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temi.repubblica.it/micromega-online/se-la-sovranita-nazionale-e-di-sinistra
di Enrico Grazzini
La sinistra dovrebbe lottare per recuperare la sovranità nazionale. Solo così sarà
possibile contrastare questa Unione Europea contro i popoli e rifondare l'Europa
democratica. La destra avanza in Europa denunciando che l'euro e la UE producono
povertà e sottomissione alle misure autoritarie calate dall'alto della tecnocrazia di
Bruxelles. Come si è visto nella Francia di Hollande, la progressione della destra è
simmetrica rispetto al calo socialista e all'aumento dell'astensionismo di sinistra. Il
problema è che il socialismo europeo è ormai profondamente compromesso con
questa Europa liberista e della finanza. Ma anche la sinistra radicale europea,
soprattutto quella italiana, soffre di una grave ritardo culturale e politico nei confronti
dell'Europa reale.
Questa Europa fa male, molto male. Ormai una forte minoranza dell'opinione
pubblica che sta diventando maggioranza non sopporta più l'euro ed è sempre più
critica verso questa UE che impone una crisi che non finisce più. L'elettorato si sta
polarizzando e radicalizzando, e la rabbia contro questa Europa della disoccupazione
e della povertà – altro che austerità! austerità è un delicato eufemismo! -, sta
dilagando. Però se i ceti popolari votano massicciamente a destra, qualche colpa
anche la sinistra ce l'avrà!
L'euro, la moneta unica prevista per tutti i 28 stati dell'Unione Europea e utilizzata da
12 paesi, sul piano economico è una solenne bestemmia: infatti significa che 12 paesi
molto differenti, dalla Spagna alla Germania, dall'Italia all'Olanda, dal Portogallo alla
Lettonia, sono soggetti allo stesso tasso di interesse, devono avere la stessa base
monetaria e subiscono lo stesso tasso di cambio verso i paesi extraeuropei. Ma è
chiaro come il sole che le esigenze sono diverse nei diversi paesi: un paese che corre
troppo, in cui l'inflazione è elevata, ha bisogno di alti tassi di interesse; invece un altro
paese (come l'Italia) che è fermo necessita di tassi bassi per stimolare gli investimenti.
Un paese come la Germania può riuscire ad esportare con l'euro a 1,40 sul dollaro;
altri paesi invece con lo stesso tasso di cambio non riescono più ad esportare e a
compensare l'import, e sono quindi costretti ad accendere debiti. Le esigenze sono
molto differenti.
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La moneta unica presuppone paesi con tassi di inflazione, livelli di competitività,
debiti pubblici e bilance dei pagamenti sostanzialmente in equilibrio o
tendenzialmente in equilibrio. Altrimenti la moneta unica, che non permette
svalutazioni e rivalutazioni della moneta, cioè flessibilità monetaria, agisce in senso
esattamente contrario: disequilibra le economie dei paesi. Amplifica le divergenze.
Quelli più competitivi e in surplus commerciale guadagnano ed erogano crediti; quelli
in deficit accendono debiti e perdono competitività. Se i paesi meno competitivi non
possono svalutare – che non significa fare qualcosa di immorale ma significa solo
riprezzare i prodotti nazionali verso i compratori esteri – le divergenze si
approfondiscono e generano un perverso circolo vizioso. La moneta unica applicata
in diversi contesti economici aumenta i differenziali delle economie reali. La Germania
diventa sempre più competitiva; gli altri paesi invece perdono industria. La Germania
impone una politica deflattiva per ridurre i deficit altrui e per garantirsi che le siano
restituiti i debiti. Ma la politica deflattiva comprime l'economia , provoca la crisi fiscale
dello stato, la disoccupazione, la precarizzazione del lavoro, la riduzione dei redditi,
della domanda e degli investimenti. Diventa così sempre più difficile restituire i debiti.
Non a caso i debiti pubblici dei paesi mediterranei continuano ad aumentare
inesorabilmente nonostante l'austerità. In questa situazione l'euro sarà sempre in
bilico. Questa è la realtà dell'euro. Questi processi connessi alla moneta unica in aree
valutarie non ottimali, ovvero in paesi profondamente diversi, sono chiaramente
spiegati nei libri di testo dell'economia monetaria; ma molti politici ed economisti di
sinistra, vuoi per idealismo vuoi per incompetenza, vuoi per mancanza di spirito
critico e per conformismo, non hanno voluto riconoscere la realtà.
La verità è che per molta parte della sinistra il sogno di un'Europa unita e federata,
degli Stati Uniti d'Europa, ha sostituito il sogno fallito del comunismo. La sinistra ha
perso la testa e si è innamorata perdutamente dell'idea di Europa, una Europa che
però la tradisce spudoratamente con la finanza. Inoltre la questione della moneta
unica è stata considerata – salvo eccezioni – “minore” dalla sinistra italiana. Il
problema, afferma una certa sinistra europeista, non è l'euro: “le difficoltà sono ben
più profonde, radicate nell'economia reale”. Certamente l'euro non è l'unica causa
delle difficoltà europee e dei paesi del mediterraneo; ma sicuramente fa parte del
problema e non della soluzione perché amplifica le difficoltà dell'economia reale,
soprattutto quando scoppiano le crisi. Non è un caso che l'Europa sia oggi il malato
del mondo. Le questioni monetarie non possono essere sottovalutate perché hanno
un posto assolutamente centrale nell'economia. La moneta non è neutra, come
invece afferma l'ideologia monetarista. Ha effetti immensi sul piano economico,
politico e simbolico.
Il governo Renzi cerca di trattare all'italiana con la UE: dice che rispetterà i vincoli
dell'austerità ma vuole fare anche manovre espansive e di crescita. Vuole la botte
piena e la moglie ubriaca. Il problema è che gli italiani firmano i trattati internazionali
pensando a come evaderli; ma i tedeschi pretendono invece (legittimamente) che i
trattati sottoscritti vengano rispettati integralmente e senza eccezioni, fino all'ultimo
comma. Sapendo che esistono i furbi, i tedeschi hanno imposto delle sanzioni
automatiche per chi infrange i trattati europei: le sanzioni scattano in caso di non
rispetto degli accordi e possono essere sospese solo con un voto a maggioranza
qualificata (molto improbabile) di due terzi dei paesi europei. Gli aiuti ai paesi in crisi
verranno poi concessi solo alle draconiane condizioni della Troika (UE, BCE, FMI), che
sono più pesanti di quelli del FMI e del Washington Consensus.
Quando Renzi ha presentato all'Unione la sua politica economica con velleità semi-
espansive, Josè Manuel Barroso, il presidente della Commissione UE, gli ha risposto
che “i trattati vanno rispettati integralmente”. E soprattutto gli ha ricordato che “i
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trattati possono essere modificati solo con l'unanimità di tutti i paesi della UE”. Cioè è
impossibile riformarli! In pratica è possibile solo ripudiarli!
Si dice che gli stati non contano più nulla perché la finanza ormai è globalizzata e
quindi l'Europa e l'euro sono necessari per difendersi dalla globalizzazione. Ma la
verità è un'altra. La UE e l'euro non ci hanno procurato né stabilità né sviluppo. L'euro
non ci ha veramente difeso dalla speculazione internazionale, è un freno per lo
sviluppo e la cura dell'austerità uccide il paziente. I paesi europei che non hanno
adottato l'euro (Gran Bretagna, Svezia, Danimarca, Polonia, ecc, ecc) e hanno una loro
moneta nazionale stanno molto meglio di noi. In Italia in cinque anni di crisi abbiamo
perso circa l'8,5% del PIL e il 30% degli investimenti. I redditi sono scesi al livello dei
primi anni '90, quando l'euro ancora non c'era, e l'Italia ha il 13% di disoccupazione.
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Un terzo delle famiglie è a rischio povertà, aumenta la pressione fiscale, diminuisce la
spesa pubblica e tuttavia cresce il debito pubblico, e l'Italia non può più neppure
manovrare la sua moneta. Opera con una valuta sostanzialmente straniera che
impone il fiscal compact. E' francamente difficile affermare che … fuori dall'euro
saremmo stati peggio!
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proposta di Lafontaine, la redazione (o forse parte di essa) ha rifiutato la
pubblicazione. La soluzione di Lafontaine è forse apparsa troppo radicale per potere
essere pubblicata (la mia traduzione è poi apparsa su Micromega[7]).
Purtroppo però buona parte della sinistra ritiene che la sovranità nazionale sia da
demonizzare perché sempre di destra. Eppure, senza reclamare il potere democratico
delle nazioni, la sinistra rischia di apparire cedevole verso i poteri forti e di
allontanarsi dal sentimento popolare nel nome di un nuovo “sol dell'avvenire”, il
nobile ideale europeista.
NOTE
[1] Martin Schulz, la Repubblica, Quel doppio shock che risveglia l'unione, 21 marzo
2014
[2] Frédéric Lordon, Manifesto-Le Monde Diplomatique, Si può uscire dall’euro con
una moneta comune, agosto 2013
[4] Democracy, Solidarity and the European Crisis, Lecture delivered by Professor
Jürgen Habermas, 26 April 2013, Leuven
[6] FT, 16 marzo 2014 “Europe should say no to a flawed banking union”
[8] Enrico Grazzini, Micromegaonline, Da moneta unica a valuta comune: una terza via
per superare l’Euro, 27 dicembre 2013; Massimo Amato, Luca Fantacci, “Fine della
finanza. Da dove viene la crisi e come si può pensare di uscirne”, Donzelli, 2012;
Daniela Palma e Guido Iodice, Euro e monete nazionali, the best of both worlds,
pubblicato da keynesblog il 26 agosto 2013; Alfonso Gianni, Micromegaonline, Tra
perseverare nell’euro e uscirne, c’è una terza strada da percorrere, 3 settembre 2013,
e Alternative per il socialismo N. 28
[9] John Maynard Keynes “Eutopia. Proposte per una moneta internazionale”, a cura
di Luca Fantacci, et al./edizioni, 2011
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