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Gaspare Bonomo

Trent’anni di agricoltura
marsalese e petrosilena
1980 - 2010

Visti attraverso l’attività della Sezione Operativa di Assistenza


Tecnica Agricola dell’Ente di Sviluppo Agricolo di Marsala
Gaspare Bonomo è nato a Marsala nel 1946. Dopo la matu-
rità scientifica si è iscritto alla Facoltà di Agraria dell’Università
degli Studi di Palermo, dove nel marzo del 1969 ha conseguito
la laurea in Scienze Agrarie con 110/110.
È abilitato all’esercizio della professione di Agronomo,
all’insegnamento di Scienze Naturali, Chimica e Geografia e di
Scienze Agrarie e Tecniche di Gestione.
Dal 1969 al 1972, quale vincitore di una borsa di studio del CNR, ha svolto attività di ricercatore
presso l’Istituto di Agronomia e Coltivazioni Erbacee dell’Università degli Studi di Palermo, diretto dal
Prof. Giampietro Ballatore.
Dal 1973 al 1976 ha collaborato all’attività di ricerca del suddetto Istituto e dal 1973 al 1976 ha in-
segnato nell’Istituto Professionale di Stato per l’Agricoltura di Alcamo, sezione distaccata di Marsala.
Nel 1976, quale vincitore di un concorso pubblico, è stato assunto dall’Ente di Sviluppo Agricolo, di
cui, dal 1979 al 2011, ha diretto la Sezione Operativa di Assistenza Tecnica Agricola di Marsala.
Nel periodo1990-1992 è stato presidente dell’Associazione Provinciale Dottori in Scienze Agrarie
e Forestali della provincia di Trapani e dal 1993 al 2002 è stato presidente della Cantina Sociale UVAM
di Marsala.
Dal 1999 al 2010 ha fatto parte del gruppo di tecnici che curavano la rubrica “Pianeta Sicilia” della
rivista Colture Protette, inoltre ha collaborato con diverse riviste locali, regionali e nazionali.
Indice

Ringraziamenti .......................................................................................................................... pag 6

Prefazione .......................................................................................................................... pag 7

Presentazione .......................................................................................................................... pag 9

Introduzione ................................................................................................................................. pag 11

CAPITOLO 1
L’Assistenza tecnica agricola ................................................................................................................ pag 13

CAPITOLO 2
Il Florovivaismo (Attività informativa, formativa, sperimentale e dimostrativa) ..................... pag 80

CAPITOLO 3
Il Florovivaismo (Attività promozionale) ............................................................................................. pag 211

CAPITOLO 4
La Vitivinicoltura ........................................................................................................................................ pag 391

CAPITOLO 5
La Fragolicoltura ...................................................................................................................................... pag 527

CAPITOLO 6
Le colture ortive in serra ....................................................................................................................... pag 615

CAPITOLO 7
Le colture ortive di pieno campo ....................................................................................................... pag 681

CAPITOLO 8
Linea Verde (RAI UNO, 3 Febbraio 2008) ..................................................................................... pag 773
Ringraziamenti

Innanzitutto desidero ringraziare gli Amministratori ed i Dirigenti dell’Ente di Sviluppo Agricolo, che
sono stati sempre vicini alla Sezione Operativa di Marsala, sostenendone tutte le iniziative.
Un ringraziamento va anche agli Operatori Agricoli, al Dipartimento regionale dell’Agricoltura, agli
Amministratori degli Enti locali (Comune di Marsala, Comune di Petrosino, Provincia Regionale di Tra-
pani), all’Istituto di Orticoltura e Floricoltura dell’Università degli Studi di Palermo, ai Centri di ricerca
del Consiglio per la ricerca in agricoltura (CREA), di Bagheria e di Sanremo, all’Istituto Tecnico Agrario
“Abele Damiani” di Marsala, alla Camera di Commercio di Trapani, all’Istituto Regionale Vini e Oli di Si-
cilia, alle Organizzazioni professionali agricole, alle Strutture cooperativistiche e ad alcune Associazioni
locali e nazionali (Pro Loco Petrosino, Slow Food) che, collaborando con la Sezione Operativa dell’ESA
di Marsala, hanno contribuito a rendere più efficaci e più incisive le azioni che sono state intraprese per
favorire il rinnovamento e l’ammodernamento dell’agricoltura marsalese e petrosilena.
Ringrazio le Sezioni operative (SOPAT) dell’ESA e le Sezioni operative (SOAT) dell’Assessorato regio-
nale dell’agricoltura che hanno operato in sinergia con la Sezione operativa di Marsala, permettendo di
realizzare interessanti iniziative a sostegno di alcuni comparti produttivi.
Un sentito ringraziamento rivolgo alla Sezione Operativa dell’ESA di Vittoria ed al suo Dirigente, con
cui ho avuto la possibilità di instaurare un proficuo rapporto di collaborazione fin dall’inizio dell’attività.
Tale collaborazione è stata di grande aiuto per avviare alcuni processi innovativi nell’agricoltura marsa-
lese, soprattutto nel comparto serricolo.
Ringrazio, inoltre, gli amici e i colleghi che hanno avuto la pazienza di leggere la bozza e di apportare
alcune correzioni e integrazioni.

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Prefazione

L’Autore di questo testo appartiene alla schiera di tecnici che possiamo definire i “fondatori” dell’As-
sistenza tecnica all’agricoltura in Sicilia. E non solo perché tra i primi ad essere nominato Responsabile
di Sezione Operativa di Assistenza tecnica agricola ma perché, effettivamente, già attrezzato di suo per
formazione e per esperienze precedenti, anche di ricerca universitaria, era tra le persone più adatte a
“gettare” le fondamenta, come ingegnere, carpentiere e muratore, di questa nascente struttura.
Ha svolto tutta la sua carriera come Responsabile della Sezione di Marsala che, sotto la sua guida,
ha contribuito notevolmente allo sviluppo dei vari comparti mediante una presenza costante a fianco
dei produttori, dimostrando che solo la vera conoscenza del territorio -fatta di scarpe sporche di terra-
consente di applicare il metodo di lavoro più consono ai Servizi allo Sviluppo. Gente come Bonomo - e
non è una frase di circostanza - fa ripensare ai migliori esempi delle Cattedre Ambulanti di Agricoltura
che, di certo, costituiscono i primi esempi moderni di assistenza tecnica.
In altri termini, solo una conoscenza approfondita delle caratteristiche del territorio e dei comparti
in esso rappresentati permette di analizzarne le problematiche e di scegliere le attività più utili e, dopo
averle attuate, saperne cogliere con azioni di verifica, i risultati. E ciò Bonomo lo ha fatto a volte con
confronti accalorati, ma sempre costruttivi, sia con il centro (inteso come servizio della sede centrale)
che con la periferia, cioè con le altre Sezioni dell’Isola, facendo tesoro del continuo aggiornamento e dei
frequenti contatti con gli Organismi di Ricerca a livello regionale e nazionale. La periferia, così, assumeva
un ruolo “centrale” grazie a tale attività e al fatto che Bonomo e altri come Lui non si sottraevano al ruolo
anche di componenti di Gruppi di lavoro specializzati al fine di programmare e coordinare al meglio le
attività dell’Ente in tutta l’Isola nell’ambito dell’assistenza tecnica.
Osservazioni e verifiche di campo, viaggi di studio, prove dimostrative a livello talora di vera e propria
ricerca applicata, sono state il frutto di un impegno che merita di essere raccontato perché, a partire da
esso, è scaturita una intensa attività di formazione, di informazione e di divulgazione che ha contribuito
non poco all’immagine dell’Ente di Sviluppo Agricolo in Sicilia. Ne sono testimonianza i convegni, le va-
rie pubblicazioni su periodici specializzati, la frequente presenza in Sicilia di Ricercatori, di Giornalisti di
fama nonché di Produttori specializzati e Vivaisti fra i più affermati, e soprattutto, le tante innovazioni in-
trodotte e, ormai, consolidatesi nel panorama produttivo siciliano, in questa terra per certi aspetti unica

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(non a caso è intitolata “Pianeta Sicilia” una rubrica sul mensile “Colture protette” di cui Bonomo è stato
uno tra i più assidui collaboratori) in cui trovano terreno fertile le innovazioni protette da tanto di brevetto
ma emergono, altresì, tante innovazioni “minori”, ma altrettanto valide, frutto dell’arguzia dei produttori.
Basti pensare all’evoluzione avvenuta in quelli che potremmo definire i primi 60 anni delle serre in Sicilia.
È per tutto ciò che sono onorato di essere stato delegato dall’Amministrazione e dalla Direzione
dell’ESA a redigere queste poche righe per testimoniare il perché di un patrocinio concesso non per
mera formalità ma a ragion veduta. Un compito al quale non avrei potuto sottrarmi senza venire meno
al dovere di testimoniare come l’Ente sia stato battistrada in questo Servizio, in continuità con il ruolo
attivo di Programmazione dello sviluppo che trovò la sua sintesi più illuminata ed aderente alla realtà dei
territori nella redazione dei 21 Piani Zonali territoriali della Sicilia. Dal lavoro di Bonomo, infatti, emerge
una Sicilia crogiuolo, ancora una volta, anche nel campo dell’agricoltura, di esperienze e novità di varia
provenienza rielaborate e talora riadattate all’ambiente mediterraneo anche grazie al contributo dell’in-
tervento pubblico fatto non solo di aiuti economici ma, soprattutto, di persone e di idee.

Michele Assenza
Dirigente Servizi allo Sviluppo
Ente Sviluppo Agricolo

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Presentazione

Questo libro costituisce una rara, probabilmente unica, testimonianza, vissuta in prima persona
dall’Autore, dell’ennesimo tentativo (il terzo dopo quello delle Cattedre Ambulanti e dei CAT della Cassa
per il Mezzogiorno) di guidare lo sviluppo dell’agricoltura attraverso il diretto contatto dei tecnici con gli
operatori agricoli e non attraverso i soliti uffici burocratici dediti esclusivamente all’istruzione di pratiche
di finanziamento o di autorizzazioni varie. Una rivoluzione di 180°!
Il libro, in una prima parte, ricostruisce, sul piano normativo, con pazienza, l’intera vicenda dei Servizi
allo Sviluppo: la nascita, la crescita, il declino e la scomparsa. Sono evidenziate anche le difficoltà dei
Servizi nello svolgere il proprio ruolo in modo uniforme su tutto il territorio regionale, soprattutto perché
risentivano dei tradizionali modelli operativi e organizzativi dei due organismi che li gestivano: l’Assesso-
rato regionale dell’Agricoltura e l’Ente di Sviluppo Agricolo. Il primo si era sempre occupato degli aspetti
politico-amministrativi dell’agricoltura, il secondo degli aspetti tecnici. L’ESA, avendo vissuto la stagione
della programmazione degli anni ’70, concretizzatasi nella elaborazione dei Piani Zonali Territoriali, tra-
smetteva alle proprie strutture lo spirito di analisi e guida dei processi di sviluppo di un territorio.
L’ampia documentazione tecnico-scientifica che, nei vari settori, va dalle osservazioni di campo alla
sperimentazione, fino a vere e proprie ricerche applicate, testimonia proprio questo spirito di indirizzo
e guida che la Sezione operativa dell’ESA di Marsala ha saputo interpretare nel corso della sua attività.
L’azione della Sezione Operativa si è sviluppata anche attraverso un’intensa attività formativa e informa-
tiva, realizzata mediante opuscoli divulgativi, incontri tematici e, soprattutto, facendo visitare agli opera-
tori agricoli realtà molto avanzate dal punto di vista tecnologico e organizzativo. Così i viticoltori hanno
avuto la possibilità di visitare in diversi momenti realtà vitivinicole di alcune Regioni d’Italia; i serricoltori
sono stati messi continuamente in contatto con la serricoltura del vittoriese e i floricoltori con quella san-
remese. Ma la Sezione Operativa ha dato una forte spinta anche alla promozione delle produzioni locali,
soprattutto nel campo del florovivaismo. Le “Porte Aperte” del florovivaismo marsalese e petrosileno
sono state un esempio per tutta Italia.
Emerge con chiarezza, in alcuni passaggi, la passione e la determinazione che alcuni operatori
dell’assistenza tecnica hanno dovuto mettere in atto per evitare che questa attività venisse snaturata.

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Non sempre le loro iniziative hanno avuto l’appoggio dell’apparato politico, che spesso si è pre-
occupato di risolvere altre esigenze. Emblematiche, a tal proposito, risultano essere, nelle pagine di
questa testimonianza, le iniziative intraprese per “affollare” di personale alcune aree, provocando la
rarefazione di altre.
Nonostante i condizionamenti, alcune Sezioni Operative, superate le prime incertezze, riuscirono a
incanalare la loro attività nell’ambito di un modello che poteva fungere da guida per tutto il Servizio.
Il libro documenta quello che si è fatto a Marsala in trent’anni di attività per sollevare le sorti di un’a-
gricoltura dominata dalla tradizionale viticoltura.
Erano gli anni dell’emigrazione di massa verso il Nord, e le tradizionali risorse economiche del Sud
sembravano prive di prospettive. La Sezione Operativa dell’ESA di Marsala con competenza tecnica e
senso civico cercò di offrire delle opportunità al territorio.
Bisognava, diversificare, innovare, proiettarsi sui mercati. Le principali azioni sviluppate dalla Sezione
Operativa di Marsala per accelerare questo processo sono sintetizzate in questo volume.
Ora che il Servizio è scomparso dall’orizzonte pubblico forse lo si rimpiangerà e bisognerà rimettervi
mano per nuovamente istituirlo: magari dotandolo delle “tossicità” necessarie per evitarne la fagocitazione.

Guglielmo Donzella
già Dirigente della Sezione Operativa dell’ESA di Vittoria

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Introduzione

Negli anni ’70 del secolo scorso - sono gli anni in cui si verifica l’esodo dalle campagne e la riduzione
del numero delle aziende agricole - l’agricoltura siciliana, per uscire dall’isolamento culturale e di merca-
to, comincia ad avviare un processo di rinnovamento sia del sistema produttivo sia di quello organizza-
tivo, puntando principalmente sulla ricerca e sull’innovazione. La ricerca, la formazione e l’informazione
diventano gli strumenti fondamentali per sostenere questo nuovo percorso dell’agricoltura, che pur
mantenendo il suo ruolo tradizionale - fornitrice di beni alimentari e fonte di reddito e occupazione - si
fa anche carico di nuovi compiti sociali, come la salvaguardia dell’ambiente, la gestione del territorio,
nonché il soddisfacimento delle richieste di qualità e sanità dei prodotti da parte dei consumatori.
A livello pubblico si tenta di dare un forte sostegno a questo nuovo indirizzo dell’agricoltura puntando
sull’assistenza tecnica, tanto da considerare i Servizi di Sviluppo uno strumento strategico della politica
agricola. La Sicilia è stata la prima Regione ad avvertire la necessità di utilizzare lo strumento dei Servizi
di Sviluppo per accelerare i processi innovativi dell’agricoltura.
Con la legge regionale n. 73/77 istituisce, infatti, le Sezioni Operative per l’Assistenza Tecnica e le
Attività Promozionali da localizzare in aree periferiche, con il compito di fare crescere il livello profes-
sionale degli agricoltori attraverso una vasta azione divulgativa, formativa e dimostrativa. Il quadro nor-
mativo e programmatico che regola questa materia viene completato dall’adozione del regolamento
CEE n. 270/79, che fissa le direttive e i criteri per l’organizzazione del Servizio di Assistenza Tecnica,
e dal Programma Nazionale dei Servizi di Sviluppo Agricolo (P.N.S.S.A.), approvato nel 1995, che
rappresenta il documento programmatico attraverso il quale si avvia una nuova fase di orientamento e
coordinamento dei Servizi di Sviluppo Agricolo di concerto fra lo Stato e le Regioni.
In questo contesto, si sviluppa l’attività della Sezione Operativa Periferica di Assistenza Tecnica Agri-
cola (SOPAT) dell’ESA di Marsala, istituita nell’ottobre del 1979 nell’ambito della legge n. 73/77 e del
successivo decreto 16 luglio 1979 dell’Assessore regionale dell’Agricoltura e delle Foreste.
Fin dall’inizio della sua attività la Sezione Operativa di Marsala, come tutte le SOPAT dell’ESA, ha
avuto la possibilità di poter contare sulla presenza di tecnici che avevano partecipato ad un corso di
specializzazione sulla metodologia dell’assistenza tecnica presso il Formez (Centro di Formazione e

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Studi per il Mezzogiorno) di Napoli. Pertanto non ha avuto alcuna difficoltà ad iniziare a svolgere quei
compiti che in seguito saranno meglio definiti dal P.N.S.S.A.
Tenendo conto del fatto che per svolgere un’efficiente attività di assistenza tecnica agricola occorro-
no tecnici qualificati, la prima azione messa in atto dalla Sezione Operativa di Marsala è stata quella di
creare specialisti per tutti i comparti produttivi presenti nell’agricoltura marsalese (vitivinicoltura, orticol-
tura in serra, orticoltura di pieno campo, fragolicoltura, florovivaismo).
In questo modo è risultato facile l’approccio con gli agricoltori, che nella prima fase erano interessati
principalmente all’attività di consulenza e di orientamento.
Successivamente è stata avviata un’intensa attività di formazione, soprattutto nel settore serricolo e
in quello viticolo, organizzando incontri serali presso le sedi delle cooperative o nei centri di aggregazio-
ne e visite guidate in realtà agricole avanzate.
Per favorire l’introduzione delle innovazioni tecnologiche sono state realizzate numerose prove dimo-
strative nelle aziende di molti agricoltori.
Attraverso un intenso rapporto di collaborazione con gli Istituti di ricerca (Istituto Orticoltura e Flori-
coltura Università di Palermo, Istituto sperimentale per la floricoltura - Sezione di Palermo, Centrale Or-
tofrutticola di Cesena - BIOLAB) sono state realizzate diverse prove sperimentali che hanno permesso
di mettere a punto nuove tecniche di coltivazione e di difesa e di verificare l’adattabilità di nuove varietà
a diversi ambienti. Grande importanza è stata data, pure, all’attività di promozione e di valorizzazione
delle tipicità locali.
Le criticità di tutte le filiere sono state continuamente esaminate e approfondite attraverso convegni,
seminari e incontri con esperti e studiosi.
L’attività della Sezione di Marsala è stata continuamente divulgata attraverso mass media regionali
e nazionali.
Gli articoli divulgativi e scientifici pubblicati su giornali e riviste di vario respiro e la documentazione
raccolta costituiscono uno strumento di grande interesse per analizzare il percorso evolutivo dell’agri-
coltura marsalese e petrosilena a partire dal 1980.
La maggior parte di questo materiale è stato organizzato e sintetizzato nel presente volume allo sco-
po di metterlo a disposizione di studiosi, studenti e di chiunque abbia interesse e voglia di approfondire
le problematiche dell’agricoltura siciliana e di quella marsalese e petrosilena in particolare.

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Capitolo 1

L’assistenza
tecnica agricola

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Indice capitolo 1
Servizi di sviluppo ed economia della conoscenza - Dario Cartabellotta pag 15
Storia dell’assistenza tecnica in Sicilia pag 17
L’assistenza tecnica a Marsala pag 24
Intervista a Rino Bonomo: i momenti più salienti della sua lunga attività e un’analisi
dell’agricoltura marsalese - Marcello Scarpitta, Il Vomere, 10 Marzo 2012 pag 29

Dibattito sull’Assistenza Tecnica Agricola in Sicilia attraverso la stampa


Atti dell’incontro dibattito su: La ricerca scientifica e l’assistenza tecnica per lo sviluppo
dell’agricoltura siciliana, 18 febbraio 1986 Palermo - Intervento di G. Bonomo, E. Bonocore,
R. Calcò Labruzzo, G. Donzella, Sviluppo Agricolo, N. 8 -1986 pag 32
Divulghiamo, qualcosa resterà - Diego Lamia, Sicilia Verde, dicembre 1991 pag 34
I mezzemaniche dell’agricoltura - Gaspare Bonomo, Sicilia Verde, giugno-luglio 1992 pag 36
L’assistenza tecnica, un servizio da riorganizzare- Gaspare Bonomo, SiciliAgricola, gennaio febbraio 1997 pag 38
Assistenza tecnica, perplessità per il progetto in cantiere - Gaspare Bonomo, SiciliAgricola, marzo 1997 pag 39
Un’agricoltura in pieno processo evolutivo esige Servizi allo Sviluppo più adeguati -
Guglielmo Donzella, SiciliAgricola, ottobre-novembre 2002 pag 40
Discutibile il riordino dei Servizi allo Sviluppo - Guglielmo Donzella, SiciliAgricola, ottobre-novembre 2004 pag 44
Dieci centri di ricerca posson bastare - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 - 2007 pag 46

La normativa regionale, nazionale e comunitaria in materia di assistenza tecnica


e divulgazione agricola
Legge regionale 1 agosto 1977 n. 73 G.U.R.S. 3 agosto 1977 n. 36 - Provvedimenti
in materia di assistenza tecnica e di attività promozionali in agricoltura pag 48
Decreto 16 luglio 1979 . G.U.R.S. 10 novembre 1979 - Parte I n. 49 - Aree territoriali delle
Sezioni operative e delle Sezioni periferiche pag 53
Regolamento CEE n.270/79 del Consiglio del 6 febbraio 1979 relativo allo sviluppo
della divulgazione agricola in Italia pag 57
Programma nazionale dei Servizi di Sviluppo Agricolo - G.U. n. 217 del 6/9/1955
Supplì.ordinario n. 112 pag 60

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SERVIZI DI SVILUPPO
ED ECONOMIA
DELLA CONOSCENZA

Nell’ultimo trentennio alle imprese è stato richiesto un forte impegno per potenziare il contenuto in-
novativo dei prodotti, dei processi e dei sistemi.
Le rivoluzioni tecnologiche, le riforme dell’intervento pubblico, le questioni emergenti per l’alimenta-
zione e l’energia, le tendenze demografiche e l’emergere di nuovi mercati nonché il cambiamento clima-
tico hanno reso necessaria una grande capacità di innovazione e adattamento, se non di anticipazione,
dell’agricoltura e del mondo rurale.
Fino agli anni ‘80, le conoscenze in agricoltura derivavano quasi totalmente dalla scienza, e le co-
noscenze e le pratiche tradizionali sono state integrate dalle innovazioni tecniche (mezzi di produzione,
concimi, agrofarmaci, mezzi agricoli e agroindustriali).
Insieme agli innegabili progressi della prima modernizzazione agricola sono stati percepiti i limiti e gli
effetti negativi.
La seconda modernizzazione agricola è stata la nuova frontiera.
Per imboccare il sentiero ispirato alla sostenibilità, alla multifunzionalità e all’efficienza sui mercati
occorre un’adeguata base di conoscenze che non punti semplicemente alla massimizzazione della
quantità di prodotto attraverso i mezzi tecnici.
I concetti di sostenibilità, orientamento al mercato e multifunzionalità, hanno introdotto una visione
complessa dell’agricoltura ed indicato un percorso con obiettivi chiari ma sicuramente più difficili da
perseguire rispetto al modello tradizionale di trasferimento della conoscenza.
La complessità, la varietà e la ricchezza delle situazioni locali sono fonti originali d’innovazione e di
cambiamento.

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La rilevanza del fattore umano in ogni intervento finalizzato a promuovere innovazione e cambiamen-
to, l’importanza del confronto e del rapporto con le parti sociali, l’esigenza di una più stretta integrazione
locale e nazionale fra i sistemi delle imprese, della ricerca, della divulgazione e della formazione sono la
chiave del successo di un territorio.
I territori vanno stimolati nell’esprimere una domanda di innovazione e risulta imprescindibile operare
secondo strategie differenziate per l’erogazione di servizi su scala aziendale e territoriale nonché atti-
vare reti locali, promuovere progetti imprenditoriali su base territoriale, renderli corresponsabili verso gli
obiettivi della politica e le strategie individuate per la promozione dello sviluppo.
I Servizi per l’agricoltura in Sicilia sono stati uno strumento utile per lo sviluppo in grado di valorizzare i
territori e le loro vocazioni produttive e hanno contribuito al miglioramento delle conoscenze rafforzando
la mediazione culturale tra il sistema produttivo, il settore della ricerca e i soggetti detentori o creatori di
tecnologie, nonché assumendo il compito specifico di sviluppare azioni di promozione.
L’obiettivo di costituire un sistema di governance efficace a livello di amministrazione regionale si
è coniugato con un approccio strategico bottom up basato sulla concertazione e il coinvolgimento
permanente, a diversi livelli, dei soggetti del partenariato ai fini di individuare gli strumenti e le modalità
migliori per soddisfare i fabbisogni espressi dal sistema imprenditoriale ed economico.
Alla base dello sviluppo c’è l’innovazione e il fare sistema.
Tuttavia l’innovazione viene spesso considerata come uso delle nuove tecnologie, e il fare sistema
come una conseguenza naturale e spontanea dell’utilizzo delle innovazioni.
In realtà tutti i casi di successo sono stati quelli in cui si è partito dal sistema per favorire l’innovazione
e non viceversa.
Solo un sistema aperto, flessibile e dinamico è in grado di intercettare l’innovazione, il cui presuppo-
sto risiede perciò nel singolo e nelle sue capacità di cambiamento, anche mentale.
A tutto ciò ha contribuito l’attività svolta dalla Sezione Operativa di Marsala guidata da Gaspare Bo-
nomo e tutto il territorio di Marsala e Petrosino è stato destinatario di “un’economia della conoscenza”
sicuramente molto più determinante di tanti contributi finanziari erogati spesso senza la chiarezza di un
progetto di sviluppo.

Dario Cartabellotta
Dirigente Generale del Dipartimento della Pesca Mediterranea
già Dirigente Servizi allo Sviluppo,
Dirigente Generale del Dipartimento Interventi Infrastrutturali
e Assessore all’Agricoltura della Regione Siciliana

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Storia dell’assistenza
tecnica agricola in Sicilia

Le origini
A partire dalla seconda metà del XIX secolo il progresso in agricoltura, spinto dalle scoperte scien-
tifiche, subì un’accelerazione. Il ruolo delle innovazioni divenne sempre più importante per il successo
economico del settore. Il tema di come diffondere le conoscenze acquisite assunse carattere strategi-
co. Per rispondere a questa esigenza, all’indomani dell’Unità d’Italia vennero introdotte in tutto il territo-
rio nazionale le Cattedre ambulanti di Agricoltura. Ciascuna Cattedra si avvaleva di un direttore e due
assistenti che organizzavano con continuità, zona per zona, conferenze, sopralluoghi, visite aziendali,
consultazioni e promuovevano la divulgazione con strumenti nuovi e semplici, quali ad esempio opu-
scoli di poche pagine distribuiti gratuitamente. L’incisività delle Cattedre ambulanti nelle diverse realtà
fu molto legata anche alla personalità di chi ne aveva la responsabilità. Nel 1935 le Cattedre furono
trasformate in Ispettorati Provinciali dell’Agricoltura, diventando così uffici esecutivi del Ministero dell’A-
gricoltura delle Foreste, perdendo la loro identità tecnico-scientifica e diventando organismi burocrati-
co-amministrativi.

La Cassa per il Mezzogiorno e il suo intervento in Sicilia


Nel secondo dopoguerra la precedente esperienza delle Cattedre fu ripresa in Sicilia dall’intervento
della Cassa per il Mezzogiorno, che già nel 1956 aveva programmato la costituzione di diversi uffici
dislocati principalmente nelle zone di trasformazione intensiva, in particolare irrigua. Gli interventi sono
iniziati nel 1957-1958 con la creazione dei Nuclei di assistenza tecnica (NAT), ubicati nei Consorzi di
bonifica competenti per territorio, col compito di aiutare gli agricoltori nella realizzazione della trasforma-
zione fondiaria connessa con lo sviluppo delle opere pubbliche di bonifica. A partire dal 1969 la Cassa

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per il Mezzogiorno riorganizzò il servizio di Assistenza tecnica e trasformò i nuclei in Centri di assisten-
za tecnica agricola (CAT). L’aggiornamento metodologico, in seguito modificò l’azione dimostrativa
e divulgativa, rivolgendola non più al singolo proprietario ma a gruppi di aziende, aiutandole anche
nell’organizzazione gestionale e nella contabilità aziendale, nella valorizzazione e commercializzazione
dei prodotti agricoli. In seguito con la delibera CIPE del 15 marzo 1973 i Centri di assistenza tecnica
agricola passarono alla competenza delle regioni.

L’azione anticipatrice dell’Ente di Sviluppo agricolo (ESA)


Dopo questa fase in Sicilia cominciò a svilupparsi un forte dibattito attorno ai problemi dell’agricoltura
e alle azioni da intraprendere per promuoverne un rapido rinnovamento tecnologico e migliorare così la
condizione professionale e il reddito dei produttori agricoli. Era l’epoca della programmazione agricola
concretizzatasi con la Programmazione Zonale e, in questo contesto, il Consiglio di amministrazione
dell’Ente di Sviluppo Agricolo decise di dotare i propri uffici periferici di giovani tecnici per assicurare i
l’assistenza tecnica necessaria a promuovere l’ammodernamento delle aziende agricole.
A tal fine, nel 1974, l’ESA bandì un concorso pubblico per titoli a 60 posti di agronomo e a 65 posti di
perito agrario e procedette all’assunzione dei vincitori tra maggio 1976, per gli agronomi. e gennaio 1977,
per i periti agrari. Inizialmente i tecnici assunti furono assegnati agli uffici periferici (Sedi Zonali) dell’Ente
col compito di studiare l’agricoltura del territorio e di individuarne le criticità evidenziate dai Piani Zonali.
L’attività di questi tecnici fu coordinata dal Servizio Speciale Assistenza Tecnica Agricola, istituito
presso la sede centrale dell’ESA.
La specifica preparazione professionale di tutti i tecnici fu perfezionata tra il 1977 e il 1979 attraverso
la partecipazione ad un corso di specializzazione in “Metodologia dell’assistenza tecnica agricola”,
svolto dal Formez di Napoli (Centro di Formazione e Studi per il mezzogiorno).

La Regione siciliana e l’Assistenza tecnica agricola


Nell’agosto del 1977 la Regione siciliana emanò la legge n. 73 concernente gli interventi per l’As-
sistenza tecnica, l’attività promozionale e la ricerca applicata in agricoltura. Questa legge prevedeva
l’istituzione di tre Sezioni Specializzate, con sede presso le Università degli Studi di Palermo, Catania
e Messina, con compiti nel campo della sperimentazione e della ricerca applicata, e di alcune Sezioni
Operative con sede periferica.
Nel luglio del 1979 l’Assessore per l’Agricoltura e le Foreste, con proprio decreto, delimitò le aree ter-
ritoriali delle Sezioni Operative, assegnandone 53 (SOAT) alla competenza dello stesso Assessorato
e 32 (SOPAT) alla competenza dell’Ente di Sviluppo Agricolo.
L’ESA, avendo già assunto e formato i propri tecnici, diede immediatamente attuazione al decreto
in questione.
Successivamente, nell’ottobre del 1980, anche l’Assessorato attivò le proprie Sezioni Operative e
negli anni 1983 e 1984 organizzò presso le Facoltà di Agraria delle Università degli Studi di Palermo e
di Catania due corsi di specializzazione su: “Attività di assistenza tecnica e promozione in agricoltura”.
A questi corsi parteciparono 200 giovani fra laureati in Scienze Agrarie o in Scienze Forestali abilitati
all’esercizio professionale, e diplomati: Perito Agrario o Agrotecnico. Tutti erano stati selezionati prece-
dentemente attraverso un bando pubblico. Con legge 59/83 la Regione siciliana istituì il “Ruolo tecnico

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per l’assistenza tecnica e la divulgazione agricola”. A questo ruolo erano destinati esclusivamente
i tecnici provenienti dai corsi di formazione delle citate Università e dai corsi di base previsti dal Piano
Quadro della divulgazione agricola in attuazione del Regolamento CEE 270/79 del Consiglio e indicati
all’articolo 2, lettera a, della legge regionale 5 agosto 1982, n. 88.

Il quadro d’intervento della CEE


Con l’emanazione del regolamento n. 270/79 la Comunità Economica Europea fissò le direttive e
i criteri per l’organizzazione del Servizio di Assistenza Tecnica in Italia e previde anche il finanziamento
delle misure necessarie per l’attuazione del Piano Quadro di divulgazione agricola che doveva essere
elaborato dall’Italia e che costituiva lo strumento nazionale per pianificare la formazione dei divulgatori
attraverso i Consorzi Interregionali di Formazione dei Divulgatori Agricoli (CIFDA).
Il Piano Quadro, approvato dalla CEE il 23-3-1981, stabiliva il fabbisogno complessivo dei divul-
gatori (491 per la Sicilia), l’istituzione dei Consorzi interregionali e il loro funzionamento, le modalità di
reclutamento degli insegnanti permanenti o formatori, le modalità e i contenuti dei corsi formativi e il
vincolo d’impiegare i divulgatori esclusivamente nell’attività di assistenza tecnica.
La Sicilia, con legge n. 88/82, manifestava la volontà di consorziarsi con la Sardegna per costituire il
CIFDA Sicilia-Sardegna e il 10.08.1984 il Consorzio era cosa fatta.
Nel corso del 1990 furono realizzati tre corsi per divulgatori. L’attività di reclutamento e di formazio-
ne proseguì negli anni successivi. In questo modo il Servizio di Assistenza Tecnica Agricola diventava
operativo, potendo disporre di sufficienti risorse umane e finanziarie e di una normativa di riferimento
decisamente avanzata.
L’interesse verso quest’attività si diffuse a tutti i livelli (regionale, nazionale e comunitario) in quanto la
leva dei Servizi di Sviluppo del settore primario cominciò ad assumere un carattere strategico per l’inter-
vento pubblico in agricoltura, in risposta all’accresciuta competizione internazionale e ai nuovi compiti
sociali ed ambientali che l’agricoltura era chiamata a svolgere.

Il Programma Nazionale: ampliamento dei compiti e definizione del ruolo


Un ulteriore impulso all’azione dei Servizi di Sviluppo Agricolo venne dato dal Ministero delle Risorse
Agricole Alimentari e Forestali con l’approvazione, nel 1995, del “Programma nazionale dei Servizi di
Sviluppo Agricolo” (P.N.S.S.A.), che rappresenta il documento programmatico attraverso il quale veni-
va avviata una nuova fase di orientamento e coordinamento dei Servizi di Sviluppo Agricolo di concerto
fra lo Stato e le Regioni.
Il programma mirava a definire una strategia generale da porre in essere ai diversi livelli istituzionali
ed il rapporto fra questi livelli e le Organizzazioni del mondo agricolo, anche attraverso un’attenta ri-
cognizione delle risorse finanziarie, umane e strutturali disponibili e una loro utilizzazione sinergica e
coordinata.

Incremento dei divulgatori agricoli e dotazione organica delle sezioni operative


(SOAT) dell’Assessorato dell’Agricoltura e delle Foreste
La Regione siciliana, con legge 9 giugno 1994, n. 26, dispose d’inserire il personale disponibile,
a seguito della cessazione dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno, nel ruolo tecnico per l’As-

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sistenza tecnica e la divulgazione agricola. Per effetto di tale provvedimento l’organico dell’Assistenza
Tecnica poté contare su 593 unità.
Un ulteriore incremento dei divulgatori si ebbe con la legge 30 ottobre 1995, n. 76, in attuazione del
secondo Piano quadro della divulgazione agricola di cui al citato Regolamento CEE. I suddetti provve-
dimenti portavano la dotazione organica a ben 700 unità, distribuite nei vari territori secondo criteri che
tengono conto del numero delle aziende e dell’intensità colturale (tabella a fine paragrafo).
Purtroppo, nel corso degli anni, nonostante la tassativa esclusività prevista dal Regolamento CEE di
assegnazione dei divulgatori al ruolo appositamente istituito, si assistette ad una continua migrazione
degli operatori dell’Assistenza tecnica dalle Sezioni Operative dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura
e delle Foreste e dell’ESA ad altri uffici burocratici.
In sostanza si dava continuità a quello che era successo in tanti anni di politica agricola regionale: il
grande impiego di risorse finanziarie, provenienti anche dalla CEE, serviva più per l’assunzione di nuovo
personale che per risolvere i problemi dell’agricoltura.
In questo modo veniva depauperato anche l’organico che era stato determinato in base alle esigen-
ze del territorio e si riduceva nel tempo il personale di Sezioni che operavano in realtà caratterizzate da
un’agricoltura intensiva, mentre s’impinguava, paradossalmente, quello di Sezioni che già disponevano
di un organico superiore alle necessità.
Ciò nonostante l’Assistenza Tecnica contribuì fortemente allo sviluppo dell’agricoltura siciliana, gra-
zie anche alla passione e all’impegno di alcuni tecnici che hanno saputo imprimere incisività agl’inter-
venti, operando in sinergia con le forze sociali, economiche e politiche del territorio. In particolare alcune
SOPAT dell’ESA, pur disponendo di poco personale e di scarse risorse finanziarie, riuscirono ad inter-
pretare nel migliore dei modi il proprio ruolo, elaborando annualmente programmi d’intervento in linea
con le esigenze del territorio e in grado sia d’innalzare la professionalità degli operatori sia di determinare
cambiamenti sostanziali nelle diverse realtà agricole.
Alle limitazioni dovute alla carenza di risorse si sommavano l’impossibilità di poter contare sui servizi
di supporto previsti dal P.N.S.S.A. e la mancata istituzione da parte della Regione siciliana delle Sezioni
Specializzate per la sperimentazione e la ricerca applicata previste dalla L.r. n. 73/77.
Per supplire a quest’ultima carenza, alcune SOPAT, che operavano in realtà agricole molto avanzate,
s’industriavano d’instaurare rapporti di collaborazione con le Facoltà di Agraria delle Università siciliane
e con gli Istituti sperimentali del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste al fine di realizzare, in situ, ini-
ziative di ricerca al servizio del territorio.

I Consorzi di Ricerca
A partire dal 1997, la Regione siciliana cercò di affrontare il tema della Ricerca applicata costituendo,
ai sensi dell’art. 5 della L.r. 5 agosto 1982, diversi Consorzi di Ricerca: CORERAS, I.T.E.S., CoR-
FILaC, Co.Ri.Bi.A., CORISSIA, BES, Consorzio per la ricerca sulla filiera cerealicola “Gian Pietro
Ballatore”, CoRFilCarni.
Questi organismi, assieme alle Università siciliane, e con la partecipazione di qualche impresa priva-
ta, operavano principalmente con fondi della Regione siciliana.
I risultati ottenuti in quest’ambito, pur se interessanti, incisero scarsamente sulla realtà dell’agricoltura sicilia-
na, configurando così un’occasione perduta per sopperire alla mancata attivazione delle Sezioni specializzate.

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Tentativi di unificare l’attività delle SOAT e delle SOPAT
Nel prosieguo della loro attività le SOAT e le SOPAT, tranne sporadici casi, operarono senza alcun
reciproco rapporto di collaborazione.
Solamente verso il 2000 le strutture dell’ESA e dell’Assessorato cominciarono ad operare nell’ambito
dello stesso programma, utilizzando i fondi del P.O.M (Programma Operativo Multiregionale “Attività
di sostegno ai servizi di sviluppo per l’agricoltura- MISURA 2 - innovazioni tecnologiche e trasfe-
rimento dei risultati di ricerca”).
In quel periodo per ogni filiera produttiva fu costituito un gruppo di lavoro, formato da tecnici delle
SOPAT e delle SOAT con lo scopo di programmare le iniziative da realizzare e i territori da coinvolgere.

Ripercussioni della L. r. 10/2000 sull’assetto organizzativo dei Servizi di Assisten-


za Tecnica dell’Assessorato dell’Agricoltura e delle Foreste
Con l’applicazione della L.r. 10/2000 tutti gli Agronomi che operavano nell’Assistenza tecnica agri-
cola furono inseriti nel ruolo della dirigenza.
La normativa prevedeva che si dovesse assegnare a tutti i dirigenti un’Unità Operativa e corrispon-
dere agli stessi l’indennità di posizione e di risultato.
A tal fine la Regione siciliana modificò l’assetto organizzativo del Servizio di Assistenza Tecnica.
Nel corso degli anni furono adottati diversi provvedimenti che modificarono nel tempo il numero degli
uffici, la loro denominazione e ubicazione. In questi cambiamenti, però, rimaneva assente l’indispensa-
bile miglioramento dell’efficienza del Servizio.
Con l’ultima modifica del 2008 gli uffici di Assistenza tecnica dell’Assessorato diventarono 82 e la
loro distribuzione in tutto il territorio regionale avvenne con criteri di difficile comprensione. Molti di questi
uffici vennero, infatti, istituiti nelle aree territoriali in cui operavano le SOPAT dell’ESA.
Queste operazioni di riordino non solo non produssero alcun beneficio per l’agricoltura, ma crearono
anche situazioni insostenibili per il fatto che nello stesso territorio operavano contemporaneamente,
senza alcun coordinamento, le SOAT e le SOPAT.
La situazione paradossale si evidenziò a Marsala, dove l’Assessorato dell’Agricoltura e delle Foreste,
incurante del fatto che in questo territorio, già dal 1979, operava la SOPAT 82 dell’ESA con 14 tecnici,
trasferì la SOAT di Paceco con 20 dipendenti (sic!).
Oltre al fatto che si erano venute a creare situazioni di sovrapposizione e contrapposizione nelle
azioni sostenute dai due uffici, si era verificato che il 50% dei tecnici della provincia di Trapani ope-
ravano nel territorio di Marsala. La questione fu risolta attraverso un compromesso che consentiva
alla SOPAT dell’ESA di operare in esclusiva nei comparti in cui aveva sviluppato iniziative di grande
interesse che richiedevano continuità, quali per esempio “Le Porte Aperte” del Florovivaismo mar-
salese e petrosileno, e, anche, di partecipare alle iniziative programmate dall’Assessorato Regionale
dell’Agricoltura e delle Foreste.

Le Strutture di supporto all’attività di Assistenza tecnica agricola


L’Assessorato regionale dell’Agricoltura e delle Foreste, a partire dal 2005, per migliorare l’efficienza
delle Sezioni Operative, istituì una serie di strutture di supporto che dovevano operare in favore dell’a-
gricoltura siciliana.

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Queste strutture erano costituite da Centri per la sperimentazione, Laboratori di analisi chimico
- fisiche, Laboratori di Analisi Sensoriale e da una Biofabbrica d’insetti utili alla lotta biologica.
L’idea di realizzare strutture di supporto per sostenere l’azione delle Sezioni Operative era lodevole,
ma mancò la capacità di organizzare le stesse secondo criteri di efficienza e continuità operativa. In-
nanzitutto non sempre il personale era stato scelto sulla base delle specifiche competenze professionali
e poi non era stato previsto per i tecnici che si andavano formando alcun vincolo di permanenza nelle
Unità Operative Specializzate. Ciò determinò che anche questo personale poté seguire il percorso dei
tecnici delle Sezioni Operative, di coloro cioè che, assunti e qualificati con fondi della Comunità Econo-
mica Europea, e immessi nel “Ruolo tecnico per l’assistenza tecnica e la divulgazione agricola” in base
alla L. r. 59/83, avrebbero potuto trasferirsi in altri uffici burocratici della regione.

Il graduale declino dell’assistenza tecnica agricola pubblica


A partire dal 2010 cominciò a venire meno l’interesse politico verso il Servizio di Assistenza Tecnica
pubblica e s’intrapresero azioni per la sua smobilitazione. Si procedette verso il liberismo. Già con il PSR
2007/2013 venne introdotta la misura 114 che, con una dotazione finanziaria di circa 4 milioni di euro,
permetteva a imprenditori agricoli e detentori di aree forestali di avvalersi della consulenza di soggetti
privati abilitati all’erogazione del Servizio di Consulenza Aziendale. Anche il PSR 2014/2020, con la mi-
sura 2, prevedeva lo stesso intervento con un impegno di 7 milioni di euro. Non è peregrino immaginare
che, verosimilmente, anche questi interventi non produrranno miglioramenti significativi nell’agricoltura
siciliana, stante l’assenza di un’analisi approfondita delle reali esigenze delle aziende agricole.
Infine, nel 2015, col D. D. G. n. 548 del 12 febbraio, riguardante l’assetto organizzativo del Diparti-
mento regionale dell’agricoltura, le SOAT vennero definitivamente cancellate. Vennero istituite le Unità
Operative decentrate, denominate Uffici Intercomunali Agricoltura (UIA), che subentrarono nei ruoli
e nelle competenze alle preesistenti Condotte Agrarie ed alle Sezioni Operative per l’Assistenza Tecnica
gestendo le attività svolte da questi Uffici prima della riorganizzazione.
Per quanto riguarda l’Assistenza tecnica agricola il suddetto provvedimento prevede una Struttura
centrale - Servizio Innovazione, Ricerca, Assistenza tecnica, Divulgazione agricola - e, all’interno degli
Ispettorati dell’Agricoltura, un’Unita operativa che si occupi di assistenza tecnica agricola, consulenza
aziendale, formazione ed informazione. Il vero compito di queste strutture è, però, quello di svolgere
un ruolo burocratico nell’ambito del PSR. A questo punto, ad assicurare la tradizionale attività di As-
sistenza tecnica rimangono solamente le SOPAT dell’Ente di Sviluppo Agricolo, le quali nel frattempo
si sono ulteriormente impoverite sia di personale, in quanto i tecnici assunti nel 1976 e nel 1977 sono
andati in pensione, sia di risorse finanziarie. Queste Sezioni che negli ultimi trent’anni, con la loro attività
e vivacità, avevano dato visibilità e lustro all’ESA, sono state drasticamente ridimensionate e confinate
nel limbo del sistema improduttivo della Pubblica amministrazione regionale. Tutto ciò è accaduto in
spregio all’importanza del patrimonio di conoscenze ed esperienze accumulato e costruito con l’impie-
go d’ingenti risorse pubbliche e col generoso impegno personale di tanti valorosi tecnici. Così è stato
irrimediabilmente disperso un irripetibile patrimonio basato sulla conoscenza profonda e dettagliata
della specificità dei processi produttivi dei singoli territori e sugli studi della loro evoluzione.
Di fronte a questo scenario non c’è di che meravigliarsi se l’azione innovativa dell’agricoltura siciliana si sia
fermata e se oggi gli operatori agricoli non riescono ad ottenere redditi sufficienti a coprire i costi produzione.

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23
L’attività di assistenza
tecnica agricola
a Marsala e Petrosino

a) L’istituzione della Sezione Operativa di Assistenza Tecnica Agricola dell’ESA (SOPAT)


Nei territori di Marsala e Petrosino si cominciò a parlare di assistenza tecnica agricola a partire dal 1976,
quando l’Ente di Sviluppo Agricolo, dopo avere espletato un concorso pubblico, assunse 60 agronomi e li
distribuì nelle proprie sedi periferiche (Sede Zonali). Nel maggio del 1976 alla sede di Marsala vennero as-
segnati due agronomi e a gennaio 1977 otto periti agrari, assunti anch’essi attraverso un concorso pubbli-
co. Questi tecnici cominciarono a svolgere la loro attività operando su tutta la fascia costiera del trapanese
e più specificatamente nei territori comunali di Marsala, Paceco, Trapani, Mazara, Campobello di Mazara e
Castelvetrano. Il lavoro era orientato innanzitutto allo studio delle criticità dei principali comparti produttivi.
Si avviò anche un’accurata indagine sullo stato della cooperazione, attraverso l’analisi delle caratteristiche
di tutte le strutture cooperativistiche del Trapanese. Nel triennio 1977-’79 furono esaminate tutte le colture
dei diversi Comuni, rilevandone la superficie coltivata, la resa media e la P.L.V. L’azione dei tecnici dell’ESA
fu rivolta anche agli operatori agricoli, indirizzandoli sulle scelte tecniche ed economiche più appropriate
per una migliore organizzazione del sistema produttivo e svolgendo anche una campagna promozionale
per la diffusione della contabilità aziendale. Particolarmente attiva fu in quegli anni la collaborazione con
alcune cooperative, come “Primavera Sud” e “Francesco De Vita”.
Intanto nell’agosto del 1977 la Regione siciliana emanava la legge n. 73 che regolamentava gli in-
terventi per l’assistenza tecnica, l’attività promozionale e la ricerca applicata in agricoltura. Con decreto
16 luglio 1979 l’Assessorato delle Agricoltura e delle Foreste determinava le aree territoriali delle 85 Se-
zioni Operative di assistenza tecnica e attività promozionali previste dalla suddetta legge e assegnava il
territorio di Marsala alla Sezione Operativa n. 82 dell’Ente di Sviluppo Agricolo. Questa Sezione veniva
istituita nell’ottobre del 1979, con sede in via Stefano Bilardello, 9.

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Con successivi provvedimenti venivano assegnati alla stessa Sezione cinque tecnici agrari (Biagio
Hopps, Liborio Ferro, Vincenzo Maltese, Vito Parrinello, Salvatore Sparta) e l’agronomo Gaspare Bonomo,
quale responsabile. In seguito l’organico veniva portato a nove unità con l’assegnazione di altri tre tecnici
(Giovanni Catalano, Giuseppe Alagna e Gaspare Cascio). Dopo un decennio di attività l’organico subiva
qualche variazione col trasferimento di alcune unità in altri uffici dell’Ente e con l’assegnazione alla SOPAT
di un tecnico (Ignazio Fortunato) proveniente da un‘altra Sezione e di alcuni tecnici neo assunti.
Dopo l’istituzione della Sezione Operativa N. 82 i tecnici dell’ESA cominciarono ad operare solamen-
te nel territorio di Marsala. Quando nel 1981 Petrosino divenne Comune autonomo, l’area territoriale
di questo Comune, con decreto 16 settembre 1982 dell’Assessorato dell’Agricoltura e delle Foreste,
venne assegnata alla competenza della Sezione Operativa di Marsala.
Agli inizi degli anni 80’ la superficie agricola uti- Giornale di Sicilia Gennaio 1996
lizzata (S.A.U.) nel territorio di Marsala era di cir-
ca 32.000 ettari. I comparti predominanti erano i
seguenti: viticolo (17.000 ettari circa), cerealicolo
(5.000 ettari circa), orticolo (850 ettari circa), ser-
ricolo (600 ettari circa), florovivaistico (60 ettari
circa). La Produzione lorda vendibile era stimata
intorno ai 70 miliardi di lire ed era costituita prin-
cipalmente dalla viticola (44 miliardi) e da quella
dell’ortofloricoltura (15 miliardi circa).
La vitivinicoltura costituiva la struttura por-
tante dell’economia agricola della zona, ma an-
che le colture orticole in serra e il florovivaismo
davano un contributo significativo all’economia
marsalese.
All’inizio dell’attività la Sezione Operativa di
Marsala rivolse la sua attenzione principalmente
ai comparti più rappresentativi, poi nel corso de-
gli anni si occupò di tutti i comparti affrontando
di volta in volta le problematiche più urgenti e più
complesse con l’intento di contribuire a risolvere
i problemi e a migliorare il reddito e le condizioni
di vita degli operatori agricoli. Nel 1996, al fine
di rendere più efficiente l’azione dei tecnici della
Sezione nel territorio di Petrosino, in collabora-
zione con la locale Amministrazione comunale,
veniva attivato presso il palazzo comunale uno
“Sportello verde”, aperto due volte la settimana.
In questo modo gli agricoltori avevano la possi-
bilità di un contatto più diretto con gli operatori
dell’assistenza tecnica agricola.

25
La SOPAT di Marsala sfruttò al meglio la possibilità di poter contare su un organico molto numeroso,
composto da tecnici con varie competenze che permettevano di rendere più incisivo l’intervento di as-
sistenza tecnica nell’agricoltura della zona. Il fatto di operare in una realtà molto varia permise di mettere
a frutto le attitudini professionali dei singoli tecnici, consentendo loro di raggiungere in alcuni campi alti
livelli di professionalità e rappresentare un punto di riferimento per gli agricoltori. Tra l’altro a partire dal
1990 la Sezione poté contare sull’assegnazione di giovani tecnici che furono di stimolo per la realiz-
zazione di nuove e interessanti iniziative. Già con l’arrivo di Anna Maria Parrinello furono avviati alcuni
importanti interventi: una vasta attività di indagine per individuare attraverso il test Elisa (enzyme-linked
immunosorbent assay - saggio immuno-assorbente legato ad un enzima) la presenza di alcune virosi
nella viticoltura marsalese e uno studio per la valorizzazione della produzione vitivinicola che si concluse
col riconoscimento della denominazione di origine controllata “Delia Nivolelli”, il cui disciplinare di produ-
zione fu approvato nel giugno 1998. Successivamente, con l’assegnazione di altri tecnici (Pietro Chio-
do, Mario Bellafiore, Antonino Angileri, Vincenzo Marino, Antonino D’Alberti, Matteo Sorrentino, Anna
Maria Licari), la Sezione ha ampliò ulteriormente la propria attività realizzando iniziative che suscitarono
interesse e apprezzamento, come l’educazione alimentare nelle scuole. Ma non si può non riconoscere
l’importante ruolo svolto da Giovanni Catalano e Vincenzo Maltese, che con il loro costante impegno e
con la loro passione furono determinanti per la realizzazione di numerose e importanti iniziative.

b) Le azioni della SOPAT dell’ESA di Marsala


L’attività svolta a partire dal 1976 dai tecnici dell’ESA in un territorio molto vasto, che abbracciava
diversi comuni, fu di grande utilità per iniziare ad operare efficacemente in un ambito decisamente più
limitato, quale era quello assegnato. Infatti l’agro marsalese, essendo rappresentativo dell’intera zona
precedentemente studiata, consentiva di potere utilizzare tutti gli elementi raccolti per impostare un
programma di interventi utili a risolvere le principali problematiche dell’agricoltura della zona.
Le azioni di assistenza tecnica dovevano essere orientate a favorire lo sviluppo integrato del territorio
ed il miglioramento delle condizioni economiche, sociali, professionali e culturali dei produttori agricoli.
L’assistenza tecnica per svolgere il proprio ruolo aveva bisogno, però, di sufficienti risorse finanziarie e
di adeguate strutture di supporto. Purtroppo, all’inizio dell’attività la Sezione poteva disporre di limitate
risorse finanziare e poteva contare sul contributo di pochissime strutture di supporto.
Operando con queste limitazioni, essa era costretta a programmare solamente quegli interventi che
potevano essere realizzati con gli strumenti di cui disponeva.
Ciò stante, furono individuate prioritariamente le linee d’azione e, tempo per tempo, furono adotta-
te le iniziative che meglio potevano incidere sulla rimozione delle cause che ostacolavano lo sviluppo
dell’agricoltura.
Per svolgere al meglio la propria attività la Sezione ritenne necessario agire non solo a livello azien-
dale ma anche in ambito interaziendale e territoriale.
Gli interventi su base aziendale dovevano mirare ad innalzare il livello tecnico e a migliorare la situa-
zione economica attraverso:
• la divulgazione e l’introduzione delle innovazioni tecnologiche;
• il miglioramento delle combinazioni produttive;
• il miglioramento della gestione aziendale.

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Gli interventi a livello interaziendale e territoriale comportavano:
• la realizzazione di efficienti strutture associative;
• la divulgazione dell’informazione di mercato;
• la divulgazione delle norme e delle direttive tecniche, legislative, creditizie, emanate dalla Regione,
dallo Stato e dalla CEE;
• il collegamento con la ricerca scientifica e la sperimentazione al fine di trasferire con tempestività
le innovazioni tecniche ed economiche al mondo operativo dell’agricoltura e far conoscere agli
Organismi di ricerca e di sperimentazione tutte le necessità e i problemi di quest’ultima.
Fin dall’inizio la Sezione Operativa avviò un’intensa attività divulgativa e formativa. Per far crescere
la professionalità degli operatori agricoli furono organizzate numerose visite d’istruzione sia in Sicilia
che in altre Regioni d’Italia, ma anche continui incontri serali nelle sedi delle cooperative o di altri centri
di aggregazione per affrontare argomenti riguardanti gli itinerari tecnici delle principali specie orticole
e della fragola, le nuove forme di allevamento della vite e le tecniche di potatura, la scelta varietale, le
combinazioni d’innesto, la concimazione, la difesa fitosanitaria, ecc. Il rapporto diretto con gli agricoltori
avveniva anche a livello aziendale attraverso una capillare attività di consulenza per risolvere i numerosi
problemi che gli agricoltori riscontravano nelle loro coltivazioni, soprattutto nel settore serricolo. Non
meno intensa fu l’attività dimostrativa svolta presso le aziende, mediante la realizzazione di prove di con-
cimazione, difesa integrata, orientamento varietale, disinfezione e disinfestazione del suolo, ecc. Per far
fronte alla carenza di innovazioni provenienti dal mondo della ricerca, furono realizzate numerose attività
sperimentali direttamente sul posto, coinvolgendo di volta in volta gli Enti di ricerca dotati di specifica
competenza. Si operò principalmente con le Università di Palermo, Catania e Bologna, con l’Istituto
Sperimentale per la Floricoltura di San Remo e con la sua Sezione di Palermo.
L’attività maggiormente sviluppata fu quella informativa, realizzando diversi opuscoli illustrativi, vari
convegni di approfondimento, articoli divulgati su riviste locali, regionali e nazionali.
Particolarmente significativa fu l’attività divulgativa svolta attraverso la rivista “Colture Protette”, il
mensile orticolo e floricolo edito da Il Sole 24 Ore - Edagricole, dove, in una rubrica mensile denominata
“Pianeta Sicilia” e curata dalle SOPAT dell’ESA di Vittoria, Marsala e Pachino, veniva rappresentato,
attraverso articoli di ordine tecnico ed economico, il processo evolutivo della serricoltura siciliana. Il
ruolo di questa rubrica fu evidenziato da Giorgio Setti, capo redattore “Colture Protette” di Sole 24 Ore
- Edagricole, nella prefazione (di cui di seguito sono riportati alcuni stralci)* dell’opuscolo che raccoglie
gli articoli pubblicati nella suddetta rubrica.

* Stralci della prefazione all’Opuscolo “riflessioni per …crescere” - raccolta degli articoli
pubblicati nella Rubrica “Pianeta Sicilia” della rivista Colture Protette

Il comparto delle colture protette, come è noto uno di quelli di punta dell’agricoltura nazionale, in
Sicilia si esprime con ampie e complesse articolazioni, che travalicano gli aspetti puramente tecnici.
La raccolta della Rubrica “Pianeta Sicilia” che appare tutti i mesi nel mensile “Colture Protette” del
gruppo Il Sole 24 Ore - Edagricole, costituisce espressione di questa complessità anche socio-cultura-
le, qui presentata attraverso riflessioni, considerazioni e commenti di alcuni tra i più attenti tecnici locali
del comparto, impegnati da anni nell’ambito dell’attività dei Servizi allo Sviluppo dell’Ente di Sviluppo

27
Agricolo della Regione Sicilia.
L’insieme delle note raccolte non aspira a dare una immagine organica del comparto, bensì si pro-
pone come una serie di flash sulla filiera.
Attorno alle colture protette della Sicilia una vasta quantità di interessi tecnici e socio-economici anima
un dibattito sempre più serrato e che ha eletto a proprio luogo di incontro la rivista “Colture Protette”.
Il dibattito porta sul terreno del confronto opinioni provenienti da osservatori storici collocati nelle
aree pulsanti della serricoltura dell’isola. Osservatori che, per la loro posizione privilegiata, contribuisco-
no con i temi più vivi che travagliano il settore con una visione che non si concede ai facili e scontati
pessimismi ma, al contrario, si propone con visione disincantata e positiva.
Si può affermare che gli articoli della rubrica “Pianeta Sicilia”, qui pubblicati, costituiscono l’espres-
sione di quella integrazione tra economia, tecnica, e cultura che oggi è alla base delle spiegazioni più
convincenti dello sviluppo.

Giorgio Setti, capo redattore


“Colture Protette” di Sole 24 Ore - Edagricole

In alcuni comparti si sviluppò anche un’interessante attività promozionale, soprattutto per la valoriz-
zazione della fragola, dell’anguria prodotta nel territorio di Petrosino e del florovivaismo.
Le Porte Aperte del florovivaismo marsalese e petrosileno, tenute annualmente per oltre un decen-
nio nel mese di novembre, fecero conoscere la realtà produttiva di questi territori ai principali operatori
commerciali nazionali ed europei. Questa manifestazione fu ideata dal giornalista Arturo Croci che,
avvalendosi della collaborazione dell’agronomo Valter Pironi, del vivaista Michele Canale e dei principali
produttori locali (Trapani e Martinico), consentì al florovivaismo marsalese e petrosileno di porsi a con-
tatto con i maggiori operatori del comparto.
Al fine di rendere più incisiva la propria azione, la SOPAT di Marsala cercò sempre di coinvolgere tutti
gli Organismi pubblici e privati del territorio interessati allo sviluppo dell’agricoltura (Organizzazioni di
categoria, Comuni di Marsala e Petrosino, Provincia Regionale di Trapani, Istituto Regionale della Vite e
del Vino, Camera di Commercio, Assessorato regionale dell’Agricoltura e delle Foreste, Istituto Tecnico
Agrario “A. Damiani” e altri Istituti scolastici, ecc.).
Inoltre per migliorare l’efficacia degli interventi ed utilizzare al meglio le risorse umane e finanziarie,
la Sezione si adoperò per sviluppare un rapporto di collaborazione con tutte le altre SOPAT e SOAT
operanti nell’ambito degli stessi comparti produttivi.
L’intensa e vasta attività sviluppata nel corso degli anni permise alla Sezione Operativa di Marsala di
acquisire una vasta mole di dati e informazioni, tenuti sempre aggiornati, sull’agricoltura del territorio e
di rappresentare un punto di riferimento per tesisti, giornalisti, ricercatori, professionisti, enti pubblici,
politici e in genere per chiunque volesse approfondire le problematiche agricole di Marsala e Petrosino.

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Dibattito sull’Assistenza Tecnica
Agricola in Sicilia
attraverso la stampa

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Atti dell’incontro dibattito su:
La ricerca scientifica e l’assistenza tecnica per lo sviluppo dell’agricoltura siciliana
Università di Palermo, Facoltà di Agraria 18 febbraio 1986 Palermo
Sviluppo Agricolo, n.8 1986

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La normativa regionale,
nazionale e comunitaria
in materia di assistenza tecnica
e divulgazione agricola

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Legge regionale 1 agosto 1977 n.73 G.U.R.S.
3 agosto 1977 n. 36
Provvedimenti in materia di assistenza tecnica
e di attività promozionali in agricoltura

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55
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Regolamento (CEE) comunitario n.270 del 79
del Consiglio del 6 febbraio del 1979
relativo allo sviluppo della divulgazione agricola in Italia

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59
Programma nazionale dei Servizi
di Sviluppo Agricolo
(G.U. n. 217 del 6/9/1995 Suppl. ordinario n. 112

Comitato Interministeriale
per la Programmazione Economica
DELIBERAZIONE
Approvazione del programma nazionale dei servizi di sviluppo agricolo.
(GU n.217 del 16-9-1995 - Suppl. Ordinario n. 112)

Delibera:
è approvato il “Programma nazionale dei servizi di sviluppo agricolo”, documento programmatico per
l’avvio di una nuova fase di orientamento dei servizi di sviluppo agricolo, di concerto tra lo Stato, le re-
gioni e le province autonome, allegato alla presente delibera. I finanziamenti saranno assicurati nell’am-
bito delle risorse destinate al settore agricolo.
Roma, 10 maggio 1995
Il Presidente delegato: MASERA

Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali

PREMESSA
Il Programma nazionale dei Servizi di Sviluppo Agricolo rappresenta il documento programmatico
attraverso il quale si avvia una nuova fase di orientamento e coordinamento dei servizi di sviluppo agri-
colo di concerto fra lo Stato e le Regioni. Esso mira pertanto a definire una strategia generale da porre
in essere ai diversi livelli istituzionali ed il rapporto fra questi livelli e le organizzazioni del mondo agricolo,
anche attraverso un’attenta ricognizione delle risorse finanziarie, umane e strutturali disponibili e una
loro utilizzazione sinergica e coordinata. Considerando che i servizi di sviluppo agricolo sono strumenti
per l’attuazione di politiche agrarie, a ciascun livello istituzionale compete ciò che la corretta interpreta-
zione della legislatura vigente gli attribuisce.

I RUOLI NAZIONALI E REGIONALI NEI S.S.A.


Al livello nazionale competono le funzioni di indirizzo generale e di coordinamento, lo stanziamento
delle risorse per finanziare attività di esclusiva valenza nazionale e per il cofinanziamento di eventuali
programmi e supporti interregionali o nazionali. A livello regionale compete l’organizzazione sul proprio

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territorio di tutte le attività dei servizi di sviluppo che riguardano il rapporto diretto con l’impresa agricola
e le azioni interregionali di supporto, lo stanziamento delle risorse per il finanziamento di tali attività.
Considerato che a livello operativo l’assistenza tecnica e la divulgazione sono attività di esclusiva com-
petenza delle Regioni, le stesse Regioni devono essere direttamente coinvolte nel processo decisionale
da cui trae origine la creazione di supporti interregionali.
Tutti i programmi, compresi quelli realizzati con i fondi resi disponibili attraverso il bilancio dell’EIMA,
nel caso che siano rivolti a svolgere attività di assistenza tecnica alle imprese, per essere attuati, devono
essere preventivamente concordati con le Regioni interessate.
Le Regioni provvedono alla formazione professionale dei tecnici agricoli facenti parte del proprio
organico e definiscono le modalità di impiego degli stessi. Il Ministero esercita funzioni di indirizzo e
coordinamento e verifica, in particolare, il rispetto dell’esecuzione dei programmi realizzati in attuazione
dei Regolamenti CEE nn. 270/70, 2052/88 e successive modifiche e integrazioni. Per soddisfare le esi-
genze di programmazione nazionale e regionale e creare un’efficiente sistema di supporto alle decisioni
è necessaria una progressiva azione di aggiornamento del Sistema Informativo Agricolo Nazionale, che
tenga anche conto dell’esperienza
dei supporti informativi regionali per la pianificazione sul territorio.
A tal fine occorre in primo luogo prevedere la creazione di standard informativi e di comunicazione
che si basino su un unico sistema di anagrafe aziendale, articolato a livello regionale. Anche l’informa-
tizzazione della spesa pubblica e delle relative procedure deve essere promossa e sostenuta per incen-
tivare l’introduzione del controllo di gestione.

IL PROBLEMA DELLE RISORSE FINANZIARIE


Il problema del reperimento delle risorse necessarie per i S.S.A. va affrontato tenendo presente che:
a) è necessario garantire la continuità dei flussi per gli interventi di base;
b) in presenza di interventi straordinari, realizzati anche con le risorse finanziarie di derivazione co-
munitaria (obiettivo 1, obiettivo 5b), per esigenze di riequilibrio territoriale e/o di riconversione
produttiva delle aziende, occorre prevedere un correlato incremento dei servizi a supporto dell’in-
tervento stesso:
c) l’ampliamento dell’intervento nel settore costituisce un aspetto fondamentale della riqualificazione
della spesa per l’agricoltura, anche in rapporto alle nuove prospettive di politica agraria.
L’obiettivo di cui al punto a) va perseguito considerando obbligatoria la spesa relativa oltre che al
personale anche ai programmi di attività ordinari.
L’obiettivo di cui al punto b) va perseguito prevedendo la costituzione presso il livello istituzionale
interessato (CEE, Stato, Regioni) di un fondo specifico, alimentato da quota parte degli stanzia-
menti disposti.
Il concetto espresso al punto c) comporta che, in presenza di una rigidità sulla spesa complessiva
per il settore primario, i S.S.A. vadano sostenuti mediante la riallocazione delle risorse.
All’interno del più generale problema della riqualificazione della spesa pubblica per l’agricoltura, va
infine analizzata la possibilità di creare un fondo addizionale per i S.S.A. alimentato attraverso la rial-
locazione delle risorse che si renderanno disponibili per il prospettato minore impegno a sostegno dei
mercati e dei prezzi.

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PREMESSA
1. L’esigenza di attivare un’organica politica nazionale dei Servizi di Sviluppo Agricolo (S.S.A.) fu
posta in evidenza dal Piano Agricolo Nazionale (P.A.N.), pertanto il Ministero delle risorse agricole, ali-
mentari e forestali (MRAAF), d’intesa con le Regioni, individua con il presente Programma Nazionale sui
Servizi di Sviluppo Agricolo (P.N.S.S.A.) una specifica azione orizzontale.
2. La leva dei servizi di sviluppo assume oggi un carattere strategico per l’intervento pubblico in agri-
coltura, in risposta alla riforma della PAC, all’accresciuta competizione internazionale ed ai nuovi compiti
sociali ed ambientali che l’agricoltura è chiamata a svolgere. La progettazione di una azione orizzontale
per i S.S.A. assolve a due priorità: riqualificare gli strumenti della politica agraria e rafforzare i processi
di riorganizzazione in atto nel sistema dei S.S.A.
3. Il Programma fa proprio il concetto di sistema integrato dei S.S.A., che si impernia sui servizi più di-
rettamente collegati alle imprese (consulenza e formazione professionale) e su quelli di supporto, ma com-
prende anche la ricerca, la sperimentazione, la divulgazione, la formazione professionale e l’informazione.
La creazione di un sistema dei servizi rende necessario attuare delle azioni di coordinamento a tutti i
livelli. È pertanto necessario colmare, laddove esistono, i vuoti normativi ed operativi a livello regionale,
garantire la coerenza tra i livelli decisionali regionali e nazionali e quindi assicurare il collegamento verti-
cale tra i segmenti del sistema nonché la gestione dei servizi strategici nazionali che andranno a coprire
gli spazi innovativi.
4. Il P.N.S.S.A. in sede di analisi prende in considerazione l’insieme dei segmenti nei quali si articola
il sistema dei S.S.A.. In sede di proposta il Programma privilegia le azioni rivolte alla adozione degli
strumenti di attuazione del piano stesso e al consolidamento e al potenziamento delle strutture portanti
del sistema preposte alla erogazione dei servizi di sviluppo agricolo. Per i servizi generali (ricerca, stati-
stica, ecc.) e per la formazione professionale, che pure costituiscono parte integrante e qualificante del
sistema dei S.S.A., data anche la loro collocazione istituzionale, il Programma si limita ad individuare
le connessioni con i restanti servizi formulando indirizzi per il superamento delle carenze più evidenti.
Occorre quindi ribadire che se da un lato l’analisi critica del sistema si colloca in una prospettiva di lungo
periodo, dall’altro le azioni previste dal piano costituiscono un approccio di breve periodo e sono quindi
necessariamente limitate rispetto al contesto generale

FINALITÀ ED ARTICOLAZIONE DEL PROGRAMMA


Finalità del Programma
5. Il processo di trasformazione che investe il sistema agro-industriale italiano si presenta ampio e
profondo. Ai ruoli tradizionali dell’agricoltura, come fornitrice di beni alimentari e fonte di reddito e di
occupazione, si affiancano nuovi compiti in relazione alle esigenze di salvaguardia dell’ambiente e di
gestione del territorio, nonché alle richieste di qualità e sanità dei prodotti da parte dei consumatori.
6. In relazione a quanto appena esposto e a quanto definito in sede di trattativa GATT per l’agricoltu-
ra, il processo di adattamento dello sviluppo agricolo al nuovo corso di politica comunitaria può essere
favorito ampliando l’azione ed il ruolo di strumenti alternativi di politica agraria che puntino in modo
diretto od indiretto alla salvaguardia ed allo sviluppo dei redditi in agricoltura.
7. Considerato che i S.S.A. rappresentano uno degli interventi di politica agraria che più possono
concorrere a mantenere i livelli di concorrenzialità e competitività dell’agricoltura nazionale, rendendone

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più agevole e rapido il processo di adattamento dei ruoli e delle funzioni, il P.N.S.S.A. si prefigge di favo-
rire lo sviluppo integrato del territorio ed il miglioramento delle condizioni economiche, sociali, professio-
nali, culturali dei produttori agricoli intesi come presenze attive e soggetti dello sviluppo agricolo e rurale.
8. L’intervento pubblico nel campo degli S.S.A. dovrà assicurare il perseguimento degli obiettivi ge-
nerali di politica agraria, in particolare quello di favorire il consolidamento di imprese agrarie che, sempre
più integrate nel sistema agro-industriale, siano in grado di adeguarsi in modo autonomo ai cambia-
menti dei mercati agricoli ed alle esigenze dei consumatori (servizi verticali di filiera). Allo stesso tempo
andranno sviluppate le azioni ed i programmi necessari per favorire la ristrutturazione di quelle aree o
regioni che più intensamente sono interessate dalla riforma della PAC, agevolando la piena utilizzazione
delle risorse umane e naturali, anche attraverso possibili riqualificazioni produttive e destinazioni alter-
native della produzione agricola e degli spazi rurali (servizi orizzontali di distretto).

Articolazione del programma


9. La complessità della materia trattata, unitamente alle pluralità dei soggetti coinvolti ed alla etero-
geneità delle situazioni che si
rinvengono sul territorio a livello regionale, comporta le seguenti necessita’:
a) delineare il quadro di riferimento in merito all’attuale organizzazione del S.S.A., alle competenze,
al ruolo dei soggetti e al campo di applicazione dei servizi;
b) formulare le strategie generali e individuare gli strumenti di attuazione del programma a carattere
nazionale;
c) fornire elementi conoscitivi, di analisi e di proposta per gli specifici interventi settoriali.

QUADRO DI RIFERIMENTO GENERALE


Organizzazione dei S.S.A.
10. L’esigenza di attivare servizi di supporto allo sviluppo delle imprese agricole e’ sempre stata
presente negli interventi a favore dell’agricoltura previsti dallo Stato e, in anni più recenti, dalle Regioni.
Dalle esperienze delle cattedre ambulanti in agricoltura negli anni venti, alla istituzione degli Ispettorati
provinciali dell’agricoltura nel 1935 fino alla costituzione degli Uffici agricoli di zona, degli Enti di riforma e
dei CAT nel Sud dell’Italia negli anni cinquanta e sessanta, lo Stato ha sempre provveduto direttamente
all’erogazione dei servizi all’impresa agricola. Nel tempo, però, queste strutture perdono la loro funzio-
ne tecnica per svolgere prevalentemente attività amministrativa. Con il secondo Piano Verde (legge n.
910/66) si prefigura per la prima volta un sistema di assistenza tecnica pubblico-privato riconoscendo
il sostegno di iniziative autogestite.
Con il D.P.R. n. 616/77, tranne che la ricerca di interesse nazionale e l’informazione connessa all’at-
tività di programmazione, tutte le competenze in materia di servizi passano alle Regioni. Da quel mo-
mento in poi, le normative Regionali hanno dovunque consolidato un sistema d’intervento misto pub-
blico-privato, non potendo però incidere in maniera significativa sul ruolo e sulle professionalità delle
strutture operative ereditate dallo Stato.
11. A partire dalla fine degli anni ‘70 si verifica una inversione di tendenza, che si manifesta innanzi-
tutto con l’inserimento nel settore di nuove unità tecniche (L. N. 285/77 e informatori socio economici
previsti dalla L.N. 153/75). Il Piano agricolo nazionale per la prima volta individua nei servizi di supporto

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alle imprese uno strumento di politica agraria strategico; tuttavia è con provvedimenti comunitari che il
settore dei servizi riceve maggiori impulsi: prima con il Reg. n. 270/79 per la formazione e l’inserimento
di divulgatori agricoli e la costituzione dei CIFDA, poi con il Reg. n. 797/85 per la costituzione di servizi
di gestione autogestiti e quindi con il Reg. n. 2052/88 per la realizzazione di uno specifico programma
di divulgazione agricola nelle Regioni dell’Obiettivo 1.
Anche se con lentezza il processo di riorganizzazione dei S.S.A. è andato quindi avanti con espe-
rienze in taluni casi anche molto avanzate ma in un contesto generale non stabilizzato e con notevole
squilibri. I modelli organizzativi attivati di diversificano da Regione a Regione, dando un peso differenzia-
to ai servizi direttamente gestiti dalle strutture pubbliche e quelli autogestiti dalle organizzazioni agricole.
12. Specifiche analisi hanno evidenziato gli aspetti salienti dell’organizzazione dei S.S.A. sia a livello
nazionale che regionale. Tali indicazioni possono essere sinteticamente riassunte come appresso:
a) nella maggior parte dei casi l’organizzazione dei S.S.A. e l’assetto delle competenze non appaio-
no coordinate e coerenti rispetto ad un modello complessivo capace di:
• evitare sovrapposizioni e contrapposizioni nelle azioni sostenute dall’intervento pubblico;
• assicurare l’esercizio efficace e continuo dei compiti di programmazione e soprattutto di controllo;
• garantire una ripartizione territoriale delle risorse equilibrata e razionale;
• permettere lo svolgersi di processi di adattamento continuo dei criteri organizzativi alle nuove
esigenze ed ai nuovi vincoli che si appalesano man mano, in conseguenza dell’innovazione tec-
nologica e dello sviluppo agricolo in generale;
b) sia nelle amministrazioni pubbliche che nelle organizzazioni agricole, il fenomeno della commistio-
ne dei compiti e dell’utilizzazione impropria del personale non ha cessato di esistere;
c) con la recente approvazione della legge in Puglia, tutte le Regioni hanno emanato leggi di riorga-
nizzazione e potenziamento dei servizi;
d) le risorse destinate agli interventi nel settore non garantiscono una adeguata continuità dei flussi
finanziari necessari per l’attività istituzionale dei servizi, dall’altra non consentono di attuare azioni
di supporto alle aziende che beneficiano di aiuti per la riqualificazione delle produzioni e/o per la
ristrutturazione aziendale. Non tutte le Regioni dispongono di una quantità di divulgatori vicina ai
livelli ritenuti soddisfacenti.

Assetto delle competenze


13. L’attuale assetto delle competenze amministrative in materia di agricoltura è delineato dalla legge
4/12/1993, n. 491, relativa
alla istituzione del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali. Per quanto riguarda gli interventi
compresi nei SSA, tale legge non e’ innovativa rispetto al citato DPR n. 616/77 in quanto in gran parte
già definiti di competenza regionale. Per alcuni interventi d’interesse anche nazionale (ricerca e informa-
zione), l’art. 2 delle 491 assegna ad un Comitato permanente delle politiche agroalimentari e forestali
la definizione degli indirizzi e dei criteri d’intervento. Infine, anche in materia di S.S.A., come per tutta
la materia agricola e forestale, competono allo Stato le funzioni di indirizzo e di coordinamento e quelle
attinenti i rapporti internazionali e con la UE.
14. L’assetto complessivo delle competenze sul piano operativo discende anche dalle normative
regionali, le quali, in modo differenziato nei contenuti e nei tempi, hanno successivamente previsto:

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a) l’attribuzione di competenze ad enti strumentali (es. Enti di sviluppo);
b) l’attribuzione di competenze ad Enti territoriali subregionali (es. Comunità montane);
c) il sostegno alle azioni di sviluppo gestite direttamente da organismi di rappresentanza dei produt-
tori agricoli.
La realtà istituzionale ed organizzativa in atto prevede il coinvolgimento, ai diversi livelli decisionali ed
operativi, di soggetti pubblici, quali lo Stato, le Regioni e gli Enti di Sviluppo, e di soggetti sociali, rappre-
sentati dalle Organizzazioni professionali agricole a vocazione generale, dalle Associazioni cooperative
e dalle Associazioni dei produttori

Campo di azione
15. Il campo di azione dei servizi di sviluppo si e’ progressivamente ampliato dai tradizionali servizi
di assistenza tecnica a servizi sempre più mirati alla gestione delle imprese, per l’introduzione del pro-
gresso tecnico e di pratiche idonee a salvaguardare i redditi agricoli, fino ad interessare aspetti sempre
più ampi e generali come quelli della protezione dell’ambiente e della gestione del territorio. Allo stesso
tempo, sempre più importanti sono divenuti i servizi di supporto necessari per svolgere un’azione di
consulenza aziendale mirata e di qualità. Nel complesso, quindi, tutte queste attività concorrono a de-
finire un sistema di servizi formato dai seguenti segmenti:
1. ricerca e sperimentazione
2. informazione
3. consulenza all’impresa
4. orientamento tecnico
5. orientamento commerciale
6. servizi tecnici di supporto
7. statistica agraria
8. formazione professionale
9. formazione dei quadri tecnici.

STRATEGIE E STRUMENTI DI ATTUAZIONE


Il Co.N.Se.S.A.
16. Nel rispetto dell’attuale assetto delle competenze, il Comitato Permanente per le Politiche Agri-
cole, Alimentari e Forestali, di cui alla legge n. 491/93, detto Comitato Permanente, per l’attuazione del
presente programma si avvarrà del supporto di un organismo tecnico, denominato Comitato Nazionale
per i Servizi di Sviluppo Agricoli (Co.N.Se.S.A.). Il Co.N.Se.S.A. è nominato dal Ministro, di concerto
con il Comitato Permanente, che ne definisce anche i compiti e le modalità di funzionamento, entro
trenta giorni dall’approvazione del P.N.S.S.A. da parte del CIPE. Il Co.N.Se.S.A. sarà composto da rap-
presentanti del Ministero, delle Regioni e Province Autonome e delle Organizzazioni Professionali Agri-
cole più rappresentative a livello nazionale. Ai lavori del Co.N.Se.S.A. saranno chiamati a partecipare
rappresentati di altri organismi appartenenti al mondo agricolo ed in primo luogo della cooperazione e
dell’associazionismo, in rapporto agli argomenti posti all’ordine del giorno. Nell’ambito del Co.N.Se.S.A.
potranno essere istituiti uno o più Comitati ristretti la cui composizione e campi di attività saranno definiti
dal Ministro di concerto con il Comitato Permanente. Le funzioni attualmente esercitate dal Comitato

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Interregionale per la divulgazione agricola (CIDA), dalla data di approvazione del presente programma
da parte del CIPE, saranno svolte dal Comitato Permanente.

Il problema delle risorse umane


17. Il Programma individua nella risorsa umana un fattore strategico da affrontare in via prioritaria
per rendere efficaci gli interventi negli altri segmenti del sistema. In attuazione del Reg. n. 270/79 e del
P.O. “Sviluppo della divulgazione agricola” nelle regioni meridionali, al 31 dicembre 1993 il numero dei
divulgatori formati è di 1589 unita’, di cui 1318 impiegati: altri 312 divulgatori sono in formazione ed
entro il 1994 si avvieranno così di formazione per altri 305 tecnici. In complesso, quindi, la formazione
ha interessato 2206 nuovi tecnici rispetto ai 2455 divulgatori previsti dal Piano quadro di divulgazione.
In relazione all’evoluzione delle strutture agricole verificatasi nell’ultimo decennio, alle tecnologie di
divulgazione oggi disponibili e agli obiettivi della PAC, sarà compito del Comitato Permanente o per sua
delega del Co.N.Se.S.A. verificare se il rapporto “numero d’imprese/ divulgatore” e i profili professionali
definiti per l’applicazione del citato reg. n. 270 del 1979 sono ancora validi.
Tuttavia, un adeguato numero di tecnici è condizione necessaria ma non sufficiente per dare una
soddisfacente risposta alla domanda di servizi che esprime l’esercizio della moderna agricoltura; risulta
infatti ugualmente importante assicurare un elevato standard di preparazione professionale degli addetti
anche mediante attività di aggiornamento e riqualificazione. Per tale finalità appare indispensabile un
azione di riordino delle strutture formative interregionali e delle OO.PP. promosse nell’ambito dell’appli-
cazione del Reg. n. 270/79 (specifici orientamenti sono contenuti nell’apposita scheda di segmento).
18. I fattori che influenzano la “qualità» professionale dei divulgatori sono essenzialmente rappresen-
tati da: a) strutture preposte alla formazione ed all’aggiornamento; b) selezione dei tecnici; c) collega-
mento tra formazione ed impiego. I problemi relativi alle strutture sono analizzati nella scheda “Forma-
zione dei quadri tecnici”. Per quanto attiene alla selezione va rilevato che essa ha finora rappresentato
uno dei punti più carenti del sistema in essere, in quanto in molti casi manca del tutto, in altri è stata
operata secondo criteri non rispondenti alle finalità dell’azione. Peraltro finora non e’ stato preso mai
in considerazione in modo razionale il problema della verifica, dopo un primo periodo di impiego, circa
l’idoneità professionale in relazione alla migliore collocazione all’interno del sistema stesso. Infine, del
tutto carente appare l’attuale situazione in ordine al collegamento tra formazione ed impiego dei divul-
gatori. Infatti da una parte l’incertezza circa la destinazione dei partecipanti ai corsi non ha consentito
la migliore finalizzazione delle attività formative; dall’altra i lunghi tempi che spesso sono intercorsi tra il
compimento della formazione e l’inserimento nel mondo operativo hanno influito negativamente sulla
stessa preparazione e spesso hanno determinato la perdita di unità formate a vantaggio di altri settori.
19. Un problema ancora irrisolto è quello relativo alla tutela della professionalità dei divulgatori una volta
inseriti. Nel campo della divulgazione sia la Pubblica Amministrazione che le organizzazioni agricole hanno
da sempre praticato diffusamente forme di utilizzazione impropria dei tecnici addetti, soprattutto affidando
loro compiti di tipo amministrativo e burocratico. Gli effetti deleteri di tali comportamenti sono di vasta
portata e vanno dall’abbassamento qualitativo delle azioni, alla mancanza di continuità nell’intervento, fino
alla vera e propria assenza di servizi in alcune zone, malgrado siano in esse presenti strutture preposte.
La risoluzione di tale problema deve essere perseguita con assoluta priorità, per non vanificare le
azioni di potenziamento degli apparati. Occorre pertanto rimuovere quelle che appaiono le due princi-

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pali cause del fenomeno: a) la commistione dei compiti nelle strutture operative; b) la mancanza di una
specificità contrattuale del divulgatore agricolo. La prima va rimossa attraverso le normative regionali di
riorganizzazione dei servizi pubblici. Per gli stessi motivi, le forme di autogestione dovrebbero organiz-
zativamente soddisfare i principi indicati per il pubblico, il cui rispetto nel tempo andrebbe sottoposto a
periodiche verifiche.
La specificità contrattuale va perseguita a livello nazionale, inserendo nei contratti collettivi sia pub-
blici che privati il profilo del divulgatore, definendone le relative mansioni ed adeguando alle peculiarità
delle stesse gli altri istituti contrattuali (orario di servizio, missione, straordinario, ecc.). Garantite le due
condizioni predette, risulta possibile provvedere in modo razionale al necessario aggiornamento per-
manente dei divulgatori.
20. Un aspetto non secondario relativo alla tutela e allo sviluppo della professionalità dei divulgatori
attiene al superamento di tutte quelle situazioni che vedono attualmente i divulgatori di base spesso in
situazioni di disagio rispetto al personale operante presso le strutture centrali. È necessario affermare (in
linea di principio ma anche nelle leggi, nei regolamenti e nelle qualifiche professionali) l’assoluta parità
delle funzioni svolte nelle sedi periferiche e centrali: ciò deriva dal concetto stesso di sistema, cioè della
complementarietà delle sue componenti (e quindi dalla pari importanza di tutte ai fini del risultato finale).
Anche l’identificazione tra la struttura centrale e le attività di consulenza di tipo specialistico rappresenta
un concetto da rimuovere. Nei modelli organizzativi dei moderni S.S.A. gli specialisti devono operare
sia a livello centrale che a livello periferico: a livello centrale l’attività prevalente sarà quella di curare i
collegamenti e la collaborazione con le istituzioni di ricerca (quale vera e propria “interfaccia” tra questa
e gli apparati dei S.S.A.), mentre a livello periferico, gli specialisti devono stare a contatto delle realtà
produttive collaborando anche con il consulente di gestione.

Il problema delle risorse finanziarie


21. Il problema delle risorse finanziarie da destinare ai S.S.A. va visto sotto il duplice aspetto della
copertura delle necessita’ rilevanti connesse al potenziamento delle strutture e della garanzia di soddisfa-
cimento delle esigenze. Il potenziamento delle strutture comprende prioritariamente l’attività di aggiorna-
mento, riqualificazione e perfezionamento dei divulgatori e del personale gia’ in servizio per coprire tutto il
fabbisogno e l’attivazione delle strutture di supporto. Nelle fasi successive, data la natura dell’intervento,
la garanzia di continuità nella erogazione dei servizi risulta essere un presupposto indispensabile per la
loro stessa efficacia e produttività. Infatti l’intervento, oltre a comportare una spesa corrente (personale e
funzionamento uffici), si articola in azioni generalmente a carattere pluriennale ed integrato.
22. Per quanto attiene all’impegno per i S.S.A. dei soggetti primari di politica agraria, in base alla
situazione attuale à possibile operare la seguente distinzione:
• la UE si fà carico in modo parziale e non continuo del finanziamento di programmi a carattere
straordinario e strategico (es. l’impiego dei divulgatori, alcuni temi di ricerca, la sperimentazione
nel campo della statistica ed in quello della telematica applicata all’agricoltura, ecc.);
• lo Stato sostiene direttamente gli oneri per i servizi generali e per le azioni promozionali di compe-
tenza nazionale (sistema informativo nazionale, ricerca e sperimentazione di carattere nazionale,
statistica agraria, ecc.). In molti casi le iniziative nazionali coinvolgono direttamente e/o hanno una
ricaduta immediata sui servizi regionali;

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• le Regioni utilizzano per i S.S.A. quota parte dei finanziamenti indivisi per l’agricoltura.
23. Le priorità da perseguire nell’attuazione del Programma sono:
• funzionamento dei nuovi organismi operativi previsti dal Programma;
• riqualificazione ed aggiornamento del personale gia’ inserito in correlazione all’attuazione degli
interventi previsti dal Programma e mediante il coinvolgimento dei CIFDA;
• promozione di progetti integrati di ricerca, sperimentazione e divulgazione e relativi servizi di sup-
porto, anche in relazione alle opportunità fornite dalla PAC;
• promozione di progetti integrati di interesse nazionale o interregionale articolati regionalmente e
attivati con i meccanismi di cofinanziamento, compresi quelli già attivati (lotta fitopatologica inte-
grata e ipofertilità, ecc.), anche in relazione alle opportunità fornite dalla PAC.
• monitoraggio della spesa pubblica in materia di SSA al fine di formulare proposte per la qualifica-
zione degli interventi e la ricerca di sinergie tra i diversi soggetti che sono coinvolti.
24. Il problema del reperimento delle risorse necessarie per i S.S.A. va affrontato tenendo presente
che l’ampliamento dell’intervento nel settore costituisce un aspetto fondamentale della riqualificazione
della spesa per l’agricoltura, anche in rapporto alle nuove prospettive di politica agraria. È pertanto
necessario che:
a) venga garantita la continuità dei flussi per gli interventi di base compresi quelli necessari per il
funzionamento del riordinato sistema dei CIFDA. Deve intendersi pertanto obbligatoria la spesa
relativa al personale e ai programmi di attività ordinaria;
b) ogni programma d’intervento nazionale e regionale diretto allo sviluppo dell’impresa agricola, e
in primo luogo per quelli che derivano dall’applicazione della PAC, deve prevedere un automa-
tico e correlato incremento dei finanziamenti destinati ai servizi da attivare a supporto dell’inter-
vento stesso;
c) si attivino concrete azioni di indirizzo, coordinamento e monitoraggio della spesa pubblica desti-
nata ai SSA. Sia per quanto riguarda le priorità definite per il Programma che per il reperimento
delle risorse finanziarie in favore dei SSA, il Comitato Permanente e’ chiamato a promuovere
specifiche iniziative.

Il problema dei modelli organizzativi


25. Il Programma Nazionale non si pone come obiettivo necessario la definizione di un unico modello
organizzativo dei S.S.A., da applicarsi in ogni tempo ed in ogni luogo. Il P.N.S.S.A. sottolinea invece
l’esigenza che le forme organizzative e gestionali rispettino alcune condizioni irrinunciabili ai fini della
creazione di un efficiente ed efficace sistema dei servizi. Sembra comunque opportuno, in questa sede,
affrontare alcune essenziali condizioni generali il cui rispetto si rende necessario, o quanto meno oppor-
tuno, ai fini della riorganizzazione del sistema dei S.S.A. Esse sono la flessibilità; il controllo permanente;
la partecipazione al sistema in presenza di una pluralità di soggetti.
26. La flessibilità del sistema rappresenta una condizione indispensabile, innanzi tutto per affrontare
la fase di riconversione dei servizi esistenti nelle nuove strutture ed, in secondo luogo, per consentire
l’adattamento permanente e rapido delle nuove strutture alle future esigenze. La flessibilità si realizza in
primo luogo attraverso la formazione permanente del personale, la cui competenza professionale deve
essere costantemente aggiornata e riqualificata, anche per permettere la mobilità dei tecnici all’interno

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del sistema; in secondo luogo richiede la creazione di servizi modulari e reciprocamente compatibili che
possono essere combinati in diverso modo secondo le specifiche esigenza di ogni tipi di agricoltura.
27. La capacita’ di adattamento spazio-temporale, presuppone l’attivazione di strumenti di controllo
permanente alle performances dei servizi nelle diverse zone e tipologie di azienda. Il controllo ha una
valenza interna ed una esterna; il sistema deve disporre di un flusso costante di informazioni necessario
per attivare i meccanismi interni di autocorrezione (feedback) e per guidare i processi di adattamento;
ma al tempo stesso il sistema nel suo insieme deve essere aperto ai controlli esterni a fini di valutazione
(anche in termini di costi e benefici) delle attività dei S.S.A. rispetto agli obiettivi generali e specifici della
politica agraria.
La flessibilità ed il controllo devono essere garantiti dallo stesso organo di responsabilità primaria che
ha capacità normativa.
28. Tenuto conto di tali esigenze va chiarito che l’assetto delle competenze all’interno delle diverse
strutture pubbliche e la regolamentazione dell’autogestione devono essere affrontare verificando l’effi-
cienza dei servizi attraverso il superamento delle attuali carenze in merito a:
• la sovrapposizione delle competenze;
• la indeterminatezza delle procedure e delle funzioni di controllo;
• un uso dell’istituto della delega che impedisca l’integrazione tra i diversi livelli dei servizi a che
al tempo stesso affidi ed enti inferiori, per dimensioni e configurazione giuridico amministrativa,
compiti operativi complessi;
• la burocratizzazione degli apparati preposti che limiterebbe i rapporti con l’utenza ed in generale
non renderebbe possibile espansioni di dinamismo e creatività indispensabili per il successo delle
azioni di sviluppo.
29. La dislocazione territoriale delle strutture e la composizione del personale tecnico rispetto alle
specifiche professionalità non possono essere previste in modo uniforme. La flessibilità del sistema
deve consentire la possibilità di agire sulla dotazione di personale tenendo conto di eventuali esigenze
straordinarie. Dal punto di vista strutturale non trovano quindi alcuna giustificazione quei modelli orga-
nizzativi nei quali ad una consistente struttura centrale corrispondono strutture periferiche poco consi-
stenti, e viceversa.
Si deve ricordare infine che tutto il sistema dei servizi si basa in grandissima parte sulla professiona-
lità dei divulgatori. Un buon modello organizzativo dei S.S.A. deve pertanto garantire l’autonomia pro-
fessionale dei tecnici, mettendoli al riparo da ingerenze esterne di varia natura (commerciali, politiche,
sindacali, ecc.), qualora tali ingerenze possano portare ad una compromissione o ad un’alterazione
della piena espressione della professionalità dei tecnici.

ORIENTAMENTI E AZIONI VERTICALI


Gli ambiti operativi
30. Il Programma fa proprio il concetto di sistema di servizi di sviluppo agricolo composto da sus-
sistei regionali/zonali e/o di singoli interventi, tra di loro strettamente integrati fino a formare un vero e
proprio sistema nazionale. In base a tale concetto, i S.S.A. si configurano come uno strumento di po-
litica agraria modellabile sulle più varie esigenze del mondo produttivo e, quindi, molto flessibile. Come
principale chiave di lettura del Programma si deve chiarire che il documento non intende riferirsi a tutti

69
i possibili servizi tecnici e generali di supporto alle imprese agricole, bensì si limita a formulare obiettivi
ed indirizzi soltanto per gli interventi propri del sistema dei S.S.A. idonei a garantire le finalità di politica
agraria e di crescita economico-sociale degli imprenditori agricoli. Rispetto a dette finalità i S.S.A. si
configurano quindi, in generale, come attività di interesse pubblico.
31. Nel sistema dei S.S.A. rientrano la ricerca e la sperimentazione, l’informazione, la consulenza
all’impresa, l’orientamento tecnico e commerciale, i servizi tecnici di supporto, la formazione professio-
nale e dei quadri tecnici. Il P.N.S.S.A., individuati i segmenti del sistema, le sue articolazioni territoriali ed
i momenti che le istituzioni e le forze sociali possono essere chiamate a gestire, pone un’enfasi partico-
lare: a) sulle attività che possono essere gestite a livello nazionale ed interregionale; b) sulla promozione
ed il completamento delle strutture a livello regionale.

Obiettivi ed indirizzi per segmento


32. Pur affermando come concettualmente errata l’attuale tendenza alla parcellizzazione dei S.S.A.,
lo stesso Programma non può non affrontare il tema degli obiettivi ed indirizzi da un punto di vista set-
toriale, tenuto conto anche dell’assetto istituzionale e delle iniziative già poste in essere nelle specifiche
realtà regionali. Pur individuando specifici obiettivi ed azioni settoriali il P.N.S.S.A. deve porsi il problema
della gestione del sistema ai fini del suo armonico funzionamento. La predisposizione di appositi pro-
getti integrati di sviluppo, che si inseriscano nella cornice dei piani regionali di sviluppo, potrà essere
la forma opportuna per concretizzare le necessarie forme di gestione del sistema dei servizi. Ciascuna
azione settoriale dovrà essere indirizzata a colmare le lacune dei singoli settori maggiormente pregiudi-
zievoli ai fini dell’organizzazione e del funzionamento dell’intero sistema.

Obiettivi specifici
33. Gli obiettivi specifici, di seguito delineati sinteticamente, formano oggetto, successivamente, di
una analitica esposizione.
In sintesi il Programma intende:
a) contribuire a rafforzare tutti gli elementi che conferiscono all’organizzazione della ricerca e speri-
mentazione agraria i caratteri di sistema per migliorare il collegamento tra i soggetti preposti alla
programmazione ed i raccordi con le strutture deputate al trasferimento;
b) contribuire all’evoluzione del sistema informativo in agricoltura, inteso nell’accezione più ampia
del termine;
c) promuovere e sostenere lo sviluppo della consulenza aziendale, adeguatamente integrata dai
servizi di orientamento e sostenuta dai servizi tecnici di supporto articolati in reti regionali;
d) perseguire l’obiettivo della integrazione programmatica ed operativa tra formazione professionale
ed altri servizi di sviluppo;
e) attivare un meccanismo di finanziamenti delle azioni di potenziamento dei sistemi regionali, da
attuare nell’ambito del completamento del quadro normativo, capaci anche di assicurare risorse
adeguate e continuità di flusso;
f) inserire il sistema di formazione dei quadri tecnici nel più ampio contesto dei S.S.A., fortificandone
i punti di collegamento e le capacita’ di attuare un qualificato processo di formazione permanente
anche attraverso il riordino dei CIFDA;

70
g) contribuire al rafforzamento del ruolo che i diversi soggetti, istituzionali e sociali, sono chiamati a
svolgere, al fine di realizzare una linea nazionale di programmazione nel rispetto della complessa
articolazione territoriale del sistema;
h) rispondere all’esigenza di servizi nuovi strategicamente importanti per garantire organicità e qua-
lità al processo di trasferimento delle innovazioni;
i) tendere alla razionalizzazione della spesa nel settore anche favorendo scelte organizzative che,
pur nella diversità delle realtà regionali, facciano salve alcune condizioni di fondo ritenute indi-
spensabili per qualificare l’intervento.

RICERCA E SPERIMENTAZIONE
Obiettivi
43. Gli obiettivi prioritari da perseguire con il Programma, compatibilmente con quanto verra’ deciso
in merito al citato riordino degli
Enti di ricerca, sono i seguenti:
• ampliare tutte le forme di ricerca applicata con finalizzazione specifica alla fruizione diretta da
parte dei S.S.A.: in tale ottica va perseguito anche l’obiettivo di sviluppare una capacita’ di analisi
della domanda di ricerca e nello stesso tempo di trasferimento dei risultati alle imprese;
• dotare il sistema di supporti specialistici, che integrino e coordinino la capacita’ delle strutture
regionali e nazionali nell’analisi della domanda e dell’offerta delle innovazioni tecnologiche, soprat-
tutto a livello internazionale, e che siano in grado di valutare l’impatto della loro introduzione sulle
strutture produttive, sui consumi finali e sull’ambiente;
• migliorare la definizione delle competenze tecniche ed amministrative in materia di ricerca scien-
tifica in modo da aumentare l’efficienza interna del sistema attuale.

Azioni
44. A livello nazionale le principali azioni saranno legate alle soluzioni di riordino che verranno adot-
tate in applicazione della legge di riforma del Ministero. In generale, comunque, rispetto alla situazione
attuale il riordino dovrebbe consentire:
• la razionalizzazione ed il miglior coordinamento della gestione degli Istituti di ricerca e di sperimen-
tazione agraria e di quelli di ricerca socio-economica (INEA e ISMEA);
• l’adeguamento e la finalizzazione dei finanziamenti per la ricerca e la sperimentazione sulla base
degli indirizzi che saranno forniti dal Comitato permanente delle politiche agroalimentari e forestali
e dalla Consulta per la ricerca;
• l’attivazione di programmi di sperimentazione di rilevanza nazionale formulati esplicitamente sulla
base dell’analisi della domanda e dell’offerta di innovazioni e delle forme di trasferimento dei risultati
alla divulgazione; in questo ambito, dovranno essere favorite le azioni finanziate tra Stato e Regioni.
45. A livello regionale le azioni da intraprendere sono soprattutto di tipo organizzativo e cioè:
• istituzione di specifici “poli” regionali di coordinamento della ricerca, da collocare nell’ambito del S.S.A.;
• riordino e valorizzazione dei centri di ricerca esistenti, e promozione di rapporti organici tra Regioni
ed Enti di ricerca per lo sviluppo di progetti di ricerca finalizzati anche attraverso forme consortili,
programmi pluriennali ed interdisciplinari, ecc.;

71
• partecipazione, con altre Regioni e/o altri Enti di ricerca alla presentazione di progetti di inte-
resse interregionale, con riferimento sia a quelli collegati al programma regionale che a progetti
nazionali cofinanziati.

INFORMAZIONE
Obiettivi
50. Come per la ricerca, la legge n. 491/93 rappresenterà una occasione di riordino per la materia
in questione. La suddetta legge attribuisce al MRAAF specifiche competenze per la raccolta, l’elabora-
zione e la diffusione di informazioni e dati. Il riordino degli IRSA, dell’Inea e dell’Ismea dovrà necessaria-
mente riguardare anche le modalità con cui tali organismi si vanno ad integrare in un sistema informativo
agricolo articolato a livello nazionale e regionale, a supporto sia dei S.S.A. che del processo di pro-
grammazione in agricoltura. I sistemi informativi debbono rispondere alle crescenti richieste del mondo
agricolo fornendo sempre più tempestivamente le conoscenze necessarie per governare i cambiamenti
indotti dal progresso tecnico e dalla concorrenza mercantile,assicurando un flusso di informazioni che
consideri l’orizzonte nazionale e comunitario. Il collegamento e la integrazione fra i sistemi informativi
operanti ai diversi livelli territoriali deve costituire l’aspetto essenziale di un servizio capace di eliminare
ogni carattere discriminatorio rispetto alle capacità di sviluppo delle diverse imprese ed aree agricole.
51. Particolare attenzione va rivolta a quei tipi di informazione che oggi risultano molto carenti. Ci si
riferisce a tutte le informazioni sulla realtà agricola regionale e a quelle di carattere socio-economico che
riguardano il complesso agro alimentare. Le informazioni sui risultati economici delle imprese agricole
per tipologie devono essere affiancate da informazioni sui prezzi e sui mercati dei prodotti agricoli e dei
mezzi tecnici, sui possibili sbocchi e scenari dei marcati, sull’integrazione agro-alimentare con l’evolu-
zione delle esigenze a caratteristiche della trasformazione, commercializzazione, trasporto e consumo
dei prodotti agricoli.
52. In tale ottica gli obiettivi prioritari che il Programma potrà perseguire conseguentemente al riordi-
no degli Enti vigilati dal MRAAF, possono essere riassunti come segue:
• promuovere l’ampliamento delle ricerche finalizzate alla messa a punto di metodologie di divulga-
zione che tengano conto di tutte le specificità che esprime il settore primario;
• favorire il raccordo e la finalizzazione dei programmi dei diversi Enti che operano nel campo;
• contribuire alla creazione di basi informative di larga ed agevole utilizzazione tenendo conto anche
delle banche-dati di carattere internazionale;
• favorire l’accelerazione del processo di riorganizzazione del sistema informativo indotto dal muta-
to quadro tecnologico di riferimento;
• contribuire all’attivazione di strutture dotate di professionalità e supporti tecnologici adeguati per
l’erogazione di servizi formativi di interesse pubblico articolati anche a livello territoriale.

Azioni
53. Le principali azioni da attivare a livello nazionale in relazione alle sfere di competenza sono le
seguenti:
• verifica del raccordo tra le varie fonti informative e tra i diversi livelli istituzionali ed operativi;
• promozione di iniziative finalizzate a favorire il collegamento tra esigenze conoscitive dei S.S.A. e

72
contenuti dei servizi di informazione;
• sviluppo di azioni che consentano di garantire tempestività nel trasferimento delle informazioni e
continuità degli aggiornamenti;
• promozione di progetti di ricerca su metodologie di divulgazione delle informazioni, in relazione ai
diversi ambienti ed alle moderne tecnologie disponibili;
• promozione di iniziative volte a potenziare i supporti ad alto contenuto tecnologico per la divulga-
zione delle informazioni contabili e di mercato e dei risultati della ricerca e sperimentazione. Tali
iniziative devono essere finalizzate alla riduzione dei costi di esercizio per consentire la massima
diffusione dei servizi.
54. A livello regionale le azioni da intraprendere possono essere le seguenti:
• la promozione e il sostegno alla costituzione di centri regionali per l’informazione agricola;
• la promozione e il sostegno di iniziative organiche per il potenziamento e per un utilizzo sistema-
tico dei moderni mezzi di comunicazione (stampa divulgativa, televisione, radio, telematica, ecc.).
In generale, sia a livello nazionale che regionale, ogni azione di sviluppo del settore agricolo dovrà
sempre prevedere specifiche iniziative di divulgazione finalizzate ad una migliore applicazione delle
azioni stesse.

CONSULENZAALL’IMPRESA
Obiettivi
64. Obiettivo del P.N.S.S.A. e’ anche quello di contribuire a determinare un’organica costruzione
del sistema dei S.S.A., al fine di potenziare il cruciale segmento dei servizi di consulenza alle imprese.
Tenendo conto che la consulenza aziendale e’, in primo luogo, la sintesi finale del flusso di informazioni
e di supporti decisionali indirizzato all’imprenditore, le condizioni perché la consulenza possa concreta-
mente estrinsecarsi sono determinate dall’organicità e completezza di tutto il sistema dei S.S.A.
65. Più in particolare, va perseguita:
• l’alta qualificazione dei divulgatori ed il loro aggiornamento permanente;
• un’organizzazione regionale e zonale dotata di organici adeguati e capaci di formulare risposte
complete all’insieme delle problematiche aziendali in una visione di sviluppo territoriale;
• l’adozione diffusa di metodologie di analisi e pianificazione che, con i necessari contenuti tec-
nici, conducano alla proposta di modelli decisionali, parziali e globali, costantemente aggiornati
e verificati, con riferimento a contesti produttivi aziendali/territoriali specifici ed alla introduzione
delle innovazioni.

Azioni
66. A livello regionale le azioni da intraprendere riguardano:
• il completamento e l’adozione dei quadri normativi e/o dei modelli organizzativi che regolano
l’intera materia, con una visione integrata del sistema che garantisca la stabilità e la qualifica-
zione dei servizi;
• il sostegno alla creazione ed al potenziamento della consulenza alle imprese agricole con oppor-
tuna articolazione territoriale e produttiva dei servizi integrati attraverso la realizzazione di pro-
grammi organici ed azioni pilota;

73
• la creazione di servizi di supporto con elevata professionalità e qualificazione con particolare
riferimento a quelle più direttamente utilizzabili per la gestione aziendale, anche attraverso la co-
stituzione di unita’ operative per la contabilità aziendale, l’analisi organizzativa dell’azienda e del
territorio, tendenze dei mercati e delle produzioni agricole, ecc.;
• l’ampliamento ed il potenziamento dei servizi di supporto indiretti all’impresa, quali laboratori di
analisi, servizi agrometeorologici, servizi telematici, ecc.
67. A livello nazionale occorre garantire un’azione di orientamento per i servizi alle imprese, che si
traduca in servizio di supporto alle decisioni regionali e/o delle organizzazioni professionali con partico-
lare attenzione:
• agli aspetti metodologici della consulenza di gestione aziendale, tecnico-economica di prodotto
ed ambientale;
• ai profili professionali dei tecnici da impiegare nelle attività di consulenza;
• alla struttura organizzativa dei servizi di consulenza e di supporto specialistico.
Tale azione deve essere attivata insieme ad un’azione di monitoraggio sulle attività dei servizi nonché
la realizzazione di studi comparativi sulla legislazione regionale e sulle metodologie di consulenza alla
gestione e di fornire supporti decisionali in materia di legislazione, organizzazione, gestione e controllo
dei servizi alle Regioni ed Organizzazioni Professionali.

ORIENTAMENTO TECNICO
Obiettivi
71. In questo cruciale settore che collega la ricerca alle attività dei S.S.A. gli obiettivi prioritari da
perseguire attengono:
• all’ampliamento, diffusione e razionalizzazione delle attività dimostrative;
• alla creazione di strutture di supporto tecnico capaci di verificare la rispondenza delle innovazioni
nei diversi contesti territoriali ed organizzativi (“collaudo” delle innovazioni); in tale campo occorre
costituire un reticolo articolato ai vari livelli territoriali (dal livello nazionale a quello regionale, fino a
quello zonale), con la conseguente partecipazione dei diversi servizi di base e delle stesse istitu-
zioni di ricerca;
• allo sviluppo di un sistema informativo sulle innovazioni, alimentato proprio dalle attività di orienta-
mento tecnico (dimostrazione e collaudo) che consenta di valorizzare al massimo le conoscenze
acquisite ed allo stesso tempo di razionalizzare la programmazione delle attività in modo da evi-
tare le sovrapposizioni e garantire la continuità delle azioni.

Azioni
72. A livello regionale, nell’ambito dei programmi più generali dei S.S.A., sono da intraprendere le
seguenti azioni prioritarie:
• predisposizione di un “piano organico” per la ricognizione, l’adeguamento e la riorganizzazione
gestionale delle aziende agricole e forestali a carattere pubblico utilizzabili a fini sperimentali, di
collaudo e dimostrativi. In tale contesto va recuperata e ampliata la funzione delle aziende agricole
delle Università, degli Istituti Tecnici Agrari e degli Istituti Professionali di Stato per l’agricoltura che
rappresentano un consistente patrimonio da valorizzare, anche attraverso il finanziamento pub-

74
blico dei maggiori oneri connessi alle funzioni dimostrative;
• finanziamento delle iniziative previste da “programmi annuali” delle prove dimostrative e di collau-
do e delle connesse attività di monitoraggio. La programmazione dovrà garantire la continuità dei
flussi finanziari e i collegamenti intra ed extraregionali; il monitoraggio dovrà consentire la verifica
dei collegamenti con le strutture di divulgazione, assicurando cosi’ sia il trasferimento agli agricol-
tori delle innovazioni che gli stimoli di “ritorno” ai centri di produzione delle stesse.
73. A livello nazionale si potrà prevedere la costituzione di un “programma di orientamento tecnico”
che faccia perno su strutture già esistenti quali: gli IRSA e l’INEA riordinati e i CIFDA. Tale programma
potrà utilizzare le esperienze gia’ in atto e i supporti che si vanno predisponendo nell’ambito del P.O.
“Sviluppo della divulgazione agricola” per le regioni meridionali.
Tale programma potrà garantire:
• la selezione delle innovazioni mature e il trattamento delle informazioni per il trasferimento alle
strutture di divulgazione regionali;
• la costituzione di “cataloghi” delle prove e dei risultati conseguiti con le attività di verifica e collaudo;
• lo svolgimento di studi di carattere metodologico sull’impianto e la realizzazione delle prove di
collaudo ai fini di rendere confrontabili i risultati e quindi elevare la produttività degli investimenti
necessari;
• la costituzione di un campione di aziende che hanno adottato innovazioni da sottoporre a siste-
matica rilevazione contabile nell’ambito delle reti già esistenti ed in collegamento con la RICA
gestita dall’INEA. Tale campione costituisce il supporto necessario per valutare l’impatto socio-e-
conomico dell’innovazione a livello territoriale e per tipologia aziendale e consentire il collaudo
delle innovazioni gestionali.

ORIENTAMENTO COMMERCIALE
Obiettivi
78. In considerazione dell’importanza sempre maggiore dei rapporti con il mercato e della commer-
cializzazione dei prodotti agricoli, gli obiettivi da perseguire sono sostanzialmente quattro:
• garantire il raccordo funzionale tra obiettivi di politica agraria e commerciale (contenimento delle
eccedenze) e obiettivi dell’impresa agricola (adeguata remunerazione dei fattori produttivi);
• coordinare tutte le iniziative in questa delicata materia in modo da garantire la massima produtti-
vità delle attività tese alla valorizzazione della produzione agricola e alla piena valorizzazione delle
politiche di marchio;
• sviluppare al massimo la ricerca di mercato e tutte le attività che possono assicurare efficaci azioni
di orientamento commerciale;
• favorire la massima correlazione e coerenza tra le scelte tecnico-economiche degli agricoltori e le
esigenze poste dalla penetrazione dei nostri prodotti nei mercati nazionali ed internazionali.

Azioni
79. L’azione di promozione e sviluppo delle ricerche di mercato, delle azioni di marketing e/o di pro-
mozione commerciale, hanno la possibilità’ di essere attuate con rapidità ed efficacia solo se si assume
come punto di riferimento la dimensione nazionale ed internazionale dei mercati. Quindi tutte le azioni

75
debbono trovare momenti significativi di intervento a livello nazionale, fatte salve le possibili, e talvolta
necessarie, azioni da condursi a livello regionale.
80. Le azioni da promuovere e sostenere in attuazione del P.N.S.S.A. attengono sia all’ampliamento
e miglioramento del sistema informativo che alla consulenza specialistica da rivolgere agli imprenditori
agricoli singoli od organizzati sui mercati nazionali ed esteri. In particolare le azioni previste sono:
• la formulazione di un “Programma di orientamento commerciale” che consenta sia di raccogliere
ed armonizzare le informazioni di mercato, sia, soprattutto, di delineare le strategie di produzione
tenuto conto dei vincoli che discendono dalle scelte di politica agraria, dalle tendenze dei consumi e
dall’evoluzione delle produzioni. Si tratta, in sostanza, di pervenire ad una concertazione preliminare
fra i vari soggetti istituzionali e non, per offrire elementi di maggiore certezza agli orientamenti dei
servizi e alle scelte dei produttori organizzati. Tale programma deve anche garantire che le azioni
promosse dall’EIMA e dall’ISMEA possano essere effettivamente finalizzate a monitorare l’intervento
pubblico e a fornire concreti supporti di orientamento alle scelte dell’operatore agroalimentare;
• favorire la dotazione da parte dei S.S.A. regioni di specializzazioni opportune, anche mediante
il ricorso a competenze esterne, alfine di assicurare, soprattutto alle forme associative dei pro-
duttori agricoli, la consulenza ai fini della migliore collocazione del prodotto in particolar modo
sui mercati esteri.

SERVIZI TECNICI DI SUPPORTO


Obiettivi
84. In questo campo se da un lato appare indispensabile finalizzare i servizi alle realtà ed esigenze
regionali, dall’altro occorre ricercare e sfruttare tutte quelle economie di scala e facilitazione nelle ac-
quisizioni delle conoscenze che evitino sprechi, ripetitività e non confrontabilità delle diverse esperienze
operative. L’esigenza di raggiungere dimensioni adeguate, le elevate professionalità richieste e non
facilmente disponibili ed i forti investimenti necessari per realizzare questi servizi, fanno ritenere che
nella maggior parte dei casi lo sviluppo e la gestione di iniziative in questo segmento debbano essere
assicurare dall’Ente pubblico. È altresì importante prevenire al coinvolgimento di tutti i soggetti pubblici
e sociali interessati.
85. La creazione di un insieme di servizi di supporto all’attività dei S.S.A. acquista piena valenza so-
lamente se viene collocata nell’ambito di un sistema informativo integrato, alla cui realizzazione devono
concorrere sia il livello nazionale che regionale.
In tale ottica gli obiettivi da perseguire prioritariamente riguardano:
• sostenere lo sviluppo di servizi tecnici a livello regionale in modo da rafforzare i servizi di consu-
lenza;
• favorire il raccordo fra le iniziative a livello regionale e nazionale, attivando anche necessari colle-
gamenti con le realizzazioni internazionali;
• promuovere, a livello nazionale, la realizzazione di quei servizi di supporto che per la loro natura,
e per consentire economie di scala, devono avere carattere interregionale;
• promuovere un’azione nazionale di consulenza per la razionale organizzazione dei servizi di sup-
porto.

76
Azioni
86. Gli interventi da attuare a livello nazionale sono:
• individuazione di un idoneo organismo nazionale a cui affidare il compito di mettere a punto mo-
delli organizzativi e standard tecnici e fornire consulenza agli Enti che intendono realizzare servizi
tecnici di supporto;
• ricognizione delle strutture che gia’ svolgono servizi tecnici di supporto nei vari campi, al fine in
individuare quei centri che possono svolgere compiti di controllo della qualità dei prodotti e dei
mezzi tecnici di preminente interesse dei produttori agricoli;
• promozione di un programma generale per i servizi di supporto di rilevanza nazionale, anche con
articolazioni interregionali rivolto anche a colmare le lacune messe in evidenza dalla ricognizione.
Nell’ambito di tale programma appare opportuno porre in attuazione con priorità il consolidamen-
to della rete di agrometeorologia e l’ampliamento delle esperienze in atto (nell’ambito del citati
P.O. “Sviluppo della divulgazione agricola”) sulla realizzazione di carte del suolo e carte tematiche
per la divulgazione agricola.
87. A livello regionale l’azione prioritaria deve consistere nella realizzazione di centri per la produzione
di servizi specialistici a supporto dei programmi di intervento integrati, atti a sviluppare professionalità e
tecnologie secondo gli obiettivi e l’organizzazione generale dei S.S.A. Tali centri devono comprendere
laboratori, anche complessi, per l’effettuazione di analisi agrobiologiche, in strutture per il trattamento
delle informazioni agricole, per la produzione di sussidi audiovisivi, ecc. Occorre altresì sostenere servizi
tecnici di supporto autogestiti dai produttori finalizzati tra l’altro ai controlli di qualità previsti dai discipli-
nari di produzione.

FORMAZIONE PROFESSIONALE
Obiettivi
91. Il superamento delle difficoltà e crisi della formazione professionale agricola può avvenire finaliz-
zando gli interventi alla promozione dell’imprenditorialità e più in generale allo sviluppo agricolo:
• innovando le tipologie e le metodologie formative;
• riqualificando il personale inserito nella formazione.
Il P.N.S.S.A. può favorire il miglioramento del sistema della formazione agricola sviluppando la parte-
cipazione attiva e sistematica da parte dei servizi divulgativi nei confronti della formazione professionale
per giungere ad attività integrate e coordinate.

Azioni
92. Le azioni prioritarie da attivare per elevare il livello qualitativo degli interventi di F.P. in agricoltura
sono:
• promozione di azioni per favorire il raccordo dei programmi di F.P.A. tra le diverse amministrazioni
competenti;
• attività di promozione per la progettazione e finanziamento di azioni regionali comprendenti le
proposte di innovazioni tecnologiche ed organizzative, direttamente correlate alle attività di con-
sulenza e di formazione professionale destinate ad imprenditori agricoli.
• sostegno ad attività volte alla riqualificazione ed all’aggiornamento del personale docente;

77
• realizzazione di studi finalizzata all’analisi delle professionalità emergenti e della correlata doman-
da di formazione degli operatori agricoli.

FORMAZIONE DEI QUADRI TECNICI


Obiettivi
99. L’attività di formazione ed aggiornamento dei quadri tecnici che si è andata consolidando a li-
vello interregionale riveste un ruolo sempre più ampio nella valorizzazione ed affermazione dei S.S.A. Il
PNSSA, per garantire il consolidamento e lo sviluppo del sistema formativo dei divulgatori agricoli, come
parte integrante dei S.S.A., deve perseguire i seguenti obiettivi:
• promuovere un processo di revisione normativa per razionalizzare l’impianto organizzativo del
sistema formativo in atto;
• sostenere le iniziative finalizzate a dotare il sistema delle capacità necessarie per contribuire, in
stretta collaborazione con i committenti istituzionali, alla valutazione della domanda di formazione
ed aggiornamento correlata alle realtà agricole regionali ed alle condizioni organizzative dei S.S.A.;
• ampliare è rafforzare i collegamenti all’intero dell’intero sistema che comprende oltre ai CIFDA
anche le strutture di formazione gestite dalle organizzazioni professionali agricole;
• promuovere i collegamenti del sistema formativo agli altri segmenti e in particolare a quelli della
ricerca e dell’informazione; a tale proposito potranno costituire un utile punto di riferimento i risul-
tati del citato P.O. in fase di realizzazione per le Regioni dell’Obiettivo 1;
• promuovere collaborazioni organiche ed istituzionalizzate tra il sistema formativo interregionale
e l’università, per affrontare razionalmente il problema della formazione specialistica, mediante
apposite convenzioni che consentano di organizzare presso i CIFDA corsi di perfezionamento per
la formazione di divulgatori polivalenti e specialisti, riservati ai laureati, e di corsi post secondari,
riservati ai diplomati, ottenendo così due risultati: l’individuazione di iter formativi più mirati e il
riconoscimento dei titoli rilasciati.

Azioni
100. In relazione alle carenze evidenziate ed agli obiettivi perseguibili con gli strumenti del Piano,
occorre attivare alcune azioni operative rivolte al sostegno ed alla razionalizzazione dell’attuale sistema.
101. I CIFDA, per la loro configurazione istituzionale, devono continuare a rappresentare, a livello
operativo, un punto di riferimento generale per tutte le azioni di formazione e soprattutto, di aggiorna-
mento e riqualificazione dei divulgatori sostenute dall’intervento pubblico e in primo luogo per le azioni
che discendono dalla PAC. In tale ambito si propongono sia per rispondere alle esigenze delle istituzioni
sia per promuovere iniziative di aggiornamento volte a tener conto degli scenari di sviluppo agricolo e
delle innovazioni adottabili.
102. Il sistema formativo in atto può ulteriormente svilupparsi ed articolarsi attraverso un’azione di
riordino dei CIFDA che tenga conto:
• che la loro collocazione sul territorio deve essere funzionale alle nuove esigenze della divulgazione
e al ruolo che le diverse Regioni intenderanno svolgere nello stesso segmento. È tuttavia oppor-
tuno un programma straordinario per l’adeguamento delle strutture logistiche e didattiche;

78
• delle esigenze di concentrazione delle risorse umane e tecnologiche per far fronte ai nuovi e più
consistenti impegni nel settore delle metodologie didattiche e progettazione di moduli formativi.
Specifiche azioni di aggiornamento e riqualificazione dovranno essere realizzate per il personale
direttivo dei SSA e per i docenti - formatori;
• della necessita’ di integrarsi da un lato con le istituzioni di ricerca (si veda anche la proposta gia’
formulata per l’Orientamento tecnico) e dall’altro con le strutture regionali dei SSA. L’azione di rior-
dino potrà essere promossa anche mediante uno studio preliminare che, tenendo presente le più
valide esperienze estere e le prospettive di evoluzione dell’organizzazione dei S.S.A., individui un
assetto del sistema formativo, definisca i ruoli ed i rapporti tra le istituzioni formative, ivi comprese
le Università e le altre componenti del sistema dei Servizi.

STATISTICA AGRARIA
Obiettivi
109. Per cogliere i mutamenti in atto nel settore agricolo e fornire un quadro conoscitivo continua-
mente aggiornato sia ai centri politico decisionali che alle strutture dei S.S.A. e’ necessario far fronte a
nuove esigenze derivanti:
• dalla domanda conoscitiva posta dal sistema dei S.S.A.;
• dall’articolazione dei poteri di intervento in agricoltura e dall’azione di riordino che investirà gli enti
vigilati del MRAAF;
• dalle differenziazioni territoriali delle realtà agricole;
• dalla pluralità delle fonti informative esistenti;
• dal processo di innovazione metodologica in atto, che individua l’azienda quale minima unita’ di
osservazione, e come espressione di una realtà socioeconomica integrata con l’intero sistema
produttivo.
Si rende inoltre necessario affrontare con urgenza il problema della rilevazione dei dati per ovviare
alle citate carenze attuali partendo innanzitutto dalle esigenze ISTAT e INEA e verificando la fattibilità del
progetto gia’ presentato da quest’ultimo Ente. Infine, per rispondere alle esigenze dei S.S.A., va con-
siderato prioritario l’obiettivo di una maggiore tempestività nella diffusione delle informazioni statistiche
sia quelle relative alle nuove esigenze conoscitive che quelle relative alle statistiche a carattere ordinario.

Azioni
110. Le azioni da porre in essere sono le seguenti:
• progettare la citata riorganizzazione delle fasi di raccolta dei dati a livello regionale, creando rac-
cordi funzionali con i centri nazionali che definiscono le metodologie e gestiscono le banche dati;
• sostegno di iniziative regionali volte alla utilizzazione di tutte le fonti statistiche disponibili ai fini del
S.S.A.;
• promozione e finanziamento di studi finalizzati alla messa a punto di metodologie di campiona-
mento e di rilevazione che perseguano l’obiettivo di ottimizzare la produttività delle risorse impie-
gate e di garantire la qualità delle informazioni.

79
Capitolo 2

Il Florovivaismo
Attività informativa, formativa,
sperimentale e dimostrativa

80
Indice capitolo 2

Il florovivaismo nei territori di Marsala e Petrosino agli inizi degli anni ottanta pag 85
L’attività di assistenza tecnica della Sezione Operativa dell’ESA di Marsala
nel comparto florovivaistico pag 87
Intervista al dr. Gaspare Bonomo - Aldo Colombo, Flortecnica, N. 9 - 2011 pag 89

Attività informativa
Articoli divulgativi e convegni
Dopo fragole e pomodori arrivano rose e garofani - Nino Culicchia, Trapani sera, 29 maggio 1981 pag 92
La Floricoltura nel marsalese - Cristina Baccini, Flortecnica, 1/2 1989 pag 93
Coi fiori sbocciano nuove speranze - Dino Barraco, Giornale di Sicilia, 30 maggio 1990 pag 99
Tutti li vogliono ma esportarli costa molto - Dino Barraco, Giornale di Sicilia, 30 maggio 1990 pag 100
Il reciso di Marsala - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 1999 pag 101
I fiori a Marsala si vendono all’asta - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 7 - 2001 pag 102
Marsala alla conquista del mercato cinese dei fiori - Isabella Napoli, La Repubblica, 3 settembre 2002 pag 103
Fiori, assortimento in crescita - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 - 2003 pag 104
Trapani … provincia naturale dei fiori - Enoturismo Sicilia, N. 5 Aprile 2005 pag 105
Diversificazione floricola - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 - 2005 pag 107
Il florovivaismo nei territori di Marsala e Petrosino - Gaspare Bonomo, Flortecnica, N. 9 - 2006 pag 108
Rino Bonomo dell’ESA premiato al “Garofano d’argento” di Giarre - Il Vomere, 19 gennaio 2008 pag 112
Garofano d’argento Giarre-Etna, 33a edizione, 2007 - Arturo Croci, Flortecnica, 1/2 2008 pag 113
Asta a orologio per i recisi - Gaspare Bonomo, Colture Protette, N.9 - 2009 pag 117
Nasce l’Associazione Florovivaisti Marsalesi - Arturo Croci, Flortecnica, N. 9 - 2009 pag 122

Andamento dei prezzi dei fiori dal 2002 al 2009


2002 - Reciso a Marsala, i prezzi - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia, Colture Protette,
N. 9 - 2002 pag 123
2003 - Superfici stabili, cresce l’assortimento - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 3 - 2004 pag 124
2004 - In ascesa i fiori recisi marsalesi - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 3 - 2005 pag 125

81
2005 - Modesti i prezzi 2005 - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 3 - 2006 pag 126
2006 - Marsala: fermi prezzi dei fiori 2006 - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 3 - 2007 pag 127
2007 - Fiori a Marsala: prezzi in aumento - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 3 - 2008 pag 128
2008 - Floricoltura marsalese, crescono i prezzi anche in estate - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese,
Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.12 - 2008 pag 129
2008 - Marsala, i prezzi dei fiori 2008 - Gaspare bonomo, Vincenzo Maltese - Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 4 - 2009 pag 130
2009 - A Marsala prodotti meno fiori - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 3 - 2010 pag 131

Gerbera
Gerbere solo da specialisti - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore - Pianeta Sicilia, Colture Protette N. 12 - 2001 pag 132
Gerbera, reddito garantito - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore - Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 12 - 2003 pag 133

Rosa
La rosa è il fiore più coltivato nel marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano. Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 5 - 2000 pag 134
Rose a “Polmone” - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 2001 pag 135
Il fuori suolo migliora le rese - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 12 - 2002 pag 136
Rosa, manodopera onerosa - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 11 - 2003 pag 137
Rosa, bene le varietà a fiore grande - Gaspare Bonomo, Vincenzo maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette,
N. 5 - 2004 pag 138
Rose a Marsala: dal fuori suolo alla vendita all’asta - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese,
Colture Protette, N. 8 - 2007 pag 139
Rosa fuori suolo, i costi di produzione nel marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano,
Colture Protette, N. 11 - 2007 pag 145

Specie minori
Garofano all’aperto nel marsalese - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette,
N. 2 - 2002 pag 148
Le bulbose nelle aziende marsalesi - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette,
N. 4 - 2002 pag 149
Appare la Zantedeschia - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2002 pag 150
Aloe per uso farmaceutico - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2007 pag 151
E i floricoltori di Marsala provano il girasole - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N.12 - 2007 pag 152
Marsala, la marcia in più delle specie minori - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 7 - 2008 pag 153

82
Dianthus barbatus in prova - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 - 2009 pag 154

Piante ornamentali
Nel marsalese verso le piante mediterranee - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 5 - 1999 pag 156
Nel marsalese in crescita le piante mediterranee - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 9 - 2000 pag 156
Piante fiorite in vaso - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese - Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 6 - 1999 pag 157
Ornamentali: Marsala esporta - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 6 - 2000 pag 158
Le Cycas di Marsala - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 10 - 2001 pag 159
Si anche a Mirto e Hibiscus - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia Colture Protette, N. 7 - 2003 pag 160
Specie mediterranee, anche esotiche, per il futuro - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 9 - 2004 pag 161
Poinsettia, piace la brattea rossa - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette,
N. 2 - 2005 pag 162
Si punta ancora sulle mediterranee - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette,
N. 5 - 2005 pag 163
Florovivaismo alla marsalese - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.12 - 2005 pag 164
Olivi e Oleandri per verde pubblico - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette,
N. 8 - 2006 pag 165
Marsala scopre le piante grasse - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette,
N. 6 - 2008 pag 166
Così la Sicilia scommette sulle piante ornamentali - F. Badalà, G. Bonomo, G. Donzella, Colture Protette,
N. 11 - 2008 pag 167
Piante mediterranee in cava - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 1 - 2010 pag 172

Difesa fitosanitaria
Sulla Rosa sempre meno parassiti - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette,
N. 6 - 2004 pag 174
Palme: allarme Punteruolo rosso - Gaspare Bonomo, Guglielmo Donzella, Pianeta Sicilia, Colture Protette,
N. 7 - 2006 pag 175
Così la Regione si oppone ai fitofagi delle piante - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette,
N.10 - 2007 pag 176
Ancora Punteruolo rosso - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 6 - 2009 pag 177
“Punteruolo” interventi non coordinati - Jana Cardinale, La Sicilia, 10 febbraio 2009 pag 178

Attività formativa
Viaggio studio in Liguria - Gaspare Bonomo pag 180
Seminario: la coltivazione delle piante fiorite in vaso - Gaspare Bonomo pag 182
Corso sul florovivaismo a Marsala - Arturo Croci, Flortecnica, N. 4 - 2007 pag 183

83
Attività sperimentale e dimostrativa
I fiori sbocceranno a Sud - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 - 2001 pag 184
Localizzazione e raccolta a fini ornamentali e paesaggistici di germoplasma di specie alofite
e non delle coste mediterranee - G. Bonomo, V. Maltese, V. Marino e al. - Atti convegno: Programma
operativo pluriennale, misura 2, Marsala 12-13 Novembre 2001 pag 185
Effetti delle epoche d’impianto delle varietà sulla produzione di Lisianthus allevato
in serra fredda - G. Bonomo, V. Maltese, M. Bellafiore, G.V. Zizzo, M. Airò, M. Costanzo. Atti convegno Programma
operativo multiregionale, misura 2, Marsala 12-13 novembre 2001 pag 187
Marsala prova con il Solidago - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 2004 pag 190
Limonium in serra a Marsala - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 11 - 2004 pag 191
Limonium, ma in pieno campo - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette,
N. 12 - 2004 pag 192
Produzione di piante in vaso di alcune specie della flora mediterranea ed esotica - G. Bonomo,
M. Bellafiore, V. Maltese ed al., Atti convegno: Florovivaismo in Sicilia: Problematiche e prospettive,
Catania 11/12 - 2005 pag 193
Violaciocca, a Marsala i trend agronomici - G. Bonomo, Vincenzo Maltese, M. Bellafiore,
Colture Protette, N. 1 - 2008 pag 207

84
Il florovivaismo
di Marsala e Petrosino
agli inizi degli anni ottanta

Nel marsalese il florovivaismo si è progressivamente sviluppato e diversificato a partire dagli anni


’70, in linea con la tendenza, che si registrava in quel periodo, di meridionalizzare le produzioni flo-
rovivaistiche. All’inizio la floricoltura era incentrata principalmente sul garofano di pieno campo e su
poche superfici dedicate a rosa, gerbera, strelitzia, gladiolo, fresia e altre specie minori, mentre il
vivaismo era rappresentato da pochi coltivatori che si dedicavano ad alcune specie da esterno e da
qualche coltivatore di piante da interno, principalmente Kentia e Chamaedorea. Si trattava per lo più
ancora di attività di nicchia.
All’inizio degli anni ’80 il comparto aveva già assunto caratteristiche e dimensioni che facevano
intravvedere ampie possibilità di miglioramenti a livello produttivo e organizzativo.
La floricoltura si era notevolmente incrementata grazie alla maggiore specializzazione dei produt-
tori e alla presenza di alcune cooperative (Primavera Sud, Lara, Torregiano, Nuova Agricoltura, etc.),
ma anche perché a livello commerciale poteva contare su due mercati, Samasi e Cooperativa “Il
Contadino”, che garantivano la commercializzazione dell’intera produzione. L’interesse verso il garo-
fano cominciava a regredire, mentre si guardava con maggiore attenzione alla rosa coltivata in serra
e alla diversificazione colturale puntando su Gladiolo, Lilium, Gerbera, Statice, Gipsophila, Lisianthus.
Complessivamente la floricoltura interessava una superficie di circa 30 ettari.
Il vivaismo si era sviluppato grazie ad alcuni produttori che avevano raggiunto un ottimo livello
di specializzazione nella produzione di piante da interno come Philodendron, Croton, Syngonium,
Pothos, Ficus, Kentia, Chamaedorea, e alcune piante fiorite in vaso come Poinsettia, Primula, Cine-
raria, etc. Oltre ad alcune aziende leader di grandi dimensioni, come Trapani e Martinico, si registrava

85
anche la presenza di piccole aziende e soprattutto di alcune cooperative come Meridiana, Orchidea,
Birgi Marausa, Omnia ed altre che nell’insieme occupavano una superficie di circa 20 ettari e immet-
tevano sul mercato un vasto assortimento di prodotti.
Stentava ancora a decollare il vivaismo di piante da esterno che era rappresentato principalmente
dalle aziende Ferracane, Pavia e Reina-Amato. La produzione si sviluppava su una superficie di circa
15 ettari e interessava alcune specie da siepe, oltre a Olivo, Araucaria, Cycas, Phoenix canariensis,
Pittosporo, Oleandro.
Comunque, i caratteri di attività di nicchia cominciavano a sfumare e si passava ad un’attività più
estesa e più articolata, caratterizzata dalla presenza di diverse aziende che si andavano specializzan-
do per meglio cogliere le opportunità del mercato.

86
L’attività di assistenza
tecnica svolta dalla
Sezione Operativa dell’ESA
di Marsala nel comparto
florovivaistico
Prima d’intervenire in questo comparto la Sezione Operativa di Marsala s’impegnò a studiarlo in tutti
i suoi aspetti, in modo da capire quali erano le priorità da affrontare. In primo luogo emerse la necessità
di ampliare in floricoltura la gamma delle specie coltivate, puntando ad un ridimensionamento del ga-
rofano di pieno campo e ad un ampliamento delle superfici coltivate a specie di maggiore pregio come
rosa, gerbera, Lisianthus, bulbose. In questo modo si sarebbe data la possibilità ai due mercati locali di
ampliare l’assortimento commerciale e di attirare l’interesse di un maggior numero di operatori commer-
ciali. Per favorire questo processo fu avviata un’intesa attività dimostrativa, realizzando diversi campi di
coltivazione di queste specie e di specie minori come Solidago, Violacciocca, Statice, Bocca di leone,
Calla, etc. Negli stessi campi venivano messi a punto l’itinerario tecnico, la scelta varietale e la difesa
fitosanitaria. Per quanto riguarda la difesa si puntatò fin dall’inizio sulle tecniche della lotta integrata (bio-
logica, agronomica e chimica), soprattutto per combattere parassiti come ragnetto rosso (Tetranychus
urticae), minatrice americana (Liriomyza trifolii) e mosca bianca (Trialeurodes vaporariorum). Per miglio-
rare la professionalità degli agricoltori furono organizzati viaggi d’istruzione nei territori di Vittoria e San
Remo e diversi incontri formativi, seminari e convegni.
L’azione formativa, oltre che agli agricoltori, veniva rivolta anche agli studenti degli Istituti ad indirizzo
agrario, instaurando rapporti di collaborazione soprattutto con l’Istituto Professionale per l’Agricoltura,
sezione staccata di Marsala. In una serra di questo Istituto ogni anno venivano coltivate diverse spe-
cie di piante fiorite in vaso (Primula, Calceolaria, Cineraria, Viola, Impatiens, etc.). Gli allievi avevano la
possibilità di seguire tutte le fasi del ciclo colturale, a partire dalla semina. Con l’Istituto Tecnico Agrario
“Abele Damiani” di Marsala si realizzarono principalmente alcune iniziative sulla lotta biologica contro i

87
parassiti delle specie floricole e orticole e diversi convegni e seminari su alcune problematiche del com-
parto florovivaistico.
Oltre che verso la floricoltura, particolare attenzione fu dedicata al vivaismo, che nel corso degli anni
si era ampliato e trasformato. Le aziende che si dedicavano alla coltivazione di piante ornamentali da
interno si andavano specializzando e cominciavano ad attrezzarsi per ampliare la rete commerciale. Le
nuove aziende puntavano soprattutto sulle piante da esterno, dedicandosi prevalentemente alla coltiva-
zione di piante mediterranee e palmacee.
La diffusione del vivaismo avveniva però in modo disordinato, senza una programmazione e senza
la necessaria conoscenza delle esigenze di mercato.
Era necessario, pertanto, fornire a questo settore gli strumenti per ampliare le proprie conoscenze e
per inserirsi nei circuiti commerciali nazionali ed europei.
Per affrontare questi problemi si diede seguito ad un’intensa attività informativa e promozionale,
coinvolgendo in questa azione oltre alle aziende anche gli Enti locali, le Organizzazioni di categoria, le
Università e le Strutture di Ricerca.
Ogni anno venivano organizzati incontri e convegni per approfondire le conoscenze sia sulle specie
maggiormente richieste dal mercato sia sulle strategie e dinamiche commerciali.
Ma l’intervento che maggiormente valorizzò il florovivaismo marsalese e petrosileno fu l’organizza-
zione della manifestazione “Porte Aperte”. Essa permise di far conoscere questo settore agli operatori
commerciali.
L’aspetto organizzativo della manifestazione era curato dalla Sezione Operativa dell’Esa di Mar-
sala in collaborazione con i produttori, la Confederazione Italiana Coltivatori (CIA), gli Enti locali e
gli Istituti di ricerca.
Dal 1997 al 2011 ogni anno si offriva la possibilità ad operatori commerciali italiani ed europei, op-
portunamente selezionati, a tecnici e a giornalisti delle principali testate di settore, di prendere visione
del vasto assortimento delle produzioni florovivaistiche di Marsala e Petrosino.
A queste iniziative veniva affiancata anche una vasta attività divulgativa coinvolgendo sia la stampa
che i mezzi televisivi. Famose trasmissioni televisive come Linea Verde, GEO&GEO ed altre produssero
servizi sul florovivaismo di Marsala e Petrosino.
Con queste azioni si riuscì a fare acquisire al florovivaismo del territorio una grande visibilità nazionale
e internazionale e a creare le condizioni per aumentarne le possibilità commerciali.

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Flortecnica - n.9 2011

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Attività informativa

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Articoli divulgativi e convegni

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Flortecnica N.9 2009

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Andamento dei prezzi dei fiori
dal 2002 al 2009

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2003

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2004

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2005

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2006

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2008

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2008

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2009

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Gerbera

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Rosa

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Specie minori

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Piante
Ornamentali

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Difesa fitosanitaria

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Attività formativa

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Viaggio studio in Liguria

Questa iniziativa è stata realizzata insieme alla


SOPAT di Partinico nel periodo 26-30 Aprile 1987.
Il programma delle visite è stato articolato in modo
tale da potere acquisire quegli elementi di conoscen-
za utili a migliorare la nostra floricoltura sotto l’aspet-
to produttivo, qualitativo e commerciale.
I partecipanti sono stati scelti nell’ambito dei diri-
genti delle cooperative e tra gli operatori agricoli più
interessati ai problemi della floricoltura.
La prima visita ha riguardato l’Istituto Sperimenta-
le per la floricoltura di Sanremo dove il gruppo ha avuto l’opportunità di prendere visione di tutta l’attività
sperimentale dell’Istituto e delle attrezzature di laboratorio, soffermandosi in particolare sulle tecniche di
micropropagazione. Nel pomeriggio dello stesso giorno il gruppo guidato dal tecnico Sulis dell’Istituto
Sperimentale ha visitato le aziende Semeria e Bianchi. Nella prima azienda sono state approfondite le
problematiche legate alla commercializzazione e alla coltivazione della rosa. Nell’azienda Bianchi, spe-
cializzata nella coltivazione di garofani, si è avuta la possibilità di acquisire una completa informazione
sui nuovi orientamenti della dianticoltura in generale e di approfondire in particolare le problematiche
legate alla coltivazione dei garofani tipo mignon, alfa e Border.
Il giorno 28/4/87 sono stati visitati il mercato dei fiori di Sanremo, l’azienda Armaflora e la cooperativa
Valverde. La visita al mercato dei fiori ha rappresentato per tutto il gruppo un’esperienza di notevole
interesse in quanto si è avuta la possibilità di verificare che questa struttura pur rappresentando un
luogo di alta concentrazione della domanda e dell’offerta non si può considerare un modello risolutivo
di tutti i problemi della commercializzazione e soprattutto, contrariamente alle illusioni di qualcuno, non
costituisce una via di sbocco delle nostre produzioni floricole. Nella stessa giornata sono state visitate
l’azienda Armaflora e la cooperativa Valverde. L’Armaflora, ubicata nel comune di Arma di Taggia, è una
azienda specializzata nella produzione e commercializzazione di piante ornamentali. Qui sono state
approfondite le problematiche legate alla produzione e commercializzazione di queste specie e le pro-
spettive di sviluppo del settore.
La cooperativa Valverde, ubicata nel territorio di Taggia, si occupa della commercializzazione delle
produzioni floricole e delle piante ornamentali e svolge la sua attività sia in favore dei soci a conferimento
totale che delle cooperative associate. Il gruppo, dopo aver visitato le attrezzature per la lavorazione e
conservazione del prodotto, ha avuto un incontro con il direttore commerciale della cooperativa, il quale
dopo un’ ampia illustrazione dell’attività della cooperativa si è soffermato sulle possibilità di una even-
tuale collaborazione a livello commerciale con i produttori della nostra zona.
Il giorno 29/4/87 il gruppo si è trasferito nel territorio di Albenga dove ha visitato due cooperative:
“L’ortofrutticola” e “la cooperativa Provinciale Floricoltori”.
La cooperativa “L’ortofrutticola” si occupa della commercializzazione delle produzioni Orticole e rap-

180
presenta l’unica struttura cooperativa della zona che opera in questo settore. Particolare interesse ha de-
stato negli operatori agricoli l’organizzazione commerciale di questa cooperativa che si sviluppa attraverso
diversi canali che comprendono rapporti con le grandi catene di distribuzione, grossisti italiani e stranieri e
la gestione di un mercato alla produzione basato sulla vendita all’asta con il metodo dell’orologio.
Inoltre la cooperativa, avvalendosi di due agronomi, assicura l’assistenza tecnica a tutti i soci e for-
nisce anche i mezzi tecnici e il materiale di propagazione.
La cooperativa Provinciale Floricoltori si occupa della commercializzazione del fiore reciso, delle fron-
de ornamentali e delle piante fiorite in vaso. Questa cooperativa, oltre a commercializzare in
Italia e all’estero la produzione dei soci, gestisce un interessante mercato alla produzione, ubicato
nella stessa sede della cooperativa.
In conclusione si può affermare che la gita in questione ha dato la possibilità ai partecipanti di acqui-
sire interessanti informazioni su tutto il comparto floricolo, che, se bene utilizzate, potranno contribuire
a dare un nuovo impulso alla nostra floricoltura e ad avviarla verso un processo di sviluppo più rispon-
dente alle potenzialità produttive della zona e alla aspettative dei coltivatori.

Gaspare Bonomo

Tecnici e operatori agricoli marsalesi partecipanti al viaggio d’istruzione:


Gaspare Bonomo - Dirigente Sezione Operativa Esa Marsala
Gaspare Cascio - Funzionario Sezione Operativa Esa Marsala
Vito Parrinello - Funzionario Sezione Operativa Esa Marsala
Antonino Bongiorno - Presidente cooperativas Bufalata
Antonino Di Girolamo - Presidenta Cooperativa Primavera Sud
Tommaso Figlioli - Presidente Cooperativa Lilibeo
Michele Bonomo - floricoltore
Vito Giannone - floricoltore
Ignazio Parisi - floricoltore
Pasquale Parrinello - floricoltore
Michele Spanò - floricoltore
Vincenzo Trapani - vivaista

181
Seminario su:
La coltivazione delle piante fiorite in vaso
Il florovivaismo è il comparto che nel territorio marsale-
se presenta maggiore potenzialità di sviluppo. Attualmente,
tra piante verdi, piante fiorite in vaso, fiori recisi e piante da
esterno occupa una superficie complessiva di circa 80 et-
tari. Poiché si è notato che i giovani coltivatori mostrano un
interesse sempre maggiore verso le piante fiorite in vaso, si
è ritenuto opportuno organizzare, insieme all’Associazione
dei Dottori in Scienze Agrarie e Forestali della provincia di
Trapani, un seminario per approfondire la tecnica di coltiva-
zione di alcune specie idonee ad essere coltivate nel nostro
ambiente.
Il seminario in questione si è tenuto a Marsala nei giorni 5
e 6 marzo 1992, nei locali dell’Ente Fiera Vini. Il primo giorno
ha relazionato il Dr. Luigi Oggioni della Scuola di Ortofloro-
frutticoltura di Minoprio, il quale ha trattato le problematiche
colturali di Poinsettia, Geranio e Kalanchoe;
Il giorno successivo il Dr. Giovanni D’Angelo, sempre del-
la Scuola di Ortoflorofrutticoltura di Minoprio, ha affrontato le
problematiche di Ciclamino, Spathiphillum, Aeschynanthus
e Cineraria.
Per ogni specie sono stati approfonditi gli aspetti riguar-
danti l’importanza economica, le esigenze climatiche, le
esigenze nutritive, le scelte varietali, i cicli di coltivazione e
la difesa fitosanitaria. Le relazioni sono state accompagnate da una ricca proiezione di diapositive.
Gli argomenti sono stati seguiti con molta attenzione da un qualificato gruppo di tecnici ed operatori,
che hanno animato l’incontro con interessanti domande utili ad approfondire alcuni aspetti di ordine
colturale e commerciale delle specie trattate.
Gaspare Bonomo

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Attività Sperimentale

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Atti convegno: Programma operativo multiregionale - misura 2
“Miglioramento delle produzioni floricole extrastagionali nel rispetto dell’ambiente”
Marsala, 12-13 Novembre 2001

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Atti convegno: Programma operativo multiregionale - misura 2
“Attività di sostegno ai Servizi di Sviluppo per l’agricoltura”
Marsala, 12-13 Novembre 2001

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Atti convegno Florovivaismo in Sicilia:
problematiche e prospettive
Catania 11 Dicembre 2005

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Capitolo 3

Il Florovivaismo
Attività promozionale

211
Indice capitolo 3

Le Porte Aperte del florovivaismo marsalese e petrosileno pag 215


Partecipanti alle visite aziendali e ai convegni pag 218

Porte aperte 1997


Programma pag 229
Florovivaismo a Marsala è una realtà - Vincenzo Maltese, SiciliAgricola, marzo 1998 pag 230

Porte aperte 2000


Programma pag 232
Il florovivaismo marsalese: una crescita continua - Arturo Croci, Flortecnica, 7/8 2000 pag 233
Vasto impegno per il florovivaismo - Gaspare Bonomo, Sicilia Agricola, agosto/settembre 2000 pag 237
Sempre più fiori da Marsala - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 10 - 2000 pag 238

Porte aperte 2001


Programma pag 239
Una grande manifestazione sul florovivaismo della provincia di Trapani - Il Vomere, 8 Dicembre 2001 pag 241
Il florovivaismo in provincia di Trapani - Arturo Croci, Flortecnica, N. 12 - 2001 pag 242
Due giornate a Marsala con mostra, convegno e visita alle aziende - Giovanni Catalano,
SiciliAgricola, gennaio 2002 pag 248
Il secondo polo floricolo - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 3 - 2002 pag 252

Porte aperte 2002


Programma pag 253
Piante e fiori, da Marsala una nuova sfida per il mercato - Nino Culicchia, SiciliAgricola, Dicembre 2002 pag 255
Marsala: la strada per i mercati europei - Valter Pironi, Flortecnica, 1/2 - 2003 pag 256
Qui il lavoro non manca - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 3 - 2003 pag 261

Porte aperte 2003


Programma pag 262
Il florovivaismo marsalese: prospettive di sviluppo e scelte di qualità - Arturo Croci,
Flortecnica, N. 12 - 2003 pag 264

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Porte aperte 2004
Programma pag 269
Il florovivaismo marsalese e petrosileno - Arturo Croci, Flortecnica, N. 12 - 2004 pag 271

Porte aperte 2005


Programma pag 275
Il florovivaismo a Marsala - Arturo Croci, Flortecnica, N. 12 - 2005 pag 277
La vivacità del marsalese - Gaspare Bonomo , Colture Protette, N. 2 - 2006 pag 282
Il florovivaismo a Marsala - Clamer Informa, 8-12 - 2005 pag 285

Porte aperte 2006


Programma pag 289
Porte aperte nel florovivaismo marsalese, dall’8 all’11 novembre - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 10 - 2006 pag 291
Marsala il colore del sole - Arturo Croci, Flortecnica, N. 12 - 2006 pag 292
Un’unica piattaforma logistica nazionale per i fiori - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia,
Colture Protette , N. 1 - 2007 pag 296
Il florovivaismo marsalese si esibisce a “Porte Aperte” - Gaspare Bonomo, Il floricultore,
N. 12 Dicembre 2006 pag 297
Interessanti proposte per il florovivaismo italiano - Giovanni Catalano, Il Vomere, 16 Dicembre 2006 pag 298
Florovivaismo marsalese verso produzioni più adatte al trasporto - Gaspare Bonomo,
Colture Protette, N. 3 - 2007 pag 300
In Sizilien ticken die Uhren etwas anders - Von Werner Oschek, Der Gartenbau, 2/2007 pag 304
Tage der offenen Tür, in Sizilien laufen die Uhren anders - Von Werner Asche, Taspo, N. 14, 6 April 2007 pag 307

Porte aperte 2007


Programma pag 310
Il florovivaismo marsalese - AgroNotizie, 31 ottobre 2007 pag 313
A Marsala tutti gli operatori del florovivaismo - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette N, 11 - 2007 pag 314
Marsala non è solo vino- Aldo Colombo, Flortecnica, N.12 - 2007 pag 315
I convegni di Marsala - Aldo Colombo, Flortecnica, N.12 - 2007 pag 320
Fiori, Marsala rilancia sull’export - Giambattista Pepi, Agrisole, 14-20 dicembre 2007 pag 323
Un successo la 9^ manifestazione “Il florovivaismo marsalese” - Giovanni Catalano,
Il Vomere, 19 Gennaio 2008 pag 324
Il florovivaismo marsalese - Jaap N. Kras, Floriculture Internazional, Dicembre 2007 pag 325
L’innovazione secondo Marsala - Gaspare Bonomo, Colture Protette, N. 2 - 2008 pag 327

Porte aperte 2008


Programma pag 332
Florovivaismo a Marsala. Studio, mostre e visite guidate - Comune di Marsala, 31ottobre 2008 pag 335
Marsala, porte aperte verso il mediterraneo - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.10 - 2008 pag 336

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Marsala 2008: continua la tradizione di porte aperte - Aldo Colombo, Flortecnica, N. 12 2008 pag 337
Piante come elementi di arredo - Gaspare Bonomo, Colture Protette, N. 6 - 2009 pag 341
Torna alla ribalta il florovivaismo marsalese - Anna Maria Parrinello, SiciliAgricola, gennai/febbraio 2009 pag 347

Porte aperte 2009


Programma pag 349
Florovivaismo in mostra - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.10 - 2009 pag 352
Il florovivaismo marsalese - Giulia Arrigoni, Linea Verde, novembre/dicembre 2009 pag 354
Porte aperte 2009 del florovivaismo marsalese - Mauro Milani bricoliamo.com pag 358
Attestato di Benemerenza per il giornalista Arturo Croci - Comune di Marsala, 13 Novembre 2009 pag 365
Tradizione e innovazione a Marsala - Aldo Colombo, Flortecnica, N. 12 - 2009 pag 366

Porte aperte 2010


Programma pag 372
Ritornano le Porte aperte dedicate al florovivaismo a Marsala - Economia Sicilia, 4/11/2010 pag 373
Marsala, Porte sempre aperte - Aldo Colombo, Flortecnica, N.11 - 2010 pag 374
Il congresso CEJH di Marsala: Sicilia, verde, dolce e salato - Aldo Colombo, Arturo Croci,
Flortecnica, N. 9 - 2010 pag 378
Al Vice Sindaco Milazzo il premio “Garofano d’argento 2010” - Comune di Marsala, 11 marzo 20011 pag 383

Porte Aperte 2011


Programma pag 384
XIII edizione delle porte aperte nel marsalese - Arturo Croci, Flortecnica, N. 12 - 2011 pag 386
Porte aperte, natura, tradizione, innovazione - Antonella Genna, Il Vomere, 24 dicembre 2011 pag 389

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Le Porte Aperte
del florovivaismo
marsalese e petrosileno

Le “Porte Aperte” del florovivaismo marsalese e petrosileno rappresentarono sicuramente l’iniziativa,


a sostegno del florovivaismo, più interessante e innovativa realizzata dalla Sezione Operativa dell’ESA
di Marsala.
Questa iniziativa fu ideata dal giornalista Arturo Croci, uno dei maggiori conoscitori del florovivaismo
italiano ed europeo, che, invitato dal vivaista Michele Canale a visitare periodicamente la realtà florovi-
vaistica marsalese, intuitì le grandi potenzialità di questo comparto e le cause che ne ostacolavano la
crescita e l’inserimento nei mercati nazionali ed esteri.
Il florovivaismo marsalese si era fatto conoscere in Italia e all’estero tramite le due grandi aziende
che operavano nel territorio: Trapani e Martinico. Erano sconosciute, invece, le produzioni di tante pic-
cole aziende che erano sorte nel tempo e che, per motivi finanziari e per dimensioni, non riuscivano ad
avviare quelle iniziative promozionali necessarie per pubblicizzare le loro produzioni nei grandi circuiti
commerciali nazionali e internazionali.
La Sezione Operativa di Marsala si era occupata del settore fin dagli anni ottanta e si era fortemente
impegnata per dare un contributo alla soluzione di alcune problematiche, fra le quali la crescita profes-
sionale degli operatori agricoli assumeva carattere prioritario.
Dalla collaborazione tra il giornalista Arturo Croci, Michele Canale e la SOPAT di Marsala nacque
l’idea di programmare interventi innovativi e originali che permettessero al settore di crescere sotto l’a-
spetto qualitativo, organizzativo e commerciale.
L’idea più interessante fu quella di invertire il tradizionale meccanismo promozionale, basato sulla
realizzazione di stand espositivi nelle diverse fiere nazionali ed estere, cosa troppo onerosa e impegna-

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tiva per le piccole aziende. Per la prima volta in Italia si progettò, quindi, un evento per far conoscere
le produzioni di tutte le aziende florovivastiche marsalesi e petrosilene e promuovere nel contempo il
territorio e la sua storia.
L’iniziativa “Porte Aperte”, fu avviata in modo sperimentale e con le poche risorse finanziarie della
Sezione Operativa e di alcune aziende florovivaistiche. Ma la passione e l’impegno costante degli orga-
nizzatori (Arturo Croci, Gaspare Bonomo, Michele Canale, Valter Pironi, fratelli Trapani e fratelli Martini-
co), permisero di superare gli ostacoli iniziali e con il coinvolgimento di altri Organismi pubblici e privati
si riuscì a far crescere e affermare la manifestazione.
Dapprima si coinvolsero le istituzioni pubbliche che si occupavano di agricoltura (Assessorato re-
gionale dell’Agricoltura e delle Foreste, Istituto Sperimentale per la Floricoltura di San Remo - Sez.
Operativa di Palermo, Istituto di Orticoltura e Floricoltura dell’Università di Palermo), le scuole a indirizzo
agrario (Istituto Tecnico Agrario A. Damiani) e successivamente gli Enti locali (Comune di Marsala e
Provincia regionale di Trapani), che non facevano mancare il loro sostegno finanziario. Oltre a tutte le
aziende florovivaistiche locali partecipavano all’iniziativa i mercati floricoli “Florabella” e “Il Contadino” e
le organizzazioni di categoria, principalmente la CIA (Confederazione Italiana Agricoltori di Marsala) che
rappresentava quasi tutti i florovivaisti marsalesi.
La formula delle “Porte Aperte” si andò consolidando nel corso degli anni e fino al 2011 questa ma-
nifestazione rappresentò uno degli eventi più interessanti del florovivaismo professionale e un esempio
per altre Regioni d’Italia.
Ogni anno, solitamente nella seconda decade di novembre, le aziende florovivaistiche marsalesi e
petrosilene aprivano le porte a buyer, tecnici, esperti, vivaisti, giornalisti e ricercatori per fare conoscere
le loro produzioni.
Così nel corso degli anni i più importanti operatori commerciali italiani e tanti buyer di paesi europei
ed extra europei (Grecia, Spagna, Olanda, Germania, Francia, Svizzera, Romania, Cipro, Montenegro,
Ucraina, Tunisia, etc.) ebbero la possibilità di conoscere la qualità e il vasto assortimento delle produzio-
ni florovivaistiche marsalesi e petrosilene.
La caratteristica principale di questa manifestazione era quella d’invitare solamente i buyer interessati
alla tipologia di prodotti che si ottenevano nel vivaismo marsalese e giornalisti italiani e stranieri che scrive-
vano su testate molto diffuse nel mondo del florovivaismo. Agli ospiti, oltre a fare visitare le aziende florovi-
vaistiche, si offriva la possibilità di dedicare una giornata alla conoscenza delle bellezze naturali e artistiche
del territorio (Mozia, la laguna dello stagnone con le saline, il museo Lilibeo, le cantine Florio … etc.). Si
utilizzava, quindi, la manifestazione “Porte Aperte” per promuovere sia le produzioni vivaistiche sia il ter-
ritorio e la sua storia. In pratica le “Porte Aperte” erano un evento lungimirante di “Marketing Territoriale”.
Un evento collaterale alle “Porte Aperte”, ma molto importante, fu il congresso della Comunità Euro-
pea dei Giovani Florovivaisti (CEJH), rappresentata in Italia dalla GFA, Giovani Florovivaisti Associati. Al
congresso, tenutosi nel luglio 2010 presso l’Istituto Tecnico Agrario A. Damiani di Marsala, parteciparo-
no un centinaio di giovani florovivaisti provenienti da quattordici paesi europei, oltre al premio Nobel per
la pace (IPPW) italo argentino Francesco Bruno Gnisci.
Altra caratteristica delle “Porte Aperte” era quella di abbinare alle visite aziendali momenti di appro-
fondimento di alcune problematiche di ordine tecnico e commerciale, attraverso convegni, seminari e
tavole rotonde.

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Quasi annualmente, in occasione della manifestazione, ricercatori e studiosi di tutta Italia si riunivano
a Marsala per illustrare i risultati delle ricerche condotte su tematiche attinenti i problemi del florovi-
vaismo marsalese. Tutto questo consentiva ai produttori marsalesi di ampliare e aggiornare le proprie
conoscenze in materia di innovazioni tecniche e di programmare l’organizzazione aziendale e le scelte
produttive in base alle esigenze di mercato. L’innalzamento della professionalità dei vivaisti, l’amplia-
mento dell’assortimento produttivo e il miglioramento della qualità dei prodotti erano determinanti per
stimolare e fare aumentare sempre più l’interesse degli operatori commerciali italiani e stranieri che ogni
anno visitavano le aziende marsalesi e petrosilene.

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Partecipanti alle visite aziendali ed ai convegni

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Foto di gruppo con la splendita cornice del Disio Resort dei Fratelli Martinico.

Alcuni operatori e fra questi Giancarlo Cassini, in visita alle Cantine Florio

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Porte Aperte 1997

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Colture Protette N.6 2009

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Porte Aperte 2009

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Porte Aperte 2011

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Capitolo 4

La Vitivinicoltura

391
Indice capitolo 4

Le problematiche del settore viticolo negli anni ’80 pag 395


L’attività di assistenza tecnica svolta dalla Sezione Operativa dell’ESA di Marsala
nel comparto vitivinicolo pag 397

Attività informativa
Articoli divulgativi, opuscoli e convegni
Incontro-dibattito sui problemi della vitivinicoltura marsalese e trapanese - Marsala,
Cantina sociale UVAM, 11 dicembre 1981 pag 401
Convegno sul futuro della viticoltura siciliana - L’Enotecnico, novembre 1988 pag 401
Marsala, antico faro dei lidi di Trinacria - Gaspare Bonomo, Terra e Vita, N. 14 - 1989 pag 402
Convegno: Aspetti e problemi del vivaismo viticolo in provincia di Trapani -
Marsala 24-25 ottobre 1991 pag 404
Anche la vite vuole il suo vivaio - Gaspare Bonomo, Sicilia Verde, Dicembre 1991 pag 405
La viticoltura marsalese: le tradizioni, i cambiamenti e le nuove tendenze - Gaspare Bonomo,
Sviluppo agricolo, N. 10 - 1991 pag 407
Guida Pratica alla coltivazione della vite - Gaspare Bonomo, Anna Maria Parrinello, Sezione Operativa
ESA Marsala, 1994 pag 412
Vendemmia 1996: prime considerazioni - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 28 settembre 1996 pag 431
Vendemmia 1997: andamento produttivo e qualitativo - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 11 ottobre 1997 pag 432
Vendemmia 1998: quantità e qualità - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 14 novembre 1998 pag 433
Convegno: “Quali vini per i giovani e nuovi consumatori”, Marsala 5 Ottobre 1997 pag 434
Relazione introduttiva al convegno “ quali vini per i giovani e nuovi consumatori - Gaspare Bonomo,
Sezione Operativa ESA Marsala pag 435
Quali vini per i giovani e nuovi consumatori - Vito Alfredo Rubino, Il Vomere, 11 ottobre 1997 pag 437
Sicilia, iniziativa di successo dei “giovani amici del vino” - Andrea Gabbrielli, Il Corriere vinicolo,
27 ottobre 1997 pag 438
Viticoltura: il terzo millennio in Sicilia è già cominciato - Gaspare Bonomo, SiciliAgricola settembre 1998
Vino Doc “Delia Nivolelli”: verso la costituzione di un consorzio - Gaspare Bonomo, SiciliAgricola, pag 440
gennaio-febbraio 2000 pag 441
Petrosino: l’agricoltura, l’artigianato, il turismo ed i servizi - Gaspare Bonomo, Sezione Operativa
Esa Marsala, 2000 pag 442

392
Interventi e proposte dei relatori del convegno “Vini: risorsa o problema?”- Elisa Zerilli, Marsala C’è,
7 dicembre 2004 pag 448
Convegno: La crisi come opportunità: conoscenza e cooperazione per rilanciare il vino siciliano,
Marsala 4 Dicembre 2009 pag 449
Relazioni:
• La crisi in provincia di Trapani - Gaspare Bonomo, dirigente Sezione Operativa Esa Marsala pag 450
• Vino Sicilia, quando la crisi può trasformarsi in opportunità - Fabio Piccoli, giornalista, esperto
di economia e marketing settore vitivinicolo pag 451
• Le opportunità di sviluppo per il vino siciliano nel nuovo scenario internazionale - Denis Pantini,
coordinatore area agricoltura e industria alimentare, Nomisma pag 453
• Coopetizione: un nuovo approccio per affrontare la crisi - Lorenzo Biscontin, direttore marketing
S. Margherita Spa. pag 456

Difesa fitosanitaria
C’è un nuovo parassita delle vigne - Dino Barraco, Giornale di Sicilia, 22 luglio 1980 pag 460
Una minaccia per la vite - Giuseppe La Vela, Panorama, 25 luglio 1980 pag 461
Identificata la cimice delle vigne: può essere combattuta - Dino Barraco, Giornale di Sicilia, 24 luglio 1980 pag 462
Lotta guidata contro la Tignoletta della vite - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 30 giugno 1990 pag 463
Le Cicaline: un nuovo problema per i viticoltori - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 7 luglio 1990 pag 464
Allarme dei viticoltori per i danni provocati da un piccolo insetto: il Tripide della vite -
Gaspare Bonomo, Il Vomere, 8 settembre 1990 pag 465
La peronospora: un problema per la nostra viticoltura? - Mario Ferrera, Il Vomere, 19 settembre 1992 pag 466
Sempre allertati in Sicilia contro la Peronospora - Cinzia Zerbini, Terra e Vita, suppl. al N. 27 2000 pag 468

Attività formativa
Viaggio studio di dirigenti di cantine sociali nelle Regioni Emilia Romagna e Veneto,
13-17 luglio 1981 - Gaspare Bonomo, Sezione Operativa Esa Marsala pag 471
Viaggio studio di dirigenti di cantine sociali nelle Regioni Emilia Romagna e Toscana,
26-31 Luglio 1987 - Gaspare Bonomo, Sezione Operativa Esa Marsala pag 474
Viaggio studio di operatori agricoli nelle Regioni Basilicata e Puglia, 8 -14 luglio 1990 -
Gaspare Bonomo, Sezione Operativa ESA Marsala pag 476
Viaggio studio di operatori agricoli nella Regione Marche, 24-27 ottobre 2000 pag 479
Incontro di aggiornamento: Tecniche colturali avanzate in viticoltura per produrre meglio, situazione
attuale e prospettive, Marsala 18 dicembre 1992 - Gaspare Bonomo, Sezione Operativa ESA Marsala pag 480

Attività sperimentale e dimostrativa


Lotta guidata contro la Tignoletta della vite su uve da vino nel marsalese - G. Bonomo, G. Catalano,
L. Ferro, M. Pulizzi, Sviluppo Agricolo, novembre 1990 pag 482
La situazione ampelografica siciliana - G. Bonomo, G. Cascio, G. Catalano, L. Ferro, V. Maltese,
N. Trapani, Vignevini, N.12 - 1992 pag 500

393
Indagine conoscitiva sullo stato sanitario delle barbatelle e dei vitigni impiegati nella viticoltura
marsalese, anni 1990/91/92/93 - G. Bonomo, G. Catalano, L. Ferro, A.M. Parrinello, Sezione Operativa
Esa Marsala, 1994 pag 509
L’influenza del portinnesto sulle caratteristiche produttive e qualitative di alcune varietà
di uve da vino. Indagine condotta a Marsala nel periodo 1994-2005 - G. Bonomo, L. Ferro, G. Cascio,
G. Catalano, P. Chiodo, V. Maltese, M. Sorrentino - Atti 32°congresso nazionale Milva, Petrosino 28 Ottobre 2005 pag 514

Attività promozionale
II Sagra dell’uva - Petrosino 6 ottobre 1996 pag 521
III Sagra dell’uva - Petrosino 19 ottobre 1997 pag 522
IV Sagra dell’uva - Petrosino 29-30 agosto 1998 pag 525
V Sagra dell’uva - Petrosino 1-2-3 ottobre 1999 pag 526

394
Le problematiche
del settore vitivinicolo
marsalese negli anni ’80

Negli anni ’80 la viticoltura marsalese si articolava in 7500 aziende, 15 cantine sociali, 2 consorzi di
2° grado e rappresentava il polo di riferimento di tutta la viticoltura siciliana.
La cultivar più diffusa era il Catarratto, mentre l’antica cv Grillo era presente solamente nei vecchi im-
pianti. Nei nuovi impianti si andavano diffondendo altre cultivar come il Trebbiano e il Grecanico; ancora
poco diffuse risultavano le uve nere, anche se alcune cultivar, fra le quali il Nero D’Avola, iniziavano a
polarizzare l’attenzione e l’interesse dei viticoltori e dell’industria enologica.
La maggior parte degli impianti erano caratterizzati da un sesto di 1,60 x 1,60 m, con densità di
4.000 ceppi per ettaro e produzioni medie di 7-8 t ha-1. Nei nuovi impianti si andavano diffondendo sesti
e forme di allevamento più confacenti alla meccanizzazione del vigneto.
Pur se la grande maggioranza dei vigneti era allevata ad alberello, nella zona si riscontrava una spic-
cata tendenza verso l’allevamento a controspallera con fili di ferro zincato portati da pali di cemento ar-
mato o vibrato, con le viti potate a Guyot ed esisteva anche qualche sporadico esempio di allevamento
a tendone. Con notevole frequenza nei nuovi impianti si usava come portinnesto il 140 Ruggeri, la cui
scelta risultava spesso inadeguata al tipo di terreno e al vitigno adottato.
La maggior parte della produzione veniva conferita alle cantine sociali, che eseguivano le operazioni
di trasformazione e commercializzazione.
L’indirizzo produttivo della vitivinicoltura era ancora rivolto alla produzione di vini grezzi sfusi e solo
in pochissimi casi a quella di vini da tavola confezionati. Nel mercato si andava affermando l’interesse
dei consumatori verso i vini di qualità e diminuiva il consumo pro capite. Si iniziava perciò ad avvertire la
necessità di procedere a rapidi cambiamenti a livello produttivo, organizzativo e commerciale. Intanto si

395
era notevolmente ridotta l’esportazione verso la Francia e la Russia, che aveva consentito alla viticoltura
di espandersi notevolmente. Si muoveva anche la Comunità Economica Europea che, per far fronte al
calo dei prezzi e alle eccedenze di produzione, avviava interventi strutturali per calmierare il potenziale
viticolo della Comunità, imponendo rigide regole per i nuovi impianti dei vigneti e concedendo premi per
l’abbandono definitivo delle superfici vitate.
Questo stato di cose imponeva ormai alla nostra vitivinicoltura di adottare nuove strategie basate
principalmente sul miglioramento della professionalità degli operatori vitivinicoli, su un vasto e intenso
programma di ricerca e sperimentazione e sulla diversificazione, qualificazione e valorizzazione delle
produzioni enologiche.
Per quanto riguarda il vigneto si dovevano affrontare problemi riguardanti l’ampliamento della piat-
taforma ampelografica, la combinazione portinnesto-vitigno, la scelta della forma di allevamento e del
sistema di potatura, l’adozione di nuovi sesti d’impianto e il risanamento del materiale di moltiplicazione.
Intanto, poiché era previsto il reimpianto di vaste aree, per evitare il rischio di infezioni virotiche
provenienti dai residui radicali del precedente vigneto, si rendeva necessario sottoporre i terreni a un
adeguato periodo di riposo.
Anche le operazioni di scasso e di ripristino della fertilità dovevano essere curate con particolare
attenzione per mettere le viti nelle condizioni di estrinsecare al meglio le potenzialità produttive e quali-
tative nei numerosi cicli dei nuovi vigneti.
L’introduzione di nuove varietà presupponeva un accurato studio preliminare per individuare le carat-
teristiche produttive, qualitative e di adattabilità di ciascuna di queste nelle diverse situazioni di terreno
e di coltivazione. L’allargamento della piattaforma ampelografica poneva la necessità di valutare con
particolare attenzione anche la scelta del portinnesto. Infatti, nonostante l’ottima adattabilità del 140
Ruggeri, in alcune zone e per certe varietà altri portinnesti avrebbero potuto dare risultati migliori. Inoltre
occorreva affrontare e risolvere il problema dello stato fitosanitario delle piante, tenendo conto della
diffusa presenza di forme virotiche nella maggior parte dei vigneti della zona. Era compito del mondo
vivaistico puntare al miglioramento dello standard sanitario del materiale di propagazione.
Per ridurre i costi di produzione si puntava alla meccanizzazione integrale delle operazioni coltu-
rali, compresa la raccolta. Questo comportava un adeguamento dei sesti d’impianto e delle forme
di allevamento per potere utilizzare le più moderne tipologie di macchine disponibili sul mercato. La
forma di allevamento che mostrava maggiore interesse era la controspalliera con potatura a Guyot o
a cordone speronato.
Mentre l’azienda viticola si ammodernava, si registrava anche nel settore enologico un interesse
sempre maggiore verso tecnologie più idonee a produrre vini di qualità. A poco a poco le principali
cantine cominciavano ad utilizzare presse soffici, filtri rotativi, moderni serbatoi per la macerazione delle
uve nere e a vinificare in ambiente termicamente controllato.
Pochi cambiamenti si registravano invece nell’organizzazione delle Cantine Sociali che non mostra-
vano alcun interesse per l’impiego di professionisti qualificati nella gestione dell’azienda. Gli amministra-
tori delle cooperative preferivano affidare al presidente della struttura l’incarico di seguire, assieme al
ragioniere e all’enologo della cantina, tutte le operazioni amministrative, tecniche e commerciali.

396
L’attività di assistenza
tecnica svolta dalla Sezione
Operativa dell’ESA
di Marsala nel comparto
vitivinicolo
Prima d’iniziare l’attività in questo comparto la Sezione Operativa di Marsala effettuò un’approfondita
indagine per individuare le principali criticità a livello produttivo e organizzativo. Storicamente la vitivini-
coltura ha avuto un ruolo molto importante nell’economia marsalese e, pertanto, le sue vicissitudini e
soprattutto i periodi di crisi vengono vissuti con la stessa preoccupazione dagli operatori agricoli e dalla
popolazione civile. Anche il mondo politico ha tenuto sempre i riflettori accesi su questo comparto e nei
momenti di grande difficoltà la Regione Siciliana non ha mai mancato d’intervenire con provvedimenti
che hanno assicurato sostegno agli agricoltori e alle cantine sociali. L’eccessivo assistenzialismo non è
stato, però, sempre utile per le sorti del comparto, perché spesso è stato associato ad azioni clientelari
che hanno prodotto, soprattutto nella gestione delle cantine sociali, situazioni di grande debolezza che
hanno portato al fallimento di molte strutture associative.
Tenendo conto che questo comparto era attenzionato da tanti soggetti pubblici e privati, la Sezione
Operativa cercò d’inserirsi efficacemente nel contesto delle azioni che si sviluppavano nel territorio per
cercare di risolvere i diversi problemi della vitivinicoltura.
Il primo punto affrontato dalla SOPAT di Marsala fu quello di approfondire le problematiche legate
all’ampliamento della piattaforma ampelografica. Poiché l’introduzione delle nuove varietà stava avve-
nendo senza le necessarie conoscenze relative alla loro risposta produttiva, qualitativa e di adattabilità
alle diverse realtà ambientali, fu impiantato un campo sperimentale (con funzione anche dimostrativa)
per studiare le caratteristiche di un elevato numero di varietà a bacca bianca e a bacca nera, in modo
da rendere razionale la scelta di quelle da introdurre nella nuova viticoltura marsalese. La prova relativa
a questa ricerca fu condotta nell’azienda dell’Istituto “Antonietta Genna Spanò”. Di ogni varietà si studiò
la risposta produttiva e qualitativa a due sistemi di potatura: Guyot e cordone speronato orizzontale.

397
Il lavoro fu realizzato in collaborazione col prof. Nicola Trapani, docente di viticoltura nell’Istituto Tec-
nico Agrario “A. Damiani” e con l’Istituto Vite Vino, i cui enologi, Luciano Parrinello e Diego Bongiorno,
eseguirono la maggior parte delle analisi di laboratorio.
Il campo fu impiantato nel 1982 e le osservazioni si protrassero per oltre un decennio. Nel periodo
considerato, in Sicilia non esistevano iniziative analoghe e pertanto quest’innovazione fu accolta con
molto interesse dagli agricoltori e dalle Istituzioni scientifiche, come l’Università di Palermo. Dopo al-
cuni anni, infatti, il campo divenne meta di continue visite di tanti viticoltori della Sicilia occidentale e fu
utilizzato anche dal mondo scientifico per approfondire e ampliare le conoscenze sulle nuove varietà
attraverso la realizzazione di diverse prove sperimentali. I risultati ottenuti dall’insieme delle prove con-
dotte dai tecnici della Sezione Operativa e dalle Istituzioni scientifiche contribuirono significativamente
ad arricchire il quadro delle conoscenze sul comparto viticolo siciliano e ad indirizzare le scelte degli
operatori agricoli.
Anche il problema dell’influenza del portinnesto sulle caratteristiche produttive e qualitative di alcuni
vitigni coltivati nel territorio marsalese fu affrontato mediante un’apposita sperimentazione condotta nella
stessa azienda in cui erano allo studio le varietà da caratterizzare. Con i risultati di questa ricerca si aggior-
nò il quadro delle conoscenze relative alla risposta delle varietà in combinazione con i portinnesti studiati.
Le nuove conoscenze acquisite permisero di fornire utili indicazioni ai vivaisti del settore ed ai viticoltori.
La Sezione Operativa di Marsala si interessò anche della sanità del materiale di moltiplicazione e, al
fine di approfondire le conoscenze sulle virosi presenti nei vigneti dell’agro marsalese, avviò un rapporto
di collaborazione con il prof. Bruno Rosciglione dell’Istituto di Patologia Vegetale dell’Università di Paler-
mo, che permise di sviluppare un proficuo lavoro di indagine.
Per svolgere questa attività si ritenne opportuno fare partecipare alcuni agronomi della Sezione Ope-
rativa dell’ESA di Marsala ad un corso di specializzazione presso l’Istituto di Patologia vegetale dell’U-
niversità di Palermo. I primi a specializzarsi furono Giovanni Catalano, che si occupava di viticoltura, e
Liborio Ferro, che si occupava del laboratorio di analisi ubicato negli uffici della Sezione. In seguito si
specializzò anche Anna Maria Parrinello e il laboratorio di analisi fu dotato delle attrezzature necessarie
per poter individuare le virosi della vite mediante il saggio immuno-enzimatico ELISA (enzyme-linked
immunosorbent assay - saggio immuno-assorbente legato ad un enzima). Questo permise di avviare un
vasto programma d’indagine sfociato nell’identificazione delle più importanti virosi presenti nelle princi-
pali varietà di uva da vino e nel portinnesto 140 Ruggeri e nella selezione di alcuni cloni esenti da virus,
utili per avviare un processo di risanamento della viticoltura marsalese.
Anche gli aspetti della difesa fitosanitaria furono molto attenzionati dai tecnici della SOPAT di Marsa-
la. Il parassita che in quel periodo assillava maggiormente gli agricoltori era la Tignoletta della vite (Lo-
besia botrana). La lotta contro questo fitofago veniva fatta in modo indiscriminato, ricorrendo a metodi
che danneggiavano l’equilibrio biologico e la salute degli operatori agricoli. Si faceva uso di prodotti a
largo spettro di azione, in prevalenza il carbammato Carbaryl, tali prodotti venivano miscelati allo zolfo in
polvere e distribuiti nei periodi in cui si facevano i trattamenti contro l’Oidio. Nella distribuzione di questi
prodotti gli operatori non indossavano mascherine o altro indumento di protezione, con la conseguenza
che danneggiavano l’ambiente e la propria salute, senza peraltro riuscire a combattere il parassita.
Di fronte a questa situazione la Sezione Operativa di Marsala ritenne opportuno approfondire le co-
noscenze sul comportamento della Tignoletta nelle diverse aree della viticoltura marsalese.

398
A partire dal 1983, ogni anno, su segnalazione degli agricoltori, nelle aree più colpite dalle infestazioni
venivano collocate trappole di cattura a feromone per seguire l’andamento della popolazione adulta, e,
contemporaneamente venivano effettuati campionamenti sui grappoli per rilevare la presenza di uova
e di larve o di eventuali fori di penetrazione larvale. Nel corso degli anni le aree studiate furono una
trentina. Operando in questo modo furono acquisiti tutti gli elementi riguardanti il comportamento della
Tignoletta nelle diverse situazioni ambientali e colturali e si fornirono agli agricoltori le giuste indicazioni
su come combatterla. Adottando tecniche di lotta guidata e utilizzando presidi selettivi e biologici, come
Bacillus thuringiensis Kurstakisi, si riuscì nel corso degli anni a ristabilire l’equilibrio biologico e a rendere
inoffensivo il fitofago, tanto che gli agricoltori hanno smesso di fare trattamenti.
Assieme alle attività dimostrative e sperimentali si portò avanti un intenso lavoro di formazione nei
riguardi dei viticoltori. Periodicamente nelle ore serali e nei centri di aggregazione (cooperative, circoli
ricreativi e culturali) delle diverse contrade di Marsala e del Comune di Petrosino venivano organizzati in-
contri, anche con la presenza di esperti, per discutere con gli agricoltori delle problematiche riguardanti
la scelta varietale, le concimazioni, le tecniche di potatura, la difesa fitosanitaria, le epoche di raccolta,
la meccanizzazione delle operazioni colturali e della vendemmia. L’azione formativa veniva rivolta anche
ai dirigenti delle Cantine sociali, organizzando visite guidate in aree vitivinicole dove l’organizzazione
produttiva, organizzativa e commerciale aveva raggiunto alti livelli di efficienza. Gli amministratori delle
Cantine sociali di Marsala e Petrosino ebbero così la possibilità di visitare in diversi momenti le realtà
vitivinicole di alcune importanti Regioni italiane. Nel 1981 le visite riguardarono il Veneto e l’Emilia Ro-
magna, nel 1987 la Toscana e di nuovo l’Emilia Romagna, nel 1990 la Puglia e nel 2000 si organizzò
una visita nella regione Marche per fare conoscere ad un gruppo di viticoltori il modello organizzativo
di tante piccole aziende viticole che erano riuscite a qualificare la loro produzione e ad affermarsi sui
mercati nazionali e internazionali.
Molto intensa fu anche l’azione informativa svolta attraverso opuscoli illustrativi, articoli divulgativi e
convegni che affrontarono problemi di vario ordine: le tecniche viticole, il consumo del vino, la valorizza-
zione e promozione del prodotto, l’organizzazione commerciale e le strategie di marketing.
La Sezione, inoltre, partecipò attivamente all’attività del gruppo di lavoro che operò con successo
per il riconoscimento della Doc “Delia Nivolelli”.
Fino agli anni ’90 la vitivinicoltura trapanese era rappresentata dal vino Doc Marsala e da tanti vini ad
Indicazione geografica tipica. Nei territori di Marsala e Petrosino si produceva un interessante vino IGT, il
“Delia Nivolelli”, che aveva tutte le caratteristiche per ottenere il riconoscimento della denominazione di
origine controllata. Per raggiungere questo obiettivo il Comune di Petrosino costituì un gruppo di lavoro
formato da tecnici delle Sezioni Operative di Marsala e Mazara del Vallo, da rappresentanti del Consorzio
di Bonifica Delia Nivolelli e da esperti come il prof. Nicola Trapani e l’Enologo Dino Montalto.
Dopo qualche anno di studio fu elaborato il disciplinare di produzione e fu delimitata la zona di produ-
zione delle uve che potevano essere destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine con-
trollata “Delia Nivolelli”. A conclusione dei lavori le tre organizzazioni professionali agricole della provincia
di Trapani (Confederazione italiana agricoltori, Unione provinciale agricoltori e Federazione provinciale
coltivatori diretti) presentarono istanza al Ministero per le Politiche Agricole per ottenere il relativo rico-
noscimento, che fu sancito con Decreto del 10 giugno 1998.

399
ATTIVITÀ INFORMATIVA

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Articoli divulgativi, opuscoli e convegni

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Terra e Vita - n.14 1989

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Guida pratica
alla coltivazione della vite

REGIONE SICILIANA
ENTE DI SVILUPPO AGRICOLO
SEZIONE OPERATIVA PERIFERICA DI ASSISTENZA TECNICA AGRICOLA
MARSALA - PETROSINO

A cura di Gaspare Bonomo e Anna Maria Parrinello

PREFAZIONE
La Sezione Operativa Periferica n° 82 dell’ESA (Marsala-Petrosino), nell’attuazione dei suoi compiti
di divulgazione e assistenza tecnica a favore dei viticoltori, ha realizzato una pubblicazione semplice e
pratica sulle principali tecniche colturali della vite.
Questa pubblicazione vuole essere soltanto una guida per i viticoltori che devono continuamente
affrontare problemi di vario genere: scelta del portinnesto, scelta varietale, concimazione, potatura, lotta
antiparassitaria, etc. Nella trattazione degli argomenti si è tenuto conto delle caratteristiche pedoclima-
tiche del nostro territorio e delle esperienze maturate dalla Sezione Operativa Periferica n° 82 nel corso
della sua lunga attività. La parte riguardante la difesa è stata sviluppata sulla base dei principi della lotta
integrata e con riferimento ai principali parassiti riscontrabili nel nostro ambiente.
Nella stesura della presente guida si è attinto da trattati vari e riviste specializzate, elencati nella
bibliografia riportata in appendice e a cui si rimanda per un maggior approfondimento della materia.

IL Responsabile
Dott. Gaspare Bonomo

Marsala, Marzo 1994

413
1. PREPARAZIONE DEL SUOLO PRIMA DELL’IMPIANTO

Prima di procedere all’impianto del vigneto occorre prendere in considerazione tutta una complessa
serie di fattori (clima, terreno, portinnesto, vitigno, sistema di allevamento, sesto d’impianto, etc.) affin-
ché possa essere esaltata al massimo la redditività del vigneto in funzione del binomio qualità-quantità.
Inoltre è necessario eseguire alcuni lavori preparatori del terreno (scasso, drenaggio, correzione e con-
cimazione di fondo), in modo da mettere le piante nelle condizioni di potere estrinsecare al meglio le
loro potenzialità.

1.1Scasso
Lo scasso consiste in una lavorazione profonda (80-100cm) del terreno e ha lo scopo di aumentare
lo strato utilizzabile dalle radici. Con quest’operazione si aumenta la porosità del terreno e quindi si
migliorano le condizioni di ossigenazione e idriche. Nei terreni caratterizzati dalla presenza di calcare
attivo localizzato ad una certa profondità è consigliabile utilizzare mezzi meccanici che non operino
il rovesciamento del suolo. Ottimale per questo scopo è l’impiego del Ripper che riesce a smuovere
gli strati profondi (80-100cm) senza rivoltarli. Utilizzando il Ripper per la lavorazione profonda, è bene
completare l’opera con un’aratura superficiale (a 40 cm circa), anche per procedere all’interramento
delle eventuali sostanze fertilizzanti da distribuire come concimazione d’impianto. L’epoca migliore per
effettuare lo scasso è quella estiva, quando il terreno è in condizione di relativa secchezza.

1.2 Concimazione di fondo


La concimazione di fondo tende ad arricchire il suolo di potassio, fosforo e sostanza organica, di
elementi quindi dotati di scarsa mobilità. In questo modo il giovane vigneto ha la possibilità di svilupparsi
in un mezzo sufficientemente fornito di elementi nutritivi.
Per eseguire una concimazione razionale è necessario fare analizzare il terreno. A questo scopo in
cinque punti di un appezzamento omogeneo si scavano buche profonde 50-60 cm, da ognuna delle
quali si preleva verticalmente una fetta di terreno. Miscelando le diverse fette si ottiene il campione da
analizzare (sono sufficienti 2 kg di terreno). I dati analitici fondamentali da richiedere al laboratorio per
ogni campione di terreno debbono essere almeno i seguenti: granulometria (percentuale di sabbia, limo,
argilla e scheletro), azoto totale, fosforo assimilabile, potassio scambiabile, sostanza organica, calcare
totale, calcare attivo, reazione del terreno (pH), conducibilità elettrica e SAR.
Sulla base dei risultati delle analisi, si può stabilire il quantitativo di elementi nutritivi da apportare. Orien-
tativamente per esprimere un giudizio sulla fertilità del terreno si può fare riferimento alla seguente tabella:

ELEMENTO Livelli di fertilità del suolo


POVERO MEDIO BUONO
Sostanza organica (%) < 1,5 1,5 - 3 >3
Azoto totale (%) < 1,0 1,0 - 2 >2
Anidride fosforica assimilabile (ppm) < 20 20 - 30 > 30
Ossido di potassio scambiabile (ppm) < 100 100 - 150 > 150

414
Nei terreni sciolti la concimazione d’impianto assume un’importanza secondaria, poiché i concimi
fosfatici e potassici vanno incontro a fenomeni di dilavamento come quelli azotati. In caso di carenze si
può intervenire con la concimazione annuale.
Nei terreni argillosi la concimazione d’impianto per il fosforo e il potassio assume un’importanza
fondamentale. In questi terreni, considerata la scarsa mobilità del fosforo, è opportuno aumentare le
risorse fosfatiche prima dell’impianto, apportando dosi elevate nei terreni scarsamente dotati (300-400
kg/ha di P2O5, pari a 15-20 q.li di perfosfato minerale), dose medie nei terreni sufficientemente dotati
(200-250 kg/ha di P2O5, pari a 10-12 q.li di perfosfato minerale) e dosi basse nei terreni ricchi (100-180
kg di P2O5, pari a 5-9 q.li di perfosfato minerale).
Anche per quanto riguarda il potassio è opportuno creare al momento dell’impianto una riserva per
più anni, apportando nei terreni poveri dosi massicce (600 - 700 kg/ha di k20, pari a 12-14 q.li di solfato
potassico) e nei terreni normalmente dotati dosi medie (350-400 kg/ha di k20, pari 7- 8 q.li di solfato
potassico). Nei terreni molto alcalini, parallelamente alla concimazione di fondo, può essere effettuato
un trattamento correttivo utilizzando 10 -15 q.li/ha di zolfo polverulento.
Insieme ai concimi minerali, si può apportare anche la sostanza organica (500-800 q.li/ha di letame)
che ha lo scopo di stimolare l’attività batterica e facilitare l’assorbimento di potassio e fosforo.

2. SCELTA DEL VITIGNO

La scelta del vitigno deve essere effettuata nell’ambito di quelli sotto elencati, autorizzati per la pro-
vincia di Trapani.

a)Uve nere:
Alicante Bouschet, Barbera, Cabernet Sauvignon, Ciliegiolo, Frappato, Merlot, Nerello mascalese,
Nero D’Avola, Perricone, PetitVerdot, Sangiovese, Syrah, Tempranillo, Traminer aromatico.

b) Uve bianche:
Ansonica, Catarratto comune, Catarratto lucido, Chardonnay, Damaschino, Fiano, Grecanico dora-
to, Grillo, Malvasia bianca, Müller Thurgau, Pinot bianco, Sauvignon, Trebbiano toscano, Vernaccia di
S.Gimignano,Viognier, Zibibbo.

3. SCELTA DEL PORTINNESTO

Il portinnesto deve essere scelto in base a:


• tipo di terreno (riserve d’acqua, calcare attivo, fertilità, struttura, pH);
• vitigno (vigore, produttività, ritmo vegetativo e affinità);
• distanze d’impianto e forme di allevamento;
• obiettivo enologico (tipo di vino che si vuole ottenere).
Nella tabella che segue vengono riportate le caratteristiche dei portinnesti più utilizzabili nel nostro
ambiente:

415
PORTINNESTI ADATTAMENTO AL TERRENO VIGORIA RESISTENZA RESISTENZA RESISTENZA COMPATIBILITÀ ALL’INNESTO
ALLA SICCITÀ AL CALCARE AI CLORURI CON CV. DI UVE DA VINO
(SALSEDINE)
Berlandieri x Ruprestis Adatto a terreni mediamente compatti, ELEVATA ELEVATA OTTIMA SCARSA Ottima, segnatamente con
140 R asciutti, non molto fertili catarratti
779 p Terreni assai compatti, magri, gros- ELEVATA ELEVATA SCARSA MEDIA Buona, in particolare con Inso-
solani lia, Frappato e Grecanico
1103 p Terreni tenaci, poveri, sia siccitosi che ELEVATA BUONA MEDIA BUONA Ottima, segnatamente con Ca-
irrigui tarratto, Damaschino, Grecanico
775 p Adatto a terreni di medio impasto e ELEVATA MEDIA MEDIA SCARSA Ottima con Catarratto e Insolia
freschi
110 Richter Adatto per ambienti caldo-aridi MEDIA ELEVATA SCARSA SCARSA Bene con tutte le varietà
17 - 37 Adatto a terreni argillosi e profondi SCARSA BUONA MEDIA SCARSA Si comporta bene con i Catar-
ratti e il Grecanico
Berlandieri x Riparia Terreni freschi. Si consiglia nei terreni MEDIA SCARSA MEDIA SCARSA Sconsigliato per varietà sensibili
SO4 con squilibrato rapporto Mg, K, Ca al disseccamento del rachide
Kober 5 BB Si adatta in terreni freschi (anche se ELEVATA SCARSA SCARSA SCARSA Adattabilità con la maggior
umidi), argillosi parte dei vitigni esclusi l’Insolia
e il Damaschino
225 R Sciolti, profondi, fertili e freschi ELEVATA SCARSA MEDIA SCARSA Buona, soprattutto con Catarrat-
to, Sangiovese e Trebbiano
420 A Asciutti e magri; sensibili alla stan- BUONA BUONA BUONA SCARSA Ottima con Grillo
chezza dei terreni
Riparia X Berlandieri Medio impasto MEDIA BUONA BUONA SCARSA Buona con Catarratto e Grillo
161/49

4. SISTEMI DI ALLEVAMENTO

4.1 Alberello
È una forma di allevamento a ridotta espansione indicata per i terreni di scarsa fertilità e particolar-
mente siccitosi. Consente un’alta densità per ettaro, con sesti variabili da 1,50 x 1,50 a 2,00 x 2,00 m.
L’alberello è costituito da un tronco alto 30-40 cm. da cui si diramano 3-4 branche portanti ognuna
uno sperone di 2-3 gemme.
Nell’alberello marsalese viene praticata la potatura mista che consiste nel lasciare oltre agli speroni
1-2 tralci a frutto di 6-10 gemme che annualmente vengono rinnovati.

4.2 Guyot
È una forma di allevamento a potatura mista adatta alle cultivars che presentano le gemme fertili nella
parte mediana e apicale dei tralci. Questo sistema esige un’impalcatura costituita da pali alti almeno 2
m, distanti sulla fila 5-6 m. e da almeno 3 fili di ferro da tenersi il primo all’altezza del capo a frutto, cioè
intorno a 80-90 cm. da terra, gli altri posti al di sopra e fra loro equidistanti dal primo filo, con il compito
di sostenere la vegetazione dell’anno.
La potatura di allevamento consiste nell’ottenere in 1-2 anni un robusto tralcio che si porta all’altezza
del primo filo e si recide. Dai tralci che si sviluppano l’anno successivo se ne scelgono due, di cui uno,
il più basso, verrà speronato a due gemme e l’altro piegato lungo il filo per formare il tralcio fruttifero.
La potatura di produzione consiste nel mantenere un capo a frutto per la produzione e uno sperone
per il rinnovo.
Lo schema è il seguente: si esegue il cosiddetto taglio del passato asportando il capo a frutto che
ha prodotto l’anno precedente. Con il taglio del presente si pota il tralcio superiore, che si è sviluppato

416
nello sperone, a 6-10 gemme e si lega sul filo più basso. Il tralcio inferiore dello sperone viene tagliato a
due gemme (taglio del futuro), da cui si svilupperanno i tralci per la produzione futura.

4.3 Cordone speronato


Si tratta di una forma di allevamento con notevoli prospettive di meccanizzazione e capace di fornire
prodotti di qualità.
Il cordone speronato si adatta bene ai terreni di media fertilità, anche asciutti ed a vitigni che presen-
tano una buona fertilità nelle prime gemme del tralcio a frutto.
La potatura di allevamento consiste nella formazione del cordone permanente, portando un tralcio
all’altezza del primo filo e piegandolo fino a raggiungere la pianta successiva. Tale operazione si può
portare a termine in 1 - 2 anni. Con i tralci sviluppati nel tratto orizzontale si formano degli speroni frut-
tiferi di 2 - 3 gemme distanti 20 cm. circa l’uno dall’altro.
Annualmente si pota a 2 - 3 gemme il tralcio sviluppatosi alla base dello sperone e si eliminano i tralci
inseriti nella parte superiore.
Con il trascorrere degli anni, gli speroni tenderanno ad allontanarsi dal cordone permanente; oc-
correrà, quindi, procedere ad un ringiovanimento della fascia produttiva, in modo che gli speroni siano
direttamente inseriti sul cordone.

4.4 Tendone
È una forma di allevamento a grande espansione; si adatta bene nei terreni freschi, di media ed alta
fertilità, non esposti ai venti.Il sistema consiste in una rete di fili di ferro all’altezza di circa 2 m, sostenuti
da pali di legno, di ferro o cemento, appoggiati su basette di cemento. Le distanze d’impianto sono
subordinate alle condizioni di clima e di terreno.
Si adottano sesti di m 2,50 x 2,50 con una densità di 1.600 ceppi/ha, oppure di m 3,00 x 3,00 (
1.111 viti/ha ).
La potatura di allevamento dura di regola 2 ÷ 3 anni. Il tralcio migliore viene potato all’altezza dell’im-
palcatura, lasciando le ultime tre o quattro gemme. Dei tralci che si sviluppano, i due migliori sono potati
e distesi in direzione opposta lungo un filo della grande rete. L’anno seguente si possono avere 4 tralci
da disporre a raggiera, in corrispondenza dei due fili della grande rete che si incrociano, oltre gli speroni
per i tralci di successione.
La potatura di produzione consiste nell’eliminare i tralci che hanno fruttificato, sostituendoli con altri,
che si sono sviluppati dallo sperone, come nella potatura a Guyot.
Al tendone è possibile applicare anche la forma di potatura con cordone permanente speronato. Il
tendone tipo “Puglia” consiste nel sistemare a 25 cm. al di sotto del tetto una serie di fili, incrociati sul
palo tutore, sui quali si sistemano i capi a frutto.

5. POTATURA
La potatura, è la tecnica più importante ed efficace in mano all’agricoltore per disciplinare e guidare
la produzione sia in senso quantitativo che qualitativo.
Le potature classiche sono quelle che si effettuano nel periodo invernale (potatura secca) e nel pe-
riodo estivo (potatura verde).

417
5.1 Potatura secca
Deve essere effettuata tra la caduta delle foglie autunnali e la ripresa vegetativa primaverile. È bene
ricordare che gli interventi di potatura molto precoci o molto tardivi provocano spreco di energia per la
pianta, per mancato accumulo di sostanza di riserva nel primo caso e per perdita diretta nel secondo.
Nelle zone caratterizzate da frequenti gelate primaverili può essere utile ritardare l’epoca di potatura, al
fine di indurre un ritardo nel risveglio vegetativo e quindi sottrarre le piante agli effetti dannosi dei geli. A
seconda del numero complessivo di gemme rimaste sulla pianta, al termine degli interventi , la potatura
si definisce ricca o povera.
Inoltre la potatura può essere corta o lunga. Si dice corta quella potatura che si effettua sui vitigni che
producono sulle gemme basali del tralcio, ove i capi a frutto sono rappresentati da 2-4 gemme.
La potatura lunga si ha quando il capo a frutto è un tralcio di 5-10 gemme e si effettua sui vitigni che
producono gemme situate nella parte mediana e distale dei tralci.
Si parla di potatura mista, quando su una vite sono presenti contemporaneamente capi a frutto lun-
ghi e speroni (es. il Guyot).

5.2 Potatura verde


È un’operazione che si effettua quando la vite è in piena vegetazione. Le operazioni in verde sono
uno strumento di grande importanza per realizzare la migliore produzione, ma, prima di effettuarle, oc-
corre stabilirne la validità e le modalità, in quanto di fronte ad una stessa operazione la pianta può rea-
gire diversamente a seconda le condizioni di clima e di terreno. In certi casi è meno dannoso omettere
che effettuare la potatura verde. Si deve tenere presente che le foglie rappresentano l’unica parte della
pianta ove vengono prodotti carboidrati o sostanze zuccherine e che solamente le foglie adulte sono in
grado di mettere a disposizione degli altri organi della pianta le sostanze di riserva.
Le foglie piccole non solo non producono sostanze di riserva, ma attingono dalla pianta e quindi
dalle altre foglie adulte l’energia necessaria per la loro crescita. Pertanto, gli interventi di potatura verde
è bene che siano fatti precocemente e comunque prima che le foglie diventino adulte. I tagli effettuati
durante il periodo di massima traspirazione-elaborazione (luglio - agosto) danneggiano la pianta. Ad
ogni modo, il migliore consiglio è di limitare quanto più possibile gli interventi che riducono la superficie
elaborante ed occorre considerare che la potatura verde mira soprattutto:
• nelle piante in allevamento a regolare lo sviluppo vegetativo;
• nelle viti adulte a regolare la produzione con le possibilità vegetative della pianta in armonia con
l’andamento meteorico dell’annata.

6. CONCIMAZIONE DI PRODUZIONE
Di solito, le concimazioni annuali vengono effettuate in maniera abbastanza empirica, spesso con
risultati che possono essere dannosi non solo economicamente ma anche nei confronti della qualità
del prodotto.
È necessario che il viticoltore abbia piena coscienza del tipo di terreno sul quale opera e della sua
fertilità. È quindi opportuno che periodicamente sia effettuata un’analisi del suolo.
Nei terreni argillosi bisogna analizzare separatamente la zona interessata dalle lavorazioni e quella
più profonda in cui sono distribuite le radici (analisi stratigrafica). Infatti nei terreni compatti è molto facile

418
trovare differenze di fertilità tra lo strato superficiale e quello profondo non lavorato, poiché in questi ter-
reni traslocano soltanto fertilizzanti azotati, mentre il fosforo e il potassio tendono ad accumularsi negli
strati superficiali. Pertanto, in questi terreni, i concimi fosfo-potassici devono essere interrati al di sotto
della zona esplorata con le lavorazioni ordinarie. Questa tecnica va fatta con molta cautela perché in
ogni caso si distrugge una parte delle radici delle piante. Per questo motivo nei terreni argillosi assume
notevole importanza la concimazione di fondo con fosforo e potassio.
In un terreno sciolto è più difficile trovare differenze nei livelli di fertilità tra lo strato superficiale lavorato
e quello più profondo non lavorato, poiché in questi terreni oltre all’azoto migrano con le piogge nelle
zone profonde anche gli altri elementi nutritivi. Da quanto sopraddetto si evince che non è possibile
fornire formule di concimazione valide per tutte le situazioni.
In generale, nella concimazione di produzione bisogna tenere conto della natura del terreno, del suo
livello di fertilità, delle asportazioni annuali e del dilavamento provocato dalle piogge. Orientativamente
si può affermare che l’apporto annuale di azoto varia da 70 a 130 kg per ettaro. Per il fosforo sono
sufficienti apporti di 40-60 kg/ha di P2O5, pari a 2-3 q. di perfosfato minerale. Le esigenze di potassio
possono essere soddisfatte con apporti di 100-150 kg/ha di K2O, pari a 2-3 q di solfato potassico.
Ovviamente ci si orienta verso i quantitativi più bassi nei terreni asciutti e per le forme di allevamento
meno produttive, mentre le dosi più elevate vanno somministrate in irriguo e per le forme di allevamento
espanse. In ogni caso è consigliabile mantenere i rapporti tra gli elementi nutritivi (N-P2O5 -K2O-MgO),
entro i seguenti valori: 1,7-1-2,6-0,7.
Oltre che delle sostanze minerali il vigneto si avvale di apporti di sostanza organica. Le fonti di so-
stanza organica che possono essere utilizzate nel vigneto sono il letame, il sovescio, i sarmenti di po-
tatura, le vinacce e i graspi.
La scelta dei momenti e delle modalità di somministrazione al terreno di sostanze fertilizzanti devono te-
nere conto delle attività delle radici nei vari mesi dell’anno. Le radici della vite si sviluppano principalmente
in autunno e in primavera. E sono questi i periodi in cui si ha il massimo assorbimento di sostanze nutritive.

ATTIVITÀ D’ACCRESCIMENTO DELLE RADICI DELLA VITE NEI VARI MESI DELL’ANNO

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L’assorbimento delle sostanze nutritive inizia con le piovosità autunnali, raggiunge il massimo nei
mesi di ottobre e novembre, si ferma durante il periodo invernale e riprende all’inizio della primavera con
un momento di massima intensità nel mese di giugno.
Tenendo conto di quanto sopra si consiglia di somministrare i concimi fosfatici, potassici, magnesiaci
e organici all’inizio dell’attività radicale autunnale (subito dopo la vendemmia), mentre per quanto riguar-
da i concimi azotati, conviene somministrarli per 1/3 a fine vendemmia e per 2/3 all’inizio dell’attività
radicale primaverile, che generalmente coincide con il pianto delle viti.
I concimi azotati in quanto dotati di elevata mobilità nel terreno possono essere distribuiti in superfi-
cie, mentre tutti gli altri concimi debbono essere interrati.

6.1 Concimazione fogliare


Si ricorre alla concimazione fogliare per rimediare alle carenze di microelementi e per integrare i ma-
croelementi quando le radici non sono in grado di assorbire a sufficienza (es.: terreno troppo asciutto o
troppo umido e freddo).
Per risultare efficace la concimazione fogliare deve essere effettuata in primavera, prima della fioritura
e nelle ore serali. In genere si fa ricorso a questo tipo di concimazione per gli apporti di chelati di ferro in
tutti i casi di clorosi per carenze di ferro e per gli apporti di magnesio nei casi di carenza che provocano
il disseccamento del rachide.

7. IRRIGAZIONE

La vite non è una pianta con elevate esigenze di acqua e quindi l’irrigazione deve essere concepita
come una pratica di soccorso nelle zone a clima caldo-arido. In queste zone si può contribuire a ristabi-
lire una normale fotosintesi e ad ottenere prodotti più equilibrati, per rapporti migliori tra zuccheri e acidi.
Le esigenze idriche della vite variano con le fasi fenologiche: i maggiori consumi si hanno durante le
fasi di accrescimento dei germogli e degli acini, vale a dire dall’allegagione all’invaiatura. L’irrigazione,
infatti, è utile sino all’inizio della maturazione anche per l’incremento dello zucchero mentre durante la
maturazione il terreno deve parzialmente disidratarsi per consentire l’arresto della vegetazione e il de-
posito dei vari composti organici nell’acino.
Con l’irrigazione a goccia è possibile praticare anche la concimazione, diluendo nell’acqua calcolate
dosi di fertilizzanti. In questo modo tutti gli elementi fertilizzanti, fosforo compreso, raggiungono più facil-
mente la massa radicale. L’apporto di concimi azotati non deve protrarsi oltre il mese di giugno, per evi-
tare che le viti vegetino anche in settembre e quindi ostacolino la maturazione sia dell’uva che del legno.

8. DISERBO

8.1 Le infestanti del vigneto


Prima di procedere alla scelta dei diserbanti e della loro epoca d’impiego è necessario conoscere la
durata del ciclo vegetativo e il modo di propagazione delle infestanti più diffuse del vigneto.
In base alla durata del ciclo vegetativo, le infestanti si distinguono in annuali, biennali e perenni.
Le specie più comuni riscontrabili nel nostro ambiente sono:

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Graminacee:
Cynodon dactylon (Gramigna)
Digitaria sanguinalis (Sanguinaria)
Setaria spp. (Annamisca)
Sorghum halepense (Sorghetto)
Avena fatua (Aina)
Dicotiledoni:
Bellis annua (Margherita)
Borrago officinalis (Burrania)
Brassica fruticolosa (Qualedru)
Brassica nigra (Sinapa)
Calendula officinalis (Carennula)
Chrysanthemum coronarium (Maiu)
Convolvulus arvensis (Curriola)
Diplotaxis erucoides (Senacciola)
Ecballium elaterium (Cocomero asinino)
Equisetum spp (Coda cavallina)
Fumaria officinalis (Fumu di terra)
Oxalis pes-caprae (Acetosella)
Portulaca oleracea (Puccidrana)
Sonchus oleraceus (Cardedra)
Veronica spp.

8.2 Scelta dei diserbanti e dell’epoca d’impiego


La pratica del diserbo chimico della vite si basa sull’impiego di erbicidi fogliari e residuali miscelati
o alternati tra di loro. In relazione alla superficie diserbata, il diserbo chimico può essere totale (quan-
do si esegue sull’intera superficie) o parziale (quando si esegue sulla fascia di terreno sottostante le
chiome delle piante).
In base alla diversa epoca di nascita e al sistema di propagazione, la lotta contro le infestanti del
vigneto, per mezzo dei diserbanti, dovrà essere eseguita nella maggioranza dei casi in due tempi:
a) alla fine dell’inverno-inizio della primavera con interventi indirizzati contro le infestanti annuali e
biennali mediante l’impiego di prodotti antigerminello (o residuali) che impediscono la germinazio-
ne dei semi per tutta la durata del periodo primaverile-estivo, ma che allo stesso tempo siano in
grado di distruggere anche le infestanti appena nate o non molto sviluppate;
b) durante i mesi di fine primavera ed estate, per combattere le infestanti perenni mediante l’impiego
di prodotti che agiscono prevalentemente per via fogliare.
Per quanto concerne la conoscenza delle caratteristiche fisico-biologiche dei diserbanti, è bene
ricordare che la maggioranza degli erbicidi impiegati nella vite non sono fisiologicamente selettivi e,
pertanto, occorre adottare nella loro distribuzione le avvertenze atte ad impedire il contatto del pro-
dotto con le radici e le foglie. Inoltre, per i prodotti più volatili occorre non trattare durante le ore più
calde della giornata.

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Per i prodotti ad azione residuale (Simazina, Diuron, Dichlobenil, Terbutylazine, Terbumeton, etc.) evi-
tare il più possibile la loro applicazione nei terreni sciolti, calcarei e privi di sostanza organica. Premesso
quanto sopra, vediamo quali sono i diserbanti più indicati per la lotta alle erbe infestanti del vigneto.
Su terreni non molto inerbiti l’intervento nel periodo invernale può essere effettuato ricorrendo all’im-
piego di Simazina, Diuron, Oxifluorfen o delle miscele Simazina + Propyzamide.
Questi diserbanti presentano una persistenza di circa 6 mesi e quindi non impediscono la nascita a
fine estate ed in autunno di molte infestanti.
Circa l’attività, è bene ricordare che la miscela Simazina + Propyzamide è indicata negli impianti mol-
to infestati da graminacei; i preparati a base di Diuron o Diuron + CiPC agiscono efficacemente contro
le crucifere.
Quando le infestanti al momento del trattamento sono molto sviluppate è più conveniente aggiunge-
re ai suddetti prodotti un diserbante a base di Paraquat + Diquat.
In alternativa a questi prodotti, con esclusione dei terreni sabbiosi, ciottolosi e calcarei, può essere
efficacemente impiegata la miscela terbutylazina + terbumeton.
Questa miscela è dotata di una persistenza di 8 - 12 mesi, risulta efficace verso le infestanti annuali
e mostra una contemporanea attività verso alcuni infestanti perenni, con azione frenante dello sviluppo
di Convolvulus. In considerazione della sua prolungata persistenza e per il pericolo di fenomeni di fito-
tossicità, il trattamento è consigliabile effettuarlo ad anni alterni.
Contro le infestanti perenni, sia monocotiledoni che dicotiledoni, una energica azione erbicida viene
svolta dal Glifosate impiegato su piante in attiva crescita e preferibilmente in fase di prefioritura-fioritura.
L’aggiunta di solfato ammonico in ragione di 2 Kg per ettolitro di soluzione ne esalta l’azione erbicida.
Questo prodotto si usa anche in associazione con la Simazina in primavera.

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9. AVVERSITÀ

9.1 PARASSITI ANIMALI


9.1.1 Tignoletta (Lobesia botrana)
Con questo termine vengono indicate alcune farfalle di piccole dimensioni le cui larve si sviluppano a
spese dei grappoli. I fiori sono attaccati dalle larve di prima generazione, senza subire, però, danni di rilie-
vo.Gli acini sono colpiti dalle larve di seconda e terza generazione. Oltre ai danni diretti sugli acini si pos-
sono avere anche conseguenze indirette dovute all’insediamento della muffa grigia e del marciume acido.
La lotta contro le larve di prima generazione di solito è inutile. Le larve di seconda e terza generazione
devono essere combattute quando superano la soglia di danno economico.
Un aiuto all’accertamento della presenza della tignoletta è offerto dalle trappole a feromoni che
consentono di stabilire l’andamento degli sfarfallamenti e l’evolversi della popolazione e quindi anche il
momento più opportuno per il trattamento.
I migliori risultati nella lotta contro questo insetto si ottengono intervenendo contro le larvette appena
uscite dalle uova e non ancora entrate negli acini.
Nel nostro ambiente queste condizioni si verificano generalmente verso la prima decade di luglio per
le larve di seconda generazione e verso la prima decade di agosto per le larve di terza generazione.
Per quanto riguarda i prodotti, si possono utilizzare i seguenti:
• Bacillus thuringiensis;
• regolatori di sviluppo;
• inibitori di crescita;
• insetticidi tradizionali.
Il Bacillus thuringiensis non ha alcun potere di penetrazione e agisce solo per ingestione per cui va
applicato prima che le giovani larve siano penetrate negli acini. Questo preparato va usato alla dose di
1 kg/ha addizionando 1 kg di zucchero per ettolitro di acqua.
Gli inibitori di crescita bloccano lo sviluppo delle larve nella fase di muta, provocandone la morte.
Questi insetticidi agiscono per ingestione e secondariamente per contatto. Tra queste sostanze si ricor-
dano Teflubenzuron, Tebufenozide.
Per quanto riguarda gli insetticidi tradizionali si consiglia di fare ricorso a principi attivi quanto più
possibili selettivi e dotati di scarsa tossicità per le specie utili.
Tra i principi attivi impiegabili sono da citare Clorpirifos-metil, Fenitrotion, Indoxcarb, Metil-parathion
microincapsulato, Acefate, Fosalone, Triclorfon, etc.

9.1.2 CICALINE (Enpoasca flavescens - Zygina rhamni – Iacobiasca libica)


Sono insetti di piccole dimensioni (lunghezza degli adulti 3 ÷ 4 mm) di colore verde chiaro o bianco
crema.
Trascorrono l’inverno come adulti su piante sempre verdi (rovi, conifere,etc) e alla ripresa vegetativa
tornano sulla vite dove depongono delle uova nelle nervature della pagina inferiore delle foglie.
Nel corso dell’estate si hanno di solito tre generazioni, di cui la prima in maggio, la seconda in lu-
glio-agosto e la terza a fine estate. La Jacobiasca (cicalina africana) ha fatto registrare anche cinque

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generazioni. Sia gli adulti, sia le neanidi si alimentano succhiando la linfa e iniettandovi saliva tossica.
L’attacco di cicaline determina sulle foglie prima la comparsa di aree decolorate o rossastre con ripie-
gamento dei bordi e successivamente fenomeni di disseccamento. Le cicaline di prima generazione
raramente danno origine ad infestazioni di rilievo. I danni più evidenti sono quelli causati dagli individui
della seconda generazione la cui attività si svolge nel periodo più caldo dell’estate.
Pertanto la lotta deve essere rivolta principalmente agli individui di questa generazione, intervenendo
quando l’infestazione supera la soglia di danno (0,5 ÷ 1 forme giovanili per foglia) effettuando il cam-
pionamento sulla pagina inferiore delle foglie medio-basali. Per quanto riguarda gli insetticidi si consiglia
di utilizzare Clorpirifos-metil, Fenitrotion, Indoxcarb, Endosulfan, Azinphos methyl, Acefate, Quinalfos,
etc. Per ottenere buoni risultati gli interventi vanno effettuati all’alba, quando le cicaline si spostano con
difficoltà, avendo cura di raggiungere le parti più interne della vegetazione.

9.1.2 Tripidi della vite (Frankliniella occidentalis e Drepanothrips reuteri)


Sono insetti di piccole dimensioni (meno di un millimetro) di colore variabile, a seconda dello stadio
di sviluppo, che passano l’inverno nell’anfrattuosità della corteccia.
Alla ripresa vegetativa depongono le uova all’interno delle foglie. Da queste nascono le neanidi che,
alla fine di maggio, inizio di giugno, si trasformano in adulti. Nel corso dell’estate si hanno due o tre
generazioni. Le forme adulte e giovanili si riscontrano più facilmente nelle foglie apicali e sulle femmi-
nelle. Questo parassita attacca preferibilmente le viti americane dove nel corso dell’estate infesta la
parte apicale dei tralci ostacolandone lo sviluppo e provocando il raccorciamento degli internodi, con
conseguente comparsa di un quadro sintomatologico paragonabile a quello delle malattie da virus. Le
foglie dei tralci attaccati si presentano arricciate e con una moltitudine di piccole macchie necrotiche
circondate da tessuti clorotici. In certi casi si verificano danni ai grappoli, caratterizzati da aborto fiorale,
colatura e rugginosità degli acini. La lotta contro questo insetto si rende necessaria quando si riscon-
trano più di 2 ÷ 4 individui per foglia.Tra i diversi principi attivi si consigliano: Acephate, Pyridafenthion,
Fenitrothion, Metomil, ClorpirifosMetile, Indoxcarb, Endosulfan.

9.1.3 Cocciniglie (Planococcus ficus)


Sono piccoli insetti, visibili ad occhio nudo, che passano l’inverno sotto la corteccia della vite con
il corpo ricoperto da un’abbondante secrezione polverulenta e biancastra. In primavera migrano sui
tralci, sui germogli in accrescimento e, in seguito, anche sui grappoli. Nel corso dell’anno si hanno
tre generazioni.
Le infestazioni sono irregolari e interessano solitamente gruppi di piante di un vigneto. Esse si svi-
luppano nei vigneti con fitte vegetazioni, dove la scarsa luminosità e circolazione dell’aria consentono
ristagni d’umidità. Sembra, inoltre, siano favorite dall’irrigazione a goccia e dall’accesso di concimazio-
ne azotata. Oltre a causare danni diretti, conseguenti alla sottrazione di linfa, emettono deiezioni zuc-
cherine sulle quali si sviluppano abbondanti fumagini. Le foglie colpite ingialliscono e cadono in anticipo,
mentre i grappoli infestati maturano con difficoltà.
La lotta deve essere effettuata alla fine dell’inverno (prima del germogliamento) con prodotti a base
di DNOC oppure d’oli bianchi attivati con esteri fosforici, scortecciando prima le piante.

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Nei casi di forte infestazione è consigliabile intervenire anche in primavera e in estate (fino alla chiusura del
grappolo) con insetticidi a base di Metil-paration microincapsulato, Clorpirifos metil, Metidathion, Paration.

9.2 PARASSITI VEGETALI


9.2.1 Peronospora (Plasmopara viticola)
L’attività della peronospora inizia in primavera quando avvengono contemporaneamente le seguenti
tre condizioni: presenza di germogli che hanno raggiunto una dimensione di 6÷10 cm di lunghezza; ca-
duta di una pioggia di almeno 10 mm nello spazio di 1÷2 giorni; temperatura minima superiore a 10 °C.
Il fungo, alla presenza delle suddette condizioni, dopo aver svernato sulle foglie cadute al suolo nell’au-
tunno precedente, inizia l’attacco. L’infezione interessa tutte le parti verdi delle piante e principalmente
le foglie, i germogli e i grappoli.
I primi sintomi sulle foglie sono osservabili sulla pagina superiore su cui inizialmente si formano delle
zone decolorate rotondeggianti, che in breve tempo assumono il tipico aspetto a “macchia d’olio”. Sulla
pagina inferiore, in corrispondenza delle zone decolorate, alla presenza di una certa umidità, si forma
un’efflorescenza biancastra. Nel caso in cui l’attacco avvenga sulle foglie vecchie si hanno piccole
macchie necrotiche, poligonali, sparse sul lembo con una vegetazione fungina scarsa (Peronospora a
mosaico). I grappoli possono essere attaccati molto precocemente, prima e durante la fioritura. Inizial-
mente appaiono allessati, in seguito si ricoprono della caratteristica “muffa biancastra”. Sui germogli e
sui tralci l’infezione può verificarsi fin quando essi sono erbacei; la parte colpita imbrunisce e, a volte, si
ricopre della muffa bianca.
Il criterio di lotta più razionale contro la peronospora è quello basato sulla determinazione del periodo
d’incubazione, cioè del tempo che intercorre tra l’infezione primaria e la comparsa della muffa bianca
nella pagina inferiore delle foglie.
I trattamenti dovrebbero essere effettuati uno o due giorni prima della comparsa della muffa, sia per
devitalizzare il fungo al momento della fuoriuscita, sia per proteggere i tessuti vegetali da nuove conta-
minazioni. La vite, inoltre, va protetta durante le fasi fenologiche in cui è più suscettibile alla peronospora
e che s’identificano con:
• la formazione dei grappoli nello stadio di 7÷8 foglie;
• lo stadio pre-fiorale;
• lo stadio di allegagione.
Per quanto concerne i fungicidi da impiegare la scelta può spaziare tra i prodotti rameici, quelli orga-
nici di tipo preventivo e quelli nuovi penetranti sistemici e citotropici.
I prodotti rameici hanno una gran persistenza d’azione e frenano anche lo sviluppo dell’oidio. Ral-
lentano la vegetazione della vite e in talune condizioni possono danneggiare l’allegagione. Per questa
ragione si consiglia di utilizzare i prodotti rameici per i trattamenti finali.
I fungicidi organici di tipo preventivo appartengono principalmente al gruppo dei Ditiocarbammati
(Mancozeb, Metiram, Propineb) ed al gruppo dei Ftalammidici (Folpet), questi ultimi efficaci anche con-
tro la muffa grigia.
Oggi, notevoli risultati possono essere ottenuti grazie ai fungicidi citotropici (che uccidono il fungo
anche quando è dentro la pianta) e sistemici (che entrano in circolo nella linfa e vanno a distribuirsi lon-
tano dal punto d’applicazione, proteggendo in tal modo i nuovi organi).

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I fungicidi citotropici (Curzate o Cymoxanil, Dimetomorf) bloccano le infezioni peronosporiche duran-
te la prima fase del periodo d’incubazione e quindi svolgono un’azione curativa.
I fungicidi sistemici (Metalaxil, Benalaxil, Oxadixil) sono dotati di sistemicità ascendente, lunga persi-
stenza e possono bloccare la malattia nei primi 4÷5 giorni dall’inizio dell’infezione.
Questi prodotti vanno adoperati fino all’allegagione e per due tre volte al massimo in quanto possono
provocare la selezione di ceppi di patogeni resistenti.
Un’altra categoria di prodotti è quella degli inibitori della respirazione mitocondriale (Azoxistrobin e
Famoxadone), che devono essere usati con prudenza per evitare la comparsa di ceppi resistenti.

9.2.2 Oidio (Uncinula necator - Oidium tuckeri)


L’oidio (mal bianco) trascorre l’inverno come micelio all’interno delle gemme e in primavera, con
temperature di 7÷8 °C e germogli con due tre foglioline, è già in grado di svilupparsi. Per questo la lotta
antioidica ha inizio prima dell’antiperonosporica.
L’optimum di sviluppo si ha intorno ai 25÷30 °C e con bassa umidità dell’aria.Gli attacchi dell’oidio non
sono facilmente prevedibili perché vengono meno condizionati rispetto a quelli della peronospora dalle
vicende climatiche (pioggia, rugiada, umidità). Il patogeno è potenzialmente sempre pronto all’attacco.
L’oidio attacca tutti gli organi della pianta, ma i sintomi più evidenti si riscontrano solitamente sugli
acini, che appaiono coperti da una muffa grigiastra al di sotto della quale si trovano chiazze necrotiche
reticolari di colore bruno nerastro. In corrispondenza dell’epidermide alterata si creano profonde fendi-
ture. Queste lesioni permettono l’ingresso nell’acino della muffa grigia e di altri funghi o batteri. Sulla pa-
gina superiore delle foglie si può notare, a volte, presenza di muffa bianco-grigiastra distribuita a chiaz-
ze. Sui germogli l’oidio produce lesioni reticolate simili a quelle degli acini. Per i vitigni più sensibili e nelle
zone particolarmente suscettibili, si consiglia di effettuare i trattamenti molto precocemente quando la
vite raggiunge lo stadio di 3÷4 foglioline. I successivi trattamenti vanno di norma effettuati al momento
della formazione dei grappolini, all’inizio della fioritura, dopo l’allegagione e all’invaiatura degli acini. Nelle
zone meno soggette all’oidio si può intervenire prima della fioritura e subito dopo l’allegagione.
Questa malattia si può combattere scegliendo tra un vasto numero di prodotti che vanno dal tra-
dizionale zolfo ( in polvere, bagnabile, micronizzato 80%, colloidale 80%) ai vari prodotti organici non
sistemici ad azione protettiva (Dinocap), ai prodotti citotropici e sistemici (Fenarimol, Triadimefon, Pen-
conazolo, Esaconazolo, Miclobutanil. etc.) e ai nuovi prodotti inibitori della respirazione mitocondriale
(Azoxistrobin, Kresoxim metile, Trifloxistrobin).
Per l’inizio dei trattamenti, si può ricorrere allo zolfo (se le temperature superano 16 °C) oppure al
Dinocap che agisce indipendentemente dalla temperatura ambientale.
L’efficacia degli zolfi dipende dalla finezza delle particelle e dalla temperatura ambientale il cui op-
timum è tra 15÷30 °C. Si possono adoperare sia zolfi bagnabili che in polvere. Gli zolfi più fini, in par-
ticolare quelli colloidali, vanno impiegati quando la temperatura è più bassa e viceversa va preferito
l’impiego di quelli a particelle più grosse con alte temperature. Gli zolfi bagnabili micronizzati possono
essere impiegati nelle condizioni ambientali più disparate.
Oggi con l’impiego dei fungicidi endoterapici è possibile controllare efficacemente questa malattia.
Infatti, questi fungicidi sono caratterizzati dalla capacità di penetrare rapidamente nei tessuti della pian-
ta, di presentare una buona persistenza e di potere essere impiegati a una bassa dose per ettaro. Inoltre

427
hanno la capacità di agire in fase di vapore migliorando così il livello di protezione delle colture trattate.
In base alle suddette proprietà tali fungicidi sono in grado di esercitare una azione biologica completa
(preventiva, curativa, eradicante). Per evitare, tuttavia, la comparsa del fenomeno della resistenza è
preferibile utilizzare questi prodotti non più di 3-4 volte all’anno e in alternanza con i prodotti di contatto.

9.2.3 Muffa Grigia (Botritis cinerea)


La Botrite trascorre l’inverno sui tralci legnosi, sia sotto forma di micelio (ammasso feltroso grigia-
stro) che di sclerozi (corpi duri, tondeggianti e scuri). In primavera, alla ripresa vegetativa, fuoriescono
i conidi che determinano la prima infezione. Le condizioni climatiche favorevoli alla muffa grigia sono
rappresentate principalmente da piogge prolungate e da una elevata umidità relativa dell’aria, mentre
la temperatura gioca un ruolo meno importante in quanto può variare da 5 a 32 °C con valori ottimali
compresi fra 15 e 25 °C. A tal proposito è stato accertato che le maggiori probabilità di infezione sussi-
stono quando le bagnature dei vari organi della pianta giungono o superano le 15 ore consecutive con
una temperatura media di circa 15°C (regola dei due 15). Sono fattori predisponenti all’attacco della
muffa grigia anche:
• vitigni a grappolo serrato e buccia degli acini sottile;
• portinnesti vigorosi;
• concimazioni azotate esagerate;
• irrigazione eccessiva;
• abbandono di prodotti cuprici;
• lesioni provocate da attacchi di tignoletta e di oidio.
Nella vite i danni di muffa grigia si riscontrano con più frequenza a carico degli acini, sui quali si ri-
producono inizialmente delle macchie bruno-olivacee che successivamente, nell’arco di pochi giorni,
si evolvono in marciume molle.
Nel caso che la stagione decorra secca gli acini avvizziscono, altrimenti si coprono di un’abbondante
muffa di colore grigiastro, che si diffonde rapidamente agli acini contigui, fino ad interessare tutto o gran
parte del grappolo. Sui tralci verdi l’infezione si manifesta con imbrunimenti seguiti da ampie necrosi. In
inverno sui tralci lignificati la malattia si evidenzia con la presenza di piccoli corpi neri (sclerozi). L’attacco
fogliare è poco frequente e si verifica in corrispondenza di periodi primaverili molto piovosi. Sulle foglie
interessate compaiono macchie necrotiche, in prossimità dei bordi che, con umidità elevata, si ricopro-
no di muffa grigia.
La lotta alla muffa grigia va effettuata ricorrendo sia agli interventi indiretti sia diretti. Gli interventi indi-
retti (potature verdi, concimazioni equilibrate, ecc..) hanno lo scopo di creare un ambiente poco ospitale
alla vita e alla diffusione della crittogama. Gli stessi interventi fitoiatrici effettuati contro i fitofagi e le altre
malattie crittogamiche possono contenere, indirettamente, i danni della muffa grigia. Un’azione in tal
senso esercitano i sali di rame, in quanto frenano la vegetazione ed aumentano la resistenza della cuti-
cola dell’acino, oppure i fitofarmaci usati per combattere tignole ed oidio, impedendo a questi parassiti
di lesionare gli acini.
Per quanto riguarda i prodotti antibotritici si sono avuti notevoli sviluppi negli ultimi anni, passando dai
prodotti tradizionali di contatto(TMTD o Tiram), agli antiperonosporici ad effetto secondario antibotritico
(Rame, Folpet) ai Benzimidazoli (Carbendazmi,Tiofanato-metile), ai Dicarbossimidi (Iprodione, Procimi-

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done) e infine ai prodotti del gruppo Anilinopirimidine e fenilpirroli ( Pirimetanil, Ciprodinil e mepanipirim).
È da tenere presente, che il folpet e i prodotti similari esercitano una azione negativa sulla fermentazione
e pertanto devono essere applicati almeno 40 giorni prima della vendemmia. Tutti gli altri prodotti si de-
vono usare con cautela, in quanto possono favorire la selezione di ceppi resistenti alla muffa grigia.Per
stabilire il momento d’intervento bisogna tenere conto sia dell’andamento climatico (regola dei due 15)
che delle fasi fenologiche della vite. In generale le epoche di intervento più indicate sono:
• fine fioritura;
• prechiusura grappolo;
• invaiatura;
• 3÷4 settimane prima della vendemmia.
In condizione di limitata gravità della malattia si può prevedere un trattamento preventivo prima della
chiusura del grappolo e successivamente 1÷2 applicazioni, in funzione dell’andamento stagionale.

9.2.4 Marciume acido


È una malattia causata da alcuni ceppi di lieviti che portano alla formazione di acido acetico e di altri
composti negativi per la qualità del vino. La diffusione di questa malattia si deve essenzialmente a un pic-
colo moscerino del vino (Drosophila) che porta sul corpo i lieviti agenti dell’infezione, i quali risultano però
in grado di penetrare nell’acino solo attraverso ferite di qualsiasi tipo (attacchi di oidio, botrite, tignola, etc.).
I fattori ambientali e colturali che predispongono questa alterazione sono rappresentati dalla com-
pattezza dell’acino, dal ridotto spessore della buccia, dalle concimazioni azotate e dall’elevata vigoria
del portinnesto.
Gli acini colpiti si presentano di colore marrone privi di muffa, dapprima turgidi poi via via disidratati
per fuoriuscita del succo. La sintomatologia di questa alterazione può venire confusa con attacchi botri-
tici solo nelle prime fasi dell’infezione, poi si distingue nettamente, se non altro per la continua presenza
di moscerini intorno al grappolo.
Contro questa malattia si consiglia di intervenire con misure indirette, volte principalmente ad impe-
dire il verificarsi delle condizioni predisponenti l’infezione. Va in primo luogo condotta un’accurata lotta
contro i vari agenti di ferita degli acini, in particolare botrite, oidio e tignola.
Anche un impiego ripetuto dei sali di rame e un minor ricorso ai fertlizzanti azotati contribuisce a
limitare l’incidenza di questa particolare forma di marciume.

9.2.5 Mal dell’esca (Fomes ignarius - Stereum hirsutum)


I funghi che provocano questa malattia penetrano nella pianta attraverso ferite o tagli di potatura e
una volta all’interno dei tessuti legnosi producono sostanze tossiche che, arrivando alle foglie, ne com-
promettono la vitalità. I primi sintomi si riscontrano di norma nei mesi di luglio-agosto con un improvviso
disseccamento fogliare che s’irradia a ventaglio dalle nervature centrali; successivamente la malattia
interessa anche i tralci che disseccano ed i grappoli che risultano con acini avvizziti. Nel decorso cronico
l’infezione progredisce, intensificandosi di anno in anno fino a portare alla morte delle piante.
La forma acuta dell’affezione chiamata “apoplessia” si ha generalmente in luglio-agosto dopo le
piogge. In pochi giorni, su piante apparentemente sane, si può avere il disseccamento completo di
tralci, foglie e frutti.

429
La malattia si può riscontrare con facilità nei terreni freschi, profondi e in quelli più suscettibili al ri-
stagno d’umidità. La diffusione di questa malattia può essere ostacolata adottando soprattutto alcune
misure di prevenzione. Al riguardo si consiglia di effettuare i tagli grossi in senso obliquo in modo che
l’acqua piovana non abbia possibilità di ristagnare. Poi conviene fare un’accurata disinfezione delle
ferite con mastici protettivi per impedire la penetrazione dei funghi. È buona norma asportare le pian-
te morte, bruciare immediatamente i residui e segnare le viti stesse al fine di potarle separatamente
nell’inverno successivo. È possibile contenere la malattia con interventi invernali con prodotti a base
di D.N.O.C. L’applicazione di questo prodotto va effettuata alla dose di 1÷1,5% dopo la potatura, in
coincidenza con l’epoca del pianto della vite. Tale intervento va ripetuto per 2 - 3 anni consecutivi. Il
D.N.O.C., comunque, è in grado di rallentare la diffusione della malattia ma non di risanare piante colpite
o di garantire una sicura protezione da nuovi attacchi. Particolare importanza assume la disinfezione
delle ferite che può essere effettuata facendo ricorso alle forbici di potatura speciali che sono in grado di
distribuire a ogni taglio una soluzione disinfettante. Tale soluzione può essere costituita da una miscela
di carbendazim e un inibitore della sintesi degli ergosteroli IBE (Flusilazol, Penconazolo, Propiconazolo).
In Francia questa malattia è combattuta ricorrendo all’arseniato di sodio. Questo prodotto si applica alla
dose di 1250 g/hl in pieno inverno, con tempo secco, sulle ferite di potatura e bagnando bene i ceppi. In
Italia questo prodotto è vietato poiché sono stati accertati casi di cancerogenicità nei confronti dell’uomo.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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Duso C., Girolami V. - Lotta integrata in viticoltura - Federazione regionale coltivatori diretti del veneto.
Egger E., 1994 - Tecniche colturali e difesa integrata vite - L’Informatore Agrario N. 15 , Verona.
Ferrari M., Marcon E., Menta A., 1994 - Fitopatologia ed Entomologia Agraria - Edagricole, Bologna.
Fregoni M., 1985 - Viticoltura generale - Reda.
Goidanich G., - Manuale di patologia vegetale - Edagricole, Bologna.
Haussman G., Scurti j., Zanardi D., Carboni G., 1985 - Piante infestanti e metodi di lotta - Edagricole, Bologna.
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Rapparini G., 1995 - Il diserbo della vite e dei fruttiferi - L’Informatore agrario N.45, Verona.

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Relazione introduttiva al convegno:
Quali vini per i giovani e nuovi consumatori

Gaspare Bonomo - Sezione Operativa ESA Marsala

Questa iniziativa s’inserisce nella più ampia attività che la SOPAT di Marsala svolge a favore dell’agri-
coltura e della vitivinicoltura in particolare. Come tutti sappiamo la vitivinicoltura a Marsala rappresenta
il settore portante dell’economia e quando la viticoltura entra in crisi l’economia del territorio ne risente.
Pertanto questo comparto è sempre sotto l’attenzione del mondo politico, di tutte le istituzioni pubbli-
che e dell’intera comunità. Si tratta di un settore molto complesso, condizionato da norme comunitarie,
da accordi internazionali e da un mercato senza confini dove la concorrenza è molto elevata. Operando
in questo contesto la nostra vitivinicoltura, se vuole essere competitiva, non può fare a meno di ammo-
dernare i propri processi produttivi e organizzativi
Purtroppo la nostra vitivinicoltura è molto lenta ad evolversi, stenta a liberarsi dei tradizionali modelli
produttivi e organizzati e nei cambiamenti si affida più alla moda che a razionali valutazioni tecniche.
Per esempio in questo momento l’orientamento è quello di impiantare vitigni a bacca nera senza alcu-
na valutazione del loro comportamento nelle diverse situazioni ambientali. L’aspetto positivo di questo
nuovo indirizzo è il fatto che si favorisce l’ampliamento della piattaforma ampelografica e la produzio-
ne di una tipologia di vino che oggi il mercato richiede. Si ha l’impressione, però, che questa corsa ai
vitigni alloctoni, - Syrah, Merlot e Cabernet sauvignon - avviene senza adeguate valutazioni e senza
una programmazione ben precisa. L’interesse verso questi vitigni è dovuto principalmente al fatto che
i vini che si ottengono vengono venduti sfusi sul mercato a prezzi elevati. Questa nuova situazione, se
ben gestita, presenta anche aspetti positivi, costituiti principalmente dalla possibilità di utilizzare queste
varietà internazionali per migliorare e valorizzazione le produzioni delle nostre varietà tradizionali. Zonin
in una recente intervista esaltava le grande potenzialità della Sicilia per i vini rossi e diceva che lui, nei
nuovi investimenti in Sicilia, avrebbe puntato su queste tre varietà internazionali senza trascurare, però,
il Nero d’Avola. Per le uve bianche avrebbe puntato sull’Insolia, migliorandola con lo Chardonnay e con
qualche altra varietà. Ma noi abbiamo anche una varietà, il Grillo, di grande qualità e di grande plasticità.
Se la raccogliamo al momento giusto e la vinifichiamo con tecniche adeguate permette di ottenere un
vino invidiabile.
Altro aspetto importante che bisogna affrontare è quello legato al consumo del vino. Fino ad oggi la
nostra produzione enologica è stata realizzata senza pensare al mercato di destinazione e ai possibili
consumatori.
La poca attenzione verso i consumatori ha determinato una forte riduzione del consumo del vino,
soprattutto nelle zone di maggiore produzione come la Sicilia. Si è pensato di intervenire sulle ecceden-
ze di produzione solo con misure tendenti a ridurre il potenziale viticolo o a togliere dal mercato enormi
quantitativi di vino. La Comunità Europea ha introdotto meccanismi come la distillazione obbligatoria e
l’estirpazione dei vigneti che, purtroppo, risultano poco efficaci. Una politica che mira a ridurre la pro-
duzione si scontra con la politica dei paesi extra europei dove non c’è alcun controllo sulla produzione.
Noi riduciamo la produzione mentre altri possono impiantare e sviluppare la produzione come vogliono.

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Quindi la politica più interessante su cui puntare è l’educazione al consumo del vino, soprattutto nelle
zone di produzione. Questa iniziativa si inserisce in questo contesto e vuole essere di stimolo a tutti gli
operatori del settore e al mondo politico, in modo che diventi patrimonio di tutti la necessità di promuo-
vere iniziative tendenti ad educare al consumo del vino. Non a caso questa iniziativa è stata organizzata
in collaborazione con l’associazione giovani amici del vino, un organismo giovane che noi dobbiamo
potenziare e valorizzare, perché può avere un ruolo importante in questo campo.

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Relazioni
La crisi in provincia di Trapani

Gaspare Bonomo - Dirigente SOPAT Ente Sviluppo Agricolo Marsala

Tutti constatiamo che in provincia di Trapani la crisi del settore vitivinicolo ha raggiunto livelli pre-
occupanti. Questa crisi in parte è legata alla crisi finanziaria che ha investito tutti i paesi ad economia
sviluppata, ma è anche riconducibile alla debolezza strutturale delle nostre aziende di produzione e
trasformazione.
L’attuale situazione potrebbe vanificare tutto il processo innovativo registrato dagli anni ottanta in poi
e anzi si rischia di tornare indietro nel tempo.
A partire dagli anni ottanta in Sicilia c’è stato un forte fermento innovativo che ha permesso di rin-
novare completamente la viticoltura. In provincia di Trapani quasi tutti vigneti sono ormai allevati a spal-
liera con sesti che ne permettono la quasi completa meccanizzazione. È stata rinnovata la piattaforma
ampelografica, puntando su vitigni autoctoni e vitigni internazionali di pregio. Oggi la nostra viticoltura,
nonostante la forte frammentazione e polverizzazione aziendale, si può considerare di ottimo livello. I
costi di produzione, rispetto al passato, sono fortemente diminuiti e le uve che si ottengono permettono
di produrre vini di ottima qualità.
Nello stesso periodo anche le cantine sociali, che ammassano oltre l’80% della produzione, hanno
avviato un processo di rinnovamento tecnologico che le ha portate a dotarsi di moderne attrezzature
per le operazioni di lavorazione e trasformazione del prodotto. Questo stato di cose ha fatto cambiare
l’immagine del vino siciliano, che in breve tempo è riuscito a farsi apprezzare in tutto il mondo come
vino da tavola e non come vino da taglio. Questo grazie anche alle ditte imbottigliatrice che con le loro
capacità imprenditoriali sono riuscite a conquistare i mercati nazionali ed esteri. Ma anche in diverse
cantine sociali è maturata l’idea che bisogna passare dallo sfuso al confezionato. E già hanno avviato
interessanti programmi di imbottigliamento. Questo processo, però, nelle cantine sociali non può rea-
lizzarsi in tempi brevi. Sia perché dispongono di grandissimi quantitativi di prodotto sia perché devono
cambiare il modello organizzativo e affidare la gestione a figure professionali altamente qualificate. E
tutti sappiamo che la struttura societaria cooperativistica non consente decisioni rapide e che spesso i
programmi innovativi stentano ad essere accettate dalle assemblee. Già da qualche anno la situazione
non è stata molto favorevole, ma oggi, con la crisi finanziaria mondiale, le cose sono precipitate e sicu-
ramente sono necessari cambiamenti radicali.
Per questo abbiamo voluto affrontare l’argomento con esperti del settore, nella speranza di trovare
utili indicazione per superare l’attuale crisi e per adottare nuovi modelli organizzativi e nuove strategie
che ci permettano di affrontare il mercato in modo competitivo.

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Vino Sicilia
Quando la crisi può
trasformarsi in opportunità
Fabio Piccoli - Giornalista, esperto di economia e marketing settore vitivinicolo

La recente, per certi aspetti drammatica, crisi economica che ha coinvolto anche il settore vitivinicolo
siciliano, presenta numerosi aspetti i quali, se attentamente analizzati, potrebbero finalmente rappresen-
tare il punto di partenza per una nuova strategia di rilancio dell’enologia siciliana.
Prima di tutto va ricordato come negli ultimi vent’anni si è erroneamente pensato che investire solo
nell’apice della piramide qualitativa della produzione enologica siciliana sarebbe stato sufficiente per
“trascinare” in alto tutta la produzione della regione anche in termini di immagine.
La realtà oggi ci racconta che è stata una scelta non adeguata ed ha impedito al comparto enologi-
co siciliano di capitalizzare al meglio tutti i diversi segmenti produttivi. La Sicilia, infatti, oggi continua a
rappresentare forse la regione enologica al mondo con le migliori potenzialità in tutti i diversi segmenti
della produzione, dai vini basic ai premium e superpremium. Nessun altra regione vitivinicola al mondo
può avvalersi di terroir produttivi così diversificati e dalle straordinarie vocazionalità. Nessuna regione del
vino al mondo può contare su una base produttiva così articolata con piccole imprese dell’eccellenza
insieme a grandi realtà cooperative e private.
Senza dimenticare della forza evocativa del brand Sicilia che continua a richiamare una terra dalla
grande storia enologica e territori dallo straordinario appeal turistico-culturale.
Ma lo stesso brand Sicilia, da solo, in questi ultimi anni ha manifestato i suoli limiti richiamando l’at-
tenzione alla necessità di investire nella comunicazione anche di altri brand dell’enologia siciliana, so-
prattutto quelli di maggiore notorietà come, ad esempio, Etna, Marsala, Monreale, Erice, tanto per citare
i più noti. La globalizzazione del mercato del vino, infatti, oggi impone maggiori investimenti in quello
che viene attualmente definito il rapporto tra identità e valore. La necessità cioè di aumentare l’identità,
la riconoscibilità dei vini al fine di poter conseguire maggiori remunerazioni.
La Sicilia del vino è in grado di poter aumentare senza ombra di dubbio l’identità dei propri vini sia in
termini enologici (basti pensare lo straordinario patrimonio ampelografico de|l’lsola) che di rapporto tra
territorio e produzione.

Le misure a sostegno dei vini siciliani


In questa direzione si inseriscono anche le ottime opportunità oggi offerta da strumenti normativi
come il Piano di sviluppo rurale e la nuova organizzazione comune di mercato del vino.
Per quanto concerne il primo punto vanno ricordate le misure a disposizione nel PSR per le azioni di
informazione sui mercati interni (quelli dell’Unione Europea) dove è possibile realizzare eventi, workshop
per aumentare l’appeal dei vini siciliani su mercati strategici come quelli del Nord Europa e del Regno
Unito, tanto per citare i più importanti.
Come pure non si possono dimenticare le misure previste nella nuova OCM vino, in particolare per

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quanto concerne la promozione nei Paesi terzi (extra UE). In questa direzione è però fondamentale che
le imprese si aggreghino al fine di poter utilizzare al meglio le risorse previste daIl’UE e poter ridurre i
costi per impresa (si ricorda che si tratta di cofinanziamenti tra il 50 e il 70%).
Oggi l’export appare come una scelta strategica fondamentale per le imprese del vino siciliane ed è
indispensabile sfruttare nel modo migliore le risorse pubbliche oggi messe a disposizione per aumentare
il profilo internazionale del sistema vitivinicolo siciliano.

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Le opportunità di sviluppo per il vino siciliano
nel nuovo scenario internazionale
Denis Pantini - Coordinatore Area Agricoltura e Industria Alimentare NOMISMA

La propensione all’export del sistema vinicolo siciliano


• In Sicilia, 44.509 pro-
duttori coltivano circa
115.000 ettari ad uva
da vino, per una pro-
duzione complessiva di
circa 9 milioni di quintali
e 5 milioni di ettolitri di
vino (dei quali meno del
5% Doc)
• A fronte di un’incidenza
della regione di oltre il
14% sulla produzione
nazionale di vino, il rela-
tivo “peso” sull’export si
ridimensiona a meno del 3°/o.

L’andamento delI’export di vino siciliano/3


• Le tendenze evidenziate dall’export di vino siciliano per il 2009 sono il risultato di importanti cambia-
menti di mercato derivanti dagli impatti della crisi economica in atto.
• Tra i principali mercati di sbocco per il vino sfuso siciliano figurano la Germania, il Regno Unito, gli
USA, il Canada e la Russia, mentre per il Marsala imbottigliato gli USA assorbono oltre la metà del
relativo export complessivo (in valore)
• Quello statunitense rappresenta uno dei mercati tra i più provati dagli impatti della crisi.
Per il periodo gennaio-settembre 2009 risulta una diminuzione del prezzo medio del vino importato
pari al 27% (si è passati dai 5,70 dollari /litro del 2008 al 4,18 dollari /litro del 2009), evidenziando al
contempo una crescita dei volumi importati (+13%)

Tendenze in atto e opportunità di crescita/1


• Secondo diversi istituti di previsione, nei prossimi anni e nonostante la crisi, il trend di crescita dei
consumi di vino dovrebbe continuare (+6% entro il 2012). In particolare, gli USA dovrebbero diven-
tare il primo mercato per consumo di vino, con una quota pari ad oltre il 12% dei volumi mondiali.
• Cina, India e Russia rappresentano invece i mercati emergenti in cui i consumi cresceranno più rapida-
mente con incrementi esponenziali. Da oggi al 2020, la “classe media” (con redditi fino a 30.000 dollari
annui) in Cina e in India raddoppierà, arrivando rispettivamente a 1 miliardo e a 500 milioni di persone.

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• L’effetto più rilevante — con possibili riflessi futuri — determinato da questa crisi riguarda l’espulsione
dal mercato di vini con un prezzo/qualità “non equo” e sostituibili con prodotti concorrenziali (anche
di diversa provenienza territoriale).

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Tendenze in atto e opportunità di crescita/2
• Occorre evidenziare come il consumo di vino in Italia sia strutturalmente in calo da diversi anni. Se a
metà degli anni ’9O il consumo pro-capite superava i 60 litri annui, oggi tale livello è sceso fino a 46 litri.
• I mercati esteri diventano quindi imprescindibili per la sopravvivenza delle imprese vitiviitaliane ed
anche siciliane
• In considerazione dei ritardi strutturali (sottodimensionamento delle imprese) e dei “vincoli” di merca-
to (forte potere contrattuale degli interlocutori distributivi), le aree di intervento per le imprese devono
necessariamente riguardare I’aggregazione e lo sviluppo dell’organizzazione commerciale.

Ma occorre conoscere bene i mercati da “aggredire”


• I consumatori vino non sono tutti uguali e non hanno tutti gli stessi gusti
• l canali per la commercializzazione del vino variano da mercato a mercato:
* USA: sistema distributivo fortemente regolamentato
* Germania: hard discount (40% delle vendite)
* Regno Unito: grandi catene a libero servizio (con diffusa tendenza a scontistica e promozioni)
* Russia, Cina e Polonia: forte sviluppo della GDO
* India: catene alberghiere e ristorazione di alto livello
• È importante scegliere la modalità distributiva sui mercati esteri più appropriata

Considerazioni conclusive
• Uno dei principali punti di forza del vino italiano è la distintività territoriale. La valorizzazione del terri-
torio permette la sostenibilità dell’intera filiera vitivinicola: la crisi ha infatti dimostrato come esista un
forte “effetto sostituzione” tra prodotti in funzione del prezzo.
• Sebbene oggi le condizioni non siano delle migliori (forte apprezzamento del|’euro sul dollaro), è
fondamentale — per una sostenibilità di lungo periodo — essere presenti sui mercati esteri più im-
portanti (consolidati ed emergenti)
• Occorre quindi sfruttare al meglio le opportunità promozionali derivanti dall’OCM evitando di disper-
dere tali risorse “in mille rivoli” e soprattutto orientando tale promozione solo dopo aver compreso a
fondo le peculiarità del mercato target.

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Coopetizione: un nuovo approccio
per affrontare la crisi?
Lorenzo Biscontin - Direttore Marketing Santa Margherita S.P.A.

COOPETIZIONE
Unisce i vantaggi della competizione e della cooperazione tra imprese in un nuovo quadro di riferimento
dinamico per generare maggiori profitti modificando l’ambiente del business che impatta direttamente
sulla propria azienda
• COOPERAZIONE per creare o incrementare le dimensioni della torta (valore aggiunto totale);
• COMPETIZIONE nel dividerne le fette (prendersi Ie quote di valore aggiunto).

COME MODIFICARE IL GIOCO DEL BUSINESS?


Intervenendo sui suoi elementi base:
• Giocatori
• Valore aggiunto
• Regole
• Percezione
• Estensione
La flessibilità e velocità sono fattori cruciali per creare e poi sfruttare a proprio vantaggio il
cambiamento.
Lo scopo rimane quello di raggiungerei PROPRI obiettivi, indipendentemente però dai risultati (migliori
o peggiori) degli altri giocatori.

I GIOCATORI
Dalla catena del valore (filiera) alla RETE del valore.
In una rete del valore i giocatori sono:
• i clienti
• i fornitori
• i concorrenti
• i complementari: fornitori di prodotti o servizi che aggiungono valore alla nostra offerta.
ESEMPI:
• La bistecca fiorentina e il Chianti classico.
• La somellerie per affermare San Pellegrino come “l’acqua della carta dei vini”.

INGRANDIRE LA TORTA
Per aumentare il numero globale di clienti attivi in un determinato mercato, i CONCORRENTI
possono lavorare insieme o da soli:
• Educando il mercato sui vantaggi del prodotto.
ESEMPI:
Campagna “Birra e sai cosa bevi”
http://www.youtube.comIwatch?v=w6NsNgiOFt4

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http://www-coca-cola.it/felicita a tavola/
• investendo sui “clienti precoci” per sviluppare più rapidamente il mercato.
• Sovvenzionando I’acquisto di beni complementari.
• Diventando clienti dei beni complementari.
ESEMPIO:
Consorzio E.S.E. per il caffè in cialde.

IL VALORE AGGIUNTO
Il giocatore che detiene il maggior valore, detiene anche il maggior potere di mercato.
Modificando la distribuzione del valore aggiunto tra i vari giocatori, si modifica il gioco.
ESEMPIO:
Vino australiano negli U.S.A. passato da esportare marche (vino in bottiglia) a vino sfuso.
REGOLE
Le regole che determinano il funzionamento di un mercato sono più o meno modificabili da porte dei
giocatori secondo un continuum che va dalle leggi alle clausole contrattuali.

Modificabilità Modificabilità
minima massima
Leggi Usi e Prassi Clausole
consuetudini contrattuali
REGOLE CONTRATTUALI
Le modifica delle regole contrattuali spesso riguarda i dettagli (clausole).
In uno scenario di mercato iper competitivo sono i dettagli che fanno la differenza.

PERCEZIONE
È la percezione della realtà che guida i comportamenti.
Nell’ambito di una rete del valore la percezione della realtà da parte dei diversi giocatori (concorrenti,
fornitori, complementari, clienti) è determinata dalle tattiche con cui vengono realizzate le strategie.

ESTENSIONE
(della propria arena competitiva)
Capire, definire e CREARE i collegamenti con altri settori/mercati, permette cambiare ed allargare l’e-
stensione della propria attività.
ESEMPIO:
vino terapia
Nell’estendere la propria rete del valore conviene chiedersi quanto hanno da guadagnare altri attori da
questa estensione per far pagare a loro i costi della nostra partecipazione.
ESEMPI:
• Promozione in co-marketing Keglevich e Last Minute.
• Promozione vini Deakin Estate e noci di macadamia.
“È necessario imparare a competere e cooperare allo stesso tempo.”

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Ray Noorda, fondatore della Novell.
“Un leader di mercato è bene, due è meglio.”
Comunicazione della Novell relativamente alla partnership con SAP.
“Non è necessario spegnere la luce del vicino per far risplendere la propria.”
Bernard Baruch, uomo politico statunitense.

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Difesa fitosanitaria

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Supplemento Terra e Vita - n.27 2000

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Attività formativa

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Viaggio studio di dirigenti di Cantine Sociali
Visite guidate ad aziende vitivinicole delle Regioni Emilia Romagna e Veneto
dal 13 al 17 luglio 1981
Gaspare Bonomo - Sezione Operativa ESA Marsala, 1981

Questo viaggio è stata organizzato dalla SOPAT dell’ESA di Marsala con lo scopo di dare la possi-
bilità ad un gruppo di dirigenti di cantine sociali del marsalese di prendere visione dei principali aspetti
della vitivinicoltura delle Regioni Emilia Romagna e Veneto, al fine di trarre utili indicazioni per migliorare
l’organizzazione produttiva e commerciale della nostra vitivinicoltura.
Le visite alle aziende viticole e alle cantine sociali e consorzi, organizzate dagli Assessorati all’agri-
coltura di quelle Regioni, hanno consentito di constatare che, sopratutto in Emilia Romagna, sono stati
raggiunti livelli tecnici ed organizzativi senza dubbio superiori a quelli riscontrabili nella nostra realtà.
In Emilia Romagna sono state oggetto di visita gli organismi associativi e le aziende che qui di seguito
si descrivono:
Il C.I.V. (Consorzio Interprovinciale Vini) di Modena, un consorzio di 2° grado che raggruppa 6 cantine
sociali e rappresenta complessivamente 5.500 soci. Ha una capacita ricettiva di 322.000 hl costituita
da tini in acciaio inox. Dispone di due catene di imbottigliamento, di cui una con una capacita lavorativa
di 6.000 bottiglie/ora e l’altra di 15.000/ora. Mediamente imbottiglia circa 600.000 hl di vino costituito
principalmente da Lambrusco (Sorbara, Reggiano, Grasparossa di Castelvetro, Salamino).
Per far fronte alle spese di gestione e commercializzazione si affida principalmente all’autofinanzia-
mento, ricorrendo a prestiti dei soci attraverso una trattenuta del 3% sul prodotto conferito. Ai soci che
si dimettono viene restituita la somma trattenuta e gli interessi maturati.
Il consorzio, non potendo contare su interventi pubblici, non è in grado di assicurare ai soci alcuna
anticipazione sul prodotto conferito, ma la liquidazione viene regolata dall’andamento di mercato, fra-
zionata in diversi periodi a cominciare dal mese di marzo per finire nel mese di dicembre.
La commercializzazione del prodotto è curata da un apposito servizio che si avvale di un direttore e
di alcuni collaboratori, i quali operano in piena autonomia decisionale.
Prima della vendemmia viene approntato un programma di commercializzazione che consente di
indirizzare le cantine associate sulla diversificazione della produzione.
Tutte le operazioni di commercializzazione sono curate del consorzio, solamente alcuni quantitativi di
vino sfuso possono essere venduti direttamente dalle cantine. La maggior parte del vino prodotto viene
imbottigliato, anche se i margini di guadagno rispetto al vino sfuso risultano di poca entità.
Ma con l’imbottigliamento il consorzio e riuscito a tipicizzare alcuni vini e ad allargare l’area di com-
mercializzazione, occupando mercati che anche nei momenti di crisi consentono l’assorbimento di
notevoli quantità di prodotto.
Altra visita molto interessante é stata quella al C.O.R.O.V.I.N., anch’esso consorzio di 2° grado.
Quest’organismo raggruppa 22 cantine sociali distribuite in quattro regioni, complessivamente rappre-
senta 11.000 soci. Dispone di due catene di imbottigliamento, di cui una con capacità lavorativa di 7.000
bottiglie/ora e l’altra di 14.000/ora. Vengono commercializzati circa 2.500.000 hl di vino, di cui 320.000

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hl in bottiglia. È nei programmi del consorzio aumentare notevolmente il quantitativo di vino imbottigliato.
Si produce il lambrusco e soprattutto diversi tipi di vino bianco, rosso e rosato. Il prodotto viene col-
locato nei mercati nazionali ed esteri (Germania, Canadà e Stati Uniti).
Anche questo consorzio ricorre all’autofinanziamento e destina cospicue some del proprio bilancio
all’azione pubblicitaria. Particolare interesse infine ha suscitato la visita ad una cantina sociale (Algelado),
dove buona parte del vino prodotto viene venduto allo stato sfuso. L’acquirente oltre al vino può trovare
anche frutta, verdura e formaggi. Inoltre vengono organizzate sagre e manifestazioni folcloristiche che
consentono di far conoscere i prodotti della cantina ad un numero sempre maggiore di consumatori.
Anche le visite alle aziende viticole sono risultate di grande interesse. Tra le aziende visitate è da
ricordare la “Vermi e Rambelli” ubicata nel territorio di Lugo. Si tratta di una azienda ad indirizzo viti-
colo e frutticolo.
Il vigneto viene allevato nella maggior parte dei casi a G.D.C. Tutte le operazioni colturali, comprese la
potatura e la raccolta vengono affidate alle macchine. La lavorazione del terreno viene ridotta al minimo,
ricorrendo in molti casi alla pratica dell’inerbimento del vigneto.
Oltre e curare le visite di ordine tecnico si è cercato di acquisire notizie sugli interventi adottati delle
regione Emilia Romagna a favore del settore viticolo.
Al riguardo si è constatato che la regione Emilia Romagna ha individuato nell’attività di ricerca, spe-
rimentazione, divulgazione e assistenza tecnica gli strumenti idonei a favorire il processo evolutivo della
viticoltura. Al fine di rendere applicativi gli strumenti di cui sopra ha istituito un apposito organismo,
l’E.S.A.V.E. (Ente Studi e Assistenza Viticola Enologica). Si tratta di un consorzio a cui aderiscono Pro-
vince, Comuni, Cantine sociali e altre organizzazioni che operano in viticoltura e ha lo scopo di svilup-
pare programmi di ricerca e di sperimentazione nel settore vitivinicolo.
L’E.S.A.V.E. si nuove in stretto rapporto con gli obiettivi espressi dagli organi della programmazione
regionale, ricevendo dalla regione stessa una parte cospicua dei mezzi finanziari che vengono utilizzati
per la realizzazione dei programmi di attività.
Contemporaneamente alla costituzione dell’E.S.A.V.E., l’università di Bologna ha dato vita ed una
struttura dipartimentale (CRIVE -Centro Ricerche Viticole Enologiche) con il compito di svolgere attività
di ricerca nel settore viticolo della Regione Emilia Romagna.
Successivamente anche l’Università Cattolica di Piacenza ha instaurato un rapporto di collabora-
zione con l’E.S.A.V.E. L’incontro tra l’E.S.A.V.E. e gli istituti universitari di ricerca si realizza attraverso
convenzioni di collaborazione.
Per la sola attività di ricerca le Regione Emilia Romagna nel 1981 ha sostenuto un impegno finanzia-
rio due miliardi di lire. I risultati della ricerca vengono pubblicati continuamente e quindi messi a disposi-
zione di chi opera nel settore viticolo. Inoltre l’E.S.A.V.E., nell’attuazione dei suoi compiti di divulgazione
e assistenza tecnica a favore di viticoltori, cura la pubblicazione di opuscoli che trattano i vari aspetti
della viticoltura.
Anche nel Veneto le visite hanno riguardato sia organismi associativi che aziende viticole. Il primo
organismo oggetto di visita è stato il Consorzio delle cantine venete, che si occupa esclusivamente
delle lavorazione e distillazione dei sottoprodotti del vino. Si tratta di un complesso molto efficiente,
modernamente organizzato in tutte le fasi di lavorazione e quindi in grado di funzionare con pochissima
manodopera (3 operai).

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Successivamente è stato visitato il Consorzio Cantine Sociali della Marca Trevigiana, sito ad Oderzo
(Treviso). Ha una capacità ricettiva di 120 mila ettolitri e dispone di due linee di imbottigliamento, una per
i vini fini con tappo di sughero e un’altra per i vini da tavola con tappo a vite. Vi aderiscono 15 cantine
Sociali che complessivamente producono circa 1.000.000 di ettolitri di vino. Comunque, dalla visita di
questo Consorzio non si sono ricavati elementi di grande interesse, in quanto si è potuto constatare
che questo organismo non riesce ancora a darsi una efficiente funzionalità, rimanendo inoperoso per
diversi periodi dell’anno.
Molto interessante è risultata invece la visita alla Cantina sociale di Caposile. Questa cantina ha una
capacità ricettiva di 98.000 ettolitri. Vi aderiscono 850 soci, i quali sono obbligati a conferire il 90% della
produzione dei loro vigneti. Le uve conferite vengono opportunamente controllate, pigiate e in relazione
ad appositi parametri qualitativi avviate a vinificazioni differenziate sotto controllo tecnico. Il 15% della
produzione viene imbottigliato, mentre il rimanente quantitativo viene venduto allo stato sfuso sia sui
mercati nazionali che su quelli esteri. All’interno della cantina esiste anche uno spaccio per le vendite al
minuto, costituito da tre distributori automatici e da sei serbatoi in acciaio inox da hl 200 cadauno, con
impianto di compensazione del vuoto mediante gas inerte. La cantina produce per il 75% vini rossi e per
il 25% vini bianchi. Vengono prodotti i seguenti vini: Raboso, Merlot, Pinot bianco, Verduzzo e Cabernet.
Sono state oggetto di visita anche l’azienda dell’Ente di Sviluppo Agricolo del Veneto e l’azienda
dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano Veneto.
In queste aziende vengono condotte prove sperimentali sul sistema di allevamento, sulla lotta anti-
parassitaria e sulla adattabilità dei portinnesti. Anche in questo caso le notizie raccolte sono risultate di
notevole interesse e hanno contribuito ad allargare il campo delle conoscenze dei partecipanti.

Partecipanti:
Gaspare Bonomo Dirigente SOPAT ESA Marsala
Vito Parrinello Funzionario SOPAT ESA Marsala
Matteo Di Benedetto Enot. Cantina Strasatti
Michele De Pasquale Presidente Cantina sociale Mozia
Diego Montalto Enot. Cantina Europa
Francesco Tumbarello Amministratore Cantina sociale Europa
Nicola Trapani Presidente Cantina sociale Uvam
Baldassarre Cusumano Amministratore Cantina sociale UVAM
Giovanni Vinci Presidente Cantina sociale Birgi
Giuseppe Tumminello Amministratore Cantina sociale Birgi
Michele De Vita Presidente Cantina sociale Petrosino
Ignazio Angileri Amministratore Cantina sociale Petrosino
Martino Tumbarello Presidente Cantina sociale S. Francesco
Domenico Perrone Amministratore Cantina sociale Marsala
Giuseppe Magliani Enotecnico
Antonio Maiorana Agronomo
Giuseppe Palmeri Imprenditore agricolo
Vito Pumilia Imprenditore agricolo

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Viaggio studio di dirigenti di Cantine Sociali
Visite guidate ad aziende vitivinicole delle Regioni Emilia Romagna e Toscana
dal 26 al 31 luglio 1987
Gaspare Bonomo - Sezione Operativa ESA Marsala, 1987

Con questa iniziativa, realizzata insieme alla SOPAT dell’ESA di Alcamo, si è voluto dare la possibilità
ad un gruppo di amministratori di cantine sociali e di operatori agricoli di visitare realtà vitivinicole avan-
zate, in modo da trarre elementi di novità da trasferire nella nostra vitivinicoltura.
La prima visita ha riguardato l’azienda “Villa Banfi”, ubicata nel territorio di Montalcino e avente una
estensione complessiva di 2.830 ettari, di cui 800 coltivati a vite. Questa azienda dispone di una cantina
della capacità di 110.000 ettolitri che viene utilizzata sia per la lavorazione della produzione aziendale
(35.000 quintali di uva) sia per il prodotto acquistato in zona e immesso nei circuiti commerciali dell’a-
zienda. La cantina è stata costruita seguendo i criteri più avanzati della tecnologia enologica e consente
la lavorazione e la conservazione di vini di alta qualità. La cantina dispone anche di un ambiente per
l’invecchiamento del vino rosso, costituito da botti di rovere della capacità di 13.000 ettolitri. Sia il pro-
dotto aziendale che quello acquistato vengono imbottigliati, potendo disporre la cantina di una linea di
lavorazione di 10.000 pezzi/ora. Le aree di commercializzazione riguardano sia l’Italia che l’estero, Stati
Uniti soprattutto. I vini prodotti vengono ottenuti dalle seguenti varietà: Brunello di Montalcino, Rosso di
Montalcino, Moscatello di Montalcino, Pinot grigio, Chardonnay e Cabernet Sauvignon.
Considerato che l’azienda punta sulla produzione di vini di qualità, vengono adottati tutti gli accorgi-
menti di tecnica colturale che consentono all’uva di presentarsi nel migliore dei modi al momento della
raccolta, mantenendo anche basse le produzioni unitarie (70 q/ha). Un aspetto caratteristico dell’azien-
da è quello di procedere, prima dell’impianto del vigneto, allo spianamento delle colline più scoscese,
adottando il sistema di accumulare lo strato superficiale del terreno per spargerlo in seguito sulla super-
ficie spianata. Questa azienda ha iniziato la sua attività ne1978, acquistando i terreni e procedendo alla
loro sistemazione con opere che ancora continuano.
Successivamente sono state oggetto di visita la cantina sociale “Agricoltori del Chianti Geografico”
e l’azienda S. Felice, ubicate nella zona più tipica della produzione del Chianti.
La cantina sociale, ubicata nel comune di Gaiole in Chianti, conta 130 soci che conferiscono 35.000
quintali di uva prodotta nei 350 ettari di vignetoi. Anche questa cantina si avvale di strutture idonee alla
produzione di vini di qualità, i quali trovano sbocchi commerciali nei mercati nazionali ed esteri. La mag-
gior parte della produzione riguarda il Chianti che viene ottenuto dalle varietà Sangiovese, Trebbiano,
Malvasia e Canaiolo(10%), ma si riscontra anche un notevole impegno per il Galestro, un vino costituito
recentemente da un consorzio di 13 ditte e commercializzato esclusivamente dalle stesse ditte.
La cantina si avvale di un direttore che cura tutti gli aspetti organizzativi e commerciali. I vigneti dei
soci vengono seguiti dai tecnici della cooperativa che stabiliscono il momento in cui l’uva deve essere
raccolta e conferita in cantina. Al temine della vendemmia i soci ricevono un anticipo sul prodotto con-
ferito basato sui risultati commerciali della precedente annata. La liquidazione definitiva avviene prima
della successiva vendemmia. Il prezzo di liquidazione viene stabilito tenendo conto della qualità dell’uva

474
conferita e del grado zuccherino, quest’ultimo basato sul grado medio della cantina.
L’azienda S. Felice, ubicata nel territorio di Castelnuovo Berardenga, è una delle più rappresentative
della zona e viene utilizzata anche dalla Facoltà di Agraria di Firenze come sede di attività sperimentali
in materia vitivinicola. Ha una estensione di 190 ettari e dispone di una cantina idonea ad ammassare
l’intera produzione (10.000 hl) che viene venduta sia in Italia che all’estero. Anche se l’azienda dispone
di capitali di notevole entità, essendo di proprietà della RAS, viene gestita con molto equilibrio e riesce
a produrre vini di ottima qualità molto apprezzati dai mercati.
L’ultimo giorno di permanenza in Toscana, il 29/7, è stato dedicato alla visita dell’azienda Gaetano
Volentieri (costruzione macchine per la lavorazione del terreno, la potatura e la raccolta meccanica).
Qui ci si è soffermati sull’esame delle caratteristiche delle macchine prodotte dall’azienda, valutando
le possibili applicazioni nella nostra viticoltura e suggerendo eventuali modifiche per favorirne l’adatta-
bilità. Particolare interesse ha destato una vendemmiatrice semovente adatta per la raccolta dell’uva
nei vigneti allevati a spalliera, attrezzata anche per le operazioni di lotta antiparassitaria e di potatura nel
cordone speronato. Nel complesso questa visita ha messo in risalto che ormai in viticoltura è possibile
meccanizzare integralmente tutte le operazioni colturali, comprese raccolta e potatura.
Dopo aver completato il programma delle visite in Toscana il gruppo si è trasferito in Emilia Romagna
e precisamente a Piacenza. Qui la prima visita ha riguardato la Facoltà di Agraria, dove il gruppo è stato
accolto dal prof. Fregoni, ordinario di viticoltura, e da Dott. Miravalle della Monsanto. Dopo un’introdu-
zione del prof. Fregoni sulle caratteristiche della vitivinicoltura della zona e una visita alle apparecchiature
dalla Facoltà, il gruppo si è trasferito in alcune aziende viticole rappresentative. Particolare interesse
hanno destato le aziende “Stoppa” e “Vigevani”, che, oltre ad ospitare alcune attività sperimentali della
Cattedra di Viticoltura di Piacenza, presentavano elementi di notevole interesse dal punto di vista della
tecnica di coltivazione, della lavorazione, trasformazione e commercializzazione del prodotto.
Qui il Prof. Fregoni ha illustrato le finalità di alcune prove sperimentali condotte dalla Cattedra di Viti-
coltura, soffermandosi in particolare nell’analisi di quegli
aspetti che concorrono alla produzione di vini di qualità.
Dopo una colazione offerta dalla Monsanto il gruppo
si è trasferito nella cantina sociale intercomunale Broni,
dove ha potuto prendere visione dei sistemi di lavora-
zione adottate per la produzione dello spumante e dei
vini tipici della zona.
Volendo esprimere un giudizio complessivo sull’an-
damento della gita e sui risultati conseguiti, si può affer-
mare che molti degli obiettivi prefissati sono stati rag-
giunti. Infatti non solo sono stati raccolti molti elementi di
novità e di interesse, ma soprattutto si è notata un’attiva
partecipazione degli operatori che hanno tratto nuovi
stimoli per avviare un processo di cambiamento della
nostra vitivinicoltura, basato non più sulla distillazione
ma sulla produzione di vini di qualità in grado di potersi
inserire nei circuiti commerciali nazionali ed esteri.

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Viaggio studio di Operatori agricoli
Visite guidate ad aziende agricole, Istituti sperimentali e cooperative
delle Regioni Puglia e Basilicata dall’ 8 al 14 luglio 1990
Gaspare Bonomo - Sezione Operativa ESA Marsala, 1990

Il gruppo dei partecipanti era costituito da operatori agricoli appartenenti a cooperative agricole e ad
organizzazioni professionali di categoria operanti nei territori comunali di Marsala e Petrosino.
La prima visita ha riguardato l’azienda agricola sperimentale dimostrativa “Pantanello” ubicata nel
Metapontino. Questa azienda è di proprietà della Regione Basilicata ed ha il compito di svolgere attività
di ricerca, sperimentazione, dimostrazione e formazione professionale. Essa ha ampia autonomia ammi-
nistrativa ed è diretta da un funzionario regionale che agisce in modo privatistico e manageriale, rispon-
dendo del proprio operato, attraverso il Dipartimento Agricoltura e Foreste, solo alla Giunta Regionale.
La Regione Basilicata possiede altre cinque aziende sperimentali che operano al servizio dei com-
parti agricoli presenti nelle aree di ubicazione delle singole aziende.
Presso l’azienda “Pantanello“(che ha una superficie complessiva di 98 ettari) hanno sede i seguenti
organismi:
1) il Consorzio interregionale per la formazione dei divulgatori agricoli (CIFDA) tra le regioni Basilicata,
Calabria e Puglia;
2) la società consortile “Metapontum Agrobios“ costituita tra la regione Basilicata e l’ENI, in virtù
della legge regionale n.30/1984. Essa svolge attività di ricerca e sperimentazione agrobiologica;
3) il servizio telematico “Agrovideotel“, promosso a livello sperimentale dalla CEE e dal MAF, con
il quale la Regione intende formare gli operatori agricoli (attualmente sono collegati con appo-
siti terminali 35 utenti). Esso fornisce notizie sulle normative in vigore, informazioni sulle attività
sperimentali, orientamenti economici di mercato, costi di produzione, orientamenti produttivi di
massima convenienza, previsioni meteorologiche, bollettini fitosanitari, etc..
4) il servizio informativo per 1a lotta fitosanitaria guidata, a cui collaborano tecnici regionali, l’Osser-
vatorio fitopatologico della Regione Puglia e l’Istituto di Entomologia Agraria dell’Università di Bari.
L’azienda conduce una serie di attività sperimentali in collaborazione e con il supporto di Istituti Uni-
versitari di tutta Italia, Istituti sperimentali del Ministero Agricoltura e Foreste, Consorzi di ricerca, ENEA,
C.N.R., etc.
Allo stato attuale vengono condotte sperimentazioni nei seguenti settori: ortofrutticoltura protetta e di pie-
no campo, agrumicoltura, piante esotiche, viticoltura e colture industriali (cotone, ricino, girasole, soia, etc.).
L’organizzazione dell’azienda è stata illustrata dal Dr. Martelli, direttore della. stessa azienda, il quale
ha anche guidato il gruppo in una visita ad un Consorzio di Cooperative (Consorzio ortofrutticolo della
Basilicata) ubicato a Scansano Ionico. Questo Consorzio commercializza in Italia e all’estero le produ-
zioni (frutta e ortaggi) di 200 cooperative della Basilicata e della Puglia.
Nei giorni successivi, le visite sono state rivolte ad aziende viticole e floricole della Puglia.
Nei tre giorni dedicati alla viticoltura, il gruppo e stato guidato dal Prof. Liuni, Direttore dell’Istituto
Sperimentale per la viticoltura di Turi.

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Le visite hanno riguardato l’azienda viticola “Torrebianco“ (Andria), l’azienda “Colucci” (Turi), la can-
tina sociale “Locorotondo“ (Locorotondo), l’Istituto Sperimentale per la viticoltura di Bari, la cantina
sociale “Rivera” (Andria).
L’azienda Torrebianco (società per azioni) ha una estensione di 108 ettari e coltiva uve da vino co-
stituite delle seguenti varietà: Chardonnay 44/%, Pinot bianco 12%, Sauvignon 14%, Pinot nero 12%,
Aglianico 18%. Come portinnesto viene adoperato in maggioranza il Kober 5BB, ma si riscontrano
anche viti innestate su S04.
Le viti sono allevate a spalliera e sono disposte ad un sesto di 2 x 2 m. Ad eccezione della potatura,
tutte le operazioni colturali, compresa la raccolta, vengono effettuate con le macchine. Si pratica il diser-
bo lungo la fila. L’irrigazione viene effettuata a “spillo” (15 1/ora) con un consumo idrico di 2.000/2.500
mc/ha. Il terreno che ospita il vigneto risulta poco profondo (30 cm) ed è stato reso coltivabile attraverso
lavori di dissodamento, spietramento e frangitura delle pietre.
Per avviare questa azienda (acquisto terreno, miglioramenti fondiari, acquisto macchine, etc.), i pro-
prietari hanno sostenuto un costo complessivo di £. 30.000.000/ha.
Tutta la produzione di questa azienda finisce in una cantina privata (Rivera), ubicata nelle vicinanze
dell’azienda stessa.
La visita di questa Cantina è risultata di grande utilità per l’acquisizione di informazioni sui processi
di lavorazione e trasformazione del prodotto al fine di ottenere vini di qualità.
Il giorno successive il gruppo si è trasferito a Turi dove ha visitato l’Istituto sperimentale per 1a viticol-
tura di Bari ed ha assistito ad una conferenza del Prof. Gargiulo, genetista argentino. Il Prof. Gargiulo ha
presentato una vasta gamma di varietà di uva da tavola illustrando per ognuna di esse le caratteristiche
qualitative e produttive. Si è soffermato, inoltre, sugli aspetti del miglioramento genetico delle uve da
vino e sulle caratteristiche di alcuni portinnesti idonei per la viticoltura meridionale. Nel corso dei lavori il
Dr. Sartore, Direttore dei vivai cooperativi Rauscedo, ha presentato le varietà di uve apirene ottenute dal
Prof. Gargiulo e moltiplicate in Italia esclusivamente dai vivai Rauscedo.
Nella stessa giornata è stata visitata l’azienda Colucci, coltivata quasi interamente ad uva da tavola,
estesa 15 ettari. Era presente anche un actinidieto coltivato razionalmente. Questa azienda era stata
acquistata alcuni anni addietro per un valore di 300 milioni di lire e vi erano stati effettuati investimenti per
un costo complessivo di lire 1,5 miliardi. Le viti erano allevate a tendone e venivano irrigate attraverso un
impianto completamente automatizzato. L’acqua per l’irrigazione veniva prelevata da un pozzo profon-
do 540 m. In questa azienda si è avuta la possibilità di verificare il diverso comportamento vegetativo e
produttivo di impianti viticoli effettuati con barbatelle innestate e selvatiche, messe a dimora nelle stesso
periodo e nelle stesse condizioni.
La visita alla Cantina Sociale Locorotondo ha rappresentato, forse, il momento più interessante
delle visite. Questa Cantina è ubicata in una realtà caratterizzata dalla presenza di vigneti scarsamente
produttivi e da aziende di modeste dimensioni dove è molto diffuso il part-time. Vi aderiscono 1.470
soci, che, con una superficie vitata di 2.200 ettari, ammassano mediamente 130.000 q/li di uva. Tutto
il vino prodotto viene imbottigliato e venduto in Italia e all’estero. La Cantina è dotata di quattro linee di
lavorazione che permettono di diversificare la produzione. Infatti vengono prodotti vini bianchi e rossi a
denominazione geografica, il Doc Locorotondo e 300 mila bottiglie di spumante.
Tutti i processi di lavorazione e trasformazione avvengono con modernissimi macchinari e in un am-

477
biente dove l’igiene e la pulizia vengono tenuti in grandissima considerazione. Le fasi di lavorazione del
prodotto avvengono in locali diversi, in uno dei quali è ubicata una catena di imbottigliamento con una
capacita lavorativa di 5/6 mila bottiglie/ora. La Cantina dispone, inoltre, di una grandissima sala confe-
renze e di un locale per la degustazione dei vini.
L’ultimo giorno è stato dedicato alla floricoltura. Per l’approfondimento di questa materia è stato
scelto uno dei centri più rappresentativi della floricoltura pugliese (Terlizzi). La floricoltura a Terlizzi na-
sce negli anni ’60 e si sviluppa attraverso una graduale riconversione dell’indirizzo orticolo. Oggi ha
raggiunto livelli evolutivi di grande interesse e si pone come punto di riferimento per tutti coloro che
operano nel settore florovivaistico. La superficie coltivata a fiori si aggira intorno a 220 ettari, di cui 110
in ambiente protetto. Esiste un mercato comunale dove i produttori possono vendere direttamente la
loro produzione.
Il gruppo è stato guidato dal Dott. Vendola dell’Istituto di Ortofloricoltura dell’Università di Bari.
Tramite il Dott. Vendola a stato possibile acquisire informazioni di carattere generale sulla situazione
floricola della zona e visitate alcune aziende rappresentative. Tra le aziende più interessanti si ricordano
l’azienda Tricarico, estesa 2,5 ettari e coltivata interamente a rose per la produzione invernale, e l’azien-
da De Palma specializzata nella produzione di piante ornamentali.
La gita nel complesso è risultata di grande utilità per i partecipanti, i quali hanno manifestato grande
interesse per tutte le visite e sicuramente saranno in grado di trasferire nella realtà locale quei processi
innovativi che hanno avuto modo di osservare.
Durante il viaggio di ritorno si è sviluppato un interessante dibattito che ha permesso di esaminare
quegli aspetti della vitivinicoltura pugliese che maggiormente avevano impressionato e di valutare 1a
possibilità di introdurre nella nostra agricoltura nuovi modelli organizzativi e produttivi.

478
Viaggio studio di Operatori agricoli
Visite guidate ad aziende vitivinicole della Regione Marche
dal 24 al 27 ottobre 2000

Questa gita è stata organizzata per invogliare alcuni agricoltori ad avviare un percorso di valorizzazione
della loro produzione vitivinicola attraverso la vinificazione e il confezionamento in azienda e la commer-
cializzazione con un proprio marchio.
Con questo obiettivo, ad un gruppo di viticoltori è stata data la possibilità di visitare la vitivinicoltura
della Regione Marche e fare conoscere il modello organizzativo di tante piccole aziende viticole, molto
simili a quelle marsalesi, che sono riuscite a qualificare la loro produzione e ad affermarsi sui mercati
nazionali e internazionali.

Partecipanti :
Gaspare Bonomo Dirigente Sezione Operativa ESA Marsala
Felice Amato Viticoltore
Filippo Angileri Viticoltore
Stefano Bonafede Viticoltore
Sebastiano Culicchia Viticoltore
Giuseppe Cusumano Viticoltore
Sergio Ienna Viticoltore
Biagio Incardina Viticoltore
Damiano Indelicato Viticoltore
Aldo Ingoglia Viticoltore
Matteo Giacalone Viticoltore
Giuseppe Milazzo Viticoltore
Pietro Montalto Viticoltore
Michele Pulizzi Viticoltore
Matteo Spezia Viticoltore

479
Incontro di aggiornamento
Marsala, Colorado Rio 18 dicembre 1992
Tecniche colturali avanzate in viticoltura
per produrre meglio,
situazione attuale e prospettive
Gaspare Bonomo - Sezione Operativa ESA Marsala

L’iniziativa è stata organizzata dalla Sezione Operativa dell’Ente di Sviluppo Agricolo di Marsala in col-
laborazione con l’Associazione Dottori in Scienze Agrarie e Forestali della provincia di Trapani, con lo sco-
po di migliorare la qualificazione professionale degli operatori agricoli dei territori di Marsala e Petrosino.
Per l’occasione è stato invitato a relazionare il Dr. Giovanni Cargnello, Direttore della Sezione Tecni-
che colturali dell’Istituto Sperimentale per la viticoltura di Conegliano.
L’incontro ha permesso approfondire le problematiche di alcune tecniche colturali che permettono
di ridurre i costi di produzione.
Il Dr. Cargnello ha affrontato l’argomento soffermandosi su particolari aspetti dell’impianto, delle
lavorazioni, della potatura e della raccolta. Ha sottolineato che oggi bisogna pensare ad una viticoltura
impostata a dimensione d’uomo e d’ambiente e proiettata verso produzioni di qualità.
Per quanto riguarda l’aspetto varietale ha suggerito di puntare sulle varietà autoctone, pur con-
siderando la possibilità di ricorrere a varietà alloctone miglioratici. Ha riportato, inoltre, i risultati delle
ricerche effettuate su diverse forme di allevamento. Da questi studi è emerso che il cordone speronato
rappresenta una delle forme di allevamento più rispondenti alle esigenze di migliorare la qualità e di
meccanizzare le operazioni di potatura.
Il relatore si è soffermato anche sulla vendemmia meccanica, illustrando le caratteristiche di diverse
vendemmiatrici, facendo notare che in futuro non si potrà fare a meno di meccanizzare la raccolta. L’in-
contro è risultato molto interessante sia per le nuove tecnologie illustrate sia per la numerosa e attiva
partecipazione di tecnici e operatori vitivinicoli. Alla relazione è seguito un vivace dibattito che ha per-
messo di approfondire le problematiche trattate e di fornire agli operatori indicazioni circa le possibilità
applicative delle nuove tecnologie nel nostro ambiente.
Dall’incontro è scaturito anche la volontà di avviare un rapporto di collaborazione tra gli operatori del
nostro territorio e l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano.

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Attività sperimentale

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Vignevini - n.12 1992

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Indagine conoscitiva sulla natura
di alcune malformazioni recentemente
comparse nella viticoltura marsalese
Studio condotto dal 1990 al 1993
Gaspare Bonomo - Giovanni Catalano - Liborio Ferro - Anna Maria Parrinello

In seguito alla comparsa negli ultimi anni di alcune anomale manifestazioni nei vitigni del marsalese,
si è voluto indagare sulla loro natura. Poiché, nella maggior parte dei casi, il fenomeno sembrava ricon-
ducibile ad una malattia virotica, si è ritenuto opportuno effettuare una approfondita verifica attraverso
analisi di laboratorio.
I metodi per accertare la presenza di virus nelle piante sono diversi e tra essi uno dei più interessanti
è quello sierologico basato sul riconoscimento del virus ad opera di anticorpi. Nella presente indagine
si è, infatti, seguito il metodo ELISA (Enzyme-Linked lmmunosorbent Assay) - prova di immunoassorbi-
mento a marcatura enzimatica.
Nel corso dell’iniziativa ci si è avvalsi della collaborazione del Dr. Marcello Merulla ( borsista ESA). L‘ini-
ziativa è stata condotta in collaborazione con il Prof. Bruno Rosciglione dell’Istituto di Patologia Vegetale
dell‘Università di Palermo, che, oltre a dare il supporto scientifico, ha consentito ad alcuni tecnici della Se-
zione Operativa di Marsala di acquisire la necessaria specializzazione per svolgere questo tipo di indagine.
Prelevamento dei campioni
I campioni sono stati prelevati in aziende rappresentative in epoche distinte: in primavera, per l’ac-
certamento del virus dell’arricciamento fogliare (GFLV) e a fine estate-inizio autunno per la ricerca del
virus deIl’accartocciamento fogliare (GLRaV-l e GLRAV-lll). Ciò perché il primo virus si riscontra nelle
foglie giovani, mentre i secondi nelle foglie mature.
Modalità del campionamento
Ciascun campione comprendeva 5-6 foglie di vite che racchiuse in un sacchetto venivano conserva-
te in congelatore. Ciascuna pianta veniva segnata con un nastro al fine di rendere più agevole il succes-
sivo riconoscimento. In linea generale i campioni venivano prelevati a caso; solo pochi campioni sono
stati prelevati da piante che presentavano evidenti sintomi di anomalie riconducibili ad attacchi virotici.
I campioni cosi prelevati sono stati sottoposti ad analisi con il metodo ELISA per il riconoscimento
dei virus responsabili deIl’arricciamento, deII’accartocciamento fogliare e del legno riccio qui di seguito
brevemente descritti.

Arricciamento
Il virus responsabile di questa malformazione della vite è il Gravine Fanleaf Virus (GFLV). I sintomi più
caratteristici si manifestano sulle foglie in accrescimento (primavera) e consistono nella malformazione
delle foglie, prezzemolatura, nervature mediane molto ravvicinate. Sui tralci si notano internodi raccor-
ciati, nodi doppi, accrescimento a zig - zag, tralci appiattiti e biforcazionì. I grappoli sono più piccoli e
con abbondante colatura. Il vettore del virus è il nematode Xiphinema index.

509
Accartocciamento fogliare
Il virus responsabile è il Grapevine Leafrol Virus di cui si distinguono due ceppi: il GLRaVI e il GLRaV
III. Si manifesta con l’accartocciamento verso il basso del lembo fogliare a partire dalle foglie basali
(fine luglio) fino ad estendersi alle altre foglie (settembre-ottobre), risparmiando solo le estremità del
germoglio. Nelle cultivar ad uva rossa compaiono arrossamenti internervali e successivamente macchie
violacee che si possono estendere su tutta la foglia.
Nelle uve bianche si hanno macchie clorotiche. I grappoli sono più piccoli, con colorazione irregolare,
basso contenuto zuccherino e maturazione ritardata.

Legno riccio
Il virus responsabile è il Gravine tipo A (GVA)
Si manifesta dopo 3 - 6 anni di vita del vigneto con deperimento, ritardo nella ripresa vegetativa e
scarsa vigorìa. Successivamente si ha un disseccamento dei tralci basali o la morte dell’intera pianta.
Scortecciando il fusto della vite americana, poco al disotto il punto d’innesto, si nota un ispessimen-
to della corteccia (iperplasia e ipertrofia) e la superficie interna presenta numerose costole longitudinali
mentre il legno risulta infossato ( ipoplasia ).

Descizione del metodo sierologico ELISA


Il saggio dell’immunoadsorbente legato all’enzima è un saggio che viene usato per stabilire se nel cam-
pione è presente l’antigene (saggio diretto) o l’anticorpo specifico contro un antigene (saggio indiretto).
Nel metodo diretto o a Sandwich si ricerca la presenza dell’antigene nel campione biologico. Per la
sue applicazione necessita di una serie di materiali e reagenti. Tra i materiali ricordiamo:
1) piastre a 96 pozzetti di materiale plastico (8x12 pozzette) (fig.1);
2) schema delle piastre dove si indicherà la distribuzione dei campioni (fig.2);
3) pipette e cilindri graduati, beute, beker, etc.;
4) visore per esaminare più facilmente le reazioni;
5) soluzioni tamponate che vanno preparate prima e conservate in frigorifero:
a) soluzione tamponata per il sensibilizzante;
b) soluzione fisiologica tamponata con detergente.
6) anticorpi ( sensibilizzante e coniugato);
7) substrato ( sostanza su cui l’enzima agisce e serve a misurarne I’attività).

Fig.2

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Procedimento
1) Sensibilizzazione della piastra
Al momento dell’uso, si diluisce l’anticorpo (IgG ) specifico per il riconoscimento di un particolare
virus in 20 cc di tampone di copertura (Coating buffer) a concentrazioni variabili da 1:100 a 1:1000, a
seconda del tipo di virus e della sensibilità dell’immunoglobuline coniugate.
Nel nostro caso, si possono adottare le seguenti concentrazioni:
• 1 : 100 -- 0,2 cc di IgG (immunoglobulina) GFLV (arricciamento);
• 1 : 500 -- 0,4 « « “ « GLRaV I (accartocciamento);
• 1 : 500 -- 0,4 « « « « GLRaV lll (accartocciamento);
• 1 : 1000 -2 « « « « GVA (virus A).
Si riempiono, quindi, i pozzetti della piastra con 200 ul (microlitri) per ciascuno, col sensibilizzante come
sopra diluito. Si copre la piastra con parafilm e poi con il coperchio e si lascia ad incubare per 4 ore a 30
°C in camera umida. Durante tale periodo una certa quantità di anticorpi aderisce alle pareti ed al fondo
dei pozzetti, rimanendo poi fortemente adsorbiti per tutta la durata della prova (adsorbimento aspecifico).
2) lavaggio
A fine incubazione, svuotare la piastra con un colpo secco nel lavandino e riempire i pozzetti con una
soluzione fisiologica tamponata con detergente (PBS + Tween 20). Poi si svuota e si ripete l’operazione
fino ad effettuare 3 lavaggi, terminando con uno svuotamento ed asciugamento della piastra con carta
bibula. A questo punto la piastra contiene solo gli anticorpi adsorbiti durante I’incubazione. L’aggiunta
del detergente ha lo scopo di prevenire ogni adsorbimento aspecifico.
3) Preparazione e distribuzione dei campioni
Si pesano 0,5 g di foglie per ogni campione e si mettono dentro delle buste di plastica con garza
sterile. Aggiungere a ciascuna busta 5 cc di soluzione del tampone di estrazione che va preparata scio-
gliendo l’Extration Buffer for testing Grapevine in 1 lt. di acqua distillata e aggiungendo 0,5 cc di Tween
20 al momento del lavaggio. La soluzione va conservata in frigorifero.
Il rapporto tra il peso delle foglie ed il tampone di estrazione deve essere di 1 : 10.
A questo punto, omogeneizzare il contenuto delle buste con un trapano a testa rotante in modo da
unire il succo cellulare alla soluzione d’estrazione. Si prelevano 200 ul dell’estratto di pianta così otte-
nuto per ogni pozzetto.
Ciascun campione viene ripetuto in tre pozzetti per avere maggiore conferma sull’esito dell’esame. I
primi tre pozzetti della piastra vanno riempiti col tampone di estrazione, i successivi tre con un campione
sicuramente virosato e poi seguono i campioni da esaminare. A questo punto la piastra viene chiusa,
come detto prima, e posta ad incubare a 6 °C per 16 ore, cioè viene posta in un normale frigorifero e
lasciata a riposo fino al giorno successivo. Durante questo periodo le eventuali
particelle virali (omologhe rispetto agli anticorpi sensibilizzanti) verranno trattenute dagli anticorpi alle
superfici dei pozzetti.
Al termine di questo periodo la piastra viene lavata tre volte con acqua e tre volte con la soluzione
fisiologica tamponata con detergente (PBS + Tween 20), con le modalità prima dette.
4) Preparazione e distribuzione del coniugato
Si diluisce l’lgG coniugato con il tampone coniugato in misura variabile da 1:100 a 1:1000 a seconda
del l tipo di virus e della sensibilità deII’immunoglobulina coniugata.

511
Nel nostro caso, si fa una diluizione di 1:1000, cioè si aggiungono 20 ul di lgG coniugato in 20 cc
di tampone coniugato (Conjugate Buffer). Aggiungere, quindi, 200 ul di lgG coniugato così diluito, in
ciascun pozzetto e mettere ad incubare a 30 °C per 5 ore in camera umida. Trascorso tale periodo, si
lava tre volte con la soluzione tamponata condetergente (PBS + Tween 20).
5) Preparazione e distribuzione del substrato
Sciogliere in 20 cc di tampone contenente l’enzima substrato (Substrate Buffer) 1 mg. di pnitrophenyl
phosphate (fosfatasi alcalina) per ogni cc, ottenendo una soluzione incolore.
Immediatamente dopo, viene rapidamente distribuita nella piastra aggiungendone 200 ul per cia-
scun pozzetto. La fosfatasi alcalina consente di sviluppare una reazione colorata apprezzabile ad oc-
chio o analizzabile colorimetricamente.
6) valutazione dei risultati
La lettura viene effettuata al fotometro, immediatamente dopo l’aggiunta dell’enzima substrato e
dopo 1 ora.
Se l’esame è stato fatto regolarmente, risulteranno colorati di giallo i pozzetti del testimone infetto ed
incolori i pozzetti del tampone.
Pertanto, saranno considerati infetti quei campioni la cui colorazione è più o meno corrispondente
a quella del testimone infetto, sani se incolori, dubbi se leggiarmente gialli. La metodologia utilizzata
prevedeva tre ripetizioni per ogni campione.

RISULTATI di un test ELISA: l’assenza del


colore giallo indica l’assenza del comples-
so antigene-anticorpo primario nel campione
analizzato; l’intensità del colore giallo nei diver-
si pozzetti della piastra ELISA è proporziona-
le al numero di complessi antigene-anticorpo
(primario) formati e quindi alla concentrazione
dell’antigene(in grado di legare l’anticorpo pri-
mario) nel campione analizzato.
Sono possibili schemi sperimentali diversi in
cui in ogni reazione parallela si immobilizza lo
stesso campione di antigene e si utilizzano campioni di anticorpi (primari) diversi . In questo caso lo
sviluppo del colore e la sua intensità saranno misure della presenza di anticorpi primari in grado di rico-
noscere l’antigene e della loro concentrazione (o affinità per l’antigene).
L’indagine è stata condotta nel corso degli anni 1990, 91, 92 e 93 e ha interessato 8 varietà di uve
da vino (Catarratto, Grecanico, lnsolia, Grillo, Damaschino, Trebbiano, Nero D’Avola e Chardonnay) e 7
portinnesti (779 P, 140 R, 17/37, 1103 P, 110 R, S04, 161/49) rappresentativi della viticoltura della zona. I
campioni sono stati analizzati utilizzando le attrezzature di laboratorio in dotazione alla SOPAT di Marsala.
Si è provveduto all’acquisto dei sieri e antisieri per I’arricciamento fogliare (GFLV) e per I’accartoc-
ciamento fogliare (GLRaV-l e III) e di tutto il materiale necessario (sali, tamponi, buste, etc). La diagnosi
virologica è stata effettuata attraverso il metodo sierologico basato sul riconoscimento del virus ad
opera di anticorpi (Test ELISA).

512
Il laboratorio è stato attrezzato di un frigorifero per conservare le soluzioni dei sali e i sieri (4 °C di
temperatura), di un congelatore per conservare i campioni in attesa di essere esaminati, di un trapano
per omogenizzare i campioni di foglie e infine di una ghiacciaia per il trasporto dei campioni dal vigneto
al laboratorio.
L’indagine ha interessato circa 150 aziende site in contrade varie del marsalese. Nel corso dei 4 anni
di indagine sono stati raccolti 700 campioni riguardanti le varietà di uve da vino Catarratto, Grecanico,
Grillo, Trebbiano, Insolia, Damaschino, Nero D’Avola e Chardonnay.
Inoltre sono stati prelevati 78 campioni di portinnesti ed esattamente 66 campioni di 140 R, 4 di 779
P e 17/37 ed infine 1 campione di 1103 P, di 110 R, di S04 e 161/49.
L’esame dei risultati è stato fatto con la sola valutazione ad occhio dell’intensità della reazione. Si è
fissata una serie di valori (-, -+, +, ++, +++, ++++) indicando con il segno - i campioni dubbi (legger-
mente gialli) e con il segno + i campioni infetti nei diversi gradi di intensità della reazione (giallo più o
meno intenso).
Risultati
I risultati dettagliati, distinti per varietà e portainnesto, sono riportati nella tabella 1.
Per quanto riguarda le cultivar, il virus delI’arricciamento (GFLV) è stato riscontrato solo nel 4% dei
campioni esaminati , mentre più elevata è risultata la percentuale di campioni affetti dai virus delI’accar-
tocciamento fogliare e precisamente: 27% GLRaV-l e 80% GLRaV-lll.
In particolare, il virus delI’arricciamento si è riscontrato solo nel Trebbiano e nel Grecanico.
Il virus deII’accartocciamento GLRaV-l è maggiormente presente nel Damaschino (75%), neII’Insolia
(57%) e Grecanico (44%).
Il virus deII’accartocciamento GLRaV-lll è risultato presente in tutte le varietà con percentuali oscillanti
tra il 30% (Damaschino) e il 100% (Grecanico).
Per quanto riguarda i portinnesti le infezioni virotiche si riscontrano con minore frequenza. Infatti
nessun campione presenta il virus deIl’arricciamento (GFLV) e i virus deII’accartocciamento (GLRaV-l e
GLRaV-III) sono presenti nel 6% dei campioni esaminati e riguardano solo il portinnesto 140 R.
Dall’esame dei risultati si evince, inoltre, che nella maggior parte dei casi in cui i campioni erano stati
prelevati da piante sospette, l’analisi ha confermato la presenza di virosi. Tuttavia anche in molti cam-
pioni prelevati da piante apparentemente sane è stata riscontrata la presenza di virus.
Questi primi risultati indu-
Tabella 1 - Risultati presenza di virus nelle varietà e nei portinnesti
cono a ritenere che le affezioni GFLFV GLRaV-I GLRaV-III
VARIETÀ
virotiche dovute al GLRaV-III Campioni infetti % Campioni infetti % Campioni infetti %
risultano abbastanza diffuse Catarratto 3 85
Grecanico 28 44 110
e quindi un approfondimen-
Grillo 0 7 90
to dell’indagine si rende indi- Trebbiano 7 13 86
spensabile sia per verificare Insolia 0 57 78
l’entità del fenomeno che per Damaschino 0 75 30
Nero d’Avola 0 9 72
fornire agli operatori viticoli
Chardonnay 0 0 100
una guida nella scelta del ma- PORTINNESTI
teriale di moltiplicazione. 140 R. 0 6 6

513
514
515
516
517
518
Il vigneto dove sono state condotte le prove

519
Attività promozionale

520
Sagra dell’Uva - 1996

521
Sagra dell’Uva - 1997

522
523
524
Sagra dell’Uva - 1998

525
Sagra dell’Uva - 1999

526
Capitolo 5

La Fragolicoltura

527
Indice capitolo 5

La fragolicoltura all’inizio degli anni ottanta pag 530


L’attività di assistenza tecnica svolta dalla Sezione Operativa dell’ESA di Marsala
nel settore della fragolicoltura pag 533

Attività formativa e informativa


Articoli divulgativi, incontri e convegni
SOS da Marsala per la fragola - Gaspare Bonomo, Sviluppo agricolo, N. 5 - Maggio 1983 pag 537
E a Marsala ci si evolve - Marcella Scrimali, Terra E Vita, N. 19 - 1994 pag 538
Fragola, per favorire l’impollinazione - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 1- 1999 pag 541
Fragola, un mese cruciale - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 -1999 pag 542
Le potenzialità della fragola marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N.3 - 1999 pag 543
Fragoline a Marsala - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 -1999 pag 544
L’impianto del fragoleto - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 1999 pag 545
Dopo l’impianto del fragoleto - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 9 -1999 pag 546
Fragoleto con piante fresche - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 10 - 1999 pag 547
Fragola consociata - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 - 2000 pag 548
Fragola, come si fa - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 2000 pag 549
Fragole competitive - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 6 - 2001 pag 550
La coltivazione della fragola nel marsalese - Gaspare Bonomo - Frutticoltura, n. 5 - 2002 pag 551
Fuori suolo poco diffuso - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.11 - 2002 pag 553
Ciclo breve per la fragola - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 2003 pag 554
Marsala prova le cime radicate - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Terra e Vita, N. 19/2003 pag 555
Soprattutto Piante Fresche - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 2004 pag 558
La fragolicoltura marsalese si mantiene stabile - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2004 pag 559
La fragola marsalese evolve - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 2005 pag 560
Marsala sostiene il prodotto siciliano - Gaspare Bonomo, Terra e Vita, N.19/2005, Speciale Fragola pag 561
Gli orientamenti della fragolicoltura - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 4 - 2006 pag 562
Marsala, fragole da dicembre sino a giugno - Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 2 - 2007 pag 563
Più precoci, grandi e colorate le nuove fragole siciliane - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano,
Terra e Vita, N. 13/2007 pag 564

528
Le nuove fragole di Marsala - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 2008 pag 566
Fragolicoltura marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2009 pag 567

Difesa fitosanitaria
Marsala, lotta biologica per debellare il ragno rosso - Gaspare Bonomo, SiciliAgricola, aprile/maggio 1988 pag 568
La fragola? Sa di natura - Angela Sciortino, Sicilia Verde, Marzo 1989 pag 569
Marsala, “Guerra” biologica ai parassiti delle fragole” - Dino Barraco, Giornale di Sicilia, 26 marzo 1989 pag 571
Da Cesena a Marsala, gli insetti utili impiegati per le fragole biologiche - Angela Sciortino,
Terra e Vita, n. 9 - 1989 pag 571
In vendita le prime fragole biologiche - Angela Sciortino, Terra e Vita, n. 10 - 1989 pag 571
Marsala, lotta biologica e integrata - Nino Culicchia, Trapani Sera, 26 Marzo 1990 pag 572
La lotta biologica in agricoltura - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 2 giugno 1990 pag 573
Lotta biologica, nuovo impegno - Gaspare Bonomo, Sicilia Verde, marzo 1991 pag 575

Attività sperimentale e dimostrativa


Valutazione agronomica di varietà di fragola in coltura protetta nel marsalese - Gaspare Bonomo,
Vincenzo Maltese, Sviluppo agricolo, N. 10 - 1989 pag 577
Esperienze di lotta biologica e integrata nella fragolicoltura marsalese - G. Bonomo, G. Catalano,
V. Maltese, S. Sparta, L’Informatore Agrario, 12/91 pag 590
Bene la polarizzazione per la fragola - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Supplemento L’Informatore
Agrario, N. 24/2003 pag 595
Alternative al bromuro di metile nella disinfestazione del terreno coltivato a fragola - Gaspare Bonomo,
Giovanni Catalano e al., L’informatore agrario, N. 25/2005 pag 597
Effetti della fumigazione e della solarizzazione del suolo sulla fragola in Sicilia - Gaspare Bonomo,
Giovanni Catalano, V. Marino e al. - Colture Protette, N. 11- 2007 pag 601

Attività promozionale
Fragolicoltura, la zona di Marsala si conferma il principale polo siciliano - Gianfranco Crescenti,
Giornale di Sicilia, 13 giugno 2006 pag 608
Trapani, dove il know how ha il sapore della fragola - Gaspare Bonomo, Colture Protette, N. 10 - 2006 pag 609

529
La fragolicoltura
negli anni ottanta

Il contesto nazionale
La coltivazione della fragola prima degli anni ’70 era concentrata in alcune regioni settentrionali,
Emilia-Romagna e Veneto soprattutto, e nel Lazio. L’Italia meridionale ed insulare contribuivano alla
produzione nazionale con una quota di scarso rilievo, pari ad appena il 3,3%. La Sicilia, in particolare,
concorreva alla superficie nazionale con una quota di circa il 2% ed alla produzione con l’1%. La colti-
vazione in questa regione era localizzata, soprattutto, in alcune zone di antica tradizione ed era basata
su varietà locali, quali la “Fior di Noto” e la “Locale di Ribera”, a frutto piccolo, sopravviveva, inoltre,
stentatamente la “fragola di Maletto”, a frutti grossi.
Nel resto d’Italia la coltivazione della fragola veniva praticata all’aperto e le produzioni potevano rag-
giungere i mercati del centro Europa con l’anticipo di quasi un mese in confronto alle produzioni di quei
paesi. Le esportazioni erano dirette per circa il 65% in Germania e per il 30% in Svizzera, ma s’intrave-
devano pure buone possibilità verso altri paesi europei. Questa coltura si era affermata nelle regioni set-
tentrionali per la vicinanza dei grandi mercati di consumo nazionali ed esteri, per la facilità dei trasporti e
per la più evoluta organizzazione commerciale, ma anche per fattori di ordine biologico. Infatti, le varietà
coltivate in quel periodo in Italia erano state costituite prevalentemente in Europa (Olanda, Inghilterra,
Germania, Francia) e, quindi, erano più adatte per i climi settentrionali.
Queste varietà in Sicilia non riuscivano a soddisfare il loro fabbisogno in freddo, tant’è che le uniche
coltivazioni di fragole a frutto grosso si trovavano alle falde dell’Etna. Questa situazione determinava un
calendario di produzione piuttosto breve, concentrato nei mesi di maggio e giugno con quote irrilevanti
nei mesi di aprile e luglio. L’eccessiva concentrazione dell’offerta, oltre a provocare seri inconvenienti nel

530
collocamento del prodotto, limitava ovviamente il volume annuale della domanda. Da ciò la necessità di
allargare il calendario di produzione, estendendo la coltivazione in quelle aree dove era possibile otte-
nere un anticipo della maturazione dei frutti in modo da poter iniziare la commercializzazione tra la fine
dell’inverno e l’inizio della primavera. Ma era anche necessario produrre a prezzi contenuti in modo da
consentire al prodotto precoce di essere commercializzato a prezzi concorrenziali ed essere assorbito
dai mercati italiani ed esteri. Questa condizione si poteva realizzare solamente estendendo la coltura
nelle Regioni meridionali nelle quali, grazie al clima favorevole, sarebbe stato più agevole ottenere pro-
duzioni precoci.

La situazione marsalese
Questa opportunità fu colta da alcune realtà del meridione, tra cui Marsala, che subito affrontarono
i problemi che avevano impedito la diffusione della fragola in questi ambienti. Poiché il principale pro-
blema era quello biologico, furono saggiate alcune varietà americane, costituite per essere coltivate in
California, ossia in un ambiente caratterizzato da condizioni assimilabili a quelle dell’Italia meridionale.
Questa scelta si dimostrò vincente e in alcune realtà, come quella marsalese, caratterizzata da condi-
zioni pedoclimatiche particolarmente favorevoli e dalla possibilità di poter contare su un’organizzazione
commerciale che già operava al servizio dell’orticoltura protetta, la fragolicoltura si affermò facilmente
ed ebbe una larga diffusione. All’inizio si provarono le varietà Lassen, Aliso e Fresno, ma in seguito la
Sequoia divenne la cultivar dominante. Nel marsalese la fragola cominciò ad essere coltivata esclusi-
vamente in serra, occupando principalmente le aree dove la qualità e la quantità di acqua potevano
soddisfare le esigenze della coltura.
All’inizio degli anni ’80 la coltura occupava già una superficie di circa 300 ettari. La notevole precocità
del prodotto permetteva alla fragola marsalese di arrivare per prima sui mercati e di essere facilmente
riconosciuta ed apprezzata. Puntando sulla precocità, per un certo periodo, la produzione marsalese ri-
uscì a competere con quella di altre zone e a trovare sbocchi commerciali nei mercati nazionali ed esteri
(Germania). In seguito, i mercati sono stati invasi dalla produzione spagnola e i vantaggi della nostra
fragolicoltura, legati alla precocità di maturazione, sono stati ridimensionati. Le nuove esigenze com-
merciali imponevano di puntare su cultivar a polpa compatta, resistenti alle manipolazioni e ai trasporti.
Queste caratteristiche non erano presenti nella cultivar dominante (Sequoia), che pur si distingueva per
produttività, sapidità dei frutti e precocità. Di fronte a questa situazione i fragolicoltori cominciarono,
fin dal 1984, a provare nuove varietà, sia brevidiurne, sia ”day neutral”. Selva e Fern furono le varietà
rifiorenti maggiormente provate, ma per la scarsa produttività e per le scadenti caratteristiche dei frutti
non convinsero i produttori e presto furono abbandonate. Si tornò allora a puntare su alcune varietà
brevidiurne precocissime, come Favette e Cruz, con lo scopo di anticipare il calendario di commercializ-
zazione. Queste varietà tuttavia non si dimostrarono soddisfacenti dal punto di vista qualitativo e quan-
titativo. Pertanto, l’indagine fu estesa a tutte le varietà che in quel momento venivano proposte per la
fragolicoltura meridionale. In un primo momento l’interesse fu rivolto alla cv Douglas, ma in poco tempo
gli agricoltori cominciarono a preferire la Chandler. Questa varietà, anche se più tardiva della preceden-
te, si dimostrava molto interessante per la produttività, la consistenza del frutto, la brillantezza del colore
e la regolarità della pezzatura. Dopo alcuni anni di dominio della Chandler, comparve sul mercato la cv
Tudla, che trovò il consenso dei fragolicoltori marsalesi e per un lungo periodo fu l’unica varietà coltivata.

531
Intanto la superficie a fragola si andava riducendo e anche gli itinerari tecnici si evolvevano. Si comin-
ciava a diffondere l’impiego della piantina fresca al posto di quella frigoconservata, la difesa fitosanitaria
s’indirizzava verso tecniche più rispettose dell’ambiente e alla serra veniva preferito il tunnel. Questo
processo evolutivo è stato favorito dall’attività di alcune strutture pubbliche, come la Sezione Operativa
dell’Esa di Marsala e l’Istituto di Orticoltura e Floricoltura dell’Università di Palermo, che con le loro ini-
ziative formative, informative, dimostrative e sperimentali hanno permesso agli agricoltori di utilizzare al
meglio gli elementi di novità e di migliorare i risultati produttivi ed economici.

532
L’attività di assistenza
tecnica svolta dalla Sezione
Operativa dell’Esa di Marsala
nel settore della fragolicoltura

La fragolicoltura marsalese fino agli anni ’80 ebbe una crescita continua e riuscì ad affermarsi sui
mercati nazionali ed esteri. Ma in seguito alla diffusione della coltura in altre aree del meridione e, so-
prattutto, a causa della presenza delle produzioni spagnole sui mercati nazionali ed esteri, le possibilità
commerciali della fragola prodotta a Marsala erano diminuite e le superfici cominciavano perciò a ridi-
mensionarsi. Si era capito che per ritornare ad essere competitivi bisognava abbandonare la vecchia
varietà Sequoia e puntare su cultivar a polpa compatta, resistente alle manipolazioni e ai trasporti. Nel
contempo, bisognava avviare un processo innovativo nelle tecniche di coltivazione. Sostanziali modifi-
che si evidenziavano nel tipo di apprestamento protettivo più diffuso nella zona, un tempo rappresen-
tato dalla tradizionale serra in legno, in via di sostituzione con i tunnel che potevano essere spostati
annualmente da un terreno all’altro, evitando così l’onere della sterilizzazione del suolo con il pericoloso
bromuro di metile. Oltre alla ricerca delle varietà più rispondenti alle nuove esigenze commerciali si pun-
tava alla riduzione dei costi di produzione, all’allungamento del ciclo di produzione, all’introduzione di
varietà neutro-diurne per colmare il vuoto produttivo dei mesi invernali, al miglioramento della qualità e
all’adozione di tecniche di difesa rispettose dell’ambiente e del consumatore.
In questo contesto s’inserisce l’azione della Sezione Operativa dell’ESA di Marsala, che, con le sue
iniziative, riuscì a portare un contributo alla soluzione dei principali problemi che in quel momento trava-
gliavano la fragolicoltura marsalese. In primo luogo fu affrontato il problema della scelta varietale e dell’u-
tilizzazione del materiale di propagazione attraverso prove sperimentali e dimostrative. Le varietà Cruz,
Favette, Sequoia, Douglas, Tustin, Toro, Chandler, Parker, Payaro furono quelle più studiate, impiegando
per ognuna di esse come materiale di moltiplicazione sia piantine frigoconservate sia piantine fresche.

533
Fu valutato anche il comportamento delle varietà a giorno neutro, variando l’epoca d’impianto e
l’itinerario tecnico. Ma l’attività più vasta e più innovativa fu nel campo della lotta contro i fitofagi dell’ap-
parato fogliare e contro i parassiti ipogei. Per combattere questi parassiti si cercò di studiare e divulgare
metodi alternativi all’uso di prodotti chimici. Per combattere i fitofagi dell’apparato fogliare si fece ricorso
a mezzi biologici, in particolare veniva utilizzato Bacillus thuringiensis contro le larve di lepidotteri e si
ricorreva a predatori specifici per combattere il ragnetto rosso e gli afidi. Quest’attività fu avviata utiliz-
zando l’esperienza maturata dalla Sezione Operativa dell’ESA di Vittoria e facendo partecipare alcuni
tecnici ad un corso di specializzazione presso l’Istituto di Entomologia dell’Università di Bologna diretto
dal prof. Giorgio Celli. Successivamente ci si avvalse anche dei consigli del prof. Vincenzo Vacante
dell’Università di Catania e, attraverso diverse prove sperimentali, si mise a punto un modello di difesa
idoneo ad essere utilizzato a livello aziendale. In quest’attività furono coinvolte anche alcune scuole.
Tra le iniziative sperimentali, particolarmente interessante risultò quella realizzata presso la scuola me-
dia A. De Gasperi. Per interessamento della preside Giulia Adamo e di alcuni genitori fu realizzata, nelle
vicinanze della scuola, una piccola serra, dove un gruppo di alunni, guidati dal prof. Dino Montalto, ebbe
la possibilità di seguire una prova di lotta biologica contro il ragnetto rosso in una coltivazione di fragola.
A livello aziendale si operò principalmente in collaborazione con le cooperative. Attraverso un rapporto di
collaborazione con la cooperativa “Cutusio”, e con il coinvolgimento del dott. Massimo Benuzzi della Cen-
trale Ortofrutticola di Cesena, BIOLAB, fu possibile sviluppare a Marsala, per alcuni anni, un programma di
lotta integrata. L’iniziativa riguardò 45 soci della cooperativa “Cutusio” e una superficie coltivata a fragola
di 5 ettari e si basò principalmente sull’impiego degli ausiliari per la lotta al ragnetto rosso e agli afidi.
L’impiego di piantine fresche come materiale di propagazione permise di posticipare l’epoca d’im-
pianto e di ricorre alla solarizzazione per la disinfezione dei terreni. L’impianto tardivo consente, infatti,
di coprire con polietilene il terreno destinato a fragole nel periodo in cui le temperature risultano più
elevate, così la disinfezione risulta più efficace. Questa tecnica cominciò a diffondersi in seguito ai risul-
tati positivi ottenuti nelle prove sperimentali condotte in zona dalla SOPAT di Marsala e dall’Istituto di
orticoltura e floricoltura dell’Università di Palermo.
Le prove della Sezione Operativa dell’ESA di Marsala dimostrarono che nei terreni concimati con
sostanza organica e sottoposti a solarizzazione, da luglio a settembre, si possono ottenere risultati pro-
duttivi uguali o superiori a quelli in cui la fragola viene coltivata nei terreni fumigati con bromuro di metile.
Insieme all’azione dimostrativa e sperimentale fu portata avanti un’intensa attività formativa condotta
sia in campo, addestrando gli agricoltori nel riconoscimento dei parassiti e nelle tecniche di lotta biolo-
gica, sia con incontri serali nei centri di aggregazione per affrontare le problematiche riguardanti la scelta
varietale, la difesa, l’epoca d’impianto e la scelta del materiale di propagazione.
Il processo innovativo fu accompagnato da una vasta e continua attività informativa svolta attraver-
so opuscoli illustrativi, articoli divulgativi e convegni nel corso dei quali si affrontarono principalmente
le tematiche relative all’impiego di tecniche alternative all’uso dei prodotti chimici. Non mancarono le
iniziative promozionali tendenti a favorire una maggiore diffusione del consumo della fragola.
Particolarmente interessante risultò la manifestazione organizzata nel giugno 2006 dalla SOPAT di
Marsala, in collaborazione con l’Assessorato regionale dell’Agricoltura e delle Foreste, l’Istituto di orti-
coltura e floricoltura dell’Università di Palermo, il Comune di Petrosino e SlowFood, per discutere degli
aspetti gastronomici e salutistici della fragola. Una dimostrazione dell’impiego della fragola in pasticceria

534
e in cucina fu offerta da Slow Food, che, coinvolgendo pasticceri locali e ristoratori, permise la degusta-
zione di una serie di dolci e pietanze a base di fragola, tra cui il cocktail analcolico alla fragola, il risotto
alla fragola, le fragole all’aceto, la mousse di ricotta con salsa di fragole, l’aspic di fragole e altro.

535
Attività formativa
e informativa

536
Articolicoli divulgativi, incontri e convegni

537
TERRA E VITA N. 19 1994

538
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Difesa fitosanitaria

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Attività sperimentale
e dimostrativa

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L’Informatore Agrario 25/2005

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599
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603
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Attività promozionale

607
608
609
610
611
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613
614
Capitolo 6

Le colture ortive
in serra

615
Indice capitolo 6

Le problematiche delle colture orticole in serra negli anni ’80 pag 619
L’attività di assistenza tecnica agricola della Sezione Operativa dell’ESA di Marsala nel
comparto dell’orticoltura protetta pag 621

Attività formativa e informativa


Articoli divulgativi, incontri e convegni
Note da un viaggio di studio in Olanda - Gaspare Bonomo, Sviluppo agricolo, N. 6, giugno 1981 pag 624
Convegno. Lotta biologica e integrata per la difesa della vite, dell’olivo, e delle colture in serra,
Marsala 4 aprile 1990 - Gaspare Bonomo, Sezione Operativa ESA Marsala pag 625
In serra anche la zucca a clava - Gaspare Bonomo, Pietro Chiodo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.12 - 1999 pag 628
Se la zucchina è bianca - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 1 - 2000 pag 629
Plastiche usate? Problema risolto - Gaspare Bonomo, Pietro Chiodo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 3 - 2000 pag 630
Marsala, vendere non è facile - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 - 2000 pag 631
Fagiolino sempre presente - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 12 - 2000 pag 632
Anche a marsala il melone d’inverno - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 3 - 2001 pag 633
Anche i funghi sotto serra - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 -2001 pag 634
Nuove specie a Marsala - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 6 - 2002 pag 635
Dal pieno campo al tunnel - Gaspare Bonomo, Mario Bellafiore, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 7 - 2002 pag 636
Non solo in pieno campo - Gaspare Bonomo - Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2003 pag 637
Cresce il vivaismo orticolo a Marsala - Vincenzo Maltese, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N.1 - 2006 pag 638
Il secondo ciclo colturale nella sericoltura - Giovanni Catalano, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 2 - 2006 pag 639
Commercializzazione polverizzata nella serricoltura marsalese - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese,
Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 5 - 2006 pag 640
Anche nel marsalese la melanzana innestata - Giovanni Catalano, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 2 - 2008 pag 641
La serricoltura in provincia di Trapani - Gaspare Bonomo, Atti convegno: L’agricoltura in Europa -
Best Pratices e Prospettive di Sviluppo - Marsala, 1 Aprile 2008 pag 642

616
Pomodoro
Pomodoro superstar nel marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 11 - 1999 pag 653
Costoluto, marsalese e sano - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 11 - 2000 pag 654
Marsala riscopre il costoluto - Vincenzo Maltese, Gaspare Bonomo, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 11 - 2001 pag 655
Costoluto, leader a Marsala - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 10 - 2003 pag 656
Il pomodoro accusa qualche difficoltà - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 7 - 2004 pag 657
E il pomodoro si evolve verso il grappolo - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 5 - 2008 pag 658

I prezzi delle colture protette dal 2002 al 2009


Il 2002 della sericoltura marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture protette, N. 8 - 2002 pag 659
Soddisfatti dell’annata 2003 - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N.1 - 2004 pag 660
Dal marsalese solo conferme - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 1 - 2005 pag 661
I prezzi 2005 spuntati sul mercato - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 9 - 2005 pag 662
Prezzi in ribasso per tutte le ortive - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 9 - 2006 pag 663
Primavera fredda per gli ortaggi di Marsala - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 8 - 2007 pag 664
Tiene la serricoltura marsalese - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 8 - 2008 pag 665
Serricoltura, 2009 positivo - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Colture Protette, Pianeta Sicilia, N. 9 - 2009 pag 666

Difesa fitosanitaria
Antiparassitari e salute umana - Gaspare Bonomo, Panorama, 20 febbraio 1981 pag 667
Lotta biologica e integrata contro le minatrici delle piante orticole floricole - Gaspare Bonomo,
IL Vomere, 27 ottobre 1990 pag 668
Colture Orticole più sane - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 10 - 2002 pag 669
Spazio alla solarizzazione - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 4 - 2003 pag 670
La peronospora è sempre in agguato - Giovanni Catalano, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 6 - 2007 pag 671

Attività sperimentale e dimostrativa


La solarizzazione del suolo funziona - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 4 - 2000 pag 673
E a Marsala si prova il datterino - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Mario Bellafiore,
Colture Protette N. 8 - 2008 pag 674

617
Attività promozionale
I prodotti mediterranei, la nostra ricchezza - Gaspare Bonomo, Il Vomere, 20 maggio 1995 pag 682

618
Le problematiche
delle colture orticole
in serra negli anni ’80

Nel marsalese la coltivazione delle orticole in serra iniziò negli anni sessanta del secolo scorso.
All’inizio l’area maggiormente interessata era quella di c/da Cutusio, dove le condizioni pedoclimatiche
risultavano particolarmente favorevoli per la coltivazione del pomodoro. Nel corso degli anni la superficie
destinata alle colture in serra progressivamente aumentò raggiungendo la sua massima ampiezza nel
1978. Il gradimento dei consumatori italiani del pomodoro costoluto coltivato nelle aree particolarmente
vocate, come quelle di Birgi e Cutusio, fece assumere a questa specie il ruolo di coltura trainante per
tutta la serricoltura marsalese. I successi economici di questo tipo di pomodoro suscitarono notevole
interesse negli operatori agricoli e attirarono anche quello della popolazione extragricola, che vide in
questo settore nuove possibilità occupazionali e un’altra fonte di reddito. Tra gli anni ’70 e ’80 la serri-
coltura si era estesa su tutto il territorio marsalese e nei comuni limitrofi raggiungendo un’estensione di
circa 500 ettari. Fino agli anni ’80 il pomodoro costoluto rappresentava la coltura dominante, essendo
modeste le superfici che venivano dedicate ad altre specie come melanzana, zucchina, fagiolino. etc.
Gli apprestamenti protettivi erano costituiti in maggioranza da strutture in legno e paletti di cemento
con copertura in polietilene. La coltivazione si sviluppava durante il periodo autunno-primaverile, da
ottobre a giugno. A partire dai primi anni ’80 la situazione cominciò a cambiare per la comparsa del
coacervo di problemi che inevitabilmente insorgono quando lo sviluppo di un settore non è adeguata-
mente programmato. Il settore, infatti, cominciò a vivere momenti di forte difficoltà e le superfici coltivate
a pomodoro cominciarono a diminuire.
Molti erano i fattori che determinarono la crisi, principalmente i seguenti:
• mancanza di un’adeguata diversificazione colturale e di un ampliamento del calendario di produzione;

619
• scarsa preparazione professionale degli operatori agricoli;
• mancata qualificazione e valorizzazione del prodotto, anche dal punto di vista igienico sanitario;
• scarso adeguamento delle caratteristiche qualitative alle diverse e mutevoli esigenze dei consumatori;
• mancata attuazione di tecniche volte alla riduzione dei costi di produzione;
• mancanza di un’attività di ricerca, sperimentazione e divulgazione a sostegno del settore ( la SO-
PAT di Marsala aveva appena iniziato l’attività);
• carenze organizzative delle strutture di commercializzazione.
Quasi tutta la produzione veniva commercializzata dai numerosi Organismi associativi che si erano
formati nel corso degli anni. Ma quasi tutte le strutture cooperativistiche si dimostravano inadeguate a
svolgere questo ruolo, poiché venivano gestite con molta improvvisazione e con poca competenza. Il
settore poteva contare su 28 cooperative, di cui soltanto tre (Cutusio con 150 ha, Altavilla, con 85 ha e
Bufalata con 40 ha) presentavano dimensioni economicamente accettabili, mentre le altre, per le modeste
dimensioni e la conseguente elevata incidenza delle spese di gestione e trasporto, stentavano ad organiz-
zare una razionale attività di commercializzazione. Per superare questa situazione era stata avviata la co-
stituzione di un consorzio di secondo grado, “Armando Rossini”, che però non è entrato mai in funzione.
Nell’attesa che si realizzasse il suddetto consorzio, alcune cooperative avevano costituito associa-
zioni (A.B.C. - A.P.A.M.) per la commercializzazione in comune dei prodotti, ma con risultati poco sod-
disfacenti, in quanto continuavano a vendere tramite commissionari del Nord e non si adoperavano per
cambiare i modelli organizzativi e le strategie di commercializzazione.
A questi problemi si aggiungevano anche quelli legati alla lotta contro i principali parassiti e al con-
seguente inquinamento ambientale, considerato che molti degli apprestamenti protettivi erano ubicati
nelle vicinanze delle abitazioni.
I metodi di disinfestazione e disinfezione usati fino a quel momento cominciavano a diventare poco
efficaci e creavano preoccupazioni per un eventuale inquinamento delle falde acquifere.
Tra l’altro, in alcune aree, fra le quali Birgi è emblematica, la possibilità di procedere a razionali rota-
zioni era impedita dalla natura dei terreni e dalla qualità dell’acqua d’irrigazione, che per l’elevata salinità
poteva essere adoperata solamente per il pomodoro.
Anche i danni provocati da alcuni parassiti epigei, come la botrite e la peronospora, erano diventati
insostenibili a causa delle carenti conoscenze degli operatori in materia di difesa fitosanitaria e per le
avverse condizioni microclimatiche che si creavano all’interno degli apprestamenti protettivi irrazional-
mente gestiti: scarsa aerazione ed umidità eccessiva con gocciolamento della condensa.
Nonostante tutti questi problemi, la serricoltura marsalese ormai svolgeva un ruolo importante nell’e-
conomia agricola del territorio, avendo contribuito ad elevare i livelli occupazionali e a consentire agli
agricoltori, in maggioranza viticoltori, di superare le difficoltà economiche derivanti dalle ricorrenti crisi
vitivinicole.
Inoltre attraverso la serricoltura si erano sviluppate molte attività dell’indotto, come quelle manifattu-
riere e dei servizi, che nell’insieme portavano notevoli benefici al sistema economico del territorio.
Per consentire al comparto serricolo di continuare a svolgere il proprio ruolo era necessario interve-
nire a diversi livelli e con azioni coordinate in modo da creare le condizioni per uno sviluppo ordinato ed
equilibrato, in linea con l’esigenza di ammodernare il sistema produttivo e renderlo compatibile con la
tutela ambientale e la e la salvaguardia della salute degli operatori agricoli e dei consumatori.

620
L’attività di assistenza
tecnica della Sezione
Operativa dell’ESA
di Marsala nel comparto
delle colture orticole in serra
I problemi dell’orticoltura protetta negli anni ’80 erano numerosi e complessi e la loro soluzione richie-
deva l’intervento dei numerosi Organismi che avevano interesse a promuovere lo sviluppo dell’agricoltura
(Organizzazioni di categoria, Centrali cooperative, Enti locali, Enti di ricerca, Assessorato Regionale dell’A-
gricoltura e delle Foreste, Servizi di Sviluppo Agricolo).
La Sezione Operativa dell’ESA di Marsala, dopo un’attenta analisi degli aspetti produttivi ed organizzativi
del settore, cominciò a dare il suo contributo per la soluzione dei problemi più urgenti, tenendo conto dei
mezzi di cui disponeva e delle principali urgenze.
Per prima cosa si preoccupò d’innalzare il livello professionale degli agricoltori attraverso un’intensa
attività formativa e informativa.
Per sviluppare questa attività furono avviati rapporti di collaborazione con alcune cooperative, i cui soci
venivano seguiti in azienda nello svolgimento delle principali operazioni colturali.
Inoltre, periodicamente, venivano organizzati, nelle ore serali e nelle sedi delle cooperative, incontri con
gli agricoltori per discutere delle problematiche riguardanti la difesa fitosanitaria, le tecniche di concimazio-
ne, gli avvicendamenti colturali, gli apprestamenti protettivi, etc.
Al fine di permettere agli operatori agricoli di acquisire direttamente informazioni sui modelli organizzativi
e produttivi di realtà serricole avanzate, la SOPAT di Marsala, in collaborazione col Dott. Guglielmo Donzel-
la, responsabile della Sezione Operativa dell’ESA di Vittoria, organizzava frequentemente viaggi d’istruzione
nel territorio di quest’ultima SOPAT.
Contemporaneamente all’attività formativa si svolgeva un’intensa attività dimostrativa che consentiva
agli agricoltori di verificare la validità di alcune tecniche colturali messe a punto nei campi dimostrativi, l’ef-

621
ficacia degli avvicendamenti colturali e l’importanza dell’impiego di nuove tecnologie.
Molto intensa e continua era anche l’azione rivolta all’introduzione di tecniche di difesa integrata. Con
l’impiego di trappole cromotropiche e antagonisti naturali si riuscì a tenere sotto controllo la minatrice
americana (Liriomyza spp), con l’installazione delle reti antinsetto si limitò l’infestazione della mosca bianca
(Trialeurodes vaporarorium e Bemisia tabaci) e attraverso interventi che riducevano l’umidità all’interno degli
apprestamenti protettivi si riuscì a limitare le infezioni di peronospora e botrite.
Tra gli anni 1990 e 2000 La Sezione Operativa condusse una serie di prove sperimentali e dimostrative
per mettere a punto la lotta contro alcuni parassiti ipogei (Fusarium spp) mediante tecniche alternative al
bromuro di metile. I risultanti ottenuti dimostrarono l’efficacia della solarizzazione da sola o combinata con
ammendanti organici.
Dopo le prime esperienze positive d’impiego di questa tecnica ecologica, la solarizzazione cominciò a
diffondersi in molte serre della zona. L’interesse maggiore si riscontrò nelle aree di più intensa ed estesa
coltivazione del pomodoro e segnatamente in contrada “Birgi” dove la natura dei terreni e le caratteristiche
dell’acqua d’irrigazione limitavano la possibilità di avvicendare le solanacee con altre colture.
L’attività sperimentale mirava anche per approfondire le conoscenze su diverse problematiche del set-
tore, come l’introduzione di altre tipologie di pomodoro da affiancare al costoluto. Particolarmente inte-
ressante fu la prova sperimentale condotta nel 2007 sulla tipologia datterino, che permise d’individuare le
varietà più idonee ad essere coltivate nelle aree pedoclimatiche marsalesi.
Per allargare il quadro delle conoscenze degli operatori agricoli la Sezione Operativa svolse anche una
vasta attività informativa, realizzando fogli divulgativi, opuscoli illustrativi, articoli su giornali e riviste locali,
regionali, nazionali e convegni su varie tematiche. Uno dei convegni più interessanti fu sicuramente quello
organizzato su “La lotta biologica e integrata per la difesa della vite, dell’olivo e delle colture in serra”.
La manifestazione si svolse il 6 Aprile 1990 a Marsala nei locali della “Villa Favorita“ e vide la parteci-
pazione di un folto pubblico, costituito in maggioranza da operatori agricoli e tecnici, circa 700 persone.
L’iniziativa fu organizzata dalla Sezione Operativa dell’ESA di Marsala e dall’Associazione dei Dottori in
Scienze Agrarie e forestali della provincia di Trapani, in collaborazione con il Comune di Marsala, la Provin-
cia regionale di Trapani e la Camera di Commercio di Trapani. L’Ente di Sviluppo Agricolo partecipò con
i suoi massimi dirigenti e con il personale tecnico delle Sezioni Operative di Assistenza Tecnica Agricola.
Per l’Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste intervennero il Capo del Servizio Assistenza Tecnica e i
tecnici delle Sezioni Operative interessati alla problematica.

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Attività formativa
e informativa

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624
Convegno:
La lotta biologica e integrata per la difesa della vite,
dell’olivo e delle colture in serra - Marsala 6 Aprile 1990
Gaspare Bonomo

Questo convegno è stato realizzato con lo scopo di mettere a fuoco le possibilità applicative della
lotta biologica e integrata nell’agricoltura siciliana, con particolare riferimento alle colture in serra, alla
vite e all’olivo.
La manifestazione si è svolta il 6 Aprile
1990 a Marsala nei locali della “Villa Favori-
ta“ ed ha visto la partecipazione di un folto
pubblico, costituito in maggioranza da ope-
ratori agricoli e tecnici, circa 700 persone.
L’iniziativa è stata organizzata dalla Sezio-
ne Operativa dell’ESA di Marsala e dall’As-
sociazione dei Dottori in scienze agrarie e
forestali della provincia di Trapani, in colla-
borazione con il Comune di Marsala, la Pro-
vincia regionale di Trapani e la Camera di
Commercio di Trapani.
l’Ente di Sviluppo Agricolo ha parteci-
pato con i suoi massimi dirigenti e con il
personale tecnico delle Sezioni Operative
di Assistenza Tecnica Agricola. Per l’asses-
sorato Regionale Agricoltura e Foreste sono
intervenuti il Capo del Servizio Assistenza-
Tecnica, Dr. Piazza, e i tecnici delle Sezioni
Operative interessati alla problematica.
All’inizio dei lavori il Sindaco di Marsala,
prof. L. Sciacca, dopo aver dato il benve-
nuto ai partecipanti, ha messo in evidenza
l’impegno dell’Amministrazione comunale
nel sostenere iniziative riguardanti la salva-
guardia dell’ambiente ed ha auspicato un
rapporto di collaborazione sempre più in-
tenso tra enti locali, enti pubblici ed orga-
nismi tecnici.
La Provincia Regionale di Trapani era
rappresentata dall’Assessore allo Sviluppo

625
Economico, Sig.Giacalone, che si è soffermato sulle azioni che l’Amministrazione Provinciale sta intra-
prendendo nei diversi comparti dell’agricoltura trapanese.
Il dott. Perricone, direttore della Federazione provinciale Coltivatori Diretti, quale rappresentante
della C.C.I.A.A. di Trapani, ha illustrato gli impegni del suddetto Ente nel settore agricolo ed ha posto
all’attenzione degli organi politici una serie di problematiche che necessitano di interventi risolutivi a
breve scadenza.
Il dott. Gaspare Bonomo, Responsabile della Sezione operativa dell’ESA di Marsala, nella sua re-
lazione introduttiva ha illustrato le fasi evolutive dell’attività svolta in Sicilia da organismi vari nel campo
della lotta biologica e integrata. Inoltre ha messo in evidenza l’impegno delle Sezioni di Assistenza
tecnica dell’ESA e dell’Assessorato e le difficoltà che questi organismi incontrano nella divulgazione di
strategie di difesa alternative all’uso di prodotti antiparassitari. Ha auspicato che dal convegno venisse-
ro indicazioni utili a favorire la diffusione della tecnica della lotta integrata nelle aziende agricole siciliane.
Il dott. P. Mainolfi, dirigente del Ministero Agricoltura e Foreste, ha affrontato il primo tema del con-
vegno: Piano Nazionale di Lotta Fitopatologica Integrata. Il relatore ha illustrato gli aspetti applicativi
del piano in questione facendo risaltare anche la possibilità di attivare una serie di azioni coordinate ed
integrate rientranti nelle competenze dello Stato e delle Regioni.
Nell’ambito del piano nazionale di lotta fitopatologica integrata si inserisce il progetto Sicilia di “difesa
fitosanitaria inteqrata“, elaborato dall’Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste.
La struttura del suddetto progetto è stata illustrata dal prof. A.Nucifora dell’Università di Catania.
Il problema dei residui dei fitofarmaci sulle principali colture agrarie e nell’ambiente e stato affrontato
dal prof. P. Flori dell’Università di Bologna. Dalla relazione del prof. Flori è emerso che in alcune colture
(fruttiferi, ortive, agrumi, vite) l’uso indiscriminato di prodotti antiparassitari può provocare fenomeni di
accumulo a livello di organi eduli con gravi conseguenze per i consumatori.
Per quanto riguarda l’ambiente, il prof. Flori ha fatto rilevare che il comportamento residuale dei
fitofarmaci interessa una vasta gamma di aspetti tecnici e scientifici quali la persistenza nel suolo, la
mobilità nel profilo del terreno, il bioaccumulo, la tossicità nei confronti degli organismi viventi, la traslo-
cazione dal suolo alle colture, la degradazione nell’acqua e altri ancora, previsti e regolamentati dalla re-
gistrazione del fitofarmaco. Tra questi aspetti, la persistenza, la mobilità nel terreno e la contaminazione
delle acque potabili, sono divenute di attualità da quando il recepimento da parte dell’Italia della direttiva
C.E.E. n°778/80 ha fissato i limiti legali dei residui nelle acque potabili in 0.6 p.p.b (microgrammi/litro)
per ogni singolo principio attivo e in 0.5 p.p.b. come residuo totale.
Alle relazioni di base sono seguite le comunicazioni delle Sezioni Operative di Assistenza Tecnica
dell’ESA e del1’Assessorato. Le Sezioni di Marsala, Vittoria, Pachino, S.Croce di Camerina e Adra-
no hanno illustrato i risultati delle prove di lotta biologica condotte in ambiente protetto nelle colture
ortofloricole.
La cooperativa Rinascita di Vittoria ha riferito sulle esperienze di lotta integrata condotte in ambiente
protetto e sui problemi della commercializzazione dei prodotti “puliti”.
Le sezioni di Marsala, Campobello di Licata, Ragusa, Canicatti, Naro, Sciacca, Mazara del Vallo,
Corleone e Partinico hanno esposto i risultati delle prove di lotta guidata contro la Tignoletta dell’uva.
Le sezioni di Buseto Palizzolo, Sciacca e Ribera hanno riportato i risultati delle esperienze condotte
nel campo della lotta guidata contro i parassiti animali dell’olivo.

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Le prospettive della lotta biologica e integrata nello vite e nell’olivo sono state affrontate dal Prof. P.
Genduso dell’Università di Palermo. Il relatore, dopo aver fatto il punto sullo stato attuale delle cono-
scenze sulla materia, ha fatto notare che in queste colture, adottando le nuove tecnologie e utilizzando
un adeguato numero di tecnici, è possibile prevedere l’applicazione su vasta scala della lotta integrata.
Il Prof. V. Vacante dell’Università di Catania ha esaminato le possibilità applicative delle lotta biologi-
ca e integrata nelle colture orticole e floricole. Il relatore, facendo riferimento alle esperienze maturate in
Sicilia, ha indicato lo colture dove queste tecniche possono essere praticate e i parassiti che si possono
combattere.
Il Prof. Vacante si è soffermato anche sui limiti di queste tecniche di lotta, facendo rilevare le difficoltà
ad operare in pieno campo e l’azione negativa degli sbalzi termici che in certi casi impediscono l’azione
degli ausiliari anche in ambiente protetto. Il relatore ha auspicato una maggiore attenzione degli Enti
pubblici, soprattutto per la realizzazione delle strutture di supporto (centri di moltiplicazione di insetti utili,
laboratori di analisi, etc.) e per la formazione dei tecnici specialisti, nella speranza che in tempi brevi la
lotta biologica e integrata possa trovare larga diffusione nella nostre colture in serra.
Alle relazioni è seguito un vivace dibattito cha ha visto la partecipazione attiva di tecnici ed operatori
agricoli. Il Prof. A. Nucifora, nella sua relazione conclusiva ha sintetizzato gli aspetti più significativi
emersi dal convegno ed ha indicato le linee da seguire per una più vasta applicazione dalla lotta biolo-
gica e integrata in Sicilia.

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Regione Siciliana
Ente di Sviluppo Agricolo
Sezione Operativa Marsala

LA SERRICOLTURA
IN PROVINCIA DI TRAPANI

(Gaspare Bonomo – Responsabile Sezione Operativa ESA Marsala)

L’AGRICOLTURA IN EUROPA
BEST PRACTICES E PROSPETTIVE DI SVILUPPO
1 Aprile 2008
Ore 10.00 Complesso San Pietro - Marsala

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Specie Coltivate Superficie (ettari) Produzione lorda
vendibile (PLV) - euro
FRUTTICOLTURA
Fragola 150 15 milioni
Fragolina 20 2 milioni
ORTICOLTURA
Pomodoro 150 8,5 milioni
Fagiolino, Zucchino, Zucca, 50 2,5 milioni
Melanzana, Peperone, Melone
Anguria: forzata e semiforzata 150 2 milioni
FLORICOLTURA 100 8 milioni
PIANTE VERDI 150 10 milioni
PIANTE FIORITE
770 48 milioni

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FRAGOLA (Fragaria x ananassa)

La provincia di Trapani è il principale polo fragolicolo della Sicilia. La coltivazione si svolge principalmente
lungo fascia costiera dei territori comunali di Marsala, Petrosino e Mazara.
Questi in sintesi gli elementi caratterizzanti della fragolicoltura marsalese:
• Aziende di piccole dimensioni condotte in economia direttamente dal coltivatore;
• Sistema di protezione costituito in prevalenza da tunnel singolo o multiplo, largo m 4,5 e alto m 2;
• Materiale di propagazione costituito in prevalenza da piantine fresche, a radice nuda (63%)
e cime radicate (23%), e in minore percentuale da piantine frigoconservate (14%);
• Impiego di cultivar brevidiurne (Candonga, Naiad, Tudla, Camarosa),
• Impianto in agosto (piante frigo), settembre (cime radicate), ottobre (piante fresche a radice nuda);
• Impianti in terreni baulati e pacciamati con polietilene nero, con densità di 8-10 piante/m²;
• Terreni di coltivazione appartenenti alle terre rosse mediterranee;
• Ampio calendario di commercializzazione (da dicembre a giugno);
• Buone caratteristiche organolettiche e igienico-sanitarie dei frutti;
• Utilizzazione delle api per l’impollinazione:
• Utilizzo di tecniche di difesa integrata;
• costo di produzione (1,33-1,68 euro/kg) ;
• Produzione: 40-60 t/ha;
• Confezione: vaschette trasparenti di 125-250g

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FRAGOLINA (Fragaria Vesca)

Elementi caratterizzanti della fragolina coltivata nel marsalese:


• Sistema di protezione costituito da serra;
• Impiego di materiale di propagazione costituito da piantine fresche o frigoconservate; 
• Impiego di una cultivar rifiorente: Regina della Valle;
• Coltivazione fuori suolo: le piante vengono messe a dimora in vasi di polietilene, 16 cm di diametro;
• Substrato costituito da torba e materiale inerte. I vasi vengono posti ad un’altezza di circa 1 m dal
suolo poggiandoli su appositi sostegni;
• Impianto in agosto con un investimento di 2 piante/m²;
• Produzione da ottobre a giugno, 800-1000 g/ pianta;
• Buone caratteristiche organolettiche e igienico-sanitarie dei frutti;
• Utilizzazione delle api per l’impollinazione;
• Utilizzo di tecniche di difesa integrata;
• Confezione: vaschette trasparenti di 125 g e imballaggio icepack.

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POMODORO (Lycopersicon esculentum)

• Sistema di protezione costituita da serre fredde con struttura di cemento e copertura con film plasti-
co additivato, provviste di reti antinsetto;
• Tipologie di cultivar utilizzate:
1) cultivar a frutti tondi a maturazione rossa, 50% della superficie (Rovente e Durinta);
2) cultivar a frutti costoluti e semicostoluti raccolti a maturazione verde, 30% della superficie (PS 829);
3) cultivar a frutti allungati raccolti a maturazione verde, 15% (Italdor e Nerina);
4) cultivar a frutti piccoli raccolti a grappolo a maturazione rossa, 5% (Naomi).
• Allevamento in verticale a una o due branche, sostenute da un filo di nylon;
• Impianti ad ottobre-novembre su terreno pacciamato, a file semplici con sesti di m 1 x 0,30-0,40;
• Produzione da febbraio a maggio (80-100 t/ha);
• Impollinazione con Bombi;
• Impiego della solarizzazione, di piante innestate (portinnesto pomodoro Beaufort) e di tecniche di
difesa integrata;
• Costo di produzione: 0.53-0.64 euro/kg;

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MELANZANA (Solanum melongena L.)

• Sistema di protezione costituito da serra o tunnel;


• Cultivar utilizzate: frutto ovale, Birgah e Violetta di Sicilia;
• Allevamento in verticale a due branche, sostenute da un filo di nylon, sottoposte nel corso del ciclo
a diverse potature per limitare lo sviluppo in altezza e a sfogliature allo scopo di eliminare le foglie
vecchie  e agevolare l’aerazione;
• Impianti su terreno pacciamato, a file semplici con sesto di m 0,80 x 1 ;
• Gli impianti vengono effettuati nei mesi di agosto-settembre, mentre la produzione inizia a novembre
e si protrae fino a gennaio. Sottoponendo le piante ad una potatura di ringiovanimento le piante con-
tinuano a produrre per tutto il periodo primaverile- estivo. La Violetta di Sicilia di solito si consocia alla
fragola, trapiantandola nel periodo febbraio-marzo;
• Rese produttive: 8-15 Kg/pianta;
• Impiego di piante innestate su Solanun torvum.

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FAGIOLINO (Phaseolus vulgaris)

• Sistema di protezione costituito da serra o tunnel;


• Cultivar utilizzate: nane, Xera, Paulista, Barocco;
• La coltura viene praticata su terreno pacciamato, ricorrendo alla semina diretta o al trapianto, adot-
tando un sesto di m. 1 x 0,50 o di 1 x 0,30 , a seconda se la coltura viene consociata o non;
• Gli impianti vengono effettuati nei mesi di Ottobre, Dicembre e Febbraio - Marzo ;
• Questa specie, per la brevità del suo ciclo di coltivazione, viene inserita negli avvicendamenti colturali
di breve durata e nelle consociazioni temporanee con altre colture orticole;
• Le produzioni oscillano tra i 10 e i 20 q/1000 m², a seconda del periodo di coltivazione (più basse nel
periodo invernale, più alte nel periodo autunnale e soprattutto in quello primaverile);
• I baccelli suddivisi nelle categorie extra, prima e seconda vengono disposti in cassette di legno da
4 - 5 kg  se commercializzati nei mercati del Nord Italia e in sacchetti di plastica da 10 kg se sono
destinati ai mercati locali.

648
ZUCCA LAGENARIA (Lagenaria vulgaris)

• Sistema di protezione costituito da serra;


• Questa specie viene utilizzata principalmente per la produzione di frutti (peponidi), anche se è pos-
sibile sfruttare commercialmente gli apici vegetativi secondari (“tenerumi”) che si formano in seguito
alle potature;
• Il trapianto viene effettuato nel periodo gennaio-febbraio all’interno di serre che già ospitano altre
colture (fagiolino, fragola) che terminano il loro ciclo prima che la lagenaria sia entrata in produzione;
• Le piante,  disposte ad un sesto di m1 sulla fila e m 2 tra le file, vengono tenute verticalmente da
tutori (filo di nylon) e cimate all’altezza di 2 m, in corrispondenza dell’intelaiatura di fili zincati utilizzata
per sostenere la vegetazione aerea;
• La produzione inizia dopo circa 60 giorni dal trapianto e continua fino al mese di luglio;
• praticando una potatura di ringiovanimento è possibile allungare il ciclo produttivo fino al mese di
dicembre;
• A seconda dell’ecotipo utilizzato, da ogni pianta si ricavano circa 20-25  peponidi, ciascuno del peso
di Kg 0.70 - 1,2 e della lunghezza  di m 0,70 -1,50 circa;
• Commercializzazione in confezioni di cartone contenenti 25 frutti del peso complessivo di 15 - 18 Kg
e in sacchetti di polietilene di 10 frutti.

649
ZUCCHINO (Cucurbita pepo)

• La coltivazione in ambiente protetto è basata sugli ibridi di colore verde scuro e su un ecotipo locale 
(“zucchino bianco”). Quest’ultimo è il risultato di una selezione empirica operata dagli agricoltori che
provvedono anche alla riproduzione del seme;
• Il trapianto viene effettuato nei mesi di novembre-dicembre, con piante disposte a file binate, distanti
m.0,8 sulla fila, m.1,0 tra le file;
• Le piante vengono allevate verticalmente, tutorandole con filo di nylon ed eliminando le ramificazioni
sull’asse principale nello zucchino bianco;
• La produzione inizia dopo 60 gg. dal trapianto. La raccolta viene effettuata ogni giorno.
Dallo zucchino verde si ricavano 6-7 Kg di frutti per pianta. Dallo zucchino bianco si ottengono circa
10-15 peponidi, ciascuno del peso di 700-800 g e della lunghezza di 40-50 cm., che disposti in ap-
posite cassette di 14-16 frutti vengono commercializzati nei mercati siciliani e del meridione d’Italia.

650
ANGURIA (Citrullus vulgaris)

• Area di coltivazione: lungo la fascia costiera dei territori comunali di Marsala, Petrosino, Mazara del
Vallo e Campobello di Mazara, in terreni di buona fertilità, appartenenti all’associazione “terre rosse
mediterranee- litosuoli”
• Tipologie di coltivazione:
1) coltura forzata in tunnel da m 4,5 x 2;
2) coltura semiforzata in tunnellini fino all’inizio della fioritura;
• Cultivar:
1) frutti di forma ovale-sferica con epicarpo di colore verde chiaro e con strisce verde scuro (Crimson
Sweet, Colorado, Tide);
2) frutti di forma allungata con epicarpo di colore verde chiaro e con striature verde scuro (Farao,
Sentinel, Dumara);
• Impianto nella coltura forzata: fra l’ultima decade di gennaio e la prima decade di febbraio, adottando
sesti di m 4 x 1 o di m 4 x 2, con una densità d’impianto che varia da 1.250 a 2.500 piante per ettaro.
• Impianto coltura semiforzata: fra l’ultima decade di febbraio e la prima decade di marzo, impiegando
2.200 piante/ha(sesto m 3 x 1,5).
• Produzione: da maggio a giugno nelle colture forzate, da fine giugno a tutto luglio nelle colture semi-
forzate
• Uso di piante innestate su RS841, un ibrido di zucca, e un ecotipo locale appartenente al genere
lagenaria.
• Produzioni medie di 600 - 700 q/ha

651
Specie Floricole
Rosa, Gerbera, Garofano, Gladiolo, Lilium, Gipsophila, Lisianthus, Violacciocca, Statice, ecc.

Piante Verdi
Kentia, Ficus, Chamedorea, Araucaria, Cycas e Chamaerops, Agrumi, Alloro.

Piante mediterranee fiorite


Lantana, Buganvillea, Mirto, Hibiscus, Callistemon.

Piante grasse
Espostoa lanata, Cereus floridiano, Ferocactus staneisil, Echinoctus grusonil, Pachycereus pringley, ecc.

652
Pomodoro

653
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655
656
657
658
Andamento dei prezzi dell’ortofrutta
dal 2002 al 2009

659
2003

660
2004

661
2005

662
2006

663
2007

664
2008

665
2009

666
Difesa fitosanitaria

667
668
669
670
671
Attività sperimentale
e dimostrativa

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673
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676
677
678
Attività promozionale

679
680
681
682
Capitolo 7

L’Orticoltura
di pieno campo

683
Indice capitolo 7

L’orticoltura di pieno campo negli anni ’80 pag 687


L’attività di assistenza tecnica agricola della Sezione Operativa dell’ESA di Marsala nell’orticoltura
di pieno campo pag 689

Attività informativa e formativa


Articoli divulgativi, incontri, convegni
Patata dimenticata - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 9 - 2001 pag 694
Mai il pomodoro dopo l’anguria - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 10 - 2004 pag 695
Attenzione alla scabbia comune delle patate - Gaspare Bonomo, Vincenzo Maltese, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 11 - 2005 pag 696

Anguria
Convegno: La valorizzazione dell’anguria prodotta nella fascia costiera dei territori comunali
di Petrosino, Marsala e Mazara - Petrosino, 17 giugno 1999 pag 697
Consorzio e marchio per l’anguria del trapanese - Gaspare Bonomo, SiciliAgricola, settembre 1999 pag 698
Cocomero con il marchio - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 1 - 2001 pag 699
Cocomero e Petrosino - Simona Arena, Centonove, 1 agosto 2003 pag 700
Nuovi Portinnesti per le angurie trapanesi - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 6 - 2005 pag 701
Il boom dei prezzi fa volare l’anguria trapanese - Gaspare Bonomo - Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 11 - 2006 pag 702
E nel Trapanese cresce l’interesse per le miniangurie - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano,
Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 9 - 2007 pag 703
E nel Trapanese cresce l’appeal delle miniangurie - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano,
Colture Protette N. 10 - 2007 pag 704

Melone d’inverno
Costituito il consorzio di tutela e valorizzazione del melone di Sicilia - G. Cassisa, G. Messina, G. Grifasi,
G. Lucido - Sviluppo Agricolo, maggio/giugno 1995 pag 706
Convegno: Una I.G.P. per la valorizzazione del melone d’inverno - Alcamo, 25 Agosto 2000 pag 708
Un frutto estivo che fa dolce l’inverno - Nino Culicchia, SiciliAgricola, Agosto/Settembre 2000 pag 711

684
Da Alcamo un coro di proposte - Nino Culicchia, SiciliAgricola, Agosto/Settembre 2000 pag 712
Convegno: Il melone d’inverno ecotipo “Purceddu” - San Cipirello, 21 Dicembre 2001 pag 713
Melone d’inverno “Purceddu” esperti a convegno a San Cipirello - Francesco Ferro,
SiciliAgricola, Aprile/Maggio 2002 pag 715
Seminario: Il melone d’inverno, un prodotto tipico da valorizzare - Erice, Casa Santa,
4 Dicembre 2002 pag 719
Il melone d’inverno in Sicilia verso l’IGP - Gaspare Bonomo, Giovanni Lucido, relazione Seminario:
Il Melone d’inverno, un prodotto tipico da valorizzare - Erice, 4 dicembre 2002 pag 722
Buona redditività del melone giallo coltivato nel trapanese - Gaspare Bonomo, Giuseppe Monteleone,
Anna Maria Parrinello, L’Informatore Agrario, 49/2003 pag 724
Il melone d’inverno conquista proseliti - G. Bonomo, F. Ferro, P. Girgenti, A. M. Parrinello,
Colture Protette, N. 3 2004 pag 727
Virosi sul melone d’inverno - Gaspare Bonomo, Anna Maria Parrinello, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 4 - 2004 pag 730
Il melone di Sicilia (Cucumis melo var. inodorus) verso l’Indicazione geografica Protetta -
Giovanni Lucido, Pianeta Sicilia, Colture Protette, N. 8 - 2005 pag 731
Opportunità di mercato per il melone d’inverno - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 12 - 2006 pag 732
Valorizzazione qualitativa e commerciale del melone d’inverno- Attività svolta dalle Sezioni operative
con la collaborazione degli operatori agricoli, gli amministratori locali e il mondo della ricerca pag 733

Attività sperimentale e dimostrativa


Le varietà per l’areale siciliano di melone a buccia gialla - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano,
Vincenzo Marino, L’informatore Agrario, 30/2009 pag 737
Melone verde più produttivo sotto i teli pacciamanti - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano,
Vincenzo Marino, L’informatore Agrario, 30/2009 pag 740

Attività Promozionale
Giornata dell’anguria - Petrosino, 5 luglio 1999 pag 745
Giornata dell’anguria - Petrosino, 1 luglio 2000 pag 746
Giornata dell’anguria - Petrosino, 7 luglio 2002 pag 748
Comunicato stampa del 6 luglio 2002 pag 749
L’irresistibile sagra dell’anguria - Guidasicilia, 6 luglio 2002 pag 750
Trapani, provincia leader per l’anguria - La FRECCIA verde online, anno XI- n.79 - 2002 pag 751
Comunicato stampa dell’8 luglio 2002 pag 752
Giornata dell’anguria - Petrosino, 6 luglio 2003 pag 756
Comunicato stampa del 3 luglio 2003 pag 757
L’anguria diventa protagonista - Isabella Righetti, La Repubblica, 6 luglio 2003 pag 758
Giornata dell’anguria - Petrosino, 9 luglio 2005 pag 759
Giornata dell’anguria - Petrosino, 16 luglio 2006 pag 760

685
Giornata dell’anguria - Marsala, 12 luglio 2008 pag 762
Comunicato stampa del Comune di Marsala del 9 luglio 2008 pag 763
Comunicato stampa del Comune di Marsala del 14 luglio 2008 pag 764
Anguria trapanese, una produzione da valorizzare - Gaspare Bonomo, Giovanni Catalano, Pianeta Sicilia,
Colture Protette, N. 9 - 2008 pag 765
Giornata dell’anguria - Marsala, 13 luglio 2009 pag 768
Giornata dell’anguria e del melone giallo - Marsala, 16 luglio 2010 pag 770
Oggi la giornata dell’anguria e del melone - TP24.it del 16 luglio 2010 pag 771

686
L’orticoltura
di pieno campo
negli anni ’80

Nella zona immediatamente suburbana di Marsala si producevano ortaggi per soddisfare quasi esclu-
sivamente il consumo cittadino. Nella fascia costiera, caratterizzata dalla presenza di terreni di buona
fertilità, classificabili come “terre rosse mediterranee - litosuoli”, e da un’elevata disponibilità di acqua
proveniente da falde sotterranee, si sviluppava un’orticoltura più articolata, orientata verso produzioni
che trovavano sbocco nel mercato locale, ma anche in quelli della provincia di Trapani e della Sicilia occi-
dentale. In queste aree litoranee alcuni agricoltori coltivavano principalmente lattuga e in superfici limitate
altri ortaggi quali patata, cavolfiore e fagiolino che commercializzavamo nei mercati di Castelvetrano e
Trapani, altri si dedicavano esclusivamente alla coltivazione dell’anguria, cui in molti casi facevano seguire
il pomodoro tardivo.
In questo contesto si distingueva l’anguria, che aveva tutte le potenzialità per un ampliamento delle
superfici coltivate e per una valorizzazione delle sue produzioni. Infatti, per le particolari caratteristiche
organolettiche dei frutti, l’anguria prodotta nel petrosileno era già molto apprezzata dai consumatori
e dai commercianti. Il problema di questa specie era quello di essere sensibile agli attacchi di alcuni
parassiti tellurici come il fungo Fusarium oxysporum. Gli agricoltori erano soliti coltivare l’anguria cam-
biando terreno di anno in anno, utilizzando generalmente quelli resi liberi dall’espianto del vigneto. La
continua ricerca di nuovi appezzamenti esenti da infezioni di Fusarium, oltre a creare notevoli disagi e
ad incidere sui costi di produzione, dovuti principalmente all’affitto dei terreni, non permetteva di avere
una base aziendale stabile e di programmare con razionalità le scelte colturali.
La coltivazione veniva effettuata in pieno campo o con tecniche di semiforzatura. La coltura in pieno
campo si praticava nelle aree più interne, con impianto nel mese di aprile e raccolta in di agosto. Nella

687
coltivazione semiforzata, dopo il trapianto, si predisponevano lungo la fila tunnel costituiti da archetti di
ferro lunghi 2,5 m, posti alla distanza di circa 2 m e coperti con polietilene spesso 0,07 mm. Quando la
temperatura interna del piccolo tunnel superava i 35 °C iniziava la fase di arieggiamento, praticando pri-
ma finestrature e poi la completa scopertura del tunnel. L’impianto veniva effettuato fra l’ultima decade
di febbraio e la prima decade di marzo impiegando 2200 piante/ha (sesto 3m x 1,5). La raccolta iniziava
dopo il 20 giugno e si protraeva fino alla prima decade di luglio. Caratteristica comune a tutte le tipologie
di coltivazione era l’impiego della pacciamatura del terreno e l’irrigazione con manichetta forata. In quasi
tutte le coltivazioni si utilizzava la varietà Crimson Sweet, che veniva preferita dai produttori sia per la
precocità e la produttività, ma anche perché i frutti che si ottenevano risultavano di elevatissima qualità
ed erano molto apprezzati dai mercati del meridione.

688
L’attività di assistenza
tecnica della Sezione
Operativa dell’ESA di Marsala
nel settore delle piante
orticole di pieno campo

Questo comparto produttivo non presentava particolari problemi, perché era rivolto principalmente al
mercato locale ed i singoli orticoltori producevano ogni anno i quantitativi di ortaggi che riuscivano a col-
locare facilmente attraverso i propri canali commerciali. Pertanto nella fase iniziale dell’attività la Sezione
Operativa fu più attiva verso i comparti produttivi che in quel periodo erano in una fase di espansione e
trasformazione e presentavano problemi più assillanti.
La specie più interessante era sicuramente l’anguria che veniva coltivata da agricoltori esperti con
tecniche standardizzate. La produzione era molto ricercata dal mercato perché le condizioni pedoclima-
tiche della zona conferivano ai frutti caratteristiche organolettiche facilmente identificabili.
Verso gli anni ’90 gli itinerari tecnici adottati per questa specie furono modificati e aggiornati per renderli
funzionali all’uso di piante innestate per combattere i parassiti tellurici, per ampliare la piattaforma varietale
e aumentare la precocità di maturazione. La precocità si otteneva effettuando la coltivazione all’interno di
tunnel larghi 4,5 m, alti 2 m e coperti con polietilene spesso 0,15 mm. Le piantine venivano messe a dimora
tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio e la raccolta iniziava mediamente nella seconda decade di maggio.
Con l’evolversi degli itinerari tecnici si cominciò ad ampliare il panorama varietale rappresentato
principalmente dalle cultivar Colorado, Farao, Tide, Sentinel e Dumara. La tecnica più innovativa, che
ammodernò radicalmente il modo di coltivare questa specie, fu l’impiego di portinnesti resistenti alle
tracheofusariosi. Con l’utilizzazione di piante innestate si poteva ripetere, infatti, la coltura nello stesso
terreno e per di più le produzioni che si ottenevano erano superiori a quelle fornite dalle le piante non
innestate. I portinnesti commerciali più usati erano quelli appartenenti al genere Lagenaria o agli ibridi
Cucurbita moschata x Cucurbita maxima (RS841 e Shintosa).

689
L’uso dei portinnesti, però, cominciò ad avere effetti negativi sulla qualità dei frutti, infatti i consuma-
tori manifestavano lamentele per quanto riguardava la sapidità di alcune partite di anguria.
Si rese pertanto necessario studiare il problema di come restituire il tradizionale gusto alle angurie
prodotte nella fascia costiera del trapanese e di come aggiornare il poco efficiente modello commerciale
basato sulla vendita in campo a grossisti del palermitano o di altre aree del Meridione.
La Sezione Operativa di Marsala s’impegnò efficacemente anche su questo fronte attuando una
serie di iniziative di vario ordine ( formativo, informativo, dimostrativo e promozionale).
Per quanto riguarda l’aspetto formativo, i produttori furono indirizzati verso tecniche di difesa integrata
e verso un più razionale impiego di fertilizzanti. Fu intrapresa anche una vasta attività dimostrativa per dare
la possibilità ai coltivatori di verificare, nelle diverse situazioni di coltivazione, la risposta produttiva e qualita-
tiva delle principali varietà commerciali, utilizzate con diverse combinazioni d’innesto. Inoltre, per ampliare
e diversificare l’offerta fu sviluppata anche un’importante attività sulla coltivazione delle miniangurie.
L’iniziativa più interessante è stata quella rivolta alla qualificazione e valorizzazione del prodotto. A
tal fine si avviò una collaborazione con l’Amministrazione comunale di Petrosino e con i produttori per
individuare un marchio identificativo dell’anguria prodotta a Petrosino e per la costituzione di un Organi-
smo associativo cui affidare la commercializzazione della produzione. Quest’attività fu associata ad una
continua informazione attraverso convegni, incontri e articoli divulgativi.
Inoltre quasi ogni anno, dal 1999 al 2007, in collaborazione col Comune di Petrosino e dal 2008
al 2010 in collaborazione col Comune di Marsala, nel mese di luglio veniva organizzata una giornata
dedicata all’anguria cui partecipavano produttori, operatori commerciali, cittadini, turisti, giornalisti, te-
levisioni locali e la Rai regionale.
La manifestazione era molto articolata e prevedeva un incontro tecnico per affrontare gli aspetti
economici, salutistici e gastronomici dell’anguria prodotta lungo la fascia costiera del trapanese, un
banco di assaggio con una giuria per valutare le migliori angurie prodotte nell’annata, la premiazione dei
produttori, una mostra pomologia, diversi tavoli di degustazione per il pubblico, animazione musicale e
qualche volta anche una estemporanea di pittura.
Un’altra coltura cui la Sezione Operativa dell’Esa di Marsala dedicò grande attenzione fu quella del
melone d’inverno (Cucumis melo var. inodorus).
L’interesse della SOPAT di Marsala verso questa specie iniziò alla fine del 1999, quando l’Ammi-
nistrazione dell’ESA, in considerazione del fatto che la SOPAT di Alcamo era sprovvista di personale,
attribuì alla Sezione marsalese il compito di estendere la propria attività di assistenza tecnica anche in
quel territorio. Il melone d’inverno, sia per l’ampiezza della superficie coltivata sia per il ruolo rivestito
nell’economia locale, rappresentava una delle più importanti ortive di pieno campo della Sicilia occiden-
tale. La coltivazione di questa specie era concentrata principalmente nei territori di Alcamo, Paceco,
Monreale, San Cipirello, Camporeale, Salemi, Buseto Palizzolo, ma interessava marginalmente anche i
territori di Marsala e Menfi.
Il melone d’inverno era tradizionalmente venduto direttamente in campo a grossisti campani e pu-
gliesi e consumato nelle regioni meridionali.
Con l’introduzione della varietà Helios, molto apprezzata dai consumatori, i cui frutti erano dotati di
resistenza ai trasporti e di ottime caratteristiche organolettiche, si ebbe una svolta nella commercializ-
zazione di questo prodotto.

690
I produttori cominciarono a costituire organismi associativi, ad avviare un processo di qualificazione
della produzione e a creare le condizioni per una migliore organizzazione commerciale.
Il primo segnale di questa nuova tendenza si ebbe con la costituzione nel 1995 del Consorzio di
tutela e valorizzazione del melone di Sicilia “Nuara”.
Questo processo evolutivo veniva seguito da alcune strutture di assistenza tecnica agricola con ini-
ziative isolate, spesso affrontando problemi marginali.
La Sezione Operativa di Marsala, dopo avere studiato le problematiche del settore, avviò un rapporto
di collaborazione con le strutture che si occupavano di melone d’inverno, in modo da affrontare i pro-
blemi con maggiore organicità.
Così nel 2000 tutte le Sezioni Operative di Assistenza Tecnica operanti nelle principali realtà dove si
coltivava il melone d’inverno avviarono una serie d’incontri per affrontare in modo coordinato i problemi di
questa coltura. Fu perciò costituito un gruppo di lavoro, formato da un tecnico per ogni Sezione Operati-
va (Alcamo, Buseto Palizzolo, Camporeale, Marsala, Menfi, Paceco, Salemi, San Cipirello), con lo scopo
di mettere a fuoco i problemi della filiera, dalla coltivazione alla commercializzazione. Inoltre si decise di
operare in stretta collaborazione con i produttori, gli Organismi associativi, le Organizzazioni professionali
di categoria, gli enti locali e con l’Istituto di Orticoltura e Floricoltura dell’Università di Palermo.
Dopo un attento esame di tutta la situazione maturò la convinzione che il melone d’inverno prodotto
nella Sicilia occidentale aveva tutte le caratteristiche per ottenere il riconoscimento di un’Indicazione
Geografica Protetta (IGP), ai sensi del Regolamento CEE n. 2081/92.
Il gruppo di lavoro si fece carico di preparare la documentazione richiesta dalla circolare ministeriale e
così dopo alcuni mesi furono definiti il disciplinare di produzione, la relazione tecnica, la relazione storica
e la cartografia.
Una prima istanza di riconoscimento, presentata dalle organizzazioni di categoria, fu rigettata dal
Ministero per mancanza di legittimità dei sottoscrittori. Infatti, il reg. 2081/92 prevede che le domande
di riconoscimento debbono essere presentate da associazioni di produttori che effettivamente produ-
cono o trasformano il prodotto per il quale si chiede il riconoscimento dell’IGP. Ciò stante, per evitare la
costituzione di una nuova associazione, si concordò con il Ministero di fare presentare l’istanza a tutti
gli organismi associativi, operanti nell’area dell’IGP, che producevano e commercializzavano melone
d’inverno. Purtroppo nel corso dell’istruttoria emersero altri problemi di ordine burocratico che resero
difficoltoso il riconoscimento. In seguito si affrontò l’argomento con la Camera di Commercio di Trapani
che si fece carico di costituire una nuova associazione di produttori e di presentare una nuova istanza
al MIPAF. Ma anche questo tentativo non andò in porto perché la Camera di commercio aveva poca
possibilità di seguire il percorso burocratico e anche anche perché i produttori non si adoperarono con
adeguata determinazione.
L’attività di valorizzazione del melone d’inverno fu svolta anche attraverso la realizzazione di una serie
di azioni di ordine informativo, sperimentale e dimostrativo.
Tra il 2000 e il 2004, oltre a pubblicare diversi articoli sulla stampa regionale e nazionale, furono
organizzati, nei Comuni maggiormente interessati alla coltivazione del melone d’inverno (Alcamo, San
Cipirello, Trapani), in collaborazione con le Organizzazioni di categoria e con gli Enti locali, convegni di
notevole interesse che permisero ad operatori commerciali, giornalisti, ricercatori ed esperti dell’alimen-
tazione di approfondire le principali problematiche del comparto.

691
Inoltre, attraverso un’accurata attività sperimentale fu possibile fornire ai produttori utili indicazioni
sulla risposta produttiva e qualitativa di alcune varietà di melone a buccia gialla e sulla possibile introdu-
zione di tecniche innovative nella coltivazione del melone a buccia verde rugosa “Purceddu”.

692
Attività formativa
e informativa

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Anguria

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Melone d’inverno

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721
Atti Convegno: Il melone d’inverno, un prodotto
tipico da valorizzare
Erice, Istituto Alberghiero Ignazio e Vincenzo Florio - 4 dicembre 2002

Il melone d’inverno in Sicilia verso l’IGP


Gaspare Bonomo - Giovanni Lucido

Il melone d’inverno, sia per l’ampiez-


za della superficie coltivata che per il
ruolo rivestito nell’economia locale, rap-
presenta una delle più importanti ortive
di pieno campo della Sicilia occidentale.
Ormai nelle nostre condizioni ambien-
tali, caratterizzate da una siccità persi-
stente, il melone d’inverno, per le sue par-
ticolari caratteristiche, è una delle poche
specie che può essere coltivata in asciut-
to occupando il terreno in successione al
grano o dopo l’espianto dei vigneti.
La classica denominazione melone
d’inverno ormai per il tipo a buccia gialla si può considerare quasi superata. Infatti, questa tipologia di
melone si riscontra sui mercati già dal mese di giugno per continuare fino a novembre-dicembre. La
campagna del melone d’inverno si apre con le produzioni ottenute nel marsalese nelle coltivazioni pra-
ticate in successione alla fragola sotto tunnel e continua con le produzioni precoci ottenute nelle zone
più costiere in irriguo. Gli impianti tardivi consentono di allungare il periodo di raccolta fino ad ottobre.
Il melone a buccia verde, invece, comincia ad essere raccolto nel mese d’agosto ed è possibile tro-
varlo in commercio fino a gennaio.
Come si può notare siamo di fronte ad un prodotto che può occupare il mercato per oltre sei mesi l’anno.
Fino ad alcuni anni fa il melone d’inverno veniva consumato nelle stesse regioni di produzioni (Italia
insulare e meridionale) e i produttori vendevano il loro prodotto direttamente in campo a grossisti cam-
pani e pugliesi. Una prima valorizzazione di questo prodotto si ebbe con l’introduzione della varietà
Helios, che, per le sue caratteristiche organolettiche, gradite ai consumatori, per le caratteristiche agro-
nomiche, precocità e produttività, e per la resistenza ai trasporti consentì di allargare l’area commerciale
del melone d’inverno.
Un altro momento interessante si ebbe con la costituzione del consorzio “NUARA”, avvenuta nel 1995 su
iniziativa della C.C.I.A.A. di Trapani, nell’ambito del programma D.I.T. (Diffusione innovazioni tecnologiche).
Gli organismi associativi e i produttori che aderirono al consorzio cominciarono ad avviare un pro-
cesso di qualificazione della produzione e a creare le condizioni per una migliore organizzazione com-
merciale. Infatti, da questo momento il melone d’inverno comincia ad essere commercializzato anche

722
dalle cooperative e soprattutto viene avviato ai mercati del Nord Italia in confezioni standard e con un
marchio d’identificazione.
A fare conoscere il melone d’inverno contribuì anche la regione siciliana, promovendo diverse cam-
pagne promozionali all’interno dei punti di vendita e presso alcuni villaggi turistici.
Oggi, anche se gran parte della produzione continua ad essere venduta alla rinfusa direttamente in
campo, si riscontra un aumento delle strutture associative che commercializzano il prodotto dopo aver-
lo selezionato, spazzolato e confezionato.
Da un’indagine condotta presso le strutture che commercializzano il melone d’inverno è emerso che
nel 2001 oltre 100 mila quintali di prodotto furono venduti in confezioni di cartone da 30 x 50 cm e 40 x
60 cm presso i mercati all’ingrosso dell’Italia settentrionale, nella G.D.O. e in Germania.
Per dare continuità a questo nuovo processo era necessario affrontare i problemi con maggiore or-
ganicità e soprattutto unificare le iniziative che venivano svolte da vari organismi in modo isolato. Così
nel 2000 tutte le Sezioni Operative di Assistenza Tecnica Agricola operanti nelle principali realtà dove si
coltiva il melone d’inverno cominciarono ad avviare una serie d’incontri per cercare di affrontare in modo
unitario i problemi di questa coltura. A tal fine fu costituito un gruppo di lavoro, composto da un tecnico
per ogni Sezione Operativa (Alcamo, Buseto Palizzolo, Camporeale, Marsala, Menfi, Paceco, Salemi,
San Cipirello), con lo scopo di mettere in atto iniziative che affrontassero tutti i problemi della filiera, dalla
coltivazione alla commercializzazione. Inoltre fu deciso di operare in collaborazione con i produttori, gli
organismi associativi, le organizzazioni professionali di categoria, gli enti locali e gli Istituti di ricerca. Del
programma in corso vi parlerà nei dettagli il Dr. F. Ferro. Inizialmente questo gruppo si preoccupò di
individuare alcune strategie che dessero al melone d’inverno nuove opportunità commerciali.
Dopo un attento esame di tutta la situazione maturò la convinzione che il melone d’inverno prodotto
nella Sicilia occidentale aveva le caratteristiche per ottenere il riconoscimento di un’Indicazione Geogra-
fica Protetta, ai sensi del Regolamento CEE n. 2081/92.
Pertanto si cominciò ad affrontare il problema con il mondo della produzione, con gli Enti locali e con le
Organizzazioni di categoria. Tutti si dimostrarono favorevoli all’iniziativa, partecipando attivamente alle nume-
rose riunioni che furono organizzate presso diversi comuni delle province di Trapani e Palermo. Dalle riunioni
emersero utili indicazioni per la preparazione della documentazione, soprattutto disciplinare di produzione
e delimitazione dell’area di produzione, da presentare al MIPAF ai sensi della circolare 28 giugno 2000, n.4.
Il gruppo di lavoro, precedentemente costituito, si fece carico di preparare la documentazione ri-
chiesta dalla circolare ministeriale e così dopo alcuni mesi furono definiti il disciplinare di produzione, la
relazione tecnica, la relazione storica e la cartografia.
Una prima istanza di riconoscimento presentata dalle organizzazioni di categoria fu rigettata dal Mi-
nistero per mancanza di legittimità dei presentatori. Infatti, il reg. 2081/92 prevede che le domande di
riconoscimento debbono essere presentate da associazioni di produttori che effettivamente producono
o trasformano il prodotto per il quale si chiede il riconoscimento dell’IGP. Al fine di evitare la costituzione
di una nuova associazione, si concordò con il Ministero di fare presentare l’istanza a tutti gli organismi
associativi, operanti nell’area dell’IGP, che producevano e commercializzavano melone d’inverno.
La pratica fu accettata dal Ministero, che dopo averla istruita chiese ulteriore documentazione e chia-
rimenti. Allo stato attuale si stanno raccogliendo tutti gli elementi utili a fornire al Ministero i chiarimenti
richiesti in una nota del 17 luglio 2002.

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Valorizzazione qualitativa e commerciale
del melone d’inverno
Attività svolta dalle Sezioni Operative con la collaborazione
degli operatori agricoli, gli amministratori locali e il mondo della ricerca

Nell’attività di valorizzazione del melone d’inverno sono stati coinvolti anche gli operatori agricoli, gli
amministratori locali ed il mondo della ricerca.
Tra il 2000 e il 2004, oltre a promuovere una vasta attività di comunicazione, sono stati organizza-
ti, nei Comuni maggiormente interessati alla coltivazione del melone d’inverno (Alcamo, Trapani, San
Cipirello), in collaborazione con le organizzazioni di categoria e con gli Enti locali, convegni di notevole
interesse che hanno permesso ad operatori commerciali, giornalisti, ricercatori ed esperti dell’alimenta-
zione di approfondire le principali problematiche del comparto.
Inoltre, attraverso un’accurata attività sperimentale e dimostrativa, svolta in collaborazione con l’I-
stituto di Orticoltura e Floricoltura dell’Università degli Studi di Palermo, è stato possibile fornire ai pro-
duttori utili indicazioni sulla risposta produttiva e qualitativa di alcune varietà di melone a buccia gialla e
sulla possibile introduzione di tecniche innovative nella coltivazione del melone a buccia verde rugosa,
ecotipo “Purceddu”.
Alcuni momenti della suddetta attività sono documentati dalle seguenti foto.

Gaspare Bonomo, Responsabile Sez. Op. Marsala, Giovanni Lucido, Resp. Sez. Op. Sa-
lemi, Leonardo Agueci, Assessore Agricoltura Comune di Salemi, Luigi Crimi, Sindaco
Comune di Salemi

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Attività sperimentale
e dimostrativa

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Attività promozionale

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Giornata dell’anguria
Petrosino 5 luglio 1999

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Petrosino 1 luglio 2000

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Petrosino 7 luglio 2002

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Petrosino, 6 luglio 2002 Agli Organi d’Informazione


LORO SEDI
COMUNICATO STAMPA

Duecento ettari nel trapanese, un milione e mezzo di euro di PLV


PETROSINO: ESTATE, TEMPO D’ANGURIA
Una “giornata” per una grande sfida: disciplinare e marchio di qualità

Una ventina di produttori, dieci varietà di angurie a confronto, musica, degustazioni. Petrosino si pre-
para a vivere le emozioni di una “giornata” dedicata ad un prodotto tipico pronto per il riconoscimento
di un “marchio di qualità” che ne esalti tutte le caratteristiche: colore, sapore, storia, tradizioni, rapporto
col territorio. Il Comune di Petrosino, con l’assessorato alle attività produttive, la Pro Loco e la Sezione
operativa dell’ESA (Ente di sviluppo agricolo) hanno ideato una festa per celebrare l’anguria che, in que-
sto versante della Sicilia, si produce in grande quantità. Domenica 7 luglio, nel Centro polivalente a due
passi dal Municipio, saranno insieme – a partire dalle ore 20.30 – produttori, tecnici, esperti.
A fare gli onori di casa il sindaco Giacomo Licari, l’assessore Gaspare Alagna e il responsabile
dell’ESA Gaspare Bonomo, che parleranno di territorio, economia, commercializzazione. Un momento
tecnico-scientifico per preparare il terreno ad un disciplinare di produzione e a un marchio tipico per
l’anguria: duecento ettari impegnati nel trapanese, un reddito lordo di un milione e mezzo di euro l’anno.
Poi le degustazioni, con una giuria che premierà le angurie migliori. E con i giornalisti, guidati da Slow
Food (sarà presente il delegato provinciale Franco Saccà) che sceglieranno lo slogan per pubblicizzare
l’anguria nel 2003. “Un grande prodotto che cerca nuovi mercati – chiarisce Gaspare Bonomo – che ha
bisogno di regole certe per essere commercializzato”. Come dire, occorrono strategie di marketing, in-
tese tra il settore pubblico e quello privato. “Oggi si vende online in tutto il mondo, puntualizza il sindaco
Giacomo Licari, l’anguria e gli altri prodotti tipici del nostro territorio devono andare al passo coi tempi”.
Una “Giornata dell’Anguria” quindi, con tecnici, amministratori pubblici e giornalisti per far partire da
Petrosino una grande sfida. Un punto di incontro tra storia e cultura, passato e presente. Un prodotto
tipico – la Cucurbita citrullus dei Romani – che a Petrosino, domenica prossima, esalterà i suoi pregi in
un “percorso” nel quale si inseriscono per l’occasione anche i vini e le ceramiche dell’antico artigianato
petrosileno.
L’Ufficio Stampa

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06 LUGLIO 2002
L’irresistibile sagra dell’anguria
Domenica a Petrosino si rende omaggio al frutto simbolo
dell’estate siciliana

Tra gli elementi topici dell’estate siciliana, simbolo di una stagione di vacanza e riposo, con il sole
e il mare troviamo sicuramente l’anguria (o come si dice in italiano ‘u muluni). Succosa, dolce ma
leggera (è fatta quasi per intero di acqua), gioiosamente colorata, la fettona di anguria rallegra i nostri
rientri assetati dal mare, i nostri pomeriggi di canicola estiva, le nostre splendide cene in terrazza tra
amici (e antizanzare).
In realtà di angurie non ce n’è una sola varietà: nell’Isola se ne coltivano almeno una decina di tipi,
che si distinguono per l’intensità del colore e la forma, oltre che per i nomi fortemente evocativi. La 
qualità invece rimane costante, a ottimi livelli.
La provincia di Trapani è una delle zone della Sicilia dove la coltivazione delle angurie è particolar-
mente praticata.
Per questo motivo l’amministrazione locale di Petrosino, insieme con l’ESA (Ente di Sviluppo Agri-
colo) che si è attivata per ottenere il riconoscimento del marchio di qualità per le angurie trapanesi, ha
saggiamente deciso di organizzare un’intera giornata dedicata a questo frutto delizioso.
La “Giornata dell’anguria” è in programma per domenica 7 luglio ed è suddivisa in due momenti: al
saluto del sindaco, alle 20,30, seguirà un breve intervento “tecnico” per presentare il prodotto. Subito
dopo, a partire dalle 21,30, le degustazioni guidate dagli esperti di Slow Food, l’animazione e l’assegna-
zione di due premi, uno alla migliore azienda produttrice, l’altro allo slogan più simpatico.
La sagra si svolge nel Centro polivalente di Petrosino, a breve distanza dal palazzo municipale.
Vi consigliamo di non mancare

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Cucurbita Citrullus, così la chiamavano gli antichi Romani. Oggi il suo nome evoca storia, cultura e
tradizioni della civiltà rurale contadina. l’Anguria è un prodotto tipico del trapanese, avviato ad ottenere
un significativo riconoscimento: il marchio di qualità. Per questo si batte da tempo la Sezione operativa
dell’ESA, l’Ente di Sviluppo Agricolo di Marsala e Petrosino, una zona con grande produzione di angu-
rie. Alcuni nomi sembrano quelli delle star di Hollywood: Crimson Sweet, Colorado, Crisbi, Vanity, Royal
Star. Una decina di varietà che cambiano tra loro per la forma (ovale, sferica, allungata), il colore chiaro
o scuro, il sistema di coltivazione.
L’anguria, sulla fascia costiera e nell’entroterra, è comunque una grande realtà, oggi più che mai.
Un centinaio di produttori - tra Marsala, Petrosino e Mazara, area in cui questa coltura trova condizioni
ambientali particolarmente favorevoli - impegnano 200 ettari di terreni irrigui per produrre ogni anno
parecchie tonnellate di angurie: un quantitativo lordo per un valore di un milione e mezzo di euro (quasi
3 miliardi delle vecchie lire). “Un tocco di qualità e un’appetibilità sui mercati non indifferente”, dicono
gli esperti. Merito del clima temperato caldo, non eccessivamente umido (tipo mediterraneo); un’escur-
sione termica ottimale tra il giorno e la notte; un’elevata intensità di luce. In più terre rosse che tendono
all’argilloso sabbioso, dotate di buona fertilità.
Tre i tipi di coltura: forzata (in tunnel), semi forzata e di pieno campo. Quest’ultima, meno diffusa, fa
maturare le angurie a luglio e agosto. Proprio d’estate si avvia la corsa ai mercati con la vendita che
avviene ancora oggi a blocco a grossisti locali o di altre provincie. “Un limite che frena la commercializ-
zazione e riduce i margini di redditività - puntualizza Gaspare Bonono, responsabile dell’ESA - da qui il
nostro impegno per dare all’anguria il ruolo di prodotto leader dell’economia locale, meritevole di altre
fortune”. In pratica, è sul tappeto la politica di marketing, il programma di valorizzazione dell’anguria
prodotta nella fascia costiera trapanese. il primo degli interventi elaborato dall’ESA, che l’Amministra-
zione comunale di Petrosino condivide in toto, prevede la “realizzazione di un disciplinare di produzione
integrata e attribuzione di un marchio qualità”. Un percorso di cui la “Giornata” del 7 luglio ha costituito
una tappa importante.”Per quelle successive - chiarisce il sindaco Giacomo Licari - ci stiamo attrezzan-
do. Vogliamo ottimizzare le risorse del territorio, mettere insieme gli sforzi dei produttori, creare sinergie
tra pubblico e privato per dare all’anguria, e più in generale ai prodotti tipici della nostra zona, il futuro
che meritano”

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LORO SEDI
COMUNICATO STAMPA

A PETROSINO “UN MARE D’ANGURIE: ROSSE, SOLARI, GENEROSE”

Il primo premio alla Dumara (piante innestate), una delle dieci varietà che hanno partecipato alla
“Giornata dell’Anguria” svoltasi ieri – domenica 7 luglio – a Petrosino. Forma allungata, epicarpo verde
chiaro, con striature più scure; il colore rosso della polpa , non molto intenso. L’anguria premiata dalla
giuria dei degustatori proviene dall’azienda agricola di Giovanni Bertolino, uno dei venti operatori che
hanno partecipato alla “Sagra” indetta dall’ESA, in collaborazione col Comune e la Pro Loco di Petrosi-
no. Al secondo posto un “Colorado” (piante innestate) dell’Azienda Giovanni Bonomo; al terzo un altro
“Colorado” (piante non innestate) di produzione della ditta Paladino Pietro: varietà, anche questa, che
nel territorio trapanese va per la maggiore. Tecnici ed esperti ne hanno apprezzato il colore, il gusto,
l’armonia dei sapori in una manifestazione allietata dalle note musicali del Gruppo “Blue Night Blues”,
davanti ad una nutrita cornice di pubblico.
Oltre agli Oscar per i produttori anche un premio – l’Anguria News – per la stampa impegnata a
ideare uno slogan per la campagna promozionale 2003 dell’anguria. Lo ha vinto Max Firreri, del Gior-
nale di Sicilia, secondo cui “Petrosino ha un mare… d’angurie: rosse, solari e generose”. Angurie di
ottima qualità pronte al riconoscimento di un marchio e di un disciplinare di produzione che le valorizzi
nei mercati italiani e stranieri. “Ci batteremo assieme all’ESA perché ciò avvenga al più presto”, dice il
sindaco Giacomo Licari. “La commercializzazione è il problema prioritario – aggiunge Rino Bonomo,
responsabile della locale sezione dell’ESA – non possiamo sottovalutarlo. L’anguria di questa zona ha
le carte in regola per imporre i suoi grandi pregi”.
Un mare… d’angurie, quindi, con tante buone prospettive. Angurie che Petrosino ha messo in mo-
stra in un “percorso di tipicità” al quale hanno dato tono le ceramiche d’arte del “Vecchio Marchese”:
storia, cultura e tradizioni insieme, esaltate dai richiami di un vecchio baglio petrosileno restaurato e
restituito, recentemente, al suo antico splendore. Un tocco in più alla “Giornata” lo ha dato Slow Food,
col suo delegato provinciale Franco Saccà, che ha guidato le degustazioni dei tecnici e dei giornalisti.

L’Ufficio Stampa

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Petrosino 6 luglio 2003

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COMUNICATO STAMPA

PETROSINO, UNA “GIORNATA” PER ESALTARE LE QUALITA’ DELL’ANGURIA

Un disciplinare di produzione, un marchio di qualità e un Consorzio di tutela. L’anguria della fascia


costiera del trapanese ha le carte in regola per diventare “prodotto tipico siciliano”. Questo il program-
ma avviato dal Comune di Petrosino, dalla Sezione Operativa n. 82 dell’ESA (Ente sviluppo agricolo) di
Marsala e dall’Assessorato regionale all’agricoltura.
Un progetto ambizioso su cui Enti, Associazioni di categoria e produttori stanno lavorando già da
qualche anno e che domenica 6 luglio, a partire dalle ore 20.30, creerà proprio a Petrosino, ulteriori
momenti di confronto nel corso della “Giornata dell’Anguria” che si svolgerà negli spazi attigui al Centro
polivalente, a due passi dal Municipio.
In mostra le varietà più rappresentative dell’anguria locale. Ad una Commissione formata da tecnici
ed esperti il compito di degustare e scegliere quelle migliori. Un vero e proprio “banco d’assaggio” con
una decina di varietà di angurie delle due tipologie prevalenti, a forma sferica e allungata, ed alcuni
oscar per i produttori. “Un ulteriore passo avanti verso la tipicizzazione di questo prodotto coltivato con
sistemi innovativi grazie anche al supporto dei nostri tecnici”, dice Rino Bonomo, responsabile della Se-
zione Operativa n.82 di Marsala. “Una garanzia di qualità - aggiunge - che rende le angurie della fascia
costiera trapanese competitive nei mercati nazionali e regionali”. Ottimista anche il sindaco di Petrosino
Giacomo Licari: “Il futuro dell’anguria è nel marchio di qualità - dice - faremo fino in fondo la nostra parte
per legittimare gli sforzi dei nostri produttori. Studieremo tecniche e strategie di commercializzazione
moderne e innovative”.
Scopo della manifestazione è quello di far conoscere l’attività che in questo comparto l’Assessorato
Agricoltura e Foreste della ragione Siciliana sta portando avanti attraverso i Programmi Interregionali.
La “Giornata dell’Anguria”, giunta alla quarta edizione (il programma prevede anche animazioni musi-
cali ed un’estemporanea di pittura), rilancia quindi l’idea di un Consorzio di tutela per superare gli indivi-
dualismi e creare sinergie in un settore fortemente rappresentativo dell’economia locale. Pochi dati per
farne capire l’importanza: la produzione dell’anguria copre, lungo la fascia costiera che va da Marsala
a Castelvetrano, una superficie di 150 ettari; un centinaio sono i produttori; un milione e 500 mila euro
il fatturato lordo.
Petrosino, 3 luglio 2003

L’Ufficio Stampa

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Petrosino 9-10 luglio 2005

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Marsala 12 luglio 2008

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Marsala 13 luglio 2009

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Marsala 16 luglio 2010

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Oggi la giornata dell’anguria e del melone giallo
È la “giornata dell’anguria e del melone giallo” che ritorna puntuale a Marsala, per dare la possibilità
ai produttori di incontrarsi. Il giro d’affari è notevole. Attualmente la coltura si sviluppa su una superficie
di circa 150 ettari e fornisce una produzione lorda vendibile di circa 2 milioni di euro.
La manifestazione di oggi è organizzata dalla locale Sezione Operativa dell’Ente di Sviluppo Agricolo
e si svolge con la collaborazione del Comune di Marsala che mette a disposizione la Villa “Cavallotti”
e un complesso musicale per allietare la serata. La manifestazione prevede una mostra pomologica,
per far conoscere ai cittadini le principali varietà di angurie prodotte nel nostro territorio e una relazione
tecnica sugli aspetti salutistici e gastronomici dell’anguria, tenuta dal Dr. Ignazio Fortunato.
Ma la parte più importante della manifestazione è quella che coinvolge i produttori, i quali sottopongono
al giudizio di una giuria, guidata dal Dr. Giovanni Catalano, uno dei maggiori esperti della materia, le an-
gurie prodotte nel 2010 nella loro aziende. La manifestazione si conclude con la premiazione dei vincitori.
Gli organizzatori provano anche a mettere ordine rispetto alla ressa di gente che si presenta per la
degustazione. Le angurie per la degustazione del pubblico vengono private della buccia e collocate in
appositi piatti provvisti di forchette. Inoltre nell’area della manifestazione vengono collocati diversi con-
tenitori per la raccolta dei rifiuti, in modo che tutto si possa svolgere con il massimo senso civico.
Da quest’anno la manifestazione prevede anche una mostra pomologica del melone giallo e un ta-
volo di assaggio di questo prodotto. Questa specie coltivata tradizionalmente nei comuni di Paceco e
Alcamo nel tempo si è estesa in altri comuni limitrofi e oltre ad essere coltivata in pieno campo comin-
cia ad essere coltivata anche in ambiente protetto, come avviene a Marsala. Una volta il melone giallo
prendeva la denominazione di melone d’inverno, ma ormai questa denominazione si può considerare
quasi superata. Infatti, questa tipologia di melone si riscontra sui mercati già dal mese di giugno per
continuare fino ad ottobre.. La campagna del melone giallo si apre con le produzioni ottenute nel mar-
salese nelle coltivazioni praticate in successione alla fragola sotto tunnel e continua con le produzioni
precoci ottenute nelle zone più costiere in irriguo. Gli impianti tardivi consentono di allungare il periodo
di raccolta fino ad ottobre
Attualmente la Sicilia rappresenta la regione leader per la produzione del melone giallo, la cui coltiva-
zione, concentrata principalmente nella parte occidentale dell’Isola, si estende su una superficie di 5000
ha, con una produzione vendibile superiore a 20 milioni di euro.
Questo prodotto ha grande potenzialità produttive e commerciali. Infatti, nelle nostre condizioni am-
bientali è una delle poche ortive che può essere coltivata in asciutto o ricorrendo ad una irrigazione di
soccorso. Il peponide può essere utilizzato sia come frutta a fine pasto, da solo o in macedonia, sia
come antipasto accompagnato con il prosciutto crudo. Si tratta di un prodotto che riveste notevole
importanza nell’economia della nostra provincia. Manca, però, di un’adeguata promozione.

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L’anguria coltivata nei  territori comunali di Marsala, Petrosino e Mazara del Vallo è  di elevato pregio
qualitativo e con specifici caratteri organolettici. Le tecniche di coltivazione di questa specie si possono
considerare ormai standardizzate, visto che in alcuni Comuni, come Petrosino, l’anguria ha antiche
tradizioni e viene coltivata sempre dalle famiglie degli  stessi agricoltori.
Le coltivazioni più diffuse sono quelle semiforzate, sotto piccoli tunnel, ma si riscontrano anche col-
tivazioni forzate praticate all’interno di grandi tunnel.
La varietà più utilizzata è Farao, ma vengono coltivate anche Colorado, Tide, Sentinel e Dumara. Da
qualche anno si stanno provando alcune varietà di miniangurie, con lo scopo di ampliare le possibilità
commerciali di questo prodotto.
L’anguria, grazie all’elevato contenuto d’acqua (oltre il 95%), possiede una notevole capacità disse-
tante e svolge una buona azione diuretica. Nonostante il gusto dolce, il cocomero ha un basso conte-
nuto in zuccheri (4%) ed è, fra i frutti polposi, il meno calorico, 15 calorie per 100 grammi di prodotto.
Inoltre ha solo lo 0,2% di fibre, che lo rende idoneo a tutti senza provocare rischi all’intestino, neanche
ai più delicati. Ha anche un buon contenuto di vitamina C (8mg/100g) e potassio (280mg/100g) e pos-
siede in quantità minori anche calcio, fosforo, e altri oligoelementi essenziali come ferro, zinco e manga-
nese. Presenta anche un livello elevato di sostanze antiossidanti, come il licopene, che conferiscono a
questo prodotto la capacità di esercitare un potere anticancerogeno, antimutageno e cardioprotettore
e una difesa contro l’invecchiamento e la degenerazione cellulare.
Nell’anguria il contenuto in licopene (4mg/100g) è superiore a quello del pomodoro fresco(3m-
g/100g); con una fetta di anguria (mediamente 350 g) si assumono 14,7mg di licopene, metà di quello
contenuto nella salsa di un piatto di spaghetti.

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Capitolo 7

Linea Verde
RAI UNO, 3 Febbraio 2008

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