I PADRI CAPPADOCI
storia, letteratura, teologia
0
auaNuova
In copertina:
Scuola di Pskov, I santi prescelti.
Mosca, Galleria Statale Tret'jakov.
© 1990, Foto Scala, Firenze.
Grafica di Rossana Quarta
E., invece, una prova della diffusione eli una forma eli giudeocri-
stianesimo in Cappadocia il culto del "Dio altissimo", praticato dai
cosiddetti lpsistarii o lpsistiani, che prendevano il nome dall' agget-
tivo Hypsistos, 1'" Altissimo". Si trattava eli una setta giudaica epa-
gana insieme, che fiori tra il200 e il400, soprattutto in Cappadocia,
Bitinia e Ponto. Furono Gregorio eli Nazianzo (or. 18, 5) e Grego-
rio eli Nissa (Con/utazione della professione di fede di Eunomio 38) a
ricordame per primi il nome, che tuttavia si trova anche in molte ta-
volette, iscrizioni e oracoli. Questo culto sembra essere derivato da
quello di JHWH Sabaoth, quale era praticato neUe comunita ebrai-
c~e eli ~uei luoghi e da altre vicine. Gli lpsistarii rifiutavano l'idola-
tna e _nc~n?sc:vano il Dio Pantocratore, a! quale, pero, a differen-
za det cnstlaru, non attribuivano il titolo di "Padre". Adoravano il
~~co e Ia luce, seguivano alcune pratiche religiose ebraiche (come
il nspetto del sabato l • rna rifiutavano !a circoncisione.
i Crit;~tore ~ella Cappadocia verso Ia fine de! II secolo (cf. M. Sordi, Roma e
~ l~p. ~;)pp. 215 e 229: J. Spe~gl, Der riimische Staat unJ die Christen,
p. ,~Tenulliano, Opere apologetiche, tr. di C. Moreschini, Citt8 Nuova, Roma 2006,
7
~· ~r~gorio il Taumaturgo
e la cnsuamzzazione della Cappadocia
Le testimo~an~ sto~che e Ia tradizione cristiana (quest'ultima
attestata propno dat Padn Cappadoci) attribuiscono Ia crisrianizza-
zione della regione a Gregorio il Taumaturgo e alia sua predicazione
(~10(213-27~(275). Costui era stato discepolo di Origene e, come ci
rifensce Basilio (Lo Spirito Santo 29), era animato dallo stesso spirito
degli apostoli e dei profeti; quando arrivo nel Ponto vi trovo solo di-
ciassette cristiani, come ci riferisce Gregorio di Nissa (Encomia di
Gregorio t1 Taumaturgo, p. 15, 30'), rna con Ia sua predicazione por-
to a Dio tutto il popolo di quella regione (pp. 53, 23 -54, 1).
I dati storici che lo riguardano si ricavano dalle opere di Basilio
e di Gregorio di Nissa (rna essi, come vedremo, sono frammentari e
spesso interpolati con notizie poco attendibili), mentre pii.t affidabi-
le e Ia testimonianza di Eusebio di Cesarea, il quale scrive (Storia
della Chiesa VI 30) che Origene instillo nd suo discepolo Gregorio
il Taumaturgo e nel fratello di quello, Atenodoro, Ia passione per Ia
filosofia e li spinse a mutare i loro precedenti interessi con lo studio
della verita divina. I due fratdli rimasero cinque anni con Origene
a Cesarea di Palestina (ove questi si era stabilito a partire dal231) e
fecero tali progressi nella religione cristiana che, sebbene ancor gio-
vani furono considerati meritevoli di avere I'episcopato delle chie·
se dd Ponto. AI momento di lasciare il proprio maestro Gregorio
scrisse un Encomia di Origene, pronunciato, a quanto sembra, aCe-
sarea di Palestina, rievocandone l'attivitil. pedagogics e sottolinean-
done I' educazione morale che da lui aveva ricevuto 4 • Alia fine della
sua vita Gregorio avrebbe partecipato a! concilio .di Antiochia del
264 ove fu condannato Paolo di Samosata, un erenco che professa-
va ~a dottrina modalista e adozionista insi~e. . • . . .
Ma il medesimo Gregorio ci da delle notiZie su di se. ~ st ~
mava originariamente Teodoro ed era nato nd Ponto da geruton pa-
3. Gregorio il Taumaturgo
nella tradizione agiografica dei Padri Cappadoci
Nel N secolo quando su Gregorio scrissero Basilio e Gregorio di
Nissa, da un lato si era oramai formata una tradizione agiografica, dat-
I' altro contribul a rafforzarla lo stesso Nisseno, che, scrivendone un
encomio in forma di biografia, interpreto i dati storici relativi a lui: da
qui il problema di far corrispondere tra di !oro Ia storia e I'encomio.
Cosi, tra gli altri fatti, il Nisseno tace il nome del fratello di Gregorio,
Atenodoro, e il suo essere stato anch'egli discepolo di Origene, ed in-
fine vescovo del Ponto: forse era stato consacrato vescovo dal fratello,
secondo I'abitudine di attribuire le cariche ai membri della propria fa-
miglia, che ancora era viva nella Cappadocia del N secolo.
E verosimile che il Nisseno avesse avuto alcune notizie su Gre-
gorio il Taumaturgo e sapesse quanto era stato importante peril cri-
stianesimo di Cappadocia grazie a sua sorella Macrina, o, comun-
que, aile persone della sua famiglia. Costoro, a !oro volta, le aveva-
no apprese dai racconti dei cristiani delluogo, dai "vecchi" che ri-
cordavano quanto era successo. Quei fatti, pero, risalivano a piii di
cento anni prima: un periodo di tempo lunghissimo, nel ~rso d~
quale Ia mentalita tipica dell'agiografia aveva avuto tempt e modi
per svilupparsi. . . .
Anche Ia nonna di Basilio, di nome Macrma, era stata cnsnana,
probabilmente perche era stata educata dai discepoli di Gregorio il
Taumaturgo, come ci attesta Basilio (ep. 223, 3):
I Patlri CAppadoci
10
" ell dottrine su Dio, che io ricevetti fin da bambino
.....,a qu e · dalla M · ·
da mia madre di beata memona ~ nonna ac~a, to
le conservai e le accrebbi entro di ~e. Non le carnbt~ con
altre di volta in volta diverse, ~o~ il cr~cere della ~agtone,
rna portai a perfezione i princtpt che mt erano statt conse-
gnati da loro».
Tra gli excerpta della Phi/ocalia, di .cui.parleremo .Po! (p. 245), vi
· pane di una letters che Origene mVIo a Gregono il Taumatur-
:O~f~rse, se scelsero quella.lettera,. Basilio e G~egorio .Nazi~zeno
lessero anche il suo Encomto dt Ongene. Quest! legarnt con il Tau-
maturgo emergono anche da altre due .lettere di Basilio (~pp. 2~4, .2
e 210 3 dd 376), nelle quali egli sottolinea come Ia proprta farntglia
dipe~desse da quella tradizione. Pochi mesi prima. Bas~io aveva
scritto il trattato Sullo Spirito Santo, nd quale aveva msertto parole
di encornio per Gregorio (29, 74), volendo far presente che esisteva
una tradizione ininterrotta, di teologia e di pratica di culto, che ri-
saliva fino a lui.
All'intemo di questa tradizione di fede ortodossa si colloca il mi-
tacolo dd "credo" di Gregorio il Taumaturgo. Che Ia sua predicazio-
ne richiedesse una sua formula di fede -Ia quale formula doveva es-
sere vera, perche proveniente da un santo - era cosa necessaria, in
quanto il Ponto era allora tormentato - proprio come ai tempi dd
Nisseno, il quale ci riferisce qud "credo" - dagli scismi e dalle eresie:
ebbene, Ia formula dd credo g1i fu ispirata da personaggi divini. La
scena in cui Gregorio apprende il simbolo di fede e accuratarnente
preparata e lungarnente esposta nei dettagli (Encomia di Gregorio,
pp. 16, 15 - 17, 22). Una none, mentre egli era nd pieno delle sue ri-
flessioni, gli apparve un vecchio, vestito da vescovo, che nella grazia
dd viso e nell' atteggiarnento mostrava i segni di una grande virtu.
Gregorio, meravigliatosi, gli chiese chi fosse e per quale motivo fosse
venuto. ll vecchio lo tranquillizw con Ia sua voce serena e gli disse
che eta venuto per volonta di Dio, perche fosse mostrata a Gregorio
Ia ~ fede. quesu si fece coraggio e lo guardo con gioia mista a stu-
~~; 1altro gli tese Ia mano e g1i indico un' altra persona, in abito fem-
minile. Orarnai Ia stanza era tuna invasa dalla luce, nonostante che
f~ non.: fonda, tanto che Gregorio non era in grado di tenere aper-
occh!·
a gli Egli, quindi, pore solamente ascoltare quello che le due
~ ~cevano conversando tra di !oro, e grazie ai !oro nomi pote
captre chi erano: Ia figura in vesti femminili gli rivdO che I'altro per-
I. Lt C4ppadoci4 crisiUzna 11
matu~g~ co~~glio ai cristiani eli fuggire (47, 2ss.): cosi fecero gli an-
t~atl dt Basilio; Gregorio aiuto i fedeli con le sue preghiere (49-50).
Evtdent~ente non fu martitizzato, e le sue reliquie non divennero
oggetto eli culto, cosa su cui il Nisseno sorvola.
AI ritomo della pace, il Taumaturgo, come un vescovo istituzio-
nale, cerco di instaurare in tutta Ia regione delle feste in onore dei
martiri che si erano sacrificati durante quella persecuzione (52, 24 -
53, 18). Evidentemente il ritomo della pace restituisce agio e tran-
quillita alia predicazione di Gregorio e alia organizzazione della
prassi cristiana. «Assegnando alcuni carpi dei martiri ad un luogo
ed altri ad un altro, i cristiani si riunivano ad ogni anniversario e si
rallegravano nel celebrare le feste in loro onore». Dunque, erano
stati i vescovi ad incoraggiare il culto dei santi e dei martiri in Cap-
padocia. Gregorio aveva introdotto quelle celebrazioni, dice il Nis-
seno, perche i convertiti avessero qualcosa che sostituisse le feste
pagane a cui essi erano stati avvezzi fino ad allora:
<<Ecco ancora una testimonianza della sua grande saggezza:
egli conformava ad una vita nuova tutta Ia folia della sua ge-
nerazione (. .. ). Egli li aveva strettarnente assoggettati ai freni
della Iegge e della conoscenza eli Dio, rna permetteva a quel-
li che g1i erano sottomessi eli prendere sotto il giogo della fe-
de un poco eli gioiosaliberta. Egli infatti aveva osservato ch~
Ia parte infantile e ignorante della folia restava attaccata agli
errori della idolatria per Ia soddisfazione del proprio corpo.
Per assicurare, per il momenta, l'essenziale a loro riguardo,
affinche essi avessero g1i occhi fissi in Dio e non sulle v~e su:
perstizioni, Gregorio li spinse a festeggiare Ia memona det
santi martiri nella gioia, nella esultanza e ne!Ja all~rezza. ~
il passar del tempo, gli uomini sarebbero diven~u ~· ~ pm
seri e piu regolati, tanto piu che sarebbero stau ~dau dalla
fede. E proprio questa avvenne loro, per l~ .massun.a ~arte:
perche rutte le loro soddisfazioni si ~ 0. nurate dai ptacen
del corpo per volgersi alia gioia dello spmto».
Gregorio il Vecchio consacro suo figlio prima sacerdote e poi suo ve-
scovo coadiut~re.. ~po ~_sua morte Ia sede eli Nazianzo rimase va-
cante per quas1 <l:ie~ ~: il clero e il popolo ritenevano ovvio che il
successo~ f~sse il figlio eli Gregorio il Vecchio, nonostante che allo-
~ non IISle esse. a ~azianzo: quella sede era considerata appannag-
giO della sua famiglia. L~ scelta di nuovi vescovi, quindi, poteva esse-
re sott~posta alle ?'edc;s1me pressioni che detenninavano Ia scdta dd-
le ~aglstrature ~nadine, nella amrninistrazione imperiale. I.: aristo-
craz~a locale cons1derava ovvio intervenire nelle successioni.
D' altra pane, I'dezione episcopale poteva awenire anche per
mezzo del consenso popolare (sia in Cappadocia sia nd resto dd-
l'~~ero: sono esemplari le vicende di Ambrogio, nominate vescovo
di Milano, e quelle di Sinesio, eletto vescovo eli Tolemaide): si tratta-
va di una tendenza al reclutamento episcopale all'intemo delle elites
cittadine, proprio in considerazione dell'attivita effettivamente svol-
ta nell'interesse della collettivitil e in vista di un'influente protezione
in futuro. Nella epistola 28, scritta per commemorare Ia motte di
Musonio, vescovo di Neocesarea (sulla cui imponanza giil si e det-
to), Basilio sottolinea non solamente I'attivita strettamente ecclesiale
del defunto, rna anche quella da lui svolta nell' ambito della societil,
si che i lavoratori avevano perso illoro difensore ed i bisognosi il
n e
promotore delle azioni di carita. vescovo defuoto chiamato con
dei termini che indicano il patronato di carattere politico.
Gregorio il Vecchio, il padre eli Gregorio Nazianzeno, non aveva
sofferto durante Ia persecuzione eli Diocleziano, a differenza eli quan-
to era successo agli antenati di Basilio.Inoltre, egli aveva ben compre-
so il mutamento della situazione verificatosi con Costantino, e aveva
visto che l'imperatore era favorevole ad estendere il suo sosregno ai
vescovi. Cosi, in pochi anni, dopo il battesimo egli elivenne vescovo
di Nazianzo. Secondo il giudizio eli suo figlio, siccome egli aveva ere-
ditato una chiesa che allora era in rovina, era elivenuto il responsabi-
le della diffusione della comunita cristiana. Per quarantacinque anni
Gregorio il Vecchio resse Ia citta come vescovo, elivenendo effettiva-
mente il fondatore della comunita cristiana delluogo. La stona della
citt8 si era unita alia storia della sua famiglia. Questo fatto eli caratte-
re "spirituale" ebbe un coronamento tangibile con Ia _costruzio~e eli
un monumento pubblico: si trattava di ~a nuova chi_esa, Ia. cw co-
struzione fu iniziata proprio da Gregono. La cost~one ~ nu~
chiese - in tutto il territorio dell'Impero - ~ Ia -~~~om: ptu
evidente dei mutamenti awenuti con il radicars1 del cnsaanesuno.
1 P•Jrt' C4p{J6Joci
18
11 Cioe i cristiani.
I P•tlri C4p(Jildoci
20
rio Nazianzeno, or. 43, 15); anche l'uditorio di Cesarea aveva preferi-
to asco1we Basilio invece che continuare a giocare ai dadi (cf. Ome-
/ie sr~ll'Esamerone vm.8) - e pure non mancano, sempre nelle orne-
lie di Basilio,lamentde e rimproveri nei confronti dei cristiani, distrat-
ti, incuranti e male educati. -. questa popolo ~ fed eli, .c?munque,
non era costituito dai mendicann e nemmeno da1 contadini, che era-
no presenti solo occasionalmente in citt~, bensl _d~ appatte_nenti ai
ceri produttivi, che non erano dd tutto illetteratt, da1 bottegaJ e dagli
artigiani; un pubblico che si riteneva cristiano, ma che raraJnente era
battezzato; capace anche di manifestare Ia propria disapprovazione 0
noia con cenni, brusii o sbadigli durante le prediche del vescovo, e
tuttavia dotato di una non trascurabile capacita di comprendere e di
seguire iosegnaJnenti anche ardui. Nelle Omelie sull'Esamerone Basi-
lio menziona g1i artigiani, i lavoratori con i figli e le mogli, che lo ascol-
tavano, fabbri, catpentieri e cuoiai, i quali con fatica riuscivano a rita-
gliarsi dalle attivitii quotidiane un poco di tempo per ascoltare Ia pre-
dica dd vescovo, discutendone poi in famiglia durante il pasto serale.
Era Ia preoccupazione di farsi comprendere da costoro quella che ca-
ratterizzava un cetto aspetto della predicazione di Basilio 12.
to alia ric~r~a di una concordia tra govemo dello Stato e govemo lo-
cale. <<Basilio, con Ia concretezza e il senso pratico che informarono
rutta Ia sua attivita episcopale, era ben consapevole della situazione
sociale ed economica in cui si trovava, ispirandosi ai principi di un
cristianesimo attivo e integrate nella carita evangelic"" ".
L'interesse e Ia preoccupazione per i bisogni dei propri concit-
tadini, del resto, si riscontra anche in alcune omelie di Gregorio Na-
zianzeno: ceno, ad un livello piu basso, data Ia sua condizione infe.
riore (Gregorio era semplice sacerdote, a differenza di Basilio). Nel-
l'orazione 17, del373 o degli inizi del374, questi si rivolge ad un go-
vematore della provincia, che era presente alia sua amelia e che pro-
babilrnente (come attesta il malcontento dei cittadini) aveva fama di
esigere tributi troppo alti. La orazione 19 fu pronunciata durante
un'imprecisata festa in onore di alcuni martiri; era in corso una re-
visione del registro delle imposte ed il funzionario incaricato era
presente alia festa. Cestui si chiamava Giuliano, era cristiano ed era
stato condiscepolo di Gregorio ad Atene. Fra i due doveva esistere
un vincolo, se non di amicizia, ceno di stima: Gregorio aveva scrit-
to a Giuliano chiedendogli indulgenza nell'imporre le tasse e Giu-
liano si era detto disponibile a patto che Gregorio pronunciasse
un' orazione in sua presenza (per godere cosl della sua abilita arato-
ria): un evento che non si ripete facilmente ...
8. Chiesa e "monachesimo"
nella Cappadocia del IV secolo
avanti: 6glio del vescovo Eulalia, si era deelicato ad ~a vita eli seve-
01 ascesi, nella quale era staro accompagnat~ da m~l~, uomini e don-
ne, persone Jibere e schiavi. In_ paroco~re il con_cili_o C?ndannava il
fatro che gli schiavi fossero stan sostanzialmente mvttan alia rihellio-
ne, in seguito alia esortazione ad abbandonare i !oro padroni per de-
dicarsi alia ascesi: essi, quindi, venivano costretti dal concilio a non
disertare il servizio «con pretesto di devozione»; si proibiva eli tene-
re Jiturgie religiose nelle case, di celebrare in assenza del presbitero;
si interdiceva aile spose eli lasciare il marito, ai genitori di abbando-
nare i figli, e ai £igJi di abbandonare i genitori «col pretesto dell' asce-
si»; si sottolineava cbe il tagliarsi i capelli, perle donne, avrebbe po-
ruto essere inteso come volonta di sottrarsi a! «precetto della sogge-
zione» al marito. I vescovi cbe parteciparono al concilio, quindi, non
dovevano tanto fronteggiare un movimento ascetico, quanta una ze-
lante- rna eccessiva - riforma della Chiesa, cbe era considerata trop-
po !assists e mondana, ancbe come conseguenza della protezione im-
periale di cui godeva. Dopa il concilio, comunque, un abisso sempre
crescente si venne aprendo tra la Chiesa e alcuni che professavano
delle idee piu radicali, come Aerio, discepolo di Eustazio, il quale
trove'> troppo opprimente res tare sotto la guida di Eustazio, nel frat-
tempo divenuto vescovo, e tomo a vivere in solirudine, mantenendo
Ia sua opposizione a! clero, ad una concezione troppo gerarchica del-
I'ordine della Chiesa e a! sempre crescente culto dei morti, che, se-
condo lui, era celebrato a danno dei vivi.
Come conseguenza del movimento eustaziano nell' Asia Minore
si verificarono, nella stesso tomo di tempo o poco dopa la morte di
Basilio, altri movimenti ascetici e ribelli. Uno di questi e quello dei
cosiddetti "messaliani". Con questa termine di origine siriaca (esso
significa "quelli che pregano" o "gli oranti", in greco euchetai od eu-
c/,.tat, da euche, preghiera), si designano i membri di un movimen-
ro ascetico, osteggiaro dalle gerarchie ecclesiasticbe e ripetutamen-
te condannato nel IV e nel V secolo. I messaliani furono indicati an-
~ ~n :;spressioni derivate dai lora comportamenti, come "enru-
$18Stl e coreuti" o "danzatori" 11. L'area di origine del movimento
I Per Ia biografia di Basilio ci siamo basati ~opra~tto sugli studi di Rousseau (Ph.
Rousseaeu Basil of Caesorea, University of Califom~a, Berkdey~Los Angdes-Londoo
1994) c,ili, (B. Gain., L'Eglise de C.ppadtxeau IV" siede d'apres luom:spondance de
Basile' de Cisaree, Orientalia Christiana, Roma 1985) e~(~ Poucher, &sile ~~
Grand et s~n univ.ers d'omis d'apres sa .correspondencedan~~~~':· c!;~~
per Gregono NllZ.Ianzeno su Me ~~c~ (J.(t. Me Gu 'rwood ~:.. York200l)e
An Intellectual Biography, St Vladimir s Senunar Press, Cres. ' Cerf p
Be di (J Bernardi Saint Gregoire de Nazianze. I.e thiologten el son temps! . Soat.·
Grego~o N_azt~nz~.
ris :;;,: tr.· it. di ~Z ;;!~!~'ij~~eJ~~~d;ro,:;
Teol:f;o e
Ia, Roma 1997); per Greg~rlo di N1SS8 ~u « 5~ Patristica» 7, Akademie Verlag, Ber-
logie des oeuvres de Gtig01re de ~'J:.e, m St d. Gregoire tk Nysse «RSR.» 29, 1955,
lin, pp. 159-169 e 1..4 chronologie . a.,erm:z: .elks Lebens und tkr'Werhdes Grq.or
pp. 346-37~} e di May (G. M~_Dte ':,/bureg;hilosophique dans 14 pmsee de Grtgoi-
von Nyssa, m M. Harl (c:d.], 1" ' "1 e22.26 Sept. 1969, Brill, Ldden, 1971,
re de Nysse,, Acres du Coll~ueB~e C~:~regorio di Nissa, Dizio~~t~rio, Citta Nuo--
pp. 51-66); 1noltre P. Mara • wgra '.I nella introduzione eli M. Aubineau a
va, Roma 2007, pp. 117-129 c quanto Sl egge
I Padri U.ppadoci
28
di t rovare una spiegazione alla cosa: a parte Ie inter-
hanna cercato b ch . dire cbe
. · di carattere psicologistico, sern ra e Sl possa
pretaZI~mdi Nissa era stretto, con Macrina, da rapporti di affetto
.• Eo ch non con Basilio; ino1tre, egli era mteressato
Gregono · · • alia
p!U
ptu rte e all . d dell . .
lariti del suo carattere che non e V!Cen e a sua VIta (il
:;sen'P. · J.· Basilio del Nisseno di cui parlererno a p. 109, ce Io
ranegtrrco az
conferma) '· di .
La famiglia di Basilio era facoltosa e una certa 11nport~a so-
ciale (probabilmente il padre era ap~~enuto alia ~la~se det decu-
rioni di Neocesarea); essa si era stabilita nella proVIncia del Ponto,
sui Mar Nero. Durante Ia persecuzione di Massimino Daia, !'ultima
prima della pace della Chiesa, i genitori di ~~s~o, insierne a~ _altri
cristiani del luogo, si erano prudenternente ntuau nella parte p!U re-
mota e piu selvaggia della regione, soffrendo privazioni e durezze.
Come ricaviamo, appunto, dalla Vita di Macrina, il padre, Basilio il
Vecchio, aveva sposato Emmelia intomo al320; entrambe le !oro fa-
miglie erano gia cristiane: quella di Emmelia proveniva dalla Cap-
padocia, mentre quella di Basilio era originaria del Ponto. Emmelia
doveva avere ricevuto una certa educazione letteraria, perche, sor-
vegliando l'educazione di Macrina, cerco di tenerla Iontana dall'in-
flusso immorale dei miti greci, dai poerni e dalle commedie ateniesi
(a meno che questo non sia un luogo comune). Emmelia non avreb-
be voluto sposarsi, rna i suoi genitori provvidero a trovarle un ma-
rito, perche non corresse il rischio di essere rapita da un eventuale
pretendente. ll marito morl intomo al340, lasciandola vedova a cir-
ca quarant' anni di eti. Emmelia, comunque, non aveva problerni fi-
nanziari, e quindi non ebbe nessuna difficolta a dar seguito alla pro-
pria inclinazione di non passare a seconde nozze: aveva ereditato il
patrimonio del marito ed era ricca grazie aile proprie disponibilita.
Amministro, quindi, i beni di farniglia, provvide all'educazione e ai
viaggi (ad Atene e in oriente) di Basilio, a! sostentamento dello stes-
so Basilio e del fratello Naucrazio, quando entrambi, indipendente-
mente !'uno dall' altro, si ritirarono a condurre vita solitaria nel Pon-
~deN~, Trait/ de Ia uirgjniti, Sources Cb.retiennes 119, Paris 1966; per Am·
eli lcoruo _su K. Holl (AmphtlochJus von 1/eonium in seinem Verhiiltnis zu den
,wsen Kappadover~, Mohr, Tiibingeu Wld Leipzig 1904); per Evagrio Pontico suA.
~umont, Un Pkilosophe au desert. ~agre le Pontique, Vrin, Paris 2004. .
f'.d
. a. M.!re)
.._
s·cti,'!'• Gre~~ o/Nawnzm and Gregory of Nyssa on Basil, in E.A. Lt·
• • ,,.... PD1rtriiC4 XXXII, Peeters, Leuven 1997. oo.l63-169.
II. Vicende slorkhe 29
l Cf. R vllll Dam, families and Fri<nds in fAt• Roman Cap,.Jocia. University oi.
Pennsylvania Press, Philadelphia 2003, PP· 99-11).
1 P•Jri C4p[Mdoci
do vita ritirata, Jo stesso Basilio (p. 3~),_ il _quale pero non_ ricordo
mai Ia sorella nd corso dei suo! tentatlvt eli a~:esi. Emmelia e Ma-
crina raccolsero nel !oro edific1o l_lll_a comunlta pe~ donne ed una
· i n monastero per uommi era retto da Pietro, fratello eli
per uonun . . eli N" Q .f
Basilio, e fu talvolta visitato da Greg??o Issa. uesti atti mo-
strano che Ia !oro era una ascesi f81l_l~are: anche se non_ aveva una
risonanza ufficiale nella vita della cltta, era comunque ~pottante
per Ja storia dell' ascesi femminile. Conducendo questa VIta austera
Emmelia visse fino al 371, e Macrina fino al 380.
Notevolmeote eliversa era stata Ia storia della famiglia eli Grego-
rio Nazianzeoo. Questi era nato nel 329-330, ad Arianzo, una loca-
lita vicina alia piccola cittadina eli Nazianzo, da una famiglia eli con-
dizione sociale elevata che appatteneva alia classe dei proprietari
terrieri della regione. Tutto questo permetteva a Gregorio - come
anche a Basilio, che proveniva da una famiglia eli analoga posizione
sociale- una carriers ecclesiastics eli un cetto successo, che poteva
concludersi con I' episcopate. Ma Ia differenza fondamentale era che
il padre del Nazianzeoo, Gregorio "il Vecchio", pur essen do state
per moltissimi anni vescovo eli Nazianzo, non era nato cristiano.
Proveniva, infatti, dalla setta degli lpsistarii (d. p. 6) e tale era rima-
sto anche dopo il matrimonio: egli si era convertito perche aveva se-
guito l'esempio e Ia parola della moglie, Nonna, che era cristiana e
di famiglia cristiana. La famiglia eli Gregorio, quineli, non aveva
soppottato quelle traversie che avevano colpito Ia famiglia eli Basi-
lio all'epoca delle persecuzioni. lnsomma, Ia sua fede cristiana era
recente, ed era dovuta all'influenza della moglie. Gregorio il Vec-
chio si sposo probabilmente intorno al320, in eta gia matura, men-
tre Ia moglie (stando a quanta normalmente avveniva) era notevol-
mente pi~ giovane, e que! matrimonio fu probabilmente Ia conse-
guo:nza eli un_accordo tra due impottanti famiglie locali; come ci ri-
fensce propno suo figlio, Gregorio il Vecchio fu battezzato nel 325
da un _vescovo -~e. insieme ad altri, attraversava Ia Cappadocia per
recarsi al con~~ eli Nicea e poco tempo dopo- cetto, grazie alia
sua elevata posiZione sociale - elivenne il vescovo eli N azianzo. Ma
ben piu significative, per Gregorio, era Ia figura della madre, Ia
·~onna fotte",_ che, alia pari eli Macrina, influl sull'educazione cri-
sttana del manto e del resto della famiglia. Prima eli Gregorio era
nata una sorella, Gorgonia e dopo di lui un altro maschio Cesario,
che fu m~eli.co. Cesario e Gorgonia morirono in eta adults: arrecan-
do grandissuno dolore a Gregorio, il quale devette quineli assumer-
II. Vicende Jtoriche 31
....:..'#·B. Cp~iore. The School o/l.ibanius in Late Antique Antio<h, Princeton Uni-
---, ..... nncctonand0xford,2007,pp.I00-104.
II. Vic~nd~ rloriche n
~ro_blema, peraltro, di non scarso peso, perche l'insegnamento e
1. es~stenza stessa del maestro dipendevano dal numero dei suoi al-
lievt) · Qua~lto alia Ioro data, I'epistola 501 di Libanio sembra esse-
~e stata scrltt~ dopo che Basilio,lasciata Atene nel355, era tomato
m Cappadocta.
<;'ia prima Gregorio aveva conosciuto e frequentato Basilio co-
me st e detto, e Ia !oro amicizia si rinsaldo grazie agli anni che U:.sie-
me trascorsero ad Atene. Basilio vi arrivo intomo a1 350 ed essi
c?ndussero una vita c~mune. Cercarono negli ambienti crlstiani le
nsposte per 1 problem! suscitati dalle circostanze della vita pagana
o secolare; provarono insoddisfazione per Ia !oro vita in quella cit-
til, e considerarono piu irnponante Ia !oro fede cristiana.
Punroppo anche il racconto di Gregorio Nazianzeno della sua
vita e di quella di Basilio ad Atene non dice molto della citta e del
cristianesirno in quelluogo, se non alcuni dettagli (piu che altro pit-
toreschi) sulla vita degli studenti e sulla mania generale per Ia reto-
rica. Eevidente che Gregorio stette volentieri ad Atene e che ne ap·
prezzo il clima intellettuale e gli studi, tanto da chiamarla successi-
vamente «Atene, Ia gloria della Grecia, l'aurea citta della cultura»
(or. 43, 14), rna non ci dice niente di piu preciso su quegli studi e an·
cor meno sulle scuole che vi fiorivano. E verosirnile che entrambi
avessero fatto capo alia comunita cristiana di Atene, rna nessuno
dei due Ia nominera mai in seguito. Del resto, anche le fonti cristia-
ne sull' Atene del IV secolo sono scarse: certo, Ia cittii non ebbe al-
cun peso nella vita culturale cristiana dell'epoca. Sembra che solo
nel V secolo il cristianesirno abbia cominciato a sostituire il pagane-
simo, probabilmente favorito dai vari editti irnperiali che lo condan-
navano.
Comunque anche Gregorio avci studiato ad Atene quelle disci-
pline che egli dice (or. 43, 23) essere stato oggetto dell'apprendi-
mento di Basilio: retorica, grammatica, filosofia, accompagnate da
nozioni elementari di astronomia, geometria, aritrnetica e medicina,
come prevedeva Ia cultura dell'epoca. ~ sig~cativa questa ~~rca
della paideia dassica, da parte dei due gtovaru. ~a co~t~ppoSIZlone
tra Atene e Gerusalemme era tradizionale, rna 1 criSUant del IV se-
colo venivano normalmente a patti con Ia cultura classica. Entram-
bi assorbirono senza riserve Ia filosofia pagana, quella platonica in
'!i
particolare, e seguirono le lezioni ~oloro ~e Eunapio, nelle Vi~:
dei So/isti, considerava tra i maggton. ma~m d~ tern~. Non c e
motivo di credere che Basilio, allora, st senusse comvolto m un con-
I P•dri C.ppodod
trasto tra cultura pagana e cultura cristiana. Del resto, una posizio.
ne ufficiale della Chiesa riguardo all'insegnamento non esisteva an.
cora ne vi erano delle istituzioni dedicate a una forma di educazio.
ne crlstiana. Non vi erano opere che fossero state scritte su que(
problema, come quella che Basilio ste~so e ~gostin~ avrebbero
composto successivamente. Le opere de~ grandi teologt della scu0 .
Ia di Alessandria, come Clemente e Origene, servivano di esempio,
piu che dare delle norme in materia, ed illoro influsso inizialmente
era limitato all'intemo della scuola catechetica. Di conseguenza
Atene non era solamente Ia citra nella quale Basilio e Gregorio era.
no stati studenti: per !oro, come per ogni persona colta dell' epoca,
era I'Atene dal passato glorioso.
Atene, nel IV secolo, aveva conservato tutta Ia sua imponanza
culturale. La ciua era stata gravemente saccheggiata da un'invasio·
ne barbarica nel 267, e Ia sua estensione era diminuita; rna sappia-
mo che nei primi anni del V secolo Atene e in pieno sviluppo, nel-
la architettura e nelle scuole filosofiche, e questo puo avere le sue
radici nella condizione economica, relativamente florida, goduta
dalla ciua durante il secolo precedente.
I maestri piu imponati, che insegnavano ad Atene, erano !me-
rio e Proeresio, di entrambi i quali ci parla Eunapio nelle Vite dei
Sofisti: ne Basilio ne il Nazianzeno ci fanno il nome dei !oro maestri
di retorica ad Atene, ne di altri che ivi si trovavano: sarebbe stato
sconveniente, per un cristiano, arnmettere di avere avuto maestri
pagani. Imerio, uno degli scrittori piu interessanti dell' epoca, studio
ad Atene fin verso il 340; non tomo in quella citta fino a! 352, e
quindi non vi si trovava nei primi due o tre anni del soggiomo di Ba-
silio. Nel361, probabilmente per invito di Giuliano I'Apostata, ab-
bandono l'insegnamento e si dedico agli affari politici. Egli conside-
rava naturale un progresso dalla filosofia alla attivita politica, e il
Rousseau, nel suo tentativo di ricostruire il periodo ateniese di Ba-
silio, che ci rimane estremamente oscuro, pensa che tale progetto
culturale potrebbe avere avuto qualche influenza sui suo discepolo.
Ma, naturalmente, si tratta di ipotesi >.
3. La vita Hlosofica
Quando Basilio tomo in patria nell'estate del 355, dopo i suoi
successi ad Atene e Ia sua esperienza a Costantinopoli come allievo
di Libanio, data Ia sua grande cultura e Ia sua acuta intdligenza,
avrebbe potuto cercare per se una carriera civile ai livdli piii alti. Si
convertl peri> nd 357, quando fu battezzato. Gregorio Nazianzeno
narra Ia vita di Basilio come se essa fosse stata sernpre ispirata a prin-
cipi costanti e coerenti, senza interruzioni. Attribul quineli molta im-
pottanza a! fatto che gli antenati di Basilio fossero cristiani e, nd suo
racconto degli anni di Atene, sottolinea l'importanza eli questo fatto
(43, 21): Atene, egli dice, e pericolosa per gli spiriti deboli, non be-
ne educati nella vera fede, ma per Basilio e per lui stesso, qud peri-
colo non esisteva. In tal modo Gregorio puo sostenere che l'inclina-
zione alia vita "filosofica", che avrebbe segnato anche gli anni della
esperienza ascetica di Basilio dopo il suo ritomo in Cappadocia, fa-
ceva gia patte della esperienza eli Atene, non era una reazione ad es-
sa. Che vi sia stata una reazione, invece, esuggerito dalla Vita di Ma-
crina del Nisseno, ed easserito anche nd carme eli Gregorio Nazian-
zeno, l'Autobiografia (w. 476ss.). E significative anche il fatto che
Gregorio non ricordi i viaggi affrontati da Basilio nell'Egitto e nel-
l'oriente se non in termini molto generici (or. 43, 25); insomrna, per
il Nazianzeno, il progresso spirituale eli Basilio non consisteva tanto
n~ _rifiuto di_ Atene, quanto nello sviluppare I'esperienza eli quella
Cltta. Gregono racconta poi quasi subito I' ordinazione eli Basilio a!
sacerdozio: in questo modo Basilio puo essere definite oratore, filo-
sofo e sacerdote (43, 13), proprio come voleva essere Gregorio.
Nella sua epistola 204, del 376, Basilio fece riferimento a! suo
soggiomo nel Ponto (cap. 6) e ai viaggi che lo avevano preceduto.
Nella epistola 210, scritta poco tempo dopo, si trova un riferimento
ancora piii esplicito a quella esperienza ascetica. Nella n. 223 egli
P~ta gli :UUU eli Atene come un memento eli dissipazione, dan-
~ I unpreSSione che il periodo dei suoi viaggi in oriente e il suo sog-
I!I;Omo.ne! Ponto dovessero essere intesi come una reazione agli an·
01 aterues1 (cap. 2). lnoltre, in que! contesto, egli sembra alludere in
II. Vicentk storiche 37
portante e il fatto che nella prima sua letters B~sili? affenni che
l'unico motivo che aveva per abb~donare Ia s?~rudine_ era quelJo
di seguire Eustazio, a cui stava scnvendo. Torno m patna, nel357.
358 e fu battezzato da Dianio, il vescovo di Cesarea, un uomo di
modesta levatura intellettuale.
Gregorio, a sua volta, tomo in patria intomo al 358-359, ove
avrebbe potuto dedicarsi anch'egli all'insegnamento con successo,
rimanendo nella farniglia e nel piccolo centro di N azianzo o nella
poco piu grande Cesarea. In effetti, sembra che per qualche tempo
Gregorio si sia dedicate all'insegnamento della retorica, ma ben
presto Jo abbandono. In realta, Gregorio ambiva alia "filosofia",
che intendeva, pero, in un senso tutto particolare: una vita appatta-
ta, solitaria, senza l'esperienza del matrimonio, che consentiva di
praticare con assiduita lo studio, in particolare dei libri sacri (Auto-
biografia, vv. 98-101) (ne riparliamo piu avanti, pp. 318ss.). Insom-
ma, Gregorio non pensava ad una vita monastics alia maniera degli
anacoreti del deserto, e nemmeno alia maniera di Basilio, Ia cui
ascesi, in quegli anni, non aveva ancora trovato una sua definizione,
anche se era certo piu accentuata che non quella di Gregorio. La
sua esperienza sembra oscillare tra Ia contemplazione e I' azione, tra
lo studio e l'attivitil del cristiano. Infatti, quando, assieme a Basilio,
Gregorio comincia a provare delle esperienze di tipo monastico nel-
le solitudini del Ponto, esse non sono ispirate a que! radicalismo
evangelico («Va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai
un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi», come si Iegge in Mt 19, 21)
che stava alia base dell'ideale ascetico, dall' eremita Antonio in poi.
A questo punto cominciamo ad essere informati della vita di
Basilio dalla sua stessa corrispondenza. Essa inizia con gli anni del
suo volontario isolamento nel Ponto. Tra le lettere del primo perio-
do spicca Ia corrispondenza con Gregorio Nazianzeno. Le lettere
tra i due amici mostrano che l'iniziativa dell'ascesi e della vita ere-
~tica e presa da Basilio, mentre Gregorio e molto riluttante. Basi-
lio ~veva iniziato i suoi tentativi ascetici nel Ponto prima che Gre-
gono tomasse da Atene e cercava di convincere I' amico, che nel
~a~po.~ra to~to anch'egli dalla Grecia, a raggiungerlo. Grego;
no gli tnvto le prune due lettere sostanzialmente rifiutando perche
a~eva deciso di essere maestro di scuola. Successivamente, cla Anni-
~· nel ~onto, ove si trovava, Basilio invio a Gregorio due lettere in-
sutenu (n. 1~ en. _2), e ~uesti, alia fine, accondiscese a raggiunger-
lo. Durante il pertodo tn cui stettero insieme i due composero Ia
II. Vicende sloriche 39
P~ilocalia (p: 245 ), q~indi Gregorio decise di tornare alia sua fami-
glia. Da Naztanzo egli scrisse tre lettere (nn 4 5 6) h
vano e descrivevan il d di . . ' , c e commenta-
o mo o VlVere che enuambi avevano prati-
cato nd Ponto. Q~est7 lette~e sono probabilmente dd 359, certo
pruna della partectpaztone di Basilio al concilio di Costantinopoli
(sulla sua presen~a a qud concilio, cf. Filostorgio, Storia della Chie-
sa IV 1~; ~rego~l? di Nissa, Contro Eunomio I 82). Ma Basilio ab-
bando_no_ il_ concili? ~cosa c~e g1i fu rinfacciata da Eunomio, come
atto di vilta), _tomo m patna, ove fu ordinate lenore, e quindi nd
Pon~o; fu ~rdinat? sacerdote nd 362, rna torno a stabilirsi nell'ere-
mo m ~e~t? a dissap_ori con il nuovo vescovo di Cesarea e succes-
sore di Dtaruo, Eusebto, e vi rimose fino al364.
. In un ~n~ imprecisato, successive al suo ritomo in Cappado-
ct~, Gregono ~· fa battezzare: stranamente, egli non ci dice quando
e m che occastone, rna probabilmente egli era battezzato da poco
quando fu ordinato presbitero dal padre, nd Natale (sembra) dd
361. Le incertezze di Gregorio, che non sa quale scegliere, tra Ia vi-
ta ascetica e Ia vita all'intemo della Chiesa, sono risolte dal padre
con un at to che viene percepito dal figlio come "tirannide •, alia
quale egli, comunque, non aveva potuto sottrarsi. ll Nazianzeno
non lo dirnentichera e continuera a parlame frequentemente anche
in seguito. A questa insofferenza si accompagna Ia convinzione dd-
l'inopportunita che un cristiano battezzato di recente, come era lui,
sia consacrato sacerdote. Non tollerando Ia sua nuova condizione,
Gregorio cerca di dudere con Ia fuga le difficolta che Ia nuova vita
gli prepara: vive cosl, ancora una volta per breve tempo, I'esperien-
za ascetica. Ma I' anno successive, a Pasqua, fa ritomo a Nazianzo e
nell' orazione 2 spiega ai suoi concittadini perche aveva abbandona-
to Ia sua patria e il suo compito di sacerdote.
Si vede, quindi, che Gregorio Nazianzeno era molto meno sicu-
ro dell' amico nella sua dedizione alia vita filosofica; per un breve
periodo essi avevano condiviso un regime di vita ascetic~, '."a nelle
ultirne lettere di Gregorio, in qud periodo (nn. 8 e 19), Sl ~~ute Ia
questione dell'ideale filosofico, sui quale i due. non erano p1u co~
cordi; Gregorio aveva sedto Ia strada. dell~ Ch1esa, ~rt~do Bast-
lio a ritomare a Cesarea e a risolvere 1 suo1 contras~ con _il ~esc~v?
Eusebio. Forse in nessun altro momenta i !oro sentl'_Denn di arruo:
zia furono cosl forti, riprendendo e intensificando ' !oro ~PP"'?
ateniesi. Molti anni dopo (nd 369) Basilio inter.:enne presso I~
strati Jocali in favore di Gregorio, quando quesn venne a trovlll'Sl m
40
difficolt8 in seguito alia morte del fratello Cesario, e manifesto tutta
1a propria angustia a sapere che un confratello di noh.ili sentimenti
come Gregorio era stato cosrretto ad affrontare prove disonorevoli in
un tribunale (ep. 33 ). Gregorio, nonostante i dissapori degli anni suc-
cessivi, coosidero a lungo Basilio come Ia persona a se piii vicina per
il suo modo di vivere, il suo insegnamento e gli alti ideali filosofici
(ep. 16, 4; l'orazione43 ci da Ia stessa impressione e nell'ep. 58,4 Gre-
gorio ammette l'esistenza di un legame ininterrotto tra gli anni di
Atene e Ia loro piii generale armonia degli anni recenti). E proba-
bile che Basilio abbia ben presto assunto il ruolo del maestro di vi-
ta filosofica. La solirudine che Basilio e Gregorio cercavano era piii
un liberarsi degli impegni della vita secolare che un allontanarsi dal-
la compagnia degli uomini. In ogni caso, sarebbe pericoloso antici-
pate e porre in questo primissimo periodo quella che .sara Ia mani-
festazione successiva della vita di Basilio, quale l'istituzione "forma-
le" del monachesimo, sia come organizzazione sia come norma. AI
massimo possiamo dire che Basilio cerco di istituire una forma di vi-
ta "filosofica" all'intemo dei suoi possedimenti, ove egli ebbe a che
fare solo con persone della sua famiglia, e cerco di attirare all' asce-
si il suo amico, Gregorio, ma nessun altro in particolare; ebbe alcu-
ni contatti coni discepoli di Eustazio di Sebaste e comincio a eser-
citare qualche influsso personale. In seguito, pero, una volta scelta
Ia s~ strada: Ia s~gul con fermezza, anche se, punroppo, non ci di-
ce men~ dei moDVI che lo avrebbero indotto ad abbandonare Ia vi-
ta ascettca.
9 Cf. R. van Dam, Families ond Friends in Late Roman Cappadocia, cit., PP· U5·
184, soprattuUo pp. 168ss.
I Padri C4ppatlod
48
Nella primavera del374 muore Greg?rio il Vecchio e poco do.
Ia moglie Nonna: il Nazianzen?, ora liber~to dalle re_sponsabiJj.
::nei confronti dei genitori, non s1 ~ca a Sasuna, perche puo final.
mente dedicarsi alia vita contempla~va che tant~ a !ungo a~eva de-
siderata. Di conseguenza si trasfens~ a Seleuc1a m Isa~na, nella
parte meridionale dell'anuale Turchia, _nella quale era fiorente Ia
memoria di Tecla, una santa cui Gregono era personalmente devo.
to. Jvi rimane per cinque anni, fino al 3 79: di questa periodo non
abbiamo, di lui, notizia alcuna: ne orazioni ne lettere, se non qual.
cbe breve biglietto.
Basilio aveva nominata d'imperio anche il fratello, attribuendo-
gli Ia sede di Nissa. Gregorio non si ribello come aveva fatto iJ Na.
zianzeno. Accetta iJ suo ruolo, rna neppure lui, come il Nazianzeno,
era adatto a far &onte aile difficolta delle lotte religiose del momen-
ta. Nel3 72 egli cerco un accordo con i seguaci del vescovo Marcel-
lo di Ancira, che erano fortemente ostili agli ariani, rna criticabili
per illoro sabellianesimo, e questa incontro suscito iJ malanimo di
Basilio: iJ &atello «non cessa di complottare contra di noi», dice Ba-
silio, con una certa esagerazione (ep. 100, ad Eusebio, vescovo di
Samosata), anche se arnmette che iJ comportarnento di Gregorio era
dettato probabilmente da un eccesso di semplicita. Critiche a Gre-
gorio emergono anche nella ep. 215: ivi Basilio spiega quali doves·
sero essere, secondo lui, le qualita del vescovo.
ti~o,. erano _stati. su~erficiali. Egli continuo ad evitare una piena am-
nuss~one dt amtctzta con Apollinario, anche se non negava che Ia
cornspondenza con lui era esistita. Sottolinea, quindi, che rnanca·
vano le prove, senza sostenere esplicitamente Ia propria innocenza
(ep. 223, 4) _e c~rnincio a dare scarso peso aile sue precedenti lette-
re ad Apollinano (epp. 224, 2; 226, 4), asserendo che esse costitui-
vano un sernplice scambio epistolare tra dei laid, rna non implica-
vano certo che Basilio fosse d 'accordo con lui. In sostanza, egli
sconfessava Ia sua precedente amicizia, cosl come aveva fatto con
G~egorio di Nazianzo ed Eustazio. Un anno dopo (ep. 244, 3) am-
nuse di avere letto alcune opere di Apollinario, rna solo poche, ed
alcune di esse erano recenti. L'accusa di Eustazio si basava sui fano
che Basilio aveva scritto ad Apollinario, rna Basilio rispose che egli
non lo aveva mai considerato un nemico, anzi, aveva rispetto per lui;
tuttavia non era stato mai cosl suo intima amico da prendere su di
se le accuse rivoltegli. Esiste anche un trattato Sulfa sostanZJZ di Dio,
attribuito ad Apollinario, che contiene alcune sezioni, rna rnodifica·
te, della primalettera inviatagli da Basilio. Forse questo documento
e affme a quello che era giunto nelle rnani di Eustazio e che aveva
suscitato le critiche di cui si e detto. Ma certo l'amicizia epistolare
tra i due era stata piu stretta di quanto Basilio non fosse disposto ad
ammettere.
In quegli anni sorge e si rafforza l'amicizia con Eusebio di Sa·
mosata, una citta sull'alto corso dell'Eufrate, a nord di Edessa, Ia
quale richiamava sempre di piu l'attenzione di Basilio. Eusebio era
stato un convinto sostenitore di Basilio di Ancira, e quindi un sicu-
ro esponente di quella strada intermedia tra niceni e anomei, doe
quella dd "simile secondo Ia sostanza", che Basilio ~tende~a per·
correre (cf. pp. 237ss.). AI momento della consacraztone epiScopa-
le di Basilio Eusebio era un uomo di grande reputazione, tanto che
N
Gregorio azianzeno e suo padre erano ansiosi di ~tteneme il so·
stegno per installare Basilio stesso a Cesarea. Gregono aveva scntt?
ad Eusebio tre lettere piene di amrnir_azione (Ill_'. ~-46: second~ il
Gallay, tuttavia, solo Ia n. 44 e effet~vamente mVlata ad ~usebto,
mentre le altre due sono inviate a Basilio), dopo _che questt era sta·
to esiliato in Tracia dagli ariani nd 374. Nella epzstola 136, del374,
Basilio rievoca qud periodo con molta defe~za. La seconda_ fase
della !oro amicizia e dovuta agli avvenimentt dd .37 ~; nell~ epmola
95 Basilio informa Eusebio delle sue preoc~upaztoru rdauve_ • Me-
lezio e a Teodoto e ai problemi dell' Armerua. La terza fase riSale al
I Padri Olppadoci
periodo dell'esilio di Eusebio (epp. 14~; 1~2! 1~8): Per questo rno-
tivo Basilio invio anche molte lettere 01 cnsuaru di Samosata, esor-
tandoli ad essere fedeli alloro vescov? (n?. ~81, 18?, 219). Duran-
te iJ376 Basilio informo Euse?io degli ul~1 avven.~enu: ~a rottu-
ra con Eustazio, Je violenze di Demostene, 1 negoz1aU con 1 poten-
ziali alleati in Occidente (nn. 237; 239).
r: altra personalita alia quale Basilio si rivolse con calda amicizia
in quegli anni fu Amfilochio: di lui si e_~il detto ~opra: Aveva d~ci-
50 insieme ad un amico di analoga poslZione soctale di abbracc1are
Ia vita "filosofica", rimanendo pero nella cas a paterna per due o tre
anni. Nel373 egli fu eletto vescovo alia sede di Iconic. Sono eviden-
ti i paralleli con le vicende di Basilio e di Gregorio; del resto, non
poteva essere ststa I'ambizione ad attirare Amfilochio alia carriers
ecclesiastics: Iconic non era certo una sede desiderabile. Chi si con-
gratulo con lui, da lontano, fu Libanio, il quale credette che ora
Amfilochio avrebbe avuto piu tempo da dedicare agli studi ... (ep.
1226). Le prime parole della epistoltl 150 di Basilio sono una specie
di rievocazione delle vicende giovanili del suo autore. L'intento
ptincipale di quella letters era, pero, quello di attirare Amfilochio
ad un ascetismo di diverse genere, ad abbandonare l'isolamento sul-
le montagne e a farsi coinvolgere nell' opera caritatevole della "cit-
ta". Basilio invitava Amfilochio ad accettare Ia sua guida spirituale,
e il regime che vigeva a Cesarea doveva essere considerate come una
vera e propria forma di adempimento degli obblighi del Vangelo.
Gregorio Nazianzeno, invece, replica aile proposte di Basilio scri-
vendo al ~adre di A!J_Ifilochio che lui stesso ed il cugino erano stati
sonoposu alia medesnna forma di "tirannia" (ep. 63 ).
U~ volta che Amfllochio fu insediato ad Iconio, Basilio gli
~and~ _n~erose lettere con le quali gli manifesto caldi sentirnenti
dillii:c~. I tapporti con Gregorio si erano guastati; per i suoi fra-
te lam asilio non ebbe mai molto affetto; invece Amfilochio non era
~ ente un v~c~o amico, che si trovava in una localitil vicina a
Pol areda ~debe qwndid! poteva aiutarlo: era molto di piu, era un disce-
o con
volte esl eroso
. af£ unparare
. · n vescovo di Cesarea gli scr~sse
. pm "
copia constoigli~ ulettuosl (epp. 217; 231; 232; 201) e gli foml in gran
dei rapporti cos 1govemo
Chi della Chi
.. esa; m· pamco. Iare, a proposlto
·
I'Isauria e dellan L~ ~e delle VICJDe e semibarbariche regioni del-
mettere ordine ;caoma, nell~ quali era necessaria intervenire per
vi di caranere ~~sar~ gJi scontri e le invidie. Per questi moti-
!Stranvo e pratico Amfilochio convoco un si-
II. Vicentk storiche
st. ren deva conto che J'Occidente restava indifferente aile sue n··
chieste. dall'O ·d
Nd 377 Doroteo e Santissimo tomaro_no c~t ente por.
tando con se una Jenera eli Damaso. In essa il vescovo eli R~ma con.
dannava J'arianesimo e l'apollinarismo, rna d~~a p_oca so?dtsfazione
sulle questioni eli Antiochia,. tan_to che Basilto r_1mando a Rom a i
suoi messi, portando una sene eli d?_mande prectse (ep. 263 ). Fece
presente che I'arianesimo non era ptu un problema, mentre eran0 i
nemici che si trovavano all'intemo della Chiesa, e che apparente-
mente conelividevano Ia sua stessa fede, a procurargli Ia maggiore
preoccupazione. Questi nemici erano Eustazio, che aveva sempre
cambiato opinione in materia eli fede (Basilio voleva far capire a Da-
maso che Liberio era stato da lui raggirato), Apollinario, giudaiz.
zante, e Paolino, che tendeva ad accettare il modalismo di Marcello
eli Ancira. Solamente un concilio ecumenico avrebbe potuto porre
un termine a tutte le questioni, ristabilire I' ortodossia e quineli Ia pa·
ce nella Chiesa. Basilio, infatti, non era in grado eli farlo, perche era
sospettato eli essere nemico personale eli quei tre.
Neppure quest' ultima ambasceria ebbe successo. Sembra che,
ancora una volta, il fallimento sia stato dovuto all'intervento eli Pie·
tro eli Alessandria, il quale aveva addiritrura accusato Melezio ed
Eusebio eli Samosata eli simpatia per Arlo. L' accusa era certamente
assurda, ed oramai era impossibile risolvere Ia questione eli Antio·
c~a ~~n l'aiuto dell'Occidente. Basilio allora mise per iscritto i suoi
gmelizt e le sue convinzioni al riguardo (ep. 265, ai vescovi d'Egitto).
Dproblema non fu risolto nemmeno dal Concilio eli Costantinopo·
lie dall'ami_c? ~rego?o Nazianzeno quattro anni dopo: Ia presiden·
za?e! concili~, infatu, fu tenuta per un certo tempo proprio da Me·
lezto, che fu ~conosciuto, quineli, vescovo legittimo, rna mori poco
d?po. A_Paolino sopravvisse fu contrapposto un seguace eli Mde·
u_o, ~~o, sl che lo scisma di Antiochia si protrasse ancora alcu·
m anm, fino alia morte eli Paolino.
Ba~~o ;ra gia _morto. Secondo Ia tradizione, Ia data della sua
morte e ill gennato del379, anche se alcuni stueliosi, recentemen·
te, hanno pr~pos~o una anticipazione al 378 0 adelirittura al 377-
Qu-:sto f~~o unpli~h~rebbe lo spostamento delle altre date della vi·
?i
ta Basili~, tra cut! anticipazione al 369 della elezione episcopale;
nm ct atteruamo alia datazione traelizionale.
11. Vicende storiche
10 Cf S R Holman The Hungry are Dying. Beggars and Bishops in RONian Clp-
C . .12Adattam . . diG
'I: ad . ento e smtesJ. : regorio Nazianzeno, Poesie/2. lntroduz1on. ediC
23
runt. r UZlone e note di C. Crimi e I. Costa, Cittil Nuova, Roma 1999, PP· 2Z· ·
U. Vicentk sloriche 61
lo, J;>er cui ?regorio dovette alloggiare presso Ia cugina; inoltre ai ni-
cem erano ';"terdette tutte le chiese e Gregorio non poteva celebra-
re ~essa, ne aveva ~n luogo dove riunire i pochi onodossi di cui ora
era il capo. Teodosta, penanto, gli mise a disposizione una sala che
faceva pane del suo palazzo: Gregorio Ia chiamo • Anastasia • cioe
"chiesa della risurrezione", peosando non solo alia risurrezione di
Cristo, rna anche ~ quella della retta fede a Costantinopoli; era una
sede povera e umile, rna aveva simboleggiato I' ardore della fede e
Gregorio Ia rimpianse poi a lungo, quando, come vedremo, dov~t
te abbandonare Ia capitale. La notte di Pasqua di quell' anno un
gruppo di ariani fece irruzione nell' Anastasia, cercando di lapidar·
lo. La scelta di quella panicolare occasione non era casuale: Ia not-
te di Pasqua i vescovi impanivano il battesimo ed i catecumeoi pro-
nunciavano il sirnbolo di fede, per cui gli ariani volevano impedire
a Gregorio di celebrare il battesimo e di eounciare il simbolo di fe-
de niceoo. fl prefetto della citti\ aprl un'inchiesta sui fatti, rna SO·
prattutto con l'intenzione di screditare Gregorio e di vedere quale
fosse il suo seguito. Del resto, nel 379 Teodosio non si era ancora
fatto battezzare e, nonostante fosse niceno, era ancora possibile che,
per non inimicarsi Ia maggioranza ariana, accettasse una formula
non lantana dalla !oro.
La motte dell'irnperatore Valeote, a cui sopra abbiamo accenna-
to, restitui al Nisseno, come ad altri vescovi niceoi, Ia posizione di
prestigio di cui avevano goduto (receotemeote, tuttavia, alcuni stu-
diosi hanno messo in evideoza il fatto che l'imperatore gii\ prima di
panire per Ia spedizione contra i Goti, e cioe n_ell'~utunno del377,
aveva annullato le sentenze di esilio che aveva inflitto). Con il con-
senso 0 meno dell'irnperatore, nel378 il Nisseno torno nella sua se·
de episcopate, e nel maggio-giugno del379 partecipO ad un sinodo
dei niceni ad Antiochia. A pattire da que! momeoto _per _lw (analo·
garnente a quello che avvenne peril Nazianz_en~) com_mcto un pe~o
do di operosa attiviti\. Di ritomo da Annochia S1 fermo nelle prop':'e-
ti\ farniliari di Annisi, ove assistette alia mon~ d~a sorella Ma~nna
(luglio del3 79); quindi tomii nella sua sede di Nt~sa, ~e era :'8'-tata
dalle contestazioni degli eretici (probabilmente gli .o~et). Qwndi ~
chiamato a Thora, nel Ponto, non lontano da ~· per co~~
un vescovo onodosso, dopo che era mon:o A~to, arruco di farru·
glia (costui era stato presente al fune~~e di Macnn•?· ~o autorevo:
le dal successo conseguito in quella Vlstta pastborale, ~Nfeno fu ra~
giunto da una delegazione provenience da Se aste, c o pregava
1 Padri Cappadoci
62
interessarsi della situazione di qu~a citra, o~e il. vesc?~o Eustazio
(che abbiamo ampiamente conoscmto dalla vtta .d' Basilio) eramor.
to in quegli anni. Gregorio si trattenne a lungo. 111 quella citta, dove
!a situazione era piu diffici!e che al~rove: dato il grande ascendente
di cui aveva goduto Eustazto, finche.nell es~te del38? pate tornare
a Nissa. A Sebaste fu insediato dal N1ss~o il fratello Pietro, rna sem.
bra che !a sua autorita sia stata riconoscmta ~olo dopa il380.
Alcuni studiosi, che non ritengono verosimile Ia collocazione del
trattato Sulla verginita nd 371 (vedi p. 42), pensano che esso possa
essere abbassato agli anni di questa periodo, cioe al379-380, quao.
do comincia !a piu impegnativa attivita letteraria dd Nisseno, che
!ogicamente, era stata interrotta dall'esilio. Di c?nseguenza si possa:
no collocare in questi anni un certo numero di altre opere che ora
consideriamo minori: le piu significative sono I morti, Z:orazione del
Signore, Omelie sulle beatitudini, Sui titoli dei Salmi, A Eustazio sui·
Ia Santa Trinita. Tuttavia non esiste una certezza per tutte: ad esem.
pio, Danie!ou ritiene che 1'opera Sui titoli dei Salmi sia stata scrina
da Gregorio gia durante il suo esilio. In questo periodo cade proba·
bilmente anche il trattato su La per/ezione del cristiano, nel quale
l'autore si propone di dare un esempio di perfezione cristiana. Nel
corso del 379 egli scrive La creazione dell' uomo (nella prima meta
dell' anno) e !a Spiegazione dell'Esamerone (nella seconda meta), due
opere strettamente collegate tra di !oro e con le Omelie sull'Esame-
rone del fratello Basilio. Tutte e due sono dedicate a! fratello piu gio·
vane, Pietro. Forse risale a questo periodo anche il breve trattato,
che ci e giunto come una delle epistole di Basilio (!a n. 38), intitola·
to La di/ferenza che interco"e tra Ia sostanza e /'ipostasi: certamente
esso fu scritto dopo Ia morte di Basilio. Inoltre, sui piano teologico,
G~egorio fa sapere di essere esposto agli attacchi dei pneumatoma·
chi. che n':'!avano !a divinita della Spirito Santo, nd breve tratt~to
Ad E~rtazto, sulla Santa Trinitii: siamo, quindi, negli anni anterior!~
Con"!llo ~cumenico di Costantinopoli dd 381, il quale condannera,
tra gli altr1, anche costoro. L' opera costituisce una difesa dd Nissen?
:mche dalle critiche dei triteisti e dei sabelliani, riprendendo, quindi.
ldealm~te 1' a~ggiamento di Basilio, il quale aveva scritto contro
en~b, quest! gruppi sia nd trattato su Lo Spirito Santo sia nella
om C~ntro co/oro che dicono che noi con/essiamo tre dei.
' Macrma, come si e detto, era mona nel379, per cui il trattato su
L':!J'ma ~ Ia risu"ezione, nel quale !a sorella ha !a parte della maestra
e regono stesso del discepolo, deve essere sicuramente stato com·
II. Vicende storiche
63
posto dopo quella data Anch 1 0 .
scritte prima del m 1 · delle e melze sull'Ecclesiaste furono
u amento a sttuazt li . .
l'avvento di Teodosio ed il Concilio di c:e po Ilea ':"tervenu~ con
se Gregorio fa riferimento all'a . . ~antmopoli del381 (m es-
Sono gli anni in cui il N nanesuno .c e e ancora dominante).
soggiomo nella ca itale dell'aztanzeno s,t tr?~a a Costantinopoli. ll
gli inizi del379
.
l dellmpero e l_atttvtta che egli esplica tra
e est~te. . 381 sono di fondamentale im rtanza
per lm, anche se tra le mstdie e i pericoli. Pochi mesi do o li':uo ar
r!VO gmnse a Costantinopoli un non meglio . PM . ·
del a1 · . conoscmto assuno,
qu e SI s~ solo che. st era convertito al cristianesimo e anche do-
po Iap·converstone contmuava
. a coltivare Ia ffiosofi a c1n1ca.
. . Era Iega-
to a Ierro, ve~~ovo di Alessandria, dei cui intrighi a danno di Basi-
lio abb~a~o gta detto. Massimo riesce a conquistare l'amicizia di
~r~gor1o, il qu~e, peraltro, aveva una cetta simpatia per Ia ffiosofia
cmt~a, che constderava simile all'ascesi cristiana (cf. pp. 216ss.). Per
n:'an,ifestare Ia sllma che nutre per questo nuovo amico egli pronun-
cta I O~azt?n~ tn on~re del /tlosofo Erone (n. 25), il cui nome si pen-
sa che mdicht, per I appunto, Massimo.
Ma ben presto Massimo manifests il suo tradimento. Nella pri-
mavera del380 convince Pietro di Alessandria a farsi consacrare ve-
scovo e tenta di occupare Ia cattedra episcopale di Costantinopoli,
che, ufficialrnente, era vacante: Gregorio, infatti, era stato chiamato a
predicare alia chiesa dell'Anastasia, rna come sacerdote, perche si era
rifiutato di insediarsi a Sasima. Inoltre bisogna tener presente che ge-
losie e contese tra le sedi episcopali piu impottanti, come quella di
Costantinopoli e quella di Alessandria, erano ben vive: a Pietro si era
presentata cosll'occasione di mettere le mani sulla capitale dell'Impe-
ro scalzando Gregorio; era un modo di procedere senza scrupoli, si-
curamente, rna gia Basilio aveva dovuto rendersi conto che Pietro non
era propriamente un amico. Awerme, quindi, che un gruppo di ve-
scovi egiziani si imbarco con Massimo alia volta di Costantinopoli per
consacrarlo vescovo di quella citta. Penetrati nell'Anastasia in piena
notte, Massimo e i vescovi suoi amici scatenarono perO la reazione de-
gli abitanti dei dintomi. Mala cerimonia era conclusa, per cui Massi-
mo pretese di essere considerato come illegittimo vescovo di Costan-
tinopoli e insistette sia presso Teodosio sia presso Pietro_ per ottenere
illoro sostegno. Tuttavia, fallito il tenta~vo, Pie~ro n~n siesP:"~ ulte-
riormente. Massimo si rivolse allora at vescovt dellltalia rtwull ad
Aquileia nel settembre 381 per condannare ~'arianesimo, ben sa~
do che nemmeno i vescovi italiani avevano sunpaue per Costanllno-
I Padri C.ppadoci
64
di 1 fatto Basilio si era reso como a sue spese). Di
poli (e anche qutranesdo poca correttezza nei confronti di Gregorio
con-m•enza, mos . da M . d . '
• ..,- -0 e Damaso si lasciarono con~c~e. . as~u:'o a 31Utar.
AmbrogJ . di Massimo e dei vescoVI egJZiaru susctto una 81'31lde
lo ntenta!IVO di Ambrogto, . puttroppo, ten.
· · Gregorio che si send tra to.
• eli farmriconoscere' Massimo vescovo di Costantmopo
amarezza · li dall'.impe.
tera (ed · 1· tentativi dureranno anche dopo che a Gregono sara
ratore I suo . del
succeduto Nettario), e Damaso, notoriarnente amtco vescovo Pie-
tro, mostrecl analogo atteggiamento.
~
ru:e~'angelo in forma d'amico: "Se ascoltassi _me, ruo ami-
eo, [ti direi]: Non e certo bene pe_r ~e rest~re m questa cit-
ra!". Gli disse Evagrio: "Se D10 nuliberera da questa sven-
tura e tu mi vedrai [ancora] in questa cittii di Costantinopo-
li eli': A ragione hai ricevuto questa penal". Gli disse !'ange-
lo in forma eli amico: "Ti porter<'> il Vangelo e mi giurerai:
-:--Non rester<'> in questa cittii, e ti darai cura della salvezza del-
;. Ia tua anima [e] io ti liberero da questa sventura". E lui gli
,......giuro cosl sui Vangelo: "Dopo un giomo, che passero a far
salire le mie vesti sulla nave, usciro da questa cittii". Appena
:::ebbe giura!O;Sl sva<Jaila visione che aveva veduta Ia not-
tee disse: "Anche se ho giurato in sogno, pure ho giurato un
giuramento •. Subito si levo, fece salire i suoi bagagli e le sue
- vesti sulla nave e navigo verso Gerusalemme, e [qui] Mela-
nia, Ia romana, lo accolse con gtoJa.
Di nuovo il diavolo indurl il suo cuore, come un tempo
_[quello del] Faraone, e il suo cuore dubito e si pentl, a cau-
sa della giovinezza che ribolliva in lui della molta scienza
eli parole e del cambio di belle e varie ~esti -le mutava, in-
·r f~tti, fino a ue volte il iomo -,fino a cadere nella super-
?Ja del cuore en pJaCere del corpo ...Ma Dio, che sempre
- IID.pedisce I~ perdizione dei suoj uomjoj gli provoco una
• tempests d1 feb a, cosl che sostenesse una grave
~ m attJa, e sua came ·venne sottile come un fll.o e tutti
~ ~uesti. dolori lo colsero tanto nascostamente che i medici,
:::;ncert . alattia, non potevano curarlo. Gli disse Ia
, ta Mdan "Figlio mio Evagrio, questa malattia, che ti
< e. t"?~ ung_a, non mi piace. NQil nascondermi i tuoi pen;...
< Slen 10rse t1 CUrer' Q'
;eio o. IID.nu· con franchezza 1. tuol. pens1en:
. •
i;· ~ ~ questo no~ ti ~ccade senza [che vi abbia parte]
....;,o · ora le manifesto tutti i suoi pensieri e lei g1i disse:
ll. Vicende sloriche 75
G
ze, e VI. nposo a sessant'anni. Non vide le amarezze della \\
ecchtaia del corpo e cosl riposo secondo que! che e scrit-
o: In breve tempo compi molti anni (Sap 4, 13), e subito fu
ortato dal Stgnore, affinche Ia malizia non mutasse Ia sua
ntelligenza (Sap 4, lla)».
che solo una edu~azione colta gli avrebbe procurato. Nelle epistole
90, 2 e 204, 5 egli vede un rappono tra l'educazione tradizionale e
I' errore degli ariani.
Una volta fatta Ia sua scelta di dedicarsi alia "filosofia", Basilio
riconduce a! principia dell'utilira morale le norme del suo scrivere.
Nee testimonianza l'epistola 135 (del373) a Diodoro di Tarso i1
quale poi sarebbe divenuto autorevole esponente dell'esegesi cosld-
detta • antiochena •. In essa Basilio esprime il suo giudizio su alcuni
scritti inviatigli dal medesimo Diodoro: se ne compiace, ne loda Ia
semplicitii e Ia brevitii, Ia chiarezza e Ia densitii del pensiero; il cri-
stiano, pero, non deve scrivere per piacere ag1i altri, rna deve avere
come scopo l'utilitii comune. ll primo libro di quelle opere, invece,
mostrava eccessive ricercatezze stilistiche e lenocini che erano di
ostacolo alia concatenazione dei pensieri. Lo scopo dello scrittore
cristiano e quello di lasciare modelli di discorsi utili, per cui cene
oscuritii, per esempio quelle che riguardano i personaggi di un dia-
logo di Diodoro, risultano, sostanzialmente, dei difetti e sono inuti-
li. In que! modo aveva scritto anche Platone. Dipendendo in questo
dai pagani, i cristiani potevano anche utilizzare esempi morali.
ll cristianesimo, egli pensa, aveva le sue proprie regole per Ia
declamazione pubblica. Come dice nell'omelia Sui martire Gordio
(cap. 2), <<io stile dell'insegnamento adatto a Dio. non co~osce le re:
gole della retorica»: in questa ass~rzione cosl. ~tena di stcurezza s~
percepisce iJ timore che alcuni sum ascoltaton st aspettassero da lw
un'oratoria di tipo sofistico. Basilio, insomma, ~nttva che ~ ~eno
tipo di cultura era oramai antiquato ed era desunato alia es~~one,
o almeno alia trasformazione all'intemo di una nuova soaeta (d.
anche l'omelia Sui salmo 32, cap. 7; Sui Salmo 45, cap. 3).
ll Discorso ai giovani e Ia sua opera piu nota s~ questo P'??:
rna. In esso che probabilmente appartiene alia pt~a .ma~nta .
.. •. . il · amento di fitte cltaziODI e rem!·
Basilio lo scrtttore mtesse ragton I . dell .
• . Jiendo spesso e emenn a mi·
niscenze della poesta pagans, sceg . I Ai ·
tologia e anche della letteratura di carattere ptu. popo are.. . gtdio:
.. il oprto atteggtamento crmco,
vani destinatari Basilto propane pr I a1 • di-
. d· f all 1 tteratura pagans, a qu e puo
scelta motlvata, I ronte a eall enza della Scrittura Ri-
ventare una valida propedeutica 8 c?nos; ndamentale quell~ a).
. · · 0 la vocaz1one ro ' .
mane sempre 111 primo pta~ . I giustificazione dell'utile,
I'ascesi e all' ideale monasuco, per. cUll 8 il distacco dalle cose ter-
che si trova nelle lett~r~ pag"?~· comv~jta vinu, d'ispirazione stoi-
rene mediante l'eserctzto puriftcatore
I Padri CapfH1doci
80
E i discorsi di Gregori0 h f · . .
suoi ascoltat · _ armo atto lttlpresstone profonda sUI
Costantino ~ll· .tanto e ~ero che, spinti dall' entusiasmo, i fedeli di
tore rievoc~ n~::'s:: gtom~ta f~osa dell'anno 380, che lo scrit-
1395) lo condusse . a soddisf~ztone (cf. Autobiogra/ia, vv. 1325-
sa de/ Santi Apost~~ 'fi:ro~e:none a prendere possesso ddla chie-
oratoria suscitava crlti ho .a gli ora occupat~ dagli ariani. Ma Ia su~
giudizi della folia eli c ."~ e eli era ~~Ito ptu esposto di Basilio aJ
' anuct e nemtct:
«E ai nostri discorsi che si m
lingua vana e invieliosa d uovedguerra, e a questa nostra
(or. 36, 4). 'e ucata at discorsi dei pagani. .. »
3. La produzione omiletica
Le omelie erano diventate nd IV secolo, dopo alcuni luminosi
esempi dd III (Origene), una attivita essenziale e insostituibile per
chiunque avesse una responsabilita all'intemo della Chiesa: si puo
dire che nessuno, dai Cappadoci al Crisostomo in Oriente, da llario
ad Ambrogio ad Agostino, in Occidente, si sottrasse al compito di
predicare al popolo cristiano e eli istruirlo. Normalmente gli orato-
ri si facevano aiutare dagli stenografi che trascrivevano I'omelia, Ia
quale, adeguatamente ridaborata dal suo autore, veniva poi "pub-
blicata".
Mail IV secolo fu un'epoca fiorente anche per !'oratorio paga-
ns: Temistio e Libanio ne sono i principali rappresentanti. Sono, co-
storo, dei "maestri dd pensiero", Ia cui parola giunge fino alia cor-
te imperiale; inoltre, Giuliano l'Apostata int~de proporre una sua
ftlosofia e si serve dell'oratoria per sostenere il suo programma po-
litico e culturale. ·
L'attivitii omiletica impegno i Cappadoci in mod? P~C~te,
· G10vanru nso-
anche se non con un impegno cosl esclus1vo c~me . d G .
stomo: infarti le omelie eli Basilio, d_i Amfiloch•di: ~dl'.:tiz:
non occupano uno spazio cosl amp10 come qu
da solo. Dobbiamo pensare, tuttavia, che le lo;Jm~e .r.;",,:;-u::.;
::e
ci siano solamente una scdta, forse effettuatafua au pili 0 ;,.,_
tutte quelle effettivamente pronunciate. Esse . rono tu ancora delle
no rielaborate, anche se in quelle eli Basilio 91 trovano
I Padri C4ppaJoci
ce, 0D.rcaN_tre ore. unque non affido all' omiletica il nerbo del suo
lSSeDO, com • . ) . hi
ensiero (come, invece, aveva fatto il N~zu~nzeno , tr~e m poe ·
~i come nelle Omelie sulle Beatitudtnz e m queUe sull Eccleszaste,
' tt nelle quinelici Omelie sui Cantzco dez Canttet, che so-
e, soprattu o, d 1 1 ·
no un elemento inelispensabile per compren ere a sua teo ogta,
I'antropologia e Ia mistica.
Basiii.o scrtsse
. eli eli gesi ai Salmi I VII, XIV. xxvm.
om e ese )Jlll LXI CXIV (ci LIX
XXIX, XXXII, XXXIII, XLIV, XLV•. ~ ta~do..;tica ~chedelle
sono giunte, come era usuale nella o~ilediz~~ 1 !oro datazione. Si
omelie spurie) •. Assai labili sono gli m t per 8
e
L'uditori? d~vanti a! q';l~e ~asilio parla composito: uomini,
donne e fanc1ulli (IV 7); aru'P~· che vivono dellavoro quotidiano
(Ill 1) e frequentano Ia predicaz1one quaresimale non senza sacrifi-
cio; gente Iibera da impegni di lavoro, che, dopo che e uscita dal-
1' ascolto dell' omelia, puo correre a! gioco dei dadi o passare il tem-
po in oziose conversazioni (VIII 8). Vi sono proprietari agricoli che
risiedono in citta, piu o meno lontani dai !oro possedimenti nella
campagna. Dati certi momenti impegnativi della predicazione basi-
liana, come le pagine delle prime due omelie, ripiene di scienza e di
e
fllosofia, verosimile che non tutti i presenti fossero capaci di segui-
re il suo ragionamento. Dell'uditorio di Basilio ci fomisce una testi-
monianza anche Gregorio di Nissa (Spiegazione dell'Esamerone,
capp. 1-2, trad. C. Moreschini, UTET, Torino). Basilio adattava il
suo discorso aile attitudini e aile capacita di tutti, sia delle persone
colte, sia, ed in maggior numero, della gente umile (artigiani, don-
ne, vecchi, bambini), che non erano in grado di capire le sottigliez-
ze dottrinali e potevano solo essere guidati per mano perche giun-
gessero a conoscere Ia grandezza e Ia bonta dd Creatore dell'univer-
so. Basilio tuttavia non poteva ignorare che erano presenti anch_e
persone fomite di una certa cultura, che quindi richiedevan? un ~
scorso che fosse alia !oro altezza: costoro si interessavano di dottn-
ne fllosofiche e di scienze, come I'astronomia, Ia botanica,_la _z"':'lo:
gia. Nelle prime sei omelie sono presenti piu volte le ~b1ez1oru di
questi intellettuali Ia cui esegesi, come diremo anche pm ?ltre (pp.
354ss.), prevale~temente letteralista. Talvolta s~ tratta di _pe_rsone
e
dotte o di fllosofi che godono di un certo credito nella otta. Pfr
costo~o Basilio di 'solito, ha poca simpatia, preferendo1troncaredda
.
d1scussione ' all S ·
con il ricorso a cntrura.
D' altra parte a gente
1 dif
. . · alche modo superare a -
popoIo, certo poco lstrUlta, poteva m qu .. . . rche a
ficolta dd prestare attenzione ad argomentt unpegnattVI, P~ ga-
vescovo era in grado di aggiungere, al momento ~pportuno, 11~8 In-
. . . . . d" . · meraVlgliose e at1raen ·
Zlom p1ene di dettagli curiOS!,. • notlZle d I' nenzione gene-
somma, Basilio riusciva a suscnare e a tc;ner esta •di simpatia mo-
rale, fmo a stabilire con l'uditorio una v1va corrente
98
. che con accenti coloriti '. Comunque,
nifestata occas•_onalmili_ent~ an. a cosl adatta agli ascoltatori che, co-
. · e di Bas o nusov
l'espos!Zion ·1
«< ·or parte degli uditori comum a com-
me dice il Nissenellio,. cha margangto superiori per cultura I'ammiravano».
devano equ ee . .
pren ;..u 1 dourine pagane, che st trovano m queste
~ ~e e, per eche Basilio si sia servito di manuali e di rias-
ome?ech,Sl d~ plaensarein eta imperiale. La polemics con "i sapienti
suntt e CJrCO vano d II' · · del d
della 'Grecia" perla loro interpretaz~o~e . e _ongtn~ m~n o, s~-
1 chema, CO nsueto presso i cnsttaru, d1 sottolineare I assurdi-
gueos . fil fi h
ta• e 1a reoproca
· opposizione delle vane oso . e,. per
. smasc erame d
I'errato insegnamento. Le varie interpretaztom Sl son? su~ce ut~
l'una aiJ'altra, ciascuna demolendo quella pre~edente, s1cch_e non VI
ebisogno di confutarle. La trattazione cursona ad esse de~c~ta era
dovuta a1 momento contingente, che era quello della pred1caz1one e
non del trattato scientifico.
Le fonti di queste omelie si possono rintracciare fm nei primor-
di della speculazione cristiana e giudaico-cristiana. Gia Filone, in-
fatti, soprattutto con il trattato Sulfa creazione del mondo e con le
Allegorie della Legge, aveva attuato una mediazione fra ellenismo e
giudaismo biblico anche sui piano della cosmologia e dell' antropo·
logia. Molti dei temi trattati da Basilio compaiono negli scritti cri-
stiani, come in Teofilo Antiocheno ed in altri (Papia di lerapoli,
Giustino martire, Clemente Alessandrino, Origene e Lattanzio).
Lo stile, semplice, elaborate con misura, e l'effetto di una sin·
golare accuratezza, per cui le nove omelie risultano redatte in una
nobilissima e bellissima prosa d'ane.
Gregorio Nazianzeno, a sua volta, tenne l'unica omelia esegetica
che di lui conosciamo, quella sui capitolo 19 del Vangelo di Matteo,
nella orazinne 37, del gennaio 381, alia presenza dell'imperatore Teo·
doSio. Partendo da alcune riflessioni sulle parole di Gesu contro il di-
vorzio, Gregorio suggerisce alcune modifiche della legislazione in
matena: Ia Iegge romana puniva Ia moglie adultera, rna non faceva
parola_ delle ~olpe d~ _marito. Per Gregorio questa disparita e inac·
cettabile. Egli sconsiglia le seconde e quasi condanna le terze nozze,
da una serie_ di consigli ~ mari_ti perche aiutino le mogli ad essere mo·
deste e mongerate. Ma I amelia, che dovrebbe riguardare il matrimo·
ruo, prende ben presto un altro indirizzo. Parlando di castitii Grego·
. ·c pp 26-30 e aluove.
1"' Cf.]. Me Guckin, St. Gregory ofNaVII~:tus, ca 'i;Je4rerdaJh.· Tb~tllllrtyrdom
17 Sull'cpitafio di Gorgonia, cf. an~he V. ~rrusBortnes. T. Hap: (cdd.), Grwgo-
of Goq.o~UJ and Ihe birth offemale J:agw~rophy. ~5t 17o, e S. Elm. Grq.ory's ~
"'Y of Nauan:tus. Images 11nJ R~flectlons. cu., PP· 91 Questi due Javori, runaVla, per·
Creating 4 ph,Josoph~r's family, in ibid., PP· 171-l ·
corrono un metodo di ricerca molto diveno da1 nosuo.
I Podri C.ppodoci
106
. . li h I sono dedicari si notano alcune incongruenze .• Poi-
net cap1to c e_ ~ un riferimento alia sua morte, che avverra po-
che al cap. 40 sl egge le debbono essere interpretate come una
chi ~ dopo, ques~ ::ardi ipotizza percio che il testo dell'ora-
p_rofezia e~ eventu.. . "unto sia un rimaneggiamento successivo.
Z!One cos! come Cl e gl ' d gli . . G .
• d dell . tenza opposta dal pa re a erettc1, regono
Parlan
. ch o . a resls stenuti dall ,emp1eta · • dell'"unperatore (cap. 37)·.
dice e ess1 erano so all . • b b"
iche Valente era il bersaglio di questa. u~wne, e ~oco ~ro a I·
kche ueste parole siano state pronunclate m pubbli~o p~una de!-
q
1a sua morte, awenuta nel 378 · Come. pote Nonna, di all anttca faml-
d
· u· a sposare un non convertlto, appartenente a setta e-
glia ens an , M G . d" <
· ··(sui quali abbiamo detto a p. 6)? a regor10 1ce, ror-
gli Ips!Staru . . . . d h il d
se proprio per prevenire ob1ezwru a ~uest~ n_guar o, c e_ . pa re,
peri suoi cosrumi, era cristian~ giii pruna di d!Ventarlo ufficutl~en
te e Jo scusa per aver sottoscntto mcautamente una formula di fe-
d~ filoariana (cf. p. 120). Nella orazione funebre peril padre, Gre-
gorio riesce a bilanciare in modo esemplare l'idealizzazione richie-
sta dal panegirico e Ia realta dei fatti, che presentavano un personag-
gio non ceno perfetto. L' oratore percio si sofferm~ ~oprat~utto su-
gli aspetti positivi, come quello della ferma oppos1z1one d1 G:rego-
rio il Vecchio all'imperatore Giuliano, della sua influenza sugli affa-
ri della Chiesa di Cesarea, sui suoi meriti per aver favorito in modo
deciso l'elezione di Basilio a vescovo (e Gregorio non si fa scrupolo
di ricordare quanto Basilio fosse malvisto).
Le orazioni funebri nel mondo antico erano costruite normal-
mente secondo uno schema canonizzato dai trattati di retorica. Esse
comprendevano il proemio, che specificava I'occasione in cui erano
tenute; quindi veniva I'encomio della persona defunta: tale encomio
pattiva dagli antenati (eventualmente) e poi dai genitori; comprende-
va successivamente l'elogio della persona nel fisico, nella intelligenza
e nella morale (educazione, componamenti, azioni); il racconto giun·
geva fino alia mone della persona celebrata, allorquando I'oratore si
rivolgeva personalmente al defunto. Seguivano esortazioni e consigli
ai superstiti ed infine Ia conclusione, con Ia preghiera. Ma Gregorio
riesce a caratterizzare in modo nuovo, e doe in sensa cristiano, i sug-
gerimenti tradizionali della retorica pagans. Egli sopprime le parti
che considers inopportune per un funerale cristiano, come gli accen-
ni alia bellezza fisica, e non si sofferma sui Iamenti; amplia Ie parti che
gli sembrano piii genuinamente cristiane, come quelle che illustrano
le virtU del defunto, ed introduce un gran numero di dementi nuovi,
III. LettetrJtur~~ e genn-i letterflri
107
che nonnalmente appartenevano ad altri generi letter · .
. "d . d .. an, come stone
eli miracoli , eli mc1 enu, escnz1oni. Del resto quest · , nell'
· · 1 · , • anOVlta am-
bito de1 genen etteran e percepibile anche nella v.·1 J · M .
. h , d za az acnna
scritta dal N!Sseno, c e e, secon o il genere una biografia, h '
che fare in molti punti con I'elogio funebre ,;. rna a a
'
r: Orazione
.
/unebre per Atanasio fu pronunciata dal N ·
. d II az~anzeno
nell. anruversano e a su~ motte (2 maggio 379). Prima sacerdote e
pm. v~covo ad Al~sandna .fino al3 73, Atanasio era stato iJ campio-
ne md1scusso dell ortodoss!a e Ia sua figura stava acquistando sem-
pre maggiore autorevolezza, per merito della sua Iotta contro i ve-
scovi e gli imperatori ariani. Proprio le difficolta incontrate da Ata-
nasio suscitano in Gregorio una serie eli riflessioni sui clero e in
particolare, sull' episcopate del suo tempo. Egli afferma che A~a
sio fu eletto dal suffragio popolare e non secondo l'uso deplorevole
prevalso piu tareli (e gii\ questa era stato il caso eli Basilio), quando
l'elezione avveniva, ormai, per cooptazione. Come conseguenza eli
questa malcostume il vescovo ariano Giorgio eli Cappadocia aveva
usato il denaro destinate ai poveri per corrompere i funzionari eli
corte. lnoltre Gregorio deplora l'insufficiente formazione culturale
del clero, che risalta accanto alia levatura intellettuale eli Atanasio.
Proclama che sia Ia vita attiva sia Ia vita contemplativa e quella mo-
nastica sono espressione della vera fede; inoltre che non si terra piu
in elisparte cercando eli evitare lo scontro apeno con gli ariani: do-
pale violenze subite nella notte eli Pasqua (p. 61), egli none piu eli-
sposto a pazientare, rna, ispirandosi all' esempio del vescovo Atana-
sio, combatteri\ apertamente gli eretici. .
Tornato in Cappadocia, il 1° gennaio 382, a Cesarea egli pro·
nunda l'Encomio di Basilio, nel giomo anruversano della sua motte
(or. 43). li testa, assai lungo, non contiene alcun ac~enno ap~~ad
Ellaelio, successore dell' arnica, con il quale SJa il N!Sseno. ~ a-
zianzeno erano in cattivi rapporti, ed anche qu~to cosunusce ~
rnotivo per dubitare che I'orazione sia stata effemvamellente/ronun1_
. . dim che essa n a rorma a
Clata. Ma anche altri argomenu ostrano ' · bblico·
tuale, non fu il vero e proprio eliscorso funebre tenuto lD pu ·
u· e
·chitl Ia bibliografia assai. ampia;
16_SuUa struttura del discorso funebre ne. antJer Christillfl B,perors. ~ceton
.
runanduuno solo a G. Kennedy, Greek Rhetonc un , .c..neral oftJlionS 011 hiJ broJhn".
f.
I?83 e a T. Hiigg, P!JJying w1~h exp~Cifll~oiiS: Grego:~ Hiigg (cdd.), Greg01'1 of Ntt-
51!/er and /ather (partico]armente utile), tn J. Bortn
~lanzus. Images and Ref/eclions, cit., PP· 133·1'L
!08
. . risce ampi brani che lo riguardano di-
in primo luogo, c;>regon~ .m•:..a. accanto a quella del defunto: que-
renamente, quas1la sua 110g ritiche che egli rivolge a Basilio, di cui
sto e• mop
· porruno
· . • come ec ito degli eventi passatt.· "'
r. probabile che
rievocala tirarull• 3 P 001' 0 ~ 3 una versione rivista, corretta ed am-
i! testo pervenutocl costttulsc ££ .
. dell' razione funebre e etttvamente pronun-
piamente acc~dUtadi, Gregoon"o inoltre non e solamente quella di
· 1'. tenztone • ' din ·
data. m . ch ra stato anche un vescovo straor ano, ma
lodare un anu~ eM ~ostrare Ia figura del vescov~ perf~tto, quali
soprattutto qu. . embri del Concilio di Costantmopoli, recente-
non erano stan I m I uli 11
mente conclusosi. Infatti Gregorio d~sc~te a p~c are ~cce enz~
dell'amico, a cominciare dalle sue virtu mora~, come I au~tertta
( 60) I COntinenza (cap. 6l),l'unione, da lut attuata, tra VIta so-
cap. ,a ... )I d" "(
Jitaria e vita congiunta agli uommt (cap. 62 , a cura et pove~t cap.
63) ed infine l'umilta (cap. 64). A p~rtire.~al c~p. ~5. Gregono pas-
?":•-
sa a illustrare l'attivita intellettuale di Basilio, di ~w rtcor~a .!e
lie sull'Esamerone e Ia attivita in difesa della econom1a divma
(cioe i1 problema della divinita dello Spirito). Quindi si puo dire che
i1 Nazianzeno presents Basilio come un modello di virtU e di intel-
ligenza. Gregorio ricorda anche i1 passato comune, rivissuto con
una forte nostalgia, gli anni giovanili trascorsi ad Atene e Ia !oro
amicizia, i1 ruolo e i1 significate della paideia greca per i cristiani e le
lone per I'affermazione dell' ortodossia.
Anche Gregorio di Nissa scrisse discorsi funebri: per Gregorio
i1 Taumaturgo, Melezio, vescovo di Antiochia, Basilio, Ia principes-
sa Pulcheria, figlia dell'imperatore Teodosio, e Ia moglie di questi,
Flaccilla. Alcuni di questi personaggi sono di un livello sociale e di
u_n'impottanza stories molto piu elevata che non i parenti di Grego-
no Naztanzeno, per cui anche i1 tono, che si volge all' encomio e al
panegirico, e, in queste orazioni del Nisseno, molto piu solenne che
nelle altre, rna anche di circostanza e meno sincero.
l:'orazione ~ebre in onore di Gregorio i1 Taumaturgo fu pro-
nw;taata probabilmente nel380, a Neocesarea di Cappadocia. L'oc-
castone fu, come normalmente avveniva, Ia celebrazione della festa
~el santo, durante Ia quale I' oratore parlava nell' assembles dei fede-
li. n.testo, d~ta ~ su_a lunghezza (57 pagine dell'edizione delle ope-
re di.Gregono di NISsa), deve essere stato abbondantemente rima-
ne~to. Dt conseguenza ~uesta orazione funebre si presents, s~
stanzialmente, c~me una btografia e, come si e gia osservato, si rt-
volge non a degli ascoltatori, rna a dei lettori. La stessa professione
Ul. LelleralurtJ e generi ktUrari
109
~ fede, che sarebbe stata pronunciata dal Taumaturgo e di cui ab-
btamo.dett? (p. II), c?nfonne.~ sunbolo di Nicea, ben si inquadra
nella ~lt~azwne del Ntsseno, p1u che in quella del Taumaturgo.
C1 s•. potr~bbe as~ettar~ che con !'Orauone /unebre per Basilio,
pronunc•.ata I anno pruna di quella di Gregorio Nazianzeno, e cioe
n~ 381,. il ~1sseno manifest~sse dei sentimenti personali, non solo
di ammtraztone, rna anche di affetto per il proprio fratello. 1n real-
e
tit anche questa orazione paludata e di circostanza. Rievocando Ia
s?ccession~ delle fe~te cristian~ che fanno seguito a! Natale, Grego-
no cerca d1 porre I anmversano della morte di Basilio sullo stesso
piano di quello dei santi Stefano, Pietro e Giacomo, Giovanni il
Battista e Paolo. Se il Nazianzeno aveva visto, e presentato agli
ascoltatori, in Basilio l'immagine del vescovo ideale, il Nisseno pro-
pone Ia figura del perfetto cristiano, che ha praticato tune le virtU,
in particolare il distacco dai beni terreni e l'amore peri poveri; tut·
tavia poco si ricostruisce, da questa discorso, della vita e della per-
sona di Basilio. Infatti, il Nisseno piu volte sottolinea l'eccellenza
della virtu del fratello: solo, cosa intendeva il panegirista con "vir-
tu"? Se consideriamo quanta spesso questa parola eimpiegata nei
e
suoi scritti ascetici, verosimile che egli l'intendesse come equiva-
lente eli "ascesi" n.
Analoga freddezza di toni ed interessi puramente occasionali si
percepiscono anche nelle altre orazioni funebri. Quella .per Ia mor-
te di Melezio (awenuta durante lo svolgimento del concilio del381)
sottolinea naturalrnente le virtu del defunto, rna, diplomaticamen-
te, non fa ~essun riferim~to allo scisma di Antiochia, nel.quale ~:
no in gioco gli interessi di altre importanti sedi episcopali•. e ~UIDdi
e di scarso interesse storico; quelle per Ia morte .della pnn~pessa
Pulcheria e della imperatrice Flaccilla, succedutesl a ~~ ~tan~
nella seconda meta del 385, non contengono acc.enn di ~cen~:
. .
trattandost dt persone lontane
dall
a cere
hia del N!SSeDo e 1 motM
dizi" 'ali ( anita
che in esse vengono esposti sono assolutamente tra . on v d
dell 0tenza di questa mon o
delle cose umane, carattere effim~ro a~ li era Netrario, rna
ecc.). In quell'anno il vescovo di Costannn~po I d eorazionifu·
non fn lui, come ci si aspetterebbe, a pron::ol"e.z~ culturale, ne
nebri: probabilmente, a causa della sua m
dette l'incarico a Gregorio.
362.Le prim~ (~- 3 ) sono dedicate aile sue esperienze sacerdotali del
· ne cosdtleltwscono I' antefatto I'ordinazione forzata Ia fuga nd
monastero
·
2, mvece, IaPonto ed iJ rttomo,
· di. cui si e parlato a' p. 39. La n.
per sua lunghezz 1 I "
che ad un' elia ad a e a sua comp essita, fa pensare, ptu
om ' un trattato destinato ad un pubblico ristretto
111. Ullm~lurtJ e gene,.; kuerari
117
di letto?· I:omeli~ e c?nside~at~ come un "trattato sui sacerdozio"
Gregorio espone I suot dubbt, nvolgendosi ai clero diN · ·
anche una difesa dd proprio ideale di sacerdote· non 3Ziantol' ma
. . di lli • vuo e essere
giudicato un arnvt~ta, uno ~ue · che si accalcano nella Chiesa so-
lo nella speranza di ottenere ncchezze e privilegi e porta .
ca giustificazione dei suoi indugi I'amore per l'~acoresi
problema non e diventare sacerdoti, quanto diventarlo un' vero in
:"a urn-
4. Epistolografia
R~e
neo.
s1 e
·~~onda ~ momenti e circostanze diverse
dett~na 1 al :
fase antics ,opoaqueil
d
·,vii
e e regoIe conunuo a s upparsi e ad assum
corpus dll ,
. · a1
piu isntuzton e.
ere una 1onna
r;Ascetic~~ m_agnum fu costituito aggiungendo alia rae
precedente ptu di cento domande-risposte per un tot d" 31
questo ."- il ~~e.ro delle Regole b~evi. N~l frattempo anche 1 pen-
siero. dt Basilio ~~ era J?~difl~at.o: m p~~ncolare, aveva meglio defi-
a!!
nito ~ ru?lo dell i!Jtonta,_e distmto, mtemosunira, i ••.
ri cansmt.
..._._
Le Rego e. am "
pte, pot, .sono
.
m numer di 55 e ostitws·co-
no w:'a ~e~a e ~ropna catechest SIStematica", ct ' esposizione
rdi prmclpl e di n~rme generah, ciaborata sUlla base dell'esperienza
e della problemanca concreta, mentre le Regole brevi sono una se-
rie eli improvvisazioni orali, probabilmente scritte dagli uditori cosi
come erano state dette. Le due serie, dunque, non si sovrappongJ'
no le une alle altre e non si escludono a vicenda. '-
Le Regole ampie iniziano con una premessa sui comandamenti
eli Dio e illoro ordine; seguono i precetti capitali dell' amore eli Dio
e del prossimo, del timore eli Dio, del non lasciarsi distogliere dalle
cose del mondo come condizione fondamentale eli una seria vita cri-
stiana, della vita solitaria e della vita cenobitica, della rinuncia, dei
vari generi di persone che volessero consacrarsi al Signore, poi le
virtu, gli ord" nti, i modi, le strutture e i problemi tipici della vi-
ta cenobit" a.
Le R ole brev. , invece, sono meno rigorosamente Sfn:'ttura!S.
ma non rna sezioni che rispondono ad un ptano preC!So. Tal~
eIa prima regola, puiTunga di molte altre, che si sofferma sui ~o
re normat1vo ddla ~a, o Ia seconda, sui signilicato ess~~
della professione di fede· Ia raccolta contiene anche delle sezton\
' . . h 'imma••nt!
o~ogenee. Estremamente vari sono i cont~nun: ~~ 8 un u;_
eliretta di come i fratelli secondo !'invito eli Basilio, pon~erob.bli
' · L ~ rmaztone 1 -
tamente le !oro domande di carattere pranco. a 0 . eli Basili
ca che emerge dalle domande poste dagli interl?cu~~r~ dato ch~
-sorprende per abilita di accostamenti e confrontt ~r~uc\ . _,
non si tratta I om . . er ptu non rtvtste ett~
• " . . · ·" e tuttaVla non
mente. I discepoli di Basilio non sono priDctptanU ' bbe pro-
mettono m · evtdenza
. vere e propne · dif£icoIta ' che avre
S · ro . gli
d il · jfi" della cnttura.
Otto conrestazioni e dubbi circa stgn ca 1? ch geo"ci in
ascen. ch"tedono chiarjmentj e apprmon ' dimntt
e ' an eese '-
ella vita spi-
senso lato, che promuovano e favoriscano il progresso n
I Padri Cappadoci
6. I trattati
Basilio si deelico a questa forma letteraria scrivendo il Contro
~uno~io e. Lo ~~irito Santo, dei · gia si e detto e si dira al cap .
. · Estste eli Basilio (anche s su aut ticita e contestata) il breve
trattato Lo Spirito: secon o P. Henry e so fu composto attomo al
360, e ~ulta in sostanza un otiniano che Basilio avrebbe
successtvamente utilizzato.
S . DNissen
I 0 co1· ttva m· modo particolare questo genere letterano. ·
cnve ~e 371 un trattato Sulfa verginitii. La problematica affronta-
tanonenuova ' man. uova e'Ia b ase dottrtnale
. .
che Ia sosuene: pro .
£ondamente nutnto eli platontsmo
·
h . e di ortgemsmo
. . ·
lo scnttore basa
anc ~ su monvazioni filosofiche l'ideale della c~ntinenza, sl che
quest opera appare talor . ana-
logo a elli h a come un trattato ftlosofico-retortco,
qu . c e. potevano scrivere i filosofi pagani del suo terDP0 ·
Esso conuene gtit le lin £ond amentali della dottrina mtsuca . · del
Cappadoce: Ia vero;n; • ee •1 .. .. tO
d· · di ~-ta e a condiztone ortgmaria dell'uomo crea
a unmagme Dto, deformata dal peccato, e, in quanto Iotta con·
III. Letleratura e generi l.elterari
dialogo. L' opera, percio, non deve. ~sere con~ide~ata come una pu.
ra fi.nzione. Dopo Ia morte di Basilio, Gregono Sl reca da Macrina,
cercando consolazione, rna al vedere Ia sorella malata e vicina alia
morte Ia sua angoscia cresce. Egli domanda che cosa abbia Ia motte
di cosi terribile: da questo punto inizia il dialogo con Ia sorella.
La Vt'ta di Macrina costituisce un'imitazione del Fedone: come
Socrate, infarti, Macrina, malata, attende Ia morte, parla dell' anima
e del suo destino nell' a! di Ia, per consolare l'interlocutore. Sia nel.
Ia Vita di Macrina sia nel Fedone (117c) si parla della serenita d'ani.
mo che si deve avere di fronte alia morte; Socrate e Macrina prega-
no prima di morire; entrambi muoiono verso sera (Fedone 106b; Vj.
ta di Macrina, p. 396, 5). Critone rivolge a Socrate le ultime atten-
zioni, in quanto, alia sua morte, gli chiude gli occhi e Ia bocca, e Ma-
crina aveva pregato il fratello di fare altrettanto, anche se Gregorio
si accorge che Ia bocca e gli occhi di lei si erano gia chiusi sponta-
neamente al suo trapasso. Piu dell' attesa della morte, Gregorio, pe·
ro, ha sottolineato Ia malattia ed il contrasto tra Ia debolezza del
corpo e Ia vivacita delle;> spirito di Macrina, facendo riferimento al-
l' analogo comportamento di Giobbe. E chiaro che egli, in quanto
cristiano, deve addurre un esempio della letteratura cristiana. ln-
somma, nella Vita di Macrina Gregorio narra quello che nel Dialo-
e
go era stato solo accennato, oppure Ia Vita stata scritta prima del
Dialogo, e Gregorio non ha voluto ripetere Ia descrizione della sce-
na in cui si svolge Ia discussione tra lui e Ia sorella a proposito del
problema dell' anima e della risurrezione.
Nel medesimo anno (380), Gregorio inizia I' opera piu vasta del-
la sua artivita letteraria, e certo tra le piu significative del cristiane-
slmo greco, quella dedicata alia confutazione di Eunomio. L' eretico
contro cui aveva scritto Basilio quindici anni prima non aveva ab-
bando':"'to ?~ idea di rivalsa, rna in un lungo periodo di tempo
(dod!CI ann1 Clfca) aveva meditato, ed infine pubblicato, Ia risposta
al Contra Eunomio del vescovo di Cesarea: se questi aveva scritto
contro Ia Apologia di Eunomio, costui riprende Ia polemics scriven-
do una Apologia dell'Apologia. ll Nisseno che si trovava a Costan·
~opoli per i lavor~ del Concilio, lo !esse ;, sdegnato per le critiche
r!Volte al fratello, nspose con un Contra Eunomio in tre libri, e, nel
3,83, ~on Ia Confu_tavone della professione di fede di Eunomio, che
l_ereuc~ aveva sc~tto ~er giustificare Ia propria ortodossia, in occa-
s~one di un ten~uvo d1 pacificazione tra gli ortodossi e Ie varie ere-.
s1e, voluto dall~mperatore Teodosio. Gerolamo (Gli uomini i/lustrt
III. Leunatura e generi kttnari
raodo in quegli anni, e con l'intento eli rifiutare le concezioni de) ve.
scovo eli Laoelicea.
r: altra grande opera della vecchiaia eli Gregorio (oltre aile Ome.
lie sui Cantico dei Cantici, delle quali abbiamo detto) e La vita di
Mose (390ca). Non e una biografia, nonostante il titolo e un cerro
interesse biografico, ne propriamente un 'ope~a eli esegesi biblica,
anche se )e vicende della vita eli Mose sono pnma narrate "storica-
mente" e poi interpretate spirirualmente. L'interesse predominante
e misrico, come dimostrano i temi trattati, che sono quelli delle
Omelie sui Cantico dei Cantici: l'incessante ascesa dell' anima (sim.
boleggiata da Mose, che progressivamente riceve Ia rivdazione elivi-
na) e Ia visione eli Dio, che produce I'ottenebramento dei sensi (Dio
parla a Mose avvolto dalla tenebra sulla montagna). E, accanto alia
mistica, vie !'interesse ascetico: Mose e il modello dd cristiano che,
compiuto un percorso eli perfezionamento, diventa "amico eli Dio •.
Anche Amfilochio eli lconio scrisse dei trattati, dei quali peril
possediamo solo frarnmenti"; dai titoli ricaviamo che alcuni riguar-
davaoo Ia controversia ariana e I' esegesi, che troviamo anche negli
altri Cappadoci, dei passi scritturistici ad essa relativi. Sono: It Fi-
glio; It Signore mi creo come inizio delle sue vie (Prv 8, 22); Sul gior·
no e /'ora (sal., della fine); Padre, see possibile, passi da me questa
calice; II Figlio non puo fare niente do se; Colui che ascolta Ia mia pa·
rola e crede in colui che mi ha mandata ha Ia vita eterna; II Padre e
maggiore dime; Prenderii dol mio e lo annuncera a voi; Salgo al Pa-
dre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro. Altri riguardavaoo
Ia cristologia: Sullo incarnazione; Sui versetto: Gesu progrediva in sa·
pienza, eta e gratia presso Dio e gli uomini. Uno, Sullo Spirito Santo,
e ricordato da Gerolamo (Gli uomini illustri 133): AmHiochio glie·
lo avrebbe letto «poco tempo fa». Questo potrebbe far pensare a
poco tempo prima il 390, data dell' opera di Gerolamo, rna e piu
probabile che indichi gli anni in cui Gerolamo era a Costantinopo·
lipresso Gregorio Nazianzeno (379-380), quineli piu vicino all'omo·
mmo trattato eli Basilio, dedicato, appunto, ad Amfilochio .
. Anche Evagrio Pontico si dedico alia composizione di trattati:
esst ~rono tradotti in Iatino e nelle lingue orientali, anche se lo sta·
tus eli queste traduzioni costituisce un problema che esula dalle pre·
senti considerazioni. Lo storico Socrate parla eli un trattato intitola·
7. La poesia
Solo Gregorio Nazianzeno, tra i Cappadoci, si deelicil aDa poesia,
aDa quale rivolse un impegno non minore che aDa prosa, scrivendo un
gran numero di versi e affrontando una grande varieta eli tematiche.
Siffatta decisione rispondeva non solamente ad una necessita intima,
rna ad un piano ben meditato di attivita letteraria e culrurale.
Per dei motivi che sono tuttora oggetto eli discussione, Ia poe-
sia sorse relativamente tardi nel cristianesimo, tanto e vero che solo
neU'eta stessa in cui Gregorio viveva vi era stata, neU'O~tD:te grec~,
una vera e propria produzione poetics. Alcuni decenru pnma Ari~
aveva scritto in metri popolari un poema (Ia Thalia) aDo sCOP? eli
diffondere Ia sua eresia, rna non per questo egli puo essere conSide-
rato un poeta. Piu tardi Apollinario di Laodicea, a causa deUa pe~-
.
s~cuztone '
di Giuliano l'Apostata ' aU• compoSI-
(361-363 ), s1· dedico. va
ztone di versi seguito dal figlio. Su queste singolari figure g~
l'oscurita pro~urata dalla condanna che colplla !oro ereSia ~ ."
Produsse Ia perdita delle !oro opere. ll padre era un "granu;jj,~t '
~orne riferisce Socrate (Storia della Chiesa III, 16). ll fit•;;. ~i ~
Vofist~·, avrebbe rielaborato aDa maniera dei elialo~ ' 25 )t:che
angel,, e, secondo Sozomeno (Storia della Chresa ' '
1<42 I Padri Cappadoci
che in tal modo affida a1 verst e sue angosce (vv 18-24) ch'
gl . · ,nonper e
aspiri ad una vana ona terrena: come v~o dicendo i malevoll (vv.
25-32). Gregono ~ol~ attenerst ad alcuru criteri.lnnanzitutto, non
scrivere_ molto; p01 scnver_e per 1 g1ov~ e per tutti quelli che in mo-
do parucolare provano diletto per 1 discorsi, sl da fomire loro
dolce medic~a, quell:' della ~ersuasione (~ iltopos della poesia co'::
smunento _di persu_astone ~ di .P~dago~, _m quanto facilita l'appren-
dimento di preceru morali ostia e fancost ad essere accettati). In tal
modo il poeta puo condurre i giovani verso quello che toma !oro pill
utile e addolcire con l'arte l'amarezza dei comandamenti (vv. 33-41).
ll nerbo dell'arco, quando e teso, ama rilassarsi, dice Gregorio, ri·
prendendo dei precetti di carattere pedagogico (cf. Fedro, Favole ill
14, 10). Se no, il poeta e pur sempre in grado di fomire canti e can-
zoncine: se i suoi discorsi non piacciono, anche lui e capace di com·
porre piacevoli componimenti. Gregorio ha saputo scrivere anche
della poesia non impegnata (vv. 42-46).1n terzo luogo, il poeta com·
pone perche e preoccupato, e non vuole che i pagani superino i cri·
stiani nella poesia (vv. 47-49), ancbe se, a rigore, l'omamento retorico
e Ia bellezza, per il cristiano, risiedono, sostanzialmente, nello studio
della Scrittura (vv. 50-51). Nei suoi discorsi non vie niente di uoppo
Iongo, che procuri un'intollerabile sazieti\, e nemmeno niente d'inu·
tile (vv. 61-62). Alcune delle considerazioni svolte da quest'attivitii
poetica derivano dalla Scrittura altre dalla letteratura profana (v. 64),
sia che si debba lodare cio ch~ e buono, sia che si debba biasimare
quello che non lo e, sia che si tratti d'insegnamenti, di sentel_'2"• ~:·
si concise, che possono essere ricordate dalla con~t~one ~
scritto. Vi e anche chi critica il metro che Greg?"? IIDple~a, m~;
tratta di ignoranti, di scrittori di giambi, di a~rll di lett~n \'"':· che
70): genre, comunque incapace d'imitare o di far meglio co~
~ene criticato. L'allusione ai metri induce il poets ad altre co~ :
~toni (vv. 82ss.). Anche nella Scrittura si trovano molte com.t:rra
10 metro, come dicono i sapienti tra gli ebrei"- ncantare s '
re_l'~tic~ !es~ento di front~ aile critiche dei pagani, j quali disprezzavano i !esti_sa·
en dea cnstwu m quanto non nspondenti ai canoni estetici da loro rironosduu. G•ro·
lama, pur manten~do q~t'ottica pagana, fonnula un giudizio positivo suUe Sc~tt~·
re, affennando che m esse &I trov~o gli dementi costitutivi deUa poesia pagana -.I unJ·
ca, del ~est?•. che allora era conosauta -. Sarit Agostino a risolvere radicalmente Jl pro·
blema, andi~~an~ ~ Bibbia uno stile e una pooaia peculiari, tali, cioe, da non do·
ver esscre ga.udicau con 1 parametri deUa poesia classica.
Ill. Letteralura e generi kuerori
stesso e in un •altra eli Poemi ch~ riguar~no altre persone e che sono,
sostanzialmente, delle epistole m verst.
Notevoli sui piano culturale sono anche due poesie dedicate aJ.
Ia essenza della virtu, a come conseguirla, al suo significate peril cri·
stiano. Gregorio riprende una lunga e varia tradizione pagana; dai
tempi dei sofisti e di Socrate, infatti, il pensiero greco si era doman·
dato che cosa fosse Ia virtu, e nella definizione di essa si erano impe·
gnate molte scuole ft.losofiche. D primo di quei carmi (I 2, 9) appare
piu asciutto e piu problematico, rna forse anche meglio riuscito; il se·
condo (I 2, 10), assai ampio (sono quasi mille versi), e, nel comples·
so, diluito e prolisso, anche se molto dotto ed erudite. Esso possie-
de uno scopo pedagogico immediatamente manifesto, a differenza
del carme precedente, piu introverso e meditative. Gregorio si rivol-
ge a un giovane, che probabilmente eftgura fittizia, no~ sol? permo·
strargli che cosa sia Ia virtU, rna soprattutto per fargli c_aptre che Ia
virtu nella sua perfezione non si rrova nelle dottrine det filoso~ pa·
gani. l:impegno di donare se stesso a Dio el'unica vera educaz~one,
il primo e il piu imponante bene degli uomini. Le ricchezze 1':'~~
e le varie scienze del mondo hanno scarso peso di fronte alia dignita
dell' antma,
· a1 conoscere Ia propna · · e iJ destine finale · In ·que-
· ongtne
fi · · anomon 1 d·;~
sto ~a.rme vi e, certamente, moira f~os? a e 81 ntrov 0 illustrate
mol!vr ascetici di Gregorio. Esortaztoru alia poverta .sBw S ue-
c1on esempi: i progenitori nel Paradiso, Abramo, M~e, h 'd":on·
eecc··• qum· di esempt. di con11nenza
· e di£ortezza: Stsac
. enedagogi·
do antico gli esempi di virtu avevano un forte stgnificato Pd'' ·•. ;~
CO p · J'' portanza !Stl•~·
· enanto Gregorio presentandoli, senre ID1 I " ·-'-n·
un c f ' elli . ·aru'· ha uogo"" COIWV
on tonto tra quelli pagani e qu crtstl · d " che si
to tra cio che si guadagna con le occupazioni moo ane e ao
acquista aspirando 8 Dio ... quando Ia _gloria dei ?lartiri, vincitori dei
persecutori, eesaltata per il suo prenuo celeste, m contrapposizione
con quella derivata dalle gare, che procurano effimera fama ai giova-
ni, gia gloriosi negli epinici di Pindaro~ 29 _<Costanza). ~ canni Sui/a
virtU dunque, e quelli di argomento etlco m generale ct presentano
iJ pn:blema del rappono tra ?lo~ale c~tiana ~ morale p~~a_- La SO-
Iuzione ci conduce verso Ia diatrtba ctruco-stotca: Gregono e mteres.
sato a una filosofia popolare, che si ritrova, ripetendo degli stessi to-
poi, in Seneca o Dione di Prusa.
Un vero e proprio capolavoro e l'elegia I 2, 14, in cui il poetasi
interroga sulla natura umana, caduca e transeunte. n carme inizia
con una sequenza di carattere narrativo che serve a definire tempo,
luogo e situazione psicologica del poeta; di antica tradizione poeti-
ca e letteraria e Ia descrizione di un bosco ameno, in cui si trova il
poeta immerso nella meditazione. Unico confono e Ia fede, che si
manifesto in un'invocazione alia Trinita, in una esortazione a se stes-
so, nella speranza della risurrezione. Secondo il Cantarella JO <<que-
sta elegia contiene i piu elevati accenti della poesia di Gregorio ...
notevole esoprattutto, dal punto di vista della poesia, il movimen-
to iniziale: per trovare qualcosa di simile bisogna arrivare al Petrar-
ca di Solo e pensoso .. .». Nella descrizione della natura egli gareggia
coni grandi modelli classici: Omero, Saffo, Teocrito. Non meno riu-
scita e, tuttavia, anche l'elegia successiva, dedicata alia considerazio-
ne della vanita della natura umana: /}insigni/icanza detl'uomo este-
riore (12, 15). L'elegia si apre con una serie di domande angosciose,
che il poeta rivolge a se stesso e a Dio: che cosa significhi esistere,
essere uomo, essere Gregorio; Ia conclusione ineludibile di ogni
condizi~ne umana, anche della piu sublime, e che I'uomo none al-
tro che il nulla. La consunzione e Ia mone pareggiano tutti, l'impe-
ratore e il mendicante. Unica sicurezza e quella di abbracciare Cri·
sto. Se il corpo piega verso Ia terra, I' anima che e il soffio di Dio,
tomera verso I'alto. In questo consiste Ia ve:a grandezza.
ll problema centrale della vita e, dunque, quello di scegliere Ia
Strada che conduce alia felicita: questo problema era stato affront•·
. 29 _S. Costanza, La_ s~elttJ della vita nel Carme 1, 2, 10 di Gregon'o di Nt~t.ianze~O- · ·'
~E. LJVrea e G.A. Pnvttera (edd.), SJudi in onore di Anthos Ardiuoni, Edizionl dd·
I Ateneo I-ll, Roma 1978, pp. 2JJ-290. p. 2l4.
30
148 _ R Cantarella, Poeti biTAnlini, a cura di F. Conca, I-II, RizzoU, MUano 1992, P·
III. LetterQtura e generi letltrari
, '!·
32 ~~· Triso~o, San Gregon·o di NaVanzo e i/ Christu& Patiens. II problema del·
I autentu:tta gregonana del dramma, Le Lettere, Firenze 1996.
Ill. LetteraturtJ e generi lettertJri 1,
ricerche ci rimanda alla fine della tarda antichiti o addirittut'a aJ.
l'epoca bizantina. ll Christus patiens e in forma di centone, doe e
costruito mediante Ia ripresa eli emistichi delle tragedie eli Euripide.
Recentemente (1996) il Trisoglio ha contestato i risultati ai quali era-
no pervenuti gli studiosi contrari alla autenticita gregoriana del·
!'opera, impostando Ia sua ricerca su due linee: da un lato ha con-
dotto un riscontro analitico tra numerosi versi del Christus patiens e
Ia restante produzione- poetica e prosastica- di Gregorio, allo sco-
po eli ricavarne concordanze, echi e riprese, per proporre una valu-
tazione - finora mai tentata - dell' opera. Dall' altro, ha eseguito un
confronto tra il dramma, ritenuto gregoriano, con le opere eli que·
gli scrittori bizantini ai quali i critici sostenitori della non autentici·
tii lo avevano attribuito, quali Gregorio eli Antiochia, Teodoro Pro-
dromo, Giovanni Tzetze, Costantino Manasse, ed egiunto alla con-
clusione che il Christus patiens eassolutamente incompatibile con Ia
mentalita, Ia moralita e il gusto eli quegli scrittori bizantini.
IV. Una filosofia cristiana
Mose era stato raccolto dalla figlia del faraone, che era sterile:
«Sterile e, veramente, Ia cultura profana: sempre e nelle do-
glie, ma mai genera un figlio vivo. Quale figlio delle sue
lunghe doglie potrebbe mostrare Ia filosofia, un figlio che
sia degno di tali e tanti travagli? [ ... ] Dunque uno, dopo
che e vissuto nella vita della principessa degli egiziani tan-
to quanto basti perche non sembri privo di cio che e impor-
tante preSSO di )oro, ricorra a coJei che e SUa madre Secon-
do natura. [ ... ] Questo fatto insegna ... che se uno frequen-
ta i ragionamenti profani nel momento della sua educazio-
ne, non deve distaccarsi dallatte della Chiesa, che ci nutre.
ll latte sono le tradizioni e le consuetudini della Chiesa, dal-
le quali e nutrita e maturata !'anima nostra, facendo della
sapienza profana il punto di partenza per salire piu in alto»
(La vita di Mose II 11-13).
. . . e 1 neop atoni-
ci contem et e Ia tradiztone platonica precedente. Non si puo
esc udere .c~e ~ssi _conoscesse~o ~che a:Icum !ibn di Plotino che, in
alcune ed!Ztom, ctrcolavano msteme ai testi di Porfirio che li com-
mentavano. In sostanza, il quadro generale della filosofia plaronica
e queUo fornito da Porfirio, mentre GJm!ir.o sembra non aver
avuto quasi nessun influsso su di essi '. Ne i CappadoclPot.;;-ano
non tenere conto della speculazione della scuola di Alessandria ove
il platonismo era giii stato elaborato in modo approfondito. Vi so-
no, quindi, molte "voci" platoniche.
Parlare del platonismo cristiano sarebbe, quindi, molto sempli-
e
ce, tanto questo fenomeno cultunile evidente ad una prima consi~
derazione. Titoli di opere critiche modeme, dedicate a questa tema-
tica, sono comuni: il "platonismo nei padri", "Plato Christianus" •, "il
platooismo cristiano" di questo o quello scrittore, e cosl via. Insom·
rna, una volta assunta Ia presenza di Platone e del platonismo nella
storia della acculrurazione del messaggio cristiano, alia maniera in cui
Ia intendevano gli studiosi dell'eta del positivismo (basti accennare
alla famosa interpretazione di Harnack, della "ellenizzazione del cri-
stianesimo"), e aperta Ia via per piu approfondite precisazioni, piu o
meno convincenti. Vi estato, tuttavia, chi, suscitando concordi obie-'
zioni rna probabilmente proprio per non cadere nella semplificazio-
ne di un pi · cristiano tout court, ha negato che i Padri potes-
sero ess e platoni ·. lntomo al1970 uno srudioso autorevole come
Hein · h Dorrie so enne che il platonismo cristiano non era mai esi-
stito n oteva . tere'. n dibattito, allora sorto 6, ha perso, attual-
mente, Ita, forse perche l'antagonismo tra platonis~10 e cri-
stianesimo, cosl come era stato posto, e apparso troppo rectso.
7 Cf. H. DOrrie, Die andere Theologie. Wie steDit;n Jf~ friihchristli~ Th«Joge
des 2.-4. ]ahrhunduls ihren Lerem die •Gn"echische Weuhetl (=den Pl4101furlflll) tkul,
•Theologie und Philosophie• 56 (1981), pp. 1-46.
166 I Padri Cappadoci
edalui ridotto ad essere una vox platonica tra i vari registri che ser-
virono ai cristiani per diffondere l'evangdo, rna, nella sua sostan-
za il crisrianesimo era, allora come oggi, assolutamente, anzi, in-
co,mmensurabilmente estraneo ad ogni platonismo '- Si tratta
quindi, di un fenomeno di "~seu~omorf?si_", manife~tatasi n~ cor:
so della storia della cultura gmda1ca e crtsuana, da Filone agh apo-
logeti.
Cosi facendo, pero, il Dorrie paragons due entita come se gia
fossero costituite e organiche, e da tale organicita e dal possesso di
determinate dottrine deduce che esse sono inconciliabiiL Ed in
pane lo sono ora, come lo furono allora, e di questa inconciliabili-
ta furono convinte entrambe le patti. Ma parlando di platonismo
cristiano noi non prendiamo in considerazione il platonismo, che
fu cenamente pagano e anticristiano, rna il cristianesimo, che, in-
vece, fu ora nettamente (e coscientemente) antiplatonico, a propo-
sito di certe dotttine (metempsicosi, struttura gerarchica della di-
vinita, etemita dd mondo), ora, invece, si servi di quella filosofia
proprio per daborare il kerygma e trasformarlo in dogma. Tanto e
vero che lo stesso dogma trinitario fu strutturato in un modo pri-
ma di Nicea ed in un altro dopo Nicea. Prima dd 325 si puo sen-
z'altro parlare, per degli scrittori cristiani influenzati dal platoni-
smo, come Clemente e Origene, di una struttura gerarchica della
divinita, mentre dopo il concilio quella interpretazione, pur resi-
stendo nei rappresentanti della corrente origeniana ed eusebiana,
viene respinta dai niceni. Analogamente, vengono accettate, rna
ridaborate, altre dottrine essenziali, come quella dd Logos Figlio
di Dio, della ineffabilitii di Dio, della struttura delle ipostasi nella
sostanza divina, dell' etica, ecc.lnfatti platonismo e cristianesimo ci
appaiono organicamente strutturati ora, ad una considerazione
tc;orica e non storica e forse anche alquanto arbitraria; rna quando
vtvev~o ne~ sec~li della tarda antichita non erano giii costituiti in
UD ll;"'C? e tdenttco modo, immutabili. fl pJatonismo attraversava
conunw _mutamenti, come era logico che awenisse ad un pensiero
ai_~C~ra vttale, ed il cristianesimo, per definire i suoi dogmi, impie-
g? cmque. secoli. Da qui Ia possibilita, e talora Ia necessita, di im-
ptegare gli strumenti della filosofia platonica. Naturalmente, l'im-
piego awiene in modo cosciente e con awedutezza.
. ~~.;;~.!'~
19' 86R. MoRley, From Word to Silence, vol. II, The W.y of Neg•·
"""· • """" • pp. 128·159.
N. UntJ /ikJsofoz cristitJntJ 169
. 12 Cf. D. Carabine, The unknown God. Negative Theology in the platonic Trruli-
110": Plato to En'ugena, Peters, Louvain 1995. . .
13 H. Langerbeck. (Zur Interpretation Gregon von Nyssa, «Theologische Ute~
«itung» 82 [19,7], pp. 81-90), recensendo W VOlker (W.gor VOII Nyss• •Is Myslikor,
172
Con il concetto di iofinitezza, quindi, son~ su~~rate. anche I~ teologia
tiva e Ia impossibiliti di conoscere D~o: I ~to non ~ _P&rago.
negabil essun altro concetto della teologJ.a negauva. Esso e il piu 81-.
na ean ch il . dd .
gnificativo di tutti ed esp~e an e , movunento penstero che
vorrebbe afferrare Dio: Dio appare all uomo come non sottoposto ad
alcuna delimitazione. . ,. . . . .
Alcuni esempi della dottnna dell infinitezza di D10 sono 1 se.
guenti:
«tutte le cose buone, finche rimangono tali da non ammet-
tere illoro contrario, non hanno confme alia loro bonta, dal
momento che per natura possono essere limitate solo dal
loro contrario ... » (Contro Eunomio I 168).
<<La natura increata eassolutamente lontana da siffatta dif.
ferenza, in quanto non possiede il bene per acquisizione e
nemmeno per partecipazione a qualche cosa buona e come
fonte del bene, semplice e uniforme, e incomposita ... »
(Contro Eunomio I 276).
WJeSbaden 19~4), avev~ affermato che lc conctzioni del Nisseno su Dio non derivtO~
do ~ Erlebnmheolc"!• da ~ eoperienza penonale, rna dalle esigenze della conUO
....,., ed m queoto egli fu oeguno do Milhlenberg.
IV Una /ilosofi4 crlsti4na 173
iJ male, Dio e bene senza limiti; e poiche cio che esenza limiti ein-
finite, Dio e il bene infinite (d. Contro Eunomio I 169). Oppure Ia
semplicita di Dio garantisce che Dio sia infinite, poiche Ia sempllci-
ta signifies I'esistenza unicamente eli se stessa; se vi fosse, in Dio,
qualcos' altro, questo delimiterebbe il primo. Ma questo e impossi-
bile; eli conseguenza Ia semplicita implica Ia infinitezza nella sua es-
senza (Contro Eunomio I 231-232). Ne deriva l'infinitezza delle qua-
lita: Ia sapienza (Contro Eunomio I 122-123), Ia potenza,la vita.
Quindi, secondo il Muhlenberg, il Nisseno fonda Ia sua dottrina
della trascendenza eli Dio non piu solamente sulla teologia negativa,
rna anche sull'infinitezza della sua natura. Questo presentato, ad e
esempio, nella sezione di Contro Eunomio I 373-375, ove si afferrna
e
che Ia natura eli Dio inconoscibile, rna se ne cerca anche il motivo.
e
Poiche Ia realta creata eliversa dalla realta increata, non vi con- e
tatto tra le due''· Con questa dottrina, quineli, il Nisseno presenta
uno dei suoi piu importanti contributi teologici, dato che, come si e
detto, Ia fllosofia greca era restia ad attribuire un vero e proprio va-
lore all'infinitezza.
Ciononostante, questa affermazione non ha un valore assoluto.
e
Un precedente dato da Plotino, Secondo il quale l'infinitezza dd-
I'Uno deriva dalla sua semplicita assoluta:
<<Ma se questa espressione (sal., "a! eli Ia dell'essere") c?si
va intesa, allora essa non potra mai abbracciare qud ~nn
e
cipio, e d' altra parte rielicolo anche solo cerc~e eli a~
bracciare quella natura infinita ... >> (V 5, 6) (tr. eli C. Gw-
ddli, Torino, UTET 1997).
~a. A. Meredith. The Ide• of God in Gregory o/Nysra. cit., PP· J)i-U2-. ""'
a. G. G~, Weren, Stu/en unJ Mitteilung des wahren Lebens be1 Ort!l
Hueber Verlag, Munchen 1%2.
lY. Una /ilosof;a crlrtia,.
189
eJ · G oryo{Nysra.COO·
}6 Cf. A.A. Mosshammer, The created and the uncrca:ero'(ecJdf El «Conm Euno-
tr~ Eunomium» 1, lOJ-113, in L.F. Mateo-~ y].~. BasU 'versid~dde Navam,Pam-
nuwn I» en Ia produccion literaria de Gre~ono_t}e Nua ... ,tis ~t:Tow{a St=oii... , dt.. pp.
plonal988. pp. J5J-J79. Su ques•• •emaO<IIfN D.L. ~Ch:.Snan Hel/enirnt. SP xxx:n.
34-36. nmedesimo Mosshammer, Gregory OJ yssa IJn «Mentre Gregorio non abbando-
Peetcrs, Leuvcn 1997, pp. 170-195, a P· _172, osserva: u1 . c opere qud linguagio si ~
na .rnai illinguaggio dd dualismo platoruco.' ndlc s~he ~telleno e al cozpo. ~die pn·
fensce al dualismo tra creatore e crea~ura, pluttos: come si debba trascendcre ll mondo
rne opere Cristo ~ maestro ed esernpJO, chemos ·· un salvatore e un redcnrore»·
sensibiJe, mentre ndle ultirne opere appacer:hsem~_..!:~ de Nysse, Brill, Lciclen 1970.
17 Cf. J. Danil!lou, L'ltre etle temps ez '"5....
I Patlri Cappadoci
190
e
La spic;~azione (o meglio, divagazione) causata dallo stesso
passo ch_e st e osservato sopra: <<tempo di lacerare, tempo di cucire»,
il quale e confermato anche da Sa/72, 28.
n e
bene, in quanto tale, illimitato:
· • [ ] · bbiamo appreso
«Per quello che riguarda Ia vtrtu_ .. · n~JS . . uello di
dall 'Apostolo un solo termine dt perfeztone, ciOe q
.. [ ] cbe 0 ni bene per sua natura, non
non avere lim ll1 .. . per g .. ' di .. h e con-
e
ha Jimiti rna !imitatO dalla oppOSlZIOne ClO[C eels Juce
. . I · • limi't ta dalla mor e
trano. Ad esempto, a vtta e a b finisce Ia do-
dalle tenebre; e, in generale, ogni cosa uonall condizione
ve si trova quello che si pensa appartenere 8
comraria ... » (Vita di Mose, pro/. 5, 5).
I Padri U.ppadoci
192
Riprendendo I'affermazi?ne d~ ~v 1, 1~ in_ Con"? Eunomio 1
234 ss. Gregorio unisce dottrma c_r1sn:ma (D10 ~ <~a p1enezza delle
cose buone») e neoplatonismo (DlO e il bene comc1dono). Questo e
"'~denziato anche da un altro passo:
«Ma Ia natura che e al eli sopra eli ogni pensiero buono e eli
ogni potenza supre_ma: siccome non le m~nca niente di
quello che e conceptto m rapporto al bene, e essa stessa Ia
pienezza delle cose buone, e no_n si muove ?el bene per
partecipare a qualche cosa bella; e essa stessa, mvece, il bel-
lo in sb> (I;anima e Ia risu"ezione, cap. 44).
natura divina non puo compiere il male (cf. Grande discorso cateche·
tico 7; Omelie sull'Ecclesiaste Vlll, p. 418, 6ss.; 427, 15ss.; Omelie
sui Cantico dei Cantici II, p. 50, 5ss.; 55, 3ss.).
Come conseguenza del male commesso l'uomo distrusse Ia di-
gnita ?ri.~a_ria .Wmelie su!l'Ec~lesias~e VI, ~· 386, 5ss.), si legii alia
mater!alita (mdicata dalle tumche di pelle , di cui si rivestirono i
nostri progenitori secondo il racconto di Gn 3, 6) e sfiguro l'imma-
gine di Dio, quale egli era stato fatto. Compito dell'economia divi-
no sara Ia restaurazione di tale immagine. Sulle "runiche di pelle" e
fondamentale questo passo, che illustra Ia caduta,la materializzazio-
ne dell'uomo ad opera della tendenza alia passione, che potta alia
morte, e Ia non eternita di tale condizione, destinata a cessare con il
ritorno alia condizione originaria:
<<l'oiche, infatti [ ... ] i primi uomini ebbero compiuto quel-
lo che era stato proibito e si furono denudati di quella bea-
titudine iniziale, il Signore li rivestl di tuniche di pelle; or-
bene, questo racconto non mi sembra che intends le pelli
usuali [ ... ]. Ma siccome ogni pelle staccata dall'animale e
morta, io penso che colui che cura Ia nostra malvagita ab-
bia assunto Ia forza che conduce alia morte, che e preroga-
tiva della natura irrazionale, e Ia abbia pasta poi, come atto
provvidenziale, sugli uomini; essa, comunque, non era de-
stinata a durare per sempre. La tunica, infatti, equalcosa di
estraneo che ci poniamo addosso e che viene usata quando
e
il nostro corpo ne ha bisogno, rna non nata insieme con Ia
nostra natura. Dunque, fu per un disegno provvidenziale
che Ia condizione mortale fu presa alia natura irrazionale e
fu posta sopra Ia nostra natura, che era stata creata per l'irn-
mortalit8, ricoprendone l'esterno, non l'inte~?; compren:
de Ia parte sensibile dell'uomo, rna non toccal unmagme di
Dio» (Grande discorso catechetico 8, 4-5).
1.9. L'apocatastasi
La ricostituzione della originaria realta dell'uomo avviene con
Ia risurrezione fmale: essa
• ( 1e tastasis) dello stato
<<non e altro che Ia restauraZ!o~e apo a 96 16 _18).
primitivo» (Omelie suii'EcclesuJSie I, P· 2 •
196
faoio, Ptm. 64, 10-16. Questo corpo sari "leggero e aerco" (!:anima e Ia risurrezio11e•
~P· 51), n~nostante che Metodi~ <La. risu"ezione Ill16) avesse criticato questa espres:
saooe, conslClers.ndola tro~po o~ernan~. Secondo Gregorio, c questo eidos che per
mene, al momento della nsurrezlone, di attrarre a se gli dementi del proprio corP"·
Iv. Una /ilosofia cristi4na
199
(cap. 13) nel senso della apocatastasi: trovare l'o etto ce . .
fica Ia restaurazione nel suo stato pnm·1·u·vo dell~. rcato stgru-
, unmagine di Di0
che anualmente e nascosta dalla sozzura della cam . d bb" '
., di il ·
oo, venrare come pnmo uomo nella sua vita on· · · . '
e, o tamo per-
d all ,. 1 dell glllana, npercor-
ren o mverso e rappe
, ru· 1 · . a caduta: Iasciare i) matnmomo, · ·
tappa
estrema d eII es o, a nusena terrena, le runiche di pell · · .
c gli d" f"
della carne, Ie 10 dell e, 1 pens1en
e 1 tco a vita amara, Ie illusioni del
. per attaccarst. a n·10 soIo, nelle delizie del paradiso.gusto e
della vtsta
<<Tomiarno, quindi, a questa bellezza della somiglianza con
Dio, nella quale Dio all'origine creo l'uomo, dicendo: "Fac-
ciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza"» (La crea-
zione dell'uomo, PG 30, 256C).
Naturalmente, il ritomo all' origine non significa il ritomo ad una
cittii celeste delle anime, alia maniera origeniana. Questa tesi e criti-
cata all'inizio della sezione dedicata alia risurrezione ne [;anima e Ia
risurrezione, capp. 51-57, anche in polemica con Ia dottrina pagana
della preesistenza e della trasmigrazione delle anime.
La risurrezione, infatti, e restaurazione del composto umano tut·
to intero. n ritomo del corpo all' anima avviene per forza di natura:
<<L' anima ha per forza di natura un affetto per il corpo con
il quale abita e, grazie all'unione con lui, essa possiede una
segreta attitudine a riconoscere colui che le e familiare. Se
)'anima nuovamente tira a se quello che le appartiene per
un legame di parentela, perche proibire alia p~t~za di
mettere insieme gli elemenri della medesuna famt~a che,
in seguito ad una inesprimibile attrazione naturale, st ~uo
vono di per se verso quello che e proprio?» (La creavone
dell'uomo PG 27, 225BC).
Allo stesso modo, ne /.}anima e Ia risurrezio~e ~capp. 34_-36; 51)
Gregorio spiega Ia risurrezione con il fatto che I anuna posstede de-
gli affetti che Ia legano al proprio corpo. D. .
Quando avrii luogo l'unione finale dell'anima con 10 ~on °
sara nell' . ietii nella gioia della contemplaztone, a
~,,.,., anuna, nessuna saz . ro osito della vita de-
~erenza di quanta aveva detta Ongene a P P
gli mtelletti preesistenti al corpo:
' uello che e bello per
«Percio I'oggetto della conoscenza e q . , se Ia sa
natura, e ad esso non si attacca Ia proterva s8Zleta, e •
I PaJri Cllppadoci
200
lari di questa dottrina: il m';Itamento dei corpi nel momento del pas·
i?
saggio ~ altro mondo st ope~era mediante una sona di purifica·
zione, sunile a quella che opera il fuoco, il quale brucia iJ male ma
non colui che e affetto dal male (0Jpitoli gnostici III 39). In tal,mo·
do il male sara pr<:'gressivamente eliminato e, dopo il giudizio che
roettera fine all'ultuno mondo, non esistera piit.
L' azione salvatrice di Cristo, che si eesercitata in modo partico-
lare mediante Ia sua incarnazione, si conclude nella escatologia. An-
che Evagrio, come gli altri Cappadoci e gia prima Origene, basa Ia
sua escatologia sulla pericope di 1 Cor 15, 24-28, ed in particolare
sulle parole: «hisogna che egli regni fino a che non abbia messo tut·
ti i nemici sotto i suoi piedi», quindi avverra Ia consegna del regno,
da parte di Cristo, al Padre, e Ia sottomissione di Cristo stesso, af.
finche Dio sia tutto in tutti. Per presentare Ia sua interpretazione
Evagrio ricorre al significato simbolico dei giomi della settimana,
e
per cui questo mondo attuale il venerdi, quello che dovra venire e
il sabato, durante il quale Dio si riposa, ed infme l'ottavo giomo sa·
ra quello della risurrezione.
In un primo tempo escatologico, quindi, Cristo regnera su tut·
ti gli esseri creati, distruggera nei suoi nemici Ia !oro inimicizia e fa-
r3 sparire i suoi nemici in quanta nemici; gli esseri razionali diven-
teranno suoi eredi, accostandosi alia contemplazione spirituale del-
le nature. Successivamente Cristo, non dovendo piu far passare gli
esseri razionali attraverso le varie contemplazioni, si dedichera sola-
mente alia gnosi di Dio il Padre (Capitoli gnosticiVl 33),la quale fa-
ra risalire l'intelletto al rango originario, come il malato che rttoma
alia salute (Capitoli gnostici III 42). . .,
Questo ritorno alia condizione originaria e, co"!e abbtamo gta
visto in Gregorio di Nissa "• l'apocatastasi. Essa avvtene allorqu~
do l'intelletto si spoglia di tutto quello che gli si e aggiunto m se(g~
to al primo movimento vale a dire il corpo, il nome e il nuroero ~
pitoli gnostici I 26). ll ~orpo, infatti, era stato donato dalla Prodvvellt·
denza all'intelletto decaduto perche• quesu,· essendost prtvato d" .
a
gnosi essenziale, potesse esercitare comunque una forma 1 gnoSl,
2. La doppia creazione
Ne La creazione dell'uomo (16, 184B) si Iegge: (·
«Dio e Ia pienezza delle cose buone e Ia natura umana esua _
iromagine: pertanto I'immagine possiede Ia somiglianza con
il modello nel fatto che e piena di ogni bene. Dunque, in
noi si trova I'idea di ogni cos a buona, ogni virtu e sapienza 1/
e tutto quello che si puo pensare che abbia relazione con Ia
_ natura suprema. Tra tutte le cose buone vie anche quella di
essere li~a da ogni necessita e di non essere aggiogata a J
nessun potere d1 natura fisica, rna di possedere Ia liberta di ~
fare quello che piace. La g e
infatti qualcosa che non
e
puo essere dommata, ed vOlontaria, mentre quello che su-
bisce costrizione e violenza non puo essere virtU>>.
ale fu, quindi, quells degli intelletti, che avevano quel compito co-
pe unico fine. I:intelletto fu fatto ad immagine eli Dio rna non _
m sta
che - unmatert
· 'a!e, b.ens.l P.erch"e fu fatto capace eli comprenderlo.
' per
Uintelletto creato: qu.meli, nceve ~a scienza, rna non eIa scienza es-
senziale, com~ lo e Dto. ll tempo e collegato con Ia nascita e Ia cor-
ruzione, rna I' mtelletto fu creato al di fuori di essi.
Ora, Ia pace e l'unita originaria tra Dio e gli intelletti furono rot-
te dal "primo movimento", che produsse Ia separazione dell'intel-
lerto dalla prima Unita (Capitoli gnostici III 22). Questo movimen-
to estato possibile perche l'intelletto, fin dalla sua costituzione go-
deva dellibero arbitrio (Capitoli gnostici VI 75). In seguito a ~esta
caduta, l'intelletto divenne anima (Lettera a Melania p. 618, 1-3).
Questa, infatti, e Ia defmizione dell' anima:
«I: anima el'intelletto che, a causa della sua negligenza, eca-
duto fuori dell'Unita e che, a causa della sua trascuratezza, e
disceso a! rango della pratica ,.,, (Capitoli gnostici III 28).
6!).
46 . . . . . ddrermine"pnttica•(p.219)a~ddend-
l Caoe, come vedremo p01, al s~gmficaro uri£i zione.
a necessitii di praticare l'ascesi per ouenere Ia p ca
210 I Podri Coppodoci
3. Antropologia
Centrale nella antropologia del Nisseno e Ia dott · ..
I a! d . d , nna, gia avan-
zata d all a scuo ~. essan nna, ell uomo fatto "a immagine di Dio"
(Gn l,_ 26~. ~asiho aveva affermato che Ia vera essenza della imma-
gine d1 D1o ~Ia mente um8!!!,(cf.l?p. 233, 1; Omelia sui detto· Fa'
attenzione ate stesso 3). Anche secondo Gregorio di Nazianzo.l'in-
te~o UJ?ano deriva _dall'intelletto divino (cf. pp. 323ss.). Cosl,
dunque, s1 Iegge nel N1sseno:
~:hfatti, e ahit~dine ?egli uomini che colora che-
• ~~~ le statue d1 quelli che comandano ne esprima-
no Ie carattensnche dell' aspetto e, insieme, raffigurino Ia :,
dig?it.a r~ale P?nendo sull ail m~ra, e
cos1 s1 d1ce ahnu ·em re anche quando si tratta di
,...,.-una status, allo esso modo nche Ia natura umana, poiche=
fu preparata a co d gli altri essen grazie alia somi- e
glianza con il Signore dell'universo, fu costruita come se •,
fosse un'immagine vivente, che partecipa a! modello (arche- ) I
typos) nella dignita e nel nome; [ ... ] tutte le caratteristiche JL
:: che si trovano nella dignita del potere reg,ale fanno vedere ,
~ che tale natura e stata resa perfettamente simile alia belkz.- tv 1
za del modello» (La creazione dell'uomo 4, 136C). -
<<Non il cielo e immagine di Dio, non Ia luna, non il sole, non"?"'
Ia hellezza delle stelle, non lo e nessun'altra delle cose che si
vedono nella creazione.: solamente tu sei stata fatta ad imma- I
~ gine di quells natura we e a! di sopra di ogni mente, sei stata
": fatta somiglianza deif! bellezza incorruttibi!c{"llll..e!£nta della
- vera divinita, rec~te della vita felice, m~ce della v:~ 1~-~
fi ce, g~.~ardando Ia uale tu diventi uello che essa essa e~
q~ tando colui c e m te nsp en e attraverso il raggio della tua
purezza» (Omelie sui Cantico dei CanticiJl, P· 68, 2ss.).
Dio, nella sua bonta, ha creato l'uomo simile a se, perche par·
tecipasse ad ogni bene:
~ ~io e_Ia pienezza delle cose buone e Ia n ra,·uma esua
/ tmmagme: pertanto l'immagine possi tanza con
---il modello nd fatto che Aniepa dj ogni bene. Dunque, in
l", noi si trova !'idea di ogni cosa buona, ogni virtu e sapienza
e tutto quello che si puo pensare che abbia relazione con Ia
natura suprema. Tra tutte le cose buone vi eanche quells di
essere ~ da ogni necessita e di non essere aggiogata ~
nessun potere di natura ~~di possedere I~
fare quello che piace. ~virtu, i!>fatti e Qualcosa che non
IY. Una /ilorofia cristidna 213
_
«Certo, egli non puo, a causa della sua stessa narura, Iissa-
re lo sguardo n~l disco del sole, rna vede in se stqso, come •
<
in ecchio, il sole, perche i raggi di quella vera e clivi-
- n VIrtu e risp endono nella vita resa pura dalla elimina~\
"'- zione delle passioni, che promana dalle virtu stesse, ci ren/'J
dono visibile uell' essere invisibile e com rensibile uel-
1'essere inaccessib · e, ra 1guran o il sole nel nostro spec-
chio» (Omelie sui Cantico dei Cantici V, p. 150, 11-18);
<Ou che ti sei staccata da ogni contatto con il male, ti sei av---
• vicinata a me, e, accostata ana §e:llezza arc~t!f·· sei dive- ~
"' nuta b a stessa a mo' eli s ecchio, pren en o, si puo eli- • 0
rei Ia orma a mta · ron , c e essere urnano sembra
1
4. Anima e corpo
___,.-----,
~ questa temauca · d d S lin th'
.. j .P~enos. The relation o/ Dody an ou Crt-
Thought of Gregory o/ Nyssa, 1n lf."i)o~AJtenburger _U. Schramm iedd.),
gor von Nyssa und die Philosophie .. ., cit., pp. 61-78.
Ne La creazione dell'uomo 15, 176C Gregorio afferma che ~!Q.i
llj~ e, in senso proprio, la.fac.wta razi9B.aJr., Ia quale, nella sua asso-.
ciazione con le facoltii irrazionali, non subisce alterazione. La facol-
ta razionale e il erincipio guii e, gualungue sia l'elemento irrazio-J
nale che si 1: incrcistato sopra ~ esso, tale principio eil risultato del-
l'unione dell' anima con il corpo. G - me PI!Wlne, conside-
' ral'anima indivisibile e ne accett a tri artizion !VIiientrambi ri-
conoscono che I' anima dell'uomo es1ste so o in connessione c~
corpo (La creazione dell'uomo !6, !SIC) e che le mcrostaz10m ma-
teriali che si formano su eli essa derivano dalla sua attivita congiun-
ta al corpo (I:anima e Ia rirurrezione, cap. 27).
Que e tra anima e corpo 1: resa ancora pili manifesta
dalla I o origine. ssi furono creati contemporaneamente (La
creazione e uomo 29, 2330). Noi dobbiamo pensare che il seme
umano possiede Ia potenzialitii propria della sua natura, fin'7al-
l'inizio della sua esistenza, che 1: dispiegata e manifestat~ da una
successione naturale, poiche rocede fmo alia sua erfez1?n': (La
creazkme dell'uomo 129,236 ). II seme ossiede una facolta VItal
nella quale si trovano tre forme: c1ascuna · esse corrispon e .a.
uno stadio differente di creature viventi. Una forma, quella ~
v~ ri~ il nutrimento, rna e priva d.i percezione. ~'altra, qudla
P~r~a, riceve il nutrimento ed e capace di perceztone, rna 0 _00 •
dt ragtonamento. La te~~~ ed e perfetta e coesteOSlVS
con l'intera facolta (La creazzone detl'uomo 8, 144C- 145A). Que-
ste tre facolta non sono mescolate insiem.,, perchc! !'anima vera e-
216 I P•dri C•ppadoci (
5. L'etica
. . . ella sua forma tracj!~nale, tipica della paideia ~
ca, a Basilio, quale preferisce parlare dlmsegnamento ddia Sent·
tur euc a un tuolo parimenti modesto in Gregorio di Nazian-
zo. L'ettca del Nazianzeno efortemente influenzata dal cil!iWO con-
temporaneo, per il fatto che esso si accosta alia sua ascesr,che edi
!tipo pla~co: infatti il disprezzo del mondo e delle ~usioni co-
llstituiva I'argomento preferito della critics dissacrante dei cinici.
L'orazione 25 di Gregorio, in lode del £inico Mas~o, e_un d~
• ~~ento nuovo e mteressante, perche presenta un progetto cli c~nct
liazione tra morale cristiana e cinismo. Gregorio esalta Ia libertii di a-
r,9!i..la quale trova la sua piu nobile m · estaztone n a difesa d 8
retta fede_minac~iata dai potenti (i quali, peril Gregorio del379-380
a Costan~opoli, sono gli ariani) e, poi, soprattutto nell' affronrar.;j;
sofferenze m difesa della vera dottrina. Comportandosi in tal Ill
M assuno'st" ~ d che non consiste nd5008 u e'
IV. Una /iloso/ia cristiana
_, 217
111a nell'~· In. quanto filosofo ci!!!;o (e, quindi, vero cri-
stiano), MassllDo e «~ttadino per Ia sua s ezza · tuna 1a terra>o (e,
infarti, Ia filosofili ctruca non soppona di essere delliiiitata da confinj
angusti), anche se, per quanto riguarda il suo corpo, ecittadino della
dna eli Alessandria. ~que,. ilaistianesjmo e una filosofia, anzi, Ia
0
=o~:e:;~~~~e·:--~~*~va,
Vt\ In un primo tempo Macrina si muove cerro nell' ambito della
"ili:oio · ica. L' anima, ella dice, ' im · e di D' sicco-
a passione non puo-essere associata co
Ia sostanz-~a~!:!;:!arum~f!l!i!a~ljla~n~zma e Ia risurrezione 20). Percio Ia pas-
sione non e quello che caratterizza I' anima, rna e guello che I' anima
ha in comune con gli animali. Quando vogliarno defmire qu.iiOOsa,
dobbiamo individuare quello che tale cosa, ed essa s ~:
pertanto dobbiamo eliminare dalla natura dell' · ira oncu ·
scenza, che sono delle aggiunte dall'estemo (cap. 2 . -
) Ma nei capp. 26ss. la realt9. agjma!r vjrqe ad essere inclusa en-
tro Ia realta razionaJe.in ~ e alia base della
cresoia
. raz10nale. La 6p9tenza vivificatrice" (zotike·dynamis) procede lenta·
mente attraverso i vari livdli della vita materiaJe da quella yegetale
a quella animale e a quella razionale, en~ razionale essa epie·
. namente attlva; appunto nella forma della ragione. Tuttavia nemme·
~
_a questo livello.I' attivira dell' anima puo essere separata dalla ma·
na e ?aJla espenenza sensibile (cap. 26). Le_passioni vengono dal
fuon, mala natura umana non puo essere esaminata o compr~
senza i movimenti delle passioni (cap. 25).
•· .
. 49 ~f. R W~. Macrina's Deathbed revisited: Gregory of Nyssa on Mi~d an~
Pamon, ~ L. Wt~am ·C.~. Bammel- E.C.D. Hunter (edd.), Christilm fatth 811
Greek P_f:zlosophy m Late AntU(uity. _E!says in Tribute to G.Chr. Stead, Brill. [.eiden·N;;
York-KOln 1993,..pp. 227-246. ll Williams contesta Ia tesi sostenuta da G.C. Ste'lld..
Concept of Mind and the Concept of God in the Christii:m Fathers, in B. Hebble,thWJ!Id
S. Sutherland (edd.J, The PhilosophiC/JI Frontim of Chnsli4n Theology. t3ssays present di
t() Donald Me K.mnon, Cambridge 1982, pp. 39-54. Cf. anche, vicino alia po~izi~n.etbt
Williams, J. Waccen Smith, Pauion and Paradise. Human and Dflp'ne Brnouon '"
Thought of Gregory of Nyua, Crossroad Publishing Company, New York 2004·
1 Patfri Cappaooci
222
IV. Una /iltJsofot eristillna 223
'I Cf. Nemcsii Emeseni De natura hominiJ, Edidit M. Morani, Teubner, Leipizig
1987 '
I Podri Copp4doci
226
. '~ ~ :~u~;o problema d. A.M. Ritter, Die Gnadenlehre Gregors von Nyssa nach
semer c. 'f.J 1 her das Leben ~s M~se", in H. DOrrie - M. Altenburger · U. Schramm
(edd.~J Gregor von Nyssa u~d dz_e Phtlosophie ... , cit., pp. 195·239.
, 4 Cf. K. H?ll, Amphtlo~tu~ v~n Ikonium ... , cit., pp. 222-224. ,.
. Cf. W. :V?lk~r, Gregpno dt Nmafilosofo e mistico, tr. it. di Ch.O. Tonunasl, mu-
di C. ~oreschmt, Vna e Pensiero, Milano 199J.
"Cf. W.Jaeger, Two r~discove.ed Works, Brill, J..eiden 1954. pp. 89, 92, JO). ,
Cf.. W. !aeger, Cmttanenmo primilivo e Paideia greca, n. di S. Boschenna, L
Nuov~ltalia, Fu~n~ 19~, pp. 113-114. . ck
Cf:. H. DOrne, Dte platonische Theologie des Kelsos, in Platonica Minora. FUl
Verlag, Muncheo 1976, pp. 229·262, p. 242.
IV. Uno /ilosofis crisJisno 227
si trova nessun testa che ponga Ia dottrina della grazia come suo te·
JDS centrale,.~ n~'!'eno si trova una definizione di quello che egli
intende per grazta . Questa fa pensare che per Gregorio, a diffe.
renza che per Ag~srin~, Ia "grazia • non costituiva un problema e
d!
neJDIIlenoun m~uvo cont~~to. n concetto di "grazia" come "gra·
roita manifestaztone di grazta da parte di Dio si trova frequente·
JDente ne L:istituzione del cristiano, e anche ne La verginitii e nel
Grande discorso catechetico. Di piu si trova ne La vita di Mose anche
perche, secondo Danielou, quest' opera contiene una vera e ~ropria
teologia ed una theoria della vita spirituale.
In La vita di Mose II 80 e 86 si afferma che Ia incorruttibile giu-
stizia di Dio segue le nostre libere decisioni secondo quello che es-
se meritano. Qui charis signifies Ia "grazia della creazione", che
l'uomo ha ricevuto. La concezione dell'uomo creato come inunagi-
ne di Dio e della assimilazione a Dio determinano Ia teologia "mi·
stica" di Gregorio. Ed e proprio questa dono dell'essere a somi-
e
glianza di Dio che interpretato come "grazia" (La vita di Mose II
214-218). In questa passo il talento della natura umana e una "gra-
zia", e gratuita dimostrazione di banta del creatore nei confronti
della creatura. In II 216la distruzione della condizione umana, pro·
dotta dal peccato, consiste nella perdita della inunortalita origina-
riamente attribuita all'uomo o anche nella perdita della sua somi·
glianza con Dio. In II 91-93 si spiega Ia uccisione dei primogeniti
degli egiziani: essa significa che colui che Iotta con il vizio per far
trionfare Ia virtu deve uccidere il vizio fm dai suoi inizi. In II 316-
319 il soggetto del processo della assimilazione a ~~o el'uomo.stes·
so, che porta in se dei segni di riconoscunento dell ~pronta di Dto
e raggiunge in tutto Ia somiglianza con l'archeup~: ?' quanto ador·
na Ia sua anima con l'incorruttibilita, Ia immutabilita e Ia mancanza
di ogni contatto con il male. 2G ·
Nelle Omelie sui Cantico dei Cantici IX, P· 271, 9· 1 regono
. II
sptega Ia metafora della veste de a sposa («il fumo
pro . delle tue ve·
1 . I
sti ecome il profumo dell'incenso»): tale p~o!"mo ·~-bo eggta a':,~~
similazione a Dio. L' anima era nella condizione_ ortg~arl8 q~ ,
fu creata cioe' poteva comprendere che Ia proprta c~ruormaztone e
' · · d una veste pro-
l'effetto di un dono di_ grazia, che e stata rtv:s~:Jie :uniche di pelle
fumata. La metafora st contrappone a quell .d alitii divine
(cf. p. 195), ed esprime il fatto c?e l'anirn~ ~·:~.:v~~d essere si:
sl _che ha raggiunto Ia sua perf~z.tone e q~e uo essere descritta
mile a Dio: questa sua dispostztone natu P
228
din :8 ~!: DG.L. Balas, Mnow(a 9t:oU. Man's p4rticipation in God's perfections actO"
g o -M~mt regory a/Nyssa, cit., p. 147.
IV. Una /iloso/ia crisliana 22'J
Parlare secondo I' epinoitl signifies esprimere dei n?mi che non
hanno una vera relazione con le cose. Con questo radicalisrno E
nomio si ricollega ad una tra~one ~ei gr~ati_ci greci sui sign~:
ficaro della lingua e alia dottnna det nomi di CriSto~ proposta da
Origene. Infine Eunomio ricorre alia noz101_1e anstotelic~ della omo.
nimialsinonimia. Nell'Apologza (cap. 17) dice che quelli che conce-
piscono Ia generazione in modo corporeo lo fanno perche «incian,.
e
pano nelle omonimie»; Ia difficolti spiegata al cap. 18 con l'esem.
pio della omonimia della parol a "creatura", e ~on I'omonimia e si-
nonimia della parola "luce". Ad esempto, molu nomt che sono dif.
ferenti nella loro articolazioni hanno lo stesso significato, come <<co-
lui che b> e «un solo vero Dio>> (cf. sopra, pp. 182ss.). I due esem.
pi di omonimia sono "occhio", che si applies con una differenza di
grado a Dio e all'uomo, e "spirito", che puo essere applicato allo
Spirito Santo e ad altri esseri a lui inferiori. In questo senso il prin-
cipia di omonimia costituisce una contraddizione con il postulato
essenziale, che i medesimi nomi designino le medesime sostanze.
lnoltre, i sinonimi veri, ripieni di significato filosofico-teologico, esi-
stono solo se applicati a Dio, che, di per se e lui solo, "semplice" e
(cf. p. 169). Cosi nella Apologia dell'Apologia si Iegge che tutti gli at·
ttibuti di Dio sono strettamente equivalenti e semplici (Gregorio di
Nissa, Contro Eunomio II 471; 483-484; 487; 494; 554). Si capisce
che per un pensiero attirato soprattutto dal rigore dell'univocita,
come quello di Basilio e di Gregorio, queste definizioni non costi·
tuiscono che una falsa apparenza che nasconde l'eresia (cf. Basilio,
Contro Eunomio II 22). Ma tutto questo deve essere compreso nel
quadro di una filosofia di tipo platonico "· ll cap. 20 dell'Apologia
traccia due strade: l'una, per esaminare le sostanze in quanto tali,
e
I'altra per esaminare le loro operazioni; Ia prima a priori e parte
dalle s~tanze, Ia seconds a posteriori e pane dalle operazioni ...
e
Det tre dementi delle dourine linguistiche di Eunomio, Basilio
prende in considerazione soprattutto Ia teo ria della epinoia (l 6·7 e
II 4.9).1n I 6 Basilio discute il significato filosofico della parola e in
I 7 le sue applicazioni teologiche. Egli riprende Ia concezione di Eu·
nonuo, che Ia epinoia sia solamente una riflessione un atto intellet·
tuale e nient' altro, e Ia completa: il concetto deve ;,.sere anche una
pura invenzione della mente, non solamente un suono che svanisce,
' 9 Cf. a W riguardoG.C. Stead, The PltJtonismof Arius,JThS 15,1964, pp.l 6·JI.
231
e
Un esempio eli questa genere il grana, che puo essere conside-
rate prodotto, seme o nutrimento. La realti e Ia sensazione rimango-
e
no le prime; I'epinoia sempre seconda e non ha altro sostegno che
non sia Ia realta percepita. In questa capitola incontriamo una serie
di concetti eli origine stoica. Nel capitola successivo Basilio affronta
il problema dei nomi divini, che aveva avuto una teorizzazione fin
dai tempi eli Origene soprattutto in riferimento a Cristo. Basilio ne
indica sei: pona, strada, pane, vigna, pastore, luce. Essi significaoo
e
delle cose differenti, rna si applicano tutti a! Signore, che unico.
e
Questa detto contra Eunomio, secondo il quale (come gia secon-
do Origene),la molteplicita dei nomi riflette una composizione: Cri-
e
sto non semplice, a differenza di Dio il Padre. I nomi di Cristo so·
no molteplici, come le operazioni eli Dio nella sua relazione eli amo·
re con gli uomini. Dopa i nomi eli Cristo, Basilio passa ad esaminare
i nomi eli Dio. Egli affronta Ia questione dell'"ingenerato", a! quale
egli aggiunge quello eli "incorruttibile". Questa indica chiaramente
che non si puo considerare l'"ingenerato" come proprieta del Padre,
rna come attributo eli Dio nel sensa eli "privo di principia", simme·
ll
trico eli "incorruttibile". Padre ingenerato, mentre il Figlio ~ ge·
e
nerato e privo eli principia. Che Dio sia ingenerato ~ inco~rutubile,
sara ammesso da Eunomio, iJ quale nella Apologta dei/Apologt~
(Gregorio eli Nissa, Contra Eunomio II 367; 377-378) dice che D•o e
•ingenerato e incorruttibile secondo Ia sostanza» e nella Pro/esszone
·
e
di /ede (cap 2) dice che «Senza principia, etemo e senzaolfine chper
r·d ass uta e
natura>>. Queste affermazioni sembrano smorzare 1 ea 1
Dio sia ingenerato come se quel solo tennine esprim~ tu~a 8 so-
stanza di Dio. Cosi, malgrado le lora differenze,l'aggettiVO ~~~
tato" e i nomi eli Cristo hanna in comune il fatto che_ ~ono da·
'secondo il concetto", perche implicano una soggetuVIta umana
2J2 I P•drl Coppadoci
60 Cf. B. Pottier, Ditu tilt Christ stlon Gligoirt de Nysse... , dr.. PP· 177 · 182·
I Padri CAppatk>ci
ZH
materiale sia nell'ambito divino. Pe~ ~regorio, invece, t_utti i nomj
divini sono omonimi, ma solamente il ~rgnifkato umano ~ c~nosciu.
to, mentre quello divino e solament~ mtravtsto. ~regono ~~ soffer.
ma soprattutto sulla terza classe der nor~u, qu~~ ·~.~olutr-relativi.
Dio e theiJs, secondo l'etimologia platonrca (croe, I os~ervatore",
da theaomai: Contro Eunomio II 583.149.282 ecc.). Quasr tutti i no-
mi della terza classe appartengono al Nuo_vo Testamento: see vero
che noi conosciamo Dio perle sue opere, e anche vero che lo cono.
sciamo perche ci e stato rivelato. ll nome usato da Eunomio per i1
Figlio, • generato dal non generato •, non e. n~en~ scritt_u~istico,
"Padre" e "Figlio", invece, sono due termiDI assolutr-relatrvt: sono
trarti dalla Scritrura ispirata, e quindi ci insegnano veramente qua).
rosa su Dio: non sulla sua sostanza, rna sui suo rapporto intertrini.
tario; sono derti delle Persone e non sono metaforici. Eunomio VUO·
le ricondurre il Figlio alia creazione proprio sulla base del significa-
te di "figlio", mentre esso, sempre in base al suo significate, deve es·
sere ricondotto al Padre: il Figlio e Ia creazione sono opposti l'uno
all'altra sulla base del loro modo di essere.
Per Eunomio, il rapporto tra pensiero e parola era immediato,
mentre Basilio lo aveva considerate molto piu libero. Infatti il ter-
mine "ingenerato", anche see esatto, non esprime direttamente Ia
narura del Padre, tanto e vero che non si trova nella Scrittura (Con·
tro Eunomio I 5; Gregorio, Contro Eunomio I 538-542). Le parole
manifestano un movimento del pensiero riguardante Ia conoscenza
dell'essere (II 572-577), non "costruiscono" le cose, rna le significa-
no (~ 5, 52). La mente (dianoia) e l'epinoia vengono dopo le cose,
rna esrstono, a differenza di quanto aveva asserito Eunomio (11150),
second~ il quale, come si e visto sopra, le parole dette • secondo Ia
eptnota hanno Ia caratteristica di svanire non appena pronunciate
l;"d;tro Eunomw II 44). Esistono, rna Ia loro condizione non e qud-
esrstere concretamente, bensl quella di esprimere j) rapporto
~ le parole e le cose. L'uomo ha bisogno delle parole per pensare,
Oro no: perche Ia sua conoscenza deriva da una "potenza visiva"
:;:m'ediata (II 282), per cui Dio non ba bisogno ne di memoria ne
speranza (I:anima e Ia risurrezione capp 44-45) perche non ha
s
0
ne
n..passato. ne furur0 · e per Eunonuo · ' Ia eptnota
: . non
' e• altro che un
,.,.,us
se anchvoas,lo
il . svanire
. . del suono, replica G regorio, non trascrna· con
E ~ II significato concettuale che in essa e racchiuso (Contro
.unomto 46 -47 ). Per Eunomio Ia conoscenza si basava sulla "no-
ztone naturale" (ph k o • b
mentre per Gregorio essa sr as 8
•
Yst e ennota),
IV Una /iioso/ia cristidna
1. La situazione storica
n quadro delle discussioni teologiche dibatrute prima del 360:
I'anno del Concilio di Costantinopoli che sand Ia formula degli
omei, cioe prima che Ia formazione cristiana di BasiJ!o si c;o~olidas
se, eabbastanza chiaroz. I sostenitori del consustanztale di Ntcea co-
~14, Ia s'!fl .scu~lo, Ia .sua ope~a e il basilianesimo in Sicilia, cit., pp. 169·197 {ris~::,
m Stud1 di m_stologtll ~ostn_1cena, ~stitutum ~atristicum Augustinian~· Rom~onc
PP· ~35-258), alcune suues1. recenn, che tuttav1a non concordano con l_mterprOOo PP·
di Sunoneru,_ sono quclle di Chr. Markschies, (Alta TrinitS Beattt, Ttib111gen 2 rrinill·
196·2H) e di L. Ayres (Nicaea and iLs Legacy. An Apprwch to fourth·CeniUr"/
ritm Theology. Oxford University Press 2004, pp. 186·363).
V. Teo/ogio tn"nitari4 23'1
che cosa di diverso dal cr~atore .e che abbia un' origine estema a lui.
Anaiogame~te, d~~ ~oz1on~ di "generazione" bisogna conservare
solo I'essenziale, ctoe l1~ea di. una so~anza tra j] generante e il ge-
nerato, escludendo ogru parucolare ttp1co della vita umana. 1n ogni
caso bisogna conservare assolutamente le due denominazioni scrittu-
ristiche di "Padre" e di "Figlio". Accostando alcuni testi dell'Antico
Testam~to ad. a!~ del Nuo:o~ Basilio di Ancira stabilisce I'equiva-
lenza tra 1nonu di sap17nza , ~agine", "Logos" e "Figlio". Egli
mostra come Paolo abb1a fatto cornspondere le proprie espressioni
a quelle dell' Antico Testamento, per farci capire che ,J'immagine dd
Dio invisibile>> eIa Sapienza, della quale i Proverbi dicono che esta-
ta creata e generata. Altrettanto vale per il Logos del prologo di Gio-
vanni. Basilio conclude affennando:
<<L'uno dice che Ia Sapienza e il Figlio dd Sapiente, I'altro
che il Logos di Dio eil Dio unigenito, I'altro che il Figlio di
Dio el'irnmagine, di modo che il Logos di Dio, Ia sapienza
e l'immagine sono proclamati da tutti e tre "Figlio di Dio il
Padre", Figlio simile in tutte le cose e secondo Ia sostanZP».
3. Primi tentativi:
Apollinario di Laodicea e la Philocalia
Nonostante Ia sconfina degli omeusiani a Costantinopoli (o for·
se pr?prio per. questo motivo), Basilio a partire dal361 vo~e apP~:
fondire Ia sua mterpretazione del consustanziale e del "simile secO
do Ia sostanza".
V. T~ologid trinilaria 243
4. I neoariani (anomei)
Aezio, vissuto ci~~ cinqu~t'~ ?opo Ari?•. appar?ene a quei.
Ia generazione eli erettcl che gli studios! sono solin defin1re • neoan _
ni •, in quanto Ie !oro tematiche si differenziano oramai da quelle &
Atio, ai punto che spesso essi nemmeno fanno riferimento a lui: fu
Ia rradizione della Chiesa a ricollegarli ad Ario. Aezio, dunque, au-
tore di un Trattato breve (Syntagmation) dedicato al Dio non gene-
rata e generato, cerco eli dimostrare Ia sua dottrina ricorrendo ad
una serie di "sillogismi", come dicevano i suoi avversari, o, comun-
que, applicando alia propria dimostrazione una struttura rigorosa-
mente logica.
Aezio afferma che Dio e superiore ad ogni causalita, e quindi
anche alia generazione. La caratteristica di essere non generato in-
dica Ia sua natura; rna una stessa sostanza non puo essere non gene-
rata e generata insieme. Di conseguenza il Figlio, in quanta e gene-
rata, non puo partecipare alia medesima sostanza del Padre. Come
si vede da questa dilemma, che abbiamo cosl in breve sintetizzato,
Aezio abbandona oramai Ia terminologia ariana, che vede nel Figlio
un'origine "da cio che non era": egli e disposto a riconoscere, coni
e
niceni, che il Figlio generato, rna ritiene che questa non sia suffi-
ciente ad attribuirgli Ia natura divina sullo stesso livello del Padre.
Per questa motivo Aezio e stato considerato i1 primo rappresentan-
te dell'"anomeismo", cioe sostenitore della differenza eli natura del-
le Persone divine. Inoltre, questo modo di dimostrare Ia "logica'
inerente alia dottrina cristiana attiro ad Aezio I'accusa di essere un
"tecnico", piu che un uomo della Chiesa.
Personaggio molto piu famoso e rilevante fu Eunomio, origina-
rio della Cappadocia, tanto che Van Dam ritiene opportuno consi-
derarlo insieme a Basilio e agli altri. F u stretto collaboratore di Ae-
zio ad Alessandria, intomo al 356-357 e gli rimase sempre fedele,
nonostante le condanne che, susseguendosi tra il360 e i1380, P?r-
tarono al Concilio eli Costantinopoli del 381 e alia sostanziale fme
dell' arianesimo.
Anche eli Eunomio si puo dire quello che si e detto di Aezio: egli
riprese I'eredira eli Atio, rna Ia elaboro in modo personale, tanto che
i suoi seguaci furono chiamati "eunomiani" (e questa sta a dimostra-
re che gia i su~i contemporanei non vedevano piu nessun collegante~;
to !"a ~unonuo ~d ¥o). ~?me fez_io, Eunomio fu ac~usa_to .~%,
scrttton ortodoss1 eli tecruc1smo , eli aver sostituito Ia loglca
V. Teologia trinitaritJ
247
e
riunione 1. Come si accennato, Eunomio aveva sintetizzato iJ
pensiero in una Apologia, che secondo alcuni era stata . 1110
gia a1 Concilio di Costantinopoli, rna, piu probabiiment p~
Posta da Eunomio .
pochi anni dopo, per difendersi dalle e, comche-
. accuse
Ia sua predicaz1one aveva susc1tato nella sua sede di Cizi
Con il Contro Eunomio ~asilio porta Ia discussione :~ livel-
lo piu alto; del resto, anche il suo awersario argomentava sulla ba-
se di eccellenti conoscenze filosofiche.
Basilio, seguendo quanto gli aveva insegnato Apollinario nella
epistola 362, ora intende "sostanza" non piu nel senso di sostanza
individuale, come aveva fatto nelle epistole 9 e 361, seguendo gli
omeusiani, ma, come Atanasio e Apollinario stesso, nel senso di
"sostanza del genere", "sostanza seconda", e formula in modo mol-
to piu preciso il rapporto fra cio che e comune e cio che eindivi-
duale nella divinita del Padre e del Figlio: comune eIa sostanza,
mentre i nomi di "Padre" e di "Figlio" non indicano essenze diver-
se, come voleva Eunomio, benslle "peculiarita" (idiomata),le pro-
prieta individuanti nell' ambito della comune sostanza divina (Con-
tro Eunomio II 4-5). Mentre per Eunomio Ia differenza dei nomi di
"Padre" e di "Figlio" significa anche una differenza delle !oro so-
stanze (apol. 12), Basilio innanzitutto distingue tra sostanza e nome,
ricorrendo all' esempio degli uomini: i nomi fanno _in~vid':""e ben
precise qualita differenti (II 4), mentre Ia sostanza mdica «il sostra·
to materiale comune>>. Invece di "sostanza• si puo anche adope~
re "natura". «Una sola sostanza» viene da lui interpre~at~ (~erto m
un modo non molto preciso) nel senso che il Padre e il Figlio son?
· d ·
I medesimi nella maggior parte e1 pre can
di · (II 4) · La. sostanza
. , chi e
qwn· d'1il sostrato d'1 qu ali ta- comun1· ('m II 28la natura .divma e a-a
mata "I' eIemento comune ") , men t re Ia differenza ell diVlene espress
• temiti •e
mediante varie peculiarita (idiomata), come qui al pa dalla se-
di "filialita" (II 28) •. Tutto questa sembra mo to ontano
(cd_) '~<;l/~M. Rist, &sit's :Nroplatonism~. Its b.ckground and nature, in P.J. Fcdwick
' . f Caesarea. Chnstum, Humamst, Ascetic. A sixteen-hundredJh anmversary
sym~~um I, To~nto 1981, pp. 137-220, p. 196 _
u}:: ~o anche piU oltre, p. 265.
R Hiibn &v-uone di Basilio da Apollinario e da Atanasio Csottolineata anche da
e1 (edder, s~ us von Caesarea und das Homoourios in L R Wickam and C. Bam·
:p. 70-9i~'::~~7~ ~~~: an_d greek P~~losophy in Ut~ Ant~'quity, Brill, Leid~ 1(~~:
stoi8 tJ SertJ · II tmo 32 egli unpiega un'argomentazione di AtanllSI~. ch
e "fatto• /::ne. 6· PG 26. 617~; Sulk decisioni del sinodo di Nicea 1~, 4): a.o &
Dio" (Co/ 1 1) } ~ consustanziale con colui che fa; solo il Figlio e "unm.agute .
zione si ritr~a ineB 'ilfronta della sua sostanza" {Eb 1, 3). Poiche la stessa ~osua_
do Atanasio, Cont:: i ~· zo;;: 2 ~( \(G:ntro i StJbelliani, Aria e gli Anomel) e Ul
ffi
109A).~verosimilecbe; 14"..', c e e. da attribuirsi ad Apollinario, ~G 28, ilqUJ:
i:S·
le era stato in rappono ~~ 51 ~ se~Jto dei ragionamenti di Apollina~o, con to so·
prauutto alia vita mon.astica anru pruna. D~ resto, allora Basilio era mtereslb uere
adcsuawnentc Eunomio S' e cer~va materiali e idee da raccogliere per com a sUi
interpretazione circa 1a der~o':lettl,dit?ttavia, rimane scettico, conformemente ella
' lvwone Basilio da Atanasio.
V. Teologia trinitari4
narededi 0 Slaptnto di Dio avesse origine dal Padre L'unico che ave:
va cato pro ·
prima di Basilio
'
J:: . · · ont
attenzt~ne al problema era stato, ven~ a te
0 Vtttonno, rna, essendo vissuto in Occtden
V. Teologiit Jrinilari4
Figlio e di potenza del Figl_io moss_a per l'ipo~t~si, _cioe per l'esisten.
za ("ipostasi", quindi none usato m sens~ ~~t~o specifico) dello
Spirito. Piii deciso, invece, era stato Apollinano, il quale nella epist
Ia 364 aveva detto che lo Spirito si trova nella medesima fede
Dio e con il Figlio, poiche si tto~a nella stessa natura divina,
c:
anch:
se nemmeno lui aveva affrontato il problema della sua origine.
Basilio sapeva che molti omeusiani erano ostili alla dottrina dei
niceni, i quali volevano porre lo Spirito Santo sullo stesso piano del
Padre e del Figlio, per quanto attiene alla sua natura divino: Eusta.
zio di Sebaste aveva detto: «Non sono convinto che si debba defini.
re Dio lo Spirito, ma neppure oserei definirlo creatura» (Socrate,
Storia del/4 Chiesa II 45), per cui si accontenta di un chiarimento
presentato in forma negativa: si deve semplicemente riconoscere
che lo Spirito Santo non e creatura, come volevano gli ariani e alcu.
ni omeusiani (cioe i pneumatomachi), e si deve condannare chi lo
considera tale (epp. 113; 114; 140; 159). Si era verificato in quegli
anni un episodic raccontato nell' epistola 58 da Gregorio Nazianze·
no: un vescovo niceno si era rivolto a lui lamentando le esitazioni di
Basilio a questo riguardo; Gregorio aveva informato della cosa Ba·
silio, il quale aveva risposto, in modo molto risentito (ep. 71), che
una risposta non ben ponderata al riguardo avrebbe potuto mette·
re in pericolo il fronte antiariano. Neppure in seguito alia rottura
con Eustazio Basilio modifico il proprio atteggiamento, nemmeno
nell'omelia su LA /ede (cap. 4).
Vepistola 159 si dilunga sui problema dello Spirito Santo piu o
meno secoodo Ia dottrioa del Contra Eunomio: fra I'altro vi si offer·
~· ~15~. 2) che lo Spirito Santo, "glorificato insieme" col Padre e col
Figlio, m quanto panecipe dello stesso onore, non puo essere ritenu;
10 estraneo alia !oro natura: il concerto della "uguaglianza di onore
d~o Spirito, che dovrebbe essere prova della sua natura divina, sari
sviluppato nel trattato Sullo Spirito Santo. Inoltre, nella giii ricordata
epmola 12? (':"~· 3), Basilio afferma che lo Spirito Santo non 1: crea·
:;m' e, se 1 cnsnani vogliono essere fedeli alia formula battesintale,
evono cred~re che lo Spirito eunito al Padre e al Figlio e, di conse·
~aJt che e ·~~ per natura come il Padre e il Figlio e non es~·
to Santo·na_.r::ra. divma. Qui si parla, dunque dell'origm"e dello Spll1l·
· · 5· uuendendOS!· dall' OCCUSa di considerare
Spmto
' "non generate • )o
Basilio an to (ch'e il termme
· dovrebbe essere prerogativa de1 p 8dre• '
1 il p
0
:o'ette,
0
sl, che non generate e fonte della natura divina e ·~·
• cosl come unigenito e solo il Figlio, ma lo Spirito di vert·
V. TeologitJ tn'nitarUz
ta "proce~e· ~al Padre, v;nendo, cosl, da Dio senza essere srato crea-
10. n
temune. proced~re 'desunto da Gv 15, 26, che sembra essere
impiegato qw per Ia p~a volta in senso tecnico, diventeri subito ca·
nonico: Gregon~ .Naztanzeno {or. 31, 16ss.) lo considera speci£co
per indic~r~ I'ongme della ~~irito, ~tinta da quella, per generazio·
ne, del Ftglio, anche se Basilio non nesce a spiegare in che sensa Ia
processi?n~ dello Spirito Santo dal Padre differisca dalla generazio·
ne del Ftglio. _Anche nelle .ope~ successive Basilio eincerto su que·
sto punta, cost come non nuscrra ad essere piu preciso lo stesso Gre·
gorio Nazianzeno, che pure fu sostenitore del consustanziale della
Spirito Santo. Fra il375 e il 377 Basilio in vari scritti {epistole 210;
214; 236, il trattato Sullo Spirito Santo, l'omelia Sulla fede) roma su
quello che era divenuto oramai il lema principale della discussione
teologica, doe Ia questione della Spirito Santo: il vescovo di Cesarea
era da piu patti sollecitato a presentare Ia sua opinione per rimuove-
re i sospetti e le perplessita che provocava nei niceni il suo riserbo a
definire esplicitarnente lo Spirito Santo Dio.
Nel trattato su Lo Spirito Santo Basilio, oltre a confutare leva-
rie obiezioni degli ariani e dei pneumatomachi contro Ia divinita
della terza Persona e Ia sua uguaglianza col Padre e col Figlio, pone
in modo deciso lo Spirito Santo sui piano delle altre due ipostasi per
quanta riguarda Ia natura, Ia dignita e I'operazione; rna n~n.ostante
tutte queste affennazioni lo Spirito Santo non~ d~rto .espli~tamen:
te Dio come invece sostenevano normalmente tmceru. ll nserbo di
Basili~ su questa punto, osserva il Simonetti, va spiegato non soltan·
to in chiave eli politico ecclesiastic• rna anche tenendo conto della
sua radicata convinzione che in materia di fede fosse opportun~ di-
.
re soltanto l'indispensabile e non s~m.gerst .
· a1 di Ia .di quanta direr·
0 alia iena di-
tamente significato dal data scnttunsuco. Em ment . P dell
vinita della Spirito Santo cosi come sulla spino~a q~eo:uone 8
c'e Trinitii (omelia Sulfa fede 5). Sia I~ rigenerazione spirituale Pro.
curata da1 battesimo sial'opera. creatn~e den~~o dallo Spirito (! 6,
38 ). Tuttavia Basilio non defm1sce mal lo Spmto ,Santo consusran.
ziale con iJ Padre e con i1 Figlio e; anche m q~est opera, preferisce
definirlo "degno di uguale on~re . ~on poss1am~ d1re quale sia Ia
sua origine, egli ripete, per cw lo scn~tore trova ~coltii a risolve.
re i1 dilemma proposto dagli avversan: se lo Spmto Santo eingene.
rato ePadre, se egenerato e Figlio, se non e ne ingenerato ne gene.
rato non puo essere altro che creatura. Basilio afferma sempllce.
mente Ia "affinitii" dello Spirito Santo col Padre, da cui precede, e
col Figlio cui appartiene. Sempre in 16, 38, sulla base di Sa/32, 6b
(«Dal Logos del Signore furono stabiliti i deli e dallo Spirito della
sua bocca tutta laloro potenza»), egli cerca di presentare l'origine
dello Spirito Santo dal Padre non per generazione, come il Figlio,
per cui ceres di cogliere fra lo Spirito Santo e i1 Figlio un rappotto
parallelo a quello del Figlio con i1 Padre (cf. anche 17, 43; 26, 64;
omelia Sufafede 7): Ia bonta e Ia santificazione e Ia dignita regale so·
no giunte allo Spirito dal Padre attraverso i1 Figlio (18, 47). Da qui
deriva Ia dottrina, che sarebbe poi diventata canonica nella teologia
greca, che lo Spirito Santo trae origine dal Padre attraverso il Figllo.
GU avversari criticavano Ia dossologia di Basilio: <<Gloria a1 Padre
insieme al Figlio e con lo Spirito», che eg1i impiegava indifferente·
mente insieme con quella tradizionale: «Gloria a1 Padre per mezzo
del Figlio nello Spirito Santo»; e l'imponanza della dossologia dello
Spirito Santo nella professione di fede esottolineata anche nella epi·
stola 258, 2. Aile critiche degli avversari Basilio replica che nella Sacra
Scrittura le varie preposizioni che sono impiegate per descrivere Ia na·
tnra, Ia potenza, Ia condizione delle Persone sono riferite indifferen·
temente a ciascuna delle tre e non introducono affatto una differenza
~ ~~ 0 di dignitii (LoSpiritoSanto 4; 5; 26; 27; 29), cosl come non
:;:wsce Ia dignitii d~ Spirito i1 fatto che, quando le tre Per:sone
~ ~no nommate IDSleme, lo Spirito Santo e sempre nomtnalO
pes t:uno. Questn era stato detto soprattutto da Eunomio, i1 qual~
aveva affermatn che lo Spirito Santo, come e terzo per ordine, cosl e
terzo aru:?e pes natnra (Apol. 25). n "nwnerare subordinando" (h't
panthmetstha•) non esclude il "connwnerare" (synarithmeistha•) (Lo
~~:~ol:nto ~7;. 18; epistola 52, 4; omelia Sulfa fede 5), una ~erma·
Basilio . sara npresa anche da Gregorio Nazianzeno (oravone 3!).
. S ncorre anche alia Uturgia pes dimostrare Ia divinita dello Spl·
ntn antn, 10 quantn COStantemente lo uniace aile altre Persone, per
V. Teologi4 trinitari4
cui int~de rifarsi, oltre ch~ alla Scrittura, anche a11a "tradizione non
scritta , e, per conferma~e il sostegno che si puo ricavare dalla tradi-
zione su tale problema, npona (29, 72-7 3) un breve fl ril · eli
·1· ··r Cl oeg~opas-
si di auton a. m anteno~: ~eneo, emente Romano, Origene, Dioni~
gi A!essandnno, E~bto eli ~esarea. Sono ambedue fatti nuovi nella
discuss10ne teolog~ca, tradizmnalmente incentrata sull'uso I'" •
pretazione dei soli dati scritturistici: il fatto che Basilio abi~~
attento ad att~ersi nel modo piu stretto al dato scri~tico ab";:ia
qui ~ensat_o_ eli mtegramei'autori~a primaria con quella della llturgia
e de1 Padri e, secondo il Slttlonettt, altra prova della difficolta in cui si
evenuto a trovare Basilio nel trattare un argomento in cui Ia testimo-
nianza scritturistica non gli risultava altrettanto chiara come a propo-
sito della divinita eli Cristo. Mettendo in tilievo il valore eli queste tra-
dizioni non scritte Basilio traccia Ia distinzione fra kerygma e dogma
(Lo Spirito Santo 27, 66). Nonostante Ia difesa ad oltranza del consu-
stanziale dello Spirito, nella quale si distinse, tra g1i altri, il Nazianze.
no, il Concilio costantinopolitano del381 segull'autorita eli Basilio, e,
se affermo il carattere divino dello Spirito Santo, non lo defini espli-
citamente Dio. Come Basilio, i Padri conciliari ritennero che una tale
elichiarazione avrebbe suscitato l'opposizione degli omeusiani "·
Anche nelle lettere eli quegli anni, in cui ribaelisce Ia concezio-
ne dell'unica ousia divino in tre ipostasi distinte, caratterizzate da
specifiche "peculiarita" (idiotetes), Basilio interviene sulla questio-
ne dello Spirito, e, poiche le peculiarita delle ipostasi del Padre_e del
Figlio consistono nella "condizione paterna" (patrotes) e nella con·
dizione fill ale" (hyiotes), anche per lo Spirito Santo deve essere tro-
vata una sua "peculiarita", parallela a quella delle altre due P~~o
ne. Tuttavia, non essendo riuscito a stabilire l'orisi?e dello Sp~to
Santo, egli non riesce a indicare nemmeno Ia sua tdtote~, per cw m·
elica soltanto, come idiotes dello Spirito, non una condizione di na·
lura, rna il suo potere santificante:
,. . , "d
<< L tpostast e cons! erata ne
lle proprietii
. della
. paternitii,
( 21 4
della filialita e della potenza della santificaztone» ep. '
4).
, Ia . riprende I• distUlztone
Gregorio
za che · · basiliana tra ipostast· e sos tan·el
• e l!lUSta dottrina 1a • da d id
sabellianesimo e dell' . • . stra regale •, tra i ue est.re!" del
Nazianzeno perciJe ananes~o. La formulazione non e ~ptca. _~:
' nelle sue linee generali si trova in quast tuttl!Y"
V. Teologi. trinitarUJ
261
scrittori niceni ?ell'epoca; Gregorio Ia presenta Ia prima volra nella
orazio~e 2, che ~ del 3?2, e Ia npropone davanti ai vescovi del Con-
cilia di Costantmopoli, a! momenta di abbandonare j Iavori La so-
lennita dell'~ccasione conferisce imponanza, dunque, a qu~lla che
si suole cons1derare come una formula stereotipata.
Le formule ."bin~rie", costituite dalla pura e semplice contrap-
posizione tra ar1anes1mo e sabdlianesimo sono le meno interessan-
ti perche tradizionali (cf. or. 2, 36-37; 18, 16· 21 13· 25 16· 31 9·
3J, 22; 38, 8; 39, 11; 42, 30). n concetto di "se~ar~o~e· 'co~ le ~u~
conseguenze, e quello che predomina nella sua condann~ degli aria-
ni, cosi come quello di "confusione" caratterizza Ia sua polemica an-
tisabelliana. Talora Ia dottrina di Sabdlio e paragonata a1 giudai-
smo, in quanta riconoscerebbe solo Ia Persona del Padre (or. 25, 16
e 38, 8), mentre, sia pure per motivi opposti, "giudaizzante" econ-
siderato Aria in or. 2, 37. D modalismo econdannato con maggiore
durezza, perche tacciato di ateismo, mentre all'arianesimo si riserva
l'accusa di pazzia (sulla base dell'usuale gioco di parole con Arlo e
l'omerico areiomanein, <<impazzare nella guerra come il dio Ares»:
cf. or. 2, 37 ecc.) e di empieta (or. 21, 13; 37, 22).
Altre volte (es. or. 2, 37-38 e 20, 5-6) Gregorio spiega anche
l'origine di quelle due "distorsioni" dottrinali (sabellianesimo e
arianesimo): esse sono state causate dalla "paura della molteplicitii
di dei •, Ia quale ha prodotto il difetto opposto, cioe quello di ridur-
re Ia natura di Dio ad una sola ipostasi: o, mediante un assurdo con-
giungimento, a! conglobarnento di tutte le ip~st~i in una, "?m~ fe-
ce Sabellio oppure a dividere Ia sostanza divma m tre realra diver-
see separa;e, secondo Ia dottrina di Arlo, che applies un'errata for-
ma di diairesis. . . . .N .
Gia in una delle prime omelie, che nsale agli anru di . ~0
(or. 6, 22) quando Gregorio era ancora sacerdote, Ia T~ta ~ene
·
tnterpretata ' nel contesto della • untta· - mco
· nfusa". e. con I unp1ego
, u1
. .
deIIa mterpretaz1one . del · bolo di N1cea: 1a .orm a
neomcena sun F"gli S · -10 Santo· i
battesimale insegna a distinguere tra Padre, I o e pellm tanza'
h' . sono uno n a sos
tr: _non debbono divenire uno, perc ~ essl ta nella triade e Ia rria-
divma, non nella ipostasi; Ia mona?e.e a~ora in modo molto piil de-
d_e na~sum~ _n"!la mon~~e. G~g~rlo ~pglil~garonuncia con facilitii Ia
ctso d1 Basilio 1 numer1 uno e tre : e P che se per lui non
formula trinitaria (una sostanza · tre JpostaSJ), an. uru"taria della
-, d ill Ia conceztone
e IOndarnentale· essa serve a ustrare il di "natura divi-
Trinita; piu im~ottante della sostanza e · concerto
I Padri C4ppt~dod
262
na •. che serve a indicare l'unita dd Dio trinitario. ~che nell~ cin.
que orazioni teologiche m~ca _una formula neom~ena: Ia parola
?i
"ipostasi" appare tre volt.e, o_n un~ ~c:I _contesto di una discussio.
ne relativa a1 fatto che D10 e prtvo di IDIZto (or. 28, 9), un'altra vo].
ta come citazione di Eb 1, 3 (or. 29, 17), ed una volta sola per indi.
care esclusivamente le tre Persone: i termini biblici non debbono es.
sere interpretati in modo subordinaziano, <<affmche si conservi Ia
non confusione delle tre ipostasi nella unica natura e nella unica di.
gnita della divinitit» (or. 31, 9). Questa concezione di base viene poi
piu volte ridaborata, come in or. 31, 28.
Anche al Nazianzeno, dunque, secondo Markschies, Ia cornice
sistematica per Ia teologia delle tre ipostasi efornita dalla concezi0 .
ne della "unita inconfusa". Se non si conservano le peculiarita delle
Persone, e cioe Ia non generazione e Ia generazione, si giunge alia
confusione della natura divina (or. 31, 29). Corne Basilio, anche
Gregorio impiega Ia rnetafora della luce, che trovava nel simbolo ni·
ceno: Padre, Figlio e Spirito sono luce, luce e luce, rna una sola lu·
ce. Talora accade che Gregorio esprima rneglio di Basilio l'unita dd-
la Trinita. Cosl in or. 31, 14 egli impiega Ia metafora della luce dd
simbolo niceno per introdurre 1'esempio dei tre soli che sono in rap·
pono reciproco, si compenetrano a vicenda (cf. p. 267). Questo
passo sembra essere 1'espressione della pericoresi delle tre Persone,
anche se l'espressione specifics rnanca t'. In questa stesso passo si
accenna anche alia unita economics della Trinita, che e intesa come
"natura divino", rnonade e causa prima. Ceno, a differenza di quan·
to avveniva nel periodo 360-370, oramai il termine "consustanziale"
e divenuto di uso nonnale per 1'onodossia; Gregorio sostiene che
anche lo Spirito deve essere considerato consustanziale (a differen·
za di quanto aveva pensato Basilio) e chela confessione del Dio uni·
co e ?ella unica sostanza suprema implica insieme i tre nomi e le tre
realta (or. 31, 10). Una differenza sostanziale da Basilio consiste nd
fatto che Gregorio non ritiene calzante 1'esempio dei tre uomini,
ch~ pure appanengono alia rnedesima natura umana, per evidenzia·
re il rappono tra trinita e unita (cf. pp. 249-250): l'unita della natu·
ra umana s~siste: inf~tti, solo in sensa concettuale (epinoio) (~r. 3!,
!5). Anche 1elogto di Atanasio (or. 21) intende in senso neontceno
V. Teo/ogid lriniltJria
263
Ia dot.trina ~e! vc:scovo eli Ale~sandria (or. 21, 13). Poicbe in quei.
!'oraztone st rifensce anche all accordo con gli "!tali ·• ( 2
· · d 1 .
Gregorio mtro uce una teo ogta trinitaria nella ale
ct or. 1 35)
' '
01anca il concetto di "persona": ' qu • comunque,
Logos. Questa distinzione si Iegge anch~ ~-or._ ~3, 11; 45, 30, 664A-
Carm. 12, 10, 559; II I, 38,5ss. ecc., ed e ptu vtcma alia filosofia &re:
ca che non alia tradizione cristiana.
6.2. II triteisrno
Quella di credere in tre dei fu, in quegli anni, una accusa che
venne mossa ai Cappadoci a causa della formula una sostanza . tre
ipostasi. Evero che tale formula non fu impiegata da nessuno di es-
si cosi rigorosamente come spesso si ritiene, rna Ia d.istinzione tra so-
stanza divina comune e ipostasi divine, particolari, fu soggetta a
fraintendimento come conseguenza del fatto che Ia sostanza comu-
ne veniva considerata in senso astratto, come il genere; da qui Ia
conseguenza che Ia ipostasi doveva costituire Ia realta divino"· La
difesa da tale accusa esviluppata sopratrutto da Gregorio Nisseno,
rna gii\ Basilio e Gregorio Nazianzeno mostrano di essere colpiti
dalla obiezione, dovuta a un chiaro &aintend.imento.
Specificamente respingono I'accusa d.i triteismo I'omelia di Basi-
lio Contra co/oro che dicono che noi professiarno tre di!i (PG 31,
1488C • 1496C) e l'epistola 38, che insiste a lungo sui rapporto fra
ousia e ipostasi, rapporto che facilmente era frainteso: rna tale episto·
Ia eda molti attribuita a Gregorio d.i Nissa. Nell'omelia iJ tono della
discussione teologica e abbastanza semplice. Basilio si limita a con-
testate l'accusa (14890), rna non spiega perche gli sia stata mossa.
Chi pensa che esistano tre dei, egli osserva, potrebbe pensare anche
che ne esiStano di piu U492A) 17, e, cosl affermando, con testa Ia for-
m~ P~~unciata nd proprio battesimo (1492A). Che io sia accusa-
to di tntetsmo, fa capire Basilio, e assurdo. Questa polemica emos·
19 Analogamentc: rivolg d .
°
battesimo (or 40 43 )· '«Ha.i en 51 con tono brusco ai catecumeni che auendon
0a
cioC: J'unione ·dei 'ue· ~ m J!8 ~il che ti si rinfacci iJ triteismo? Conserve il [UO tcsoro.
ill
20 Ela molteplicua ~J.a ~~pita d.i combattere».
21 Got non solam.mte gli' :ucw e. co~esso il tritciamo.
nomuuu, rna anche i pneumaromachi
V: Teologiatrinitari4
267
50 modo, diteisti (e questo lo si era gia visto sopra) In Ia .
diri d b. , di . vece, nspo-
sta in zzata, a entr~ 1 e ~otevole peso teologico. Dio e uno
solo e le realta che de'?v~o dall uno vengono ricondotte a lui, an-
che se Ia nostra fede e nvolta a tre. «Le realta che derivano dal-
l'uno» ~ono le tre Person~ che ~e?vano dalla natura divino. E poi-
che det;tv~? d~ e~sa, non e P?Sstbile che uno sia piii Dio,l' altro me-
no (qumdi il F~.glio e lo Spmto Santo non derivano dal Padre rna
tutti e tre derivano dalla natura divina); e nemmeno uno viene' pri·
ma, I'altro dc~po; e ~~n sono_ separati ne dalla volonta ne dalla po-
tenza; e non e posstbile cogliere nella natura divina quello che esi•
ste nelle realta divise, perche essa e indivisa in realta divise, e, come
in tre soli che si toccano reciprocamente, una sola e Ia mescolanza
della luce. In conclusione: se consideriamo Ia natura divina e Ia pri-
ma causa, noi vediarno I' uno; se invece consideriamo le realta nelle
quali si trova Ia natura divina e le realta che provengono dalla pri-
ma causa al di fuori del tempo e con gloria comune, tre sono le re-
alta che adoriarno. Si potrebbe obiettare (cap. 15) che cosl avviene
anche presso i greci "• rna soprattutto quello che sara esposto da
Gregorio Nisseno: una sola e Ia natura umana, mentre il genere e Ia
totalita. Ma gli dei, ed anche gli uomini, sono molti, e non uno so-
lo. Per. cui Gregorio replica: in quel caso Ia natura comune possie-
de l'unita solo se considerata nel pensiero, mentre i singoli sono di-
visi I' uno dall'altro nel tempo, nelle passioni e nella potenza".
Evagrio Pontico fu seguace di Gregorio Nazianzeno~ ed e_spose
Ia sua interpretazione del problema nella epistola 8, 2 di Basilio (a
lui e attribuita da Frankenberg e Guillaumont"):
«A coloro che ci offendono rinfacciandoci il f~oso "tre
dei", noi diciarno che noi confessiamo un solo Dt~, non nel
nurnero rna nella natura. Infatti tutto quello che e dettoli~
sere un~ nel numero non e veramente uno ne e semp ce
B ill (ConlroEunomioli4),conilqua-
22 In realta qudlo era gii\ stato deno da .as 0 1l. 'td Btdta, cit., p. 212. Infat·
le Gregorio, qui, polemizza: cf. Chr. Markschles1 ,:/r~ '!"'e uale Persone divinee Ia
ti, seguc:ndo Apollinario, Basilio propone~ per 8 15 J 10 ~0 ~uanto uomini, pa:rtecipano
!oro unitll,l'esc:mpio del genere umano: P1~t~ ~~:d~:ti che li cttrauerizzano come
~Ua medesima sostanza, ma sono le proprteta
P1e1ro e Paolo (cf. p. 250). . . . 1 1 3, 74: 84-89: ll, 3, IJ4ss. . ·
21 Analogo ragionamento m Carm1 Arcam Jl. ' 1 Ewgre 1~ Ponllqllt, Vnn, Pans
24 Cf. A. Guillaumont, Un phi/osophe ~~~ str '8 tale epistola (Corona Patrum,
2004, pp, 36; 142; 337. IL commento dl GrJbomont
SEJ, Torino 1984) e inesistente.
I Padri U.ppadoci
268
nella natura _ rna Dio e confessato da tutti sernplice e non
cornposto, e quindi Dio non euno nel nurnero-. ~d esern.
pio: uno nel numero, rna ~o~ nella natur~ s~":o il_rnondo,
che si divide negli elernenti, I uorno, che st diVIde tn corpo
ed anima e cosl via. Quindi quello che e uno nel numero
non eun~ nella natura, e quello che e uno e semplice nella
natura non euno nel numero. Se noi diciamo che Dio euno
nella natura, costoro non possono rinfacciarci il numero. TI
nurnero, infatti, riguarda il quanta, e il quanta e unito alia
natura corporea: infatti il numero appartiene alia natura
materiale. La rnonade e I'enade indicano Ia natura sempli-
ce e incircoscritta25, rnentre il numero implica Ia natura cir-
coscritta e creata>>.
n e
verbo "mi riverso. riservato ai dilatarsi dells naturs divina
nells Trinita, rna contiene un elemento di ambiguitO., perche i: impie-
gato ai capitolo successive, ove esptime, invece, il diffondersi ad extra
della natura divina, secondo il principia bonum est di!fusivum sui:
<<Ma siccome non bastava alia Bonta divina essere mossa
solamente dalla contemplazione di se stessa, rna bisognava
che il bene ri riversasse e procedesse, affinche vi fosse un
maggior nusnero di esseri che ricevesse il suo ben fare (que-
sto, infatti, e proprio della somma Bonta), per ptima cosa
concepisce le potenze angeliche e celesti ... » (or. 38, 9).
ch 10 FOJJrih-Century Trinil4rilln
28 Secondo Ayres (Nicaea and its Legacy: An Appdma t della dottrina del Nissen<>
c'e
Theology, cit., p. }45), quando bisogno di ~ mpt :b~ilinenlc il piii utile.
sulla natura di Dio, il Grande Discorso Clltecketu:o c ~ l21 cll9-220. .
29 Cf. K. HoU, Amphi/ochius 110n Ikonrum. · · kc'Jj' P~-AnkyM, in M. Harl, ~mtu·
°
3 Cf. R HUbner, Gregor von Nyssa und Mar. e. 110 •
re et culture philosophique, cit., pp. 199-~9. di Nicca che avev11. in,iziato la sua earn~
31 Ablabio era forsc il vcscovo novazu~~~-
ra come sofista (cf. Libanio, ep. 921; 101'; .wu. ..Ee,
stori. Jel/4 ChieStJ VU 12; Gtqano
Nazianzeno, ep. 233).
I P•dri C.ppstfoci
280
contra ; Greci e accennandovi v~~:nte ~ell' ~pera Ad Eust~o
sulla Santa Trinita. Alia critics di tnt~~o il N1sseno risponde ri:
dendo )'esempio, gia usato da Basilio nel Contra Eunomio (d
250) di Pietro Giacomo e G"1ovanru,· che appanengono alia urn ·
pren
~ta (c;p. 2). G~rio cerca di dimostrare. che «sare~be piu rigo~:
so parlare di un solo uomo, anche ~ ~~elli che app~o?o nella stes.
sa natura costituiscono una moltepliclta» (cap. 5), c10e anche con.
traddicendo Ia convenzione linguistics. Egli osserva che i concetti 0
i nomi scritturistici di Dio sono una spiegazione di come Ia nostra
natura intende Dio (cap. 7).
Questa spiegazione estata contestata da Stead, che l'ha giudica-
ta scorretta, tanto piu che «Gregorio crede che una corretta interpre-
tazione della condizione umana risolvera i problemi teologici della
Trinit8.»". A questa obiezione di Stead Markschies oppone che il rap-
porto tra i tre individui e il genere "uomo" puo avere una sua validi-
ta, essendo un esempio, anche se mal riuscito, della "unione non con-
fuss", perche tale esempio sottolinea Ia molteplicita a danno della
unita. Nello scritto Ad Ablabio Gregorio riflette sulla attivita di Dio e
sottolinea I'unit& del volere e dell'agire delle tre Persone (ad esernpio
il nome che indica Dio [theos] deriva da theaomat) (cap. 15), e quin-
di non signifies una natura, rna una attivita (cap. 12). In questo, se-
condo Markschies, sta Ia logica della sua teologia trinitaria: Dio ope-
ra come potenza vivificatrice avendo di mira Ia storia della salvezza.
La ~one tra Ia causa (il Padre), il causato (il Figlio) e quello che
~ro~ene dalla causa spiega i rappotti intenrinitari delle ipostasi, che
m pnmo luogo manifestano Ia comunione della natura (cap. 22, fine).
~ch:_ n~ !;e _no~on~ comuni, contra i Greci Gregorio nega che il ter-
mme dio . significhi una persona: esso signifies, se mai, una sostan-
za. Gregono ammette l'identita delle persone di fronte a1la !oro so-
~ (cap. 3) e nuovamente impiega l'esempio delle tre persone e
~~olinea il fatto che Dio e Ia sua sostanza non possono essere defi-
~0· Ne _Le no~m comuni si ritrovano le definizioni, individua!izzan·
n delle ,,..,..
definizi "'"":"-••,• di "causa " e "causato ", che vengono p01. ruente
_,, . aile
om tradizionali di Padre e di Figlio e di Spirito Santo. Tutta-
8. Amfilochio d'Iconio
Amfilochio sarebbe stato il prima ad impiegare il small·,ragma
rife · to essere
"modo dell'essere" (trop~s tes ~~pa'?'eos) ~on ~~he esso DOD
delle tre ipostasi, mentre m Basilio s1 era VIsta (p.
aveva ancora valore teologico:
«il Padre il Figlio lo Spirito Santo sono noDll"ddmododd-
' ' rd . non puramente e sem-
I'essere owerosia della az1one, rna Ob )
plicemente della sostanza» (fraDUD. 15 erg ·
34 0 K. HoU A h'kJch·
''Cf:Chr. ~bmt' M,usvo~!~onium ... , cit., p.133.
36Cf. K. Holl A c h~~-L :a
Trtnlla Be~ta, cit., p. 148.
• mp lwwtus von Ikomum ... , cit., p. 131.
V. Teolcgia trinilllria
28.5
Tuttavia, a nostro pare~, ~ fatto che tale formula sis (eventual-
mente) ~ monstrum non stgnifica che non possa essere stata rite-
nota valida, e certo, comunque, alcuni scrittori Didim
. ill di AI come o e so-
prattutto, C II o essandria Ia ritennero tal . ' '
bil 1 . ' e. poteva essere
in~ccetta e. per un ~e?p ato":'co pagano, rna non per un cristiano.
Cl sembra. pm verosun~e una. m~erpretazione cristiana da parte dei
Cappadoct, che. non Ia. tpotest di Markschies • che Ia don nna · onge- ·
dell
nian~ e tre ~pastas!.' o~~a~amente subordinaziana, e Ia desi-
gnazto_ne plooruana de~ pnnctpt metaftsici come "ipostasi" potreb-
bero nsalire, nonostante tutte ~e differenze nei dettagli, a un nucleo
comune 37 • Secondo Marckschies, Ia dottrina sostanza - ipostasi dei
Cappado~ si trova ~che in .N~esi? (La natura dell' uomo, p. 38,
19ss.) per illustrate 1 rapporu dell anuna con il corpo: tali rapporti,
infatti, non costituiscono una "mescolanza". Ora, Nemesio si rifa ad
Ammonia Sacca, maestro di Platina e di Origene, i quali, eventual-
mente, potrebbero aver ricavato questa concezione da lui"·
A noi questa ipotesi sembra poco verosimile, per cui continuia-
mo ad aderire, come abbiamo fatto nella nostra StoniJ della /iloso/ia
patristica (pp. 516ss.), alia interpretazione di colora che vedono nd·
Ia dottrina trinitaria dei Cappadoci Ia ripresa, adeguatamente adat·
tata alia ortodossia, della gerarchia pomriana delle ipostasi. L'ade·
guamento che intendiamo potrebbe ben essere quello piu volte sot-
tolineato da Markschies, della ripresa della dottrina origeniana dd-
la "unione non confusa" e della dottrina delle tre ipostasi. Ancbe se
!'idea della reciproca compresenza delle tre persone della Ttinita ha
un sicuro fondamento scritturistico, qui siamo anche di fronte al-
l'idea neoplatonica della reciproca unione delle realta inca'?"~·
che tuttavia esclude Ia confusione, e le tiene chiaram"?te ~nnt~
I' una dall' altra. H. Dorrie ha messo in luce che Porfuto, net suo!
Symmiktii Zetemata, ha sostenuto che gli mt · elligi'bili ~ 0no nellanfui
stes-
so te~npo intimamente uniti !'uno all'altro e tuttaV!a no~ co . ~·
Poiche Porf1rio defml "intelligibile" Ia sua triade sommaell,e ~bt-
le che egli abbia applicato Ia sua concezto~~· enerale d a uruone
~. triade Se
degli intelligibili anche ai tre m~~ri i? 1e!Ji~tb~ d:~~: efferrlva-
questo e vero, Ia dottrina dei pnmt prmctpt di o
~c
1 ~!Mv\~
La cristologia dei Cappadoci non eancora pienamente svilup-
.!'ata (e questo vale sopr_attutto per Basilio), in quanto essa costitui-
sce '."'problema teolog~~ senttto meno urgente dell'arianesimo. n
_Naztanz~no s~ ne occupa m ~odo non ampio, rna con notevoli ap-
~ro~ondtme~tt e ~on mol!~ chiarezza dei termini della questione, ed
il Ntsseno VI deelica un ptu ampio spazio, anche se le sue convinzio-
ni sono talora imprecise.
·
ne;rano !'una nell'altra in rapporto alia congtUDZIODe rect-
proca delle due nature. . uomo privo di
32. Se uno ha riposto Ia sua speranza m un , degno dies-
. . .. t insensato e non e
mtelletto, costw e verame~ _e , • uello che non e stato
sere salvato nella sua totalita. Potche q tre quello che
, , , to non sanato, men
assumo d a Cmto e runas . • to anche salvato. 33. Se
ha forrnato un'unione con Dto e sta Adamo alloraelame-
il peccato fu commesso da un mezzo •
I Padri Olppadoci
e
t8 dell'uomo anche quello che stato assunto e salvato da
Cristo. Se invece ha peccato Adamo nella sua totalita, allo-
ra l'uomo estato unito a colui che estato generato nella sua
rotalita e tutto intero si salva. Non ci guardino di maloc-
chio, dunque, per questa s~vezza co~plet~ e non circondi-
no Ia figura dd Salvatore di ossa e di nervt solamente, cioe
di un uomo dipinto e non reale!
34. Se l'uomo di Cristo, infatti, e privo di anima, questa lo
sostengono anche gli ariani per attribuire alia natura divina
incarnata Ia passione, perche secondo !oro quello che muo-
ve il corpo e anche quello che soffre. Se, invece, e un esse-
re dotato di anima, rna non dotato di intelletto, come puo
essere un uomo? Che l'uomo non e un essere vivente privo
di intelletto. 35. E allora sembra inevitabile che questa
aspetto esteriore, cioe Ia sua "tenda", fosse quello di un uo-
mo, mentre Ia sua anima sarebbe quella di un cavallo o di
un hue o di qualche altro essere privo di intelletto. Allora
sara questa l'essere che viene salvato; e allora Ia Verita mi
ha ingannato, perche io, che mi vanto di essere salvato, so-
no diverso da quello che ne riceve I'onore. Se, invece, l'uo-
mo e razionale e non e privo di intelletto, Ia smettano vera-
mente costoro di essere senza intelletto.
36. "Ma bastava", dicono, "che Ia natura divina prendesse il
posto dell'intelletto umano". Ma che mi riguarda questa os-
servazione? La natura divina, se e unita con Ia sola came
umana, non puo costituire un uomo cosl come non lo costi-
tuisce see con Ia sola anima umana ~con Ia came e con I'ani-
ma separate dall'intelletto, perche e soprattutto l'intelletto
che ~~tuisce l'uomo. Conserva, dunque, l'uomo completo
e urusa ad esso Ia natura divina, se vuoi farmi un beneficia
completo. 37. "Ma l'uomo", obiettano, "non poteva conte-
nere due esseri completi". Certarnente no se tu consideri Ia
cosa sott~ I' as~o corporeo: un recipien~e di un medimno
nT co~ttene, infarti due medimni, ne il pasta per un corpo
~ 0J?UO oontenere due o piu carpi. 38. Se invece tu le con-
stden
ch come
. due real•>
~m
· tellegt'hili' e mcorporee,
. ' '
allora osser-
va e 10, da solo, contengo I'anima e Ia r•..;one e l'intellet-
to e lo Spirito S . ..,.
mo . , . anto, osserva che, ancor prima di me, questa
. ?till aoe il complesso formato da case visibili e da case
mVISt • contiene il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo.
VI. L4 cristologi4 dei C.ppaJoc;
pe - per non dtr . e che o·to avrebbe anche potuto aver rap·
dono con not in molti altri modi come e vero che prece·
n:.'temente si era mostrato nel ro~eto di fuoco o nella for·
51 Se in
umana- ·del.
Ia condanna ' vece, ~·· e· f atto uomo per can~ellare
il simile, come .:~~:.to santificando I' elemento simile con
tsogno della came a causa della carne
VI. La cristo/og;. Jei C4pp•Joa
r ilalLOgos, gr82le
toper dig··
sua bontit sl che !' uomo e stato trasportato in
'
La formula "~r:' ~ per. onore, ~~ato nel profondo della sua natura.
P10 s~te.nca e ch1ara potre66e essere !a seguente:
:-a destra d1 D1o, cioe il Figlio, ~0 alia sua altezza l'u~
n~\ ~::::~ a let grazie alia mescolanza .. » (Contro Eunomto
VI. L. crlstokJgia Jei C.ppadoci
In questa connessione
~ «<e proBrieta dei due, il Logos e l'uomo, diventano comuni
a1 due, m quanto il Signore assume Ie sofferenze deTSerVi- ..
e
~ tore e il sen? tore glo~cato nell'onore del Signore. E per • •
que~t~ mon~o Ia croce e detta del Signore della gloria e
~.gm lin?U~ t1conosce che Gesu Cristo e Signore nella glo-
na di D10 il Padre>> (Contro Eunomio Ill 3, 66).
trovare in Contro Eunomio III 4, 10; 4, 8; III 3_, 64-67. Ai suoi tem.
pi il termine "carne" non era anco~a. apparso ~a~eguato 0 incorn.
leto e Gregorio spesso trascura dt rtcordare I anima quando par]
~ ~ii. Del resto, in Confutazione della pro/essione di /ede di Eu~
nomio 180 affenna:
«£ se costoro citano Ia parola dd Vangdo, e doe che "ll
Logos si fece came", si da argomentare che sarebbe stato
ass unto dal Signore I'elemento inanimato, e doe Ia came, in
quanto non si efatta menzione anche dell' anima, imparino
costoro che Ia Sacra Scrittura ha I'abitudine eli comprende-
re tutto l'intero insieme con Ia parte>>.
:o
A an:;. dz_scorso catechetico, il Nisseno riprende Ia polemics cont';!
ano, ora specificamente nominata, sia nella Epistola a Teo,z·
' ves:~vo di Alessandria dal 385 al 412 sia nel ContraddittortO
contro "'' Apolltnaristi: siamo intorno al387.
tent!'t Epzstola 0 Teo/i/o il Nisseno chiede il sostegno del suo po-
co ga per opporsi agli eretici. In polemica con costoro, Grt8o-
VI. La cristolog;. de; C.ppadcci
301
rio presenta l'incarnazione del Logos come il culmin dell __ , .
della storia sacra, nel senso che poiche quelle n e e to:m~
, 1 · I' ' . , on avevano sornto
I effetto vo uto per guanre umaruta decaduta, fu necessaria Ia keno-
sis. Come nel trattato ~u La ~e;Je1ione dell'uomo, in cui Ia salvezza ed
il completament~ dell um~ta sono concepite come il processo di di-
v~t~re come C_nsto,_~e~te Ia panecipazione a tutte Ie sue carat-
tensuche morali e spmtuali, cosl Gregorio, qui, ritiene che iJ proces-
so di salvezza cominci con Ia rivelazione della gloria di Dio e che iJ Fi-
glio lo abbia compiuto in un modo nuovo. La novitil consiste nel fat-
to che il Logos, pur rimanendo trascendente e immutabile, ba assun-
to Ia natura umana nell'uomo Gesu e l'ha fatta propris, cosicche rut-
to quello che, nella nostra natura, era debole e corruttibile, "mesco-
latosi" con Ia natura divina, e diventato quello che lei stessa era'.
Nel Contraddittorio contro gli Apo!Jinaristi il Nisseno affronta in
modo piu approfondito il problema, rna l'esposizione e Ia struttuta
dell' opera peccano di una certa confusione. Egli riprende Ia conce-
zione del suo maestro Origene, sostenendo che Ia stretta unione del-
l'elemento divino e di quello umano in Cristo si attuo gradualmente,
nel senso che Ia natura umana di Cristo progredi da una condizione
divisa ad una unitaria. Origene (I principi II 6, 3ss.) aveva sostenuto
che I'anima umana di Cristo, che el'intermediaris trail corpo e Ia na-
tura divina, divenne, grazie alia virtu, sempre piu attaccata all~ natu-
ra divina fmche si confuse con essa, diventando come un ferro mean-
descent.' nel fuoco. Allo stesso modo Gregorio impiega, ~ spiega-
re l'unione dell' elemento umano con ~uello divino, l'imm~e d~~
gocce di aceto che, versate nel mare, st perdono nella sua unm~ •
l'unione tra le due nature in Cristo sarebbe awenuta con I~ nsurre-
.
ztone, non prima. Per questo mouvo· gli studiOSI.· so~o m
· cern se Gre-
gorio abbia asserito o negato Ia natura umana di Cnsto. 1 .
In ogni caso Ia natura divina in Cristo era reale, senza .a possr.:;
bili.ta, di· mutamento
' al .
o teraz1one, e
qlWl· di esente da pasSione.
1 -en
. · ti reale rna senza a P•~ -
natura umana da lw assunta era parllllen . ' d ersone rna
. . C 'sto non sono ue P '
za de1 peccato. E tuttavta m n
VI
llin . bbia sostenuto che
una. Anche se e molto dubbio che Apo "1rtoCa 15 47) nel senso
· era un « uomo di vmo
Cr1sto · • (cf· Gv 3' 13·' or • perfetto
' ro-
che Cristo sarebbe sceso in terra con un corpo umano '
anima umana e dal suo corpo umB?o (Contro f!uno-:zio III 3, 68) e
coerente con Ia sua cristologia. ll nconoscere, m Cnsto, le passioni
dd corpo e quelle dell' anima e l'accettazione, per Cristo, della mor.
talit8 naturale, tipica della nostra natura decaduta, concordano. In
questa concezione Gregorio fa spazio alia teologia antiochena all'in.
temo dell'eredit8 alessandrina, propria dei Cappadoci '"· '· J
. .
3.1. Cristo subtsce Ia passtone? ~
I ~
r
J.:epistola 3 di Gregorio Nisseno, che e contemporanea al terzo
libro dd Contro Eunomio, distingue tra alcune "passioni".,~:he sono
tipiche della natura umana, rna che non procurano vergogna: man-
giare, bere, doiiillre; il crescere del corpo, tutto quello che caratte-
rizza Ia nostra natura. I.:uomo di Cristo, che fu formato entro Maria
le possedeva, con l'esclusione del peccato (cap. 19). Altrettanto si
lekge in Contro Eunomio III 4, 27-29:
«<n veriti, niente di quello che non conduce al peccato e
passione [ ... ] noi chiamiamo passione in senso proprio so-
lo quello che e pensato come opposto alia apatia della vir-
tU [ .. .] Ia vera passione e una malattia dellibero arbitrio».
Questo Logos da una p~rte conosce .gli esseri, d~' ~tr~ possiede Ia
gnosi della Trinita. Ma s1ccome p.oss.Jede .Ia gn~s1 ~ D10, da quesro
punto eli vista si elistingue da ~tu ~li altrJ ~ser1 raz1onali. Un'affer.
mazione criticabile per subordinaz10rusmo e Ia seguente:
«11 Cristo eereelitato ed ereelita, rna il Padre e ereditato so-
lamente>> (Capitoli gnostici IV 78).
-0
c..gJ Ph. Rousseau. &st1 o/ ea~rareo, ·1 pp 190-232.
Cl .. •
I Padri Cappadoci
310
gaoizzazione che siamo abituati a definire "monastici", fosse d .
na .
e I"
e
to solamente a una elite minoritaria, tanto vero (ed moltesti.
d ost.
gnificativo) che Basilio ~on a o era mat 1a paro a monaco" 0 un
suo sinonimo, a mante ttl gmo monac os ~
"solitario"), rna, appunto "cristiano"
:;::::::Le testimonianze del N a : o sulle op.~re ascetiche eli Basi.
lio so p o oscure e genertche, ed ~cor ?m .queUe del Nisseno.
nN e (or. 43, 34) sicuramente VI fa riferlmento, rna le rego.
le eli parla sembrano riguardare solo I~ purezza del corpo e
Ia formazione spirituale. In una lettera giovanile, che si riferisce a(.
Ia loro vita ritirata nel Ponto, il Nazianzeno scrive (ep. 6, 4) della (0 .
ro aspirazione alia ~· che era stata «resa salda da principi e nor.
me scritte», una frase spesso interpretata come un riferim~
·una legislazione, forse quella delle Regole morali. Gregorio · Nis
si riferisce a un lavoro giovanile di Basilio, nel periodo · tom
362, e spiega che esso era in grado di spingere il cristiano epa·
role ai fatti (La verginita 23, 1).
Le ricerche degli ultirni anni hanno mostrato che non eaffatto
vero che solo in un determinato periodo di tempo Basilio avrebbe
attuato quello che poi i secoli successivi avrebbero chiamato "mo·
nachesimo". Egli rimase sempre convinto che quello che andava SO·
st",':'endo eJ~lJtr' ~ i e•is7c !' che doveva essere attuato
all mtcrno c1~ a, n suo sign tcato piu ampio, piuttosto cbe
s&llplicemente Oll'mtemo di comunita piu ristrette e isolate. Cosi,le
. oper~ raggruppate nel corpus degli scritti ascetici debbono essere
• constd~r~~ ~orne il risultato eli un lungo processo, che oltrepassa
>11nehe tlirnin della stessa vita di Basilio. Importante e rendersi con·
10 c~e esse non sono le forme di un sistema monastico organizzato,
presteduto dal vescovo stesso.
""'
VII. L'impegno arcetico dei C.ppadod
311
I Padri Cappadoci
VII. L'impegno ascetico Je; Coppadoc;
313
I Padri Cappadoci
314
retta da una.regol~ piu omen? s~era. La sua era una "filosofia", oel
senso che I asces~, p_ur costltw~a dalla mortificazione del corpo
(rientra, ad esemp1o, m tale mortificazione Ia regola del silenzio che
egli si UJ:'Po_se durante Ia ~u~~im~ ~el382), richledeva Ia pre~ie
ra (e qumdi una form~ di spmtualita) ed uno studio assiduo. Essa
poteva ~vere _qualc~sa m comune con le tendenze ascetiche e mooa-
stiche di que1 tempi, rna non era certamente identificabile con nes-
suna di esse e n~mme_n~ - il che e significative - con quella forma
pratica ed eccleslale di VIta, che abbiamo visto in Basilio. Quello che
Gregorio intendeva per filosofia puo essere rappresentato dalla vita
ascetica che egli condusse nel Ponto insieme all'amico, durante Ia
quale egli compose Ia Philocalia, cioe si dedico intensamente allo
srudio di Origene. Gli awenimenti successivi, e soprattutto quelli
relativi all' episodio di Sasima, mostrano il disaccordo tra Basilio e
Gregorio sulla vita perfetta del cristiano, e il coinvolgimento di Gre-
gorio nelle vicende della Chiesa di Costantinopoli fu sempre accom-
pagnato dal desiderio dell' ascesi.
Questo aspetto urnanistico della sua spiritualita e della sua asce-
si si manifesto anche nel &equente ricorrere a modi espressivi che
derivano da Platone. Cosi, egli si lamenta di essere "aggiogato a!
corpo" (cf. or. 14, 6, PG 37, 865A; 18, 3, 988C; 21, 2), riecheggian-
do Ia famosa immagine del Fedro platonico, dei due cavalli di razza
diversa, che rappresentano Ia parte irascibile e Ia parte concupisci-
bile dell' anima retti da un auriga, che sta a significare Ia parte ra-
zionale; conos~e anche l'immagine del corpo sepolcro dell'anima
(cf. ep. 31, 4; or. 7, 22; carme Contro Ia car.ne II I, 46, 9, PG 38,
1378), derivata dal Cratilo (400c), dal Gorgia (493a), dal Fedro
(250c), o quella del corpo "carcere" dell'anima (cf. ep. 32, 11 e 195;
or. 7, 21; 17, 9, 975B; 32, 27). .
Gregorio rielabora in senso cristiano Ia dottrma d~ Fedone,
quando afferma Ia contrapposizione radicale tra Ia_ realta terrena,
solo apparente perche mutevole e instabile, e Ia realta vera: ultrate~
rena e immobile «il mondo intelligibile e che perdura», di fronte
«mondo qui pre~ente che non e stabile» (or. 18, 3, 988C). ~e cose
sensibili sono caratte;izzate dallo "scorrere», come un m~e m rem-
pesta (or. 14 20 884A- !4, 30, 897B; 18, 3, 988C ecc.) (m Platone,
' ' ' . hi · il trasto tra il mon-
ceno, tale contrapposizione servtva a c aru-e c?n d "bile
do dell'idea cbe e quello veramente esistente, e il m?~ .0 seDSI '
~he e spro~isto di una vera realta). Le ~tii immobili, mcor':'?~
unmutabili, sono, per Gregorio, Dio, eVIdentemente, e tutto ClO
I Padri C4ppadod
320
della cultura cristiana dei primi secoli, _si verifica I'osm~si di concet.
ri e di termini con Ia cultura pagana. D1 conseguenza, l'Identificazi .
ne di Dio con Ia luce e pos_ta anche da <?rigene s~bito_ all'inizio d~
trattato I principi (11, 1), m base a quet due tesn scntturistici. Lo
sresso esempio del sole, Ia cui luce e superiore a quella che puo con.
cepire e accogliere Ia vista umana, cosi come, eli Dio, puo essere col-
ta solamente qualche scinrilla, si trova ne I principi I 1, 5; Contra
Celso V 1; Commento al Vangelc di Giovanni I 24 (25), 161. Orige-
ne sembra, dunque, essere stato il modello di Gregorio.
La vita etema consiste nella contemplazione della Trinita. n
maggior premio del beato e l'incontrare «<a fonte stessa del bello.
(or. 7, 17), un'affermazione di puro stampo platonico, in cui Dio
non e inteso in modo personale alia maniera cristiana. Tale fonte
del bello ora e da noi immaginata solo "in specchi ed enigmi", rna
un giomo potremo contemplare Ia verita pura con mente pura.
Sempre nello stesso contesto, Gregorio ribadisce che Ia beatitudi-
ne e «<a piu perfetta partecipazione e contemplazione del Bello nel-
l'aldila "· Anche qui "il bello" indica Dio ed e unito all'altro COD·
cetto, tipicamente platonico anch'esso, di "partecipazione". E cosl
anche in or. 18, 4, 989B: «<ncontrare nueli il primo e purissimo In·
tellelto nella sua nuditii», in cui ritoma il termine "nudo" e il con·
cetto platonico di "primo lntelletto", cioe Dio, considerato Intel·
ieito sommo.
I genitori di Cesario e di Gregorio si consolano della perdita
del figlio, perche «hanno fatto di tutta Ia !oro vita una meditazio·
ne della morte» (or. 7, 18). Manella epistola a Filagrio, gia sopra ci·
tara_ 01, 3-4), _Gregorio non impiega esattamente l'espressione pla-
tomca, perche non parla di "esercizio della morte" rna di "eserci-
zio deUa dissoluzione". ll temiine "dissoluzione" rlmanda a Fill,
23: «. · .avendo il desiderio di dissolvermi e eli essere con Cristo.· ·•·
~~W:· c'e, si, Platone, nel pensiero di Gregorio, rna un Platone
CtiStlanlzzato. ~ ~uesta osmosi tra il piu spiritualizzato pensi~ro
P~ .• Ia tradiZione cristiana si realizzano le forme della medita·
ZIOne di Gr · N ·
I' . ego~ azJanzeno: il Cappadoce ha sempre pres~nte
esortaZIOne paolina. ll fatto che Ia conoscenza piu perfetta si or·
tenga nell' aldil' lo . .
Greg . a mduce ad esprimersi come I' Apostolo. Cosl
d ~no ~a parlato di una nostra conoscenza terrena "in specchio
~hio~ ';seco~do ~ te_rminologia di 1 Cor 13, 12, rna "spec·
testo plaZ,a per mdicare Ia realta terrena tomano in un con·
«La parola eli Dio ci esorta ad essere superiori aHa realta
pres~te e a tras~rare le cose eli qui, che sono ombre ed
enignu. a no~ c~nst?~rare verira ne quello che ci affligge ne
quello che Cl da gto1a, rna a vivere altrove e a fissare 1o
sguardo verso quell' altra realra, e pensare che l'unica cosa
cattiva e il male e l'unica cosa buona Ia virtU e Ia familiari-
ra con Dio» (ep. 165, 8); «Andiamocene via, diveniamo ve-
ri uomini, liberiarnoci dei sogni, oltrepassiamo le ombre
abbandoniamo aiJi altri le gioie della vita, le cose che son~
piu dolorose che piacevoli» (ep. 178, 9).
e
Tale ascesa ininterrotta, a causa della lirnitatezza dell'anima e
della illimitatezza, al contrario, dell'oggetto che !'anima brama rag.
giungere. Questa progressione, se considerata nell' ambito della co-
noscenza intellettuale, esiste gia in Origene, il quale individua varie
tappe nella ascesa dell' anima a Dio, interpretando simbolicarnente
il viaggio dd popolo di Israde nd deserto, dopo l'uscita dall'Egitto,
che significa il peccato. I: esperienza mistica, pertanto, rappresenta
il grado piu alto della conoscenza di Dio, il culmine della gnosi.
Questo progresso infinito, dovuto alia infmitezza di Dio, ede-
scritto soprattutto dalle Omelie sui Cantico dei Cantici e da La vita
di Mose. E qui iniziano i contrasti tra i critici, a proposito della na-
tura di tale esperienza mistica, perche le affermazioni del Nisseno
rdativarnente ad essa sono numesose, soprattutto nelle Omelie, e
spesso divergenti.
Lo studioso che con maggiore acutezza - e per primo - studio
Ia mistica del Nisseno fu J. Danielou '. Secondo Danielou il progres-
so si svolge in tre gradi e corrispondente ai tre libri di Salomone
(Pro, Qo, Ct) e aile tre teofanie di Mose, ed infine si esprime nella
triade "timore, speranza, amore", esposta all'inizio della prima
Omelia sui Cantico dei Cantici. Questa tripartizione, pero, e conte:
stata da vari studiosi, come Miihlenberg•, Diinzl '• Pottier', i quali
sost~ono che hanno luogo, nd Nisseno, differenti prospertive; se
Daru8ou cerca di sistematizzare esse non costituiscono un vero e
proprio schema. r: affinarsi dell; purezza, il progresso nella cono-
scenza e Ia crescita dell' amore sono differenti aspetti dell' ascesa, rna
non possono essere definiti come delle tappe o essere posti in sue-
si ~~~ ~uasi. iou~ ~rdare lo studio cbe aprlla strada a queste ricerche=
"O. E.M~meet lheo_logre myr~iq~U>,. Aubier, Paris 19542. ,;.
til.., Golus•-rif!eoz:s.
D,. Unmdlichke11 Gottes b.i Grego• von Nyssa. G.egon K
5 a F~ ld.usis<h.. Al•upbys;J,, Von den Hoeck, GOttinBcn 1966·
VOlPI Nys~ M~ut"'"n4 BriWiigam: Die Auslegung Des C4nticum Jurcb Gregot
'a ·8 P •. _&<n 1993.
· · Oltlct, Diftl etle OJrUt se/on Grigoi" tk Nys.re, cit.
VII. I:impegno ascelico dei GJppadod
7Nella sua rec=sione. in~ des Scienc<S RdigieuscP 5' (1 9671" p. 6Z.
I P•dri C.ppodoci
330
196 e8nc:~ ~:MUhlenberg. Die Unendlichkeit Gottes bet· Gregor von NysstJ.,., cit., P·
:.::£.ibid, p. 20}.
11 g. t'·· P~- "7-158.
w
uci ~~t~ Dieu etJe Christ, cit., pp. 207-209. . .
di C. Mo~ Vi(..~rpgon_o di ~~~~(i14sofo e mistko, tr. i1. di Ch.O. TOfDIIlaBI• Pllr·
ua. M. • ena~ero, mwmo 199}, pp. 1}6-200.
Canevet, Grlg01~ de Nysse etl'hermtneutique biblitJue... , cit., P· 63 ·
dei Cantici XI, ~· 32~, 13-1?), comunque Ia fede eintermediaria tra
Dio, che abtta ~ not, e not_ stessi. Secondo Miihlenberg, Gregorio
non anunette umone con Dio, perche l'unione irnpli 1
igni£i h bb . ca a conoscen-
za, e que~to s c ere e racchiudere Dio nell' abbraccio dell
ch • cl dall .
e
comprens10ne umana. Invece proprio I' abbraccio della
compren-
a
sione e ; es uso .a umone con Dio effettuata mediante Ja fe-
de, perche questa non e una conoscenza di ordine concettuale ma
piuttosto una_ non conoscenza, che e piu alta della comprension~ in·
tellettuale. Dt conseguenza, soltanto l'unione mediante Ia fede sal-
vaguarda Ia disrinzione tra creatura finita e Creatore infinito, perche
e un'unione che prescinde dalla conoscenza.
Esiste una discontinuita tra Gregorio di Nissa e Origene a que-
sto proposito. ll Langerbeck Ia sottolinea in nota aCt 2, 8 (GNO,
p. 13 7), osservando che il Commento al Cantico dei Cantici di Ori·
gene insiste sull'aspetto "gnostico" della conoscenza di Dio, men-
tre per il Nisseno Ia conoscenza di Dio e mistica. Per Origene, il
Cantico segna il trionfo della teologia sulla conoscenza naturale
dell'universo, e il grande desiderio di Origene e quello della illumi-
nazione della mente, che si attua afferrando i perfetti insegnamen·
ti di Cristo, i segreti mistici che compongono il nosuo cibo rozio:
nale. ll nostro compito principale consiste nel conoscere Ia Tnmta
ed il termine della nostra ricerca e dato dalla presenza del Logos, il
quale illumina Ia mente: questa condizione e ~refig~rata n~'invito
ad andare al di Ia delle cose viste e temporali alia ncerca di quello
che e non visto e senza tempo (cf. 2 Cor 4, 18).
pw
"Cf. H. Lewy Sobria Ebri
11~. Giesacu 19l9 (~studio
auiornato).
euu. l!ntenucbungen zur Ge~chichte tkr.anft
chc ba hiBOgno urgenternente di cuere sosutuno
d.
·; " f,/y-
uno
ford;:;:~ M.l..aird.Grrgoryo/Nyua and the Gra1p o/the Faith, Universiry press. 0 ""
VII. I.:impegno ascetico dei C.ppadoc;
333