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Gli spread di credito continuano ad approfittare della ricerca di rendimento e sono calati ulteriormente.
Questa volta un po' meno sulla parte “CrossOver” e più sulla componente generica, ma guardando i dati a 1
mese, il risultato è piuttosto evidente. Non riesce ad approfittarne invece l'indice sui finanziari probabilmente
colpito da pubblicazioni di utile che il mercato non ha particolarmente gradito (es. domestico di CS e UBS).
Nonostante le voci di manipolazioni dei prezzi, i metalli preziosi continuano a correre, mentre le materie
prime agricole sono sempre più in “ipercomprato” essendo salite del 58% in un mese !!!
Settimana prossima, il mercato non degnerà probabilmente di uno sguardo nulla che non sia l'annuncio della
FED il 3 novembre. Non tanto sui tassi di interesse che resteranno probabilmente tra 0% e 0.25% quanto più
sull'ammontare del QE (si parla di 500 mia di USD), sulla modalità (spalmato su 6 mesi, per l'acquisto di
bond governativi) e soprattutto su eventuali misure accompagnatorie, condizioni, eventuali altri interventi,
fattori per misurarne il successo, target sull'inflazione/occupazione/...
Non mancheranno comunque gli annunci societari: 192 società per gli Stati Uniti e 106 per quello Europeo,
96 per Asia sviluppati, e 137 per Asia emergenti.
Matteo Nobile 20101030
Considerazioni – Forex
200
180
160
CHF
GBP
USD
140
AUD
NOK
JPY
120
100
80
06.12.1999 19.04.2001 01.09.2002 14.01.2004 28.05.2005 10.10.2006 22.02.2008 06.07.2009 18.11.2010 01.04.2012
Per molti investitori, la sola idea di mettere in portafoglio qualcosa di più rischioso di un'obbligazione
supranational (BEI, KFW, …) con scadenza massima 3-4 anni finisce per togliere il sonno.
Gli stessi investitori sono però spesso interessanti in obbligazioni emesse in dollari australiani, corone
norvegesi o sterline inglesi, solo per l'idea di riuscire ad ottenere un rendimento maggiore.
Dal punto di vista comportamentale c'è quindi un “bias” dato dal non accettare il rischio nello strumento (solo
obbligazioni supra di breve periodi) e alle stesso tempo di non accorgersi del livello di volatilità che si
introduce nel portafoglio inserendo una posizione valutaria.
Ovviamente sarebbe possibile coprire il rischio valutario con delle operazioni a termine, ma altrettanto ovvio
il fatto che l'extra rendimento obbligazionario viene “mangiato” dal prezzo a termine delle valute.
Considerando che spesso queste valute vengono acquistate senza avere una particolare idea di
investimento, diventa interessante calcolare la volatilità delle stesse. Nel grafico sopra, l'andamento di
alcune principali valute contro EUR, dal 2000 in avanti.
La volatilità di queste serie storiche va dai 7.27% per il NOK, su fino a 12.32% per lo JPY, l'unica eccezione
è il CHF, che ha avuto una volatilità di soli 4.96% probabilmente dovuta agli interventi della BNS che ha
cercato, almeno fino a qualche mese fa, di sostenere il tasso di cambio con il più importante partner
commerciale.
Qualche dato di confronto: l'ETF lyxor 1-3 anni ha una volatilità di 1.85%, ETF Lyxor 3-5 anni arriva a 3.03%,
DWS Eurorenta arriva a 3.58%, i corporate bond si piazzano tra 3% e 4%, con gli high yield si arriva a 7%.
Passando ai fondi flessibili, quali il carmignac patrimoine si raggiunge 8.28%.
Dal 2000 ad oggi (con 2 crisi in mezzo) Patrimoine ha però offerto un rendimento di 7.51% annui !!!
Ha davvero senso introdurre valute nei portafogli con posizioni passive e statiche ?
Matteo Nobile 20101030