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Capacità portante
4.1. GENERALITÀ
A livello qualitativo, una prima indicazione sulla capacità portante dei terreni può essere ricavata
dalla natura dei terreni stessi. La tabella di figura 4.1 riporta le pressioni ammissibili presunte sulla
base del tipo di terreno di fondazione e di una descrizione delle condizioni geotecniche dei terreni
(U.S. Department of the Navy, 1982). La procedura per progettare una fondazione sulla base della
pressione ammissibile presunta è semplice e diretta: avendo determinato la pressione ammissibile
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Fondazioni - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
Presunta capacità
Tipi e condizioni
Resistenza del materiale portante
Gruppo delle rocce Note
roccioso ammissibile
e dei terreni
(kPa)
Roccie massive ignee e rocce metamorfiche Alta 10.000
(graniti, dioriti, basalti, gneiss) in condizioni Molto alta
compatte (2)
Ghiaie compatte o sabbie e ghiaie compatte 200 – 600 Larghezza della fondazio-
ne (B) non inferiore a 1 m.
Terreno Ghiaie sciolte o sabbie e ghiaie sciolte < 200 Il livello della falda è assun-
a grana to pari ad una profondità
grossa Sabbie dense > 300 maggiore o uguale a B, al
di sotto della quota di impo-
Sabbie compatte 100 – 300 sta della fondazione
Terreni
Torbe e materiali organici non applicabile
organici
Riempimenti Riempimenti non applicabile
NOTE:
1. I valori indicati per le rocce sedimentarie o foliate si applicano quando l’andamento degli strati o della foliazione (scistosità) è parallela o sub parallela al piano di impo-
sta della fondazione nel caso di strati o foliazioni variamente inclinata rispetto alla fondazione (ad esempio per una fondazione su un pendio) occorre ridurre opportu-
namente i valori.
2. Condizioni di roccia competente implicano un minore numero di fratture e spaziature non inferiori a 1 m.
3. Da valutare sulla base di un esame in sito incluse, se necessario, delle prove di carico.
4. Queste rocce sono suscettibili di rigonfiamento per scarico tensionale mentre se esposte all’acqua sono suscettibili di rammollimento e rigonfiamento
Figura 4.1. Valori di capacità portante presumibili in funzione del tipo di terreno e del grado di addensamento o consistenza
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Fondazioni - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
mediante tabelle come quella riportata in figura 4.1, il progettista può determinare le dimensioni
necessarie per la fondazione dividendo il carico che la fondazione deve sostenere per la pressione
ammissibile. Ogni fondazione di dimensioni uguali o superiori a quella calcolata in tale maniera è
accettabile.
Sebbene l’impiego dei valori di pressione ammissibili presunti sia un metodo molto semplice, tutta-
via non è sicuramente accurato: non è possibile determinare infatti accuratamente la pressione
ammissibile sulla sola base del tipo di terreno e di una sua descrizione qualitativa quale, ad esem-
pio, il grado di addensamento o la consistenza. Il dimensionamento delle fondazioni su tali valori
della pressione ammissibile presunta è, inoltre, eccessivamente conservativo e comporta, in alcuni
casi, uno spreco di risorse ed, in altri, anche delle scelte non adeguate in termini di sicurezza.
L’impiego delle pressioni ammissibili presunte sono invece utili per una stima preliminare delle
dimensioni delle fondazioni e anche come criterio di controllo e di valutazione dei risultati ottenuti
da analisi con metodi più adeguati.
4.3. CAPACITÀ PORTANTE SULLA BASE DELLE PROVE PENETROMETRICHE DINAMICHE SPT
Com’è noto, le prove penetrometriche dinamiche (SPT) permettono di misurare la resistenza del ter-
reno misurando il valore del numero dei colpi N per un avanzamento di 300 mm del campionatore.
Il valore del numero dei colpi N può essere impiegato per stimare le proprietà geotecniche dei ter-
reni, sia per quelli a grana fine (resistenza al taglio in condizioni non drenate cu) sia, soprattutto, per
quelli a grana grossa (angolo di resistenza al taglio φ’). Questi parametri possono essere utilizzati
direttamente per stimare la capacità portante mediante la corrispondente che sarà più avanti discus-
sa. I valori del numero di colpi N possono anche essere impiegati per stimare direttamente la capa-
cità portante, mediante l’impiego di correlazioni empiriche.
Una delle prime relazioni fra il valore di N e quello della capacità portante è stata fornita da Terzaghi
e Peck (1967); tale relazione è stata per lungo tempo largamente impiegata ma, sulla base di molte
osservazioni sperimentali, si è verificato che era troppo conservativa.
La capacità portante ammissibile qa di una fondazione su sabbie, in funzione del numero dei colpi N,
della dimensione minima della fondazione e della profondità della fondazione, può essere ricavata
sulla base dei grafici riportati in figura 4.2. I valori determinati in questa maniera corrispondono al
caso nel quale la falda si trova ad una profondità notevole rispetto alla quota di imposta della fonda-
zione; se si ritenesse probabile un innalzamento della falda fino al raggiungimento della quota della
fondazione, i valori ricavabili della figura dovrebbero essere ridotti della metà. I grafici della figura
Capacità portante ammissibile
Figura 4.2. Capacità portante ammissibile qa di una fondazione su sabbie, in funzione del numero dei colpi N, della dimen-
sione minima della fondazione e della profondità della fondazione
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114 FONDAZIONI
B + 0.3
2
qa = 8000 ⋅ N ⋅ K d ⋅ se B ≥ 1.2 m
B
dove B è la larghezza della fondazione, D è la
profondità della fondazione rispetto al piano cam-
pagna e Kd è un coefficiente di profondità pari a:
Figura 4.3. Valori del coefficiente correttivo CN in fun-
K d = 1 + D / 3B se D < B zione della profondità
Kd = 1.3 se D > B
Da notare che la sopra citata formula è espressa nel Sistema Internazionale con la pressione in Pa e
le lunghezze in metri.
Meyerhof (1956) ha suggerito un metodo diretto per calcolare la capacità portante di una fondazione
su sabbia, sulla base dei risultati di prove penetrometriche statiche CPT, basato sulla seguente formula:
qult = qc ( B / C ) (1 + D / B)
dove C è una costante empirica pari a 12.2 in metri, mentre B è la larghezza della fondazione e D è
la profondità della fondazione rispetto al piano campagna.
La resistenza alla punta, qc , è calcolata come valore medio su una profondità pari alla larghezza
della fondazione (B). Meyerhof raccomanda di assumere un coefficiente di sicurezza pari a 3 per cal-
colare la pressione ammissibile.
Tand et al. (1995) hanno suggerito che la capacità
portante ultima di fondazioni superficiali su sabbie
mediamente addensate e leggermente cementate
possa essere stimata mediante la seguente espres-
sione:
qult = Rk qc + σ v 0
Sabbia densa
Fondazione quadrata
Circolare
qult = K ⋅ qc
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La determinazione della capacità portante limite qlim del terreno può essere condotta adottando il
metodo dell’equilibrio limite globale; numerose sono le soluzioni fornite in letteratura per il calco-
lo della qlim come somma di termini dovuti ai diversi contributi: ben note sono, per esempio, le solu-
zioni fornite da Terzaghi (1943) e Brinch Hansen (1970), basate sull’assunzione di un comporta-
mento rigido-plastico del terreno e perciò applicabili solo al caso di rottura generale. A seconda,
infatti, del grado di addensamento del terreno si possono distinguere tre meccanismi di rottura (figu-
ra 4.5):
• rottura generale;
• rottura per punzonamento;
• rottura di tipo locale.
Carico
Carico
Cedimento
Carico
Cedimento
Figura 4.5. Curve carico-cedimento e zone di rottura osservate durante prove su modello con sabbie: (a) dense, (b) media-
mente dense, (c) molto sciolte (Vesic, 1963)
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116 FONDAZIONI
2
N c = ( N q − 1) ⋅ cot φ '
N = 2 ⋅ ( N q + 1) ⋅ tan φ '
• Fattori di forma
Sia B la larghezza della fondazione ed L la lunghezza della fondazione con B < L, si ha:
sγ = 1 − 0.4 B / L
sq = 1 + B / L ⋅ tan φ '
sc = 1 + B / L ⋅ N q / N c
Per φ = 0 abbiamo s0c = 1 + 0.2 B/L.
• Fattori correttivi per l’inclinazione del carico
Sia H la componente orizzontale del carico ed N la componente verticale, si ha:
(
m+1)
H
iγ = 1 − '
N + B ⋅ L ⋅ c ⋅ cot φ
'
(
m)
H
iq = 1 − '
N + B ⋅ L ⋅ c ⋅ cot φ
'
1 − iq
ic = iq −
N c ⋅ tan φ '
2+ B / L
m=
1+ B / L
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bq = bγ = (1 − α ⋅ tan φ ' )
2
1 − bq
bc = bq −
N c ⋅ tan φ '
Per φ = 0:
bc0 = 1 − 2 ⋅ α / ( π + 2 )
α = inclinazione della fondazione.
gq = (1 − tan β )
2
gγ = gq
1 − gq
gc = gq −
N c ⋅ tan φ '
Per φ =0:
gc0 = 1 − 2 β / ( π + 2 )
Inoltre nel calcolo di qlim viene aggiunto il seguente termine:
0.5 ⋅ γ ⋅ B ⋅ N γ ⋅ sγ
essendo:
N γ = −2 sin β
sγ = 1 − 0.4 ⋅ B / L
B
dq = 1 + 2 ⋅ tan φ ' ⋅ (1 − sin φ ' ) ⋅ tan −1 ( D / B) per D/B > 1
2
1 − dq
dc = dq −
N c ⋅ tan φ '
Per φ = 0:
dc0 = 1 + 0.4 ⋅ D / B per D/B ≤ 1
dc0 = 1 + 0.4 ⋅ tan −1 D / B per D/B > 1
{
I CR = 0.5 ⋅ exp ( 3.3 − 0.45 ⋅ B / L ) ⋅ cot ( 45 − φ ' / 2 ) }
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118 FONDAZIONI
mentre:
G
(c + q ⋅ tan φ ' )
IR =
con:
G = modulo di deformazione al taglio
q = tensione efficace iniziale esistente alla profondità B/2 al di sotto della fondazione, assunta
pari alla tensione media nel caso di fondazioni quadrate o circolari, o alla tensione orizzonta-
le nel caso di fondazioni nastriformi.
Se la condizione IR > ICR non è soddisfatta, nella valutazione di qlim occorre tenere conto della com-
pressibilità del terreno adottando i seguenti fattori correttivi:
Occorre evidenziare che la soluzione di Brinch Hansen è relativa ad una risultante del carico verti-
cale che sia applicata nel baricentro della fondazione; se tale condizione non è soddisfatta, occorre
fare riferimento ad un’area equivalente della fondazione, ovvero all’area rispetto alla quale la risul-
tante del carico verticale risulta baricentrica.
Con riferimento alla figura 4.6, nel caso di fondazioni rettangolari, la larghezza e lunghezza dell’a-
rea equivalente sono date dalle seguenti espressioni:
B’ = 2y
L’ = 2x
dove
B’ = larghezza della fondazione ridotta
L’ = lunghezza della fondazione ridotta
x = minima distanza dall’estremità della fondazione del punto di applicazione del carico verticale
y = minima distanza dall’estremità della fondazione del punto di applicazione del carico vertica-
le misurato perpendicolarmente ad x.
Figura 4.6. Determinazione dell’area effettiva equivalente per una fondazione rettangolare
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Figura 4.7. Metodo per determinare l’area effettiva equivalente per una fondazione circolare
Per fondazioni che non sono rettangolari, come ad esempio la fondazione circolare mostrata in figu-
ra 4.7, l’area equivalente può essere stimata usando delle semplici approssimazioni; la figura 4.7
riporta un metodo per calcolare l’area effettiva equivalente.
Infine la capacità portante ammissibile è data da:
q
qamm = lim
Fs
dove il coefficiente di sicurezza Fs, in accordo al D.M. 11/3/1988, viene assunto pari a 3.
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120 FONDAZIONI
Tabella 4.1. Esempio di un listato di un programma per il calcolo della capacità portante con la soluzione di Brinch Hansen (1970)
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122 FONDAZIONI
Tabella 4.2. Risultati del calcolo della capacità portante per un plinto quadrato di dimensioni 1 · 1 m posto ad una profondità
di 1.5 m dal piano campagna
Oppure, più correttamente, il calcolo della capacità portante ammissibile può essere fatto nel seguen-
te modo:
N q − q'
qlim = = lim + q'
B⋅ L Fs
essendo N il carico verticale (comprensivo del peso totale della fondazione) ed Fs il coefficiente di
sicurezza.
Nella seguente tabella 4.1 viene proposto il listato di un semplice programma, scritto in Basic, per
la determinazione della capacità portante ultima secondo la soluzione proposta da Brinch Hansen.
La tabella 4.2 riporta i risultati relativi al calcolo della capacità portante di un plinto delle dimen-
sioni di 1 · 1 m posto ad una profondità di 1.5 m dal piano campagna.
• il rapporto fra il carico ultimo ed il carico di esercizio, conosciuto come fattore di carico ultimo;
• il rapporto fra il carico limite ed il carico di esercizio, conosciuto come fattore di carico limite.
Il carico ultimo era identificato come quello che causa il collasso della struttura, mentre il carico
limite era inteso come quel carico che causa l’insorgere di eccessive deformazioni elastiche con la
conseguenza del manifestarsi di fessure antiestetiche o di causare interferenze con il corretto impie-
go e funzionamento della struttura fino alla comparsa di difetti permanenti.
Nel 1956, Brinch Hansen ha introdotto per primo il termine di “progettazione allo stato limite” in un
contesto geotecnico. Egli ha descritto la progettazione allo stato limite nella seguente maniera: “nella
progettazione di ogni struttura in principio devono essere condotte due separate analisi: una per
determinare la sicurezza nei confronti della rottura (verifica dello stato limite ultimo) e un’altra per
determinare le deformazioni per le condizioni relative al carico di esercizio (verifica dello stato limi-
te di esercizio)”. Brinch Hansen ha inoltre correlato il concetto di progettazione allo stato limite a
quello dell’impiego dei coefficienti di sicurezza parziali e li ha introdotti nella pratica danese della
progettazione delle fondazioni.
Durante gli anni ‘60 e ‘70 numerose associazioni tecniche europee e comitati nazionali ed europei
hanno iniziato a lavorare per mettere a punto le normative sui diversi materiali da costruzione. Uno
dei primi esempi dei risultati ottenuti è lo Standard Britannico (British Standard CP110) sull’impie-
go strutturale del calcestruzzo (The Structural Use of Concrete), pubblicato nel 1972. La più impor-
tante innovazione fu l’esplicito impiego della teoria delle probabilità nella scelta dei valori caratte-
ristici della resistenza, che, in accordo ad alcune nozioni di base e distribuzioni misurate, avrebbe
dovuto eccedere almeno il 95% dei risultati delle prove standardizzate.
Nel 1976 la Commissione Europea decise di sponsorizzare lo sviluppo di una serie di norme euro-
pee per la progettazione e costruzione delle strutture civili, con lo scopo di incoraggiare il libero
commercio fra tutti gli stati membri.
Nel 1980 fu raggiunto un accordo fra la Commissione delle Comunità Europee (Commission of the
European Communities, CEC) e la Società Internazionale per la Meccanica dei Terreni e l’Ingegneria
Geotecnica (International Society for Soil Mechanics ad Geotechnical Engineering, ISSMGE) secon-
do il quale la società avrebbe raccolto tutte le normative esistenti, nei paesi appartenenti alla comu-
nità, per la progettazione delle fondazioni e avrebbe messo a punto una bozza di normativa che
potesse essere adottata come Eurocodice 7.
Nel 1981, l’ISSMGE costituì un apposito comitato per perseguire tale obiettivo e venne realizzata una
prima bozza dell’Eurocodice 7 nel 1987.
Il CEC sponsorizzò ulteriori lavori su tale testo in bozza per tre anni, fino al 1990, quando il lavoro
sulla preparazione degli eurocodici venne trasferito, per ulteriori affinamenti per la stampa e la dif-
fusione, al Comitato Europeo sulla Standardizzazione (European Committee for Standardization,
CEN), in accordo con l’associazione europea per il libero commercio (European Free Trade
Association, EFTA). Il comitato tecnico del CEN n. 250 (CEN Technical Committee TC250) venne per-
tanto costituito con lo scopo di sviluppare gli eurocodici strutturali a partire dal 1990.
Un sottocomitato (subcommitee, SC) del CEN/TC 250 è responsabile per ciascun eurocodice; quello
che concerne l’Eurocodice 7 è denominato CEN/TC250/SC7. Sotto l’auspicio di questo sottocomitato,
un apposito gruppo di lavoro ha prodotto in bozza la parte 1 dell’Eurocodice 7 (Eurocodice 7 – Part
1), che è stata ratificata come ENV 1997-1 nel 1993.
Dopo un periodo di tre anni fu richiesto agli stati membri del CEN di fornire commenti sul documento
ENV 1997-1. Questi commenti furono presi in considerazione dal sottocomitato CEN/TC 250/SC7 e un
apposito gruppo di lavoro ha prodotto successive bozze del documento EN 1997-1. La bozza finale
è stata sottoposta nel 2004 ad un voto formale ai membri del CEN, con la conseguenza dell’approva-
zione dell’Eurocodice 7 denominato EN 1997-1 (Eurocode 7: Geotechnical Design, Part 1, General
Rules).
L’Eurocodice 7 è composto da due documenti principali:
• Parte 1, Regole Generali (Part 1, General Rules) che è rivolta a definire le regole generali della
progettazione geotecnica.
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124 FONDAZIONI
• Parte 2, Indagini geotecniche e prove sul terreno (Part 2, Ground Investigation and Testing) che
riguarda l’impiego delle indagini geotecniche in sito ed in laboratorio per la progettazione geo-
tecnica.
La seconda parte dell’Eurocodice 7 (EN 1997-2), al momento, è pronta per l’avvio della fase di
approvazione finale e non è quindi disponibile in forma definitiva. In ogni caso, questo documento
fornirà le regole per la programmazione e l’uso delle indagini geotecniche nella progettazione.
progettazione delle opere geotecniche, dovevano essere mantenuti, non rimaneva spazio per adotta-
re dei coefficienti di sicurezza parziali superiori all’unità per la resistenza dei materiali geotecnici.
Venne conseguentemente deciso di introdurre un Caso C, contemplando dei coefficienti di sicurez-
za parziali sulle resistenze dei materiali geotecnici superiori all’unità, mentre i coefficienti di sicu-
rezza parziali sulle azioni permanenti erano assunti pari all’unità.
I commenti nazionali sulla versione ENV dell’Eurocodice 7-Parte 1 rivelarono, tuttavia, delle insod-
disfazioni sul modo nel quale la norma prescriveva le verifiche allo stato limite ultimo in situazioni
di carico persistente e transitorio.
Furono proposte, pertanto, le seguenti due principali modifiche:
• tentare di ridurre il numero di calcoli e verifiche (ad esempio da due casi ad un unico caso);
• introdurre dei coefficienti di sicurezza parziali anche sulle resistenze e sugli effetti delle azioni
piuttosto che solamente sui materiali (terreno) e sulle azioni.
Sulla base di tali osservazioni la versione EN dell’Eurocodice 7-Parte 1 e l’Eurocodice: Basi della pro-
gettazione strutturale (Eurocode: Basis of Structural Design) includono, come opzione, i seguenti tre
approcci per le verifiche agli stati limite ultimi (ULS) per situazioni di carico persistenti e transitorie:
• Approccio progettuale 1: è virtualmente identico alle indicazioni progettuali della versione ENV
dell’Eurocodice 7, prima descritta. In tale approccio è necessario eseguire due differenti tipi di
calcolo, ciascuno con un differente set di coefficienti di sicurezza parziali, con l’ovvia conside-
razione che, laddove uno dei due set di coefficienti di sicurezza parziali governi la progettazio-
ne, non è necessario effettuare i calcoli e le verifiche con il secondo set di parametri.
Generalmente, l’approccio progettuale 1 può essere definito come l’approccio che adotta dei
coefficienti di sicurezza parziali sia alle azioni sia ai materiali; tali coefficienti sono applicati
all’origine, ovvero alle azioni piuttosto che agli effetti delle azioni e, per quanto concerne i mate-
riali, ai parametri della resistenza al taglio (resistenza unitaria) piuttosto che alla resistenza
(forza), sebbene ci siano due eccezioni: per il progetto dei pali di fondazione e per quello degli
ancoraggi, dove si applicano dei coefficienti di sicurezza parziali alle resistenze.
• Approccio progettuale 2: richiede un unico calcolo dove i coefficienti di sicurezza parziali sono
applicati sia alle azioni e agli effetti delle azioni sia alle resistenze. L’approccio progettuale 2 può
essere definito come l’approccio basato su coefficienti di sicurezza parziali applicati sia all’ef-
fetto delle azioni sia alla resistenza. Poiché applica dei coefficienti di sicurezza parziali all’effet-
to delle azioni, non differisce significativamente dall’approccio convenzionale che fa riferimen-
to al coefficiente di sicurezza globale (Overall Factors of Safety, OFSS).
• Approccio progettuale 3: richiede un unico calcolo nel quale sono applicati dei coefficienti di
sicurezza parziali alle azioni o agli effetti delle azioni sulla struttura e ai parametri di resistenza
al taglio del terreno. L’approccio progettuale 3, può essere definito come un approccio basato su
coefficienti di sicurezza parziali applicati sia alle azioni (effetti) sia ai materiali.
La necessità di includere tutti e tre gli approcci progettuali fu chiaramente dimostrata dalle discus-
sioni nell’ambito del sottocomitato CEN/TC250/SC7 e tra tutti gli ingegneri geotecnici europei coin-
volti: molti membri nazionali del CEN erano apertamente in favore di uno (o talvolta di due) dei tre
differenti approcci progettuali ma non sarebbero stati capaci di votare favorevolmente per l’introdu-
zione dell’Eurocodice EN 1997-1 se fosse stato introdotto solamente uno dei tre approcci imponen-
do, pertanto, un’unica possibilità.
Sulla base di questi differenti punti di vista occorre pertanto evidenziare che la completa armoniz-
zazione della progettazione geotecnica non è conseguibile, allo stato attuale, mediante l’introduzio-
ne dell’EN 1997-1. Tuttavia c’è la speranza fra tutti gli esperti coinvolti nella stesura dell’Eurocodice
7 che l’esperienza che sarà raccolta durante l’applicazione dell’Eurocodice 7, nei diversi paesi euro-
pei, secondo i tre diversi approcci contemplati, potrà portare in futuro alla definizione di un unico
approccio.
L’Eurocodice 7 prevede inoltre un annesso nazionale, ovvero un allegato particolare che contiene le
scelte nazionali sui punti lasciati non definiti dall’EC7. Ciò è possibile in quanto:
• sono possibili scelte alternative;
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126 FONDAZIONI
• devono essere fissati i valori numerici delle grandezze indicate solo simbolicamente
nell’Eurocodice;
• alcune grandezze dipendono da situazioni specifiche di ogni singolo paese (clima, geologia,
ecc.).
Per esprimere la volontà di raggiungere la più completa armonizzazione della normativa sulle
costruzioni, il TC250 ha stabilito che l’annesso nazionale non potrà in alcun modo modificare i con-
tenuti della norma europea, per esempio non potrà alterare il valore di una clausola normativa
variandone il grado di obbligatorietà.
Figura 4.8. Esempi di modi limite di comportamento per instabilità globale delle strutture di sostegno
Figura 4.9. Esempi di modi limite di comportamento per rottura in fondazioni di muri a gravità
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128 FONDAZIONI
Figura 4.10. Esempi di modi limite di comportamento per la rottura per rotazione di paratie
Figura 4.12. Esempi di modi limite di comportamento per la rottura strutturale di strutture di sostegno
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130 FONDAZIONI
Figura 4.13. Esempi di modi limite di comportamento per rottura da sfilamento di ancoraggi
Generalmente i progetti vengono supportati dal calcolo, che viene anche utilizzato nel caso dell’a-
dozione di altre metodologie progettuali. Il progetto mediante calcolo comporta lo sviluppo dei
seguenti punti:
• la definizione della situazione di progetto, con identificazione dei dati geometrici (dimensioni
dell’opera, stratificazione del terreno, livelli di falda, ecc.), delle azioni, delle proprietà meccani-
che dei terreni ecc.;
• la scelta del metodo di calcolo e del modello costitutivo per le strutture e per il terreno;
• la definizione dei parametri che caratterizzano il modello costitutivo prescelto per le strutture e
per il terreno;
• la definizione dei criteri di accettabilità, ovvero dei coefficienti di sicurezza minimi richiesti per
le verifiche degli stati limite ultimi e degli spostamenti totali e/o differenziali ammissibili sia per
le verifiche degli stati limite di esercizio che per le verifiche degli stati limite ultimi.
La scelta del metodo di calcolo e dei modelli costitutivi del terreno deve essere effettuata in relazione:
• allo stato limite da analizzare;
• alla complessità (geometrica e geotecnica) del problema da esaminare;
• alla capacità del metodo di calcolo di rappresentare il problema da esaminare;
• al grado di definizione della situazione geotecnica (qualità e quantità dei dati geotecnici, incer-
tezze nella stratigrafia ecc.);
• all’importanza dell’opera;
• alle implicazioni connesse con eventuali insuccessi nella previsione dei risultati.
Nel caso di opere di una certa rilevanza il progettista si avvale:
• di metodi di calcolo in grado di schematizzare adeguatamente il problema di interazione terreno-
struttura, mettendo in conto aspetti connessi con la compatibilità delle deformazioni, soprattutto
in presenza di materiali fragili, ovvero caratterizzati da leggi di comportamento del tipo ram-
mollente (strain-softening);
• del confronto tra i risultati ottenibili con metodi di calcolo alternativi;
• del confronto con i risultati pubblicati in letteratura o facenti parte del suo bagaglio tecnico, rela-
tivi al monitoraggio dalle opere di caratteristiche simili, realizzate in condizioni geotecniche
comparabili al caso di progetto.
Per quanto concerne la progettazione mediante l’utilizzo di prescrizioni, tale metodologia si esplica
nell’adozione di particolari cautele progettuali, di prescrizioni sulle metodologie esecutive, di con-
trolli sulle caratteristiche dei materiali, ecc.
L’adozione di prescrizioni per la progettazione deve essere limitata:
• a problemi relativamente semplici (ad esempio, in presenza di muri con carichi in fondazione di
limitata entità, appoggiati su terreni di ottime caratteristiche meccaniche, si potrà evitare la veri-
fica di capacità portante, prescrivendo opportuni controlli ed accorgimenti in fase di realizzazio-
ne della fondazione che attestino l’effettivo raggiungimento del tetto della formazione rocciosa);
• a opere di limitata importanza caratterizzate da situazioni riconducibili a casi per i quali sono
disponibili anche evidenze di comportamento in siti adiacenti a quelli di futura costruzione; in
tali casi si dovrà comunque dimostrare la similarità delle condizioni geotecniche tra il sito di futu-
ra costruzione e quello preso come riferimento.
A fini progettuali possono inoltre essere presi in considerazione i risultati di prove su prototipi a gran-
de scala o su modelli fisici in scala ridotta, purché siano considerati e valutati i seguenti aspetti:
• differenze tra le condizioni geotecniche che caratterizzano le prove su prototipi o su modelli fisi-
ci in scala ridotta e la situazione di progetto, con particolare riferimento al grado di addensa-
mento, all’entità delle pressioni geostatiche iniziali, alla stratificazione, alla presenza di discon-
tinuità strutturali, ecc.;
• estendibilità dei risultati delle prove alla vita utile dell’opera;
• effetti scala, nel caso di prototipi di dimensioni più piccole rispetto a quelle dell’opera in pro-
getto.
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132 FONDAZIONI
In generale risulta tuttavia preferibile utilizzare i risultati sperimentali delle prove su prototipi a
grande scala o su modelli fisici in scala ridotta in modo indiretto, ovvero attraverso la taratura
mediante analisi a ritroso (back analysis) dei metodi di calcolo, che verranno invece applicati per
l’esame della situazione reale di progetto.
Nel caso di opere e/o situazioni di progetto di particolare complessità, qualora i metodi di calcolo,
ancorché raffinati, non siano in grado di fornire sufficienti garanzie sull’effettivo comportamento
dell’opera, si può affiancare la progettazione mediante calcolo con quella mediante il metodo osser-
vazionale.
Secondo tale metodo, il progetto può essere controllato ed eventualmente modificato durante la fase
di realizzazione.
Nel caso di utilizzo di tale approccio progettuale, nello sviluppo del progetto:
• deve essere stabilito un campo di possibili comportamenti accettabili per l’opera, definendone i
limiti;
• deve essere dimostrato che il comportamento reale dell’opera abbia un’accettabile probabilità di
ricadere nei prefissati limiti di accettabilità;
• deve essere previsto un sistema di monitoraggio in grado di rilevare se il comportamento reale
della struttura rimane o meno nel campo di quelli accettabili. A tale scopo il monitoraggio deve
essere progettato in modo tale da consentire il rilevamento di eventuali comportamenti anomali,
in modi e tempi opportuni per permettere con successo l’attivazione degli interventi integrativi
previsti in progetto. In particolare, i tempi di risposta del sistema di monitoraggio, di acquisizio-
ne e di interpretazione dei dati, di eventuale attivazione ed esecuzione degli interventi integrati-
vi devono essere stabiliti nel progetto tenendo conto di ragionevoli previsioni sull’evoluzione di
eventuali fenomeni di instabilità;
• devono essere previsti interventi integrativi, nonché i modi e i tempi per la loro attivazione.
Nella verifica agli stati limite ultimi per rottura o per eccessiva deformazione nel terreno e negli ele-
menti strutturali deve essere verificata la seguente disuguaglianza:
Ed ≤ Rd
dove Ed è il valore di progetto degli effetti di tutte le azioni, e Rd è il valore di progetto della corri-
spondente resistenza del terreno o della struttura.
Al contrario delle verifiche eseguite nella progettazione delle strutture, le azioni geotecniche non pos-
sono essere separate dalle resistenze del terreno, poiché spesso dipendono da esse come, ad esempio,
nel caso della pressione delle terre. Inoltre, la resistenza del terreno spesso dipende dalle azioni come,
ad esempio, nel caso della capacità portante di una fondazione superficiale che dipende dalle azioni
applicate alla fondazione. Ci sono differenti ed equivalenti modi per tenere conto di questa diretta
dipendenza, in geotecnica, tra le azioni e le resistenze; a questo riguardo, l’EN 1997-1 propone tre
approcci progettuali per verificare l’assenza della rottura nel terreno (GEO) e nella struttura (STR).
Nell’Eurocodice 7 si definiscono i valori caratteristici delle azioni (F), dei parametri geotecnici (X)
e dei parametri geometrici (a), ed i corrispondenti valori di progetto, che si ottengono applicando un
coefficiente di sicurezza parziale al corrispondente valore caratteristico della grandezza considerata.
Valori caratteristici e valori di progetto entrano in gioco nel calcolo delle resistenze R e degli effet-
ti delle azioni E:
R = R (F, X, a)
E = E (F, X, a)
Inoltre, ma solo per quanto riguarda le azioni, si considera il cosiddetto valore rappresentativo per
tenere conto della possibilità che queste siano di tipo permanente, variabile o accidentale.
Concettualmente, il valore rappresentativo di un’azione è solo un particolare valore caratteristico
che tiene conto del modo in cui le azioni si manifestano. La tabella, riportata in figura 4.14, può ser-
vire per riassumere le definizioni delle grandezze ed il modo per ricavarle, secondo quanto prescrit-
to dalla norma EN 1990-2001 “Basis of Design”.
Simbologia Note
Valore rappresentativo Frep = Ψ · Fk
Si ottiene combinando fra loro le azioni caratteristi-
che Fk permanenti, variabili e accidentali
Fattore di combinazione Ψ≤ 1
Valore di progetto Fd = γF Frep γF coefficiente di sicurezza parziale
Geotecnici valore caratteristico Xk stima cautelativa di un parametro geotecnico
si ricava alternativamente:
valore di progetto Xd 1) Xd = Xk/γM (γM coefficiente parziale)
2) scelta diretta
Geometrici valore nominale anom
Azioni di progetto
Gli effetti delle azioni sono funzione delle stesse azioni, delle proprietà dei terreni e dei dati geo-
metrici. Le seguenti espressioni (4.1a) e (4.1b) indicano il calcolo dei valori di progetto degli effet-
ti delle azioni, applicando il coefficiente di sicurezza parziale o direttamente sulle azioni o sull’ef-
fetto finale.
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134 FONDAZIONI
Resistenze di progetto
La resistenza nel terreno è una funzione della resistenza al taglio del terreno, Xk, e spesso delle azio-
ni Frep (quando il valore della resistenza è condizionato dall’azione, come ad esempio per le fonda-
zioni superficiali sottoposte a carichi inclinati), e dei dati geometrici. Il valore di progetto della resi-
stenza, Rd, può essere calcolato nei seguenti tre modi, che si differenziano per come agisce il coef-
ficiente di sicurezza parziale: rispettivamente sulle azioni, sull’effetto delle azioni o su entrambe.
L’entità delle azioni influenza infatti anche i valori delle resistenze geotecniche:
Rd = R {γ F ⋅ Frep , X k / γ M , ad } (4.2a)
Rd = R {γ F ⋅ Frep , X k , ad } / γ R (4.2b)
Rd = R {γ F ⋅ Frep , X k / γ M , ad } / γ R (4.2c)
dove γR è un coefficiente di sicurezza parziale per la resistenza del terreno.
Nell’espressione (4.2a) il valore di progetto della resistenza è ottenuto applicando un coefficiente di
sicurezza parziale γM > 1.0 ai valori caratteristici dei parametri di resistenza al taglio del terreno c’k e
tanϕ’k o cu,k, ecc. Se le azioni giocano un ruolo sulla resistenza, i valori di progetto delle azioni (γF ·
Frep) sono introdotti nel calcolo di Rd (si vedano gli approcci progettuali 1 e 3 e le figure 4.15 e 4.17).
Nell’espressione (4.2b), il valore di progetto della resistenza è ottenuto applicando un coefficiente
di sicurezza parziale γR > 1.0 alla resistenza ottenuta usando i valori di progetto uguali ai valori carat-
teristici dei parametri di resistenza al taglio del terreno. Se le azioni giocano un ruolo sulla resisten-
za, i valori di progetto delle azioni (γF · Frep) sono introdotti nel calcolo di Rd (si veda l’approccio
progettuale 2 e la figura 4.16).
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Fondazioni - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
Figura 4.15. Approccio progettuale 1: introduzione ai coefficienti di sicurezza parziali (valori raccomandati) da impiegare per
valutare la capacità portante del terreno usando: (a) combinazione 1 e (b) combinazione 2. Per semplicità, è
considerato solamente l’equilibrio verticale e sono mostrate le sole azioni sfavorevoli
Figura 4.16. Approccio progettuale 2: introduzione ai coefficienti di sicurezza parziali (valori raccomandati) da impiegare per
valutare la capacità portante del terreno: (a) fattorizzazione delle azioni all’origine, indicato come approccio DA-
2; (b) fattorizzazione degli effetti delle azioni, indicato come approccio DA-2*. Per semplicità, è considerato sola-
mente l’equilibrio verticale e sono mostrate le sole azioni sfavorevoli
Se gli effetti delle azioni sono fattorizzati (si veda l’Annesso B.3(6) dell’EN 1997-1), si ha γF = 1.0
e l’espressione (4.2c) diventa:
Rd = R { Frep , X k , ad } / γ R (espressione (B.6.2.2.) nell’annesso B.3)
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136 FONDAZIONI
Figura 4.17. Approccio progettuale 3: introduzione ai coefficienti di sicurezza parziali (valori raccomandati) da impiegare per
valutare la capacità portante del terreno. Per semplicità, è considerato solamente l’equilibrio verticale e sono
mostrate le sole azioni sfavorevoli
Tabella A.1 Dall’annesso A dell’Eurocodice 7 (en 1997-1), coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni (γF) per la verifica dello
stato di equilibrio limite (EQU)
Azione Simbolo Valore
Permanenti
Sfavorevoli (a) γG,dst 1.1
Favorevoli (b) γG,stk 0.9
Variabili
Sfavorevoli (a) γQ,dst 1.5
Favorevoli (b) γQ,dst 0
(a) Destabilizzanti
(b) Stabilizzanti
Tabella A.2 Dall’annesso A dell’Eurocodice 7 (en 1997-1), coefficienti di sicurezza parziali sui parametri del terreno (γM) per
la verifica dello stato di equilibrio limite (EQU)
Parametro del terreno Simbolo Valore
Angolo di resistenza al taglio (*) γφ’ 1.25
Coesione efficace γc’ 1.25
Resistenza al taglio in condizioni
γcu 1.4
non drenate
Resistenza a compressione
γqu 1.4
monoassiale
Peso dell’unità di volume γγ 1.0
Questo coefficiente di sicurezza si applica alla tangente dell’angolo di resistenza al taglio (tanφ)
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Tabella A.3 Dall’annesso A dell’Eurocodice 7 (EN 1997-1), coefficienti di sicurezza parziali sulle azioni (γF) o sugli effetti delle
azioni (γE) per le verifiche strutturali (STR) e geotecniche (GEO)
Set
Azione Simbolo
A1 A2
Sfavorevoli 1.35 1.0
Permanenti γG
Favorevoli 1.0 1.0
Sfavorevoli 1.5 1.3
Variabili γQ
Favorevoli 0 0
Tabella A.4 Dall’annesso A dell’Eurocodice 7 (EN 1997-1), coefficienti di sicurezza parziali sui parametri del terreno (γM) per
le verifiche strutturali (STR) e geotecniche (GEO)
Set
Parametro del terreno Simbolo
M1 M2
Resistenza al taglio in
γcu 1.0 1.4
condizioni non drenate
Resistenza a
γqu 1.0 1.4
compressione monoassiale
(*) Questo coefficiente di sicurezza si applica alla tangente dell’angolo di resistenza al taglio (tanφ)
Approcci progettuali
Le espressioni (4.1) e (4.2) differiscono nel modo di distribuire i coefficienti di sicurezza parziali tra
le azioni, le proprietà del terreno e le resistenze. Differenti combinazioni delle espressioni (4.1) e
(4.2) e, pertanto, differenti modi di introdurre i coefficienti di sicurezza parziali nei termini E ed R
della disuguaglianza fondamentale Ed ≤ Rd hanno condotto a tre differenti approcci progettuali con-
templati nell’EN 1997-1. I valori dei coefficienti di sicurezza parziali da applicare, una volta scelto
un determinato Approccio Progettuale, sono lasciati alle determinazioni di ciascun paese e devono
essere indicati nell’apposito annesso nazionale.
I modi di combinare i set dei coefficienti di sicurezza parziali, per ottenere i valori di progetto degli
effetti delle azioni e delle resistenze, nella disuguaglianza Ed ≤ Rd, sono indicati in maniera simbo-
lica, ad esempio, nel seguente modo, ad esempio:
A1 ’+’ M1 ‘+’ R1
Il significato dell’espressione sopra indicata è
la seguente:
1. i coefficienti di sicurezza parziali per le azioni (γF) o per gli effetti delle azioni (γE) sono rappre-
sentati dal simbolo A e sono presi dal set A1 della tabella A.3 dell’Annesso A dell’EN 1997-1; il
simbolo ‘+’ significa che essi sono usati in combinazione con
2. i coefficienti di sicurezza parziali (γM) per la resistenza al taglio dei terreni (simbolo M) che sono
presi dal set M1 della tabella A.4, e con
3. i coefficienti di sicurezza parziali per la resistenza (γR) (simbolo R), che sono presi dal set R1,
delle tabelle da A.5 ad A.8 riportate nell’annesso A.
La procedura per combinare i coefficienti di sicurezza parziali, sopra descritti in maniera simbolica,
implica che un’azione geotecnica, o l’effetto di un’azione, incluse le azioni geotecniche, coinvolga
due differenti set di coefficienti di sicurezza parziali: A (coefficienti di sicurezza parziali sulle azio-
ni) ‘+’ M (coefficienti di sicurezza parziali sui parametri geotecnica). Invece, una resistenza geotec-
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138 FONDAZIONI
nica implica sempre due set di coefficienti di sicurezza parziali: M (coefficienti di sicurezza parzia-
li sui parametri geotecnica) ‘+’ R (coefficienti di sicurezza parziali sulle resistenze).
Tuttavia, in un certo numero di casi, i coefficienti di sicurezza parziali sono posti uguali all’unità;
questo si applica, ad esempio, ai set M1, R1 ed R3.
Se si fa uso dei coefficienti di sicurezza parziali relativi al set M1, i valori di progetto dei parametri
del terreno sono assunti uguali ai loro valori caratteristici.
Combinazione 1
La combinazione dei coefficienti di sicurezza variabili è: A1 ‘+’ M1 ‘+’ R1. La combinazione 1 coin-
cide con il vecchio caso B usato nella versione preliminare dell’Eurocodice 7 (ENV 1997-1) Lo scopo
è quello di conseguire un’adeguata sicurezza nei confronti di sfavorevoli deviazioni dei valori delle
azioni, o dei loro effetti, dai loro valori caratteristici, mentre i valori di progetto delle proprietà del
terreno sono assunti uguali ai valori caratteristici. Così, per le azioni sfavorevoli (o i loro effetti) i
calcoli per la combinazione 1 sono condotti usando il set di coefficienti di sicurezza parziali A1 della
Tabella A.3 dell’annesso A (figura 4.15a: valori raccomandati γG = 1.35 e γQ =1.5); per le azioni favo-
revoli i valori raccomandati sono i seguenti: γG =1.0 e γQ =0.0. Per le resistenze del terreno, i calco-
li sono eseguiti utilizzando il set di coefficienti di sicurezza parziali M1 della tabella A.4, e il set R1
delle tabelle da A.5 ad A.8 e delle tabelle da A.12 ad A.14 (riportate nella figura 4.18) (figura 4.15a:
γϕ' = γc' = γcu = 1.0 e γR,v = 1.0).
Combinazione 2
La combinazione dei coefficienti di sicurezza parziali è: A2 ‘+’ M2 ‘+’ R1. La combinazione 2 cor-
risponde al caso C nell’ENV 1997-1 e ha lo scopo di conseguire un’adeguata sicurezza nei confronti
di sfavorevoli deviazioni delle caratteristiche di resistenza al taglio del terreno dai valori caratteri-
stici, e per tenere anche conto delle incertezze insite nel modello di calcolo.
È invece assunto che le azioni permanenti siano molto prossime ai loro valori rappresentativi previ-
sti, mentre le azioni variabili applicate alla struttura possano variare leggermente e in maniera sfa-
vorevole. Conseguentemente, per le azioni (o i loro effetti), i calcoli per la combinazione 2 sono con-
dotti adottando il set A2 della tabella A.3 dell’annesso A (figura 4.15b: valori raccomandati γG = 1.0,
per azioni sia favorevoli sia sfavorevoli, e γQ = 1.3 (azioni sfavorevoli) e γQ = 0.0 (azioni favorevo-
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Set
Resistenza Simbolo
R1 R2 R3
Portanza γR;v 1.0 1.4 1.0
Scorrimento γR;h 1.0 1.1 1.0
Tabella A.14 Coefficienti di sicurezza parziali γR per pendii e per analisi di stabilità globali
Set
Resistenza Simbolo
R1 R2 R3
Resistenza del terreno γR;e 1.0 1.1 1.0
Figura 4.18. Tabelle A.5, A.6, A.7, A.8, A.12, A.13, A.14 relative ai coefficienti di sicurezza parziali, riportate nell’Annesso A
dell’Eurocodice 7
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140 FONDAZIONI
li). Per le resistenze del terreno, i calcoli sono eseguiti utilizzando il set di coefficienti di sicurezza
parziali M2 della tabella A.4, e il set R1 delle tabelle da A.5 ad A8 e da A.12 ad A.14 (figura 4.15b:γϕ'
= γc' = 1.25, γcu =1.4 e γR,v = 1.0).
Quando è ovvio che una delle due combinazioni governa il progetto, non è necessario analizzarle
entrambe. Usualmente, il dimensionamento geotecnico è governato dalla combinazione 2, ed è per-
tanto sufficiente controllare in un secondo tempo che le dimensioni siano accettabili per la combi-
nazione 1; analogamente, è spesso ovvio dimensionare la struttura sulla base della combinazione 2
e, quando pertinente, verificarla con la combinazione 1.
L’espressione Ed ≤ Rd diventa:
γ E E { Frep , X k , ad } ≤ R { Frep , X k , ad } / γ R
e quindi si ha:
η = γ Eγ R
Si dovrebbe notare che γE è un coefficiente composto, in quanto il valore dipende dalle proporzioni
delle parti permanenti e variabili dell’azione. Il prodotto γEγR è dipendente da questa proporzione,
mentre il coefficiente di sicurezza η globale è usualmente indipendente da essa.
riguarda le azioni variabili sfavorevoli queste vengono amplificate, anche se con coefficienti parziali
diversi, in entrambi i casi.
A questo scopo si adotta la seguente combinazione di coefficienti di sicurezza parziali A1 (per le
azioni strutturali) o A2 (per le azioni geotecniche) ‘+’ M2 ‘+’ R3.
I valori caratteristici delle azioni che provengono dalla struttura (azioni strutturali) sono moltiplica-
ti per i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3 (figura 4.17: valori raccomanda-
ti γG =1.35 e γQ =1.5) per ottenere i valori di progetto. I valori di progetto delle azioni dovute alla
presenza del terreno o trasferite attraverso di esso (azioni geotecniche) sono ricavati usando i coef-
ficienti di sicurezza parziali sulla resistenza al taglio del terreno mediante il set M2 ed A2 (figura
4.17: valori raccomandati γG =1.0 e γQ =1.3). I valori di progetto della resistenza al taglio del terre-
no sono ottenuti applicando i coefficienti di sicurezza parziali del set M2 della tabella A.4 (figura
4.17: valori raccomandati γϕ' = γc' = 1.25; γcu = 1.4).
I valori di progetto della resistenza del terreno sono ottenuti utilizzando i coefficienti di sicurezza
parziali del set M2 della tabella A.4 ai parametri di resistenza al taglio del terreno, e i coefficienti di
sicurezza parziali della resistenza del set R3 delle tabelle da A.5 ad A8 e da A.12 ad A.14 dell’an-
nesso A (Figura 4.17: set M2, valori raccomandati γϕ' = γc' = 1.25, γcu = 1.4 e γR,v = 1.0).
142 FONDAZIONI
• in prossimità o su un pendio inclinato, sia esso naturale o artificiale (instabilità per fenomeni gra-
vitativi);
• in prossimità di un corso d’acqua, di un lago o del mare (instabilità per fenomeni di erosione);
• in prossimità di cavità sotterranee o di strutture interrate (instabilità per chiusura delle cavità e/o
per eccessivi spostamenti);
• in aree, anche pianeggianti, per le quali possano essere previsti fenomeni di liquefazione in pre-
senza di eventi sismici (instabilità per perdita di resistenza degli strati di terreno).
Figura 4.20. Geometria dell’esempio di verifica delle dimensioni di una fon- verificata per ciascun approccio
dazione superficiale con i valori caratteristici delle azioni e
delle proprietà del terreno progettuale.
Vd = γ G ⋅ ( Pk + G pad ,k ) + γ Q ⋅ Qk
Il valore di progetto per la resistenza portante verticale è calcolato mediante l’equazione (D.1)
dell’Annesso D dell’Eurocodice 7 (pagine 156, 157 e 158 del documento EN 1997-1:2003(E)), appli-
cando i coefficienti di sicurezza parziali, alla resistenza in condizioni non drenate, del set M2 della
tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale è fissato pari ad 1, in accordo con il set R1 della
tabella A.5:
Rd / A ' = ( π + 2 ) ⋅ cu ,d ⋅ bc ⋅ sc ⋅ ic + q
dove:
cu,d = cu,k/γcu=30/1.4 = 21.4 kPa
sc = 1.2 (fondazione a forma quadrata: B’/L’=1)
bc = 1 (superficie del terreno e base della fondazione orizzontale)
ic = 1 (carichi verticali)
qd = (γ/γγ) · /h1 + h2) = (18/1.0) · (0.5+0.5) = 18 kPa
e quindi si ottiene:
Rd / A' = ( 3.14 + 2 ) ⋅ 21.4 ⋅ 1 ⋅ 1.2 ⋅ 1 + 18 ⋅ 1 = 150 kPa
Il valore di progetto della capacità portante della fondazione (1,70 m · 1,70 m) è pertanto pari a:
Come si può notare, la condizione Vd ≤ Rd è soddisfatta, essendo 423 kN < 434 kN.
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144 FONDAZIONI
Questo valore è molto basso in confronto ai valori impiegati nella progettazione tradizionale.
Approccio progettuale 2
La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 2.0 · 2.0 m.
Il valore di progetto delle azioni (incluso il peso proprio della fondazione e del rinterro) è ottenuto
usando i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3:
Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 86 ) + 1.5 ⋅ 70 = 585 kN
Il valore di progetto della resistenza portante verticale è calcolato mediante l’equazione (D.1)
dell’Annesso D dell’Eurocodice 7, nella quale sono introdotti i valori caratteristici delle proprietà
del terreno (il coefficiente di sicurezza parziale γcu è pari all’unità nella tabella A.4), e viene appli-
cato un coefficiente di sicurezza parziale γR,v = 1.4, indicato dal set R2 della tabella A.5 per quanto
concerne il valore di Rd.
Si ha pertanto:
cu,k = 30 kPa
sc = 1.2 (fondazione a forma quadrata: B’/L’=1)
bc = 1 (superficie del terreno e base della fondazione orizzontale)
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ic = 1 (carichi verticali)
qk = 1.0 · 18 kPa
qd = (γ/γγ) · (h1 + h2) = (18/1.0) · (0.5+0.5)=18 kPa
e quindi:
Rk / A' = ( 3.14 + 2 ) ⋅ 30 ⋅ 1.2 ⋅ 1 ⋅ 1 + 18 ⋅ 1.0 = 203kPa
Approccio progettuale 3
La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 2.0 · 2.0 m.
I valori di progetto delle azioni (incluso il peso della fondazione e del rinterro) sono ottenuti utilizzan-
do i coefficienti di sicurezza del set A1 della tabella A.3. Poiché tutte le azioni sono strutturali si ha:
Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 86 ) + 1.5 ⋅ 70 = 586 kN
Il valore di progetto della resistenza portante verticale è calcolato mediante l’equazione (D.1)
dell’Annesso D dell’Eurocodice 7, applicando i coefficienti di sicurezza parziali alla resistenza al
taglio in condizioni non drenate del set M2 della tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale
della resistenza γR,v è assunto pari all’unità, in accordo al set R3 della tabella A.5.
Si ha pertanto:
cu,d = cu,k/γcu=30/1.4 = 21.4 kPa
sc = 1.2 (fondazione a forma quadrata: B’/L’=1)
bc = 1 (superficie del terreno e base della fondazione orizzontale)
ic = 1 (carichi verticali)
qd = (γ/γγ) · (h1 + h2) = (18/1.0) · (0.5+0.5)=18 kPa
e quindi:
Rd / A' = ( 3.14 + 2 ) ⋅ 21.4 ⋅ 1 ⋅ 1.2 ⋅ 1 + 18 ⋅ 1 = 150 kPa
Il valore di progetto della resistenza (questo termine viene usato al posto di “capacità portante”
quando ci si riferisce a forze resistenti e non a resistenze unitarie; l’unità di misura è quella delle
forze e non quella degli sforzi) della fondazione (2.0 m · 2.0 m) è pertanto pari a:
Il coefficiente di sicurezza globale trovato nell’approccio progettuale 1 (DA-1) può sembrare picco-
lo in confronto con i valori tradizionalmente adottati nella pratica progettuale. Tuttavia occorre men-
zionare che le dimensioni finali di una fondazione dipendono anche dalle verifiche agli stati limiti
di esercizio (SLS) e che, com’è noto dalla pratica tradizionale, gli stati limite di esercizio governano
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146 FONDAZIONI
le scelta delle dimensioni della fondazione; pertanto il risultato può essere confrontato con la prati-
ca tradizionale solamente dopo che sono stati verificati gli stati limiti di esercizio, ovverosia quan-
do sono stati calcolati i cedimenti.
Approccio progettuale 2
La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 1.95 · 1.95 m.
Il valore di progetto delle azioni (incluso il peso proprio alleggerito della fondazione e del rinterro)
è ottenuto usando i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3:
Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 44 ) + 1.5 ⋅ 70 = 530 kPa
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148 FONDAZIONI
Il valore di progetto della resistenza verticale è calcolato mediante l’equazione (D.2) dell’Annesso
D dell’Eurocodice 7, nella quale sono stati adottati, per i parametri di resistenza al taglio in condi-
zioni drenate, i coefficienti di sicurezza parziali del set M1 della tabella A.4. Inoltre è stato applica-
to al valore calcolato della resistenza (valore caratteristico) un coefficiente di sicurezza parziale γR,v
= 1.4, appartenente al set R2 della tabella A.5.
I valori di progetto dei coefficienti di capacità portante e dei coefficienti di forma e di inclinazione
del carico sono uguali ai loro valori caratteristici:
Rd / A' = 8 ⋅ 6.40 ⋅ 1.34 + 0.5 ⋅ 1.95 ⋅ 3.93 ⋅ 8 ⋅ 0.7 + 5 ⋅ 14.83 ⋅ 1.40 = 194 kPa
Applicando un coefficiente di sicurezza parziale γR,v = 1.4 al valore caratteristico della resistenza si
ottiene:
Rd/A’ = 194/1.4 = 139 kPa
Rd = 139 · 1.95 · 1.95 = 529 kN.
La condizione Vd ≤ Rd per la verifica agli stati limite ultimi GEO (superamento della resistenza limi-
te o eccesso di deformazioni) è soddisfatta, essendo 530 kN ≅ 529 kN.
L’equivalente coefficiente di sicurezza globale è pari a:
OFS = Rk / ( Pk + Qk + G pad ) = 776/(270+46+70)= 776/386 = 2.01
Approccio progettuale 3
La condizione Vd ≤ Rd è verificata per un plinto delle dimensioni di 2.15 · 2.15 m.
Le azioni sono strutturali. I loro valori di progetto (incluso il peso efficace della fondazione e del
rinterro) sono ottenuti utilizzando i coefficienti di sicurezza parziali del set A1 della tabella A.3:
Vd = 1.35 ⋅ ( 270 + 53) + 1.5 ⋅ 70 = 541kPa
Il valore di progetto della resistenza verticale è calcolato mediante l’equazione (D.2) dell’Annesso
D dell’Eurocodice 7, applicando ai parametri relativi alla resistenza al taglio drenata i coefficienti di
sicurezza parziali del set M2 della tabella A.4; il coefficiente di sicurezza parziale della resistenza
γR,v è assunto pari all’unità, in accordo al set R3 della tabella A.5.
La seguente tabella 4.4 riepiloga i risultati dei calcoli per i tre differenti approcci progettuali per le
condizioni drenate.
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Proceedings of thye International Symposium on Cone Penetration Testing, CPT’95, Linkoping, Sweden, 2, 589-94,
Swedish Geotechnical Society
Terzaghi K. (1943), Theoretical soil mechanics. John Wiley and Sons, New York, p. 510
Terzaghi K. e Peck R.B. (1967), Soil mechanics in engineering practice, Second Edition, John Wiley and Sons, New York,
p. 729
US Department of Navy (1982), NAVFAC DM – 7.1 – Soil Mechanics, Naval Facilities Engineering Command, VA, p.
348.
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Fondazioni - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
Premesso che l’andamento del grafico riportato nelle figure 3.2-3.4 si riferisce
a condizioni di deformazione controllata e non di carico controllato, si possono
distinguere tre meccanismi di rottura.
rottura generale
rottura locale
punzonamento
Variando la profondità del piano di posa si osserva che l’andamento della curva
carico-cedimenti si modifica e, in particolare, all’aumentare della profondità del
piano di posa si può passare da una condizione di rottura generale a una di rottura
locale e a una per punzonamento.
Le azioni della fondazione spingono verso il basso il cuneo, cosa che, in condi-
zioni di equilibrio limite, si traduce nella rottura del terreno circostante secon-
do una superficie di scorrimento a forma di spirale logaritmica con anomalia
φ. Prandtl ha ipotizzato che in condizioni di rottura le tensioni sulla superficie
di scorrimento sono inclinate per attrito di un angolo φ rispetto alla normale, e
che queste hanno direzione che converge nel polo A della spirale logaritmica.
La zona di taglio radiale spinge ulteriormente il terreno latistante producendo la
rottura per spinta passiva. Il cuneo ADF è a questo punto in condizioni di spinta
passiva di Rankine (tensioni verticali e orizzontali principali, con tensione ver-
ticale minore, e tensione orizzontale maggiore), questo è delimitato da superfici
piane inclinate di un angolo di 45° – φ/2 rispetto all’orizzontale, scorre verso
l’esterno e verso l’alto.
1
qlim = cN c + qN q + γ N γ B (3.1)
2
e( ) ( )
2 0 ,75π −ϕ / 2 tan φ
Nq =
(
2cos 2 45 + φ 2 )
Nc = (Nq – 1)cotφ
Nγ = 2(Nq – 1)tanφ
Fattori di forma
Forma della fondazione sc sγ
Nastriforme 1 1
Rettangolare 1,3 0,8
Quadrata o circolare 1,3 0,6
Nγ = (Nq – 1)tan(1,4φ)
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54
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
sc = s q = s γ = 1
Fattori di forma
Valori di φ sc sq sγ
B 2 π φ
0 1 + 0 ,2 tan + 1 1
L 4 2
B 2 π φ B 2 π φ B 2 π φ
>0 1 + 0 ,2 tan + 1 + 0 ,1 tan + 1 + 0 ,1 tan +
L 4 2 L 4 2 L 4 2
Fattori di profondità
Valori di φ dc dc dγ
D π φ
0 1 + 0 ,2 tan + 1 1
B 4 2
D π φ D π φ D π φ
>0 1 + 0 ,2 tan + 1 + 0 ,1 tan + 1 + 0 ,1 tan +
B 4 2 B 4 2 B 4 2
Dove θ rappresenta l’angolo che la retta d’azione del carico forma con la verticale
(espresso in gradi).
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55
Capacità portante di una fondazione superficiale cap 3
1
qlim = c' N c sc ic bc g c dc + q ' N q sq iq bq g q dq + γ N γ B' sγ iγ bγ gγ dγ (3.4)
2
π φ
N q = eπ tan tan 2 +
4 2
Nc = (Nq – 1)cotφ
Nγ = 2(Nq + 1)tanφ
Nel caso particolare, per φ = 0, ovvero per le verifiche in condizioni non drenate
di fondazioni superficiali su terreno coesivo saturo in termini di tensioni totali, i
fattori di capacità portante assumono i seguenti valori:
Nq = 1
Nc = 2 + π = 5,14
Nγ = 0
Fattori di forma
Forma della fondazione sc sq sγ
B' N q B' B'
Rettangolare 1+ ⋅ 1+ ⋅ tan 1 − 0 ,4
L' N c L' L'
Nq
Circolare o quadrata 1+ ⋅ 1 + tanφ 0,6
Nc
Fattori di profondità
Valori di φ dc dq dγ
φ=0 D D
≤1 1 + 0 ,4
B' B'
Argilla satura in 1 1
condizioni non D D
>1 1 + 0 ,4 ⋅ arctan
drenate B' B'
D 2 D
φ>0
B'
≤1
1 − dq
(
1 + 2 tanφ 1 − sin φ ⋅ ) B'
dq − 1
Sabbie e argille in D N c tan ϕ 2 D
condizioni drenate
B'
>1 ( )
1 + 2 tan φ ⋅ 1 − sin φ ⋅ arctan
B'
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57
Capacità portante di una fondazione superficiale cap 3
A’ = B’ · L’ (3.6)
B’ = B – 2eB (3.7)
L’ = L – 2eL (3.8)
Valori di φ ic iq iγ
φ=0
mH
1− 1 1
Argilla satura in condizioni B ⋅ L ⋅ cu ⋅ N c
non drenate
m m+1
c > 0, φ > 0 1 − iq H H
iq − 1− 1−
Argilla in condizioni drenate N c tanϕ V + BLcD cotϕ V + BLcD cot ϕ
c=0 H
m
H
m+1
- 1− 1−
Sabbie V V
Dove il coefficiente m assume, per carico orizzontale parallelo alla base, il se-
guente valore:
B
2+
m= L (3.9)
B
1+
L
c > 0, φ > 0 1 − bq
bq − (1 – αtanφ)2 (1 – αtanφ)2
N c tanϕ
Argilla in condizioni drenate
c > 0, φ > 0 1 − gq
gq − (1 – βtanφ)2 · cosβ (1 – βtanφ)2
N c tan ϕ
Argilla in condizioni drenate
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60
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
π ϕ
N q = eπ tan tan 2 +
4 2
Nc = (Nq – 1)cotφ
Nγ = 2(Nq – 1)tanφ
Nq = 1
Nc = 2 + π = 5,14
Nγ = 0
I fattori di forma e d’inclinazione del carico sono riportati nelle tabelle 3.10, 3.11, 3.12.
Fattori di forma
Valori di φ Forma sc sq sγ
φ=0 B'
Rettangolare 1 + 0 ,2
L' 1 1
Argilla satura in condizioni
non drenate Quadrata o rotonda 1,2
φ>0 B' B'
Rettangolare sq ⋅ N q − 1 1+ ⋅ sen 1 − 0 ,3
L' L'
Sabbie e argille Nq − 1
in condizioni drenate Quadrata o rotonda 1 + senφ 0,7
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umentato la tensione progressivamente dal generatore fino ad arrivare a 5V. Durante l’esercitazione abbiamo
61 dovuto camb
orrente “Id” in mA dovrebbe formarsi una curva che prende il nome di “curva caratteristica del diodo” dove Vγ è la tensione d
Capacità portante di una fondazione superficiale cap 3
3 3
c > 0, φ > 0 iq ⋅ N q − 1 0 ,7 ⋅ H H
Nq − 1 1− 1−
Argilla in condizioni drenate V + B' L' cD cot ϕ V + B' L' cD cot ϕ
Per i fattori di profondità, di inclinazione del piano di posa e del piano di campa-
gna, possono essere assunti gli stessi valori proposti da Brinch-Hansen.
La presenza di una falda incide sul calcolo della capacità portante tramite il so-
vraccarico trasmesso dal terreno sovrastante e dal peso specifico del terreno al di
sotto del piano fondale. I fattori di capacità portante vengono calcolati utilizzan-
do i valori di c’ e φ’ del terreno.
A seconda della presenza della falda e della sua profondità possono essere indi-
viduati tre casi. Per semplificazione verrà esaminata la formula trinomia proposta
da Terzaghi, ma ovviamente il caso può essere descritto da tutte le teorie analo-
ghe (Meyerhof, Brinch-Hansen, EC7, ecc.).
Ipotizzando la falda in quiete, con peso specifico dell’acqua γw, si hanno i seguen-
ti casi.
a. Il pelo libero della falda si trova a una quota al di sopra del piano di posa
della fondazione
( )( )
q ' = γ 1 ⋅ z Falda + γ Sat1 − γ w ⋅ D − z Falda (3.13)
dove
Se il pelo libero della falda coincide con il piano di fondazione, allora il valo-
re zFalda sarà uguale alla profondità dell’affondamento D, quindi:
q’ = γ1 · D (3.15)
b. Il pelo libero della falda si trova a una profondità al di sotto del piano di
posa della fondazione compresa tra D e D + B ovvero, d < B
q’ = γ1 · D (3.16)
c. Il pelo libero della falda si trova a una profondità al di sotto del piano di
posa della fondazione con d ≥ B, la falda può essere trascurata
Per i terreni a grana fine (limi e argille), la cui permeabilità è molto bassa, le
sovrapressioni interstiziali a causa dei carichi statici si dissipano lentamente
nel tempo secondo la legge della consolidazione.
La capacità portante dovrebbe essere esaminata secondo un comportamento
a breve termine (condizioni non drenate in termini di tensioni totali), nonché
secondo un comportamento a lungo termine (condizioni drenate in termini di
tensioni efficaci).
Ovviamente considerare la condizione non drenata (comportamento a breve
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64
Consolidamento fondazioni di strutture in muratura
RH = H ≤ EH (3.18)
Nγ = 2(Nq + 1)tanφ
ma con il valore:
Nγ = 2(Nq – 1)tanφ
Il metodo di Paolucci secondo l’equazione (3.25) è valido fino a che viene rispet-
tata la disuguaglianza:
ag
kh = S ⋅ < tanφ (3.26)
g
dopodiché il coefficiente legato all’inerzia del terreno perde significato.
Il metodo non risulta applicabile in certe zone sismiche per valori dell’angolo di
attrito interno relativamente basso.
b. fattore di coesione:
c. fattore di sovraccarico:
dove
A = 7,23tanφ3 – 18,39tanφ2 + 15,22tanφ – 5,39
B = – 70,5tanφ3 + 143,84tanφ2 – 98,79tanφ + 27,64
C = 12,90tanφ3 – 35,04tanφ2 + 30,27tanφ – 12,48
D = 70,06tanφ3 – 171,07tanφ2 + 129,90tanφ – 29,61
E = 1,27tanφ – 1,07
F = 43,29tanφ3 – 105,80tanφ2 + 81,09tanφ – 19,91
G = – 2,80tanφ3 + 6,66tanφ2 – 4,61tanφ + 0,35
H = 63,69tanφ3 – 154,31tanφ2 + 117,70tanφ – 26,34
I = – 4,49tanφ3 + 10,58tanφ2 – 8,48tanφ – 0,22.
CAPITOLO 3
CALCOLO DELLA CAPACITÀ PORTANTE
3.2. MICROPALI
Ai fini progettuali, normalmente si considera, per la capacità portante dei micropali, il solo contri-
buto relativo all’attrito laterale fra la miscela cementizia ed il terreno di fondazione, in quanto il con-
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68 MICROPALI
tributo relativo alla portata di base è trascurabile rispetto alla capacità portante complessiva, tenen-
do anche conto dei seguenti aspetti:
• L’elevato valore della resistenza al taglio, presente lungo la superficie laterale al contatto fra la
miscela cementizia ed il terreno, che può essere ottenuto come conseguenza del metodo d’instal-
lazione dei micropali. La capacità portante per attrito laterale può raggiungere valori superiori a
365 kN per metro di lunghezza del micropalo, in terreni a grana grossa ben addensati e 750 kN
per metro di lunghezza in rocce competenti, per i tipici diametri di perforazione dei micropali
(150-300 mm).
• La superficie disponibile per mobilizzare l’attrito laterale è molto superiore rispetto alla superfi-
cie della base del micropalo. Ad esempio, per un palo del diametro di 200 mm e con una lun-
ghezza di connessione pari a 6 m, la superficie, disponibile per attrito o adesione laterale, è 120
volte superiore a quella relativa alla portata di base del micropalo.
• Il cedimento del micropalo, necessario a mobilitare la resistenza al taglio lungo la superficie late-
rale, è significativamente inferiore a quello necessario per mobilizzare la portata di base.
Come conseguenza della dipendenza della capacità portante del micropalo dall’attrito che si svilup-
pa lungo la superficie laterale, i micropali sono considerati geotecnicamente equivalenti in com-
pressione e in tensione. Questa è una comune assunzione sulla base della quale i micropali sono
dimensionati per sforzi assiali di compressione/trazione, valutando il valore della resistenza al taglio
presente lungo la superficie laterale in funzione della resistenza del terreno.
I valori tipici che sono assunti per quanto concerne l’attrito laterale del micropalo, mediante valuta-
zioni teoriche o mediante prove di carico, sono considerati valori medi che agiscono lungo l’intera
lunghezza del tratto di micropalo connesso al terreno. Misure ottenute da strumentazione installata
su ancoraggi e micropali, hanno mostrato, tuttavia, in modo particolare per terreni addensati e com-
patti e per le rocce competenti, che la percentuale di carico trasferita al terreno è più elevata nel trat-
to superiore, connesso al terreno, del micropalo.
Questo fenomeno ha una notevole influenza sulle previsione dei cedimenti. A questo riguardo, una
considerazione pratica è che la concentrazione della reazione ai carichi applicati nella parte supe-
riore del tratto di micropalo connesso al terreno, ha come conseguenza una riduzione della lunghez-
za del tratto di palo che si deforma elasticamente, con la conseguente riduzione dell’entità del cedi-
mento, particolarmente in terreni addensati o compatti e in roccia.
Occorre precisare che mentre l’impiego dei micropali sta crescendo rapidamente, lo stato dell’arte
per quanto riguarda la progettazione geotecnica dei micropali è basata prevalentemente sull’espe-
rienza e ricerca relativa ai pali trivellati, agli ancoraggi nei terreni e ai tiranti.
Con riferimento ad un recente studio condotto dalla FHWA (vedi riferimenti bibliografici), la figu-
ra 3.1 riporta una tabella per stimare il valore della resistenza al taglio lungo la superficie laterale al
contatto fra la miscela cementizia e il terreno.
La tabella include dei campi di variazione, per i quattro tipi di micropalo descritti nel capitolo 1 (tipo
A, B, C e D), in funzione della variabilità geotecnica dei diversi tipi di terreno.
Tali valori della resistenza al taglio sono comunemente basati sull’esperienza locale dell’ingegnere geo-
tecnico. I valori riportati in tabella devono essere, pertanto, considerati come dei valori orientativi di
riferimento, per le diverse modalità d’installazione e le differenti condizioni geotecniche dei terreni.
Sulla base di tali valori, della resistenza al taglio lungo la superficie laterale, al contatto fra la misce-
la cementizia ed il terreno, indicati in tabella con, si può calcolare la capacità portante ammissibile
per forze assiali agenti sul micropalo, secondo la seguente relazione:
α
P= ⋅ 3.14 ⋅ D ⋅ L (1)
FS
dove oltre al valore di α si ha:
D = diametro relativo alla superficie di contatto fra la miscela ed il terreno
L = lunghezza del tratto di connessione fra micropalo e terreno
FS = coefficiente di sicurezza in condizioni statiche, normalmente assunto pari a 2.5.
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Calcari
(moderatamente fratturati, poco o per
niente alterati)
Arenarie
(moderatamente fratturate, poco o per
niente alterate)
Graniti e basalti
(moderatamente fratturati, poco o per
niente alterati)
Tipo D – Iniezione primaria a gravità e una o più fasi di iniezione in pressione secondaria “globale” (iniezione ripetuta selettiva)
Figura 3.1. Riepilogo dei valori della resistenza al taglio lungo la superficie laterale in funzione del tipo di micropalo e terreno,
per valutazioni e dimensionamenti preliminari
Per quanto riguarda il calcolo della capacità portante per forze assiali applicate ai micropali, uno dei
metodi di calcolo, tuttora fra i più validi fra quelli proposti in letteratura, è stato messo a punto da
Bustamante e Doix (1985), i quali hanno analizzato i risultati sperimentali di una notevole mole di
prove di carico relative a tiranti, micropali e pali iniettati per un totale di 249 prove.
Di queste una parte è stata ricavata da prove pubblicate in letteratura ma ben 120 si riferiscono a
prove che gli stessi Autori hanno direttamente seguito per conto del Laboratoires des Ponts et
Chaussées. La figura 3.2, mostra l’ubicazione dei siti in Francia nei quali sono state effettuate le
prove di carico, i cui risultati sono stati utilizzati per mettere a punto il metodo di calcolo, ed un rie-
pilogo di tutte le 249 prove utilizzate.
Relativamente ai differenti tipi di terreni interessati dall’esecuzione dei tiranti e dei micropali sotto-
posti alle prove di carico, sono stati analizzati i risultati relativi a terreni che comprendevano limi e
argille, ghiaie e sabbie, rocce marnose o limo-calcaree e calcari e rocce alterate e fratturate.
La figura 3.3 riepiloga per i differenti siti le prove geotecniche eseguite e utilizzate per l’interpreta-
zione delle prove di carico.
Nonostante una discreta dispersione dei risultati, di cui si parlerà più avanti, gli Autori sono riusciti
ad elaborare dei grafici che forniscono il valore della resistenza al taglio lungo la superficie laterale
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70 MICROPALI
(a)
Numero dei siti
analizzati: 34
(c)
Caratteristiche
Tiranti Micropali
geometriche
Regione parigina
valore medio
Lunghezze totali LT campo di
(m) varizione
(b)
non precisati
non precisati
Figura 3.2. Prove di carico utilizzate da Bustamante e Doix (1985) per mettere a punto il metodo di calcolo per il dimensiona-
mento dei micropali, (a) ubicazione dei siti nei quali Laboratoires des Ponts et Chaussées hanno effettuato parte delle prove di
carico, (b) riepilogo dei siti e di tutte le prove di carico analizzate, (c) riepilogo delle caratteristiche geometriche dei tiranti e dei
micropali sui quali sono state condotte le prove di carico esaminate
Tipo di prova geotecnica eseguita Totale Siti con le prove Siti dove le prove effettuate Siti nei quali le prove
(parametri geotecnici misurati) dei siti effettivamente hanno fornito risultati parziali geotecniche non sono state effettuate
utilizzate
Pressiometro Ménard 6
(pl) I valori di pl eccedono 1
le possibilità della sonda I valori di pl eccedono le possibilità della sonda di
utilizzata da misurarli misurarli
Prove di laboratorio 19
4
(c, ø) Di cui 11 sono stati giudicati inesplorabili a priori
Campioni non indisturbati
a causa dell’impossibilità di prelevare campioni
SPT 19
(N) Di cui 10 sono stati giudicati a priori inadatti
per eseguire prove SPT a causa della natura
troppo compatta dei terreni
Figura 3.3. Prove geotecniche effettuate nei siti nei quali Laboratoires des Ponts et Chaussées hanno eseguito le prove di cari-
co analizzate da Bustamante e Doix
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del micropalo in funzione delle caratteristiche geotecniche dei terreni, con un’unica differenziazio-
ne per quanto riguarda le modalità esecutive dei micropali:
• quelli realizzati con una miscela cementizia colata a gravità o iniettata a debole pressione (infe-
riore a 0.7 MPa) designati con la sigla I.G.U. (iniezione globale unica);
• quelli ottenuti con più fasi d’iniezione di miscela cementizia di cui una prima fase a bassa pres-
sione per sigillare il foro ed una o più fasi ulteriori, a pressioni e volumi controllati, tramite val-
vole di non ritorno posizionate lungo il tratto connesso e designati con la sigla I.R.S. (iniezione
ripetuta selettiva).
Gli Autori chiariscono che la pressione d’iniezione per tiranti o micropali ad iniezione semplice è in
genere:
0.5 pl ≤ pi ≤ pl
mentre nei tiranti o micropali ad iniezioni ripetute si ha:
pi ≥ pl
dove pl è la pressione limite ricavata da prove pressiometriche.
Con riferimento alla figura 3.4 si ha che la capacità portante limite per forze assiali è data dalla
seguente formula generale:
TL = π · Ds · Ls · qs (2)
dove
Ds = diametro efficace
Ls = tratto di micropalo connesso al terreno, o lunghezza del bulbo
qs = tensione di attrito laterale che si sviluppa all’interfaccia palo-terreno.
Per quanto riguarda le dimensioni trasversali del micropalo da considerare, gli autori raccomandano
di utilizzare un valore del diametro efficace superiore al diametro di perforazione secondo la seguen-
te espressione:
Ds = α · Dd (3)
essendo α un parametro migliorativo, i cui valo- TL
TL
QL
ri, a seconda del tipo di micropalo e di terreno,
sono riportati in figura 3.5.
I valori di qs sono indicati dagli Autori in funzio-
Dd
ne dei seguenti tipi di terreno:
• terreni sabbiosi-ghiaiosi (vedi grafico di figura 3.6);
Dd
• terreni argillosi-limosi (figura 3.7);
• arenarie, marne e marne calcaree (figura 3.8); LL
• rocce alterate e fratturate (figura 3.9).
• in funzione della resistenza del terreno, espres-
sa dal valore della pressione limite pressiome- Ls
trica o dalla resistenza alla penetrazione ricava- Ds
ta con prove SPT (Standard Penetration Test).
La figura 3.10 riporta, infine, una tabella per sce-
Ds
Ls
gliere nei grafici delle figure 3.6-3.9 la curva
relativa al diverso tipo di micropalo.
Come si può notare nelle figure 3.6-3.9, la diffe-
renza di capacità portante per attrito laterale, tra i
micropali I.G.U. e I.R.S. risulta influenzata dalla
natura dei terreni ed è maggiormente marcata per Figura 3.4. Rappresentazione schematica di (a) un tirante, (b)
i terreni con migliori proprietà meccaniche. un micropalo
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72 MICROPALI
Coefficiente α
Tipo di terreno
Quantità minima di miscela Vl
Ghiaia
Ghiaia sabbiosa
Sabbia ghiaiosa
Sabbia grossolana
Sabbia media
Sabbia fine
per
Sabbia limosa
per
per
Limo
per
per
Argilla
per
Figura 3.5. Valori del coefficiente α per il calcolo del diametro efficace α per la valutazione della capacità portante di un micropalo
Figura 3.8. Abachi per il calcolo del valore di qs in arenarie, marne e marne calcaree
Figura 3.9. Abachi per il calcolo del valore di qs in rocce alterate e fratturate
Nel caso di terreno stratificato la portata laterale limite può essere calcolata sommando i contributi
dei diversi strati di terreno secondo la seguente espressione:
TL = ∑ π · Dsi · qsi · lsi (4)
i
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74 MICROPALI
Tipo
Tipo
Tipo
Tipo
Tipo
Tipo
Tipo
Tipo
76 MICROPALI
CASO A: INIEZIONE IN MEZZO OMOGENEO ED ISOTROPO CON FLUSSO RADIALE DA UNA SORGENTE
SFERICA DI RAGGIO r0
Nel caso più realistico di sezione cilindrica di altezza si può ugualmente utilizzare la (5), sostituen-
do a r0 il raggio r’0 equivalente:
L
r0' =
α
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
dove
( )
0.5
2⋅ L L + L2 − 4 ⋅ r02
α= ⋅ 1n (8)
(L ) 2 ⋅ r0
0.5
2
− 4 ⋅ r02
Eguagliando per congruenza le espressioni (1) e (3) della portata, si ottiene una relazione più gene-
rale che correla il raggio di propagazione R al tempo di iniezione t, al carico ∆H, ed alle caratteri-
stiche del terreno k ed n:
3 ⋅ r0 ⋅ km ⋅ ∆H ⋅ t
R 3 – r03 = (11)
n
CASO C: INIEZIONE IN TERRENO STRATIFICATO CON FLUSSO PIANO DA SORGENTE CILINDRICA DI RAGGIO r0
Nella realtà i terreni omogenei ed isotropi sono un’eccezione in quanto in genere si è sempre in pre-
senza di terreni eterogenei fittamente stratificati (Cambefort, 1967) come ad esempio nei depositi
alluvionali nei quali si ha una successione di strati con spessori e permeabilità molto diverse.
Se la sezione filtrante interessa diversi strati, la miscela si diffonde prima in quelli più permeabili.
Si ha comunque un flusso piano, definibile dalla seguente formula di Thiem (1906), scritta in fun-
zione della portata:
2 ⋅ π ⋅ L ⋅ ∆H ⋅ km
Q= (13)
R
ln
r0
78 MICROPALI
oppure:
Q = 3.84 · 104 · km · ∆H (l/min) (15)
Nei tre casi (A, B e C), mantenendo invariato il valore di r0 si ottiene la seguente espressione generale:
Q = β · km · ∆H (m3/s) (16)
Il coefficiente β assume, nell’ultimo caso C analizzato, un valore intermedio, pari a 0.64, fra quelli
risultanti nei primi due casi (rispettivamente 0.5 per il caso A e 1.0 per il caso B).
Esprimendo la portata in termini puramente geometrici, nella (10) si può introdurre la seguente
espressione:
V = π · (R2 – r20) · L (17)
ottenendo:
n
Q = π R 2 – r02 ⋅ L ⋅
t
( ) (18)
90.00
80.00
70.00
60.00
Portata Q (litri/min)
50.00
40.00
30.00
20.00
10.00
0.00
1.0E-06 1.0E-05 1.0E-04
Coefficiente di permeabilità del terreno alla miscela km (m/s)
Figura 3.15. Andamento della portata in funzione del coefficiente di permeabilità del terreno alla miscela, per tre differenti casi
di carico idraulico, ovverosia di pressione di iniezione
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La figura 3.16 mostra, invece, come per ottenere un raggio di propagazione pari ad 1 m, raggiunto
in 30 minuti, occorra variare il carico idraulico in funzione del coefficiente di permeabilità alla
miscela.
Infine, le figure 3.17 e 3.18, rispettivamente per il caso B e C, mostrano come occorre variare il cari-
co idraulico in funzione della durata dell’iniezione e della permeabilità del terreno alla miscela, per
ottenere un raggio di propagazione della miscela di 1 m, nel caso di un terreno caratterizzato da una
porosità pari a 0.3.
Nel caso dei micropali si adotterà il sistema d’iniezione a “volume controllato” che comporta l’im-
CORRELAZIONE FRA CARICO IDRAULICO E PERMEABILITÀ DEL TERRENO ALLA MISCELA SECONDO DIVERSI SCHEMI DI FLUSSO
300.00
250.00
200.00
Carico idraulico H (m)
150.00
100.00
50.00
0.00
1.0E-06 1.0E-05 1.0E-04
Coefficiente di permeabilità alla miscela km (m/s)
Figura 3.16. Variazione del carico idraulico in funzione del coefficiente di permeabilità alla miscela, per ottenere un raggio di
propagazione pari ad 1 m, raggiunto in 30 minuti
CASO B
CORRELAZIONI TEORICHE FRA PRESSIONE, DURATA DELL’INIEZIONE E PERMEABILITÀ DEL TERRENO ALLA MISCELA
1000
Carico idraulico H (m)
100
10
10 100
Durata dell’iniezione (min)
Figura 3.17. Caso B, variazione del carico idraulico in funzione della durata dell’iniezione e della permeabilità del terreno alla misce-
la per ottenere un raggio di propagazione della miscela di 1 m, nel caso di un terreno caratterizzato da una porosità pari a 0.3
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80 MICROPALI
CASO C
CORRELAZIONI TEORICHE FRA PRESSIONE, DURATA DELL’INIEZIONE E PERMEABILITÀ DEL TERRENO ALLA MISCELA
1000
Carico idraulico H (m)
100
10
10 100
Durata dell’iniezione (min)
Figura 3.18. Caso C, variazione del carico idraulico in funzione della durata dell’iniezione e della permeabilità del terreno alla misce-
la per ottenere un raggio di propagazione della miscela di 1 m, nel caso di un terreno caratterizzato da una porosità pari a 0.3
missione in una determinata valvola di un volume considerato come limite massimo e che potrebbe,
tuttavia, diminuire nel caso in cui la pressione di rifiuto venisse ad un certo momento superata.
Anche il valore della pressione assume, dunque, un ruolo limitativo per l’iniezione; da qui la deno-
minazione di “volume”controllato”:
Durante l’esecuzione dell’iniezione occorre perseguire le seguenti finalità:
• fare penetrare il quantitativo di progetto senza provocare rotture nel terreno (“claquages”);
• verificare di conseguenza le pressioni di “rifiuto” per la miscela utilizzata;
• correggere, eventualmente, i quantitativi previsti ed adeguarli alle reali necessità.
La portata e la pressione ammissibile sono legate fra loro; ambedue sono condizionate dalla natura
del terreno e dalla viscosità della miscela iniettata.
Per quanto riguarda l’entità del volume da iniettare, attraverso una valvola, occorre tenere presente
la natura dei terreni e la loro porosità. Nell’ambito dei terreni iniettabili la porosità è mediamente
compresa fra 0.2 e 0.3 per i terreni grossolani e fra 0.3 e 0.4 per i più fini.
È, inoltre, importante tenere presente che il volume dei vuoti riempiti non supera generalmente il
50% della porosità globale n, anche nei casi di migliore successo ai fini del risultato (Ischy e
Glossop, 1962); i maggiori consumi sono da attribuirsi ad aumento del volume iniziale dei vuoti, a
dispersioni oltre i limiti del trattamento previsto ed al drenaggio subito dalla miscela.
La figura 3.19 mostra a titolo esemplificativo e puramente teorico come varia il volume di miscela
che può essere iniettato attraverso delle valvole poste a distanza di 33 cm (3 al metro) in funzione
sia del raggio di propagazione che s’intende raggiungere sia della porosità del terreno, avendo assun-
to un grado di efficienza del trattamento del 50%.
Per quanto riguarda la pressione di iniezione essa provoca sulle pareti del foro uno sforzo tangen-
ziale di trazione, di ugual valore; se questo è superiore al contrasto offerto dal terreno sovrastan-
te, si avrà la rottura. Il fenomeno della fratturazione idraulica o “claquage” consiste nella forma-
zione di una fessura artificiale che può propagarsi più o meno lontano, a seconda delle condizio-
ni locali.
Numerose sono le formulazioni teoriche che stabiliscono la pressione critica, che induce la rottura
del terreno, in funzione del peso dell’unità di volume del terreno, del suo angolo di attrito interno,
del coefficiente di Poisson e della profondità alla quale avviene l’iniezione.
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350
300
250
Litri massimi inettabili per valvola
200
150
100
50
0
0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3
Raggio di propagazione (m)
Figura 3.19. Volumi teorici massimi iniettabili attraverso delle valvole poste a distanza di 33 cm (3 al metro) in funzione sia del rag-
gio di propagazione che si intende raggiungere sia della porosità del terreno
Da un confronto fra gli sforzi tangenziali dovuti al peso proprio del terreno e quelli indotti dalla pres-
sione applicata, risulta che il minimo teorico di “claquage” è dato dalla seguente relazione:
pl = γ · z · (1 + sinø)/υ (21)
per un terreno incoerente, essendo:
γ = peso di volume
z = profondità
ø’ = angolo di attrito interno
υ = coefficiente di Poisson.
Se il terreno è a grana fine, in tale espressione occorre aggiungere il termine relativo alla coesione.
Con questa ed altre formulazioni, la teoria sottovaluta sempre ed anche in misura rilevante, le reali pres-
sioni di rottura del terreno.
Il criterio più razionale è, per-
tanto, sempre quello speri- pressione critica - Pcr
(rottura del terreno)
mentale e cioè la determina-
zione in sito, applicando delle
portate crescenti fino al
portata massima
ammissibile dell’iniezione – Pi
momento in cui la pressione
pressione P [kg/ cmq)
zione il 90% della pressione Figura 3.20. Esempio di andamento dell’iniezione al fine di stabilire la portata massima da
di “claquage”. imporre non superando, pertanto, la pressione critica
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82 MICROPALI
Tuttavia, nel corso dell’iniezione di micropali I.R.S. si ritiene accettabile che si verifichino limita-
te fratturazioni idrauliche (claquages) nel terreno, ma non è accettabile che importanti volumi di
miscela siano dispersi a notevole distanza dal micropalo a causa di un’impropria conduzione del-
l’iniezione.
Per evitare questa incongruenza è necessario prescrivere nelle specifiche tecniche quanto segue:
• adottare una velocità di iniezione da non superare e, orientativamente, pari a 10 ÷ 15 litri al
minuto;
• sospensione dell’iniezione allorché si verifichino cadute di pressione, riprendendo, successiva-
mente dopo che la miscela ha fatto presa, l’iniezione al fine di raggiungere i volumi previsti in
una fase successiva.
3.3. CONSIDERAZIONI GENERALI SUL CALCOLO DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI
I pali di fondazione sono degli elementi strutturali in grado di trasferire il carico, applicato alla loro
sommità, agli strati di terreno più profondi e in generale più resistenti.
La capacità portante di un palo può essere calcolata con:
• formule statiche;
• formule dinamiche;
• prove di carico;
• prove penetrometriche statiche o dinamiche.
La capacità portante di un palo dipende dai seguenti fattori:
• dalla geometria del problema;
• dalla forma e dal tipo di palo;
• dalle condizioni stratigrafiche variabili con la profondità;
• dall’entità del carico applicato;
• dal tempo intercorso tra l’esecuzione e l’applicazione del carico.
La capacità portante del palo è anche influenzata dal:
• metodo di installazione;
• dall’interazione fra il palo ed il terreno.
Infine, il palo è condizionato nel suo carico limite dalla:
• resistenza a compressione del materiale costituente il palo;
• dalla capacità portante del terreno circostante il fusto e la base del palo.
La resistenza totale del fusto di un palo, si sviluppa quando è avvenuto, tra il palo ed il terreno cir-
costante, un movimento relativo dell’ordine di parecchi millimetri.
Con un palo infisso, questa condizione è pienamente soddisfatta durante la fase di installazione.
Con un palo trivellato, ciò è pienamente o parzialmente soddisfatto durante il costipamento del cal-
cestruzzo seguito all’estrazione della tubazione. Infatti il calcestruzzo è compresso verso il basso
come pure lateralmente e quindi si verifica un movimento relativo verticale.
Con entrambi i tipi di palo, un’ulteriore movimento avviene durante il carico del palo e per la com-
pressione elastica del palo che ne segue.
La resistenza del fusto dipende dall’entità delle tensioni normali laterali esercitate sul palo dal ter-
reno circostante.
Tensioni di attrito laterale notevoli si sviluppano durante la messa in opera di un palo prefabbricato
cioè di un palo “a spostamento”, tensioni di attrito laterale di entità inferiore si manifestano nel caso
della messa in opera di un palo trivellato.
Un palo infisso causa lo spostamento del terreno lateralmente e tanto più se la sua sezione è conica,
e quindi le tensioni orizzontali che si originano passano dalla condizione di spinta a riposo alla con-
dizione di quasi totale spinta passiva, soprattutto quando il palo esercita un’azione di cuneo.
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La posa in opera di un palo trivellato causa invece una diminuzione delle tensioni orizzontali, le
quali passano dalla condizione di spinta a riposo allo stato di spinta attiva a meno che la tubazione
del rivestimento provvisorio, non sia mantenuta in opera.
L’entità della tensione di attrito laterale dipende anche dalla lunghezza del palo, cioè dal sovracca-
rico del terreno, in altre parole dalla tensione geostatica presente alla quota della punta del palo.
Il valore della resistenza del fusto, cioè dell’attrito laterale, dipende, infine, dal tipo di palo e cioè se
il palo è:
• portante prevalentemente di punta;
• portante prevalentemente per attrito laterale.
Se un palo porta prevalentemente di punta, cioè appoggia su uno strato molto compatto, questo ha
una compressibilità molto bassa e pertanto il movimento relativo, governato dalle caratteristiche di
deformabilità dello strato portante, è di modesta entità.
La portata prevalentemente di punta di un palo si verifica quando la presenza in profondità di uno
strato molto compatto permette l’appoggio della punta del palo ed il trasferimento diretto del carico
a tale strato.
Oltre al verificarsi dei due casi estremi, in casi particolari, per i quali si hanno pali portanti esclusi-
vamente o quasi totalmente di punta o per attrito laterale, nella pratica si verificano soprattutto casi
intermedi, cioè pali portanti di punta e contemporaneamente per attrito laterale.
Inizialmente il palo resiste principalmente per connessione laterale, solo una modesta quota parte del
carico ad esso affidato è trasferita alla punta, ciò anche se la punta viene ad appoggiare su uno stra-
to compatto.
Con l’applicazione del carico si manifesta un certo spostamento che mobilizza la connessione late-
rale, tale spostamento è maggiore nella parte superiore del palo, perciò in tale tratto la connessione
laterale raggiunge il suo valore massimo.
Crescendo ulteriormente il carico e quindi lo spostamento, è totalmente mobilizzata la connessione
laterale disponibile anche per il tratto più profondo del palo, ulteriori incrementi di carico vengono
quasi integralmente trasferiti alla punta.
Il valore critico dello spostamento della sommità del palo, per il quale si raggiunge il massimo valo-
re della tensione di connessione laterale, non dipende dal diametro.
La connessione laterale si manifesta con il mobilitarsi:
• dell’adesione per i terreni coesivi;
• dell’attrito per i terreni granulari.
A seconda della natura del terreno, risulta diversa la distribuzione delle tensioni di connessione laterale.
Con un palo in terreno coesivo la distribuzione della tensione di connessione laterale lungo il fusto del
palo ha un andamento parabolico nella parte alta e tende a diventare costante nella parte più profonda.
Il punto di applicazione, della risultante delle tensioni di connessione laterale è situato nella parte
alta per un palo singolo, mentre per un gruppo di pali si ha uno spostamento considerevole verso il
basso.
La mobilizzazione della resistenza totale per connessione laterale avviene con minimi spostamenti
verticali, secondo vari Autori dell’ordine dei 7 mm.
Perciò è modesto il valore percentuale del carico trasferito alla punta rispetto al carico totale affida-
to al palo, anche nel caso di pali intestati in terreno molto compatto.
Per un palo in terreno incoerente la distribuzione delle tensioni di attrito laterale lungo il fusto del
palo ha un andamento parabolico indipendente dalle caratteristiche geometriche del palo e dalle
modalità costruttive od esecutive.
Una volta applicato il carico, la quota parte di carico, che è trasferita alla punta del palo, causa uno
spostamento verso il basso del punto di applicazione della risultante delle tensioni, relative alla con-
nessione laterale.
Aumentando il carico totale aumenta la percentuale di carico trasmesso alla punta, potendo rag-
giungere anche il 100%.
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84 MICROPALI
86 MICROPALI
B
ql = c ⋅ N c + K s ⋅ γ ⋅ D ⋅ N q + γ ⋅ ⋅ Nγ (27)
2
dove
Ks = coefficiente di spinta del terreno sul fusto del palo nella zona di rottura; varia-
bile da 0.5 per terreni sciolti a circa 1 per terreni addensati
Nc, Nq, Nγ = fattori di capacità portante, dipendenti dall’angolo di resistenza al taglio e dal
rapporto D/B.
Per un terreno per il quale lungo il fusto del palo si abbia sia aderenza sia attrito, Meyerhof (1953)
fornisce la seguente espressione per la resistenza unitaria laterale limite τl alla profondità D’:
τl = ca + Ks · γ · D’ · tanδ (28)
dove
ca = aderenza palo-terreno;
δ = angolo di attrito palo-terreno.
Per le argille δ = 0 e pertanto τ1 = ca.
Per i terreni non coesivi ca = 0 e, conseguentemente τl = Ks · γ · D’ · tan δ.
I valori di τl, ca, Ks, γ e δ variano da punto a punto lungo il fusto del palo, ma per scopi pratici si
ritiene adeguato assumere un valore medio.
Se D è la profondità della base del palo, D’ aumenta da 0 a D, e il valore medio è, conseguentemente
per un terreno non coesivo, pari a τ1 = Ks · γ · (D/2) · tanδ.
Pertanto la formula di Meyerhof, per valutare la capacità portante di un palo in un terreno caratte-
rizzato sia dalla coesione sia dall’angolo di resistenza al taglio, è data dalla seguente espressione:
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D B
Q1 = As ca + K s ⋅ γ ⋅ ⋅ tan δ + Ab c ⋅ N c + K s ⋅ γ ⋅ D ⋅ N q + γ ⋅ ⋅ N γ (29)
2 2
Nel caso di un palo di proporzioni normali caratterizzato da un rapporto D/B di circa 30 o maggio-
re, nelle equazioni sopra riportate (24), (26) e (27), il termine contenente la larghezza B risulta pic-
colo al confronto con gli altri termini e quindi può essere trascurato. Le equazioni diventano per-
tanto:
Terzaghi ql = 1.3 · c · Nc + γ · D · Nq (30)
Berezantzev et al. ql = Bk · αT · γD · D (31)
Meyerhof ql = c · Nc + Ks · γ · D · Nq (32)
Le equazioni (30) e (32) si applicano a terreni caratterizzati sia dalla coesione sia dall’angolo di resi-
stenza al taglio. L’equazione (31) si applica solamente ai terreni non coesivi.
In realtà le equazioni (30), (31) e (32) forniscono la portata unitaria limite di base totale alla quale
dovrebbe essere sottratto il peso del terreno che prima dell’installazione del palo era presente ed
esercitava una tensione in corrispondenza della base del palo. Se −γ è il peso dell’unità di volume
medio del terreno prima della sua asportazione, la pressione equivalente alla rimozione del terreno
è pari a −γ D. Conseguentemente al valore di ql occorre sottrarre il valore di −γ D.
Assumendo per semplicità γ = γ = −γ si ottiene:
D
Terzaghi ql = 1.3 · c · Nc + γ · D · (Nq – 1) (33)
Berezantzev et al. ql = γD · D · (Bk · αT –1) (34)
Meyerhof ql = c · Nc + γ · D · (Ks · Nq – 1) (35)
3.3.1. VALUTAZIONE PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI NEI TERRENI COESIVI
La valutazione della capacità portante di un palo interagente con un terreno di natura coesiva può
essere affrontata facendo riferimento a due approcci tra loro molto diversi:
• valutazione in termini di tensioni totali;
• valutazione in termini di tensioni efficaci.
Come noto dal principio degli sforzi efficaci:
σ’ = σ – u (36)
e dal criterio di rottura di Coulomb in termini di tensioni efficaci:
τff = c’ + (σff – u) · tanø’ (37)
in cui
τff = resistenza al taglio disponibile sulla superficie di rottura all’istante della rottura
σff = tensione totale normale al piano di rottura considerato all’istante della rottura
u = pressione interstiziale
c’ = coesione
ø’ = angolo di resistenza al taglio.
La resistenza al taglio è determinabile in ogni istante se è noto il valore u della pressione dell’acqua
interstiziale.
In prove di laboratorio eseguite in condizioni non drenate, il valore di u può essere misurato diret-
tamente e, conseguentemente, è possibile analizzare il comportamento del terreno in termini di sfor-
zi efficaci. Nelle applicazioni pratiche invece il problema è molto più complesso in quanto il valore
di u è influenzato dalle caratteristiche strutturali del deposito e dalla non linearità di comportamen-
to del terreno. Dalla difficoltà ed impossibilità pratica di conoscere il valore della pressione intersti-
ziale è prassi corrente l’introduzione di una resistenza definita in termini di tensioni totali, ossia tra-
scurando l’interazione tra lo scheletro solido e l’acqua interstiziale.
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88 MICROPALI
In tale caso il criterio di rottura in termini di tensioni totali è espresso dalla seguente espressione:
τff = cu (38)
dove cu è definita resistenza al taglio iniziale oppure resistenza al taglio in condizioni non drenate o
resistenza in termini di tensioni totali.
Entrambi gli approcci per la valutazione della capacità portante del palo, si basano, su metodi rigo-
rosi o empirici formulati, prevalentemente, sull’osservazione del comportamento di prototipi.
B + 0.5
Rc = ≤ 1 per pali infissi (41)
2B
B + 1.0
Rc = ≤ 1 per pali trivellati (42)
2B + 1
dove B è il diametro del palo espresso in metri.
Per quanto riguarda, infine, la resistenza al taglio in condizioni non drenate cu essa dovrebbe essere
ricavata tenendo conto dello stato tensionale agente, e quindi mediante prove in sito e prove trias-
siali di laboratorio tipo CU (consolidate non drenate).
ca = valore medio dell’aderenza palo-terreno, assunto pari a una percentuale della resistenza in con-
dizioni non drenata media lungo il fusto del palo;
α = coefficiente empirico dipendente dal tipo di argilla, dal metodo di installazione del palo, dal
materiale costituente il palo, e da numerosi altri fattori di importanza minore.
I due problemi principali che sorgono nell’impiego di tale approccio sono costituiti dall’individua-
zione della resistenza al taglio cu e dal valore da assegnare ad anche a causa dell’influenza delle
modalità esecutive.
Infatti per le modalità costruttive risulta che:
• l’infissione di un palo provoca un miglioramento delle caratteristiche di resistenza al taglio del
terreno nelle immediate vicinanze del palo;
• l’esecuzione di un palo trivellato produce in prossimità di esso un aumento del contenuto d’acqua
nel terreno coesivo.
Il modo migliore per determinare il valore di ca è quello di eseguire prove di carico sul palo, ma que-
sto non sempre è possibile e bisogna quindi ricorrere a valori empirici di ca.
Numerosi Autori hanno correlato il valore di ca alla resistenza al taglio in condizioni non drenate cu
(Tomlison, 1957-1970, Peck, 1958, Morgan e Poulos, 1968 e Mc Clelland, 1969-1974).
La figura 3.26 mostra le relazioni tipiche ricavate da tali Autori fra ca/cu e cu.
Secondo Skempton (1959), per i pali trivellati, il valore dell’aderenza palo-terreno è fondamental-
mente governato dalla resistenza al taglio dell’argilla rammollita nella zona immediatamente a con-
tatto con il palo. Tale rammollimento è legato all’aumento di contenuto d’acqua a causa della migra-
zione dell’acqua verso le pareti dello scavo, dovuta allo scarico tensionale prodotto dalla perfora-
zione e dall’assorbimento di acqua dal calcestruzzo che, per motivi di lavorabilità, deve essere
messo in opera con un rapporto acqua-cemento superiore a quello strettamente necessario al pro-
cesso di idratazione del cemento.
Skempton (1959) sulla base delle analisi di prove di carico eseguite su pali trivellati realizzati nel-
l’argilla sovraconsolidata di Londra ha ricavato valori di α compresi fra 0.3 e 0.6, con un valore
medio di 0.45 ed un limite superiore cu = 96 kPa.
Tomlison (1970, 1977) ha compiuto uno studio completo sui valori dell’aderenza di pali infissi in
argille compatte tenendo conto della stratigrafia del terreno e, soprattutto, di come la connessione
laterale all’interfaccia sia influenzata dalla successione stratigrafica. In sostanza, partendo dalla con-
siderazione che durante l’infissione si possa formare, nei primi metri di palo, una scarsa aderenza tra
cu (kN/m2)
Kerisel
Woodward Peck
Ca
____
Cu
Tomlinson
Figura 3.26. Coefficiente di aderenza per pali infissi in argilla (Mc Clelland, 1974)
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90 MICROPALI
il fusto del palo ed il terreno, la resistenza per connessione laterale può variare in funzione del tipo
di terreno sovrastante e del rapporto tra la penetrazione del palo nello strato portante di argilla com-
patta ed il diametro del palo.
Tomlison, ha suggerito i valori del rapporto ca/cu riportati nella seguente tabella 3.1 e nelle figure
3.27 e 3.28, per valori della resistenza al taglio in condizioni non drenate superiori a 48 kPa.
Tabella 3.1. Valori del rapporto ca/cu per pali infissi in terreni coesivi compatti (Tomlison, 1970)
Caso Condizioni stratigrafiche Rp ca/cu
1 Sabbie o terreni ≤ 20 1.25
sabbiosi sovrastanti terreni coesivi
compatti > 20 vedi figura 3.27
2 Argilla tenera o limi ≤ 20 0.40
sovrastanti terreni coesivi compatti > 20 0.70
3 Terreni coesivi ≤ 20 0.40
compatti senza strati di diversa natura
sovrastanti > 20 vedi figura 3.28
Rp = rapporto di penetrazione = lunghezza di penetrazione del palo nell’argilla compatta / diametro del palo
calcestruzzo
Figura 3.27. Metodo di Tomlinson (1970), coefficiente di aderenza per il caso relativo a sabbie e ghiaie sovrastanti terreni
coerenti da compatti a molto compatti
Pali in acciaio
Pali prefabbricati
in calcestruzzo
Figura 3.28. Metodo di Tomlinson (1970), coefficienti di aderenza per il caso di argille da dure a molto dure senza strati sovra-
stanti di diversa natura
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Pali in trazione
Tomlinson, 1957 (pali in calcestruzzo)
Dati gruppo 1
2
3
Pali in compressione
Dati gruppo 1
2
Coefficiente empirico α 3
α cu
Stas e Kulhawy (1984) sulla base dei risultati di 106 prove di carico su pali trivellati hanno ricava-
to la seguente correlazione (vedi anche figura 3.29):
pa
α = 0.21 + 0.26 ⋅
cu
Valore di α
1 diametro al di sopra
della base del palo 0 ––
Figura 3.30. Valori di α, per pali trivellati in argilla raccomandati da Reese e O’Neil
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92 MICROPALI
Cu (kg/cm2)
Figura 3.31. Coefficiente empirico α consigliato dalle raccomandazioni dell’AGI per pali infissi
Cu (kg/cm2)
Figura 3.32. Coefficiente empirico α consigliato dalle raccomandazioni dell’AGI per pali trivellati
valori di α riportati in letteratura, come ad esempio riepilogato in figura 3.33, a sottolineare l’ina-
deguatezza di tale approccio empirico a cogliere tutti gli aspetti che influenzano la resistenza di un
palo per connessione laterale. Probabili spiegazioni sono da ricercarsi nella difficoltà di conglobare
in un unico parametro i complicati meccanismi ed i numerosi fattori che influenzano la resistenza di
un palo e la difficoltà di valutare appropriati valori di resistenza al taglio non drenata che tengano
conto dell’effetto dell’installazione del palo.
Da tali considerazioni scaturisce pertanto l’esigenza di rivolgere l’attenzione a quei metodi che ana-
lizzano il fenomeno in termini di tensioni efficaci.
Burland (1973) ha sviluppato un procedimento empirico in termini di tensioni efficaci basato sulle
seguenti quattro assunzioni:
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94 MICROPALI
K0
Analisi
Profondità di penetrazione (ft)
Skempton
Bishop et al
Profondità (m)
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22.8
K ≥ K0
K0 = 1 – sinφ’ per argille
normalconsolidate
30.2
Profondità del palo (m)
3.3.2. VALUTAZIONE PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI NEI TERRENI NON COESIVI
La valutazione della capacità portante di un palo immerso in un terreno non coesivo è effettuata tenen-
do conto della natura dei terreni e facendo riferimento ad approcci in termini di tensioni efficaci.
Inoltre tenendo conto che nei terreni a grana grossa è praticamente impossibile ottenere dei campioni
indisturbati, oltre a ricavare i parametri di resistenza al taglio dai risultati delle prove in sito (prove
SPT, CPT ecc.) sono stati messi a punto metodi per la valutazione della capacità portante dei pali diret-
tamente dalle prove in sito, come verrà più avanti descritto. Di seguito si riporteranno i metodi princi-
pali ed i diversi approcci disponibili per la valutazione della capacità portante nei terreni non coesivi.
96 MICROPALI
1.5
Profondità (m)
2.5
Sabbia Sabbia mediamente
sciolta addensata (G-2)
(G-1)
3.0
3.5
Figura 3.39. Variazione della portata unitaria limite di base in funzione della lunghezza del palo (Vésic, 1967)
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qb (MN/m2) qb (MN/m2)
1 2 3 5 7 10 20 1 2 3 5 7 10 20 30
10 10
0.75
0.5
20 20 0.75
I0 =1 I0 =1
30 30
0.5 0.25
50 50
70 70
100 100
0.25
σ’v
(kN/m2)
200 200
300 300
500 500
1 2 3 5 7 10 20 30 50
10
0.5
0.75
20
30
0.25
I0 =1
50
70
100
σ’v
(kN/m2)
200
300
500
Figura 3.40. Abachi per il calcolo del valore di ql (Fleming et al., 1992)
golo d’attrito a volume costante. Come si può notare, la resistenza alla base aumenta con la profon-
dità tendendo asintoticamente, per lunghezze usuali di palo, a valori pari a circa 10-15 MPa, in
accordo a quanto suggerito da Coyle e Castello (1981) e te Kamp (1977) e mostrato in figura 3.41.
Per i pali infissi di medio diametro, specie in terreni mediamente addensati (φ’ ≤ 35°) è prevalso l’uso
Valori limite della portata unitaria di base (MN/m2)
Sabbie da fini a
grossolane, OCR = 1
98 MICROPALI
Tabella 3.2. Confronto tra la portata di base di pali trivellati e pali infissi in terreni sabbiosi (De Beer, 1984)
Cedimento relativo (s/D) Portata di base mobilizzata
da un palo trivellato/portata di base mobilizzata da un palo infisso
0.05 0.15 – 0.21
0.10 0.30 – 0.50
0.25 0.50 – 0.70
∞ 1.00
Bk
28
palo trivellato è appena un terzo o metà del valo-
re che compete ad un palo infisso.
In questo caso occorre, pertanto, fare riferimento
non al valore limite ql, ma ad un limite conven- 1500 24
nella quale σ’h è la tensione orizzontale esistente lungo il fusto dopo l’installazione del palo e δ’ è
l’angolo d’attrito palo-terreno. Il valore di σ’h è assunto in genere proporzionale al valore della ten-
sione geostatica σ’ν0, ma l’entità del rapporto K dipende dalla densità relativa della sabbia e dal meto-
do d’installazione del palo. In particolare, nel caso di pali infissi, il valore di K può essere prossimo
al coefficiente di spinta passiva Kp in corrispondenza della superficie e può anche essere inferiore al
coefficiente di spinta a riposo in prossimità della punta.
Con riferimento alla formula (52) si può definire:
β = K · tanδ’ = τl/σ’ν0 (53)
Nella (53) il rapporto τl/σ’ν0 è da intendersi come rapporto “locale” e non tra i valori medi lungo l’in-
tero fusto, come inteso in altre formulazioni del metodo β.
Il fattore β non ha il significato fisico evidente quanto σ’h, ma ha il vantaggio di essere quel fattore
che, moltiplicato per σ’ν0 (generalmente noto senza apprezzabili incertezze) fornisce direttamente il
valore di τl, inglobando quindi le incertezze riguardanti K e tan δ ’.
Per i pali infissi utilizzando l’espressione (52), il problema si riconduce alla valutazione di K e di δ’
alle profondità d’interesse.
Le seguenti tabelle 3.3 e 3.4 riportano i valori proposti per K e δ’ da Kulhawy et al. (1983).
Tabella 3.3. Valori di K proposti da Kulhawy et al. (1983)
Pali “a spostamento” K/K0
Limitato 3/4 – 5/4
Elevato 1.0 – 2.0
Come si può notare secondo quanto suggerito da Kulhawy et al., il valore di K dipende da quello del
coefficiente di spinta a riposo K0 mentre quello di δ’ dal valore dell’angolo di resistenza al taglio del
terreno φ'.
Per quanto riguarda il rapporto δ’/φ’ le ricerche di Kishida e Uesugi (1987) e Jardine et al. (1993)
portano a considerare valori nell’intervallo compreso fra 0.75 e 1.0, con valori prossimi all’unità
assumendo come limite massimo φ’ = φ’cν, dove φ’cν è l’angolo a volume costante.
La seguente tabella 3.5 riporta, per i pali battuti, i valori indicativi forniti dalle raccomandazioni
dell’AGI sui pali di fondazione (1984).
La figura 3.44 mostra, inoltre, i valori di K e δ’ proposti da Nordlund (1963) per pali infissi.
Per i pali trivellati sulla base dell’espressione (52), la resistenza laterale può essere calcolata median-
te le seguenti tre diverse formulazioni.
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
100 MICROPALI
(δ = φ–)
80
20 ≤ Dmin ≤ 25 cm
60
conicità 1.5%; δ = φ–
φ– K
40
25 1.85
30 4.00
20
35 7.99
0
0 1 2 3
Coefficiente K
Figura 3.44. Valori del coefficiente K per pali infissi (Nordlund, 1963)
1. Formulazione K · tanδ’
Questa formulazione non è altro che l’espressione (52) adottando opportuni valori di K e tanδ’. Ha
il vantaggio di essere del tutto generale e di mantenere evidenziate le grandezze che determinano τl,
ma non comprende raccomandazioni per la scelta di K e tanδ’. Occorre notare che, a rigore, K non
è né il coefficiente di spinta a riposo nel terreno originario né quello dopo la realizzazione del palo,
ma quello che si instaura durante lo scorrimento. Inoltre tale fattore K, è fortemente influenzato dalle
modalità esecutive (perforazione, sostegno foro, fluidità del calcestruzzo, tempi d’esecuzione, ecc.),
oltre che dalla natura del terreno (granulometria, struttura, densità, stato tensionale).
Chen e Kulhawy (1994) hanno proposto, sulla base dell’osservazione di molte prove di carico, i
valori di seguito riportati, in funzione del coefficiente di spinta a riposo K0.
Tipo di perforazione A secco Con tubo camicia Con fanghi
K/K0 0.83 0.67 0.92
Le raccomandazioni dell’AGI suggeriscono di adottare valori di K compresi fra 0.4 e 0.7, decre-
scenti con la profondità. Per pali a trazione, viene in generale raccomandato un valore di K pari al
70% del valore assunto per i pali a compressione.
Secondo Toume e Reese si possono assumere i seguenti valori per K:
K = 0.7 per z < 7.5 m
K = 0.6 per 7.5 < z < 12 m
K = 0.5 per z > 12 m.
Per quanto riguarda il valore δ’ di è possibile supporre che per effetto della scabrezza all’interfaccia
tutto l’attrito disponibile sia mobilitato e quindi si abbia δ’ = φ’. Nel caso si vogliano considerare
eventuali fenomeni di rammollimento del terreno si può assumere δ’ = φ’cν ÷ φ’ (Fleming et al.,
1992).
3. Formulazione τl = β · σ’ν0
In questo caso, la determinazione della resistenza laterale è effettuata associando ad un unico para-
metro β (privo di significato fisico) le influenze dei diversi fattori. La formulazione si basa sull’os-
servazione del comportamento di molti pali in vera grandezza ed è in grado di rispecchiare fedel-
mente la realtà.
Reese e O’Neill (1988) raccomandano, indipendentemente dal diametro, dalla posizione della falda,
dal valore di φ’ e dal metodo d’esecuzione, il seguente andamento con la profondità:
β = 1.5 – 0.245 · Z0.5 con 1.2 ≥ β ≥ 0.25 (54)
essendo Z la profondità espressa in metri e con il limite di τl = β · σ’ν0 ≤ 200 kPa
Inoltre per profondità maggiori di 26 m si ha β costante e pari a 0.25.
Reese e O’Neill sottolineano l’indipendenza di β dal valore dell’angolo di resistenza al taglio φ’. Essi
notano che le operazioni di perforazione e lo scarico tensionale provocano forti deformazioni di
taglio nel terreno all’interfaccia, che fanno raggiungere a φ’ un valore comune, corrispondente allo
stato critico, indipendente dal valore iniziale. Ne concludono che la marcata diminuzione general-
mente osservata di β con la profondità dimostra principalmente la diminuzione in generale di K con
la profondità.
O’Neill e Hassan (1994) sulla base dell’analisi di tutti i dati pubblicati in letteratura hanno riporta-
to i seguenti andamenti cautelativi per quanto riguarda l’andamento di β con la profondità (vedi
anche figura 3.45).
0 1.0 2.0
0
N=2
9.5
2.5
10
(Cementato)
15
z (m)
20
102 MICROPALI
Per le sabbie:
β = 1.5 – 0.42 · z0.34 con 1.2 ≥ β ≥ 0.25 e per valori di N ≥ 15 (55)
Essendo z la profondità espressa in metri ed N il numero dei colpi per 300 mm d’avanzamento di
una prova penetrometrica dinamica SPT (Standard Penetration Test).
Se N è inferiore a 15 il valore di β deve essere moltiplicato per il rapporto N/15.
Per sabbie con ghiaia, ghiaie o ciottoli:
β = 2.0 – 0.15 · z0.75 con 1.8 ≥ β ≥ 0.25 per valori di N ≥ 15 (56)
e con z la profondità espressa in metri.
Si può notare che, in generale, le tre formulazioni sopra descritte differiscono considerevolmente.
Infatti la formulazione (3) fa diminuire il valore di β da 1.2, o 1.8, a 0.25 (nel campo delle lun-
ghezze del palo più frequenti), la formulazione (2) assume un valore di β praticamente costante e
pari a 0.3 ed anche la formulazione (1) generalmente assume un valore di β che diminuisce poco
con la profondità, in contrasto con le molte osservazioni che confermano invece la marcata dimi-
nuzione di β.
La formulazione di β, che più fedelmente rispecchia la realtà, appare dunque preferibile. Essa “pre-
vede” correttamente sia il mancato aumento di τl da una certa profondità, sia la diminuzione di β con
la profondità (“effetto lunghezza”). Tale diminuzione (ovvero eccedenza di β in prossimità della
superficie rispetto ai valori correntemente attribuiti a K · tan δ ’), ormai confermata da tempo da
molte sperimentazioni, è dovuta principalmente ai seguenti motivi:
• Riduzione della tendenza alla dilatanza con la profondità con conseguenti tensioni di rottura pro-
porzionalmente più alte in superficie.
• Diminuzione di φ’con la profondità per effetto della curvatura dell’inviluppo di rottura.
• Accentuazione dell’effetto arco con la profondità e quindi crescita meno che proporzionale con la
profondità delle tensioni di serraggio.
Inoltre, la ricompressione delle pareti del foro da parte della spinta del calcestruzzo fluido (pari ad
una colonna d’altezza all’incirca costante), comporta benefici proporzionalmente più importanti in
prossimità della superficie.
Un altro approccio per valutare la resistenza laterale di pali trivellati in terreni non coesivi è basato
sulla possibile relazione fra τl e la pressione esercitata dalla colonna di calcestruzzo fluido (“criterio
di Mayer”).
Secondo il criterio di Mayer (1935), la pressione mutua fra palo e terreno è data dalla pressione del
calcestruzzo fluido nella fase di getto. Il valore della pressione cresce linearmente in profondità con
l’altezza Z della colonna di calcestruzzo che può
mantenersi allo stato fluido prima che ne inizi la
presa (Z = 8 ÷ 10 m); oltre tale profondità, il
valore della pressione fra palo e terreno rimane
Z = 8 ÷ 10 m
ovviamente costante.
8m 2·3·8
La portata laterale risulta pertanto pari a:
10 m
Z–8m
0.5
0.4 =0
δ/c 3 + c/B
1
0.00 Ksp =
2 1 + 300 δ/c
0.00 10
0.3 c = spaziatura delle discontinuità
0.005 δ = apertura delle discontinuità
Valore di K sp
0.1
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0
Rapporto c/B
Nota: Il coefficiente Ksp tiene conto dell’effetto scala e della presenza delle discontinuità e
contiene un coefficiente di sicurezza nominale pari a 3 nei confronti della capacità
portante della fondazione per rotture locali. Nel caso di una rottura generalizzata della
fondazione il coefficiente di sicurezza può essere pari o superiore a 10 (Ladangi et
al., 1974; Franklin e Gruspier, 1983)
104 MICROPALI
10
e
ial
er
at
lm
de
o
gli
Correlazione suggerita per pali
ta
al
convenzionali di grande diame-
5 za
en
tro, (Horvath et al., 1980 -
ist
Horvath, 1982)
s
Re
=
w
σc
5
P6
0.
Pali convenzionali
P3
P4 P1, P2 & P5
0
0 5 10 15 20 25 30 35 40
Figura 3.48. Andamento della resistenza unitaria laterale limite in funzione della resistenza a compressione monoassiale
della roccia secondo Horvath et al. (1983)
1.0
0.9
0.8
0.7
Fattore moltiplicativo α = τl /qu
0.6
0.4
0.3
0.2
0.1
0.0
1 10 100
1.0
0.9 Argilliti
Argilliti
0.8 Arenarie
Fattore moltiplicativo α = τl /qu
Figura 3.49. Andamento della resistenza unitaria laterale limite in funzione della resistenza a compressione monoassiale
della roccia secondo Williams e Pells (1981)
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
1.2
α = ψ (cu/pa o qu/2pa)-0.5
1
1
0.8
Fattore di adesione α
Pali in roccia
α
0.6
(Williams e Pells)
0.1 Argille
Argilliti 0.4
Altre argilliti
Arenarie, calcari, marne
0.2 Pali in argilla
Argilla Roccia (Tomlinson)
0.01 Tenera
Media Dura M. dura Eccez. dura Tenera Media Compatta
0
0.1 1 10 100 1000 0.03 0.1 0.3 1 3 10 30 100
cu (MPa)
ca/pa, qu/2pa
Figura 3.50. Valori di α in funzione della resistenza a com- Figura 3.51. Confronto fra i valori di α rispettivamente per
pressione monoassiale (Kulhawy & Phoon, 1993) pali in argilla e per pali in roccia dove cu = qu/2
Per quanto concerne la resistenza unitaria laterale limite lungo il fusto del palo, in accordo a Horvath
e Kenney (1989) la resistenza ultima può essere correlata alla resistenza a compressione monoas-
siale qu della roccia:
τ l = 6.656 qu ( kPa ) (61)
La figura 3.48 mostra dei dati sperimentali sulla resistenza ultima lungo il fusto del palo, forniti da
Horvath et al. (1983). La figura 3.49, analogamente, mostra la variazione della resistenza limite
lungo il fusto del palo in funzione della resistenza a compressione monoassiale della roccia
(Williams e Pells, 1981).
Con riferimento alla formula τl = α · qu, che permette di determinare il valore della resistenza ulti-
ma lungo il fusto del palo in funzione della resistenza alla compressione monoassiale della roccia
mediante un fattore moltiplicativo α, Kulhawy & Phoon (1983) sulla base di numerosi dati relativi
a prove di carico hanno ricavato una correlazione fra e la resistenza a compressione monoassiale
della roccia come mostrato in figura 3.50.
La figura 3.51 mostra inoltre un confronto fra i valori di α rispettivamente per pali in argilla e per
pali in roccia dove cu = qu/2.
3.3.4.VALUTAZIONE PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI SULLA BASE DEI RISULTATI DELLE
PROVE SPT
Per quanto concerne i terreni non coesivi sono state messe a punto numerose correlazioni in grado
di valutare sia la portata unitaria limite di base ql sia la resistenza unitaria laterale limite τl. Tali meto-
di sono basati sull’analisi dei risultati di prove di carico su pali in vera grandezza, eseguite in terre-
ni di resistenza penetrometrica nota.
106 MICROPALI
τl = K · N (MN/m2)
Pali infissi gettati in Terreni incoerenti fb = 3·0 MN/m2 Shioi & Fukui (1982)
sito
fb > 7·5 MN/m2
0.15 Yamashita et al. (1987)
fb = 0·09 (1+0·16z)
Terreni coesivi – Yamashita et al. (1987)
dove z = profondità della base
del palo
Figura 3.52. Correlazioni fra la portata unitaria limite di base ed il valore di N (da prove SPT)
Reese e O’Neil, (1988), per pali trivellati, sulla base di un elevato numero di prove di carico, hanno
proposto di valutare il valore di ql,crit secondo le seguenti correlazioni basate sulle prove SPT.
Quando il diametro del palo B è superiore a 1.30 m, gli Autori raccomandano di introdurre un fatto-
re correttivo riducendo il valore di ql,crit secondo la seguente relazione:
1.3
ql ,critrio = ⋅ ql ,crit (63)
B
τl = α + β · N (MN/m2)
Pali infissi Terreni incoerenti 0 2.0 τl = valore medio lungo Meyerhof (1956)
il fusto del palo
Valore medio di N lungo
il fusto del palo Shioi & Fukui (1982)
Ridurre nella metà i
valori di τl nel caso di
pali infissi con piccoli
spostamenti
Decour (1982)
Terreni incoerenti e 10 3.3 Tipo di palo non
coesivi specificato
50 ≥ N ≥ 3
τl > 170 kN/m2
Coesivi 0 10 Shioi & Fukui (1982)
Pali infissi gettati in Terreni incoerenti 30 2.0 τl > 200 kN/m2 Yamashita et al. (1987)
sito
0 5.0 Shioi & Fukui (1982)
3.3
0 Wright & Reese (1979)
Figura 3.53. Correlazioni fra la resistenza unitaria laterale limite ed il valore di N (da prove SPT)
3.3.5.VALUTAZIONE PRATICA DELLA CAPACITÀ PORTANTE DEI PALI SULLA BASE DEI RISULTATI DELLE
PROVE CPT
Molti sono i metodi pubblicati in letteratura per valutare la capacità portante dei pali di fondazione
direttamente sulla base delle prove CPT.
Robertson et al. (1988) utilizzarono 13 differenti metodi per valutare la capacità portante di otto pali
successivamente sottoposti a prove di carico per misurarne l’effettiva capacità portante. I pali erano
in acciaio ed infissi in terreni prevalentemente a grana fine.
I valori di capacità portante ricavati dall’interpretazione delle prove di carico furono compresi fra
170 kN e 8000 kN.
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108 MICROPALI
I risultati di questo esercizio hanno mostrato che le procedure basate sui risultati delle sole prove
CPT forniscono la migliore previsione della effettiva capacità portante dei pali.
Il metodo che, inoltre, ha fornito la migliore previsione è stato quello di Bustamante e Gianeselli
(1982), seguito da quello di Ruiter e Berigen (1979) e Schmertmann (1978). Altri metodi basati sulle
prove CPT ed utilizzati da Robertson et al., sono stati quelli di Zhou et al. (1982), Van Mierlo e
Koppejan (1952) e Van Impe (1986).
Tand e Funegard (1989) hanno applicato diversi metodi, fra i quali alcuni basati sulle prove CPT, per
prevedere la capacità portante di 13 pali sottoposti a prove di carico. I pali utilizzati erano sia in cal-
cestruzzo sia in acciaio infissi in argille sovraconsolidate dure del golfo del Messico. I valori di capa-
cità portante ultima misurati variavano da 670 a 4880 kN. La procedura basata sulle prove CPT e
proposta da Ruiter e Beringen (1979) ha fornito la migliore previsione rispetto agli 8 metodi utiliz-
zati. Tand e Funegard (1989) utilizzarono anche altri metodi convenzionali ma, a parte quello pro-
posto da Vijayvergiya e Focht (1972), essi hanno fornito una previsione meno soddisfacente rispet-
to ai metodi basati sulle prove CPT.
Sharp et al. (1988) confrontarono due metodi basati sulle prove CPT e tre metodi basati sulle prove
SPT, analizzando i risultati di 28 prove di carico. Essi conclusero che tutte le procedure sovrastima-
vano la capacità portante dei pali. Tuttavia i due metodi basati sulle prove CPT generalmente forni-
vano una migliore previsione essendo ancora il metodo di Bustamante e Gianeselli il più accurato,
il quale sovrastimò la capacità portante dei pali di circa il 30%, una sovrastima contenuta rispetto a
quella ottenuta con i metodi basati sulle prove SPT.
Tali studi ed altri pubblicati in letteratura mostrano come i metodi basati sulle prove CPT, per valu-
tare la capacità portante dei pali, siano più accurati rispetto ad altri metodi più convenzionali. La
principale ragione è dovuta al fatto che le prove CPT forniscono un profilo continuo delle caratteri-
stiche dei terreni di fondazione.
Di seguito si descrivono i due metodi più utilizzati nella pratica progettuale: il metodo di Bustamante
e Gianeselli (1982) ed il metodo di Ruiter e Beringen (1979). Il metodo di Schmertmann (1978) è
simile ma più complesso del metodo di Ruiter e Beringen (1979) e non sarà pertanto descritto.
Categoria
Categorie – IA: pali trivellati a secco, pali trivellati con sostegno delle pareti mediante fanghi, pali realizzati con elica continua e tubo forma centrale,
micropali (iniettati a bassa pressione). IB: Pali trivellati con sostegno delle pareti dello scavo mediante tubazione, pali infissi gettati in opera. IIA: Pali
infissi prefabbricati in cemento armato o precompresso, pali in profilati o in tubi di acciaio. IIIA: Pali infissi iniettati. IIIB: Pali iniettati ad alta pressione;
micropali (iniettati ad alta pressione).
Nota: I limiti massimi di τl indicati fra parentesi devono applicarsi a pali eseguiti con molta cura e avendo arrecato al terreno il minimo disturbo.
ql = kc · qca (65)
a
qc
τl = (66)
Profondità
α LCPC
110 MICROPALI
Sabbia Argilla
20
Valore limite di 15 MPa per
Resistenza Minimo di f = α · su tutti i terreni incoerenti
unitaria f1 = 0.12 MPa dove Sabbia da
15
Figura 3.57. Metodo di De Ruiter e Beringen (1979) per valu- Figura 3.59. Portata unitaria limite di base per sabbie sovra-
tare la capacità portante di un palo sulla base delle prove CPT consolidate (De Ruiter e Beringen,1979)
dove
qt = resistenza alla punta corretta per effetto della pressione interstiziale
σν0 = tensione verticale totale presente in sito
k1, k2 = costanti da determinare.
La costante k1 varia in funzione di (qt – σν0)/σ’ν0, come mostrato in figura 3.60.
Almeida et al. (1996), suggeriscono di utilizzare per il valore di k1 il valore medio riportato in figu-
ra 3.60. Tale valore medio può essere espresso mediante la seguente relazione:
k1 = 12 + 14.9 · log((qt – σν0)/σ’ν0) (69)
Tuttavia, nel caso di un basso indice di plasticità (Ip < 20%) e/o con un basso contenuto di argilla è
raccomandato di utilizzare il limite superiore sempre indicato in figura 3.60.
In alternativa può essere assunto un valore di k1 pari a 40 per bassi valori di (qt – σν0)/σ’ν0 e intorno
a 45 per terreni più consistenti. Una riduzione di k1 per valori di L/D superiori a 60 deve essere appli-
cata secondo le raccomandazioni di Randolph e Murphy (1985).
I valori suggeriti da Almeida et al (1996), per la resistenza unitaria laterale limite, sono del tutto
simili a quelli che si ottengono adottando il tradizionale approccio in termini di tensioni totali (α)
per i pali in argilla (Randolph e Wroth, 1982).
Per quanto concerne il valore di k2 si ha:
k2 = Nkt / 9 (70)
dove Nkt è il fattore di cono utilizzato per ricavare, dalla resistenza alla punta, il valore della resi-
stenza al taglio non drenata, che normalmente varia da 10 a 30.
In generale le raccomandazioni di Almeida et al. (1996) sono meno conservative rispetto al metodo
proposto da Bustamante e Gianeselli (1982).
In conclusione viene raccomandato (Lunne et al., 1997) di utilizzare i metodi di Bustamante e
Gianeselli (1982), De Ruiter e Beringen (1979) e (per le sole argille) il metodo di Almeida et al.
(1996) e di adottare per il dimensionamento dei pali il valore di capacità portante più basso ottenu-
to dai differenti metodi. Nel caso si abbia una consolidata esperienza già acquisita nel sito in ogget-
to, può essere adottato il solo metodo che ha già fornito, sulla base di prove di carico, la migliore
previsione.
ore
superi
Limite
re
inferio
Limite
Valore medio
Figura 3.60. Valori del coefficiente k1 per pali infissi in argilla (Almeida et al., 1996)
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112 MICROPALI
Palo in acciaio
Profondità z (m)
Linee guida API
Gruppo di strumentazione
Lunghezza del palo
Distanza dalla
base del palo (h)
Minimo Massimo
Punta conica
Decadimento
idealizzato ad
andamento
esponenziale
10 m
Tipico profilo
da prove in sito Tensione tangenziale locale (k P a)
114 MICROPALI
dove
f0 = resistenza laterale limite esterna
1
A0 = superficie laterale del palo con riferimento al diametro esterno del palo ⋅ π ⋅ d02
qp = portata unitaria limite di base 4
Ap = area della superficie di base del palo
d0 = diametro esterno del palo.
Nel caso 3 si ha invece:
Qu,0 = ∑ f0 · A0 + ∑ fi · Ai + qw · Aw – W (73)
dove
f0,fi = resistenza laterale limite esterna ed interna
A0,Ai = superficie laterale del palo con riferimento rispettivamente al diametro esterno ed
interno del palo
qw = portata unitaria limite di base
Aw = area della superficie anulare del palo = π · t · (d0 – t)
t = spessore del palo a punta aperta
d0 = diametro esterno del palo.
Per ciascuna penetrazione del palo, vengono pertanto valutati i valori di Qu,c e Qu,o. Il valore finale
assegnato alla capacità portante assiale del palo, a punta aperta, è pertanto governato dal valore infe-
riore fra i due.
Pertanto per un palo a punta aperta si avrà il caso “fully plugged” se:
Qu,o > Qu,c
oppure quando:
∑ fi · Ai > qp · A’p
dove
1
A’p = area del tappo (“plug”) = ⋅ π ⋅ di2
4
di = diametro interno del palo.
Questa condizione si verifica, normalmente, in terreni di relativamente modesta portata di base come
argille e limi. In sabbie dense spesso governa la condizione opposta senza pertanto la formazione del
tappo (“unplugged”):
Qu,c > Qu,o
e pertanto:
qp · A’p > ∑ fi · Ai
Le recenti ricerche compiute presso l’Imperial College di Londra da Jardine e Chow (1996/1997)
hanno condotto alla definizione di nuovi approcci per la progettazione dei pali infissi in terreni
coesivi e non coesivi. Tali ricerche, sebbene indirizzate principalmente ad una razionalizzazione
della progettazione nel campo dell’ingegneria off-shore, e quindi espressamente dedicate a tali
applicazioni, permettono, anche nei casi più usuali di utilizzo di pali infissi, una migliore com-
prensione di fenomeni poco investigati razionalmente, nonché di fruire di nuovi strumenti proget-
tuali.
Il metodo proposto da Jardine e Chow è stato denominato metodo ICP da Imperial College Pile che
è il palo strumentato, utilizzato per la ricerca, in acciaio a punta chiusa, strumentato con celle di cari-
co, trasduttori di pressione totale, interstiziale e di temperatura, lungo da 6 a 20 m, con diametro pari
a 10 cm (vedi figura 3.64).
Pertanto sulla base delle indicazioni di Jardine e Chow (1996), nel caso di pali in sabbia, le figure
3.65 e 3.66 riportano la procedura proposta dagli Autori per determinare la portata limite di base. Le
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Diametro = 0.1016 m
A1 Portata di base
Con riferimento alla resistenza alla punta qc di prove CPT, si assume il
valore medio di q– c in un tratto della lunghezza di 1.5 volte il diametro,
al di sopra e al di sotto della punta del palo. DCPT = 0.036 m, inoltre si
assume un limite inferiore pari a qb = 0.13 q – per D > 2 m
c
Figura 3.65. Metodo di Jardine e Chow (1996), procedura per valutare la capacità portante di base di un palo infisso in sabbie
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116 MICROPALI
Figura 3.66. Metodo di Jardine e Chow (1996), procedura per valutare la capacità portante di base di un palo infisso in sabbie,
simbologia adottata
figure 3.67 e 3.68 riportano la procedura, proposta da Jardine e Chow (1996) per valutare la resi-
stenza laterale limite, per pali infissi in sabbia.
Analogamente per pali in argilla, la figura 3.69 riporta la procedura per valutare la portata limite di
base ed, infine, le figure 3.70 e 3.71 riportano le indicazioni per valutare, in argille, la resistenza late-
rale limite.
Tenendo presente che uno degli aspetti più difficili, in sede progettuale, riguarda la determinazione
della resistenza laterale limite, il metodo di Jardine e Chow è stato applicato, come esempio, al cal-
colo della resistenza laterale limite per un palo a punta chiusa del diametro di 1 m e della lunghez-
za di 50 m in un deposito sabbioso uniforme caratterizzato da diversi valori della densità relativa.
La figura 3.72 riporta l'andamento con la profondità della resistenza laterale limite. Come si può
notare la tensione orizzontale efficace agente sul palo e conseguentemente la resistenza laterale
agente è fortemente influenzata dal valore della densità relativa.
Le figure 3.73-3.77, confrontano, per ogni valore della densità relativa, la resistenza laterale limite
calcolata con il metodo e con il metodo suggerito dalle API (le cui indicazioni sono riportate in figu-
ra 3.78) e assumendo come angolo di attrito, fra terreno e palo, 32°.
Come si può notare per valori della densità relativa inferiori al 50%, la resistenza laterale limite cal-
colata con il metodo ICP è sensibilmente inferiore a quella calcolata con il metodo API mentre per
valori di DR superiori al 50% si ha il contrario.
Come conseguenza, è chiaramente evidenziato dagli Autori, il metodo suggerito dalle API non è cau-
telativo nei depositi di sabbie sciolte e per pali caratterizzati da alti valori del rapporto L/D (lun-
ghezza/diametro) ed invece è estremamente conservativo nei depositi di sabbie dense e quando il
rapporto fra lunghezze e diametro del palo è basso.
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
C3
Tensione radiale efficace locale
Funzione della resistenza da prove CPT, tensione verticale
efficace pressione in sito (tensione geostatica) normalizzata
alla pressione atmosferica Pa = 100 kPa e h/R. Il valore di
h/R è limitato al valore minimo di 8.
C6 Pali in trazione
L’equazione C6 dovrebbe essere usata al posto dell’equa-
zione C2
D3
Raggio modificato
Sostituire nell’equazione C3 per ottenere l’equazione D3;
h/R* > 8.
In trazione
Figura 3.67. Metodo di Jardine e Chow (1996), procedura per valutare la capacità portante per connessione laterale di un palo
infisso in sabbie
Tensione
verticale efficace
presente in sito tensione radiale efficace dopo
(tensione l’installazine del palo dipendente Leggenda:
geostatica) dai valori locali di qc, σ’v0 e h/R
Profondità relativa
ristretto alla base (Come il palo è caricato σ’rc σ’rf)
del palo = h
Figura 3.68. Metodo di Jardine e Chow (1996), (a) definizione dei parametri per la definizione della tensione radiale efficace,
(b) andamento dell’angolo di resistenza al taglio all’interfaccia fra il palo ed il terreno
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118 MICROPALI
E1 Carico in condizioni non drenate La portata di base è controllata dalla resistenza alla punta da prove CPT in corri-
spondenza della punta del palo e dalle condizioni di drenaggio durante l’applicazio-
ne del carico. Il valore di –
qc è relativo alla media del valore della resistenza alla
punta in un tratto pari a 1.5 volte il diametro, al di sopra e al di sotto della punta del
Carico in condizioni drenate palo
F1 La formazione del tappo alla base del palo è fornita dal criterio di fianco indicato. Da
Se è inferiore a 36, notare che DCPT = 0.036 m e che la pressione atmosferica è PA = 0.1 MPa o 100
kPa
in corrispondenza della punta del palo si forma un tappo (plug)
F2 Pali con piena formazione del tappo alla base (fully plugged) sviluppano metà della
portata di base relativa a pali a punta chiusa, come indicato nell’equazione E1 dopo
Carico in condizioni
un cedimento della testa del palo di D/10
non drenate
Carico in condizioni
drenate
F3 Pali senza formazione del tappo (unplugged) sono in grado di fornire una capacità
portante di base solamente attraverso la sezione anulare dei palo. La resistenza alla
Carico in condizioni base del palo è pari al valore medio della resistenza alla punta da prove CPT in cor-
non drenate rispondenza della base del palo. Questo può essere aumentato di un fattore pari a
Carico in condizioni 1.6 in condizioni drenate. Il contributo dovuto alla tensione di taglio interna deve
drenate essere ignorato
Figura 3.69. Metodo di Jardine e Chow (1996), procedura per valutare la capacità portante di base di un palo infisso in argilla
Figura 3.70a. Metodo di Jardine e Chow (1996), (a) procedura per valutare la capacità portante per connessione laterale di un
palo infisso in argilla, (b) andamento di cu/σ0 in funzione di OCR ricavato da prove di laboratorio triassiali CU K0
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
Argilla di media
plasticità
Figura 3.70b. Cu/σ’v0 – OCR per campioni di argilla consolidati in condizioni K0 (Jardine, 1985)
Indice di plasticità, %
Definizione di ∆Ivy e Iw, Iw = (eo – e’o)/C’c; ∆Ivy =(ey – e’y)/C’c; YSR = σvy/σ’v0
Figura 3.72. Esempio per la valutazione della resistenza laterale limite di un palo infisso in sabbia a punta chiusa del diametro
di 1 m e della lunghezza di 50 m, in funzione di diversi valori della densità relativa, adottando il metodo di Jardine e Chow (1996)
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
120 MICROPALI
Figura 3.73. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni
dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 35% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m
Figura 3.74. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni
dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 50% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m
Figura 3.75. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni
dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 70% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m
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Figura 3.76. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni
dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 80% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m
Figura 3.77. Confronto fra la resistenza laterale limite calcolata con il metodo di Jardine e Chow (1996) e con le raccomandazioni
dell’API, per un palo a punta chiusa, infisso in sabbie con densità relativa del 90% , del diametro di 1 m della lunghezza di 50 m
122 MICROPALI
Terreno
Terreno compressibile
qLI qLI
compressibile
D
D
Sabbia
densa
Db - 10 B
- 10 B
qP qP
Sabbia
qL2 densa qL2
Terreno
compressibile
(a) (b)
dove Em è l’energia fornita dal maglio in un colpo pari a Em = W · h per magli a caduta libera di peso
W e altezza di caduta h, mentre è fornita direttamente dal costruttore per magli a vapore e diesel; e– è
un coefficiente di efficienza del maglio i cui valori indicativi sono mostrati nella seguente tabella 3.6.
Tabella 3.6. Efficienza dei diversi tipi di battipalo
Tipo di maglio Valore di –e
A caduta libera – a scatto 1.0
A caduta libera – a fune ed argano 0.75
A caduta libera – a frizione 0.7 ÷ 0.8
A vapore – a semplice effetto 0.75 ÷ 0.85
A vapore – a doppio effetto 0.85
A vapore – ad effetto differenziale 0.75
Diesel 0.7 ÷ 1.0
Le formule dinamiche di più frequente impiego si differenziano fra di loro per la diversa espressio-
ne del lavoro dissipato Lp.
Le più diffuse sono le seguenti.
Formula di Janbu
e ⋅ Em
Q1 = (76)
r⋅K
dove:
λ
K = C ⋅ 1 + 1 + (77)
c
Em ⋅ L
λ=
A ⋅ E ⋅ r2 (78)
Wp
C = 0.75 – 0.15 ⋅ (79)
W
in cui A, E ed L sono rispettivamente l’area della sezione, il modulo di elasticità e la lunghezza del
palo; e– è l’efficienza del battipalo; r è il rifiuto; Wp e W sono il peso del palo e del maglio.
Formula danese
e ⋅ Em
Ql = (80)
e ⋅ Em ⋅ L
r+
2⋅A⋅E
Il valore del rifiuto r da introdurre nelle formule è la media dei valori misurati su dieci colpi di
maglio. È una buona norma determinare il valore di r durante una ripresa della battitura, effettuata
ad una certa distanza di tempo dall’infissione; la pausa deve essere di alcune ore per i terreni a grana
grossa, mentre dovrebbe essere di alcuni giorni per quelli a grana fine.
Una analisi più sofisticata della battitura basata sull’equazione dell’onda d’urto è stata messa a punto
da Smith (1962). Secondo la soluzione di Smith, l’interazione palo-terreno viene simulata con una
molla e un blocco d’attrito in serie e da uno smorzatore in parallelo, come indicato in figura 3.80.
In questo modello la resistenza massima del blocco di frizione corrisponde alla massima resistenza
laterale o di base prevista nelle condizioni analizzate. La resistenza statica, componente della resi-
stenza schematizzata dalla molla, varia linearmente con la deformazione fino ad un valore massimo
ucrit, definito “quake”, oltre il quale le deformazioni aumentano senza generare alcun ulteriore incre-
mento della reazione. Gli smorzatori lineari simulano la dispersione di energia che avviene per radia-
zione nei terreni circostanti e per effetti viscosi nel terreno.
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
124 MICROPALI
Massa
battente
Cuffia +
cuscino
Palo
Figura 3.80. Analisi di battitura con il metodo dell’equazione dell’onda d’urto (Smith, 1962)
Con riferimento alla figura 3.80 la resistenza complessiva risulta dalla somma delle due componen-
ti ed è espressa dalla relazione:
R dyn = R s (1 + J V) (81)
in cui:
Rdyn = resistenza dinamica in un determinato istante durante l'infissione;
Rs = massima resistenza statica alla profondità considerata;
J = coefficiente di smorzamento;
V = velocità, in un certo intervallo di tempo, del segmento di palo considerato.
Il palo viene modellato con una serie di masse collegate da molle che ne rappresentano la continuità
e l’elasticità. La lunghezza massima dei segmenti in cui il palo viene suddiviso ai fini del calcolo
viene scelta in modo da assicurare un’accurata simulazione del fenomeno di propagazione dell'on-
da. Il battipalo e la cuffia vengono modellati mediante singole masse, mentre il cuscino viene model-
lato come elemento elastico dotato di isteresi.
Valori tipici dei parametri caratteristici del modello di Smith sono mostrati in figura 3.81.
essendo:
σcls = tensione nel calcestruzzo ≤ 4.5 MPa.
In accordo alla Normativa Vigente (DM 11/3/1988) e tenuto conto di quanto consigliato dalle
“Raccomandazioni sui pali di fondazione”, AGI (1984), si adotta di norma:
FS1 = 2.5
FS2 = 1.75 ÷ 2.5.
126 MICROPALI
zona di
rottura
sotto la
struttura di
collegamento
(a) (b)
Figura 3.83. Schema di rottura del terreno per effetto della pali-
ficata quale blocco in terreni coesivi (Terzaghi e Peck, 1967)
Può aversi η < 1 solo per pali trivellati con esecuzione non sufficientemente curata e quindi con sen-
sibile allentamento del terreno fra i pali.
L’efficienza di gruppi di pali in terreni argillosi può essere minore dell’unità.
Nel caso di palificate in terreni coerenti teneri e per interasse dei pali inferiore a quattro volte il dia-
metro, è opportuno verificare la stabilità globale della palificata quale blocco (Terzaghi e Peck,
1967). Con riferimento alla figura 3.83, la capacità portante limite risulta:
Q = B · h · N · c + 2 · (h+B) · L · –c
c u(L) (85)
dove:
–c è il valore medio della resistenza al taglio nel tratto di lunghezza L; c è la coesione in condizioni
u(L)
non drenate alla profondità L; Nc è il coefficiente di capacità portante che assume i valori riportati in
figura 3.84, in funzione dei rapporti h/B e L/B.
Abstract tratto da Maurizio Tanzini - Micropali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
128 MICROPALI
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Figura 2.1
Stato tensionale agente in sito su un generico elemento di terreno a); deformazione di un campione
conseguente al suo prelievo in funzione della caduta delle tensioni geostatiche totali b) (da: Di Francesco, 2010)
quali si assiste alla co-presenza di tre mezzi continui che agiscono in parallelo: lo
scheletro solido e i vuoti interparticellari i quali, più o meno interconnessi, pos-
sono essere riempiti e percorsi da fluidi di varia natura tra i quali l’acqua, l’aria,
il petrolio, il gas e molto altro (figura 1.6).
Ragionando nel modo delineato, e nell’ottica dell’estrema semplificazione della
trattazione matematica del comportamento meccanico delle terre, si scopre, al-
lora, che queste ultime possono essere schematizzate come costituite da due soli
mezzi continui:
§ lo scheletro solido, supposto indeformabile nel campo delle normali tensioni
ingegneristiche;
§ i vuoti interparticellari saturi di acqua, considerando quest’ultima indeforma-
bile a sua volta.
Operando matematicamente occorre, quale punto di partenza, considerare la pre-
senza della sola impalcatura solida, costituita dall’aggregazione di tutte le parti-
celle di varia forma e natura, e negare l’azione della pressione idrostatica eser-
citata dalla fase fluida; in questo modo l’analisi dello stato tensionale geostatico
risulta limitata alla sola tensione totale (sv), essendo di fatto esclusa la componen-
te legata a uno dei due mezzi continui e risultando dipendente dal solo scheletro
solido al quale affidare il termine “totale”.
Per una migliore definizione della metodologia di calcolo, ed entrando nel merito
dello stesso, si consideri ora, quale punto di partenza, un deposito di argilla con
piano di campagna orizzontale e supposto infinitamente esteso (figura 2.2a), per
Figura 2.2
Geometria di riferimento per l’analisi delle tensioni verticali totali in assenza di falda a);
andamento grafico della tensione verticale totale b) (da: Di Francesco, 2010)
Abstract tratto da Romolo di Francesco - Analisi geotecniche di fondazioni e pali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
54
Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali
Tabella 2.1. Stato tensionale verticale totale associato alla figura 2.2a
Figura 2.3
Esempio di deposito stratificato a) e andamento delle relative tensioni verticali totali b)
Tabella 2.2. Stato tensionale verticale relativo al deposito stratificato della figura 2.3a
u, che agisce nell’acqua e nello scheletro solido in ogni direzione con la stessa
intensità e che può essere definita pressione neutra (o pressione dei pori). Le
differenze s’1 = s1 – u, s’2 = s2 – u, s’3 = s3 – u, rappresentano l’eccesso rispetto
alla pressione neutra u e hanno sede esclusivamente nella fase solida del terreno.
Tale frazione dello sforzo principale totale può essere definita sforzo principale
efficace. Ogni effetto misurabile relativo a una variazione di sforzo, come la com-
pressione, di distorsione e di variazione di resistenza è dovuto esclusivamente ad
una variazione delle tensioni efficaci”.
In altre parole, anche se il significato non appare immediato, le tensioni efficaci
non possono essere misurate direttamente ma solo calcolate come differenza tra
le tensioni totali e la pressione idrostatica esercitata dalla fase fluida, il che con-
sente di introdurre la relativa metodologia di calcolo:
σ v' 0 = σ v 0 − u = (γ t ⋅ z ) − (γ w ⋅ zw ) (2.3)
avendo denotato con gw e zw rispettivamente il peso di volume dell’acqua (gw = 10
kN/m3) e la profondità misurata a partire dal livello piezometrico.
Figura 2.4
Geometria di riferimento per l’analisi delle tensioni verticali efficaci in presenza di falda a);
andamento grafico delle tensioni verticali, totale ed efficace, in funzione della variazione
della pressione idrostatica b) (da: Di Francesco, 2010)
Tabella 2.3. Stato tensionale geostatico verticale relativo alla figura 2.4a
calcestruzzo: n � 0.16
marna: n � 0.20
ghiaia: n � 0.33
dall’applicazione dell’equazione (2.6) si ottiene che il rapporto s’h0/s’v0 assume i
valori 0.19, 0.25, 0.49, tale che, all’aumentare del coefficiente di Poisson, aumen-
tano anche le tensioni orizzontali efficaci:
ν
σ h' 0 = σ v' 0 ⋅ (2.7)
1 − ν
Nel contempo, l’equazione (2.6) indica anche che, in un terreno che rispecchi il
comportamento dei mezzi trasversalmente isotropi, l’aumento di spessore dovuto
alla deposizione comporta un incremento delle tensioni verticali (totali ed effica-
ci) e contestualmente di quelle orizzontali secondo una ben definita proporzione.
Il problema, a questo punto, è insito proprio nella determinazione di tale costante
di proporzionalità la quale, definita coefficiente di spinta a riposo delle terre,
assume in campo elastico la forma di:
ν
K0 = (2.8)
1 − ν
È anche evidente, però, che i terreni non possono essere assimilati a mezzi pu-
ramente elastici, tanto da aver condotto diversi ricercatori a introdurre relazioni
empiriche tra le quali la più accreditata è (Jaky, 1944):
2 1 − sin φ
'
K 0 ( NC ) = 1 + sin φ ' ⋅ (2.9)
3 1 + sin φ '
nella quale nc denota il comportamento dei terreni normalconsolidati, ovvero di
quei depositi che durante la propria storia geologica sono stati assoggettati al solo
peso proprio (condizione puramente geostatica). Una forma semplificata della
(2.9), comunque di validità generale in Geotecnica, è anche:
K 0 ( NC ) = 1 − sin φ ' (2.10)
che pone, ora, il coefficiente di spinta a riposo delle terre funzione unica dell’an-
golo di resistenza al taglio delle stesse.
Quindi, e sempre a titolo di esempio, potendo valere:
argilla: f’ � 20°÷24°
limo: f’ � 24°÷27°
sabbia: f’ � 27°÷34°
ghiaia: f’ > 34°
dall’applicazione dell’equazione (2.10) si ottiene:
Abstract tratto da Romolo di Francesco - Analisi geotecniche di fondazioni e pali - Tutti i diritti riservati - © Dario Flaccovio editore
59
Stato tensionale geostatico cap. 2
secondo la quale il coefficiente di spinta a riposo di una terra sovraconsolidata
può essere derivata dal K0(nc) a condizione di relazionarlo al grado di sovracon-
solidazione ocr e all’angolo di resistenza al taglio.
Per quanto concerne la definizione di ocr, occorre considerare che i terreni so-
vraconsolidati, proprio in virtù della particolare storia geologica, manifestano
una condizione tensionale dualistica dettata dallo sforzo verticale efficace attuale
(s’v0) e dal massimo sforzo verticale efficace al quale sono stati assoggettati nel
passato (s’p); quindi, indicando quest’ultimo con il termine di pressione di pre-
consolidazione, a sua volta valutabile in laboratorio mediante le prove edometri-
che, si perviene alla relazione cercata: '
σp
OCR = (2.12)
σ v' 0
A titolo di esempio, se il deposito rappresentato in figura 2.4 fosse stato assogget-
tato a una condizione s’p = 400 kPa valida per l’intero spessore, dall’applicazione
delle equazioni (2.12) e (2.11) si otterrebbe:
ocr(z = 2 m) = 10 ➝ K0(oc) = 1.58
ocr(z = 4 m) = 6.67 ➝ K0(oc) = 1.29
ocr(z = 6 m) = 5 ➝ K0(oc) = 1.12
ocr(z = 8 m) = 4 ➝ K0(oc) = 1
ocr(z = 10 m) = 3.33 ➝ K0(oc) = 0.91
ocr(z = 12 m) = 2.86 ➝ K0(oc) = 0.85
avendo assunto f’ = 30°.
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Analisi geotecniche di fondazioni superficiali e pali
Figura 2.5
Stratigrafia di riferimento a) e andamento grafico del relativo stato tensionale geostatico b) (da: Di Francesco, 2010)
z (m) sv0 (kPa) u (kPa) s’v0 (kPa) K0 s’h0 (kPa) sh0 (kPa)
2 40 0 40 0.5 22.4 22.4
4 80 20 60 0.5 33.6 53.6
6 120 40 80 0.5 44.8 84.8
8 160 60 100 0.5 56 116
10 200 80 120 0.5 67.2 147.2
12 240 100 140 0.5 78.4 178.4
Tabella 2.4. Stato tensionale geostatico associato alla figura 2.5 (ocr = 1; f’= 26°)
Figura 2.6
Stato tensionale geostatico relativo a una stratigrafia complessa
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Stato tensionale geostatico cap. 2
z (m) sv0 (kPa) u (kPa) s’v0 (kPa) K0 s’h0 (kPa) sh0 (kPa)
2 40 0 40 1.2 48 48
4 80 0 80 1.2 96 96
6 120 0 120 1.2 144 144
8 160 0 160 1.2 192 192
8 160 0 160 0.5 80 80
10 196 20 176 0.5 88 108
12 232 40 192 0.5 96 136
14 268 60 208 0.5 104 164
14 268 60 208 1.5 312 372
16 312 0 252 1.5 378 378
18 356 0 296 1.5 444 444
20 400 0 340 1.5 510 510
σ x τ xy τ xz
σ ij = τ yx σ y τ yz
(2.15)
τ zx τ zy σ z
L’applicazione dell’equazione (2.15) ai terreni, in quanto ipotizzati composti da
due mezzi continui, comporta l’introduzione delle componenti relative alla pres-
sione idrostatica esercitata dalla fase fluida nel pieno rispetto del principio delle
tensioni efficaci:
σ x τ xy τ xz
u 0 0
σ ij' = σ ij − u ⋅ δ ij = τ yx σ y τ yz − 0 u 0 (2.16)
0 0 u
τ zx τ zy σ z
avendo indicato con dij il delta di Kronecker che impone l’applicazione delle u
alle sole componenti normali.
Se le componenti s’ij e u sono definite tensore degli sforzi efficaci e tensore sferi-
co (scalare) della pressione interstiziale, l’applicazione delle leggi di equilibrio
richiede la definizione delle seguente equazione:
σ ji , j + σ ij + Fi = 0 (2.17)
espressa in forma compatta, utilizzando nuovamente la notazione indiciale e nella
quale compaiono le forze di volume (Fi) che agiscono sui continui.
Il tensore dato dall’equazione (2.17) esprime tre equazioni differenziali che ap-
plicate, ad esempio, alla figura 2.2a diventano per la simmetria imposta:
∂σ x
=0 (2.18a)
∂x
∂σ y
=0 (2.18b)
∂y
∂σ z
−γt = 0 (2.18c)
∂z
È evidente, dall’analisi delle relazioni date dalle (2.18), che, proprio in funzione
della semplice geometria, le equazioni di equilibrio alla traslazione si riducono a
una nella quale compare il peso di volume del terreno in sostituzione di Fz; quin-
di, applicando il teorema fondamentale dell’analisi, si ottiene dapprima:
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Stato tensionale geostatico cap. 2
z z
∂σ z
∫0 ∂z ⋅ dz = ∫0 γ t ⋅ dz (2.19)
e successivamente la relazione cercata:
σz = γ t ⋅z (2.20)
del tutto identica all’equazione (2.1).
In definitiva, se la relazione (2.20) costituisce il punto di partenza per l’analisi
dello stato tensionale geostatico relativo a geometrie semplici, in tutti gli altri casi
occorre necessariamente ricorrere al set di equazioni dato dalla (2.17) che impone
la ricerca della soluzione mediante metodologie numeriche come il metodo degli
elementi finiti, delle differenze finite, ecc.
Tale limite comporta in definitiva che il calcolo dello stato tensionale geostatico
condotto con i metodi canonici rappresenta, in Geotecnica, una necessità per i
motivi espressi nel paragrafo 2.1 pur introducendo, contestualmente, degli errori
imprescindibili.
Figura 2.7
Stato tensionale geostatico in presenza della risalita capillare dell’acqua
(2.22), conduce allo stato tensionale rappresentato in figura 2.7 e sintetizzato nel-
la tabella 2.6.
Tabella 2.6. Stato tensionale geostatico verticale relativo alla figura 2.7