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Organizzazione aziendale e pubblico impiego

Inserimento lavorativo dei neo assunti

IL LAVORATORE PUBBLICO

La salute è considerato un “Bene primario” dalla Costituzione, il cui articolo 32 stabilisce che “La
Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.

Il diritto alla salute è garantito, attraverso il Servizio sanitario nazionale (SSN), da specifici enti
pubblici che sono le aziende sanitarie ed ospedaliere: per questa ragione le persone che vengono
assunte presso le aziende e gli enti del SSN entrano a far parte del “Pubblico impiego”.

Il primo referente dell’attività del pubblico dipendente è il cittadino che è il “portatore” del diritto
che l’ente pubblico deve tutelare e, attraverso la propria contribuzione, costituisce i fondi pubblici
necessari anche per il pagamento degli stipendi.

L’assunzione presso l’Azienda sanitaria, come presso tutti gli enti pubblici, avviene attraverso
pubblico concorso: questa modalità di accesso è prevista dalla Costituzione e risponde alla duplice
esigenza di acquisire le persone “migliori” che hanno superato positivamente una procedura di
verifica della loro professionalità e di consentire a tutti, in condizioni di assoluta imparzialità,
l’accesso ai pubblici uffici. La selezione del personale è disciplinata da legge e regolamenti e si
svolge attraverso atti amministrativi soggetti alla giurisdizione dei Tribunali amministrativi
regionali.

Una volta conclusa la procedura concorsuale il rapporto di pubblico impiego si instaura con un
contratto individuale di lavoro, sottoscritto dal dipendente e dal direttore generale: questa
modalità di costituzione del rapporto di lavoro è stata introdotta solo a partire dagli anni ’90
effetto della c.d. “privatizzazione del pubblico impiego”. In questo modo il legislatore ha voluto
avvicinare la disciplina del lavoro pubblico a quella del lavoro privato.

La disciplina del rapporto di lavoro è contenuta nel contratto collettivo di lavoro vigente nel tempo
e nelle norme di c.d. “diritto comune”, le norme cioè del codice civile e delle altre leggi che si
applicano anche al lavoro privato. Nella prima fase di privatizzazione, le leggi speciali, dettate solo
per i pubblici dipendenti, dovevano essere un’eccezione e superate dal successivo contratto
collettivo. Negli ultimi anni, invece, la riforma della pubblica amministrazione ha cambiato questo
rapporto tra legge e contratto ed il pubblico impiego è tornato ad essere regolato, in gran parte,
da leggi speciali.

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La conseguenza della privatizzazione del pubblico impiego è stata la devoluzione al giudice


ordinario, in veste di giudice del lavoro, di tutte le controversie di lavoro pubblico, prima riservate
alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (TAR, Consiglio di Stato).

Il contratto collettivo che si applica all’Azienda provinciale per i servizi sanitari (APSS) è stipulato a
livello provinciale tra l’APRaN e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. E’
questa una peculiarità delle sole province autonome di Trento e di Bolzano: tutte le altre aziende
sanitarie applicano il contratto collettivo nazionale.

L’APRaN è l’Agenzia provinciale per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni,


rappresenta tutte le amministrazioni provinciali in fase di contrattazione ed è nominata dalla
Giunta provinciale.

Le organizzazioni sindacali ammesse al tavolo negoziale sono quelle che raggiungono una
rappresentatività minima, stabilita per legge, tenendo conto del numero degli iscritti (tesserati) e
dei risultati delle elezioni della RSU (rappresentanza sindacale unitaria – organismo elettivo che
rappresenta i lavoratori sul luogo di lavoro). In ambito sanitario è molto forte la presenza del
sindacato “autonomo”, che è quello che non rappresenta tutti i lavoratori di una medesima
azienda, ma solo alcune professionalità.

La contrattazione collettiva pubblica è articolata in “comparti”, che rappresentano aree omogenee


di attività. I comparti sono a loro volta articolati in “aree”, che disciplinano diverse professionalità.
Comparti ed aree sono definiti da appositi accordi quadro negoziati dall’Agenzia e dalle
Organizzazioni sindacali.

Nel comparto sanità, sia a livello provinciale che a livello nazionale, il rapporto di lavoro è stato
sinora regolato da tre diversi contratti collettivi per le diverse aree professionali: la dirigenza
medica e veterinaria; la dirigenza sanitaria (biologi, chimici, farmacisti, fisici e psicologi),
professionale, tecnica e amministrativa; il personale non dirigenziale.

Questa ripartizione è stata modificata a livello nazionale nel 2016, con apposito contratto
collettivo nazionale quadro che ha ridefinito i comparti e le aree di contrattazione collettiva
nazionale. L’APRaN e le Organizzazioni sindacali provinciali hanno recepito le modifiche e la
contrattazione collettiva dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari è così articolata:
- Comparto sanità: Area dei dirigenti medici, veterinari, odontoiatri e sanitari, ivi compresi i
dirigenti delle professioni sanitarie; Area del restante personale (non dirigenziale);
- Comparto Autonomie locali: Area della dirigenza e dei segretari comunali, che ora
ricomprende i dirigenti amministrativi, tecnici e professionali dell’APSS.

Il contratto contiene una parte normativa ed una parte economica. La parte normativa regola tutti
gli istituti del rapporto di lavoro: le relazioni sindacali, i contenuti del contratto individuale, il

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periodo di prova, i tipi di contratto (tempo determinato, part time, contratti atipici), l’orario di
lavoro, la pronta disponibilità, la mobilità, il recesso e i termini di preavviso, la valutazione, gli
incarichi, le procedure disciplinari. In allegato al contratto collettivo è anche riportato il codice di
comportamento. Il contratto del personale non dirigenziale individua i profili professionali
esistenti in ambito aziendale e li colloca all’interno della quattro categorie: A, B , C e D. La parte
economica invece è quella che definisce il corrispettivo che spetta al lavoratore per la prestazione
lavorativa resa.

I contratti collettivi hanno una validità limitata nel tempo, attualmente stabilita per legge in tre
anni, ma restano validi sino alla sottoscrizione del contratto successivo.

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