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Incipit
« Canto XXII, nel quale abomina quelli di Sardigna e tratta alcuna
cosa de la sagacitade de’ barattieri in persona d’uno navarrese, e
de’ barattieri medesimi questo canta. »
(Anonimo commentatore dantesco del XIV secolo)
Lo stile comico
Il canto, ancor più del precedente, assume una forma drammatica (in senso
tecnico = teatrale), accentuando l'aspetto di "commedia": e infatti Dante la
definisce ludo, che in latino medievale indica una "rappresentazione
drammatica" (in francese antico jeu = "gioco" si usa per designare drammi
sacri e profani, come nel Jeu d'Adam "Dramma di Adamo"). Tema di questo
"spettacolo" è una gara di astuzia fra diavoli e barattiere, entrambi
fraudolenti per definizione, ma che entrambi finiscono sconfitti: i diavoli
perché perdono la preda, il barattiere perché non guadagna altro che la sua
pena, tornando nella pece dalla quale era uscito all'inizio per trovare un po'
di refrigerio. L'azione scenica è ben rappresentata dal vivace dialogo a più
voci, in cui si alternano Dante e Virgilio che parlano con il dannato da una
parte, e i diavoli dall'altra, o dal mimo finale. Il registro è comico anche nel
linguaggio, nell'assenza di riferimenti alle fonti classiche, così presenti nel
resto della Commedia, nelle somiglianze dei peccatori con gli animali (delfini,
rane, e poi lontra, ratto, anatra): l'episodio è d'altronde paragonato,
nel canto successivo, alla favola esopica della rana e del topo.