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I tre Step dell’analisi FEM

Come ottenere sempre il massimo


dai tuoi modelli ad elementi finiti
Francesco Palloni

© 2018 SmartCAE srl I 3 Step dell’analisi FEM Pag. 1


Indice

I vantaggi dell’analisi FEM ....................................................................................................3


I 4 ostacoli principali ........................................................................................................... 10
Casi di Successo ................................................................................................................. 13
Miti e Leggende .................................................................................................................. 20
Il flusso di lavoro dell’analisi FEM ...................................................................................... 24
Passo 1: Trattamento della geometria ............................................................................ 25
Passo 2: Definizione del caso di studio ............................................................................ 32
Passo 3: Interpretazione dei risultati ................................................................................. 39
Sei pronto per l’analisi FEM? ............................................................................................. 47
Il tuo primo passo ................................................................................................................ 50
Glossario ............................................................................................................................... 51

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I vantaggi dell’analisi FEM
Se ti dicessi che da qui e tre mesi potresti ridurre i costi dei tuoi prototipi fino all’80%,
ti interesserebbe saperne di più?
Ottimo! Prima di entrare nel vivo però, una brevissima presentazione: io sono
Francesco Palloni, fondatore di SmartCAE ed esperto di analisi FEM. Nel mio lavoro
aiuto aziende e progettisti a realizzare prodotti migliori, riducendo i tempi di
immissione sul mercato e aumentando i margini di profitto.
Quando avviammo la nostra azienda nel 2002 avevamo chiaro l’obiettivo di aiutare
le piccole e medie imprese Italiane a migliorare il loro processo di progettazione,
portando sul campo delle metodologie innovative che, fino ad allora, erano
appannaggio solo delle grandi aziende.
Non ti nascondo che inizialmente abbiamo avuto delle difficoltà a farci conoscere
e a sensibilizzare i nostri clienti. A quel tempo le soluzioni che proponevamo
apparivano troppo avanzate, se non addirittura fantascientifiche. Era frequente
essere liquidati con la frase “non ne abbiamo bisogno, abbiamo sempre fatto
senza”.
Il nostro entusiasmo per l’innovazione e l’essere fortemente focalizzati sulla nostra
tecnologia non ci stava portando da nessuna parte. Pertanto abbiamo cambiato
approccio, cercando di metterci nei panni del cliente.
La difficoltà chiave che abbiamo notato è che, quando si tratta di progettazione,
le aziende non si fidano delle opinioni ma vogliono dati alla mano. Per questo
motivo ho iniziato a raccogliere dati statistici e analizzare le ultime ricerche
disponibili per dimostrar loro i benefici tangibili che porta l’analisi FEM.

Il punto di vista delle aziende


Secondo l’Aberdeen Group, leader nelle ricerche di market del settore tecnico,
esistono principalmente 4 punti di sofferenza che colpiscono il reparto di
progettazione.

Figura 1 – Le sfide del reparto progettazione.


Fonte: Aberdeen Group “Impact of Strategic Simulation on Product Profitability”

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Il primo è la scoperta in ritardo di errori o problematiche sul prodotto. Questo è
evidente e corrisponde anche alla mia esperienza diretta. I costi e le dilatazioni
della tempistica che si producono quando un prototipo viene testato sul campo e
non funziona correttamente (o peggio si rompe) possono essere devastanti
Altre sfide sono la necessità di gestire cambiamenti frequenti del progetto. Anche
questo è esperienza quotidiana. Raramente le specifiche iniziali del prodotto
vengono mantenute invariate durante tutto lo sviluppo e ci sono sempre numerosi
fattori esterni che costringono a rivedere aspetti più o meno rilevanti del progetto.
Alle aziende risulta chiaro che poter prevedere in anticipo il comportamento di un
prodotto, prima cioè di aver realizzato fisicamente i prototipi, porterebbe grandi
benefici e allevierebbe gli effetti negativi dovuti a errori individuati in ritardo.
Questo è precisamente il compito della simulazione CAE!
Però l’utilizzo efficace di questa tecnologia, ossia in senso realmente predittivo del
comportamento del prodotto, è a tutt’oggi percepito come una sfida.
L’ultima sofferenza evidenziata nello studio si riferisce all’organico:
sottodimensionamento e mancanza di esperti.
Nella stessa ricerca si è cercato di dare risposta al dilemma che si trovano davanti
tutti i progettisti e le aziende: perché è necessario migliorare i propri prodotti e
processi?

Figura 2 – Perché le aziende devono migliorare i processi.


Fonte: Aberdeen Group “Impact of Strategic Simulation on Product Profitability”

Per metà delle aziende la pressione a ridurre i costi e i tempi di sviluppo è lo stimolo
principale. Per poter restare competitivi sul mercato è fondamentale mantenere i
costi di bassi e ottimizzare i tempi di progettazione.
Altri aspetti che sono percepiti come sfide sono la garanzia di una qualità e
affidabilità superiore ai concorrenti, e la spinta a innovare i prodotti per seguire le
opportunità che il mercato propone.
Abbiamo visto che la riduzione dei tempi e dei costi sono fortemente ricercate dalle
aziende. E il motivo è molto semplice: ottimizzare il flusso di cassa.

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Figura 3 – Flusso di cassa durante il ciclo di vita del prodotto

All’inizio l’azienda investe per progettare, testare e produrre il prodotto, e dal


momento in cui il prodotto è lanciato sul mercato inizia il ritorno su questo
investimento, che raggiunge un picco di profittabilità e che poi si spegne
progressivamente con l’invecchiamento del prodotto stesso.
La sfida è quella di riuscire a minimizzare la fase negativa e al contempo
massimizzare la fase positiva.
Prendiamo a riferimento la curva grigia, che rappresenta il ciclo di vita attuale. Se il
prodotto viene rilasciato sul mercato in modo più rapido (curva arancione), si
abbrevia la fase negativa, raggiungendo prima il punto di pareggio, e si allunga la
fase positiva incrementando i ricavi e prolungando la vita. Questo perché i prodotti
che vengono rilasciati in breve tempo sono più in linea con le aspettative del
mercato, ancor più quando il prodotto è in anticipo rispetto alla concorrenza.
Ma non è finita qui. Secondo una ricerca di Tech-Clarity esistono 5 modi chiave per
soddisfare le esigenze del mercato attraverso l’analisi ad elementi finiti.

Figura 4 – Obiettivi delle aziende


Fonte: Tech Clarity “Addressing the Bottlenecks of FEA”

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La principale aspettativa è avere prodotti affidabili e di alta qualità.
Oltre alla riduzione dei tempi e dei costi, migliori prestazioni e capacità di innovare
sono tra gli obiettivi chiave per le aziende.
Dal mio punto di vista questa è una fotografia realistica di quella che è la “missione”
di un reparto progettazione e sviluppo, non trovi?

Il nostro approccio
Analizzando questi dati, abbiamo capito 3 cose fondamentali e l’applicazione di
questi fattori nel lavoro quotidiano hanno determinato il successo del nostro
business. La prima è che…
“Tutte le aziende possono aumentare i margini di profitto
eliminando gli errori di progettazione.”
Punto #1
Questo aspetto è molto importante per qualsiasi attività imprenditoriale. Sembra
una banalità che le aziende possano aumentare il profitto riducendo i costi, ma
mettere in pratica questo concetto non è così banale come sembra!
Per prima cosa è necessario essere consapevoli di come è organizzato il flusso di
lavoro aziendale, di come vengono prese le decisioni nelle varie fasi dello sviluppo
del prodotto, di quali sono le possibilità di modifica e correzione mano a mano che
il progetto evolve, e le relative implicazioni sui costi finali (palesi o nascosti).

Figura 5 – Confronto delle possibilità di modifica nelle varie fasi della vita del prodotto

Il grafico a sinistra illustra come le possibilità di modifica al prodotto tendano a


diminuire progressivamente e parallelamente ne cresce il costo, mano a mano che
il progetto evolve. L’ideale sarebbe riuscire a identificare e risolvere i problemi nelle
prime fasi dove i margini di modifica sono i più ampi e i costi più bassi. Il grafico a
destra illustra l’andamento della conoscenza del prodotto durante il ciclo di
sviluppo. È evidente come l’approccio trial-&-error consenta di conoscere il
comportamento del prodotto soltanto quando è stato già realizzato fisicamente,
lasciando pochi margini per apportare delle correzioni. Viceversa l’utilizzo della
simulazione, come l’analisi FEM, permetta una identificazione precoce del

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comportamento del prodotto, garantendo ampie possibilità di modifica a costi
contenuti.
Applicando la legge di Pareto (80/20) allo sviluppo del prodotto, si può dire che le
decisioni prese durante il primo 20% dello sviluppo del prodotto (ovvero la
progettazione), determina l’80% dei costi del prodotto stesso.
E qui arriviamo al secondo punto fondamentale del nostro approccio.
“Con l’analisi FEM ogni azienda è in grado di creare
veri e propri prototipi virtuali che possono essere
studiati e ottimizzati in ogni contesto.”
Punto #2
Quando sviluppa un nuovo prodotto, il progettista è come un esploratore che sta
per affrontare un viaggio in un territorio che conosce soltanto in parte:
• I primi passi sono quelli che condizionano tutto il percorso. Se sbagliamo
strada all’inizio dovremo allungare il percorso correndo il rischio di arrivare
tardi.
• Per comodità (o pigrizia) siamo portati a seguire sempre la strada che
conosciamo meglio. Questo spesso ci garantisce di completare il percorso in
tempi noti, affrontando ostacoli che già conosciamo ma in molti casi
potrebbe precluderci altre vie più veloci o con meno ostacoli. Altre volte
invece non funziona affatto, soprattutto quando dobbiamo arrivare in un
posto nuovo.
• Quando vogliamo cambiare strada, o vogliamo andare in un luogo che non
conosciamo, abbiamo bisogno di una mappa con la rotta da seguire e una
bussola per orientarci. Questi strumenti sono di grande aiuto per evitare di
sbagliare strada o imboccare itinerari pericolosi.

Come l’esploratore utilizza la mappa e la bussola per orientarsi e scegliere il


percorso giusto, il progettista può utilizzare la simulazione ad elementi finiti (FEM) per
scoprire quale sia la decisione giusta da prendere ad ogni passo, evitando gli errori
grossolani e, di conseguenza, i costi che devono essere sostenuti per le correzioni.
Di questo beneficio non ce ne siamo accorti soltanto noi, ma anche chi realizza gli
strumenti di progettazione CAD. Nel corso degli anni abbiamo visto il proliferare di
software di analisi FEM integrati nei CAD più diffusi. Questi strumenti sono molto
accattivanti in quanto promettono l’esecuzione di simulazioni in maniera semplice
e automatizzata, anche da parte di chi non è un esperto.
C’è un problema però: non sempre questa semplificazione e automatizzazione è
quello che realmente serve al progettista.
Il nobile intento di “democratizzare” la simulazione, si scontra con le limitazioni che
la maggior parte degli strumenti integrati nel CAD mette a tua disposizione.
Questo ci porta al terzo punto fondamentale del nostro metodo, ovvero che…

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“C’è solo una cosa peggiore
di non utilizzare lo alcuno strumento,
ed è utilizzare lo strumento sbagliato”
Punto #3
Questo punto abbraccia essenzialmente due aspetti del flusso di lavoro dell’analisi
FEM, ovvero la velocità di esecuzione e l’accuratezza del lavoro svolto.
La questione dei tempi richiesti per l’esecuzione dei calcoli è particolarmente
sentita. Ogni giorno vedo aziende che non riescono a trarre dalla simulazione i
risultati desiderati proprio perché i calcoli non stanno al passo con il progetto.
Certe volte accade che il calcolo sia fatto troppo tardi, quando le attrezzature o
addirittura il prodotto stesso sono già in fase di costruzione.
Più spesso capita che il tempo a disposizione di chi fa le simulazioni per “deliberare”
a calcolo il prodotto non sia sufficiente per fare una vera e propria ottimizzazione:
ci si accontenta di verificare il design proposto dal progettista e magari fare una-
due iterazioni di modifica, senza però sfruttare tutte le potenzialità del progetto.
Per quanto riguarda l’accuratezza, mi è capitato di vedere molte volte colleghi
prendere delle decisioni basate su modelli realizzati in maniera ultra-rapida, senza
controlli, con un sacco di semplificazioni nascoste all’operatore.
Da una parte il progettista, se ne è consapevole, può gestire le semplificazioni
prendendosi ampi margini di sicurezza (o di incertezza, a seconda del punto di vista)
sul risultato. Nel caso migliore questi margini si traducono però in un
sovradimensionamento eccessivo, ovvero costi sul materiale che potrebbero essere
eliminati eseguendo delle stime più precise.
Nel caso peggiore, un modello troppo semplificato non è in grado di mettere in
evidenza le criticità nel funzionamento del prodotto, con tutte le conseguenze
negative facilmente intuibili.
La scelta dello strumento di analisi FEM e l’approccio giusto alla modellazione
condizionano in modo decisivo i tempi di risposta e la precisione del calcolo.

Riassumendo…
L’analisi ad elementi finiti può essere lo strumento giusto per supportare decisioni
migliori con cui puoi:
• Ridurre i tuoi tempi e costi di sviluppo;
• Migliorare la qualità del tuo prodotto;
• Aumentare i tuoi margini di profitto.

Se ancora non utilizzi l’analisi FEM, in questo eBook troverai degli spunti interessanti
per individuare e selezionare lo strumento agli elementi finiti più idoneo al tuo lavoro.

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Se sei già un utilizzatore di strumenti ad elementi finiti, nelle prossime pagine troverai
delle indicazioni su come migliorare il tuo flusso di lavoro, portando le tue analisi FEM
a un livello superiore.
In ogni caso, scoprirai che fare analisi FEM professionali non è difficile come sembra,
soprattutto se eviterai gli errori più comuni!

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I 4 ostacoli principali
Solitamente, quando presento a un’azienda l’idea di adottare la simulazione agli
elementi finiti nel proprio processo di sviluppo del prodotto, percepisco nei miei
interlocutori sentimenti contrastanti. Se da una parte è evidente la curiosità di
sperimentare le nuove tecnologie per i benefici che esse promettono, dall’altra ci
sono degli ostacoli, apparentemente insormontabili, che precludono il
raggiungimento di tali vantaggi.
Questi ostacoli hanno delle radici molto profonde e riguardano aspetti tecnici,
economici e, sotto-sotto, anche psicologici.

Inerzia
Il primo ostacolo è l’inerzia, ovvero la difficoltà che troviamo nel cambiare le nostre
abitudini, nel modificare la maniera in cui lavoriamo. L’inerzia si nasconde dietro
una frase del tipo:
“Fino ad oggi abbiamo sempre fatto senza l’analisi FEM,
quindi non ne abbiamo bisogno.”
Riconosco che al giorno d’oggi esistano ancora settori manifatturieri per cui l’uso
della simulazione possa essere superfluo, ma nella maggior parte dei contesti
industriali l’analisi FEM, e la simulazione CAE in genere, possono davvero rivelarsi lo
strumento che fa la differenza.
L’impatto positivo delle analisi FEM sulla redditività aziendale è progressivo: più
analisi si fanno, maggiore è il beneficio che se ne trae, maggiore è la fiducia che si
ripone nel metodo. Dal mio punto di vista, il problema è soltanto quello di decidere
di iniziare!
Quando l’inerzia al cambiamento è molto forte, il modo migliore per aiutare le
aziende a comprendere i vantaggi dell’analisi FEM è attraverso un “Progetto Pilota”.
Il Progetto Pilota è strutturato in questa maniera: il cliente identifica un problema da
risolvere, e i nostri esperti lo risolvono. Semplice, no?
Con i modelli e i dati prodotti durante il Progetto Pilota, viene realizzato un percorso
formativo e di implementazione dello strumento in azienda. Avendo in mano i
modelli, i risultati e “la mappa” per orientarsi nel flusso di lavoro, il cliente è in grado
di trovare risposta a tutte le domande tecniche e di valutare concretamente il
ritorno economico dall’investimento nell’analisi FEM.

Paura
La paura di sbagliare è un sentimento che ci accompagna lungo tutta la nostra
vita. Ognuno di noi sa quanto sia spiacevole e doloroso commettere un errore,
specialmente quando si tratta di una scelta professionale, che magari è legata a
risvolti economici. Abbiamo paura che la scelta sbagliata possa arrecarci un

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danno, invece di un vantaggio. Abbiamo paura di come potrebbe cambiare
l’opinione che i colleghi e i responsabili hanno su di noi.
Calandoci nella scelta di un software agli elementi finiti, la paura è quel sentimento
che ci spinge a chiederci
“è lo strumento giusto per me?”
Questa domanda apparentemente banale, racchiude in sé un sacco di risvolti
tecnici ed economici. Nella parola “giusto” si nascondono concetti come
“compatibilità con il CAD”, “semplicità di utilizzo”, “rapidità di analisi”, “ritorno
dall’investimento”, e via dicendo.
Il Progetto Pilota, che abbiamo visto in precedenza, può aiutare a vincere le paure,
dando risposta a queste domande.
Un altro modo molto pratico e con cui trovare una soluzione alle questioni tecniche
è direttamente la prova sul campo. Scarica la versione di valutazione del
programma, installalo sul tuo PC, studia i tutorial, provalo con le tue geometrie, fatti
fare una dimostrazione pratica da un esperto, chiama l’assistenza tecnica per porre
le tue domande.
In questo modo non solo potrai toccare con mano il funzionamento del
programma, ma riuscirai anche a valutare la competenza e la professionalità del
supporto tecnico che ti seguirà in futuro. Ricorda: saranno loro le persone che
dovranno aiutarti nei momenti di difficoltà!

Competenze
Mi sento spesso dire che per utilizzare un software FEM professionale c’è bisogno di
un esperto. Questo è assolutamente vero e lo sottoscrivo!
Per mezzo delle analisi FEM è possibile integrare o addirittura sostituire i dati che si
ottengono attraverso costose prove sperimentali, ma l’accuratezza dei risultati delle
analisi dipende molto da come viene creato il modello agli elementi finiti e da
come vengono interpretate le simulazioni. Occorre la giusta sensibilità per evitare
le trappole e riconoscere possibili errori.
Quello che spesso ci si dimentica, è che prima di diventare un esperto (in qualsiasi
disciplina), ognuno di noi è passato attraverso un percorso di formazione e di
pratica sul campo che lo hanno portato ad acquisire la sensibilità e la competenza
in quel particolare settore.
Albert Einstein sintetizza quello che, a mio avviso, deve essere l’approccio da
seguire per implementare con successo la metodologia FEM:
“C’è una forza motrice più forte del vapore,
dell’elettricità e dell’energia atomica: la volontà.”
(Albert Einstein)

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Come tutte le altre discipline umane, la competenza nell’analisi FEM si può acquisire
attraverso la formazione e la pratica sul campo. Basta volerlo!

Costo
L’ostacolo apparentemente più difficile da superare, e che mi sono lasciato per
ultimo, è quello legato agli aspetti economici. Storicamente, i software di
simulazione agli elementi finiti erano molto costosi in quanto rappresentavano una
tecnologia all’avanguardia. Il costo era dovuto non solo al software ma anche alla
piattaforma hardware richiesta per farlo funzionare e alla competenza necessaria
al suo utilizzo.
Se questo ancora è vero per alcune applicazioni molto specialistiche, in generale il
costo complessivo di un software agli elementi finiti per la progettazione meccanica
è diventato molto più abbordabile che in passato.
Non sono più necessari grandi investimenti in infrastruttura hardware, al giorno
d’oggi basta un normale PC Windows per far girare in pochi minuti anche analisi
molto complesse.
Le nuove interfacce grafiche 3D rendono il flusso di lavoro dell’analisi FEM
sufficientemente snello e alla portata di tutti.
Infine formule di licenza come l’abbonamento mensile permettono di accedere a
software professionale a costi veramente contenuti, garantendo la flessibilità di
attivare il programma soltanto quando serve.
Come vedi, non ci vuole affatto un grande investimento per mettere in piedi una
stazione di lavoro professionale per la modellazione FEM!

Riassumendo…
Abbiamo visto come siano presenti svariati ostacoli che si frappongono tra noi e
l’obiettivo che ci siamo dati, l’utilizzo efficace del software FEM. Per riuscire a
superarli, la maniera migliore è quella di trovare la risposta a una serie di domande.
Adesso andiamo a vedere cosa dicono alcune persone che hanno rimosso questi
ostacoli e hanno adottato l’analisi FEM nella propria azienda.

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Casi di Successo
Negli ultimi 20 anni ho visto molte aziende usare l’analisi FEM per il modo in con cui
viene concepito e realizzato il prodotto, trasformando il proprio business in maniera
significativa. In questo capitolo ho riportato alcune storie che ho trovato
particolarmente interessanti.

Solar Impulse 2

Figura 6- Modello agli elementi finiti del Solar Impulse 2 – Cortesia di Solar Impulse

Solar Impulse è un progetto aeronautico a energia solare condotto dall’aeronauta


svizzero Bertrand Piccard (figlio di Jacques Piccard, il primo uomo a scendere sul
fondo della Fossa delle Marianne, impresa compiuta a bordo del batiscafo Trieste),
che ha co-pilotato il primo pallone per girare il mondo senza sosta, e l'ingegnere e
imprenditore svizzero André Borschberg. L'obiettivo del progetto è quello di
circumnavigare la terra in un velivolo ad ala fissa che utilizza solo energia solare. La
circumnavigazione, un viaggio di 35.000 km e 500 ore di volo, è stata eseguita da
Solar Impulse 2 a cavallo del 2015 e del 2016, partendo da e tornando ad Abu
Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti. Il volo, eseguito su rotta all’incirca equatoriale, si è
svolto prevalentemente nell’emisfero settentrionale ed ha toccato paesi quali India,
Cina, Giappone, Stati Uniti, Spagna, Egitto. Il Solar Impulse 2 è in grado di
accumulare energia per poter eseguire il volo notturno e quindi poter viaggiare
senza sosta per più giorni. Per questo motivo al Solar Impulse 2 è stata data
un'apertura alare lunga quasi 72 metri; leggermente inferiore a quella del più
grande aereo passeggeri del mondo, l'Airbus A380. Uno degli aspetti più notevoli
del Solar Impulse 2 è il fatto che, anche con un'apertura alare massiccia e tutte le
batterie necessarie, pesa poco più di un'automobile media (2300 kg). Ovviamente,
la riduzione al minimo del peso è stata una delle sfide progettuali più critiche.
"L'aereo ha bisogno di un sacco di batterie e le batterie sono pesanti", spiega Geri

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Piller, responsabile dell'analisi strutturale presso Solar Impulse. "Inoltre l'aereo riceve
solo una piccola quantità di energia dalle celle solari, quindi deve essere davvero
leggero."

Leggerezza e Resistenza
Un esempio concreto del valore dell'utilizzo dell’analisi ad elementi finiti su questo
progetto è dato dalla cabina di pilotaggio dell'aereo, dove la simulazione ha avuto
un ruolo nel ridurre al minimo il peso. Il cockpit monoposto dell'aereo che ha volato
in tutto il mondo è minuscolo (circa 3,8 metri cubi), ma in realtà è tre volte più
grande della cabina di guida del primo aereo Solar Impulse. In effetti, il nuovo
cockpit è molto più spazioso rispetto al precedente che il sito Web Solar Impulse
afferma scherzosamente che l'azienda ha "aggiornato il pilota alla business class".
Sebbene la nuova cabina di guida sia tre volte più grande, pesa solo il 50% in più
dell’originale (60 kg per la nuova cabina di guida contro 42 kg per l'originale).
Usando l’analisi FEM su questo progetto, Piller e i suoi colleghi sono stati in grado di
determinare rapidamente il modo migliore per ridurre al minimo il peso dell'aereo,
continuando a rispettare i rigorosi requisiti di sicurezza richiesti da un'avventura
intorno al mondo.

Cometal Engineering
Il focus della Cometal Engineering è la progettazione e costruzione di impianti per
l’estrusione, la fusione e il trattamento dell’alluminio, la preparazione di billette e la
rifusione di scarti di estrusione. Il suo ufficio tecnico è il fulcro dell’innovazione
aziendale, costantemente alla ricerca di tecnologie adatte a ricalcolare prodotti
sempre più grandi e pesanti. Ad esempio gli impianti per la produzione di barre e
prodotti pieni che devono essere in grado di gestire pesi lineari molto più elevati
rispetto ai profili. Per questi macchinari è necessario calcolare con grande
precisione e affidabilità l’aumento degli sforzi sulle varie componenti, con un’analisi
il più possibile accurata per garantire la massima sicurezza da un lato, e ottimizzare
i pesi e l’utilizzo di materiali costosi dall’altro.
La progettazione riveste un ruolo chiave per la struttura italiana di Cometal
Engineering, chiamata a gestire lunghe trattative con la clientela per definire il
layout dell’impianto, la fattibilità delle caratteristiche e delle capacità richieste.
Nella fase di pre-studio (che può durare anche più di un anno) i progettisti
formulano varie ipotesi ed effettuano numerose simulazioni. “Fino a un paio di anni
fa, i progettisti del nostro ufficio calcolavano sforzi e carichi con un tipico processo
manuale basato su semplici fogli elettronici,” racconta l’ing. Carmine Serio,
Technical Department. “L’analisi viene effettuata sugli sforzi per stabilire la resistenza
delle strutture, oppure sulle presse che sono caratterizzate da sforzi elevati sui quali
i pesi hanno un impatto importante.”

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Figura 7 – Modello FEM cortesia di Cometal Engineering

Nei casi più particolari e complessi, servivano però funzionalità di analisi e


simulazione più avanzate rispetto a quelle offerte dai fogli elettronici o dal software
CAD 3D utilizzato. Per questo motivo, Albertoni e il suo team hanno scelto di puntare
su strumenti di calcolo strutturale specifici. A conferma dell’importanza attribuita a
questi tool, contestualmente all’adozione di un software FEM professionale si è
aggiunto al team un nuovo addetto dedicato all’analisi strutturale.

Attese confermate
Sono diversi gli utilizzi del software FEM, dal classico studio di miglioramenti e
modifiche per i punti critici della struttura, alle deformazioni, che devono rispettare
i limiti richiesti dal cliente. Cometal Engineering effettua anche molte simulazioni
termiche, definendo il profilo di temperatura in determinate condizioni di esercizio
e applicando poi i carichi operativi: il software di analisi effettua tutti i calcoli
necessari in base alle temperature impostate, senza cambiare ambiente di lavoro.
“Possiamo svolgere anche analisi nel transitorio,” dice Marcello Copetta,
l’ingegnere che si occupa delle analisi FEM. “Quando si inserisce un pezzo in un
forno, se il riscaldamento non è omogeneo e si genera una concentrazione degli
sforzi. Il software FEM mostra le aree dove il delta è maggiore e indica se le
condizioni worst-case, il caso peggiore, possono arrivare a compromettere la vita
della struttura. Sui nostri impianti si raggiungono temperature di 550 gradi, pertanto
le sollecitazioni termiche sui materiali sono notevoli.”
“L’analisi FEM contribuisce alla compressione del nostro ciclo di sviluppo,” conferma
Carmine Serio, “aiutandoci a rispettare i tempi di attraversamento sempre più stretti
delle commesse. Un ulteriore vantaggio è l’ottimizzazione del progetto in termini
economici; mentre in passato ci si poteva permettere di progettare con ampi
margini e sovradimensionamenti, oggi bisogna centellinare tutti i pesi e i materiali
per abbattere i costi; è dunque fondamentale l’apporto di strumenti avanzati di

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modellazione FEM per una progettazione molto più raffinata e precisa. Infine,
avendo a disposizione un unico strumento per l’analisi termica e strutturale,
possiamo evitare o comunque ridurre drasticamente le prove sulla macchina
installata.”

Duraldur
Da oltre sessant’anni protagonisti della motoristica mondiale. Si può sintetizzare così
la storia di Duraldur, azienda di Desenzano del Garda fondata nel 1951 da Cesare
Palvarini e ancora oggi gestita dalla terza generazione della famiglia. Da sempre
specializzata nella produzione di pistoni fusi e stampati per tutti i tipi di motore e di
cilindri alettati e canne centrifugate per motori a combustione interna, Duraldur
unisce tecnologie avanzate e moderne, alta precisione delle lavorazioni, continua
ricerca di innovazione e grande flessibilità produttiva per rispondere alle richieste di
un’utenza qualificata ed estremamente differenziata. Grazie a questo approccio,
l’azienda fornisce prodotti di alto livello ai più grandi costruttori mondiali di motori,
dalle macchine agricole alle automobili, fino alle scuderie di Formula 1, con un
parco clienti che comprende nomi di prestigio quali Audi, BMW, Bugatti,
Lamborghini, Lombardini, Opel, Peugeot, Same Trattori e altri ancora.

Figura 8- Tensione di von Mises sul pistone – Cortesia di Duraldur

Andrea Negrisolo, ingegnere meccanico dell’ufficio tecnico di Duraldur, illustra le


modalità con le quali l’azienda sviluppa i propri progetti. “Il progetto parte da un
incontro con il cliente per definire le caratteristiche principali del pistone sulla base
delle specifiche del motore. Dal cliente raccogliamo tutte le informazioni possibili
sia sul motore, sia sul pistone. È infatti il cliente che fornisce dati fondamentali, quali
alesaggio ed altezza di compressione oltre ad inviare informazioni relative alla
biella, allo spinotto ed in certi casi alla canna/cilindro ed ai segmenti. Per quanto
riguarda il motore, è importante per noi conoscere le caratteristiche principali, quali
ad esempio numero di cilindri, cilindrata, corsa del pistone, potenza nominale,
massima coppia, pressione massima... Infine, il cliente, oltre a quanto già detto,
fornisce per i motori ad iniezione diretta il disegno della camera di combustione ed

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il relativo posizionamento sulla testa del pistone.” Con tutti questi dati, i progettisti di
Duraldur elaborano i grafici di pressione e temperatura ed analizzano tutte le
componenti in gioco durante il funzionamento del motore. “Se i risultati sono
verosimili rispetto ai calcoli forniti dal cliente o a calcoli similari già studiati, ricaviamo
i parametri necessari a condurre un’analisi accurata all’interno di del software FEM.”
spiega Negrisolo. “Questi dati servono a risolvere inizialmente il problema di tipo
termico, successivamente di tipo meccanico ed infine problemi dovuti alla
combinazione di entrambi i fenomeni”.

Prototipo virtuale
L’analisi FEM offre un contributo fondamentale per definire nel modo migliore la
validità del progetto del pistone e per elaborare il profilo del pistone, condizione
essenziale per evitare grippaggi nei primi test sul motore. “Con tutti i dati ricavati dal
modello FEM, siamo in grado di stabilire se il progetto iniziale del pistone abbia
bisogno di particolari modifiche o meno. In questo secondo caso, il passo
successivo è realizzare le prime fusioni e le seguenti lavorazioni meccaniche
ottenendo il pistone da mettere in test”, spiega Negrisolo. “Attualmente le prove
sono sempre più gravose per individuare possibili criticità: prove con forte shock
termico, prove con giochi molto piccoli, prove con giochi che enfatizzano i
consumi. Se in tutti questi casi il pistone si dimostra all’altezza, il progetto procede,
altrimenti si interviene con le modifiche necessarie. In passato si partiva da un
pistone esistente e si procedeva per gradi, oggi nessuno ha il tempo né le risorse
economiche per fare molte prove. Quando il pistone grippa, bisogna buttare tutto
il cilindro e, in alcuni casi, anche il basamento del motore, con costi insostenibili.
Grazie all’analisi FEM, invece, questo rischio viene ridotto al minimo perché
riusciamo ad arrivare molto più vicini al risultato finale. Il software si è dimostrato
fondamentale per superare la prima prova senza grippare ed in fase di prova di
durata per evitare rotture.”

La mia storia
Quelle che abbiamo appena visto sono solo 3 delle innumerevoli situazioni che ho
incontrato negli ultimi 20 anni che ho dedicato all’analisi ad elementi finiti. Il mio
percorso però è cominciato molto prima.
Ho iniziato la mia avventura nel mondo dell’analisi FEM come molti altri progettisti.
Quando ero ancora uno studente fuori corso di Ingegneria Meccanica trovai un
lavoro come progettista meccanico in un ufficio tecnico della mia città.
In quell’ambiente mi sono confrontato per la prima volta con i problemi pratici
legati al dimensionamento degli organi meccanici. Quello studio aveva da poco
abbandonato il tecnigrafo a favore dei CAD 2D. I primi modellatori 3D giravano
ancora su workstation Unix, ma stavano arrivando le prime versioni per PC Windows.
È in quell’ambiente, lavorando a fianco con progettisti di esperienza decennale,
che ho capito come l’utilizzo della simulazione, in abbinamento alla modellazione

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3D, avrebbe potuto aiutare i miei colleghi a innovare il prodotto e a individuare i
problemi in maniera precoce.
Quando mi sono avvicinato per la prima volta all’analisi FEM avevo la testa piena
di concetti “scolastici” appresi all’Università. Ricordo ancora il mio primo modello
FEM, realizzato al corso di Disegno Assistito al Calcolatore: la verifica statica
dell’albero di una pompa a pistoni assiali. E’ stato lì che, durante notti insonni a
cercare di far convergere il calcolo, ho capito che la modellazione FEM è costituita
da strategie e tattiche, che devono adattarsi al contesto nelle quali si sta lavorando.
Devi avere ben chiaro il tuo punto di arrivo, per scegliere il percorso migliore per
raggiungerlo (la mappa).
Ricordo ancora il mio primo lavoro da libero professionista. Si trattava del rullo di una
macchina per il finissaggio tessile. Il rullo era montato con una eccentricità rispetto
all’asse di rotazione. In breve, alle velocità di funzionamento del dispositivo, l’intera
macchina cominciava a vibrare. Utilizzando la versione di prova di Femap, con un
modello a beam e shell da meno di 300 nodi, sono riuscito a replicare il problema,
individuare la causa della vibrazione e a proporre un retrofit della macchina
esistente semplicemente cambiando il tipo di cuscinetto su cui era montato il rullo.
Il prototipo del nuovo assieme formato da asse e rullo è stato testato al banco di
equilibratura ad una velocità del 150% rispetto a quella nominale, senza mostrare
alcuna vibrazione… al costo di un cuscinetto volvente! È stato lì che ho toccato con
mano come l’analisi FEM, possa realmente aiutare il progettista a valutare
rapidamente più opzioni progettuali per effettuare le scelte migliori.
Ma soprattutto, che i vantaggi maggiori forniti della simulazione si hanno adottando
l’analisi FEM fino dalle scelte preliminari, in quanto è fondamentale per identificare
ed evitare subito gli errori progettuali.
Da quando, insieme ai miei soci, ho fondato la SmartCAE (era il lontano 2002), siamo
stati coinvolti in oltre 1000 progetti per più di 200 clienti. Sono molti i casi in cui siamo
stati contattati da aziende con il “malato sul lettino”, una macchina che
manifestava delle vibrazioni durante il funzionamento, un dispositivo che era troppo
poco rigido rispetto alle richieste del committente, in pratica un prodotto che non
funzionava come avrebbe dovuto. In tutti questi casi siamo riusciti a intervenire e,
attraverso la simulazione, abbiamo proposto delle soluzioni in grado di tamponare
l’emergenza.
In queste situazioni, però, abbiamo dovuto muoverci all’interno di uno spazio di
progetto molto limitato: le dimensioni della macchina sono quelle e non è possibile
modificarle, le interfacce tra i componenti sono state fissate e non possono essere
cambiate, i componenti di commercio sono stati già acquistati e non possono
essere restituiti… Anche senza una bacchetta magica, nella maggior parte dei casi
siamo riusciti a dare il nostro contributo.
Quello che mi sorprende, in tutti questi casi, è come il cliente ci abbia interpellato
“dopo” aver realizzato il prodotto, quando si è manifestato il problema. Quello che
mi sorprende ancora di più è di come queste aziende non si rendessero conto di
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quanti soldi e quanto tempo avrebbero rispariamo se avessero utilizzato l’analisi FEM
“prima” di realizzare il prodotto!
Parlando con questi clienti, mi sono reso conto che ci sono ancora dei preconcetti,
dei “falsi miti” che circondano il mondo della simulazione agli elementi finiti. E, infatti,
il prossimo passo che compiremo insieme sarà proprio quello di sfatare questi falsi
miti.

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Miti e Leggende
Ogni volta che affrontiamo l’apprendimento di una nuova competenza c’è il rischio
di imbattersi in “verità” apparentemente solide che precludono il successo del
processo. Nella maggior parte dei casi non si tratta di fatti accertati ma di falsi miti
che limitano la nostra capacità di acquisire nuovi skill.
Secondo la mia esperienza l’analisi FEM è circondata da 3 di questi falsi miti:
• Delegare Vs imparare
• Tempo
• FEM integrato

Delegare Vs imparare
“Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno.
Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita.”
(Proverbio cinese)
Il primo falso mito riguarda le consulenze: è meglio delegare a un consulente
esterno l’esecuzione delle analisi FEM piuttosto che sviluppare internamente le
competenze per farle.
Una delle dicotomie delle aziende manifatturiere è il famigerato “make or buy”,
ovvero decidere se acquisire internamente un determinato know-how, oppure
delegare sistematicamente all’esterno specifiche attività. Le simulazioni CAE in
generale e le analisi FEM in particolare rientrano in questo tipo di servizio che può
essere acquistato da fornitori esterni… lo dico per esperienza diretta in quanto
buona parte del fatturato della nostra azienda deriva proprio da analisi FEM svolta
“conto terzi”!
Un aspetto che ogni azienda non dovrebbe sottovalutare è la propria competenza
sul prodotto e sul processo per realizzarlo. Questo è il fattore chiave che
contraddistingue l’azienda e la posiziona sul mercato. Maggiore è il know-how sul
prodotto e sul processo, migliori sono le chance di successo in un mercato sempre
più competitivo.
L’analisi FEM pertanto è uno strumento che, se messo nelle mani del progettista, può
aiutare ad accrescere il know-how e realizzare prodotti migliori, e più economici. È
vero che è sempre possibile delegare a consulenti esterni l’esecuzione delle analisi
FEM, ma questo talvolta può essere un processo inefficiente (oltre che costoso). Chi
meglio del progettista conosce il funzionamento del prodotto? Chi meglio
dell’azienda che lo produce ne conosce i vincoli tecnologici?
Questo non vuol dire che la consulenza sia una cosa sbagliata a prescindere,
tutt’altro! Quello che sto dicendo è che ritengo importante per ogni azienda essere
in grado di comprendere al massimo livello il comportamento del proprio prodotto,
per intervenire tempestivamente sul progetto in base ai feedback che si ottengono

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dalle simulazioni. In un mondo ideale, progettista e analista FEM lavorano fianco a
fianco (in alcuni casi potrebbero essere addirittura la stessa persona).
Secondo la mia esperienza l’utilizzo sinergico di un software FEM in azienda (per il
lavoro di routine, su modelli standard e analisi codificate) abbinato alla consulenza
di un esperto (per la risoluzione di problemi più avanzati che richiedono maggiori
competenze specifiche in ambito simulazione) risulta essere l’investimento migliore.

Tempo
I due guerrieri più potenti sono la pazienza e il tempo
(Lev Nikolayevich Tolstoy)
Il secondo mito da sfatare riguarda il tempo: realizzare i modelli FEM richiede troppo
tempo, faccio prima a provare sul prototipo.
Anche in questo caso, ci sono contesti in cui la realizzazione di un prototipo richiede
tempi e costi modesti, per cui un approccio “trial & error” risulta economicamente
la strada migliore… almeno in apparenza. In realtà quello che succede nella
maggior parte dei casi è di riuscire a risolvere un problema in qualche iterazione,
ma senza aver capito il “perché” tale problema si sia manifestato, tantomeno
“come” la soluzione risulti efficace. Pertanto, quando si manifesterà un nuovo
problema, ricomincerà una nuova giostra di tentativi.
Con l’analisi ad elementi finiti, il progettista è in grado di a capire sia il “perché” del
problema che il “come” della soluzione. Ancora una volta, l’analisi FEM gioca un
ruolo fondamentale nel consolidamento del know-how aziendale.
Come per la maggior parte delle attività, la modellazione FEM è un processo
iterativo: più modelli produci, migliori sono i risultati che ottieni e in minor tempo. Una
volta definito il tipo di problema che desideri affrontare e il tipo di risultato che è
necessario per la sua comprensione, è possibile velocizzare il processo.
Da una parte l’utilizzatore del software FEM può definire delle procedure codificate
che permettano di rendere standardizzabile e ripetibile l’analisi. Questo è
importante soprattutto per eseguire confronti tra prodotti analoghi e simulazioni
eseguite in tempi diversi da utenti diversi.
Dall’altra parte ci sono porzioni del flusso di modellazione che possono essere
automatizzate, liberando l’operatore dall’esecuzione di comandi ripetitivi e
riducendo quindi il tempo di modellazione e di interpretazione dei risultati.
Personalmente cerco sempre di adattare la strategia di modellazione al progetto
su cui sto lavorando, provando a bilanciare la mesh automatica (sicuramente più
rapida ma che porta a modelli più grandi) con la modellazione manuale (che
richiede più tempo ma produce modelli più leggeri e di migliore qualità).

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Pertanto si può dire che il tempo di realizzazione del modello è sempre sotto il diretto
controllo dell’analista. Giusto per dare delle indicazioni, la generazione del modello
di un piccolo assieme potrebbe richiedere da pochi minuti (usando gli automatismi)
a qualche ora (usando i comandi manuali).
Il bello dell’analisi FEM è che mette a disposizione dell’utilizzatore una varietà di
elementi (piastra, solido, trave, molla, …) che gli permettono un’ampia libertà di
manovra per schematizzare nella maniera più appropriata qualsiasi sistema
meccanico.

FEM integrato
“La strada raggiunge ogni luogo, la scorciatoia uno solo.”
(James Richardson)
Il terzo falso mito è legato al tipo di strumento: il FEM integrato nel CAD è l’opzione
migliore.
Superficialmente, si è portati a ritenere che l’ambiente di analisi integrato nel CAD
sia la scelta migliore. Quello che promettono è la semplicità di apprendimento, la
rapidità nel passaggio dei dati da CAD a FEM e l’associatività tra geometria e
modello.
Nella mia esperienza (ma anche quella di buona parte dei miei clienti) posso
serenamente dirti che il software FEM integrato nel CAD non è affatto così semplice,
rapido e associativo come vorrebbero farti pensare!
I software integrati soffrono di due grosse limitazioni che precludono l’esecuzione di
analisi FEM professionali: la semplificazione della geometria e l’idealizzazione del
modello.
Per semplificazione (nota anche come “defeaturing”) si intende la rimozione di tutti
i dettagli della geometria che non sono funzionali per l’analisi. Tipicamente si tratta
di piccoli smussi, raccordi, fori. Quante volte ti è capitato di sopprimere una funzione
nell’albero del modello e veder corrompersi la definizione di un’altra parte della
geometria? La soluzione che molti utilizzatori adottano è quella di esportare il
modello CAD in un formato neutro, per poi reimportarlo senza la storia, e da lì
effettuare il defeaturing… in altre parole sono costretti a rinunciare all’associatività
per eseguire le analisi!
Per spiegare l’idealizzazione del modello, utilizziamo un esempio pratico molto
diffuso: i particolari realizzati mediante lamiere piegate e saldate. Per rappresentare
correttamente questi componenti esistono degli elementi finiti specializzati che
prendono il nome di “shell”, in grado simulare il comportamento delle piastre con
pochi elementi. Un buon strumento di modellazione FEM permette l’estrazione del
piano medio dei solidi in piccolo spessore, per aiutare la modellazione con elementi
shell. La maggior parte dei software FEM integrati invece offrono soltanto la

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possibilità di riempire i volumi con elementi solidi, generando pertanto modelli molto
pesanti da far girare e dai risultati discutibili.

Figura 9 – Modellazione a Shell di un corpo di piccolo spessore

Nell’immagine è rappresentata una staffa metallica alleggerita. La migliore


rappresentazione agli elementi finiti è attraverso elementi di tipo shell che, in questo
contesto, forniscono un livello di accuratezza superiore rispetto ai solidi.
Pertanto, il mio consiglio è quello di utilizzare un applicativo esterno al CAD, che sia
in grado di leggere la geometria creata con il tuo CAD, ma che offra anche tutti gli
strumenti necessari per creare un modello FEM di qualità utilizzando il livello di
semplificazione e di idealizzazione necessario per l’analisi del tuo prodotto.

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Il flusso di lavoro dell’analisi FEM
Se sei arrivato fino a qui, probabilmente hai capito che l’utilizzo dell’analisi FEM nel
corso della progettazione produce numerosi vantaggi, e che si tratta di una
disciplina realmente alla tua portata.
Il prossimo passo è vedere come è strutturato il flusso di lavoro dell’analisi FEM e
dove nascono dei veri e propri colli di bottiglia che possono inficiare i vantaggi di
questa tecnologia.

Figura 10 – Il processo dell’analisi FEM.

Tipicamente il processo della simulazione comincia con la geometria del modello


creata con un sistema CAD, e che potrebbe contenere dettagli non importanti per
l’analisi strutturale. Perciò il primo passo è quello del trattamento della geometria,
per renderla idonea all’analisi. Questa fase prende il nome di preparazione della
geometria.
Il passo successivo è quello della creazione del modello discreto
• si crea la mesh, ovvero la griglia di nodi ed elementi;
• si definisce il materiale delle varie parti;
• si specifica come sono collegate tra di loro;
• e si applicano i carichi e i vincoli.

Questa fase è la modellazione FEM vera e propria in cui devi definire tutti gli aspetti
del caso di studio che vuoi analizzare.
Una volta che il modello è pronto per essere analizzato, si esegue la vera e propria
soluzione del problema. Il modello viene passato a un applicativo (il solutore o
solver) che interpreta le informazioni, esegue i calcoli che hai richiesto e ne scrive i
risultati in un file di output.

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La fase finale è quella della comprensione dei risultati. A questo punto sei in grado
di interpretare i risultati per valutare le prestazioni del prodotto. È questo il momento
in cui prendi le decisioni su dove è necessario andare a irrobustire o viceversa dove
alleggerire per risparmiare sul materiale.
Quindi, ad esclusione della fase della soluzione che viene sostanzialmente gestita
da una “scatola nera” (il solutore) tutto questo flusso di dati viene comunemente
eseguito con degli applicativi grafici interattivi che permettono di gestire in 3D tutte
le fasi della modellazione e dell’analisi.
Le 3 fasi dell’analisi FEM che richiedono la maggiore interazione dell’operatore
sono:
Passo 1: Trattamento della geometria. Comprende tutte le operazioni che vanno
dalla lettura del dato CAD alla sua affinché sia possibile realizzarne un modello FEM
efficace e efficiente.
Passo 2: Modellazione FEM. Comprende tutte le operazioni tipiche che permettono
sia la generazione della mesh ad elementi finiti che l’assegnazione delle condizioni
al contorno (carichi e vincoli) per verificare il prodotto nelle condizioni di prova.
Passo 3: Interpretazione dei risultati. È la fase più pregiata, quella in cui si analizzano
i risultati e si prendono le decisioni migliori per il progetto.

Passo 1: Trattamento della geometria


Il processo della simulazione comincia solitamente con la geometria del modello
che è stata creata con un sistema CAD. Pertanto devi essere in grado di importare
questo dato nell’ambiente di analisi FEM e riuscire ad utilizzarlo per i tuoi scopi.
Questa fase, all’apparenza banale, presenta in realtà numerose insidie.

Figura 11 – Gli ostacoli che si incontrano nel passaggio dal CAD all’ambiente di modellazione FEM.

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Accesso al dato CAD: Se vuoi cominciare a creare il modello FEM partendo dal
CAD, allora devi essere in grado di leggere il file che contiene le informazioni 3D.
Qualsiasi limitazione nella lettura del dato CAD può causare problemi e ritardi.
Preparazione della geometria: Una volta che sei riuscito a leggere con successo la
geometria CAD nel tuo ambiente di simulazione, è molto probabile che sia
necessario fare uno sforzo per ripulire la geometria al fine di renderla adatta alla
modellazione FEM. Se non sei in grado di trovare i problemi sulla geometria e di
risolverli potresti incorrere in rallentamenti e ritardi nella generazione della mesh e di
tutto il resto del flusso che viene dopo.
Idealizzazione del modello: Spesso il modello solido CAD non può essere utilizzato
così com’è per rappresentare adeguatamente con gli elementi finiti il tuo prodotto.
In questi casi occorre effettuare un lavoro di “idealizzazione”, ovvero usare una
schematizzazione semplificata, (ma al tempo stesso accurata) per modellare
piastre, travi, viti, cuscinetti e altri organi meccanici. Queste operazioni dipendono
molto dalla tua sensibilità e possono fare la differenza in termini di velocità di analisi
e precisione dei risultati.

Accesso al dato CAD


Cominciamo con il primo dei tre ostacoli che abbiamo identificato, quello
dell’accesso al dado CAD, e fermiamoci a considerare alcune delle sue
implicazioni.
L’accesso alla geometria è un tema molto sentito nell’industria in quanto la maggior
parte delle aziende manifatturiere che utilizzano i software di simulazione lavorano
con più di un sistema di modellazione CAD. Infatti, secondo l’Aberdeen Group,
l’82% delle aziende intervistate utilizza addirittura più di 3 sistemi CAD diversi. Questo
è ancora più rilevante per i terzisti, che hanno l’esigenza di essere compatibili con il
sistema CAD del cliente.
Il principale trabocchetto in cui corri il rischio di cadere nell’importazione della
geometria è quello di ostinarti a voler leggere quel particolare formato CAD che ti
hanno fornito. Ogni software CAD utilizza infatti un suo particolare formato binario.
Oltre a questo, da una versione del medesimo CAD a quella successiva possono
cambiare delle cose su come sono strutturati i dati all’interno del file. Per questo
motivo può essere complicato riuscire a leggere i file nativi sempre e comunque.
Fortunatamente vengono in tuo aiuto i formati di scambio neutro come lo Step o il
Parasolid. In particolare ti suggerisco di considerare il formato Step in quanto è uno
standard ISO al quale tutti i modellatori CAD e FEM devono garantire la
compatibilità sia in scrittura che in lettura. Il formato Step permette lo scambio di
dati geometrici completi come curve, superfici e volumi, ma anche la struttura
gerarchica degli assiemi. Negli anni il formato Step si è dimostrato quello più robusto
e affidabile con cui passare la geometria per la modellazione FEM.

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Pertanto se il tuo modellatore FEM non è in grado di leggere i file nativi del CAD,
puoi sempre utilizzare il formato Step. È sufficiente che tu chieda al collega o al
cliente di esportare l’assieme come Step e il problema è risolto.

Preparazione della geometria.


In generale, il modello CAD contiene più informazioni di quante siano
effettivamente necessarie per creare un modello di simulazione. Di solito contiene
dettagli come raccordi, smussi e fori che, in molti casi, sono troppo piccoli per avete
significato nel modello analitico. Se questi dettagli non vengono rimossi dal modello
corri il rischio di generare modelli FE eccessivamente grandi, in termini di nodi ed
elementi.
Oltre ai dettagli geometrici piccoli, il modello CAD può anche contenere entità
problematiche che possono impedire la generazione della mesh agli elementi finiti.
Sto parlando di superfici di piccola dimensione (che in gergo vengono chiamati
“slivers”), oppure di curve spezzate concatenate, che possono condizionare il
mesher e portare alla creazione di elementi distorti, se non vengono presi opportuni
provvedimenti.

Operazioni tipiche per il trattamento della geometria


Che operazioni devi eseguire sulla geometria per renderla idonea alla modellazione
FEM? Tipicamente si tratta di azioni che consentono la semplificazione e
l’approssimazione della geometria attraverso comandi automatici o manuali.
Ovviamente devi sempre prestare la massima attenzione per non correre il rischio
di semplificare troppo la geometria o di perdere dettagli vitali. La mancata
semplificazione e rimozione delle “feature” non necessarie può portare alla
generazione di modelli che contengono troppo dettaglio e che rendono lenta
l’analisi e problematica l’interpretazione dei risultati.

Correzione della geometria problematica


Per quanto riguarda la geometria da correggere per prima cosa devi identificare e
rimuovere le zone problematiche. La mancata eliminazione della geometria
problematica da una parte può portare a modelli molto grandi, dall’altra è la prima
causa di elementi distorti, la cui presenza può influenzare negativamente
l’accuratezza dei risultati.

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Figura 12 – A sinistra: alcuni dei difetti più comuni che si incontrano sulla geometria. A destra: le
operazioni che permettono di correggere e approssimare la geometria

Abbiamo già detto che la geometria problematica (slivers, gap, bordi delle
superfici troppo corti) è uno degli ostacoli principali che devono essere superati
nella creazione di un modello a elementi finiti. Riuscire a trovare queste zone non è
banale, pertanto esistono comandi di localizzazione che aiutano molto il lavoro
dell’analista.

Rimozione dei dettagli superflui


Un altro aspetto importante della gestione della geometria è la rimozione dei
dettagli non necessari per l’analisi, come forellini, raccordi e smussi. È importante
avere le idee chiare su cosa devi mantenere e cosa puoi eliminare.
Occorre fare molta attenzione ai comandi automatici che rimuovono in un colpo
tutti i dettagli al di sotto di una certa dimensione, se non vuoi perdere per strada
porzioni di geometria che sono significativi per la tua verifica.

Inserimento di dettagli di raffinamento


Se da una parte è desiderabile semplificare e approssimare la geometria il più
possibile rimuovendo i dettagli locali, dall’altra parte ci sono situazioni in cui puoi
desiderare “aggiungere” nuovi dettagli per guidare la generazione della mesh e
controllare la qualità degli elementi. Questo viene fatto prevalentemente nelle
zone in prossimità di intensificazioni di stress (fori, spigoli, …). Aggiungere dettaglio
permette di catturare con accuratezza l’andamento degli stress in queste zone.

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Figura 13 – L’analista deve riuscire a controllare la forma della mesh nei punti in cui si aspetta
concentrazioni di stress.

Gli strumenti che si utilizzano a questo scopo sono:


• Comandi di suddivisione, che permettono di dividere superfici estese in
porzioni più piccole, per allineare la geometria e creare superfici che possano
essere mappate con una mesh regolare a quadrilateri.

• Comandi di offset delle curve, per creare mesh mappabili intorno a


geometrie complesse con perimetro generico.

• Washer, è una superficie ad anello utilizzata per creare mesh mappata


intorno ai fori circolari, che sono tipicamente zone di concentrazione delle
sollecitazioni e in cui di solito si desidera una mesh regolare.

• Pad, è una superficie quadrangolare che spezza la superficie intorno al foro


in quattro regioni mappabili.

Idealizzazione del modello


Uno dei punti di forza dell’analisi FEM strutturale è quello di mettere a tua
disposizione una libreria di elementi specializzati per la gestione di alcune situazioni
che si manifestano molto spesso nella progettazione meccanica. Sto parlando, ad
esempio, degli elementi Shell che vengono utilizzati per schematizzare le piastre,
oppure degli elementi Beam usati per modellare le travi.
In numerosi casi, la mesh realizzata automaticamente con gli elementi solidi non
dovrebbe essere utilizzata per modellare piastre e travi, a meno di correre il rischio
di generare modelli molto pesanti, che girano lentamente e che producono file di
risultati enormi e difficili da gestire.
Inoltre, le analisi più avanzate, quali la risposta dinamica e il calcolo non lineare,
non solo richiedono più risorse numeriche per funzionare, ma utilizzano anche un
approccio iterativo, ovvero richiedono l’esecuzione di una sequenza di più soluzioni

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prima di generare i risultati. In questi casi un modello con pochi nodi ed elementi è
da preferire.
Per questo motivo in ambito strutturale si fa spesso utilizzo di elementi 2D (come le
Shell) 1D (come le Beam o molle), o addirittura 0D (come masse e inerzie
concentrate) che richiedono per contro una rappresentazione “idealizzata” (o
astratta) della geometria 3D importata dal CAD.

Modellazione con elementi Shell


L’estrazione della superficie media è l’idealizzazione che permette di gestire i corpi
solidi in piccolo spessore come le lamiere. Questo tipo di geometria è difficile da
modellare accuratamente se si utilizzano gli elementi solidi: infatti corri il rischio di
creare modelli enormi e ingestibili. Pertanto la strategia di modellazione migliore per
questo tipo di geometria è attraverso gli elementi Shell.
L’estrazione del piano medio (mid-plane), o superficie media (mid-surface) che dir
si voglia, fa esattamente questo: la superficie media del solido in piccolo spessore
viene estratta partendo dalla rappresentazione 3D del volume, per consentire la
creazione della mesh con elementi piastra. In questo modo il modello permette una
rappresentazione accurata del comportamento strutturale grazie agli elementi 2D,
ma richiedendo un budget limitato di nodi ed elementi, decisamente inferiore a un
modello di pari accuratezza realizzato con elementi solidi 3D.

Figura 14 – Alcuni esempi di estrazione del piano medio da geometrie complesse, con
assegnazione automatica di spessori ed offset agli elementi piastra.

L’estrazione della superficie media può essere eseguita con comandi automatici, o
manuali, gestendo anche solidi con spessore variabile.
Nei casi più fortunati il modellatore non solo è in grado di identificare
automaticamente il piano medio del solido, ma riesce anche ad assegnare da solo
le proprietà della piastra (spessore costante o variabile, offset, …) determinandolo

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direttamente dalla geometria originaria, eliminando così eventuali errori che
possono essere introdotti dall’assegnazione manuale.
Uno dei problemi che si incontrano con la modellazione dei piani medi è la gestione
delle intersezioni tra superfici. Se il modellatore non mette a disposizione comandi
dedicati, collegare tra di loro le varie superfici attraverso la ripetizione di comandi
di estensione (extend) e ritaglio (trim) può risultare un processo lungo e ripetitivo.
Ciò nonostante, il tempo speso per creare il modello a Shell verrà
abbondantemente ricompensato nelle successive fasi di analisi e visualizzazione dei
risultati.
Se non l’avessi ancora capito, sono un tenace sostenitore della modellazione con
gli elementi Shell. Ti mettono in condizione di creare modelli FEM che hanno una
marcia in più, specialmente in fase di impostazione e dimensionamento del
progetto… provare per credere!

Modellazione con elementi Beam


Un altro aspetto importante per quanto riguarda le capacità di idealizzazione della
geometria è la modellazione delle travi.
Analogamente a quanto è stato appena detto per le piastre, quando sono
verificate le ipotesi della teoria delle travi conviene decisamente fare un piccolo
sforzo di idealizzazione e utilizzare gli elementi Beam.
Per sforzo intendo essenzialmente due operazioni:
1. Disegnare gli assi delle travi nello spazio 3D. Qui non devi spaventarti: può
esserti di grande aiuto lo schizzo 3D che è stato utilizzato nel CAD per
modellare la struttura. Basta importare questa sequenza di punti e linee per
avere il layout della struttura. Se non hai a disposizione queste curve, puoi
sempre ricostruirle con pochi comandi partendo dalla geometria 3D dei
solidi.
2. Assegnare le proprietà d’inerzia della sezione della trave. Sia che si tratti di
travi dalla sezione standard o di forme particolari (es. estrusioni di alluminio)
puoi calcolare automaticamente queste caratteristiche dentro l’ambiente di
analisi FEM, usando la geometria della sezione della trave.

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Figura 15 – Gli elementi BEAM sono fondamentali per eseguire rapidamente la verifica di strutture
realizzate con travi e tubolari.

Come nel caso degli elementi Shell, anche gli elementi Beam sono estremamente
utili nella fase di dimensionamento, in quanto permettono il confronto di più ipotesi
progettuali semplicemente cambiando la sezione dei membri strutturali.
Nella fase dell’analisi dei risultati è anche possibile visualizzare i diagrammi delle
forze di taglio e del momento flettente lungo la trave, così come visualizzare la
mappa di stress attraverso la sezione.

Passo 2: Definizione del caso di studio


Una volta che la geometria è stata “addomesticata”, il passo successivo è quello
della modellazione FEM vera e propria. In questa fase viene creata la mesh, si
assegnano le condizioni al contorno e si arriva al modello FEM pronto per l’analisi.
Anche qui il percorso presenta varie insidie che possono rallentare il nostro lavoro,
provocando ritardi nella disponibilità dei risultati.

Figura 16 – Gli ostacoli più frequenti che si incontrano nel passaggio dalla geometria al modello
FEM pronto per essere analizzato.

Le principali cause di inefficienza nella fase di definizione del caso di studio:


Generazione della mesh. Durante la creazione del modello ad elementi finiti, è
necessario riuscire a controllare come viene generata la mesh, per garantire sia
l’accuratezza dell’analisi che l’efficienza del calcolo. Senza questi controlli il
modello potrebbe richiedere molto tempo per l’analisi che essere di scarsa qualità.
Applicazione delle condizioni al contorno. La rappresentazione delle condizioni al
contorno è un altro aspetto importante, e costituisce un'altra area della creazione
del modello molto suscettibile ad errori. Se non vengono assegnate correttamente

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le condizioni al contorno si corre il rischio di introdurre informazioni inaccurate nella
simulazione.
Integrazione con il solutore. Dopo aver creato una buona mesh e aver impostato
correttamente le condizioni al contorno, facciamo affidamento sull’integrazione tra
modellatore e solutore per eseguire il calcolo. Se il modellatore supporta tutte le
opzioni del solutore che ti servono, è fatta! Puoi lanciare l’analisi e attendere la
generazione dei risultati. Ci sono però ancora oggi casi particolari che richiedono
la modifica manuale del file di lancio. Fortunatamente per te sono situazioni sempre
più sporadiche, ma quando si verificano bisogna sapere dove andare a mettere le
mani. Pertanto, quanto più è completa l’integrazione tra modellatore e solutore,
minori saranno i mal di testa che ti prenderanno al momento della simulazione.

Generazione della Mesh


La mesh determina il grado di discretizzazione, e la sua qualità e struttura hanno un
impatto diretto sia sull’accuratezza dei risultati finali che sull’efficienza della
simulazione.
Nella generazione di una mesh ad elementi finiti è importante creare elementi con
forma regolare: più sono distorti gli elementi, meno precisi saranno i risultati del
calcolo. Elementi con forma troppo irregolare possono addirittura impedire al
solutore il completamento dell’analisi. Localizzare gli elementi distorti nel modello
può essere complicato, e risolvere i problemi della mesh è un’operazione che
richiede tempo.
Il controllo del modello risulta quindi fondamentale e puoi risparmiare un sacco di
tempo se riesci a individuare e risolvere gli errori nella mesh prima di lanciare la
simulazione.
Nella maggior parte dei casi è sufficiente eseguire operazioni di meshatura
interattiva usando strumenti che aiutano a posizionare elementi con forma regolare
intorno alle zone di intensificazione delle sollecitazioni, con controlli di qualità della
geometria degli elementi da eseguire prima del calcolo.

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Figura 17 – Studio di convergenza della mesh di una piastra forata.

Riuscire a controllare la densità degli elementi intorno alle zone di concentrazione


degli stress, come il foro dell’esempio in Figura 17, ti permette di minimizzare la
dimensione del modello e quindi i tempi di calcolo, senza comprometterne
l’accuratezza. In questo semplice esempio puoi vedere una piastra rettangolare
con un foro, soggetta a uno stato di trazione. Facendo uno studio di convergenza
si può vedere come sia richiesta una mesh molto fine per ottenere dei risultati
ragionevolmente accurati. Senza l’utilizzo di un raffinamento locale il numero di nodi
e di elementi nel modello può crescere rapidamente e diventare molto pesante
per ottenere l’accuratezza desiderata. Viceversa, controllando la taglia degli
elementi e raffinandola soltanto dove serve, si può creare un modello accurato, ma
a un costo computazionale decisamente inferiore.

Workflow di meshatura

Figura 18 – Confronto tra il workflow seriale, tipico dei modellatori FEM tradizionali, e il workflow
interattivo implementato nei pre-processor di ultima generazione.

© 2018 SmartCAE srl I 3 Step dell’analisi FEM Pag. 34


Quello che può fare la differenza nel tuo lavoro quotidiano è il modo in cui è stato
implementato il flusso di meshatura nel software che utilizzi.
La maggior parte degli strumenti prevede un workflow seriale (o se preferisci
“sequenziale”): per prima cosa si eseguono le operazioni sulla geometria, si
assegnano i criteri di meshatura, si crea la griglia, si lancia l’analisi e si valutano i
risultati. Se al termine del processo non sei soddisfatto del risultato, c’è il rischio
concreto di dover cancellare buona parte della mesh (se non tutta!) e ripetere il
flusso dal principio. Questo modo di lavorare, benché efficace, non è affatto
efficiente.
Un approccio migliore è quello di utilizzare un workflow interattivo, che consente di
eseguire le fasi di modifica della geometria, definizione dei criteri di meshing,
creazione della mesh e la sua valutazione, in qualsiasi ordine. Se vengono fatte delle
modifiche alla geometria o ai parametri di meshing, la mesh viene aggiornata
automaticamente. Questo è un processo decisamente più efficiente che fornisce
molto più controllo sulla generazione della mesh.
Indipendentemente dall’approccio che utilizzi (workflow seriale o interattivo),
conviene sempre visualizzare gli indici di qualità della mesh attraverso delle mappe
colorate, per individuare eventuali difetti della mesh prima di lanciare l’analisi.

Congruenza del modello


Come dicevo, un aspetto importante del pre-processing è il checkout del modello
prima di passarlo al solutore.
Abbiamo accennato ai controlli per la distorsione degli elementi e altri controlli di
qualità che possono essere mostrati interattivamente durante il processo di
meshatura.

Figura 19 – Esempio di controllo visuale della qualità degli elementi shell. Gli elementi verdi
rispettano i criteri di qualità, mentre quelli rossi potrebbero necessitare una modifica per migliorarne
la forma.

Altri controlli utili per la creazione di mesh di buona qualità sono:

© 2018 SmartCAE srl I 3 Step dell’analisi FEM Pag. 35


• Verificare che non ci siano discontinuità nel modello, visualizzando i free edge
e le facce libere. Questi sono difetti che non possono essere verificati soltanto
dando un’occhiata al modello.

• Controllare la presenza di nodi coincidenti ed elementi sovrapposti che


possono essere un altro indicatore di discontinuità nella mesh.

• Verificare l’intensità dei carichi applicati attraverso la somma delle risultanti


(per carichi parziali o totali).

• Controllo della massa del sistema (parziale o totale).

Una volta completata la creazione della mesh e verificata la sua qualità, puoi
concentrarti sulle condizioni al contorno.

Applicazione delle condizioni al contorno


Un nuovo ostacolo che troviamo nel nostro percorso verso i risultati dell’analisi FEM
è rappresentato delle condizioni al contorno, ovvero dal modo in cui il modello
viene vincolato e caricato durante l’analisi.
Le condizioni al contorno tipicamente possono essere difficili da rappresentare
accuratamente e, contrariamente a quanto potresti essere portato a pensare,
questa è l’area della modellazione FEM potenzialmente più soggetta ad errore.
Con le condizioni al contorno la tua sfida è quella di riuscire a rappresentare il
comportamento dei carichi e dei vincoli che realmente gravano sul prodotto.

Collegamento tra le parti di un assieme

Figura 20 – Confronto tra incollaggio e contatto linearizzato nell’accoppiamento tra un perno e un


foro. L’incollaggio sottostima la tensione massima addirittura del 56%.

All’interno di un assieme meccanico, bisogna fare delle considerazioni sulla


maniera in cui i vari componenti interagiscono tra loro. La sfida che ci offre la
modellazione degli assiemi è quella di schematizzare nella maniera più giusta
l’interazione di ciascuna parte. Assunzioni incorrette su come i corpi entrano in
relazione tra di loro (incollaggio o contatto, ad esempio) influenza il trasferimento
delle forze tra le parti e può pertanto introdurre errori nei risultati.

© 2018 SmartCAE srl I 3 Step dell’analisi FEM Pag. 36


In Figura 20 è illustrato il caso del collegamento tra un perno e un foro. È evidente
come l’utilizzo del collegamento incollato, che rappresenta l’opzione più semplice
e immediata messa a tua disposizione dai software di analisi FEM, porti a
sottostimare l’effettivo stato di sollecitazione rispetto al modello nel quale è stato
schematizzato il contatto reale tra le due parti.
A fianco del contatto e dell’incollaggio, hai a disposizione numerosi altri modi per
connettere i componenti di un assieme:
• Puoi utilizzare elementi Beam per schematizzare il collegamento con viti.
• Ci sono gli elementi spot weld, adatti a modellare, come dice il nome, sia le
saldature a punti che i rivetti.
• Esistono gli elementi cinematici RBE2 che mimano il comportamento dei
corpi infinitamente rigidi.
• Con gli elementi CBush puoi schematizzare facilmente una molla mediante
una modellazione a parametri concentrati.
• Puoi utilizzare combinazioni di questi elementi in maniera creativa per
modellare situazioni più complesse (bulloni pre-caricati, cuscinetti volventi,
vincoli cedevoli, …).

È sempre più raro che sia possibile verificare l’integrità strutturale di un componente
isolato, pertanto l’abilità di modellare accuratamente l’interazione tra i componenti
dell’assieme è un aspetto cruciale per la modellazione FEM.
Pertanto, indipendentemente da come sono collegate tra loro, ricordati che devi
utilizzare l’opzione più adatta per la giusta interazione tra le parti, se vuoi garantire
il corretto trasferimento delle forze tra i componenti dell’assieme.

Simulazioni multi-disciplinari
I tipi di analisi più avanzati, quali la risposta dinamica, termo-strutturale o quella non-
lineare, richiedono talvolta la definizione di condizioni al contorno più complesse
che possono essere definite per mezzo di equazioni o carichi distribuiti nello spazio.

Figura 21 – Un caso molto frequente di simulazione multidisciplinare: utilizzare i risultati da un


modello CFD come carico termico e strutturale per una analisi FEM.

Per la risoluzione di problemi che richiedono l’analisi multi-fisica, può essere


necessario prendere i risultati da un tipo di analisi e applicarlo come carico per una
analisi successiva di tipo diverso. In questo caso nasce pertanto l’esigenza di

© 2018 SmartCAE srl I 3 Step dell’analisi FEM Pag. 37


trasferire i dati da un modello all’altro, facendo molta attenzione che questa
traduzione non introduca errori.
L’immagine di Figura 21 mostra un esempio tipico degli strumenti di mappatura tra
due modelli: quello di prendere la pressione risultante da una analisi fluidodinamica
CFD, e applicarlo come carico di pressione sul modello FEM per una verifica
strutturale.

Integrazione con il solutore


Un altro ostacolo potenziale nella preparazione del modello FEM è costituito dal
supporto e dal grado di integrazione con il solutore. Con integrazione intendo il
supporto dei parametri del solutore e i controlli avanzati dell’analisi da dentro
l’interfaccia grafica.
Spesso, particolarmente per i problemi multi-fisici, è richiesto l’utilizzo di più di un
solutore, pertanto l’ambiente di simulazione che utilizzi deve essere in grado di farti
accedere a tutti i moduli di soluzione di cui hai bisogno per completare l’analisi.

Figura 22 – Esempio di pre-processor in grado di leggere e scrivere modelli FEM per una varietà di
solutori commerciali.

Senza una buona integrazione, potresti essere costretto a modificare e completare


l’input per il solutore a mano, operazione che richiede tempo e molta conoscenza
della struttura di input del programma.

Supporto dei tipi di analisi


Nella progettazione meccanica la maggior parte dei dimensionamenti effettuati
con l’analisi FEM viene eseguito mediante calcoli statici lineari e l’analisi modale.
Questo approccio è adeguato quando devi gestire situazioni molto semplici, come
la verifica di un singolo componente oppure quando ti prendi ampi margini di
sicurezza sulla tensione di snervamento.

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Esistono però numerose situazioni nelle quali questo approccio risulta troppo
semplificato e non permette di prevedere con sufficiente accuratezza la risposta
del modello.
Per spingerti verso la creazione di un vero e proprio prototipo virtuale può essere
necessario utilizzare le funzioni avanzate del modellazione che moduli specialistici
del solutore.

Figura 23 – Spesso per la verifica del prodotto devi essere in grado di creare modelli sia per l’analisi
FEM, ma anche per la simulazione fluidodinamica CFD,

Di seguito trovi un elenco con i tipi di analisi avanzata più utilizzati nella
progettazione meccanica:
• Risposta Dinamica: ovvero studiare il comportamento vibratorio del prodotto
sotto l’azione di carichi armonici.
• Analisi Non Lineare: permette di studiare il comportamento del prodotto
quando, ad esempio, ci sono contatti nel modello oppure il materiale
plasticizza.
• Analisi Termica: aiuta a prevedere la distribuzione di temperatura nei solidi e
nei fluidi.
• Analisi Fluidodinamica: determina la distribuzione di velocità e pressione nei
flussi di liquidi e gas.

È indispensabile fare una valutazione di quali fenomeni fisici sono coinvolti nel
funzionamento del prodotto per decidere quali discipline CAE e, di conseguenza,
quali funzioni e moduli del software occorre utilizzare per la verifica.

Passo 3: Interpretazione dei risultati


A questo punto, hai creato un modello FEM con i fiocchi! Sei riuscito a far girare
l’analisi senza errore e ti ritrovi con il file con i risultati tanto desiderati a tua
disposizione…
Ebbene, non è ancora finita!
Ci sono ancora svariati ostacoli e inefficienze con cui ti devi confrontare se vuoi
interpretare al meglio i risultati delle tue analisi.

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Figura 24 – Gli ostacoli principali che si incontrano nella fase di interpretazione dei risultati delle
analisi ad elementi finiti.

Nel percorso che ti porta dal file di risultati alla creazione della relazione finale,
potresti incontrare alcuni rallentamenti che possono causare dei ritardi
nell’emissione del documento finale:
Accesso ai risultati dell’analisi. L’analisi può generare una quantità di dati enorme
e la capacità di gestire questi dati in maniera efficiente è un problema noto a tutti
gli analisti FEM.
Visualizzazione dei risultati. Controllare i risultati richiede una varietà di strumenti per
presentare i dati in maniera comprensibile. Se questi strumenti non sono disponibili,
ci vuole più tempo per interpretare e comprendere i risultati.
Manipolazione dei risultati. Capita anche che i risultati della simulazione non siano
il punto di arrivo. Spesso occorre calcolare risultati ulteriori o manipolare i dati
prodotti dal solutore in maniera da facilitare la presentazione del tuo lavoro a
colleghi e clienti.

Accesso ai risultati dell’analisi


Diamo un’occhiata al primo ostacolo menzionato in precedenza: accedere ai
risultati dell’analisi.
Grazie agli algoritmi di generazione automatica della mesh e alla disponibilità di
potenza di calcolo a costi contenuti, siamo tutti portati a costruire modelli con un
numero di nodi ed elementi sempre maggiore. Per contro, anche la quantità di dati
contenuti nei file dei risultati cresce di conseguenza.

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Analisi più avanzate come la risposta dinamica o il calcolo non lineare producono
risultati incrementali in funzione degli step di carico o di frequenza richiesti e, a
causa di ciò, i dati generati crescono anche più velocemente.
Con un database di risultati molto grande (per grande intendo da qualche
centinaio di MB fino a svariati GB), il tempo di accesso al dato incrementa di
conseguenza e il file stesso diventa ingombrante e difficile da gestire. Anche se sul
tuo PC utilizzi dei dischi allo stato solido SSD (che ti consiglio vivamente) la lettura
dei file di queste dimensioni può rappresentare un grosso un collo di bottiglia.
Esistono due strategie con puoi gestire i risultati della tua analisi:
• Importare il risultato all’interno del modello e tenere tutto in memoria.
• Creare un indice dei risultati e caricare al volo i dati soltanto quando servono
(in alcuni programmi questa funzione viene chiamato “Attach” dei risultati).

Nella Figura 16 puoi vedere una rappresentazione visiva delle differenze tra questi
due approcci.

Figura 25 – Confronto tra Importazione e Attach del file dei risultati al modello.

Importazione dei risultati


La maggior parte dei visualizzatori FEM caricano tutti i risultati all’interno del
database del modello, il che significa mantenere un file singolo con tutto: modello
e risultati. Quando si importano i risultati creati dal solutore dentro il database del
modello, il database stesso cresce di conseguenza e si finisce col dover
memorizzare il modello originale, i risultati, ma anche dei dati accessori che servono
per aiutare l’accesso al dato. I tempi di importazione possono essere significativi per
i file di risultati più grandi, e l’accesso al dato avviene attraverso un singolo
database. In ogni caso, la fase di gestione del dato e di archiviazione è semplice.

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Questo aspetto dà luogo a svariate sfide come tempi di importazione e lettura dei
risultati molto lunghi, incremento nell’utilizzo della memoria quando si processano i
risultati, e conseguentemente file di database molto grandi da archiviare.

Attach dei risultati


Un approccio alternativo, che però non è supportato da tutti i visualizzatori FEM, è
quello di «allegare» i file di risultati al database invece di importare tutti i dati nel
modello.
Questo approccio permette di mantenere intatti e separati i file, in quanto non è
più necessario importare tutti i risultati. L’accesso ai dati è molto più veloce e offre
grande flessibilità dato che è possibile attaccare più file di risultati
contemporaneamente.
Quando viene allegato un file, la quantità di dati memorizzata nel database è
ridotta al minimo, velocizzando di conseguenza i comandi di apertura e
salvataggio e mantenendo sotto controllo la quantità di memoria utilizzata dal
programma.
Questo risulta in tempi di reazione ridotti da parte del visualizzatore e, in definitiva,
in un tempo minore per documentare i risultati.

Figura 26 – In questo benchmark eseguito per testare le capacità della gestione dei risultati esterni,
si può vedere come il tempo di accesso ai dati sia molto più rapido con l’attach rispetto
all’importazione. Inoltre è richiesta molta meno memoria per il post-processing dei risultati.

Visualizzazione dei risultati


Un altro possibile ostacolo nel post-processing: è legato alla la visualizzazione dei
risultati. Questo aspetto viene spesso sottovalutato ma in realtà può essere una
causa concreta di frustrazione nell’uso del software FEM.
La fase di visualizzazione dei risultati è, a mio avviso, quella a maggior valore
aggiunto rispetto a tutto il lavoro fatto fino ad ora. È il momento della verità! È in
questa la fase in cui vai a scoprire il funzionamento del prodotto, riesci a individuare

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le criticità nel progetto e proponi ai colleghi delle azioni migliorative per risolvere i
problemi.

Figura 27 – In figura sono elencate le funzioni più importanti che il post-processor FEM deve offrire
per comprendere pienamente i risultati dell’analisi.

Per questo motivo devi riuscire a sfruttare tutti gli strumenti di visualizzazione che il
software di analisi ti mette a disposizione, per comprendere fino in fondo l’esito del
calcolo.
Spesso non basta vedere l’effetto sulla struttura (creare una mappa colorata o
animare una deformazione) per comprenderne le cause e sapere dove intervenire.
Strumenti più evoluti come le sezioni dinamiche o le superfici isolivello possono
aiutarti a individuare presto e bene l’informazione che ti serve.
Inoltre se vuoi conoscere il percorso delle forze all’interno della struttura, possono
esserti di aiuto i diagrammi di corpo libero (o Free Body, se preferisci l’Inglese).
Un altro aspetto da non trascurare è quello della condivisione dei risultati e la
generazione del report dell’analisi. Devi essere in grado di produrre con facilità
immagini, e animazioni per poterli includere nel tuo documento Word o PowerPoint,
o tabelle di riepilogo dei risultati da leggere e manipolare con Excel.

Interpretazione dei risultati degli elementi Beam


Un’ulteriore sfida offerta dalla modellazione con gli elementi Beam è rappresentata
dall’interpretazione dei loro risultati. È noto come gli elementi Beam siano
schematizzati da un semplice segmento che contiene internamente tutte le
informazioni sullo stato di sollecitazione dell’elemento. Riuscire a tirarle fuori in
maniera comprensibile non è banale.

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Figura 28 – Risultati che si possono ottenere da un modello con elementi Beam

La forma grafica più comune per vedere i risultati sulle travi è attraverso la
generazione dei diagrammi di sollecitazione (momento flettente, sforzo di taglio,
…). Ma questo spesso non è sufficiente per aiutarci a prendere delle decisioni,
specialmente quando lo stato di sollecitazione è misto, o si è in presenza di un forte
carico di torsione su una sezione aperta.
Per questo motivo, per comprendere il comportamento completo delle travi, ti
suggerisco di visualizzare l’andamento dettagliato delle mappe di sollecitazione
attraverso la sezione della trave, mostrando l’andamento degli stress e del flusso del
taglio. Grazie all’utilizzo delle forze e dei momenti all’interno dell’elemento è infatti
possibile ricostruire il tensore delle sollecitazioni completo in ogni punto della
sezione, e da questo derivare altri tipi di stress come, ad esempio, quello di von
Mises.

Charting (grafici XY)

Figura 29 – Diagramma delle sollecitazioni sull’ala di un velivolo al variare della distanza dalla
radice. – Cortesia di Aquila Engineering.

Un metodo efficace con cui noi ingegneri siamo abituati a interpretare i risultati è
attraverso grafici cartesiani nei quali è rappresentato l’andamento di una
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grandezza (es. stress, deformazione, velocità, …) in funzione di un’altra grandezza
(posizione, tempo, frequenza, …).
Ovviamente nella maggior parte dei casi non ci limitiamo a vedere i grafici
all’interno del software di analisi, ma desideriamo esportarli verso altri applicativi
quali Excel o Matlab per ulteriori elaborazioni.

Manipolazione dei risultati


Talvolta capita che i dati prodotti dal solutore non siano sufficienti per prendere una
decisione. In altri casi non permettono una comprensione semplice del
comportamento del modello, nella forma in cui sono disponibili. Pertanto sono
richiesti dei calcoli ulteriori oppure delle estrapolazioni per ottenere le informazioni
che cerchi.

Diagrammi free-body

Figura 30 – Esempi di digrammi free-body

Uno strumento molto utile sono i diagrammi di corpo libero o diagrammi free body,
nei quali vengono utilizzate le forze di elemento calcolate dal solutore per
determinare le forze che passano attraverso una interfaccia, o che mantengono in
equilibrio il sistema attraverso una sezione.

Mappe di inviluppo
Altro strumento molto utile per comprendere a colpo d’occhio l’andamento degli
stress prodotti da una serie di configurazioni di carico e vincolo distinte è la
generazione delle mappe di inviluppo dei risultati. In parole semplici, si costruisce
una mappa di stress singola che mostra, elemento per elemento, l’andamento
degli stress peggiori tra un gruppo di casi di carico.

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Figura 31 – Esempio di mappe di inviluppo e indice del caso di carico peggiore.

Queste mappe non solo riescono a mettere in evidenza in un colpo solo tutte le
zone critiche (l’effetto), ma ci forniscono anche l’informazione di quale caso si
carico ha prodotto quel risultato (la causa).

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Sei pronto per l’analisi FEM?
Fino a questo momento ti ho fornito delle nozioni generali sull’analisi FEM, per aiutarti
a comprendere i benefici che potrai ottenere e delineare un processo da seguire
per la sua implementazione nei tuoi progetti.
Come abbiamo visto i tre step principali dell’analisi ad elementi finiti sono:
• il trattamento della geometria;
• la modellazione FEM;
• e l’interpretazione dei risultati.

Queste fasi sono quelle che richiedono la quota maggiore del lavoro manuale. Da
una parte utilizzare uno strumento inefficiente per queste operazioni potrebbe
comportare ritardi nell’esecuzione dell’analisi. Dall’altra usare un “giocattolo FEM”
(come lo chiamano alcuni nostri clienti) potrebbe allontanarti dai risultati che
realmente ti servono, a causa delle sue limitazioni intrinseche. In entrambi i casi,
utilizzando lo strumento sbagliato correresti il rischio di erodere (o addirittura
annullare) i vantaggi apportati dall’analisi FEM.
In altre parole, fare l’analisi FEM non è sufficiente: ci vuole anche il tool corretto per
farla!
Quindi, quale potrebbe essere il software più adatto per verificare il tuo progetto?

Femap
La soluzione più idonea alle tue esigenze è Femap di Siemens PLM Software. Si tratta
di un ambiente di modellazione e analisi FEM che soddisfa in pieno le esigenze della
progettazione meccanica e che può integrarsi con semplicità nel flusso di lavoro
del tuo ufficio tecnico.
Per dimostrarti che Femap è davvero lo strumento giusto, risponderò ad alcune
domande che pongo sempre ai miei clienti quando li aiuto a scegliere un software
agli elementi finiti.

Funzionerà con il mio CAD?


È molto probabile! Femap è in grado di leggere la geometria costruita con i più
diffusi modellatori CAD in commercio: SolidWorks, Solid Edge, Creo, Inventor, NX,
Catia. Per tutti gli altri, dispone di interfacce verso i formati di scambio neutro quali
Step, Parasolid, Iges. Puoi importare la geometria creata con il tuo CAD, effettuare
modifiche quali il defeaturing, e idealizzazioni come l’estrazione del piano medio. In
altre parole, all’interno di questo strumento troverai tutti i comandi necessari per il
trattamento della geometria che servono per creare modelli FEM professionali.

È in grado di modellare il mio prodotto?


Grazie a un’ampia libreria di elementi sarai in grado di schematizzare praticamente
tutti i tipi di organo e di collegamento meccanico. Potrai creare modelli con
elementi solidi, piastre, travi, parametri concentrati: tutti nel solito modello,
supportati da tutti i tipi di analisi. Per la gestione degli assiemi sono a tua disposizione

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collegamenti di contatto, di incollaggio, e bulloni precaricati. Non ci sono limiti a
quello che puoi modellare con Femap.

Supporta le analisi di cui ho bisogno?


Questo software dispone del solutore NX Nastran, uno standard di fatto per quanto
riguarda il tipo di analisi supportato, le prestazioni di calcolo, l’accuratezza dei
risultati. Con NX Nastran puoi eseguire sia le analisi più semplici come il calcolo
statico lineare e l’analisi modale, oppure studiare fenomeni più complessi come
l’analisi FEM non lineare, la risposta dinamica. In aggiunta puoi utilizzare i solutori
Thermal e Flow, che ti permettono di eseguire analisi termo-fluidodinamiche, o
utilizzare altri strumenti specialistici per la dinamica dei rotori o l’aero-elasticità.
Femap è una soluzione scalabile che ti permette di ampliare le capacità di analisi
in qualsiasi momento, al crescere delle tue esigenze di progettazione.

Riuscirò a ottenere i risultati che cerco?


Una dei suoi principali punti di forza è l’ambiente di post-processing, senza dubbio
tra i più completi e versatili tra quelli disponibili sul mercato. Non solo puoi accedere
ai risultati delle simulazioni utilizzando più metodi (Import e Attach), ma hai anche
la possibilità di manipolarli e interrogarli in maniera molto potente, per recuperare
le informazioni che ti servono a deliberare il prodotto. Oltre alle funzioni presenti in
qualsiasi visualizzatore FEM in Femap puoi creare diagrammi Free-Body, creare
mappe di inviluppo, creare combinazioni di risultati e, con un minimo di
programmazione con il suo linguaggio, letteralmente “costruire” il risultato che ti
serve per la tua verifica.

Il fornitore sarà in grado di aiutarmi quando ne avrò bisogno?


Qui entra in ballo SmartCAE, cioè la mia azienda. Insieme ai miei colleghi mi occupo
di analisi ad elementi finiti da oltre 15 anni. Abbiamo svolto più di 1,000 progetti di
analisi FEM, per clienti che operano letteralmente in qualsiasi settore industriale. A
questo si aggiungono migliaia di ore di formazione e supporto tecnico per aziende
che spaziano da grandi multinazionali, a piccole e medie imprese e liberi
professionisti.
“Le lezioni e l’assistenza sono state molto proficue. In un paio di mesi o poco
più di utilizzo di Femap siamo riusciti a studiare collettori, aerotermi completi,
ventilatore completo con rotazione annessa, silenziatori e parecchi altri
piccoli calcoli.”
Ing. Vito Lorusso
FACO S.p.A.
Il bello di quello che ho appena scritto è che non devi affatto credermi sulla parola.
La maniera migliore per trovare la soluzione FEM giusta per le tue esigenze è

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attraverso una prova sul campo attraverso un progetto pilota oppure testando
direttamente il software sul tuo PC.
Ma prima ho messo da parte una sorpresa per te…

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Il tuo primo passo
A questo punto probabilmente starai pensando “Sì, la fai facile tu, ma non è così
semplice eseguire analisi FEM con questo livello di dettaglio, io non sono in grado di
farlo.”
Da un certo punto di vista hai ragione. Se non sai come fare, tutto sembra
complicato e difficile. La cosa interessante è che il principale obiettivo che mi sono
posto in questo eBook è proprio quello di metterti in grado di capire quali siano le
funzionalità indispensabili in un software agli elementi finiti per eseguire analisi FEM
professionali… in meno di 3 ore.
Perché proprio 3 ore?
Perché ho realizzato un piccolo seminario proprio di quella durata che amplia i
contenuti di questo eBook e li espande attraverso esempi pratici, di facile
comprensione, alla portata di tutti. Attraverso i video potrai renderti conto di quanto
sia semplice eseguire analisi FEM professionali, se utilizzi lo strumento giusto.
Probabilmente ti chiederai “ma come faccio, io non ho nemmeno il software FEM!”.
Non devi preoccuparti, a questo ci penso io. Accedendo ai video avrai la possibilità
di scaricare la versione di prova gratuita di Femap (il programma che ho utilizzato
sia per la realizzazione dei filmati che per le immagini di questo eBook) con il quale
potrai eseguire analisi FEM professionali sul tuo progetto.
Se vuoi saperne di più, scoprire come scaricare la trial di FEMAP per provarlo
gratuitamente per 45 giorni e vedere i video su come implementare con successo
le 3 fasi di cui abbiamo parlato, visita il sito
https://webinar.smartcae.com/kit-modelli-fem-efficaci
Bene, con questo è tutto. Ti auguro di ottenere tutto il successo che meriti!

Francesco Palloni

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Glossario
In queste pagine ho raccolto alcuni dei termini più comuni nell’ambito dell’analisi
FEM, per aiutarti a comprendere lo “slang” utilizzato dai professionisti.

Soluzione approssimata come il modulo di Young, la


Una soluzione vicina alla risposta reale conduttività termica, ecc.
ma che contiene alcune incertezze Mesh
sulle assunzioni fatte, sulla geometria, La griglia di elementi e nodi che
sui carichi o i vincoli, che non riflette approssimano la struttura.
esattamente la realtà fisica.
NASTRAN
Condizione al contorno Acronimo di NASA STRuctural ANalysis
Un vincolo che definisce la software, originariamente sviluppato
connessione che il modello FE ha con da NASA per il programma spaziale
l’ambiente fisico. negli anni ‘60; di fatto il solutore FEM
Soluzione in forma chiusa standard nei settori aerospaziale ed
La soluzione esatta di un problema automobilistico.
che è fornita da un’equazione Femap
analitica. Programma di pre- e post-processing
Elemento finito per modelli ad elementi finiti
Una forma geometrica relativamente sviluppato da Siemens PLM Software
semplice da formulare e analizzare, Nodo
per esempio trave, piastra e Punto utilizzato per definire i vertici
parallelepipedo. degli elementi sui quali carichi e vincoli
Analisi agli Elementi Finiti (FEA) possono essere applicati.
Uno dei diversi metodi numerici che Pre-processor
possono essere usati per risolvere un Programma di modellazione per
problema complesso suddividendolo creare modelli agli elementi finiti. Il Pre-
in un numero finito di problemi processor permette di passare dalla
semplici. geometria CAD alla mesh FEM, e
Metodo degli Elementi Finiti (FEM) consente la definizione dello scenario
Finite Element Method, metodo degli di carico e vincolo per l’analisi.
elementi finiti, spesso FEA e FEM sono Post-processor
utilizzati come sinonimi. Programma per visualizzare
Carico graficamente i risultati di un’analisi agli
Una forza, pressione, momento o altro elementi finiti sotto forma di
tipo di forza applicata a un modello; deformazioni, mappe di stress, grafici
può anche includere condizioni XY, …
termiche come gradienti termici. Solutore
Proprietà dei Materiali Programma che prende un modello
Caratteristiche fisiche, meccaniche e agli elementi finiti, lo converte nella
termiche intrinseche di un materiale sua rappresentazione matematica

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matriciale e risolve le equazioni per matematica delle deformazioni locali
produrre i risultati su una struttura.
Strain Stress
L’allungamento percentuale di una Carico per unità di area; una
parte; una rappresentazione rappresentazione matematica delle
tensioni nelle strutture.

Tipi di analisi
Di seguito invece ho raccolto un elenco dei tipi di simulazione più comuni
nell’ambito della progettazione meccanica, per aiutarti a capire che cosa puoi
ottenere con un software agli elementi finiti professionale.

Analisi Statica Analisi di Fatica


Determina spostamenti, carichi, stress, Determina la vita di un componente
strain in strutture soggette a carichi soggetto a cicli di carico.
statici. Analisi Fluidodinamica CFD
Analisi Modale Analisi del moto di liquidi e gas.
Analizza le vibrazioni caratteristiche Determina l’andamento di velocità,
della struttura (frequenze naturali e pressione e temperatura nel volume
forme modali). del fluido. Può essere utilizzata in
abbinamento all’Analisi Termica per
Analisi di Buckling calcolare lo Scambio Termico
Valuta la stabilità elastica in strutture Coniugato tra solidi e fluido.
soggette a carichi di compressione.
Risposta Dinamica
Determina spostamenti, carichi, stress
e strain in strutture soggette a carichi
transitori o variabili in frequenza
(risposta transitoria, risposta in
frequenza, risposta random, risposta
shock, etc.).
Analisi Multi-Body
Analisi cinematica e dinamica dei
meccanismi. Determina spostamenti,
velocità, accelerazioni, forze e
momenti nei giunti e nelle parti.
Analisi Termica
Determina temperature, gradienti
termici, flussi termici e passaggi di
calore dovuti a conduzione,
convezione ed irraggiamento in
strutture e fluidi.

© 2018 SmartCAE srl I 3 Step dell’analisi FEM Pag. 52

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