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Il quesito più ricorrente che mi viene posto dalle pagine di PN riguarda il lasso di tempo
che necessita perché si possa impostare un ciclo di preparazione ben articolato che porti
l’atleta ad esprimersi al meglio in una gara di maratona.
A questo tipo di domanda è impossibile dare una risposta che abbia una valenza generale,
ogni podista si trova con un diverso grado di preparazione, ha obiettivi diversi e diverse
sono anche le sue potenzialità .
L’unica affermazione che non teme smentita parte dal presupposto che
Un tempo di preparazione inferiore potrà essere impiegato da chi partecipa spesso a gare di
questo genere o si accontenta solo di giungere al traguardo senza particolari ambizioni
cronometriche.
Ma il podista che vuole affrontare l’impegno con l’intento di raggiungere un risultato
cronometrico che rispecchi le sue reali possibilità dovrà necessariamente ricorrere ad una
preparazione piuttosto articolata che preveda la crescita qualitativa delle caratteristiche
fisiologiche che caratterizzano il podista dedito alla corsa di endurance.
E’ indubbio che al maratoneta si chiede soprattutto di curare la “resistenza” e pertanto,
nell’intero arco della preparazione, i lavori che prevedono la corsa di durata non
mancheranno in nessuna fase, ciò che varierà sarà soprattutto il “dosaggio” ed il “ricorso
programmato a vari mezzi d’allenamento” che influenzano in diverso modo in le
capacità prestative dell’atleta.
Va, infatti, ricordato che esistono lavori che hanno l’obiettivo preminente di “costruire”
l’atleta, di determinare, cioè, quei cambiamenti biomeccanici grazie ai quali viene messo
nelle condizioni di migliorare le sue prestazioni (fase della costruzione) ed altri, da
utilizzare nelle fasi di preparazione successive, che permettono all’atleta di raggiungere il
massimo livello condizionale (fase della messa in forma).
Non vi sono particolari diversità tra la preparazione per la maratona e quella per il
mezzofondo prolungato, i primi cicli di preparazione sono pressoché coincidenti, ciò che
caratterizza il lavoro del maratoneta nel periodo invernale è soltanto il ricorso ad un
maggior chilometraggio durante le sedute che prevedono lavori estensivi.
Su come impostare la fase di costruzione e di miglioramento della potenza e capacità
aerobica si è già parlato nel capito dedicato alla gestione dell’allenamento, in questo scritto
l’attenzione sarà focalizzata prevalentemente sulla fase che prevede “la messa in forma
del maratoneta”.
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• la forza generale
• la forza specifica
• la potenza aerobica
• la capacità aerobica
• la potenza lipidica.
Lo sviluppo della forza generale ha come obiettivo principale quello di preservare l’atleta
dagli infortuni che potrebbero insorgere nel corso di una preparazione così lunga ed
impegnativa. Vanno in particolar modo allenati addominali, dorsali, glutei e tutti i muscoli
degli arti inferiori.
I lavori per migliorare la forza specifica vanno eseguiti per lo più su percorsi che
presentano dei saliscendi, sarà così possibile abituare i muscoli che intervengono nel gesto
tecnico della corsa ad incrementare la loro forza – resistenza.
Il maratoneta, durante la sua prestazione, compie in genere dai venticinquemila, ai
trentamila passi, è facile intuire come diventi necessario avere muscoli in grado di
esprimere una buona azione di forza per tutta la gara in modo che l’atleta possa conservare
sempre un’efficace ed economica azione di corsa.
Come allenare la potenza aerobica e la capacità aerobica si è già parlato diffusamente nei
capitoli precedenti, ritengo comunque sia il caso di rammentare che
I lavori che più di altri permettono di migliorare la potenza aerobica sono le ripetute brevi
e medie, il corto veloce, le gare su strada su distanze dai 5 ai 15 chilometri, mentre la
capacità aerobica viene maggiormente sollecitata attraverso i lavori medi, progressivi,
intervallati che prevedono tratti corsi al ritmo maratona ed altri a ritmi vicino alla soglia
anaerobica e le ripetute medie e lunghe che comportano un recupero a ritmo maratona.
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Nella maratona, più che nelle altre gare di mezzofondo prolungato, un’attenzione
particolare merita l’allenamento che permette di sviluppare la
Potenza lipidica
Nel corso di una maratona, l’energia che deriva dal glicogeno muscolare e da quello
epatico può coprire circa i due terzi della totalità della spesa energetica necessaria per
completare la maratona. E’ questa la ragione per cui i muscoli devono obbligatoriamente
consumare una certa quantità di acidi grassi.
E’ stato osservato che in due atleti aventi lo stesso VO2Max, la diversità di prestazione
nella maratona era per lo più determinata dalla capacità più o meno elevata di consumare
durante l’impegno agonistico una ‘alta percentuale di acidi grassi.
Si è in particolare riscontrato che l’atleta che presentava uno scarso consumo di grassi si
trovava nella necessità di affrontare la gara ad un ritmo meno elevato rispetto all’atleta
dotato di una elevata potenza lipidica.
Nel caso quest’ultimo avesse tentato di tenere il passo dell’altro maratoneta sarebbe stato
costretto a consumare un quantitativo eccessivamente elevato di glicogeno che lo avrebbe
portato inesorabilmente a dover affrontare una crisi ipoglicidica.
Un atleta amatore di medio livello, capace di correre ad una velocità di soglia del 15
km/h, lavorerà proficuamente sull’incremento della potenza lipidica correndo 16–25
chilometri al ritmo di 4’,20 –4’,25 al chilometro.
Di seguito viene riportata una tabella dove, in base alla soglia anaerobica od anche al ritmo
che si riesce a tenere in una gara di 15 km, vengono indicati i ritmi a cui effettuare i lavori
che influenzano la potenza lipidica:
Tutto ciò è in antitesi con alcune vecchie teorie in voga negli anni 60 e 70 secondo le quali
un miglioramento della capacità organismo di consumare gli acidi grassi durante la corsa di
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Durante questa fase il corridore dovrà continuare ancora il lavoro di costruzione ma,
nello stesso tempo, si preoccuperà di trovare la forma migliore.
In particolare, i lavori veloci, pur essendo per quanto riguarda la lunghezza simili a quelli
che si effettuano nella preparazione dei 10.000, richiederanno una diversa impostazione
sul lato dell’intensità.
In pratica essi andranno corsi ad un ritmo inferiore del 5 ed anche 10% ma con un
recupero che non sarà mai rappresentato dalla corsa in souplesse, bensì da un ritmo che si
avvicina alla corse lenta, mentre per gli atleti di livello medio ed elevato dovrà
corrispondere al ritmo maratona e, infine, per i più preparati, anche al fondo medio.
Nelle ultime 3 –4 settimane che concludono la preparazione sarà possibile incrementare la
lunghezza delle ripetute, portando però il ritmo solo ad una decina di secondi più veloce
rispetto a quello del fondo medio, mantenendo il tempo del recupero vicino a quello del
ritmo maratona.
Durante la fase specifica di preparazione per la maratona si abbandoneranno i percorsi
impegnativi in modo da correre nel modo più uniforme possibile, verrà curata anche la
tecnica di corsa cercando di realizzare un’azione quanto più decontratta ed economica
possibile.
Seguendo lo stesso schema utilizzato per gli altri tipi di gara, sarà preso in considerazione
il ciclo di “traning della messa in forma” di un atleta capace di chiudere la maratona in
3h, 15 circa.
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6x 1.000 m ritmo 4’
recupero 1 km ritmo 4’,35”
3x 2.000 m ritmo 4’
recupero 2 km ritmo 4’,35”
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quanto più elevato è il ritmo al quale l’atleta è in grado di correre, tanto minore è il
range in cui l’atleta può spaziare.
Neanche una prima parte di gara molto prudente su rivela una strategia efficace per
realizzare un tempo adeguato alle aspettative dell’atleta, in linea di massima si può
affermare che
la migliore condotta di gara è quella che prevede un ritmo di gara piuttosto uniforme
e che rispecchi le reali possibilità dell’atleta.
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Più empirico ma senza ombra di dubbio più immediato è il metodo che permette la
determinazione del ritmo maratona partendo dal risultato realizzato in una gara di mezza
maratona, corsa tre settimane prima della maratona.
Condizione perché il test sia attendibile è che l’atleta sia ben preparato a correre non solo
la mezza ma anche l’intera distanza dei quarantadue chilometri e che l’impegno nel test sia
massimale.
Per gli atleti che correranno la mezza maratona sotto l’1h,25’, possono determinare il ritmo
aggiungendo al tempo realizzato 10’–12’ e moltiplicando la sommatoria ancora per due,
mentre per gli atleti con risultato cronometrico tra 1h,26’–1h,35’, sarà necessario
aggiungere 13’ –15’, mentre per i maratoneti che hanno chiuso la mezza in un tempo
superiore sarà prudente incrementare il risultato cronometrico di 16’ – 20’.
Oltre al grado di preparazione esistono differenze fra un maratoneta e l’altro, vi sono atleti
che hanno una maggiore tenuta e quindi sono in grado di limitare in senso positivo la
differenza di andatura fra la mezza e la distanza doppia, altri invece soffrono proprio le
lunghe distanze ed in questo caso sarà necessario incrementare il numero dei minuti
aggiuntivi.
Comunque, prendendo a campione un numero consistente di podisti amatori di diversi
livelli, è stato rilevato come lo scarto del ritmo al chilometro tenuto in una gara di
maratona tra un atleta ed un altro con caratteriste abbastanza differenti ma in grado di
correre una mezza nello stesso tempo, difficilmente è superiore ai cinque, sei secondi.
Ne deriva in generale che
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una serie di fastidi che colpiscono l’atleta tanto da fargli scadere in misura evidente
l’andatura , costringendolo in molti casi ad abbandonare.
• Crisi muscolare
• Crisi da accumulo di acido lattico
• La crisi da crampi
• la crisi da disidratazione
• crisi psicologica.
La crisi muscolare
La crisi muscolare non risparmia il maratoneta che giunge all’appuntamento senza
un’adeguata preparazione; durante la prestazione, l’atleta avverte una certa pesantezza e
dolore a livello di muscoli, tendini ed articolazioni degli arti inferiori, al dolore si
accompagna inesorabilmente anche una riduzione dell’efficienza muscolare.
Il maratoneta doveva incrementare il carico dei suoi allenamenti, inserendo nel suo
programma di preparazione non solo una maggiore quantità di lavoro estensivo, ma si
rendeva necessario anche un maggior ricorso a ritmi vicini a quelli da tenere durante la
maratona per un chilometraggio piuttosto consistente.
La crisi da crampi
Molti maratoneti, durante la loro prestazione vengono colpiti da improvvise fitte, che a
volte sono talmente insistenti da impedire all’atleta di continuare la propria prestazione.
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Si possono ridurre i rischi di crampi durante la gara bevendo ai vari rifornimenti non solo
acqua ma anche alcune soluzioni specifiche che contengono potassio, magnesio, meglio se
in forma di aspartati.
A determinare l’insorgere dei crampi può contribuire in modo determinante il mancato
ricorso ad una inadeguata fase di scarico nei giorni che precedono la prestazione.
L’insorgere dei crampi durante la maratona può essere arginato alternando al corsa con la
marcia ed eseguendo alcuni leggeri esercizi di stretching sui muscoli interessati.
La crisi da disidratazione
Nel caso in cui il maratoneta incappa in una giornata piuttosto calda con elevato tasso di
umidità, può incorrere a crisi da calore determinate da un eccessivo innalzamento della
temperatura corporea o da crisi di idratazione.
Egli potrà difendersi ricorrendo ad una serie di accorgimenti:
Crisi psicologica
Se non si è troppo motivati, si ha poca voglia di gareggiare e addirittura di correre,
difficilmente si sarà nelle condizioni di superare la crisi che interverrà non appena la fatica
diverrà più insistente per effetto dell’elevato numero dei chilometri percorsi .
Al tempo stesso è altrettanto rischioso affrontare la gara eccessivamente motivati ,
difficilmente l’atleta saprà liberarsi dell’ansia pre - gara che molto volte lo spinge
inconsciamente a correre ad un ritmo superiore alle proprie possibilità.
Molti atleti di fronte a situazioni di difficoltà gettano la spugna, ma moltissimi altri
trovano nella motivazione di terminare in ogni caso la gara insperate energie che finiscono
per sostenerlo sino al traguardo.
Con ogni probabilità il “maratoneta caparbio” non realizzerà il suo personale ma, pur in
presenza dello scadimento del gesto atletico, riuscirà a correre sino al traguardo.
Nel caso in cui si è colti dalla “crisi” esistono alcuni semplici accorgimenti che non vanno
sottovalutati e che aiutano l’atleta a completare la sua prestazione.
1. In primo luogo sarebbe buona norma, predisporre già qualche giorno prima un
piano d’emergenza nel caso in cui dovesse malauguratamente presentarsi la crisi.
Meglio studiare in anticipo e con attenzione una strategia che farsi trovare
impreparato durante la gara, lo scoramento e la perdita di autostima potrebbero
portare il maratoneta a scegliere strategie sbagliate o addirittura alla decisione di
abbandonare. Per esempio si può stabilire “a tavolino” che, se dal venticinquesimo,
trentesimo chilometro si avvertisse una respirazione piuttosto affannosa o si
toccasse già una frequenza vicina a 170 battiti cardiaci al minuto, si potrebbe
stabilire di ridurre il ritmo di 10”, in modo da riequilibrare l’equilibrio aerobico.
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ALIMENTAZIONE
Nella maratone, più che nelle altre competizioni del mezzofondo prolungato, è necessario
seguire adeguate indicazioni dietetiche per fornire all’organismo tutte quelle sostanze
nutritive che servono a garantire le migliori capacità prestative della muscolatura.
E’ noto che il miglior carburante a disposizione dei muscoli sia rappresentato dal
glicogeno :
il glicogeno viene immagazzinato nei muscoli e nel fegato dopo un processo di sintesi
che parte proprio dai cibi ricchi di carboidrati.
Nasce così nell’atleta che deve affrontare una maratona la necessità di adottare una dieta
ricca di carboidrati durante tutto il periodo della preparazione, ma soprattutto nei tre giorni
che precedono l’impegno agonistico.
In particolare, per quanto riguarda le scelte alimentari da seguire nei giorni che precedono
la maratona, ritengo che per un atleta amatore non sia il caso di ricorrere alla dieta
dissociata
Essa, in pratica, consiste nell’effettuare nei primi tre giorni della settimana una dieta molto
povera di carboidrati (dunque costituita prevalentemente da proteine e grassi) ed i
successivi tre ricca di carboidrati.
In tal modo nei primi tre giorni si svuotano i muscoli del glicogeno per poi riempirli nei
giorni successivi.
Si tratta di un regime alimentare in voga negli anni settanta che viene sempre più
abbandonato dai maratoneti di qualsiasi livello. Si è infatti constatato come in un
maratoneta ben allenato la concentrazione di glicogeno nei muscoli sia già sensibilmente
più elevata di quella di un soggetto normale. I sei giorni di dieta si sono dimostrati non
necessari per raggiungere quelle concentrazioni (2, 5 per 100 gr. di muscolo) che gli
permettono di esprimersi al massimo delle possibilità.
D’altro lato, anche un maratoneta poco allenato non troverà grossi vantaggi dalla dieta
dissociata, poiché le poche decine di secondi che riuscirà a guadagnare non compenseranno
i disagi ed i problemi (anche di natura psicologica) che la dieta dissociata comporta.
Basterà, pertanto, effettuare lo “scarico dei carboidrati” il mercoledì, per poi
incrementare gradualmente la percentuale di carboidrati da assumere durante i pasti,
portandoli dai normali 50 –60 % sino a raggiungere una percentuale del 75 –80%, con
conseguente riduzione di apporto di proteine e soprattutto di grassi.
Nella scelta degli alimenti ricchi di carboidrati si dovrà evitare di eccedere nell’assunzione
di quegli alimenti costituiti principalmente costituiti da zuccheri semplici, quali miele,
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marmellate, bevande ricche di zuccheri, essi andranno consumati sempre con la solita
moderazione, mentre si privilegeranno gli alimenti ricchi di amidi come la pasta, il pane ,
le patate.
Una dieta iperglicidica –tipo nei giorni che precedono la maratona potrebbe essere la
seguente:
venerdì -succo di frutta o tè o caffè -Abbondante piatto di Verdure cotte con un Una fetta
-latte scremato con cereali o pasta con legumi filo d’olio di crostata
biscotti magri, in alternativa - Patate bollite condite Patate bollite e frutta a
alcune fette biscottate con un con un filo d’olio condite con un filo volontà.
“velo” di miele o marmellata -frutta di stagione d’olio
-frutta di stagione
sabato -succo di frutta o tè o caffè -Abbondante piatto di -Gnocchi conditi Una fetta
-latte scremato con cereali o pasta con il pomodoro con parmigiano o di crostata
biscotti magri, in alternativa - o verdure. pizza margherita e frutta a
-alcune fette biscottate con - 50 rammi di carne -Patate bollite volontà.
un “velo” di miele o bianca ai ferri condite con un filo
marmellata -una fetta di crostata di d’olio
mele -Barretta di
-frutta di stagione cioccolato fondente
-frutta di stagione
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Un’attenzione particolare merita la scelta degli alimenti che dovranno costituire cena e la
colazione che precedono l’impegno agonistico.
Il maratoneta esperto sa che una alimentazione non corretta nelle ore che precedono la
gara potrà influenzare non poco la sua prestazione.
Nel decidere cosa assumere tiene in debita considerazione alcuni importanti principi di
carattere scientifico.
In primo luogo non dimentica che:
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