione
cipi della meccanica del terreno.
Nel caso di un carico di compressione:
Q1 = Qbl + Qsl – W = Ab · q1 + As · τl – W (22)
Nel caso di un carico di trazione:
T1 = Qsl + W = As · τl + W (23)
dove
Ql = capacità portante limite totale
Qbl = portata limite della base del palo
Qsl = portata limite per attrito laterale
W = peso proprio del palo
Ab = area della superficie di base del palo
As = area della superficie laterale del palo
ql = portata unitaria limite di base
τl = resistenza unitaria laterale limite.
Il problema consiste quindi nella determinazione della portata unitaria limite di base ql e della resi-
stenza unitaria laterale limite τl.
Diverse soluzioni teoriche sono state proposte per il problema bidimensionale della capacità portante di
una fondazione superficiale nastriforme a partire dal 1934, tra queste la più nota è la soluzione pubbli-
cata da Terzaghi nel 1943. Terzaghi ha ricavato la sua soluzione ipotizzando una rottura generale della
fondazione caratterizzata dalla formazione di
superfici di scorrimento ben definite che, partendo
dalla fondazione, si sviluppano fino al piano cam-
pagna con conseguente sollevamento del terreno ai
due lati della fondazione, come mostrato in figura
3.22. Terzaghi ha poi esteso la sua soluzione alle
fondazioni superficiali quadrate e circolari introdu-
cendo dei coefficienti derivati empiricamente. Figura 3.22. Meccanismo di rottura di una fondazione superficiale
Per una fondazione circolare superficiale, secondo Terzaghi. (A) zona di equilibrio in condizioni elastiche, (B) zona
di rottura radiale, (C) zona di rottura in condizioni di spinta passiva
Terzaghi è pervenuto alla seguente equazione:
B
ql = 1.3 ⋅ c ⋅ N c + γ ⋅ D ⋅ N q + 0.6 ⋅ ⋅ γ ⋅ Nγ (24)
2
dove
c = coesione
D = profondità della fondazione
B = larghezza della fondazione
γ = peso dell’unità di volume del terreno
Nc, Nq, Nγ = fattori di capacità portante, dipendenti dall’angolo di resistenza al taglio.
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 85

Terzaghi ha discusso il meccanismo del compor-


tamento di un palo soggetto ad azione assiale
indicando i fattori che contribuiscono alla porta-
ta di base. In figura 3.23 lo spostamento verso il
basso della base AB causa lo spostamento verso
l’esterno e verso l’alto. Tale movimento è contra-
stato dal peso dell’anello di terreno rappresenta-
to in sezione da CDEF ma anche dalle forze di
taglio che si oppongono al movimento verso l’al-
to lungo le superfici esterne CF e DE e lungo la
superficie del fusto del palo. Terzaghi non ricavò
una soluzione per questo modello a causa del-
Figura 3.23. Diagramma che mostra le forze di taglio che si
oppongono al sollevamento del terreno alla base del palo, in l’incertezza circa la distribuzione e l’entità delle
accordo alle ipotesi di Terzaghi tensioni di attrito laterale nel terreno e al contat-
to fra il palo ed il terreno.
Per applicazioni pratiche e per pali che attraver-
sano terreni compressibili andandosi ad intestare
in uno strato portante profondo, Terzaghi e Peck
(1967) suggeriscono che la portata unitaria limi-
te di base può essere calcolata mediante l’equa-
zione (24). La portata limite per attrito laterale
Qsl = As τl dovrebbe essere assunta ricavando il
valore della resistenza unitaria laterale limite τl
mediante prove in sito.
Sulla base di quanto evidenziato da Terzaghi
relativamente all’equivalenza dell’attrito laterale,
che si manifesta fra il palo ed il terreno, ad un
sovraccarico, in letteratura sono state proposte
numerose soluzioni per calcolare la portata unita-
ria limite di base. Tuttavia tali soluzioni non sono
diventate di diffusa applicazione a causa della
mancanza di un’adeguata conoscenza dell’effet-
tivo stato tensionale nell’intorno del palo con la
conseguente mancanza di fiducia nella validità
delle assunzioni.
Berezantzev, Krisoforov e Golubkov (1961)
hanno ipotizzato che le superfici di rottura di un
palo infisso in un terreno incoerente si sviluppi-
no solo fino al piano di posa della base del palo e
hanno trovato una soluzione per lo stato tensio-
nale presente nell’intorno del palo basata sulla
teoria dell’equilibrio limite in un terreno incoe-
rente (Berezantzev, 1952).
Il sovraccarico agente sul piano di posa della fon-
dazione p0 è pari al peso del cilindro di terreno
coassiale al palo ridotto delle azioni tangenziali
agenti lungo lo sviluppo di tale cilindro, come
Figura 3.24. Meccanismo di rottura secondo Berezantzev mostrato in figura 3.24.
Il valore medio del sovraccarico è dato da:
p0 = αT · γD · D (25)
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86 MICROPALI

dove αT è un coefficiente che dipende da D/B,


dal valore dell’angolo di resistenza al taglio φ e
dal valore del peso dell’unità di volume del ter-
reno alla profondità D.
La portata unitaria limite di base è data da:
ql = Ak · γ · B + Bk · αT · γD · D (26)
Il raggio relativo al cilindro intorno al palo e la
tensione di attrito laterale lungo la superficie
cilindrica di terreno ed i valori dei coefficienti
riportati nell’equazione (26) sono calcolati sulla
base della teoria dell’equilibrio limite in un
mezzo incoerente (vedi figura 3.24).
Il meccanismo di rottura per la base di una fon-
dazione profonda ipotizzato da Meyerhof (1951)
nella sua teoria relativa alla capacità portante,
fornisce un’ipotesi di lavoro utile per spiegare
alcuni dei più noti comportamenti di un palo di
fondazione.
Meyerhof assume che le superfici di rottura si Figura 3.25. Meccanismo di rottura intorno ad un palo secon-
do Meyerhof
richiudono intorno al palo come mostrato in figu-
ra 3.25 per il caso di una fondazione profonda
con superfici scabre. Con riferimento alla figura 3.25, al di sotto della base si ha una zona centrale
ABC che rimane in uno stato elastico di equilibrio e si comporta come facente parte della fondazio-
ne; su ciascun lato di questa zona si hanno due zone plastiche ACD e BCE (zone di taglio radiale) e
due zone di taglio in condizioni piane o miste DAF e EBG.
Meyerhof ha espresso la portata unitaria limite di base nella seguente maniera:

B
ql = c ⋅ N c + K s ⋅ γ ⋅ D ⋅ N q + γ ⋅ ⋅ Nγ (27)
2
dove
Ks = coefficiente di spinta del terreno sul fusto del palo nella zona di rottura; varia-
bile da 0.5 per terreni sciolti a circa 1 per terreni addensati
Nc, Nq, Nγ = fattori di capacità portante, dipendenti dall’angolo di resistenza al taglio e dal
rapporto D/B.
Per un terreno per il quale lungo il fusto del palo si abbia sia aderenza sia attrito, Meyerhof (1953)
fornisce la seguente espressione per la resistenza unitaria laterale limite τl alla profondità D’:
τl = ca + Ks · γ · D’ · tanδ (28)
dove
ca = aderenza palo-terreno;
δ = angolo di attrito palo-terreno.
Per le argille δ = 0 e pertanto τ1 = ca.
Per i terreni non coesivi ca = 0 e, conseguentemente τl = Ks · γ · D’ · tan δ.
I valori di τl, ca, Ks, γ e δ variano da punto a punto lungo il fusto del palo, ma per scopi pratici si
ritiene adeguato assumere un valore medio.
Se D è la profondità della base del palo, D’ aumenta da 0 a D, e il valore medio è, conseguentemente
per un terreno non coesivo, pari a τ1 = Ks · γ · (D/2) · tanδ.
Pertanto la formula di Meyerhof, per valutare la capacità portante di un palo in un terreno caratte-
rizzato sia dalla coesione sia dall’angolo di resistenza al taglio, è data dalla seguente espressione:
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 87

 D   B 
Q1 = As  ca + K s ⋅ γ ⋅ ⋅ tan δ  + Ab  c ⋅ N c + K s ⋅ γ ⋅ D ⋅ N q + γ ⋅ ⋅ N γ  (29)
 2   2 
Nel caso di un palo di proporzioni normali caratterizzato da un rapporto D/B di circa 30 o maggio-
re, nelle equazioni sopra riportate (24), (26) e (27), il termine contenente la larghezza B risulta pic-
colo al confronto con gli altri termini e quindi può essere trascurato. Le equazioni diventano per-
tanto:
Terzaghi ql = 1.3 · c · Nc + γ · D · Nq (30)
Berezantzev et al. ql = Bk · αT · γD · D (31)
Meyerhof ql = c · Nc + Ks · γ · D · Nq (32)
Le equazioni (30) e (32) si applicano a terreni caratterizzati sia dalla coesione sia dall’angolo di resi-
stenza al taglio. L’equazione (31) si applica solamente ai terreni non coesivi.
In realtà le equazioni (30), (31) e (32) forniscono la portata unitaria limite di base totale alla quale
dovrebbe essere sottratto il peso del terreno che prima dell’installazione del palo era presente ed
esercitava una tensione in corrispondenza della base del palo. Se −γ è il peso dell’unità di volume
medio del terreno prima della sua asportazione, la pressione equivalente alla rimozione del terreno
è pari a −γ D. Conseguentemente al valore di ql occorre sottrarre il valore di −γ D.
Assumendo per semplicità γ = γ = −γ si ottiene:
D
Terzaghi ql = 1.3 · c · Nc + γ · D · (Nq – 1) (33)
Berezantzev et al. ql = γD · D · (Bk · αT –1) (34)
Meyerhof ql = c · Nc + γ · D · (Ks · Nq – 1) (35)

3.3.1. VALUTAZIONE PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI NEI TERRENI COESIVI
La valutazione della capacità portante di un palo interagente con un terreno di natura coesiva può
essere affrontata facendo riferimento a due approcci tra loro molto diversi:
• valutazione in termini di tensioni totali;
• valutazione in termini di tensioni efficaci.
Come noto dal principio degli sforzi efficaci:
σ’ = σ – u (36)
e dal criterio di rottura di Coulomb in termini di tensioni efficaci:
τff = c’ + (σff – u) · tanø’ (37)
in cui
τff = resistenza al taglio disponibile sulla superficie di rottura all’istante della rottura
σff = tensione totale normale al piano di rottura considerato all’istante della rottura
u = pressione interstiziale
c’ = coesione
ø’ = angolo di resistenza al taglio.
La resistenza al taglio è determinabile in ogni istante se è noto il valore u della pressione dell’acqua
interstiziale.
In prove di laboratorio eseguite in condizioni non drenate, il valore di u può essere misurato diret-
tamente e, conseguentemente, è possibile analizzare il comportamento del terreno in termini di sfor-
zi efficaci. Nelle applicazioni pratiche invece il problema è molto più complesso in quanto il valore
di u è influenzato dalle caratteristiche strutturali del deposito e dalla non linearità di comportamen-
to del terreno. Dalla difficoltà ed impossibilità pratica di conoscere il valore della pressione intersti-
ziale è prassi corrente l’introduzione di una resistenza definita in termini di tensioni totali, ossia tra-
scurando l’interazione tra lo scheletro solido e l’acqua interstiziale.
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88 MICROPALI

In tale caso il criterio di rottura in termini di tensioni totali è espresso dalla seguente espressione:
τff = cu (38)
dove cu è definita resistenza al taglio iniziale oppure resistenza al taglio in condizioni non drenate o
resistenza in termini di tensioni totali.
Entrambi gli approcci per la valutazione della capacità portante del palo, si basano, su metodi rigo-
rosi o empirici formulati, prevalentemente, sull’osservazione del comportamento di prototipi.

3.3.1.1. Portata unitaria limite di base


Tenendo presente la difficoltà di operare in termini di tensioni efficaci, la capacità portante alla base
del palo ql è valutata in termini di tensioni totali, ed è espressa nella seguente forma, valida sia per
pali trivellati sia per pali infissi:
ql = cu · Nc + σν0 (39)
dove
Nc = fattore di capacità portante
σν0 = tensione verticale totale presente alla quota raggiunta dalla punta del palo.
Il fattore di capacità portante Nc è stato determinato sia con metodi analitici sia sperimentali.
Meyerhof ha ottenuto analiticamente con l’ipotesi di un comportamento rigido-plastico valori com-
presi fra 9.3 e 9.8, a seconda che la base del palo fosse considerata liscia o scabra. Wilson (1950),
mediante un approccio differente, ha ottenuto un valore pari a 8. Skempton (1951), tenendo in conto
i valori ricavati da differenti approcci teorici e altri valori ricavati da prove sperimentali su modello,
concluse che il valore semi-empirico pari a 9 poteva essere considerato sufficientemente accurato.
Gibson (1950), modellando il fenomeno della rottura del palo come espansione di una cavità sferi-
ca, e assumendo valori tipici del rapporto fra il modulo di deformazione in condizioni non drenate
Eu e la resistenza al taglio in condizioni non drenate cu, ha ottenuto valori di Nc compresi fra 9 e 14.
Conseguentemente è accettato un valore di Nc pari a 9.
Tenendo conto, nel caso di argille fessurate, che all’aumentare del diametro del palo aumenta il volu-
me di terreno interessato dalle fessure e più marcate sono, inoltre, le differenze del livello di defor-
mazione raggiunto dai vari punti lungo la superficie di rottura (rottura progressiva), Meyerhof
(1983) suggerisce di ridurre la capacità portante applicando un fattore correttivo Rc:
ql = Rc · (cu · Nc + σv0) (40)
dove

B + 0.5
Rc = ≤ 1 per pali infissi (41)
2B

B + 1.0
Rc = ≤ 1 per pali trivellati (42)
2B + 1
dove B è il diametro del palo espresso in metri.
Per quanto riguarda, infine, la resistenza al taglio in condizioni non drenate cu essa dovrebbe essere
ricavata tenendo conto dello stato tensionale agente, e quindi mediante prove in sito e prove trias-
siali di laboratorio tipo CU (consolidate non drenate).

3.3.1.2. Resistenza unitaria laterale limite


La valutazione della portata per attrito laterale in termini di tensioni totali è usualmente espressa, sia
per pali infissi sia per pali trivellati, nella seguente forma:
τl = ca = α · cu (43)
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 89

ca = valore medio dell’aderenza palo-terreno, assunto pari a una percentuale della resistenza in con-
dizioni non drenata media lungo il fusto del palo;
α = coefficiente empirico dipendente dal tipo di argilla, dal metodo di installazione del palo, dal
materiale costituente il palo, e da numerosi altri fattori di importanza minore.
I due problemi principali che sorgono nell’impiego di tale approccio sono costituiti dall’individua-
zione della resistenza al taglio cu e dal valore da assegnare ad anche a causa dell’influenza delle
modalità esecutive.
Infatti per le modalità costruttive risulta che:
• l’infissione di un palo provoca un miglioramento delle caratteristiche di resistenza al taglio del
terreno nelle immediate vicinanze del palo;
• l’esecuzione di un palo trivellato produce in prossimità di esso un aumento del contenuto d’acqua
nel terreno coesivo.
Il modo migliore per determinare il valore di ca è quello di eseguire prove di carico sul palo, ma que-
sto non sempre è possibile e bisogna quindi ricorrere a valori empirici di ca.
Numerosi Autori hanno correlato il valore di ca alla resistenza al taglio in condizioni non drenate cu
(Tomlison, 1957-1970, Peck, 1958, Morgan e Poulos, 1968 e Mc Clelland, 1969-1974).
La figura 3.26 mostra le relazioni tipiche ricavate da tali Autori fra ca/cu e cu.
Secondo Skempton (1959), per i pali trivellati, il valore dell’aderenza palo-terreno è fondamental-
mente governato dalla resistenza al taglio dell’argilla rammollita nella zona immediatamente a con-
tatto con il palo. Tale rammollimento è legato all’aumento di contenuto d’acqua a causa della migra-
zione dell’acqua verso le pareti dello scavo, dovuta allo scarico tensionale prodotto dalla perfora-
zione e dall’assorbimento di acqua dal calcestruzzo che, per motivi di lavorabilità, deve essere
messo in opera con un rapporto acqua-cemento superiore a quello strettamente necessario al pro-
cesso di idratazione del cemento.
Skempton (1959) sulla base delle analisi di prove di carico eseguite su pali trivellati realizzati nel-
l’argilla sovraconsolidata di Londra ha ricavato valori di α compresi fra 0.3 e 0.6, con un valore
medio di 0.45 ed un limite superiore cu = 96 kPa.
Tomlison (1970, 1977) ha compiuto uno studio completo sui valori dell’aderenza di pali infissi in
argille compatte tenendo conto della stratigrafia del terreno e, soprattutto, di come la connessione
laterale all’interfaccia sia influenzata dalla successione stratigrafica. In sostanza, partendo dalla con-
siderazione che durante l’infissione si possa formare, nei primi metri di palo, una scarsa aderenza tra
cu (kN/m2)

Kerisel

Woodward Peck

Ca
____
Cu

Tomlinson

Figura 3.26. Coefficiente di aderenza per pali infissi in argilla (Mc Clelland, 1974)
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90 MICROPALI

il fusto del palo ed il terreno, la resistenza per connessione laterale può variare in funzione del tipo
di terreno sovrastante e del rapporto tra la penetrazione del palo nello strato portante di argilla com-
patta ed il diametro del palo.
Tomlison, ha suggerito i valori del rapporto ca/cu riportati nella seguente tabella 3.1 e nelle figure
3.27 e 3.28, per valori della resistenza al taglio in condizioni non drenate superiori a 48 kPa.
Tabella 3.1. Valori del rapporto ca/cu per pali infissi in terreni coesivi compatti (Tomlison, 1970)
Caso Condizioni stratigrafiche Rp ca/cu
1 Sabbie o terreni ≤ 20 1.25
sabbiosi sovrastanti terreni coesivi
compatti > 20 vedi figura 3.27
2 Argilla tenera o limi ≤ 20 0.40
sovrastanti terreni coesivi compatti > 20 0.70
3 Terreni coesivi ≤ 20 0.40
compatti senza strati di diversa natura
sovrastanti > 20 vedi figura 3.28
Rp = rapporto di penetrazione = lunghezza di penetrazione del palo nell’argilla compatta / diametro del palo

Resistenza al taglio in condizioni non drenate (cu) kN/m2

I numeri riportati si riferiscono al rapporto


di penetrazione definito come rapporto fra
la lunghezza di penetrazione del palo nello
strato argilloso ed il diametro del palo
Pali in acciaio
Pali prefabbricati in
Coefficiente empirico α

calcestruzzo

Curva per rapporto di


penetrazione > 20

Figura 3.27. Metodo di Tomlinson (1970), coefficiente di aderenza per il caso relativo a sabbie e ghiaie sovrastanti terreni
coerenti da compatti a molto compatti

Resistenza al taglio in condizioni non drenate (cu) kN/m2

I numeri riportati si riferiscono al rapporto di


penetrazione definito come rapporto fra la
lunghezza di penetrazione del palo nello
strato argilloso ed il diametro del palo
Coefficiente empirico α

Pali in acciaio

Pali prefabbricati
in calcestruzzo

Curva per rapporto di


penetrazione > 20

Figura 3.28. Metodo di Tomlinson (1970), coefficienti di aderenza per il caso di argille da dure a molto dure senza strati sovra-
stanti di diversa natura
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 91

Resistenza al taglio in condizioni non drenate cu (kN/m2)

Pali in trazione
Tomlinson, 1957 (pali in calcestruzzo)
Dati gruppo 1
2
3
Pali in compressione
Dati gruppo 1
2
Coefficiente empirico α 3

α cu

Figura 3.29. Fattore di adesione α ricavato da Stas e Kulhawy (1984)

Stas e Kulhawy (1984) sulla base dei risultati di 106 prove di carico su pali trivellati hanno ricava-
to la seguente correlazione (vedi anche figura 3.29):
pa
α = 0.21 + 0.26 ⋅
cu

dove pa è la pressione atmosferica espressa nell’unità di misura di cu.


Reese e O’Neill (1988) assumono che non vi sia trasferimento di carico per attrito laterale fra il palo
ed il terreno nel primo tratto della lunghezza di 1.5 m e suggeriscono un valore di α = 0.55 (vedi
figura 3.30).
Le figure 3.31 e 3.32 mostrano, rispettivamente per i pali infissi ed i pali trivellati, i valori di α sug-
geriti dall'AGI (1984).
Tutti i metodi basati sull’approccio in termini di tensioni totali portano ad un’elevata dispersione dei

Valore di α

Posizione lungo il Valore per la


fusto del palo resistenza unitaria
laterale limite τl (kPa)

Dal piano campagna


fino a 1.5 m di profondità 0 ––

1 diametro al di sopra
della base del palo 0 ––

Nella restante lunghezza


del fusto del palo 0.55 300

Figura 3.30. Valori di α, per pali trivellati in argilla raccomandati da Reese e O’Neil
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92 MICROPALI

Cu (kg/cm2)

Figura 3.31. Coefficiente empirico α consigliato dalle raccomandazioni dell’AGI per pali infissi

Cu (kg/cm2)

Figura 3.32. Coefficiente empirico α consigliato dalle raccomandazioni dell’AGI per pali trivellati

valori di α riportati in letteratura, come ad esempio riepilogato in figura 3.33, a sottolineare l’ina-
deguatezza di tale approccio empirico a cogliere tutti gli aspetti che influenzano la resistenza di un
palo per connessione laterale. Probabili spiegazioni sono da ricercarsi nella difficoltà di conglobare
in un unico parametro i complicati meccanismi ed i numerosi fattori che influenzano la resistenza di
un palo e la difficoltà di valutare appropriati valori di resistenza al taglio non drenata che tengano
conto dell’effetto dell’installazione del palo.
Da tali considerazioni scaturisce pertanto l’esigenza di rivolgere l’attenzione a quei metodi che ana-
lizzano il fenomeno in termini di tensioni efficaci.
Burland (1973) ha sviluppato un procedimento empirico in termini di tensioni efficaci basato sulle
seguenti quattro assunzioni:
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 93

Kulhawy e Jackson, 1989


Argilla
• prima che il palo sia caricato si suppone che le
Kulhawy e Phoon, 1993
sovrappressioni interstiziali sviluppatesi
Kulhawy e Phoon, 1993 (Roccia)
Williams et al., 1980 durante l’installazione del palo si sono com-
Hassan e O’Neill, 1993 Argilla-Scisti
Turner et al., 1993 Midwestern pletamente dissipate;
Hassan e O’Neil, 1993 USA
Parsons Brinckerhoff-Hirota, 1991 • poiché la zona di elevate deformazioni nell’in-
torno del palo è di spessore modesto si può
M = valore medio di cu; U = limite superiore di cu
ipotizzare che la rottura avvenga in condizioni
Goeke e Hustad, 1979 drenate;
N (M) • come conseguenza del rimaneggiamento e/o
rammollimento del terreno durante la fase di
installazione, la componente coesiva della
resistenza al taglio è trascurabile e, conse-
Tipica banda
di variazione (argil-
guentemente, la resistenza unitaria laterale
le) limite è pari a τl = σ’h · tanδ’, dove σ’h è la ten-
sione orizzontale efficace agente sul palo
durante la fase di applicazione del carico e δ’
Argilla Rocce tenere è l’angolo di attrito palo-terreno.
• la tensione orizzontale efficace agente all’in-
Resistenza al taglio in condizioni non drenate cu (bars) terfaccia palo-terreno è in qualche modo pro-
Figura 3.33. Valori della resistenza al taglio in condizioni non
porzionale alla tensione verticale efficace σ’v0 :
drenate cu in funzione di α per terreni coesivi e rocce tenere σ’h = K · σ’v0.
Pertanto dalle equazioni riportate nei punti 3 e 4 si ottiene:
τl = K · σ’ν0 · tanδ’
Se la quantità K · tan δ’ è indicata con β si ottiene:
τ
β = 'l = K ⋅ tan δ '
σν 0
Il fattore β è simile ad α ma è legato alle tensioni efficaci e ai termini K e δ ’. Valori medi di β pos-
sono essere ottenuti empiricamente da prove di carico, premesso che si sia lasciato trascorrere suf-
ficiente tempo dopo l’installazione del palo e la prova di carico sia effettuata applicando i carichi
lentamente. È anche possibile stimare i valori di K e δ ’, ricavando, conseguentemente, il valore di
β. Nel caso di pali infissi in argille tenere, si assume che la rottura avvenga in una zona ristretta in
prossimità del fusto del palo avendosi pertanto δ ’, = φ’d, dove φ’d è l’angolo di resistenza al taglio
drenato dell’argilla rimaneggiata.
Nel caso di pali infissi in argille normalconsolidate, il limite inferiore del rapporto può stimarsi,
secondo Burland (1973), pari al coefficiente di spinta a riposo K0 esistente in sito prima dell’instal-
lazione del palo, e quest’ultimo può essere valutato pari a (Jaky, 1944):
K0 = 1 – sinφ’d (47)
Pertanto, assumendo che l’angolo di attrito palo- terreno sia pari φ’d, si ottiene:
β = (1 – sinφ’d ) · tanφ’d (48)
I valori di φ’d sono normalmente compresi fra 20° e 30° e conseguentemente il valore di β risulta
compreso fra 0.24 e 0.29.
Questo implica che per le argille tenere il valore di β non è molto sensibile al tipo di argilla. Burland
(1973) ha esaminato una notevole messe di risultati di prove di carico su pali infissi in argille anche
molto differenti ricavando, per ciascun palo, i valori medi della resistenza unitaria laterale limite,
come indicato in figura 3.34. Tenendo conto delle possibili variazioni del peso dell’unità di volume
del terreno e delle condizioni della falda, la dispersione dei valori è limitata, a conferma dell’affida-

bilità di tale approccio. Con riferimento alla figura 3.34 le linee che mostrano i valori di β , valori
medi di β, sono state costruite assumendo per il terreno un peso dell’unità di volume di 18 kN/m3,
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94 MICROPALI

con la presenza della falda ad 1 m dal piano cam-


pagna. I risultati risultano, sostanzialmente, com- Resistenza unitaria laterale limite – kN/m2

presi fra 0.25 e 0.40. Burland ha suggerito come



valore ragionevole per la progettazione β = 0.3.
La valutazione dei valori di β effettuata da
Burland si è basata su pali infissi di lunghezza
relativamente modesta (inferiore a 20-30 m),

Profondità media al di sotto del piano campagna (m)


mentre un esame del comportamento di pali di
lunghezza maggiore mostra che il valore di β
decresce all’aumentare della lunghezza. I risulta-
ti ottenuti da Meyerhof (1976) e mostrati in figu-
ra 3.35, confermano le indicazioni di Burland,
basate su pali di lunghezza non superiore ai 20-
30 m. Per lunghezze superiori si osserva una

diminuzione del valore di β che, in parte, posso-
no essere spiegati con fenomeni di rottura pro-
gressiva.
Per quanto concerne i pali in argille sovraconso-
lidate il problema principale dell’approccio in
termini di tensioni efficaci è quello di stimare il
valore di K, che, ad esempio per l’argilla di
Londra, può variare da 3 in prossimità della
superficie ad 1 in profondità. Ad esempio, la
figura 3.36 mostra l’andamento del valore di K0 Figura 3.34. Valore medio della resistenza unitaria laterale
con la profondità, ricavato per l’argilla di Londra limite con la profondità per
− pali infissi
− in argille tenere, con le
linee che rappresentano β = 0.25 e β = 0.40
(Skempton, Bishop e Lewin).

t

Figura 3.35. Valori di β con la profondità (Meyerhof,


Fattore β 1976)

t Figura 3.36. Valori del coefficiente di spinta attiva K0 con


la profondità per l’argilla di Londra (Skempton, Bishop,
Pali cilindrici Webb e Lewin). La linea tratteggiata è stata assunta da
Pali tronco-conici Burland per la valutazione della connessione laterale di
Attrito negativo pali infissi

K0

Analisi
Profondità di penetrazione (ft)

Skempton

Bishop et al
Profondità (m)
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 95

Coefficiente adimensionale λ Per pali infissi, Burland (1973), Flaate e Selnes


0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5
0 (1977), analizzando 44 prove di carico in argille
sia normalconsolidate sia sovraconsolidate, sug-
7.6 geriscono (si veda anche Meyerhof, 1976) di
assumere δ’ = φ’ ed inoltre assumono che K non
15.2
possa essere minore del coefficiente di spinta a
riposo e cioè:

22.8
K ≥ K0
K0 = 1 – sinφ’ per argille
normalconsolidate
30.2
Profondità del palo (m)

Località Simbolo Autore


K0 = (1 – sinφ’) · OCR0.5 per argille
sovraconsolidate.
38.0
Per quanto riguarda, infine, i pali trivellati il pro-
cesso di perforazione produce uno scarico dello
45.6
stato tensionale che non può essere del tutto ripri-
stinato e pertanto è dubbio se il valore di K possa
53.2 essere assunto pari al valore iniziale K0. In lette-
ratura, a questo riguardo mancano informazioni
60.2 sufficienti a considerare applicabile l’approccio
empirico in termini di tensioni efficaci, anche al
caso dei pali trivellati.
67.8
Un metodo un po’ differente per la soluzione
Figura 3.37. Metodo di Vijayvergiya e Focht (1972), anda-
mento del coefficiente adimensionale λ con la profondità
della portanza laterale ultima è stato introdotto da
Vijayvergiya e Focht (1972) per pali tubolari in
acciaio ma che si ritiene valida anche per i pali prefabbricati infissi.
Gli Autori dall’esame di numerose prove di carico su pali conclusero che la resistenza unitaria late-
rale limite τl poteva essere espressa dalla seguente relazione:
τl = λ · (σ’νm + 2 · cum) (49)
dove
σ’νm = tensione verticale efficace media fra la testa e la punta del palo
cum = resistenza al taglio in condizioni non drenate media nell’ambito della profondità di
penetrazione del palo
λ = coefficiente adimensionale ottenuto dall’analisi a ritroso di prove di carico su pali
immersi in terreni con diversi valori del grado di sovraconsolidazione OCR (vedi figu-
ra 3.37).

3.3.2. VALUTAZIONE PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI NEI TERRENI NON COESIVI
La valutazione della capacità portante di un palo immerso in un terreno non coesivo è effettuata tenen-
do conto della natura dei terreni e facendo riferimento ad approcci in termini di tensioni efficaci.
Inoltre tenendo conto che nei terreni a grana grossa è praticamente impossibile ottenere dei campioni
indisturbati, oltre a ricavare i parametri di resistenza al taglio dai risultati delle prove in sito (prove
SPT, CPT ecc.) sono stati messi a punto metodi per la valutazione della capacità portante dei pali diret-
tamente dalle prove in sito, come verrà più avanti descritto. Di seguito si riporteranno i metodi princi-
pali ed i diversi approcci disponibili per la valutazione della capacità portante nei terreni non coesivi.

3.3.2.1. Portata unitaria limite di base


La portata unitaria limite di base, in termini generali, può essere espressa nella seguente forma:
ql = Nq · σ’ν0 (50)
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96 MICROPALI

dove Angolo di resistenza al taglio ø’


Nq = fattore di capacità portante
σ’ν0 = tensione verticale efficace iniziale, I numeri rappresentano il rapporto
fra la profondità e la larghezza della
alla quota corrispondente alla base fondazione (D/B)
del palo.
In letteratura sono stati proposti numerosi
a
at
zz
ali
approcci per ricavare il valore di Nq sulla base di
r
ne
ge

Fattore di capacità portante Nq


diverse ipotesi sul comportamento del terreno e
u ra
t
ot
)R
sui meccanismi di rottura.
9 43
1
i(
La figura 3.38 riepiloga i valori di Nq proposti da
gh
r za
diversi Autori. Dalla figura è evidente l’enorme
Te
dispersione dei risultati: ad esempio per un valo-
re dell’angolo di resistenza al taglio φ’ = 40°, il
ale
loc
valore di Nq può variare da 20 a oltre 1000.
t u ra
ot
)R
43
Inoltre, un confronto fra i valori teorici e quelli
( 1 9
hi
ag
erz
ricavati da prove di carico in scala reale mostra
che mentre una volta assegnato il valore a Nq, il T

valore ql aumenta linearmente con la profondità


di fatto i risultati sperimentali mostrano la ten-
denza a raggiungere asintoticamente un valore
Figura 3.38. Valori del fattore di capacità portante Nq in fun-
limite, a causa di diversi fattori quali la compres- zione di φ’, proposti da diversi Autori
sibilità, la dipendenza dell’angolo di resistenza al
taglio dal livello tensionale, fenomeni di rottura progressiva e la presenza di effetti arco. La figura
3.39 ripresa dalle ricerche condotte da Vésic (1977) mostra la variazione della portata unitaria limi-
te di base in funzione della lunghezza del palo. Come si può notare la portata aumenta con la profon-
dità fino ad una profondità, definita critica, al di sotto della quale rimane praticamente costante.
Fleming et al. (1992) hanno proposto una procedura, per i pali infissi, per la valutazione della por-
tata unitaria limite di base che tiene conto dello stato d’addensamento, dello stato tensionale medio
a rottura e del corrispondente valore della resistenza al taglio. La figura 3.40, mostra alcuni abachi
del metodo proposto da Fleming at al., che forniscono il valore di ql in funzione del valore dell’an-
Portata unitaria limite di base (kPa)
0 690 1380 2070 2760 3450 4140 4830 5520 6210

Diametro del palo = 0.1016 m


0.5

Sabbia densa (G-4)

1.5
Profondità (m)

2.0 Prove di carico


(sabbie sciolte G-4)

2.5
Sabbia Sabbia mediamente
sciolta addensata (G-2)
(G-1)
3.0

3.5

Figura 3.39. Variazione della portata unitaria limite di base in funzione della lunghezza del palo (Vésic, 1967)
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore

CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 97

qb (MN/m2) qb (MN/m2)
1 2 3 5 7 10 20 1 2 3 5 7 10 20 30
10 10
0.75
0.5
20 20 0.75
I0 =1 I0 =1
30 30
0.5 0.25

50 50

70 70
100 100
0.25
σ’v
(kN/m2)
200 200

300 300

500 500

(a) ø’cv = 27° (b) ø’cv = 30°

1 2 3 5 7 10 20 30 50
10
0.5
0.75
20

30
0.25
I0 =1
50

70
100
σ’v
(kN/m2)
200

300

500

(c) ø’cv = 33°

Figura 3.40. Abachi per il calcolo del valore di ql (Fleming et al., 1992)

golo d’attrito a volume costante. Come si può notare, la resistenza alla base aumenta con la profon-
dità tendendo asintoticamente, per lunghezze usuali di palo, a valori pari a circa 10-15 MPa, in
accordo a quanto suggerito da Coyle e Castello (1981) e te Kamp (1977) e mostrato in figura 3.41.
Per i pali infissi di medio diametro, specie in terreni mediamente addensati (φ’ ≤ 35°) è prevalso l’uso
Valori limite della portata unitaria di base (MN/m2)

Limite di 15 MN/m2 per tutti i tipi di terreni incoerenti

Sabbie da fini a
grossolane, OCR = 1

Sabbie grossolane con ghiaia e


con OCR compreso fra 2 e 4

Ghiaie fini e sabbie con OCR


compreso fra 6 e 10

Valori calcolati della portata unitaria di base q l (MN/m2)

Figura 3.41. Valori massimi di ql per sabbie e ghiaie


Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore

98 MICROPALI

di utilizzare i valori di Nq forniti dalla teoria di


Berezantzev (1961) e mostrati in figura 3.42.
Nel caso dei pali trivellati di grande diametro, la
valutazione della resistenza alla punta deve esse-
re basata su considerazioni relative ai cedimenti
ammissibili piuttosto che alla rottura alla base del
palo stesso. Infatti, a causa della compressibilità
del terreno, esaltata dalla realizzazione dello
scavo, la portata unitaria di base è mobilitata in
corrispondenza di cedimenti relativi che sono
notevolmente superiori a quelli relativi ai pali
infissi.
A questo riguardo, la seguente tabella 3.2 mostra
un confronto fra la portata di base di pali trivel-
lati e pali infissi in terreni sabbiosi (De Beer,
1984). Figura 3.42. Variazione del fattore di capacità portante Nq in
funzione di φ’ (Berezantzev et al., 1961)

Tabella 3.2. Confronto tra la portata di base di pali trivellati e pali infissi in terreni sabbiosi (De Beer, 1984)
Cedimento relativo (s/D) Portata di base mobilizzata
da un palo trivellato/portata di base mobilizzata da un palo infisso
0.05 0.15 – 0.21
0.10 0.30 – 0.50
0.25 0.50 – 0.70
∞ 1.00

Come si può notare dalla tabella 3.2, ad esempio


2000 L
_____
per un rapporto fra il cedimento del palo e il suo 32 =
D
diametro di 0.10, la portata unitaria di base di un ql, crit = γ’ · D · Bk

Bk
28
palo trivellato è appena un terzo o metà del valo-
re che compete ad un palo infisso.
In questo caso occorre, pertanto, fare riferimento
non al valore limite ql, ma ad un limite conven- 1500 24

zionale corrispondente ad un cedimento relativo


prefissato. Scrit = 0.2 20
Si definisce pertanto la portata unitaria limite di D

base critica ql,crit corrispondente, in accordo alle


16
1000
raccomandazioni di letteratura, ad un cedimento
relativo s/D pari a 0.05. Per tali pali trivellati di
grande diametro, la portata unitaria limite di base ql
12
è invece raggiunta per cedimenti molto elevati del-
l’ordine di 0.25 ÷ 0.30 volte il diametro del palo.
Berezantzev (1963, 1965, 1970), sulla base di 8
500
risultati sperimentali e d’analisi in campo elasti-
co e plastico, e facendo riferimento a valori di
L
_____
4=
D
s/D compresi fra 0.15 e 0.25 ha proposto la
seguente espressione:
100
ql,crit = γ’ · D · Bk (51)
0 26 30 34 38 42 ϕ°
dove
γ’ = peso dell’unità di volume del terreno Peso dell’unità di volume
in corrispondenza della base del palo del terreno alleggerito, ad
esempio γ’ · L = σ’vo
Bk = fattore adimensionale funzione di e
di L/D i cui valori sono riportati in Figura 3.43. Determinazione della portata unitaria limite di
figura 3.43. base critica ql,crit (Berezantzev, 1970)
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore

CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 99

3.3.2.2. Resistenza unitaria laterale limite


Analogamente a quanto visto per i terreni coesivi, la resistenza unitaria laterale limite lungo il fusto
del palo è valutata con l’espressione:
τl = σ’h · tanδ’ = K · σ’ν0 · tan δ ’ (52)

nella quale σ’h è la tensione orizzontale esistente lungo il fusto dopo l’installazione del palo e δ’ è
l’angolo d’attrito palo-terreno. Il valore di σ’h è assunto in genere proporzionale al valore della ten-
sione geostatica σ’ν0, ma l’entità del rapporto K dipende dalla densità relativa della sabbia e dal meto-
do d’installazione del palo. In particolare, nel caso di pali infissi, il valore di K può essere prossimo
al coefficiente di spinta passiva Kp in corrispondenza della superficie e può anche essere inferiore al
coefficiente di spinta a riposo in prossimità della punta.
Con riferimento alla formula (52) si può definire:
β = K · tanδ’ = τl/σ’ν0 (53)
Nella (53) il rapporto τl/σ’ν0 è da intendersi come rapporto “locale” e non tra i valori medi lungo l’in-
tero fusto, come inteso in altre formulazioni del metodo β.
Il fattore β non ha il significato fisico evidente quanto σ’h, ma ha il vantaggio di essere quel fattore
che, moltiplicato per σ’ν0 (generalmente noto senza apprezzabili incertezze) fornisce direttamente il
valore di τl, inglobando quindi le incertezze riguardanti K e tan δ ’.
Per i pali infissi utilizzando l’espressione (52), il problema si riconduce alla valutazione di K e di δ’
alle profondità d’interesse.
Le seguenti tabelle 3.3 e 3.4 riportano i valori proposti per K e δ’ da Kulhawy et al. (1983).
Tabella 3.3. Valori di K proposti da Kulhawy et al. (1983)
Pali “a spostamento” K/K0
Limitato 3/4 – 5/4
Elevato 1.0 – 2.0

Tabella 3.4. Valori di δ’ proposti da Kulhawy et al. (1983)


Interfaccia δ ’/φφ’
Sabbia/calcestruzzo scabro 1.0
Sabbia/calcestruzzo ruvido 0.8 – 1.0
Sabbia/acciaio ruvido 0.7 – 0.9
Sabbia/acciaio liscio 0.5 – 0.9
Sabbia/legno 0.8 – 0.9

Come si può notare secondo quanto suggerito da Kulhawy et al., il valore di K dipende da quello del
coefficiente di spinta a riposo K0 mentre quello di δ’ dal valore dell’angolo di resistenza al taglio del
terreno φ'.
Per quanto riguarda il rapporto δ’/φ’ le ricerche di Kishida e Uesugi (1987) e Jardine et al. (1993)
portano a considerare valori nell’intervallo compreso fra 0.75 e 1.0, con valori prossimi all’unità
assumendo come limite massimo φ’ = φ’cν, dove φ’cν è l’angolo a volume costante.
La seguente tabella 3.5 riporta, per i pali battuti, i valori indicativi forniti dalle raccomandazioni
dell’AGI sui pali di fondazione (1984).

Tabella 3.5. Valori indicativi di K e δ’ per terreni incoerenti


Tipo di palo battuto Valori di K Valori di δ’
Acciaio 0.5 ÷ 1 20°
Calcestruzzo prefabbricato 1.0 ÷ 2.0 3/4 φ’
Calcestruzzo gettato in opera 1.0 ÷ 3.0 φ’

La figura 3.44 mostra, inoltre, i valori di K e δ’ proposti da Nordlund (1963) per pali infissi.
Per i pali trivellati sulla base dell’espressione (52), la resistenza laterale può essere calcolata median-
te le seguenti tre diverse formulazioni.
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100 MICROPALI

100 φ– = 25° 30° 35° 40° Pali in c.l.s. cilindrici

(δ = φ–)

80

Pali tronco conici in c.l.s.


Diametro del palo (cm)

20 ≤ Dmin ≤ 25 cm
60
conicità 1.5%; δ = φ–

φ– K
40
25 1.85

30 4.00
20
35 7.99

0
0 1 2 3
Coefficiente K

Figura 3.44. Valori del coefficiente K per pali infissi (Nordlund, 1963)

1. Formulazione K · tanδ’
Questa formulazione non è altro che l’espressione (52) adottando opportuni valori di K e tanδ’. Ha
il vantaggio di essere del tutto generale e di mantenere evidenziate le grandezze che determinano τl,
ma non comprende raccomandazioni per la scelta di K e tanδ’. Occorre notare che, a rigore, K non
è né il coefficiente di spinta a riposo nel terreno originario né quello dopo la realizzazione del palo,
ma quello che si instaura durante lo scorrimento. Inoltre tale fattore K, è fortemente influenzato dalle
modalità esecutive (perforazione, sostegno foro, fluidità del calcestruzzo, tempi d’esecuzione, ecc.),
oltre che dalla natura del terreno (granulometria, struttura, densità, stato tensionale).
Chen e Kulhawy (1994) hanno proposto, sulla base dell’osservazione di molte prove di carico, i
valori di seguito riportati, in funzione del coefficiente di spinta a riposo K0.
Tipo di perforazione A secco Con tubo camicia Con fanghi
K/K0 0.83 0.67 0.92

Le raccomandazioni dell’AGI suggeriscono di adottare valori di K compresi fra 0.4 e 0.7, decre-
scenti con la profondità. Per pali a trazione, viene in generale raccomandato un valore di K pari al
70% del valore assunto per i pali a compressione.
Secondo Toume e Reese si possono assumere i seguenti valori per K:
K = 0.7 per z < 7.5 m
K = 0.6 per 7.5 < z < 12 m
K = 0.5 per z > 12 m.
Per quanto riguarda il valore δ’ di è possibile supporre che per effetto della scabrezza all’interfaccia
tutto l’attrito disponibile sia mobilitato e quindi si abbia δ’ = φ’. Nel caso si vogliano considerare
eventuali fenomeni di rammollimento del terreno si può assumere δ’ = φ’cν ÷ φ’ (Fleming et al.,
1992).

2. Formulazione K · tanδ’ = (1 – sinφ’) · tanφ’


È questa la formulazione più utilizzata, nella pratica abituale, per il dimensionamento dei pali tri-
vellati. Poiché, per valori dell’angolo di resistenza al taglio φ’ compresi fra 30° e 45°, il prodotto
varia tra 0.29 e 0.30, questa formulazione può anche essere indicata come “ β ≅ 0.3
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 101

3. Formulazione τl = β · σ’ν0
In questo caso, la determinazione della resistenza laterale è effettuata associando ad un unico para-
metro β (privo di significato fisico) le influenze dei diversi fattori. La formulazione si basa sull’os-
servazione del comportamento di molti pali in vera grandezza ed è in grado di rispecchiare fedel-
mente la realtà.
Reese e O’Neill (1988) raccomandano, indipendentemente dal diametro, dalla posizione della falda,
dal valore di φ’ e dal metodo d’esecuzione, il seguente andamento con la profondità:
β = 1.5 – 0.245 · Z0.5 con 1.2 ≥ β ≥ 0.25 (54)
essendo Z la profondità espressa in metri e con il limite di τl = β · σ’ν0 ≤ 200 kPa
Inoltre per profondità maggiori di 26 m si ha β costante e pari a 0.25.
Reese e O’Neill sottolineano l’indipendenza di β dal valore dell’angolo di resistenza al taglio φ’. Essi
notano che le operazioni di perforazione e lo scarico tensionale provocano forti deformazioni di
taglio nel terreno all’interfaccia, che fanno raggiungere a φ’ un valore comune, corrispondente allo
stato critico, indipendente dal valore iniziale. Ne concludono che la marcata diminuzione general-
mente osservata di β con la profondità dimostra principalmente la diminuzione in generale di K con
la profondità.
O’Neill e Hassan (1994) sulla base dell’analisi di tutti i dati pubblicati in letteratura hanno riporta-
to i seguenti andamenti cautelativi per quanto riguarda l’andamento di β con la profondità (vedi
anche figura 3.45).

0 1.0 2.0
0
N=2
9.5
2.5

10

(Cementato)
15
z (m)

20

Linea ipotetica di diminuzione con la profondità


25
Da K0 misurato da Withiam (Stas and Kulhawy, 1984)

Reese and O’Neill, 1988


30 Limite inferiore cautelativo per terreni con N ≥ 15

Burch et al., 1988, N ≥ 15 con alcune eccezioni

Vrymoed, 1994, 30 ≤ N ≤ 70, 0.40 ≤ D ≤ 0.61 m

Finno, 1989; Finno et al,m 1989; 10 ≤ N ≤ 70

Rollins and Price, 1993, gravelly sand

O’Neill and Reese, 1978, 20 ≤ N ≤ 60, terreni alluvionali

Parsons Brinckerhoff - Hirota, 1991, ghiaie e ciottoli

Matsul, 1993, ghiaie sabbiose, 28 ≤ N ≤ 35


O’Neill et al., 1992, N = 40

O’Neill, 1992, N = 150, rocce residuali alterate

Baker et al., 1993, terreni alluvionali

Figura 3.45. Valori di β in funzione della profondità


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102 MICROPALI

Per le sabbie:
β = 1.5 – 0.42 · z0.34 con 1.2 ≥ β ≥ 0.25 e per valori di N ≥ 15 (55)
Essendo z la profondità espressa in metri ed N il numero dei colpi per 300 mm d’avanzamento di
una prova penetrometrica dinamica SPT (Standard Penetration Test).
Se N è inferiore a 15 il valore di β deve essere moltiplicato per il rapporto N/15.
Per sabbie con ghiaia, ghiaie o ciottoli:
β = 2.0 – 0.15 · z0.75 con 1.8 ≥ β ≥ 0.25 per valori di N ≥ 15 (56)
e con z la profondità espressa in metri.
Si può notare che, in generale, le tre formulazioni sopra descritte differiscono considerevolmente.
Infatti la formulazione (3) fa diminuire il valore di β da 1.2, o 1.8, a 0.25 (nel campo delle lun-
ghezze del palo più frequenti), la formulazione (2) assume un valore di β praticamente costante e
pari a 0.3 ed anche la formulazione (1) generalmente assume un valore di β che diminuisce poco
con la profondità, in contrasto con le molte osservazioni che confermano invece la marcata dimi-
nuzione di β.
La formulazione di β, che più fedelmente rispecchia la realtà, appare dunque preferibile. Essa “pre-
vede” correttamente sia il mancato aumento di τl da una certa profondità, sia la diminuzione di β con
la profondità (“effetto lunghezza”). Tale diminuzione (ovvero eccedenza di β in prossimità della
superficie rispetto ai valori correntemente attribuiti a K · tan δ ’), ormai confermata da tempo da
molte sperimentazioni, è dovuta principalmente ai seguenti motivi:
• Riduzione della tendenza alla dilatanza con la profondità con conseguenti tensioni di rottura pro-
porzionalmente più alte in superficie.
• Diminuzione di φ’con la profondità per effetto della curvatura dell’inviluppo di rottura.
• Accentuazione dell’effetto arco con la profondità e quindi crescita meno che proporzionale con la
profondità delle tensioni di serraggio.
Inoltre, la ricompressione delle pareti del foro da parte della spinta del calcestruzzo fluido (pari ad
una colonna d’altezza all’incirca costante), comporta benefici proporzionalmente più importanti in
prossimità della superficie.
Un altro approccio per valutare la resistenza laterale di pali trivellati in terreni non coesivi è basato
sulla possibile relazione fra τl e la pressione esercitata dalla colonna di calcestruzzo fluido (“criterio
di Mayer”).
Secondo il criterio di Mayer (1935), la pressione mutua fra palo e terreno è data dalla pressione del
calcestruzzo fluido nella fase di getto. Il valore della pressione cresce linearmente in profondità con
l’altezza Z della colonna di calcestruzzo che può
mantenersi allo stato fluido prima che ne inizi la
presa (Z = 8 ÷ 10 m); oltre tale profondità, il
valore della pressione fra palo e terreno rimane
Z = 8 ÷ 10 m

ovviamente costante.
8m 2·3·8
La portata laterale risulta pertanto pari a:
10 m
Z–8m

τl = γc · z · tanδ’ = γc · z · tanφ’ per z ≤ Z (57)


τl = γc · Z · tanδ’ = γc · Z · tanφ’ per z > Z (58)
In terreni sotto il livello di falda occorre tenere 13 m
presente che il peso specifico del calcestruzzo si
riduce a γ’c = γc – γw, il che equivale ad assumere (2.3 – 1) · 8
(vedi figura 3.46):
γc = 23 kN/m3 in terreni secchi Figura 3.46. Criterio di Mayer, andamento della pressione
del calcestruzzo fluido nella fase di getto, in assenza e in pre-
γc = 13 kN/m3 in terreni immersi. senza di falda
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 103

3.3.3. VALUTAZIONE PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI IN ROCCIA


Per quanto riguarda la capacità portante di pali, ovviamente trivellati, in roccia la maggior parte delle
correlazioni proposte si rifanno alla valutazione della resistenza a compressione monoassiale della
matrice rocciosa e alla valutazione del grado di fratturazione dell’ammasso roccioso nel tratto inte-
ressato dalla perforazione per l’esecuzione del palo.
Per la portata unitaria limite di base della roccia ql, il metodo riportato sul Canadian Foundation
Manual (1978) suggerisce le seguenti formule:
qamm = Ksp · qu (59)
con:
3+ c / B (60)
K sp =
δ
10 ⋅ 1 + 300 ⋅
c
dove
qamm = pressione ammissibile
Ksp = coefficiente empirico che dipende dalla spaziatura delle discontinuità e include un fat-
tore di sicurezza pari a 3 e, di norma, è compreso fra 0.1 e 0.4
qu = valore medio della resistenza a compressione monoassiale della matrice rocciosa
(determinata su campioni di roccia intatta)
c = spaziatura delle discontinuità
δ = apertura delle discontinuità
B = diametro del palo.
L’equazione che fornisce il valore di Ksp è valida per ammassi rocciosi caratterizzati da spaziatura
delle discontinuità maggiore di 305 mm, apertura delle discontinuità inferiore a 5 mm e per fonda-
zioni di dimensioni superiori a 300 mm.
Le figura 3.47, mostra i fattori che influenzano il valore del coefficiente Ksp.

0.5

0.4 =0
δ/c 3 + c/B
1
0.00 Ksp =
2 1 + 300 δ/c
0.00 10
0.3 c = spaziatura delle discontinuità
0.005 δ = apertura delle discontinuità
Valore di K sp

B = Larghezza della fondazione


0.010
0.2 valida per 0.05 < c/B<2.0
0.020 † 0 < δ/c<0.02

0.1

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0
Rapporto c/B
Nota: Il coefficiente Ksp tiene conto dell’effetto scala e della presenza delle discontinuità e
contiene un coefficiente di sicurezza nominale pari a 3 nei confronti della capacità
portante della fondazione per rotture locali. Nel caso di una rottura generalizzata della
fondazione il coefficiente di sicurezza può essere pari o superiore a 10 (Ladangi et
al., 1974; Franklin e Gruspier, 1983)

Spaziatura delle discontinuità, Spaziatura delle


Ksp
descrizione discontinuità (m)

Moderatamente bassa 0.3-1 0.1


Ampia 1-3 0.25
Molto ampia >3 0.4

Figura 3.47. Coefficiente Ksp


Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore

104 MICROPALI

Resistenza unitaria laterale limite τl (MPa)

10

e
ial
er
at
lm
de
o
gli
Correlazione suggerita per pali

ta
al
convenzionali di grande diame-
5 za
en
tro, (Horvath et al., 1980 -
ist

Horvath, 1982)
s
Re
=
w
σc
5

P6
0.

Pali convenzionali
P3
P4 P1, P2 & P5

0
0 5 10 15 20 25 30 35 40

Resistenza a compressione monoassiale della roccia o del calcestruzzo qu (MPa)

Figura 3.48. Andamento della resistenza unitaria laterale limite in funzione della resistenza a compressione monoassiale
della roccia secondo Horvath et al. (1983)

1.0

0.9

0.8

0.7
Fattore moltiplicativo α = τl /qu

0.6

0.5 Linea di interpolazione dei dati sperimentali

0.4

0.3

0.2

0.1

0.0
1 10 100

Resistenza a compressione monoassiale qu (MPa)

1.0
0.9 Argilliti
Argilliti
0.8 Arenarie
Fattore moltiplicativo α = τl /qu

0.7 Linea di interpolazione


0.6 Matich & Kozicki
(1967)
0.5
0.4
0.3
0.2 Wilson
0.1 (1976)
0 1 10 100
Resistenza a compressione monoassiale qu (MPa)

Figura 3.49. Andamento della resistenza unitaria laterale limite in funzione della resistenza a compressione monoassiale
della roccia secondo Williams e Pells (1981)
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore

CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 105

1.2
α = ψ (cu/pa o qu/2pa)-0.5
1
1

0.8
Fattore di adesione α

Pali in roccia
α
0.6
(Williams e Pells)
0.1 Argille
Argilliti 0.4
Altre argilliti
Arenarie, calcari, marne
0.2 Pali in argilla
Argilla Roccia (Tomlinson)
0.01 Tenera
Media Dura M. dura Eccez. dura Tenera Media Compatta
0
0.1 1 10 100 1000 0.03 0.1 0.3 1 3 10 30 100
cu (MPa)
ca/pa, qu/2pa

Figura 3.50. Valori di α in funzione della resistenza a com- Figura 3.51. Confronto fra i valori di α rispettivamente per
pressione monoassiale (Kulhawy & Phoon, 1993) pali in argilla e per pali in roccia dove cu = qu/2

Per quanto concerne la resistenza unitaria laterale limite lungo il fusto del palo, in accordo a Horvath
e Kenney (1989) la resistenza ultima può essere correlata alla resistenza a compressione monoas-
siale qu della roccia:
τ l = 6.656 qu ( kPa ) (61)

La figura 3.48 mostra dei dati sperimentali sulla resistenza ultima lungo il fusto del palo, forniti da
Horvath et al. (1983). La figura 3.49, analogamente, mostra la variazione della resistenza limite
lungo il fusto del palo in funzione della resistenza a compressione monoassiale della roccia
(Williams e Pells, 1981).
Con riferimento alla formula τl = α · qu, che permette di determinare il valore della resistenza ulti-
ma lungo il fusto del palo in funzione della resistenza alla compressione monoassiale della roccia
mediante un fattore moltiplicativo α, Kulhawy & Phoon (1983) sulla base di numerosi dati relativi
a prove di carico hanno ricavato una correlazione fra e la resistenza a compressione monoassiale
della roccia come mostrato in figura 3.50.
La figura 3.51 mostra inoltre un confronto fra i valori di α rispettivamente per pali in argilla e per
pali in roccia dove cu = qu/2.

3.3.4.VALUTAZIONE PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI SULLA BASE DEI RISULTATI DELLE
PROVE SPT

Per quanto concerne i terreni non coesivi sono state messe a punto numerose correlazioni in grado
di valutare sia la portata unitaria limite di base ql sia la resistenza unitaria laterale limite τl. Tali meto-
di sono basati sull’analisi dei risultati di prove di carico su pali in vera grandezza, eseguite in terre-
ni di resistenza penetrometrica nota.

3.3.4.1. Portata unitaria limite di base


Poulos (1989) ha riportato in occasione della ventinovesima “Rankine lecture”, le correlazioni più
note e attendibili proposte in letteratura fra i valori di resistenza misurati nel corso di una prova pene-
trometrica dinamica (numero di colpi per un avanzamento di 300 mm, N) e la portata unitaria limi-
te di base secondo la seguente formulazione:
ql = K · N (MN/m2) (62)
I valori del coefficiente moltiplicativo K della resistenza penetrometrica in corrispondenza della base
del palo, proposti da diversi Autori sono riportati nella tabella di figura 3.52.
Altri Autori, più correttamente, fanno riferimento alla portata unitaria limite di base critica ql,crit cor-
rispondente, in accordo alle raccomandazioni di letteratura, ad un cedimento relativo s/D pari a 0.05
(vedi paragrafo 3.3.2.1).
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore

106 MICROPALI

τl = K · N (MN/m2)

Tipo di palo Tipo di terreno K Note Riferimento bibliografico

Pali infissi Sabbia 0.45 Valore di N da prove Martin et al. (1987)


penetrometriche dinami-
che SPT
Sabbia 0.40 Decourt (1982)

Limo, limo sabbioso 0.35 Martin et al. (1987)

Depositi di origine 0.25 Thorburn & MacVicar


glaciale da grossola- (1971)
ni a limi fini

Limi sabbiosi 0.25 Decourt (1982)


residuali

Limi argillosi 0.20 Decourt (1982)


residuali

Argilla 0.20 Martin et al. (1987)

Argilla 0.12 Decourt (1982)

Altri terreni 0.30 Per L/d ≥ 5 Shioi & Fukui (1982)


se L/d < 5,
K = 0·1+0·04 L/d
(pali a punta chiusa) o
K = 0·6 L/d
(pali a punta aperta)

Pali infissi gettati in Terreni incoerenti fb = 3·0 MN/m2 Shioi & Fukui (1982)
sito
fb > 7·5 MN/m2
0.15 Yamashita et al. (1987)

fb = 0·09 (1+0·16z)
Terreni coesivi – Yamashita et al. (1987)
dove z = profondità della base
del palo

Pali trivellati Sabbia 0.1 Shioi & Fukui (1982)

Argilla 0.15 Shioi & Fukui (1982)

Calcari bianchi 0.25 N < 30 Hobbs (1977)


(Chalk) 0.20 N > 40

Figura 3.52. Correlazioni fra la portata unitaria limite di base ed il valore di N (da prove SPT)

Reese e O’Neil, (1988), per pali trivellati, sulla base di un elevato numero di prove di carico, hanno
proposto di valutare il valore di ql,crit secondo le seguenti correlazioni basate sulle prove SPT.

Valore di N Valore di ql,crit (MPa)


0 – 75 0.0575 · N
> 75 4.3

Quando il diametro del palo B è superiore a 1.30 m, gli Autori raccomandano di introdurre un fatto-
re correttivo riducendo il valore di ql,crit secondo la seguente relazione:

1.3
ql ,critrio = ⋅ ql ,crit (63)
B

B = diametro del palo in metri.


Occorre, inoltre, tenere presente che tale correlazione è basata sugli standard SPT statunitensi per i
quali il rapporto d’energia medio ER è pari a circa 0.55.
Secondo Jamiolkowski e Lancellotta (1988) tale approccio è leggermente conservativo (intorno al
30%).
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore

CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 107

τl = α + β · N (MN/m2)

Tipo di palo Tipo di terreno α β Note Riferimento bibliografico

Pali infissi Terreni incoerenti 0 2.0 τl = valore medio lungo Meyerhof (1956)
il fusto del palo
Valore medio di N lungo
il fusto del palo Shioi & Fukui (1982)
Ridurre nella metà i
valori di τl nel caso di
pali infissi con piccoli
spostamenti
Decour (1982)
Terreni incoerenti e 10 3.3 Tipo di palo non
coesivi specificato
50 ≥ N ≥ 3
τl > 170 kN/m2
Coesivi 0 10 Shioi & Fukui (1982)

Pali infissi gettati in Terreni incoerenti 30 2.0 τl > 200 kN/m2 Yamashita et al. (1987)
sito
0 5.0 Shioi & Fukui (1982)

Terreni coesivi 0 5.0 Yamashita et al. (1982)


τl > 150 kN/m2

0 10.0 Shioi & Fukui (1982

Pali trivellati Terreni coesivi 0 1.0 Findlay (1984)


Shioi & Fukui (1982)

3.3
0 Wright & Reese (1979)

Terreni coesivi 0 5.0 Shioi & Fukui (1982)

Terreni coesivi 10 3.3 Pali gettati in presenza Decourt (1982)


di bentonite
50 > N > 3
τl > 170 kN/m2

Calcari bianchi – 125 12.5 After Fletcher & Mizon


30 > N > 15
(Chalk) (1984)
τl > 250 kN/m2

Figura 3.53. Correlazioni fra la resistenza unitaria laterale limite ed il valore di N (da prove SPT)

3.3.4.2. Resistenza unitaria laterale limite


Analogamente, per la resistenza laterale limite sono state proposte in letteratura numerose correla-
zioni. La tabella riportata in figura 3.53 riepiloga le correlazioni più significative proposte, per i
diversi tipi di terreno e di palo. Tutte le correlazioni sono basate sulla seguente formula generale:
τl = α + β · N (kN/m2) (64)
assegnando diversi valori ad α e a β in funzione del tipo di terreno e di palo.

3.3.5.VALUTAZIONE PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI SULLA BASE DEI RISULTATI DELLE
PROVE CPT

Molti sono i metodi pubblicati in letteratura per valutare la capacità portante dei pali di fondazione
direttamente sulla base delle prove CPT.
Robertson et al. (1988) utilizzarono 13 differenti metodi per valutare la capacità portante di otto pali
successivamente sottoposti a prove di carico per misurarne l’effettiva capacità portante. I pali erano
in acciaio ed infissi in terreni prevalentemente a grana fine.
I valori di capacità portante ricavati dall’interpretazione delle prove di carico furono compresi fra
170 kN e 8000 kN.
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108 MICROPALI

I risultati di questo esercizio hanno mostrato che le procedure basate sui risultati delle sole prove
CPT forniscono la migliore previsione della effettiva capacità portante dei pali.
Il metodo che, inoltre, ha fornito la migliore previsione è stato quello di Bustamante e Gianeselli
(1982), seguito da quello di Ruiter e Berigen (1979) e Schmertmann (1978). Altri metodi basati sulle
prove CPT ed utilizzati da Robertson et al., sono stati quelli di Zhou et al. (1982), Van Mierlo e
Koppejan (1952) e Van Impe (1986).
Tand e Funegard (1989) hanno applicato diversi metodi, fra i quali alcuni basati sulle prove CPT, per
prevedere la capacità portante di 13 pali sottoposti a prove di carico. I pali utilizzati erano sia in cal-
cestruzzo sia in acciaio infissi in argille sovraconsolidate dure del golfo del Messico. I valori di capa-
cità portante ultima misurati variavano da 670 a 4880 kN. La procedura basata sulle prove CPT e
proposta da Ruiter e Beringen (1979) ha fornito la migliore previsione rispetto agli 8 metodi utiliz-
zati. Tand e Funegard (1989) utilizzarono anche altri metodi convenzionali ma, a parte quello pro-
posto da Vijayvergiya e Focht (1972), essi hanno fornito una previsione meno soddisfacente rispet-
to ai metodi basati sulle prove CPT.
Sharp et al. (1988) confrontarono due metodi basati sulle prove CPT e tre metodi basati sulle prove
SPT, analizzando i risultati di 28 prove di carico. Essi conclusero che tutte le procedure sovrastima-
vano la capacità portante dei pali. Tuttavia i due metodi basati sulle prove CPT generalmente forni-
vano una migliore previsione essendo ancora il metodo di Bustamante e Gianeselli il più accurato,
il quale sovrastimò la capacità portante dei pali di circa il 30%, una sovrastima contenuta rispetto a
quella ottenuta con i metodi basati sulle prove SPT.
Tali studi ed altri pubblicati in letteratura mostrano come i metodi basati sulle prove CPT, per valu-
tare la capacità portante dei pali, siano più accurati rispetto ad altri metodi più convenzionali. La
principale ragione è dovuta al fatto che le prove CPT forniscono un profilo continuo delle caratteri-
stiche dei terreni di fondazione.
Di seguito si descrivono i due metodi più utilizzati nella pratica progettuale: il metodo di Bustamante
e Gianeselli (1982) ed il metodo di Ruiter e Beringen (1979). Il metodo di Schmertmann (1978) è
simile ma più complesso del metodo di Ruiter e Beringen (1979) e non sarà pertanto descritto.

3.3.5.1. Metodo di Bustamante e Gianeselli (1982)


Il metodo di Bustamante e Gianeselli è basato sulla analisi di 197 prove di carico su pali realizzati
in differenti tipi di terreni, la cui casistica così varia e completa ha probabilmente contribuito a spie-
gare i buoni risultati che, normalmente, si otten-
gono applicando tale metodo. Il metodo, cono-
Fattori k
sciuto come metodo LCPC, è riepilogato nelle
c
figure 3.53 e 3.54.
cq Gruppo Gruppo
Natura del terreno
Il valore medio equivalente della resistenza alla
(MPa) I II
punta qca misurata da prove CPT, da adottare per
calcolare il valore della portata unitaria limite di Argilla soffice e fango <1 0.4 0.5
Argilla moderatamente compatta 1a5 0.35 0.45
base ql, con riferimento alla figura 3.55, deve Limo e sabbia sciolta ≤5 0.4 0.5
essere il valore misurato lungo una lunghezza Argille da compatte a dure e limi compatti >5 0.45 0.55
Calcare bianco (chalk) tenero ≤5 0.2 0.3
Sabbia moderatamente addensata e ghiaie 5 a 12 0.4 0.5
definita pari a 2 · a (dove a è uguale a 1.5 · D,
essendo D il diametro del palo), rispettivamente Calcari bianchi (chalk) alterati e fratturati >5 0.2 0.4
Sabbia e ghiaia da addensata a molto addensata > 12 0.3 0.4
sopra (+ a) e sotto (– a) la punta del palo.
Gli Autori suggeriscono di calcolare qca secondo Gruppo I: Pali trivellati a secco, pali trivellati con sostegno delle pareti
le seguenti tre fasi, come mostrato in figura 3.55. dello scavo mediante tubazione; pali trivellati con sostegno delle pareti
mediante fanghi bentonitici; micropali (iniettati a bassa pressione); pali
Nella prima fase si calcola il valore q’ca come realizzati con elica continua e tubo forma centrale.
valore medio della resistenza alla punta qc tra –a
Gruppo II: Pali infissi prefabbricati in c.a. pali precompressi; pali infissi
gettati in sito, pali infissi metallici, micropali iniettati ad alta pressione
e +a. Il secondo passo consiste nell’eliminare i
valori superiori a 1.3 q’ca lungo il tratto -a e +a, e
i valori inferiori a 0.7 q’ca lungo il tratto -a. Il Figura 3.54. Fattori di capacità portante k (Bustamante e
c
terzo ed ultimo passo è, infine, quello di calcola- Gianeselli, 1982)
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 109

Categoria

Coefficiente Limite massimo per la resistenza


di adesione α unitaria laterale limite τl (MPa)

Natura del terreno

Argilla tenera e fango


Argilla moderatamente compatta

Limo e sabbia sciolta


Argilla da compatta a dura e limo compatto

Calcare bianco (chalk) tenero


Sabbia moderatamente addensata e ghiaia

Calcare bianco (chalk) alterato e fratturato

Sabbia da addensata a molto addensata e ghiaia

Categorie – IA: pali trivellati a secco, pali trivellati con sostegno delle pareti mediante fanghi, pali realizzati con elica continua e tubo forma centrale,
micropali (iniettati a bassa pressione). IB: Pali trivellati con sostegno delle pareti dello scavo mediante tubazione, pali infissi gettati in opera. IIA: Pali
infissi prefabbricati in cemento armato o precompresso, pali in profilati o in tubi di acciaio. IIIA: Pali infissi iniettati. IIIB: Pali iniettati ad alta pressione;
micropali (iniettati ad alta pressione).
Nota: I limiti massimi di τl indicati fra parentesi devono applicarsi a pali eseguiti con molta cura e avendo arrecato al terreno il minimo disturbo.

Figura 3.55. Coefficiente di adesione α (Bustamante e Gianeselli, 1982)

re il valore di qca come valore medio dei valori di D


q’ca ricavati alla fine della seconda fase.
La resistenza unitaria laterale limite τl è calcola-
3
ta dai valori misurati della resistenza alla punta qc a D
2
divisa per un coefficiente di adesione αLCPC (vedi
q’ca
0.7 q’ca 1.3 q’ca
figura 3.55).
Il valore della portata unitaria limite di base, ql, è
qc
Palo

ricavata dal valore di qca sopra indicato, moltipli-


cato per un opportuno coefficiente di portanza kc
a
(vedi figura 3.54).
Abbiamo pertanto:

ql = kc · qca (65)
a
qc
τl = (66)
Profondità

α LCPC

Il metodo, secondo il tipo del terreno e di palo, qca


fornisce dei limiti massimi alla resistenza unita- Figura 3.56. Valutazione della resistenza alla punta media
ria laterale limite τl. equivalente (Bustamante e Gianeselli, 1982)

3.3.5.2. Metodo di De Ruiter e Beringen (1979)


Il metodo proposto da de Ruiter e Beringen (1979) è riepilogato nella tabella di figura 3.57. Sono
impiegate differenti procedure a seconda che i terreni siano sabbie o argille. Nelle argille il primo
passo consiste nel determinare la resistenza al taglio non drenata cu, dalla resistenza alla punta qc.
Sia la portata unitaria limite di base sia la resistenza unitaria laterale limite sono calcolate moltipli-
cando il valore di cu per un opportuno fattore.
Per quanto concerne le sabbie, de Ruiter e Beringen hanno trovato che la portata unitaria limite di
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110 MICROPALI

Sabbia Argilla
20
Valore limite di 15 MPa per
Resistenza Minimo di f = α · su tutti i terreni incoerenti
unitaria f1 = 0.12 MPa dove Sabbia da
15

unitaria limite di base (MPa)


laterale limite τl f2 = attrito laterale fs misurato con α = 1 per argille fine a
grossolana,

Valori della portata


una prova CPT normalconsolidate
f3 = qc/300 (compressione) = 0.5 per argille OCR = 1
10 Sabbie grossolane
f4 = qc/400 (tensione) sovraconsolidate
e sabbie con OCR
variabile da 2 a 4
Portata unitaria Valore minimo: valore di qp ricavato 5
limite di base ql secondo quanto mostrato in figura Ghiaia fine e sabbia con
3.58 qp = Nc · su OCR variabile da 6 a 10
dove: 0
Nc = 9 0 5 10 15 20 25 30 35
su = qc/Nk,
Nk = da 15 a 20 Valori calcolati per la
portata unitaria limite di base (MPa)

Figura 3.57. Metodo di De Ruiter e Beringen (1979) per valu- Figura 3.59. Portata unitaria limite di base per sabbie sovra-
tare la capacità portante di un palo sulla base delle prove CPT consolidate (De Ruiter e Beringen,1979)

base dipende dalla resistenza alla punta ricavata


da prove CPT, in una zona che si estende da 0.7 Resistenza alla punta, qc
a 4 volte il diametro del palo, al di sotto della
base del palo.
La procedura per determinare tale valore, indica-
to con qp, è mostrata in figura 3.58. De Ruiter e
Beringen hanno osservato che nel caso di pali qc1 = Valore medio di qc lungo
una lunghezza y · D al di sotto
della base del palo (percorso
infissi in sabbie sovraconsolidate si potrebbe
avere una riduzione della capacità portante del a-b-c). Somma i valori di qc sia
verso il basso (percorso a-b)
palo a causa dell’infissione. Per tali tipi di terre- sia verso l’alto (percorso b-c).
Utilizza i valori di qc lungo il
percorso a-b e la regola del
Profondità

no, le correzioni raccomandate, ricavate sulla


minimo percorso lungo b-c.
Calcola qc1 per valori di y com-
base di numerose prove di carico, sono mostrate
in figura 3.59. Tuttavia, in molti casi è difficile presi fra 0.7 e 4.0 e utilizza il
minimo valore di qc1 ottenuto.
stimare il grado di sovraconsolidazione di una
qc2 = Valore medio di qc lungo
sabbia. In sabbie con elevati valori della resisten- una lunghezza di 8 · D al di
sopra della punta del palo (per-
Inviluppo dei valori corso c-e). Utilizza la regola
za alla punta qc, è raccomandata una notevole
minimi di qc del minimo percorso come per
il percorso b-c nel calcolo di
cautela nell’assunzione del grado di sovraconso-
lidazione. L’influenza del grado di sovraconsoli- qc1. Ignora ogni valore ‘X’ di
riduzione puntuale della resi-
dazione delle sabbie ha portato De Ruiter e stenza di punta se in sabbia,
mentre se in argilla va inclusa
Beringen a proporre un valore limite per la por- nel percorso minimo per valu-
tata unitaria limite di base pari a 15 MPa, a pre- tare il valore medio

scindere dal valore della resistenza alla punta.


Figura 3.58. Determinazione del valore medio della resisten-
za alla punta (De Ruiter e Beringen,1979)

3.3.5.3. Metodo di Almeida et al. (1996)


Recentemente Almeida et al. (1996) sulla base dell’analisi dei risultati di 43 prove di carico su pali
infissi in acciaio messi in opera in otto differenti siti, tutti caratterizzati dalla presenza di argille, e
dei risultati di prove CPT eseguite nelle medesime aree, hanno messo a punto per le sole argille un
metodo per valutare la capacità portante dei pali sulla base delle prove CPT. I terreni di fondazione
dei siti analizzati comprendevano argille da tenere a dure e pali di diametro variabile da 0.102 m a
0.812 m. La maggior parte delle prove di carico furono eseguite in trazione, per valutare la sola resi-
stenza laterale unitaria limite. I pali erano caratterizzati da rapporti fra la lunghezza del palo ed il
diametro (L/D) compresi fra 27 e 66.
Almeida et al. (1986) suggeriscono il seguente metodo per valutare la capacità portante dei pali:
ql = (qt – σν0)/k1 (67)
τl = (qt – σν0)/k2 (68)
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 111

dove
qt = resistenza alla punta corretta per effetto della pressione interstiziale
σν0 = tensione verticale totale presente in sito
k1, k2 = costanti da determinare.
La costante k1 varia in funzione di (qt – σν0)/σ’ν0, come mostrato in figura 3.60.
Almeida et al. (1996), suggeriscono di utilizzare per il valore di k1 il valore medio riportato in figu-
ra 3.60. Tale valore medio può essere espresso mediante la seguente relazione:
k1 = 12 + 14.9 · log((qt – σν0)/σ’ν0) (69)
Tuttavia, nel caso di un basso indice di plasticità (Ip < 20%) e/o con un basso contenuto di argilla è
raccomandato di utilizzare il limite superiore sempre indicato in figura 3.60.
In alternativa può essere assunto un valore di k1 pari a 40 per bassi valori di (qt – σν0)/σ’ν0 e intorno
a 45 per terreni più consistenti. Una riduzione di k1 per valori di L/D superiori a 60 deve essere appli-
cata secondo le raccomandazioni di Randolph e Murphy (1985).
I valori suggeriti da Almeida et al (1996), per la resistenza unitaria laterale limite, sono del tutto
simili a quelli che si ottengono adottando il tradizionale approccio in termini di tensioni totali (α)
per i pali in argilla (Randolph e Wroth, 1982).
Per quanto concerne il valore di k2 si ha:
k2 = Nkt / 9 (70)
dove Nkt è il fattore di cono utilizzato per ricavare, dalla resistenza alla punta, il valore della resi-
stenza al taglio non drenata, che normalmente varia da 10 a 30.
In generale le raccomandazioni di Almeida et al. (1996) sono meno conservative rispetto al metodo
proposto da Bustamante e Gianeselli (1982).
In conclusione viene raccomandato (Lunne et al., 1997) di utilizzare i metodi di Bustamante e
Gianeselli (1982), De Ruiter e Beringen (1979) e (per le sole argille) il metodo di Almeida et al.
(1996) e di adottare per il dimensionamento dei pali il valore di capacità portante più basso ottenu-
to dai differenti metodi. Nel caso si abbia una consolidata esperienza già acquisita nel sito in ogget-
to, può essere adottato il solo metodo che ha già fornito, sulla base di prove di carico, la migliore
previsione.

Piccolo diametro, infisso


Grande diametro, infisso
Pali di piccolo diametro installati con martinetto

ore
superi
Limite

re
inferio
Limite

Valore medio

Figura 3.60. Valori del coefficiente k1 per pali infissi in argilla (Almeida et al., 1996)
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112 MICROPALI

Resistenza unitaria laterale limite Trasduttori di spostamento


Piano cella di carico superiore
campagna

Palo in acciaio

Profondità z (m)
Linee guida API
Gruppo di strumentazione
Lunghezza del palo

Distanza dalla
base del palo (h)

Toolan et al. Profondità finale di


(1990) penetrazione (L)

Minimo Massimo

Punta conica
Decadimento
idealizzato ad
andamento
esponenziale
10 m

Tipico profilo
da prove in sito Tensione tangenziale locale (k P a)

Figura 3.61. Profili idealizzati dell’andamento della resistenza


unitaria laterale limite in funzione della profondità
Profondità dello strumento (m)

3.3.6. IL METODO ICP PER I PALI INFISSI


La determinazione della capacità portante di un
palo infisso rappresenta uno dei problemi geotec-
nici di maggiore incertezza nel campo dell’inge-
gneria delle fondazioni; in particolare modo per
quanto concerne i terreni incoerenti. Linee guida
per la progettazione dei pali infissi come quelle
pubblicate, ad esempio, dall'API (American
Petroleum Institute 1984, 1991, 1993) non sono
generalmente consistenti con i fondamenti teori-
Figura 3.62. ICP: Imperial College Pile
ci e con il comportamento reale dei pali in eser-
cizio.
Per esempio, le osservazioni sperimentali di una graduale riduzione dell’aumento della capacità por-
tante all’aumentare dell’infissione del palo è tenuta in conto imponendo un valore limite alla porta-
ta di base e per attrito laterale, a partire da una profondità definita critica. Tuttavia, dettagliati profi-
li della portata per attrito laterale, ricavati da pali strumentati, tendono a mostrare esattamente l’op-
posto, con valori massimi in prossimità della punta del palo e valori decisamente inferiori in vici-
nanza della superficie del terreno.
In figura 3.61 è, ad esempio, mostrato un tipico profilo della resistenza laterale mobilitata lungo un
palo infisso a sua volta confrontato con quanto suggerito dalle API per il calcolo delle resistenza late-
rale limite.
Analogamente la figura 3.62, ripresa da un lavoro di Lehane, Jardine, Bond e Frank, mostra la resi-
stenza laterale misurata lungo il fusto del palo a tre differenti profondità in un deposito di sabbie
uniformi (rispettivamente per h/R = 50, 28 e 8, dove h è la distanza dalla punta del palo e R è il rag-
gio del palo). Si può notare come, all'aumentare della distanza dalla punta del palo, la resistenza late-
rale diminuisca.
Negli ultimi anni, si è registrato un intenso dibattito sull’affidabilità dei correnti metodi progettuali,
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 113

per valutare la capacità portante del palo, cercan-


do di chiarire i limiti degli approcci empirici con-
venzionali sulla base di indagini sperimentali e
adottando modelli di comportamento più aderen-
Palo
ti alla realtà.
a punta aperta Recentemente, sulla base di una estesa sperimen-
tazione condotta in sei differenti siti con un palo
di prova opportunamente strumentato, R.J.
Jardine e F.C. Chow (1996), dell’Imperial Colle-
Tappo
di terreno ge di Londra, hanno messo a punto un nuovo
metodo per la progettazione di pali infissi.
Il loro lavoro ha preso le mosse da una profonda
analisi critica di tutti i metodi più utilizzati per
valutare la capacità portante limite, confrontan-
done i valori calcolati con quelli misurati con
prove di carico. Dall’esame effettuato dagli auto-
ri è risultato che il coefficiente di variazione
(a) (b)
COV (definito come rapporto fra la deviazione
Comportamento dei pali a punta aperta:
standard ed il valore medio) del rapporto fra
(a) senza la formazione del tappo – (b) con la formazione del tappo capacità portante limite calcolata e misurata per
Figura 3.63. Valutazione della capacità portante di pali infissi pali che erano stati dimensionati in accordo alle
a punta aperta norme API RP2A (ventesima edizione, 1993) era
compreso fra 0.5 e 0.7.
Come osservato dagli autori tali elevati valori del coefficiente di variazione COV non erano com-
patibili con i relativamente bassi coefficienti di sicurezza normalmente adottati per i pali installati in
opere al largo (tipicamente 1.5).
Per quanto riguarda i pali installati in opere al largo (off-shore), Kraft et al. (1981) hanno eviden-
ziato come la valutazione della capacità portante assiale, valutata con differenti metodi, porta ad una
variazione del ±25 percento rispetto ai valori medi della previsione progettale.
Prima di illustrare il metodo proposto da Jardine e Chow (1996) per la determinazione della capa-
cità portante di pali sia a punta chiusa sia a punta aperta, riprendiamo più in dettaglio le definizioni
per la valutazione della capacità portante evidenziando le differenze fra i pali infissi a punta chiusa
e quelli a punta aperta.
Come visto nei precedenti paragrafi, la capacità portante di un palo di fondazione è fornita dalla
somma della portata di base e della portata per attrito laterale:
Qu = Qp – Qs – W (71)
dove
Qu = capacità portante limite totale
Qp = portata limite di base
Qs = portata limite per attrito laterale
W = peso proprio del palo.
La valutazione della capacità portante assiale, in compressione, di un palo infisso, è basata sulle
seguenti condizioni estreme (vedi figura 3.63):
1. Palo a punta chiusa;
2. Palo a punta aperta (“fully plugged”);
3. Palo a punta aperta (“unplugged”).
Nei casi 1 e 2, la valutazione della capacità portante limite totale è fornita dalla seguente espres-
sione:
Qu,c = ∑ f0 · A0 + qp · Ap – W (72)
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114 MICROPALI

dove
f0 = resistenza laterale limite esterna
1 
A0 = superficie laterale del palo con riferimento al diametro esterno del palo  ⋅ π ⋅ d02 
qp = portata unitaria limite di base 4 
Ap = area della superficie di base del palo
d0 = diametro esterno del palo.
Nel caso 3 si ha invece:
Qu,0 = ∑ f0 · A0 + ∑ fi · Ai + qw · Aw – W (73)
dove
f0,fi = resistenza laterale limite esterna ed interna
A0,Ai = superficie laterale del palo con riferimento rispettivamente al diametro esterno ed
interno del palo
qw = portata unitaria limite di base
Aw = area della superficie anulare del palo = π · t · (d0 – t)
t = spessore del palo a punta aperta
d0 = diametro esterno del palo.
Per ciascuna penetrazione del palo, vengono pertanto valutati i valori di Qu,c e Qu,o. Il valore finale
assegnato alla capacità portante assiale del palo, a punta aperta, è pertanto governato dal valore infe-
riore fra i due.
Pertanto per un palo a punta aperta si avrà il caso “fully plugged” se:
Qu,o > Qu,c
oppure quando:
∑ fi · Ai > qp · A’p
dove
1 
A’p = area del tappo (“plug”) =  ⋅ π ⋅ di2 
4 
di = diametro interno del palo.
Questa condizione si verifica, normalmente, in terreni di relativamente modesta portata di base come
argille e limi. In sabbie dense spesso governa la condizione opposta senza pertanto la formazione del
tappo (“unplugged”):
Qu,c > Qu,o
e pertanto:
qp · A’p > ∑ fi · Ai
Le recenti ricerche compiute presso l’Imperial College di Londra da Jardine e Chow (1996/1997)
hanno condotto alla definizione di nuovi approcci per la progettazione dei pali infissi in terreni
coesivi e non coesivi. Tali ricerche, sebbene indirizzate principalmente ad una razionalizzazione
della progettazione nel campo dell’ingegneria off-shore, e quindi espressamente dedicate a tali
applicazioni, permettono, anche nei casi più usuali di utilizzo di pali infissi, una migliore com-
prensione di fenomeni poco investigati razionalmente, nonché di fruire di nuovi strumenti proget-
tuali.
Il metodo proposto da Jardine e Chow è stato denominato metodo ICP da Imperial College Pile che
è il palo strumentato, utilizzato per la ricerca, in acciaio a punta chiusa, strumentato con celle di cari-
co, trasduttori di pressione totale, interstiziale e di temperatura, lungo da 6 a 20 m, con diametro pari
a 10 cm (vedi figura 3.64).
Pertanto sulla base delle indicazioni di Jardine e Chow (1996), nel caso di pali in sabbia, le figure
3.65 e 3.66 riportano la procedura proposta dagli Autori per determinare la portata limite di base. Le
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 115

Diametro = 0.1016 m

h = Distanza dalla punta del palo


R = Raggio del palo
Distanza dalla punta del palo, h (m)

Tensione tangenziale media


agente lungo il palo

Trasduttore di pressione totale (SST)

Trasduttore di pressione interstiziale (PPP)


Cella di carico assiale (ALC)

Figura 3.64. Palo strumentato con celle di carico

A Portata di base di pali a punta chiusa

A1 Portata di base
Con riferimento alla resistenza alla punta qc di prove CPT, si assume il
valore medio di q– c in un tratto della lunghezza di 1.5 volte il diametro,
al di sopra e al di sotto della punta del palo. DCPT = 0.036 m, inoltre si
assume un limite inferiore pari a qb = 0.13 q – per D > 2 m
c

B Portata di base per pali a punta aperta

B1 Si forma un tappo alla base se:

Nota: D è espresso in m e Dr è espresso in %

B2 Pali con formazione del tappo (fully plugged)


Si sviluppa una portata di base inferiore del 50% a quella relativa ai pali
a punta chiusa dopo uno spostamento della testa del palo pari a D/10.
B3 fornisce un limite inferiore a quanto calcolato con la formula B2 per
grandi diametri
B3 Limite inferiore per pali senza tappo (un plugged) e per pali di
grande diametro a punta aperta
Si considera la portata di base solamente in corrispondenza del palo,
la resistenza è uguale al valore medio della resistenza alla punta qc in
corrispondenza della base del palo. Il contributo dovuto alla resistenza
laterale interna dovrebbe essere ignorato.

Figura 3.65. Metodo di Jardine e Chow (1996), procedura per valutare la capacità portante di base di un palo infisso in sabbie
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116 MICROPALI

Cc = Coefficiente di compressibilità Rout = Raggio esterno del palo


= ∆e/∆logσ’v R* = Raggio equivalente per pali a punta aperta
C*c = Coefficiente di compressibilità intrinseco; s = Deviazione standard
variazione dell’indice dei vuoti per campioni SPT = Standard Penetration Test
di terreno normalconsolidati ricostruiti in laboratorio St = Sensitività dell’argilla
σ’v = 100 kPa e 1000 kPa t = Tempo
cvr = Coefficiente di consolidazione per drenaggio YSR = Rapporto di plasticizzazione o valore apparente di OCR, =σ’vy/σ'v0
radiale δf = Angolo di resistenza al taglio a rottura all’interfaccia
COV = Coefficiente di variazione palo-terreno
CPT = Prova penetrometrica statica δpeak = Massimo valore dell’angolo di resistenza al taglio all’interfaccia
Cu = Resistenza al taglio in condizioni non drenate palo-terreno
D = Diametro del palo δult = Minimo valore dell’angolo di resistenza al taglio all’intefaccia
Dr = Densità relativa (%) palo-terreno
e = Indice dei vuoti (vedi figura 3.71 per eo, ey, ecc.) δcv = Angolo di attrito a volume costante all’interfaccia palo-terreno
eL = Indice dei vuoti in corrispondenza del imite liquido δh = Spostamento normale radiale (anche δr)
G = Modulo di taglio operativo σ’h0 = Tensione orizzontale efficace esistente in sito
h/R = Distanza normalizzata dalla punta del palo σ’r = Tensione radiale efficace
Ivr = Indice dei vuoti relativo (vedi figura 3.71) σ’rf = Tensione radiale efficace lungo il fusto del palo a rottura
∆Ivy = Indice dei vuoti relativo alla rottura (vedi figura 3.71) ∆σ’r = Variazione di σ’r durante la messa in carico del palo (pure ∆σ’rd
K = σ’r/σ'v0 in sabbie)
L = Lunghezza del palo σ’v0 = Tensione verticale efficace esistente in sito
ln = Logaritmo a base e σ’vy = Tensione verticale efficace a rottura
log = Logaritmo a base 10 τf = Locale tensione di taglio di picco
Pa = Pressione atmosferica µ = Valore medio
qc = Resistenza alla punta
qb = Portata di base (espresso anche come qb/qc)
qba = Portata di base in corrispondenza della sezione Significato generale dei simboli
anulare di un palo a punta aperta c = All’equilibrio (dopo la consolidazione)
Qb = Portata di base f = Rottura
Qs = Portata per attrito laterale 0 = Condizioni iniziali in sito, prima dell’installazione del palo
Qc = Capacità portante calcolata r = Radiale
Qm = Capacità portante misurata t = Da un dato tempo
R = Raggio del palo u = Ultimo
Rcla = Scabrezza del palo v = Verticale
Rinner = Raggio interno del palo y = A rottura

Figura 3.66. Metodo di Jardine e Chow (1996), procedura per valutare la capacità portante di base di un palo infisso in sabbie,
simbologia adottata

figure 3.67 e 3.68 riportano la procedura, proposta da Jardine e Chow (1996) per valutare la resi-
stenza laterale limite, per pali infissi in sabbia.
Analogamente per pali in argilla, la figura 3.69 riporta la procedura per valutare la portata limite di
base ed, infine, le figure 3.70 e 3.71 riportano le indicazioni per valutare, in argille, la resistenza late-
rale limite.
Tenendo presente che uno degli aspetti più difficili, in sede progettuale, riguarda la determinazione
della resistenza laterale limite, il metodo di Jardine e Chow è stato applicato, come esempio, al cal-
colo della resistenza laterale limite per un palo a punta chiusa del diametro di 1 m e della lunghez-
za di 50 m in un deposito sabbioso uniforme caratterizzato da diversi valori della densità relativa.
La figura 3.72 riporta l'andamento con la profondità della resistenza laterale limite. Come si può
notare la tensione orizzontale efficace agente sul palo e conseguentemente la resistenza laterale
agente è fortemente influenzata dal valore della densità relativa.
Le figure 3.73-3.77, confrontano, per ogni valore della densità relativa, la resistenza laterale limite
calcolata con il metodo e con il metodo suggerito dalle API (le cui indicazioni sono riportate in figu-
ra 3.78) e assumendo come angolo di attrito, fra terreno e palo, 32°.
Come si può notare per valori della densità relativa inferiori al 50%, la resistenza laterale limite cal-
colata con il metodo ICP è sensibilmente inferiore a quella calcolata con il metodo API mentre per
valori di DR superiori al 50% si ha il contrario.
Come conseguenza, è chiaramente evidenziato dagli Autori, il metodo suggerito dalle API non è cau-
telativo nei depositi di sabbie sciolte e per pali caratterizzati da alti valori del rapporto L/D (lun-
ghezza/diametro) ed invece è estremamente conservativo nei depositi di sabbie dense e quando il
rapporto fra lunghezze e diametro del palo è basso.
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 117

C Capacità potante per connessione laterale di pali a punta chiusa

C1 Portata per connessione laterale


Integrale della resistenza unitaria laterale limite lungo il
fusto del palo

C2 Tensione di taglio locale


Criterio di rottura di Coulomb

C3
Tensione radiale efficace locale
Funzione della resistenza da prove CPT, tensione verticale
efficace pressione in sito (tensione geostatica) normalizzata
alla pressione atmosferica Pa = 100 kPa e h/R. Il valore di
h/R è limitato al valore minimo di 8.

C4 Incremento della tensione radiale efficace per effetto


della dilatanza durante l’apolicazione del carico al palo
Con riferimento al modulo di elasticità tangenziale del terre-
no sabbioso, alla scabrezza del palo RCLA e al raggio. Il
modulo di elasticità tangenziale G (G = E’/2 (1 + ν), ν = rap-
porto di Poisson, E’ = modulo di elasticità normale, viene
ricavato mediante l’espressione proposta da Baldi et al.
(1989) in funzione del valore della resistenza alla punta qc da
prove CPT. δh = 2 Rcla = 2 e-5 m, valore tipico per pali off-
shore

C5 Angolo di attrito a rottura all’interfaccia palo-terreno


Viene assunto pari al valore dell’angolo a volume costante
da prove di taglio diretto, dipende dalla scabrezza del palo e
Può essere stimato dalla figura 3.68 b da altri fattori.

C6 Pali in trazione
L’equazione C6 dovrebbe essere usata al posto dell’equa-
zione C2

D Capacità portante per connessione laterale di pali a punta aperta

D3
Raggio modificato
Sostituire nell’equazione C3 per ottenere l’equazione D3;
h/R* > 8.

In trazione

Tensione di taglio in condizioni di trazione ridotte del 10%

Figura 3.67. Metodo di Jardine e Chow (1996), procedura per valutare la capacità portante per connessione laterale di un palo
infisso in sabbie

Palo: Lunghezza L, Raggio R Scabrezza acciaio


all’interfaccia
palo-terreno

Tensione
verticale efficace
presente in sito tensione radiale efficace dopo
(tensione l’installazine del palo dipendente Leggenda:
geostatica) dai valori locali di qc, σ’v0 e h/R

Profondità relativa
ristretto alla base (Come il palo è caricato σ’rc σ’rf)
del palo = h

Diametro corrispondente al 50% di passante d50 (mm)

Figura 3.68. Metodo di Jardine e Chow (1996), (a) definizione dei parametri per la definizione della tensione radiale efficace,
(b) andamento dell’angolo di resistenza al taglio all’interfaccia fra il palo ed il terreno
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118 MICROPALI

E Capacità portante di pali a punta chiusa

E1 Carico in condizioni non drenate La portata di base è controllata dalla resistenza alla punta da prove CPT in corri-
spondenza della punta del palo e dalle condizioni di drenaggio durante l’applicazio-
ne del carico. Il valore di –
qc è relativo alla media del valore della resistenza alla
punta in un tratto pari a 1.5 volte il diametro, al di sopra e al di sotto della punta del
Carico in condizioni drenate palo

F Capacità portante di pali a punta aperta

F1 La formazione del tappo alla base del palo è fornita dal criterio di fianco indicato. Da
Se è inferiore a 36, notare che DCPT = 0.036 m e che la pressione atmosferica è PA = 0.1 MPa o 100
kPa
in corrispondenza della punta del palo si forma un tappo (plug)

F2 Pali con piena formazione del tappo alla base (fully plugged) sviluppano metà della
portata di base relativa a pali a punta chiusa, come indicato nell’equazione E1 dopo
Carico in condizioni
un cedimento della testa del palo di D/10
non drenate
Carico in condizioni
drenate

F3 Pali senza formazione del tappo (unplugged) sono in grado di fornire una capacità
portante di base solamente attraverso la sezione anulare dei palo. La resistenza alla
Carico in condizioni base del palo è pari al valore medio della resistenza alla punta da prove CPT in cor-
non drenate rispondenza della base del palo. Questo può essere aumentato di un fattore pari a
Carico in condizioni 1.6 in condizioni drenate. Il contributo dovuto alla tensione di taglio interna deve
drenate essere ignorato

Figura 3.69. Metodo di Jardine e Chow (1996), procedura per valutare la capacità portante di base di un palo infisso in argilla

G Capacità portante per connessione laterale di pali a punta chiusa

G1 Capacità portante per connessione laterale


Integrare la tensione di taglio locale lungo il tratto di palo
immerso nel terreno

G2 Tensione di taglio locale


Criterio di rottura di Coulomb

G3 Tensione radiale efficace locale


Funzione della tensione verticale efficace presente in sito,
σ’vo; Ivr e ∆Ivy (come definiti in figura 3.71a); rapporto della
tensione di plasticizzazione (YSR, vedi figura 3.66 per la sua
definizione) e h/R (h/R è limitato ad un valore minimo di 8)

G4 L’angolo di attrito all’interfaccia palo-terreno dovrebbe esse-


re misurato mediante prove di taglio torsionale. Valori “ope-
rativi” dipendono dal grado di rottura progressiva, dalla sca-
brezza del palo, dal tipo di argilla e dalla storia di carico.
Andamenti tipici sono mostrati in figura 3.71(b) per le argille
del Mare del Nord.

H Capacità portante per connessione laterale di pali a punta aperta

H Kc è calcolato mediante le espressioni riportate al punto G3 ma con R* = (R2outer – Raggio modificato


R2inter)1/2 sostituito ad R nell’espressione h/R
Limite inferiore h/R* = 8.

Figura 3.70a. Metodo di Jardine e Chow (1996), (a) procedura per valutare la capacità portante per connessione laterale di un
palo infisso in argilla, (b) andamento di cu/σ0 in funzione di OCR ricavato da prove di laboratorio triassiali CU K0
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 119

Argilla a bassa plasticità

Argilla di media
plasticità

Da prove triassiali CUK0

Figura 3.70b. Cu/σ’v0 – OCR per campioni di argilla consolidati in condizioni K0 (Jardine, 1985)

(a) Indice (b)


dei vuoti
Curva intrinseca di compressione

Curva di compressione edometrica su


un campione di terreno intatto

Convizioni Punto di plasticizzazione


presenti in sito

Indice di plasticità, %

Definizione di ∆Ivy e Iw, Iw = (eo – e’o)/C’c; ∆Ivy =(ey – e’y)/C’c; YSR = σvy/σ’v0

Figura 3.71. Metodo di Jardine e Chow (1996), definizioni e correlazioni

Figura 3.72. Esempio per la valutazione della resistenza laterale limite di un palo infisso in sabbia a punta chiusa del diametro
di 1 m e della lunghezza di 50 m, in funzione di diversi valori della densità relativa, adottando il metodo di Jardine e Chow (1996)
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120 MICROPALI

Figura 3.73. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni
dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 35% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m

Figura 3.74. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni
dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 50% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m

Figura 3.75. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni
dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 70% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 121

Figura 3.76. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni
dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 80% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m

Figura 3.77. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni
dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 90% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m

Angolo Resistenza Portata


Descrizione di attrito unitaria unitaria
Densità Nq limite
del terreno all’interfaccia laterale
palo-terreno, limite di base
δ (kPa) (MPa)

Molto sciolta Sabbia


Sciolta Sabbia-limo
Media Limo
Sciolta Sabbia
Media Sabbia-limo
Densa Limo
Media Sabbia
Densa Sabbia-limo
Densa Sabbia
Molto densa Sabbia-limo
Densa Ghiaia
Molto densa Sabbia
I parametri riportati in tabella sono da intendersi solamente come indicativi. Dove sono disponibili dettagliate informazioni
(prove in sito CPT, CPTU, prove di laboratorio su campioni intatti, prove di battitura su prototipi, ecc.) possono essere
assunti diversi valori.
Figura 3.78. Raccomandazioni API (1984) per il dimensionamento di pali infissi
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122 MICROPALI

Terreno
Terreno compressibile
qLI qLI
compressibile

D
D
Sabbia
densa
Db - 10 B
- 10 B
qP qP

Sabbia
qL2 densa qL2
Terreno
compressibile
(a) (b)

Figura 3.79. Portata di base in presenza di un terreno stratificato

3.3.7. PORTATA DI BASE IN PRESENZA DI UN TERRENO STRATIFICATO


Nel caso di un terreno stratificato (vedi figura 3.79), l’uso della portata di base sopra calcolata è
subordinata alla condizione che il palo penetri nello strato portante di base per un tratto che
Meyerhof (1976) suggerisce pari ad almeno 10 volte il diametro D. Con riferimento al caso mostra-
to in figura 3.79a di un palo che attraversa uno strato tenero per andarsi ad immorsare in uno strato
portante di base, si avrà pertanto:
D
q1 = ql1 + ( ql 2 – ql1 ) ⋅ b ≤ ql 2 (74)
10 ⋅ D
dove Db è la profondità di immorsamento.
Nel caso invece di uno strato portante che ricopre uno strato sottostante di terreno tenero (vedi figu-
ra 3.79b), la portata di base dovrà essere ridotta secondo la seguente espressione per tenere conto
della possibilità di rottura del palo per punzonamento:
H'
q1 = ql 2 + ( ql1 – ql 2 ) ⋅ ≤ ql1 (75)
10 ⋅ D

3.3.8. FORMULE DINAMICHE


Il metodo più datato e quello, tuttora, più frequentemente usato per stimare la capacità portante di
un palo infisso è basato sulle formule dinamiche. Queste formule, che collegano la capacità portan-
te al rifiuto del palo cioè al suo abbassamento sotto un colpo di maglio, presumono che la resisten-
za all’infissione sia uguale alla capacità portante sotto un carico statico.
Esse sono basate su una rappresentazione idealizzata dell’azione del martello sul palo nell’ultima
fase dell’infissione.
Le formule dinamiche si basano sulle seguenti ipotesi:
• Il palo durante l’infissione si comporta come un corpo rigido, ipotesi che può essere accettabile
solamente per pali relativamente corti.
• La resistenza del terreno, in condizioni dinamiche, durante l’infissione del palo è uguale alla resi-
stenza statica, ipotesi questa che non è confermata dall’esperienza.
Le formule dinamiche possono essere applicate solo a pali infissi battuti, nei quali si misuri l’avanzamen-
to permanente, o rifiuto r, sotto un colpo di maglio. Esse sono basate su un bilancio energetico del tipo:
Lm =Lu + Lp
dove Lm è il lavoro motore fornito da un colpo di battipalo, Lu è il lavoro utile, pari a Ql · r, Lp è il
lavoro dissipato nell’urto tra maglio e palo e nella deformazione del palo, del terreno e degli even-
tuali elementi (cuffia, dischi) interposti tra maglio e palo.
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 123

Il lavoro motore si esprime nella seguente maniera:


L = e– · E m m

dove Em è l’energia fornita dal maglio in un colpo pari a Em = W · h per magli a caduta libera di peso
W e altezza di caduta h, mentre è fornita direttamente dal costruttore per magli a vapore e diesel; e– è
un coefficiente di efficienza del maglio i cui valori indicativi sono mostrati nella seguente tabella 3.6.
Tabella 3.6. Efficienza dei diversi tipi di battipalo
Tipo di maglio Valore di –e
A caduta libera – a scatto 1.0
A caduta libera – a fune ed argano 0.75
A caduta libera – a frizione 0.7 ÷ 0.8
A vapore – a semplice effetto 0.75 ÷ 0.85
A vapore – a doppio effetto 0.85
A vapore – ad effetto differenziale 0.75
Diesel 0.7 ÷ 1.0

Le formule dinamiche di più frequente impiego si differenziano fra di loro per la diversa espressio-
ne del lavoro dissipato Lp.
Le più diffuse sono le seguenti.
Formula di Janbu
e ⋅ Em
Q1 = (76)
r⋅K
dove:
 λ
K = C ⋅ 1 + 1 +  (77)
 c
Em ⋅ L
λ=
A ⋅ E ⋅ r2 (78)
Wp
C = 0.75 – 0.15 ⋅ (79)
W
in cui A, E ed L sono rispettivamente l’area della sezione, il modulo di elasticità e la lunghezza del
palo; e– è l’efficienza del battipalo; r è il rifiuto; Wp e W sono il peso del palo e del maglio.
Formula danese
e ⋅ Em
Ql = (80)
e ⋅ Em ⋅ L
r+
2⋅A⋅E
Il valore del rifiuto r da introdurre nelle formule è la media dei valori misurati su dieci colpi di
maglio. È una buona norma determinare il valore di r durante una ripresa della battitura, effettuata
ad una certa distanza di tempo dall’infissione; la pausa deve essere di alcune ore per i terreni a grana
grossa, mentre dovrebbe essere di alcuni giorni per quelli a grana fine.
Una analisi più sofisticata della battitura basata sull’equazione dell’onda d’urto è stata messa a punto
da Smith (1962). Secondo la soluzione di Smith, l’interazione palo-terreno viene simulata con una
molla e un blocco d’attrito in serie e da uno smorzatore in parallelo, come indicato in figura 3.80.
In questo modello la resistenza massima del blocco di frizione corrisponde alla massima resistenza
laterale o di base prevista nelle condizioni analizzate. La resistenza statica, componente della resi-
stenza schematizzata dalla molla, varia linearmente con la deformazione fino ad un valore massimo
ucrit, definito “quake”, oltre il quale le deformazioni aumentano senza generare alcun ulteriore incre-
mento della reazione. Gli smorzatori lineari simulano la dispersione di energia che avviene per radia-
zione nei terreni circostanti e per effetti viscosi nel terreno.
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124 MICROPALI

Massa dei conci


Rigidezza delle molle
Resistenza del terreno
Colpo

Massa
battente

Cuffia +
cuscino

Palo

a) Sistema palo-battipalo-cuffia e cuscino di battuta b) Modello

Figura 3.80. Analisi di battitura con il metodo dell’equazione dell’onda d’urto (Smith, 1962)

Figura 3.81. Modello di Smith, parametri caratteristici


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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 125

Con riferimento alla figura 3.80 la resistenza complessiva risulta dalla somma delle due componen-
ti ed è espressa dalla relazione:
R dyn = R s (1 + J V) (81)
in cui:
Rdyn = resistenza dinamica in un determinato istante durante l'infissione;
Rs = massima resistenza statica alla profondità considerata;
J = coefficiente di smorzamento;
V = velocità, in un certo intervallo di tempo, del segmento di palo considerato.
Il palo viene modellato con una serie di masse collegate da molle che ne rappresentano la continuità
e l’elasticità. La lunghezza massima dei segmenti in cui il palo viene suddiviso ai fini del calcolo
viene scelta in modo da assicurare un’accurata simulazione del fenomeno di propagazione dell'on-
da. Il battipalo e la cuffia vengono modellati mediante singole masse, mentre il cuscino viene model-
lato come elemento elastico dotato di isteresi.
Valori tipici dei parametri caratteristici del modello di Smith sono mostrati in figura 3.81.

3.3.9. PORTATA AMMISSIBILE


La portata ammissibile (Qamm) del palo singolo viene valutata secondo le seguenti espressioni:
Qbl + Qsl π ⋅ D2
Qamm = –W ≤ ⋅ σ cls (82)
FS1 4
oppure:
Qsl Qbcrit π ⋅ D2
Qamm = + –W ≤ ⋅ σ cls (83)
FS1 FS2 4

essendo:
σcls = tensione nel calcestruzzo ≤ 4.5 MPa.
In accordo alla Normativa Vigente (DM 11/3/1988) e tenuto conto di quanto consigliato dalle
“Raccomandazioni sui pali di fondazione”, AGI (1984), si adotta di norma:
FS1 = 2.5
FS2 = 1.75 ÷ 2.5.

3.3.10. PALI IN GRUPPO


I pali di fondazione vengono di regola impiegati in gruppi. Per evitare interferenze tra i pali, possi-
bili danneggiamenti dei pali già costruiti e riduzioni dell’efficienza della palificata, l’interasse mini-
mo tra i pali è fissato ad un valore non minore di tre volte il loro diametro D.
La rottura del gruppo di pali può manifestarsi secondo due situazioni limite schematicamente rap-
presentate in figura 3.82. La situazione indicata in figura come (a) rappresenta la rottura tipo bloc-
co o pozzo di fondazione, caratteristica di pali molto ravvicinati; nella situazione indicata in figura
con (b) la rottura avviene singolarmente per ciascun palo ed è caratteristica di pali notevolmente
distanziati tra di loro.
Supponendo noto il carico limite Q11 di ciascuno dei pali considerati singolarmente, il carico limite
Q dell’intera palificata (comprendente n pali) si può porre pari a:
Q = η · n · Q11 (84)
in cui al coefficiente η si dà il nome di efficienza del gruppo.
Per palificate in terreni incoerenti e interassi usuali l’efficienza è sempre maggiore dell’unità; nel
progetto essa viene assunta pari ad uno.
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126 MICROPALI

zona di
rottura
sotto la
struttura di
collegamento

zona di rottura alla base

(a) (b)

Figura 3.82. Schema di possibile rottura per un gruppo di pali in


terreni granulari (Kishida, Meyerhof, 1965)

Figura 3.83. Schema di rottura del terreno per effetto della pali-
ficata quale blocco in terreni coesivi (Terzaghi e Peck, 1967)

Figura 3.84. Coefficiente di capacità portante Nc

Può aversi η < 1 solo per pali trivellati con esecuzione non sufficientemente curata e quindi con sen-
sibile allentamento del terreno fra i pali.
L’efficienza di gruppi di pali in terreni argillosi può essere minore dell’unità.
Nel caso di palificate in terreni coerenti teneri e per interasse dei pali inferiore a quattro volte il dia-
metro, è opportuno verificare la stabilità globale della palificata quale blocco (Terzaghi e Peck,
1967). Con riferimento alla figura 3.83, la capacità portante limite risulta:
Q = B · h · N · c + 2 · (h+B) · L · –c
c u(L) (85)
dove:

–c è il valore medio della resistenza al taglio nel tratto di lunghezza L; c è la coesione in condizioni
u(L)
non drenate alla profondità L; Nc è il coefficiente di capacità portante che assume i valori riportati in
figura 3.84, in funzione dei rapporti h/B e L/B.
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CAPITOLO 3 - Calcolo della capacità portante 127

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2. STATO TENSIONALE GEOSTATICO

2.1. Cenni introduttivi


L’analisi dello stato tensionale geostatico non deve essere vista come un mero
esercizio di stile considerato che, quale semplice punto di partenza, rappresenta
un elemento imprescindibile per la conduzione delle prove geotecniche di labo-
ratorio sui provini derivati dai campioni indisturbati; d’altra parte, come sarà pos-
sibile verificare successivamente, lo stato tensionale geostatico entra nei calcoli
relativi alle verifiche agli slu e agli sle.
In realtà, il problema è ben più complesso in quanto occorre considerare che il
comportamento meccanico delle terre manifesta alcuni aspetti salienti, quali:
§ una resistenza meccanica molto bassa, soprattutto se paragonata a quella dei
materiali artificiali da costruzione;
§ curve sforzi-deformazioni elastoplastiche non lineari;
§ l’esistenza di una soglia elastica, di transizione al campo delle deformazioni
plastiche, davvero molto bassa tale da produrre deformazioni irreversibili an-
che per modesti livelli tensionali;
§ la dipendenza dal percorso tensionale pregresso, che si sintetizza nella cono-
scenza e nella replica della storia geologica;
§ la dipendenza dal livello tensionale attuale.
Limitando, per il momento, l’attenzione alla sola analisi degli effetti del cam-
pionamento sui terreni risulta che il prelievo degli stessi impone l’annullamento
delle tensioni totali di confinamento agenti in sito, tale da produrre una, seppur
involontaria, deformazione per dilatazione dei provini come illustrato sintetica-
mente nella figura 2.1; si tratta di un problema che richiede che in laboratorio sia
eseguita una procedura di ripristino dello stato tensionale iniziale quale punto
di partenza per le successive analisi meccaniche. La diretta conseguenza di tale
procedura comporta, però, che se i provini sono ricostituiti alle medesime con-
dizioni di sollecitazione agente in sito, lo stato tensionale complessivo risulta di
tipo isotropo anche se all’origine è sempre di tipo anisotropo.
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52
Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali

Figura 2.1
Stato tensionale agente in sito su un generico elemento di terreno a); deformazione di un campione
conseguente al suo prelievo in funzione della caduta delle tensioni geostatiche totali b) (da: Di Francesco, 2010)

In definitiva, e prima di passare in rassegna le modalità di analisi dello stato


tensionale geostatico, è possibile riunire tutti gli elementi introdotti sull’argo-
mento scoprendo che, a differenza di quanto accade con i materiali artificiali da
costruzione per i quali il peso proprio può essere trascurato o inglobato nei carichi
esterni (in funzione dell’elevata resistenza e trascurabile deformabilità), lo studio
del comportamento meccanico dei terreni necessita sempre della conoscenza del-
le condizioni di sollecitazione agenti in sito. In altre parole, proprio in relazione
alla bassa resistenza meccanica delle terre e alla loro elevata deformabilità, dalle
simulazioni in laboratorio e/o in sito si scopre che le stesse subiscono cedimenti
importanti anche durante la normale fase di sedimentazione, nell’ambito della
quale aumentando lo spessore degli accumuli aumenta conseguenzialmente il
peso proprio, o peso geostatico, tale da indurre fenomeni di compattazione dai
quali dipende la risposta meccanica dei terreni in relazione all’applicazione dei
carichi di progetto.

2.1.1. Tensione verticale totale


Occorre innanzitutto ricordare (come si è visto al paragrafo 1.2.1) che la defini-
zione di tensione verticale totale discende dalla natura discreta dei terreni, per i
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Stato tensionale geostatico  cap. 2

quali si assiste alla co-presenza di tre mezzi continui che agiscono in parallelo: lo
scheletro solido e i vuoti interparticellari i quali, più o meno interconnessi, pos-
sono essere riempiti e percorsi da fluidi di varia natura tra i quali l’acqua, l’aria,
il petrolio, il gas e molto altro (figura 1.6).
Ragionando nel modo delineato, e nell’ottica dell’estrema semplificazione della
trattazione matematica del comportamento meccanico delle terre, si scopre, al-
lora, che queste ultime possono essere schematizzate come costituite da due soli
mezzi continui:
§ lo scheletro solido, supposto indeformabile nel campo delle normali tensioni
ingegneristiche;
§ i vuoti interparticellari saturi di acqua, considerando quest’ultima indeforma-
bile a sua volta.
Operando matematicamente occorre, quale punto di partenza, considerare la pre-
senza della sola impalcatura solida, costituita dall’aggregazione di tutte le parti-
celle di varia forma e natura, e negare l’azione della pressione idrostatica eser-
citata dalla fase fluida; in questo modo l’analisi dello stato tensionale geostatico
risulta limitata alla sola tensione totale (sv), essendo di fatto esclusa la componen-
te legata a uno dei due mezzi continui e risultando dipendente dal solo scheletro
solido al quale affidare il termine “totale”.
Per una migliore definizione della metodologia di calcolo, ed entrando nel merito
dello stesso, si consideri ora, quale punto di partenza, un deposito di argilla con
piano di campagna orizzontale e supposto infinitamente esteso (figura 2.2a), per

Figura 2.2
Geometria di riferimento per l’analisi delle tensioni verticali totali in assenza di falda a);
andamento grafico della tensione verticale totale b) (da: Di Francesco, 2010)
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54
Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali

il quale esistono condizioni di simmetria geometrica e matematica tali da giusti-


ficare l’assenza delle sollecitazioni tangenziali e imporre, conseguenzialmente, la
sola presenza degli sforzi normali (verticale e orizzontale); tale argomento può
essere compreso considerando che l’eventuale presenza delle tensioni di taglio
porterebbe allo sviluppo di una fagliazione del deposito, in direzione verticale e
orizzontale, in evidente contraddizione con la meccanica dei bacini sedimentari
naturali.
La logica conseguenza della geometria descritta conduce, in assenza di falda tale
da poter assimilare l’intero deposito al solo mezzo continuo corrispondente allo
scheletro solido, al calcolo delle tensioni verticali totali agenti in ogni punto del
sottosuolo in funzione della profondità (z) di analisi e del peso di volume del
terreno (gt), imponendo le condizioni di equilibrio in direzione verticale e giun-
gendo infine a trovare la seguente relazione:
σ v0 = γ t ⋅ z (2.1)

Posto, ad esempio, il peso di volume del terreno gt = 20 kN/m , dall’applicazione
3

dell’equazione (2.1) alla geometria rappresentata nella figura 2.2a si ottiene lo


stato tensionale verticale totale geostatico (sv0) sintetizzato nella tabella 2.1 e
graficizzato nella figura 2.2b.

z (m) sv0 (kPa)


2 40
4 80
6 120
8 160
10 200
12 240

Tabella 2.1. Stato tensionale verticale totale associato alla figura 2.2a

Concludendo, se l’analisi tensionale svolta mediante l’equazione (2.1) è valida


per tutti i depositi rispettanti la geometria di cui alla figura 2.2a, nel caso dei terre-
ni stratificati occorre supporre l’omogeneità di ogni singolo strato, assegnare agli
stessi il rispettivo peso di volume (gti) e infine applicare la seguente equazione di
discretizzazione del sottosuolo:
n
σ v 0 = Σ (γ ti ⋅ ∆zi ) (2.2)
i=0

essendo i lo strato i-esimo e Dz il relativo spessore o la variazione di profondità
al suo interno.
La figura 2.3 mostra un esempio di calcolo della sv0 nel caso di depositi stratifica-
ti, per i cui dettagli si rimanda alla lettura della tabella 2.2.
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55
Stato tensionale geostatico  cap. 2

Figura 2.3
Esempio di deposito stratificato a) e andamento delle relative tensioni verticali totali b)

z (m) sv0 (kPa)


2 40
4 80
6 116
8 152
10 200
12 248

Tabella 2.2. Stato tensionale verticale relativo al deposito stratificato della figura 2.3a

2.1.2. Tensione verticale efficace


La metodologia di calcolo della tensione verticale efficace richiede la preliminare
introduzione del “principio delle tensioni efficaci” la cui formulazione originaria
è dovuta a Terzaghi (1923).
In effetti, come ha scoperto l’autore, la resistenza di un terreno dipende dallo
stato di sforzo totale depurato dalla pressione idrostatica esercitata dall’acqua
presente negli spazi interparticellari; d’altra parte, com’è possibile anche scoprire
intuitivamente, la fase fluida risulta affetta dall’azione degli sforzi tangenziali
che risultano invece responsabili del raggiungimento delle condizioni di rottura.
Leggendo a tal proposito il discorso tenuto da Terzaghi alla 1a Conferenza in-
ternazionale di Meccanica delle terre (Londra, 1936) si scopre che: “Lo stato di
sforzo in ogni punto di una sezione attraverso una massa di terreno può essere
calcolato a partire dalle tensioni principali totali s1, s2 e s3 che agiscono in quel
punto. Se i vuoti del terreno risultano essere saturi di acqua ad una determinata
pressione u, le tensioni principali totali consistono di due componenti. Una parte
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56
Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali

u, che agisce nell’acqua e nello scheletro solido in ogni direzione con la stessa
intensità e che può essere definita pressione neutra (o pressione dei pori). Le
differenze s’1 = s1 – u, s’2 = s2 – u, s’3 = s3 – u, rappresentano l’eccesso rispetto
alla pressione neutra u e hanno sede esclusivamente nella fase solida del terreno.
Tale frazione dello sforzo principale totale può essere definita sforzo principale
efficace. Ogni effetto misurabile relativo a una variazione di sforzo, come la com-
pressione, di distorsione e di variazione di resistenza è dovuto esclusivamente ad
una variazione delle tensioni efficaci”.
In altre parole, anche se il significato non appare immediato, le tensioni efficaci
non possono essere misurate direttamente ma solo calcolate come differenza tra
le tensioni totali e la pressione idrostatica esercitata dalla fase fluida, il che con-
sente di introdurre la relativa metodologia di calcolo:
σ v' 0 = σ v 0 − u = (γ t ⋅ z ) − (γ w ⋅ zw ) (2.3)

avendo denotato con gw e zw rispettivamente il peso di volume dell’acqua (gw = 10
kN/m3) e la profondità misurata a partire dal livello piezometrico.

Figura 2.4
Geometria di riferimento per l’analisi delle tensioni verticali efficaci in presenza di falda a);
andamento grafico delle tensioni verticali, totale ed efficace, in funzione della variazione
della pressione idrostatica b) (da: Di Francesco, 2010)

A titolo di esempio si consideri la stratigrafia di figura 2.4a, a sua volta derivata


dalla figura 2.2a con l’inserimento della falda il cui livello piezometrico statico è
ubicato a quota – 2 m dal piano di campagna; applicando allora l’equazione (2.3)
risulta lo stato tensionale efficace sintetizzato nella tabella 2.3 e graficizzato in
figura 2.4b.
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Stato tensionale geostatico  cap. 2

z (m) sv0 (kPa) u (kPa) s’v0 (kPa)


2 40 0 40
4 80 20 60
6 120 40 80
8 160 60 100
10 200 80 120
12 240 100 140

Tabella 2.3. Stato tensionale geostatico verticale relativo alla figura 2.4a

Ovviamente, se l’equazione (2.3) risulta di validità generale, nel caso di falda


coincidente con il piano di campagna, tale che zw ≡ z, la stessa assume la sua
forma forse più nota:
σ v' 0 = (γ t ⋅ z ) − (γ w ⋅ z ) = γ ' ⋅ z (2.4)

con g’ che identifica il peso efficace del terreno che nel caso della figura 2.4a è
20 – 10 = 10 kN/m3.
Infine, è evidente che anche nel caso del calcolo della s’v0 per terreni stratificati
vale sempre l’equazione (2.2), purché sia modificata tenuto conto del principio
delle tensioni efficaci alla luce della relazione (2.4):
n
σ v' 0 = Σ (γ ti' ⋅ ∆zi ) (2.5)
i=0

2.1.3. Il coefficiente di spinta a riposo delle terre


Se l’analisi dello stato tensionale verticale può essere derivata dall’applicazione
delle leggi di equilibrio alla traslazione nella medesima direzione, lo stesso pro-
cedimento non risulta valido nella determinazione delle componenti orizzontali
dello stato di sforzo, dal momento che proprio le condizioni di simmetria im-
poste conducono all’indeterminatezza matematica del problema; in altre parole,
se le leggi di equilibrio risultano applicabili alla direzione verticale conducendo
all’equazione (2.1), le stesse risultano sempre soddisfatte nella direzione orizzon-
tale, qualunque sia il valore della tensione associata.
Se si ricorre alle applicazioni della teoria dell’elasticità al caso specifico si sco-
pre, con alcune manipolazioni matematiche, l’esistenza di una costante di propor-
zionalità tra gli sforzi orizzontali e verticali del tipo:
σ h' 0 ν
= (2.6)
σ v0 1 − ν
'

che dipende unicamente dal coefficiente di Poisson.
A titolo di esempio, sapendo che il campo di variabilità di tale parametro è 0 ≤ n
≤ 0.5 e che può anche valere:
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58
Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali

calcestruzzo: n � 0.16
marna: n � 0.20
ghiaia: n � 0.33
dall’applicazione dell’equazione (2.6) si ottiene che il rapporto s’h0/s’v0 assume i
valori 0.19, 0.25, 0.49, tale che, all’aumentare del coefficiente di Poisson, aumen-
tano anche le tensioni orizzontali efficaci:
 ν 
σ h' 0 = σ v' 0 ⋅  (2.7)
 1 − ν 

Nel contempo, l’equazione (2.6) indica anche che, in un terreno che rispecchi il
comportamento dei mezzi trasversalmente isotropi, l’aumento di spessore dovuto
alla deposizione comporta un incremento delle tensioni verticali (totali ed effica-
ci) e contestualmente di quelle orizzontali secondo una ben definita proporzione.
Il problema, a questo punto, è insito proprio nella determinazione di tale costante
di proporzionalità la quale, definita coefficiente di spinta a riposo delle terre,
assume in campo elastico la forma di:
 ν 
K0 =  (2.8)
 1 − ν 

È anche evidente, però, che i terreni non possono essere assimilati a mezzi pu-
ramente elastici, tanto da aver condotto diversi ricercatori a introdurre relazioni
empiriche tra le quali la più accreditata è (Jaky, 1944):
 2   1 − sin φ 
'
K 0 ( NC ) =  1 + sin φ '  ⋅  (2.9)
 3   1 + sin φ ' 

nella quale nc denota il comportamento dei terreni normalconsolidati, ovvero di
quei depositi che durante la propria storia geologica sono stati assoggettati al solo
peso proprio (condizione puramente geostatica). Una forma semplificata della
(2.9), comunque di validità generale in Geotecnica, è anche:
K 0 ( NC ) = 1 − sin φ ' (2.10)

che pone, ora, il coefficiente di spinta a riposo delle terre funzione unica dell’an-
golo di resistenza al taglio delle stesse.
Quindi, e sempre a titolo di esempio, potendo valere:
argilla: f’ � 20°÷24°
limo: f’ � 24°÷27°
sabbia: f’ � 27°÷34°
ghiaia: f’ > 34°
dall’applicazione dell’equazione (2.10) si ottiene:
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Stato tensionale geostatico  cap. 2

argilla: K0(nc) = 0.66÷0.59


limo: K0(nc) = 0.59÷0.55
sabbia: K0(nc) = 0.55÷0.44
ghiaia: K0(nc) > 0.44
con la conseguenza logica che all’aumentare di f’, ovvero della resistenza al ta-
glio, diminuiscono le tensioni orizzontali.
In natura esistono, però, anche terreni che durante la storia geologica sono stati
assoggettati a livelli di sforzo superiori rispetto a quelli attuali, come nel caso dei
bacini di sedimentazione che hanno subito un’interruzione della fase di accumu-
lo seguito da uno scarico tensionale associato a un fenomeno erosivo; in questo
caso, per il quale le terre sono definite sovraconsolidate, si perde la validità delle
equazioni (2.8) e (2.10), considerato che le evidenze sperimentali denotano lo
sviluppo della condizione s’h0 ≥ s’v0 tanto da dover valere K0(oc) ≥ 1 (con oc deri-
vato dalla terminologia anglosassone Over Consolidated).
Una possibile soluzione al problema deriva dall’introduzione della seguente re-
lazione (Schmidt, 1966):
K 0 (OC ) = K 0 ( NC ) ⋅ OCR1−sin φ (2.11)
'


secondo la quale il coefficiente di spinta a riposo di una terra sovraconsolidata
può essere derivata dal K0(nc) a condizione di relazionarlo al grado di sovracon-
solidazione ocr e all’angolo di resistenza al taglio.
Per quanto concerne la definizione di ocr, occorre considerare che i terreni so-
vraconsolidati, proprio in virtù della particolare storia geologica, manifestano
una condizione tensionale dualistica dettata dallo sforzo verticale efficace attuale
(s’v0) e dal massimo sforzo verticale efficace al quale sono stati assoggettati nel
passato (s’p); quindi, indicando quest’ultimo con il termine di pressione di pre-
consolidazione, a sua volta valutabile in laboratorio mediante le prove edometri-
che, si perviene alla relazione cercata: '
σp
OCR = (2.12)
σ v' 0

A titolo di esempio, se il deposito rappresentato in figura 2.4 fosse stato assogget-
tato a una condizione s’p = 400 kPa valida per l’intero spessore, dall’applicazione
delle equazioni (2.12) e (2.11) si otterrebbe:
ocr(z = 2 m) = 10 ➝ K0(oc) = 1.58
ocr(z = 4 m) = 6.67 ➝ K0(oc) = 1.29
ocr(z = 6 m) = 5 ➝ K0(oc) = 1.12
ocr(z = 8 m) = 4 ➝ K0(oc) = 1
ocr(z = 10 m) = 3.33 ➝ K0(oc) = 0.91
ocr(z = 12 m) = 2.86 ➝ K0(oc) = 0.85
avendo assunto f’ = 30°.
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60
Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali

I risultati mostrano che con l’aumentare della profondità il grado di sovraconso-


lidazione diminuisce, fino a quando viene raggiunta la condizione ocr = 1 per la
quale il deposito torna a comportarsi come un mezzo normalconsolidato, anche
se pur sempre con una maggiore resistenza e una minore deformabilità rispetto
alle terre originariamente nc.
In realtà, come mostrano i valori del K0(oc) calcolato per le varie profondità, i
terreni possono essere considerati normalconsolidati anche per bassi valori di
ocr, tipicamente inferiori a circa 4÷5 per i quali lo stesso assume valori inferiori
all’unità.

2.1.4. Tensione orizzontale efficace e totale


Ora che sono noti tutti gli elementi necessari, è possibile dare corpo alla defini-
zione matematica di tensione orizzontale efficace, la quale deriva dallo sforzo
verticale efficace attraverso il coefficiente di spinta a riposo delle terre semplice-
mente combinando le equazioni (2.7), (2.8) e (2.10) o (2.11):
σ h' 0 = σ v' 0 ⋅ K 0 ( NC ) (2.13a)

σ h 0 = σ v 0 ⋅ K 0 (OC )
' '
(2.13b)

Noto tale parametro, è allora possibile completare l’intera analisi dello stato ten-
sionale geostatico giungendo alla definizione dello sforzo orizzontale totale:
σ h0 = σ h0 + u '
(2.14)

Riassumendo tutti gli elementi finora introdotti, l’analisi dello stato di sforzo nel-
le terre può essere sintetizzata come segue:
1) calcolo della tensione verticale totale, quale semplice prodotto del peso di vo-
lume dei terreni per la profondità;
2) calcolo della tensione verticale efficace, attraverso l’applicazione del principio
degli sforzi efficaci ovvero sottraendo alla s v0 la pressione idrostatica (u) eser-
citata dall’acqua contenuta nei vuoti interparticellari;
3) calcolo della tensione orizzontale efficace, derivandola dalla precedente attra-
verso il coefficiente di spinta a riposo delle terre;
4) calcolo della tensione orizzontale totale, sommando alla s’h0 il valore della u.
Una volta noti tutti gli elementi può essere completato l’esempio introdotto con la
figura 2.4 giungendo alla determinazione dell’intero stato tensionale geostatico,
così come sintetizzato nella tabella 2.4 e graficizzato nella figura 2.5 nell’ipotesi
che valgano ocr = 1, f’ = 26° e avendo applicato l’equazione (2.9).
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Stato tensionale geostatico  cap. 2

Figura 2.5
Stratigrafia di riferimento a) e andamento grafico del relativo stato tensionale geostatico b) (da: Di Francesco, 2010)

z (m) sv0 (kPa) u (kPa) s’v0 (kPa) K0 s’h0 (kPa) sh0 (kPa)
2 40 0 40 0.5 22.4 22.4
4 80 20 60 0.5 33.6 53.6
6 120 40 80 0.5 44.8 84.8
8 160 60 100 0.5 56 116
10 200 80 120 0.5 67.2 147.2
12 240 100 140 0.5 78.4 178.4

Tabella 2.4. Stato tensionale geostatico associato alla figura 2.5 (ocr = 1; f’= 26°)

2.1.5. Un esempio di calcolo


Per una migliore comprensione dell’argomento trattato si faccia riferimento alla
stratigrafia complessa rappresentata nella figura 2.6, nella quale sono presenti tre
strati e precisamente:
a) uno strato superficiale di argille e limi dello spessore di 8 m, moderatamente
sovraconsolidato in funzione di fenomeni di oscillazione della falda e di essic-
camento per interazione con l’atmosfera;
b) uno strato intermedio, costituito da ghiaie nc in matrice sabbiosa, dello spes-
sore di 6 m;
c) uno strato basale rappresentato dal substrato roccioso a sua volta costituito da
argille e limi sovraconsolidati (ocr = 9) e impermeabili.
Si consideri, inoltre, la presenza di una falda freatica contenuta all’interno delle
ghiaie, che agiscono da acquifero, e limitata inferiormente dal substrato roccioso
che assume il ruolo di acquiclude.
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Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali

Figura 2.6
Stato tensionale geostatico relativo a una stratigrafia complessa
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Stato tensionale geostatico  cap. 2

z (m) sv0 (kPa) u (kPa) s’v0 (kPa) K0 s’h0 (kPa) sh0 (kPa)
2 40 0 40 1.2 48 48
4 80 0 80 1.2 96 96
6 120 0 120 1.2 144 144
8 160 0 160 1.2 192 192
8 160 0 160 0.5 80 80
10 196 20 176 0.5 88 108
12 232 40 192 0.5 96 136
14 268 60 208 0.5 104 164
14 268 60 208 1.5 312 372
16 312 0 252 1.5 378 378
18 356 0 296 1.5 444 444
20 400 0 340 1.5 510 510

Tabella 2.5. Stato tensionale geostatico relativo alla figura 2.6

Applicando la metodologia di analisi dello stato tensionale geostatico si ottengo-


no i risultati sintetizzati nella tabella 2.5, per il cui assemblaggio è stato tenuto
conto delle variazioni del K0 nei passaggi stratigrafici in funzione dell’andamento
dell’ocr; in questo modo risulta che in detti passaggi si ottiene un doppio valore
del coefficiente di spinta a riposo delle terre e, conseguenzialmente, delle tensioni
orizzontali efficaci e totali. Analizzando, poi, l’andamento delle varie componen-
ti dello stato tensionale come graficizzato nella figura 2.6, si scopre con immedia-
tezza che il fenomeno della sovraconsolidazione meccanica, ossia derivante da
pure azioni meccaniche erosive, conduce a un effetto di rotazione delle tensioni,
con le componenti orizzontali che assumono valori superiori a quelle verticali.
Per maggiori approfondimenti dell’argomento si rimanda a Di Francesco (2010).

2.1.6. Limiti operativi


La metodologia di calcolo dello stato tensionale illustrata nei paragrafi precedenti
non deve essere considerata di validità generale, in quanto deriva dall’applica-
zione delle leggi di equilibrio a geometrie semplici con superficie topografica
orizzontale e dimensione infinitamente estesa nella medesima direzione; in que-
sto modo le sollecitazioni tangenziali si annullano, per le condizioni di simmetria
imposta, conducendo a un’estrema semplificazione matematica del problema in
funzione delle sole componenti di sforzo normale.
In realtà, lo stato tensionale di un punto materiale interno a un mezzo continuo è
di tipo complesso, coesistendo componenti normali e tangenziali che richiedono
il ricorso alla matematica tensoriale; in questo modo è possibile scoprire che le
componenti fondamentali dello stato di sforzo sono nove, delle quali sei indipen-
denti per simmetria geometrica della matrice, conducendo alla costruzione del
tensore degli sforzi il quale, utilizzando la notazione indiciale, è del tipo:
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Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali

 σ x τ xy τ xz

 
σ ij =  τ yx σ y τ yz
 (2.15)
 
 τ zx τ zy σ z


L’applicazione dell’equazione (2.15) ai terreni, in quanto ipotizzati composti da
due mezzi continui, comporta l’introduzione delle componenti relative alla pres-
sione idrostatica esercitata dalla fase fluida nel pieno rispetto del principio delle
tensioni efficaci:

 σ x τ xy τ xz  
  u 0 0

 
σ ij' = σ ij − u ⋅ δ ij =  τ yx σ y τ yz − 0 u 0  (2.16)
   0 0 u 
 τ zx τ zy σ z  

avendo indicato con dij il delta di Kronecker che impone l’applicazione delle u
alle sole componenti normali.
Se le componenti s’ij e u sono definite tensore degli sforzi efficaci e tensore sferi-
co (scalare) della pressione interstiziale, l’applicazione delle leggi di equilibrio
richiede la definizione delle seguente equazione:
σ ji , j + σ ij + Fi = 0 (2.17)

espressa in forma compatta, utilizzando nuovamente la notazione indiciale e nella
quale compaiono le forze di volume (Fi) che agiscono sui continui.
Il tensore dato dall’equazione (2.17) esprime tre equazioni differenziali che ap-
plicate, ad esempio, alla figura 2.2a diventano per la simmetria imposta:

∂σ x
=0 (2.18a)
∂x

∂σ y
=0 (2.18b)
∂y

∂σ z
−γt = 0 (2.18c)
∂z

È evidente, dall’analisi delle relazioni date dalle (2.18), che, proprio in funzione
della semplice geometria, le equazioni di equilibrio alla traslazione si riducono a
una nella quale compare il peso di volume del terreno in sostituzione di Fz; quin-
di, applicando il teorema fondamentale dell’analisi, si ottiene dapprima:
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Stato tensionale geostatico  cap. 2

z z
∂σ z
∫0 ∂z ⋅ dz = ∫0 γ t ⋅ dz (2.19)

e successivamente la relazione cercata:
σz = γ t ⋅z (2.20)

del tutto identica all’equazione (2.1).
In definitiva, se la relazione (2.20) costituisce il punto di partenza per l’analisi
dello stato tensionale geostatico relativo a geometrie semplici, in tutti gli altri casi
occorre necessariamente ricorrere al set di equazioni dato dalla (2.17) che impone
la ricerca della soluzione mediante metodologie numeriche come il metodo degli
elementi finiti, delle differenze finite, ecc.
Tale limite comporta in definitiva che il calcolo dello stato tensionale geostatico
condotto con i metodi canonici rappresenta, in Geotecnica, una necessità per i
motivi espressi nel paragrafo 2.1 pur introducendo, contestualmente, degli errori
imprescindibili.

2.2. Stato tensionale per risalita capillare


Un ulteriore limite nell’analisi dello stato tensionale geostatico, secondo i criteri
introdotti nei paragrafi precedenti, è insito nella netta separazione imposta tra i
terreni sotto falda e quelli sopra falda, considerato che per questi ultimi non viene
affatto tenuto conto della risalita capillare dell’acqua.
In effetti, nel caso dei terreni non saturi l’argomento risulta ulteriormente com-
plicato dalla presenza della fase fluida a una pressione inferiore a quella atmosfe-
rica, che conduce a una drastica modifica delle equazioni (2.3), (2.13) e (2.14) in
funzione della presenza di un valore negativo delle u.
Per maggiori chiarimenti si considerino i terreni costituenti la stratigrafia rappre-
sentata in figura 2.7 i quali, a partire da condizioni iniziali di totale saturazione
(S = 100% per il livello piezometrico coincidente con il piano di campagna),
hanno poi subito un drenaggio della falda fino alla quota coincidente con la mez-
zeria dell’interstrato di limo. Si ipotizzi allora che, quale diretta conseguenza di
tale variazione, i limi abbiano sviluppato una frangia capillare che ha condotto
alla totale saturazione dei terreni fino alla superficie di separazione con la sabbia
sovrastante, la quale, a sua volta, ha risposto alla variazione idraulica con una
diminuzione del grado di saturazione fino al valore minimo S = 50%.
La presenza di condizioni di parziale saturazione rende inapplicabili le equazioni
viste finora basate sul principio delle tensioni efficaci, le quali, per continuare a
valere, devono essere opportunamente modificate in funzione del parametro S;
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Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali

Figura 2.7
Stato tensionale geostatico in presenza della risalita capillare dell’acqua

di conseguenza, introducendo tale modifica all’equazione di carattere generale


rappresentata dalla (2.16), si ottiene:
σ ij = σ ij − S ⋅ u ⋅ δ ij
'
(2.21)

Applicando la (2.21) al caso rappresentato in figura 2.7, si perviene alla soluzione
in forma chiusa:
σ v' 0 = σ v 0 − S ⋅ u (2.22)

valida, però, solo per casi semplici.
Nel caso specifico, l’applicazione in serie delle equazioni (2.1), ovvero (2.2) e
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Stato tensionale geostatico  cap. 2

(2.22), conduce allo stato tensionale rappresentato in figura 2.7 e sintetizzato nel-
la tabella 2.6.

z (m) sv0 (kPa) u (kPa) s’v0 (kPa)


0 0 –30 30
2 36 –20 56
4 72.4 –20 92.4
6 111.4 0 111.4
8 150.4 20 130.4
10 187.4 40 147.4
12 224.4 60 164.4

Tabella 2.6. Stato tensionale geostatico verticale relativo alla figura 2.7

È importante notare che, se a quota – 4 m dal piano di campagna il valore della


pressione interstiziale è u(-4) = (100%/100) · (– 10 · 2) = – 20 kPa, a quota – 2 m
la stessa vale u(-2) = (50%/100) · (– 10 · 4) = – 20 kPa, essendo dimezzato il grado
di saturazione. Nel contempo, a quota piano di campagna si ha u(0) = (50%/100)
· (– 10 · 6) = – 30 kPa, laddove il valore teorico, per una totale saturazione per
risalita capillare, avrebbe raggiunto il valore di – 60 kPa.
In definitiva, come mostrano i risultati, la presenza della risalita capillare conduce
allo sviluppo di tensioni efficaci superiori a quelle totali, seguendo invece l’anda-
mento canonico in tutti i punti sotto falda; nel contempo, occorre anche rilevare
che le tensioni capillari modificano drasticamente il comportamento meccanico
delle terre, conducendo allo sviluppo di una coesione apparente capace di spiega-
re la stabilità dei fronti di scavo nei depositi sabbiosi o l’incremento della capaci-
tà portante delle fondazioni.
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