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PARTE PRIMA

NOZIONI GENERALI

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CAPITOLO primo
I TRIBUTI

Sommario: 1. La nozione di tributo. – 2. Imposte, tasse e contributi. – 3. Le nozioni in uso


nella giurisprudenza. – 4. Il diritto tributario e le sue partizioni interne.

1.  La nozione di tributo.

Nel linguaggio ordinario, i termini tributo, imposta, tassa, contributo e


simili sono sinonimi; nel linguaggio giuridico, invece, sono termini tecnici1.
Nel nostro ordinamento, non esistono definizioni legislative né del tributo,
né delle sue specie. Il legislatore ne presuppone le nozioni, per cui è neces-
sario assumerle nel significato che ad esse è attribuito nella tradizione dot-
trinale e nell’esperienza giurisprudenziale.
Per definire il tributo occorre osservare innanzitutto che esso comporta
il sorgere di una obbligazione, o altra forma di decurtazione patrimoniale2.
È da distinguere da altri istituti, che pure incidono sul patrimonio, ma com-
portano limitazioni o ablazioni di altro tipo (espropriazioni, imposizione di

1 Non hanno precisione tecnica i sinonimi, come prelievo, gravame (o gravezza), ecc.
2 Sono stati considerati tributi lo sconto obbligatorio dei medicinali, imposto a case far-
maceutiche e farmacisti (Corte cost., 18 maggio 1972, n. 92 e 24 luglio 1972, n. 144) e la
decurtazione degli stipendi di pubblici dipendenti (Corte cost., 11 ottobre 2012, n. 223, in
Foro it., 2012, I, 2896).

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limiti o vincoli, ecc.) 3. E va aggiunto che i suoi effetti sono definitivi, irrever-
sibili: in ciò si distingue dai prestiti forzosi4.
In secondo luogo, il tributo è caratterizzato da coattività, ossia è sem-
pre imposto con un atto dell’autorità. Ciò lo distingue dalle entrate di
diritto privato, caratterizzate da sinallagmaticità. L’ente pubblico imposi-
tore è quindi necessariamente provvisto di poteri autoritativi, allo scopo
di costituire il rapporto tributario o anche soltanto per imporre il paga-
mento del dovuto. Possono esservi entrate pubbliche imposte coattiva-
mente che non hanno carattere tributario (come le sanzioni), ma alla base
del tributo vi è sempre un atto dell’autorità (legge o provvedimento). Ciò
corrisponde alle elaborazioni della dottrina del diritto pubblico, che rav-
visava il carattere tipico del tributo nell’essere espressione della sovranità
dello Stato5.
Infine, il tributo è destinato a finanziare spese di interesse generale6.
Di regola, il gettito dei tributi non ha una destinazione prestabilita. Vi pos-
sono essere però tributi con destinazione specifica, ossia tributi di scopo. I
comuni possono istituire «imposte di scopo», per finanziare la realizzazione
di determinate opere pubbliche7. È imposta di scopo il canone radiotele-
visivo, essendo destinato a finanziare la concessionaria del servizio pub-
blico radiotelevisivo8. Il destinatario finale di un tributo può essere anche
un soggetto di diritto privato, se svolge servizi di interesse generale 9. L’aggio
dovuto all’agente della riscossione è un tributo di scopo, in quanto diretto a
coprire i costi della riscossione.
Non ha rilievo, per la definizione del tributo, il motivo per cui è istituito.
Un tributo può essere istituito per fini fiscali, ossia per procurare un’entrata

3  La distinzione ha rilievo anche costituzionale, perché la legittimità costituzionale

dei tributi è da valutare ai sensi dell’art. 53 Cost., mentre la legittimità costituzionale delle
misure espropriative è da valutare ai sensi dell’art. 42 Cost. (Corte cost., 22 aprile 1997,
n. 111, in Giur. it., 1997, I, 476).
4  Cfr., ad esempio, E. Potito, L’ordinamento tributario italiano, Milano, 1978, p. 16;

G.A. Micheli, Corso di diritto tributario7, Torino, 1984, p. 14.


5  Gli autori meno recenti richiamavano il concetto di sovranità (G. Tesoro, Princìpi

di diritto tributario, Bari, 1938, p. 542), o di potestà di impero (A.D. Giannini, Il rapporto
giuridico di imposta, Milano, 1937, p. 2; Id., I concetti fondamentali del diritto tributario,
Torino, 1956, p. 71).
6  Per la Corte costituzionale, 8 ottobre 2012, n. 223, cit., i caratteri della nozione di tri-

buto sono «la doverosità della prestazione, in mancanza di un rapporto sinallagmatico tra
le parti, nonché il collegamento di tale prestazione con la pubblica spesa, in relazione ad un
presupposto economicamente rilevante».
7  L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 145-151; D.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 6.
8  Corte cost., 28 giugno 2002, n. 284; Cass., sez. un., 20 novembre 2007, n. 24010.
9  Corte cost., 28 giugno 2002, n. 284, cit.

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all’ente pubblico, ma anche per fini extrafiscali (ad esempio, dazi protettivi,
tributi ecologici).

2.  Imposte, tasse, contributi.

Tributo è termine che indica un genus, comprendente – secondo la clas-


sificazione tradizionale – imposte, tasse e contributi; taluni aggiungono i
monopoli fiscali.
La distinzione tra imposte e tasse, elaborata dai giuristi, corrisponde alla
distinzione della scienza delle finanze, che collega le entrate al tipo di spese
pubbliche che servono a finanziare. Essendovi spese pubbliche indivisibili e
spese pubbliche divisibili, le entrate destinate a finanziare le spese indivisibili
sono «imposte»10, quelle destinate a finanziare spese divisibili sono «tasse»11.
A) L’imposta è il tributo per eccellenza. All’interno del genus delle
entrate tributarie, la caratterizzazione di specie diverse è possibile in ragione
del tipo di presupposto, cui si collega il tributo. Il presupposto dell’imposta è
un fatto economico posto in essere dal soggetto passivo, senza alcuna rela-
zione specifica con una determinata attività dell’ente pubblico12 ; è un evento
cui sono estranei l’ente e l’attività pubblica (ad esempio, il conseguimento di
un reddito, il possesso di un bene, la stipulazione di un contratto).
Le imposte sono dovute a titolo di solidarietà (ex artt. 2 e 53 Cost.) e
sono commisurate alla dimensione economica del presupposto.
B) La tassa ha come presupposto un atto o un’attività pubblica, ossia
l’emanazione di un provvedimento, o lo svolgimento di un servizio pubblico,
specificamente riguardanti un determinato soggetto13.
Vi sono infatti tasse collegate all’emanazione di atti o provvedimenti
amministrativi (ad esempio, tasse sulle concessioni governative), tasse col-
legate ad una attività pubblica (come il contributo per la iscrizione a ruolo

10  Si veda ad esempio S. Romano, Princìpi di diritto amministrativo 3, Milano, 1912,


p. 317, che collegava l’imposta al finanziamento dei servizi indivisibili.
11  Le prime definizioni giuridiche della tassa tengono conto della sua misura, per distin-

guerla dalle entrate di diritto privato: cfr. F. Cammeo, Le tasse e la loro costituzionalità, in
Giur. it., 1899, IV, 193.
12  Tesoro, Princìpi, cit., p. 551, scriveva che: «nelle imposte manca qualsiasi rapporto

specifico di prestazione e di controprestazione, manca l’individualità del bisogno e l’indivi-


dualità del servizio, manca qualsiasi richiesta e qualsiasi volontarietà del contribuente; que-
sto è appunto l’elemento negativo, che distingue l’imposta dalla tassa».
13  Cfr. F. Fichera, I contributi speciali e le tasse, in Trattato di diritto tributario, diretto

da A. Amatucci, vol. IV, Padova, 1994, p. 297 ss.

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delle cause civili e amministrative) e tasse collegate alla fruizione di un


bene pubblico (come l’occupazione di spazi pubblici) o di un servizio pub-
blico (ad esempio, raccolta dei rifiuti) 14.
La tassa è, per così dire, un istituto di confine, essendo prossima, da
un lato, ai proventi di diritto pubblico di natura non tributaria (prezzi pub-
blici, tariffe, canoni), e, dall’altro, ai corrispettivi di diritto privato (o entrate
patrimoniali)15.
La distinzione tra servizi pubblici alla cui prestazione è collegato il
pagamento di una tassa, e servizi pubblici per i quali è dovuto il paga-
mento di un corrispettivo (prezzo, tariffa, canone ecc.), non dipende dalla
natura del servizio: una medesima attività amministrativa può essere
assunta come presupposto di una tassa oppure come presupposto di pro-
venti di altra natura, di diritto pubblico o privato. Ciò che distingue la tassa
dall’entrata di diritto privato è il suo regime giuridico: la prestazione impo-
sta coattivamente è un tassa; se, invece, ha base contrattuale, ha natura
privatistica16.
Nella tassa, non vi è un rapporto di sinallagmaticità, o di corrispettività,
tra prestazione pecuniaria e attività pubblica17. Ciò spiega perché vi sono
tasse, correlate ad un servizio pubblico, che sono dovute anche in casi in cui
il servizio non è concretamente utilizzato: è il caso, ad esempio, della tassa
sulla raccolta dei rifiuti18.
Vi sono canoni, tariffe, prezzi, diritti che devono essere corrisposti da
chi fruisce di un servizio pubblico, ma non sono tasse. Sono entrate di diritto
pubblico non aventi natura fiscale. È il caso, ad esempio, del canone dovuto
al Comune per l’erogazione dell’acqua potabile, che non trova titolo nella

14  La tassa si ispira al principio di corrispettività e non trova titolo giustificativo nella

capacità contributiva del soggetto al quale è richiesta. Così Cass., sez. un., ord., 16 aprile
2007, n. 8956, a proposito della somma da pagare quando si richiede una «valutazione di
impatto ambientale».
15  In passato, la distinzione tra entrate patrimoniali dello Stato ed entrate tributarie era

rilevante perché alle cause tributarie si applicava il solve et repete ed era sempre competente
il Tribunale. Il solve et repete fu dichiarato incostituzionale; ed ora la competenza del Tri-
bunale (art. 9 c.p.c.) in materia fiscale riguarda solo le cause relative all’esecuzione forzata
tributaria. Inoltre, rivestiva importanza la distinzione tra imposte dirette e imposte indi-
rette, in relazione alle disposizioni del previgente codice civile in materia di privilegi; oggi,
le norme sui privilegi individuano nominatim i tributi erariali cui si riferiscono.
16  Cass., sez. un., 7 dicembre 2007, n. 25551, in Giust. civ., 2008, I, 81. I diritti postali

(Cass., 2 aprile 1992, n. 4027) e le spese di notificazione degli atti giudiziari (Cass., 7 dicem-
bre 2007, n. 25551) non hanno natura tributaria.
17  Cass., sez. un., 17 ottobre 2006, n. 22245, afferma esservi nelle tasse un rapporto di

correlatività (in tema di diritti aeroportuali).


18  Cass., 17 febbraio 2010, n. 3721; Id., 13 giugno 2012, n. 9633.

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I tributi 7

potestà impositiva, anche se viene riscosso con gli strumenti propri delle
entrate tributarie (ruolo e cartella di pagamento)19.
Nell’ambito della finanza locale, vi sono tasse che possono essere sosti-
tuite con proventi di natura non tributaria, come il canone per l’occupazione
di spazi ed aree pubbliche20 e il canone per lo scarico e la depurazione delle
acque reflue21.
Il nomen iuris non è decisivo. Nonostante la denominazione, sono da
considerare tasse sia il canone comunale sulla pubblicità22, sia la tariffa di
igiene ambientale (Tia) 23. Il contributo unificato per le spese degli atti giu-
diziari è una tassa24 e il canone televisivo è un’imposta25.
C) Nella lingua comune, il termine contributo indica ciò che si dà per il
raggiungimento di un fine al quale concorrono più persone. Nel linguaggio
giuridico, è usato per designare sia istituti tributari, sia istituti non tributari
(si pensi ai contributi previsti nel codice civile, come i contributi consortili e
i contributi al fondo comune delle associazioni e fondazioni).
Nel diritto tributario è denominato contributo (o «tributo speciale»)
quel particolare tipo di tributo che ha come presupposto l’arricchimento (ad
esempio, l’incremento di valore degli immobili) che determinate categorie
di soggetti ritraggono dall’esecuzione di un’opera pubblica destinata, di per
sé, alla collettività in modo indistinto26. Anche questa definizione è imper-
niata sul presupposto, che è costituito dall’esecuzione di un’opera pubblica
e dal beneficio che ne traggono determinati soggetti27.

19  Cass., 20 settembre 2002, n. 13775; Id., 6 giugno 2005, n. 11719.


20  Corte cost., 14 marzo 2008, n. 64, in Giur. it., 2008, 2348.
21  Corte cost., 11 febbraio 2010, n. 39.
22  Corte cost., 8 maggio 2009, n. 141. Il canone è previsto dall’art. 62, D.lgs. 15 dicembre

1997, n. 446.
23  Corte cost., 24 luglio 2009, n. 238. La sentenza riguarda la tariffa di igiene ambientale

prevista dall’art. 49, D.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. decreto Ronchi).


24  Cass., sez. un., 5 maggio 2011, n. 9840.
25  Cass., 20 novembre 2007, n. 24010.
26  La figura del contributo è stata elaborata generalizzando i caratteri dei contributi di

miglioria, previsti dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, sull’espropriazione per pubblica utilità, e
dalla L. 28 novembre 1938, n. 2000. Nel testo unico della finanza locale del 1931 erano previ-
sti due tipi di contributo: quello di miglioria generica, che colpiva l’incremento di valore delle
aree fabbricabili dovuto al complesso delle opere pubbliche eseguite dal Comune, e quello
di miglioria specifica, che colpiva l’incremento di valore dei beni rustici ed urbani, che fosse
conseguenza di un’opera pubblica eseguita dal Comune.
La L. 5 marzo 1963, n. 246, ha abrogato i contributi e istituito l’imposta locale sull’incre-
mento di valore delle aree fabbricabili, che fu sostituita dall’Invim (ora abrogata).
27  Come osserva Corte cost., 22 aprile 1980, n. 54, in Foro it., 1980, I, 1557, «i contributi o

tributi speciali sono conformati dal legislatore sul modello dell’imposta, poiché dal realizzarsi

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8 Capitolo Primo

Sono inoltre denominati contributi le prestazioni dovute a determinati


enti (associazioni, consorzi, ecc.) per il loro funzionamento, se sono dovuti
obbligatoriamente ad enti pubblici per i loro fini istituzionali, come il con-
tributo annuale dovuto al Consiglio nazionale forense dagli iscritti all’albo
professionale degli avvocati28, il diritto dovuto all’Ordine degli avvocati per
il parere sulle parcelle29, i contributi dovuto ai consorzi di bonifica 30, il con-
tributo dovuto dalle imprese del settore all’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni31.
D) Taluni includono tra le entrate tributarie anche quelle derivanti dai
monopoli fiscali; a certi effetti, l’inclusione è opportuna32 ; ad altri effetti non
lo è33. Se la definizione di tributo è imperniata sui suoi caratteri strutturali, il
monopolio fiscale non è un istituto tributario. Ciò che si paga per l’acquisto
di un genere di monopolio non è un tributo, ma il corrispettivo di un nor-
male contratto di compravendita. Se invece si ha riguardo alla funzione dei
tributi (procacciare entrate all’ente pubblico), anche il monopolio è un tri-
buto, quando ha per scopo di procurare entrate.
La nozione di monopolio fiscale è presente nel Trattato sul funziona-
mento dell’Unione europea, che sottopone alle regole della concorrenza
anche le imprese che hanno carattere di monopolio fiscale (art. 106).

3.  Le nozioni in uso nella giurisprudenza.

A) La definizione del tributo deve tener conto della molteplicità di norme


per la cui interpretazione è elaborata. Ciò significa che il concetto di tributo
non è (necessariamente) uno soltanto, e che vi possono essere – e in effetti
vi sono – più concetti, riferiti alle diverse norme a cui deve essere applicato.

del presupposto sorge l’obbligo del pagamento del tributo», ma, «a differenza che nelle imposte,
il vantaggio dell’obbligato rileva come elemento costitutivo del presupposto stesso».
28  Cass., sez. un., 26 gennaio 2011, n. 1782, in Foro it., 2011, I, 746.
29  Cass., 27 luglio 2006, n. 17109, in Foro it., 2007, I, 1877, in tema di c.d. tassa di opina-

mento, dovuta dagli avvocati ai Consigli dell’Ordine per la liquidazione degli onorari (D.lgs.
23 novembre 1944, n. 382, art. 7, comma 2).
30  Cass., sez. un., 28 giugno 2006, n. 14863; Id., 5 febbraio 2013, n. 2598; Id., 6 maggio

2013, n. 10403.
31  L. 14 novembre 1995, n. 481, art. 2, comma 38. Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno

2009, n. 3816.
32  Ad esempio, la norma costituzionale che vieta il referendum abrogativo (art. 75) e

quella sulle ispezioni (art. 14) valgono anche per i monopoli fiscali.


33  Ad esempio, si può ritenere che gli artt. 23 e 53 Cost. si applichino ai monopoli fiscali,

senza che sia necessario includere i monopoli tra i tributi.

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I tributi 9

La giurisprudenza costituzionale, con riguardo all’art. 75 Cost., che vieta


il referendum abrogativo delle leggi tributarie, afferma che la nozione di tri-
buto è caratterizzata dalla ricorrenza di due elementi essenziali: da un lato,
l’imposizione di un sacrificio economico individuale realizzata attraverso
un atto autoritativo di carattere ablatorio; dall’altro, la destinazione del get-
tito allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario necessario
a coprire le spese pubbliche. È stato perciò affermato un concetto di tributo
comprensivo anche dei contributi previdenziali34 e del contributo per il ser-
vizio sanitario35.
La stessa definizione ampia di tributo vale per le disposizioni costituzio-
nali che hanno funzione di garantire i diritti individuali. E cioè per inter-
pretare l’art. 14, in tema di tutela del domicilio, che ammette accertamenti
e ispezioni a fini fiscali e l’art. 20, che vieta speciali gravami fiscali a carico
delle associazioni e istituzioni religiose.
B) La giurisprudenza ordinaria adotta una nozione di tributo piuttosto
ampia, ma non tanto da comprendere le prestazioni previdenziali. In sostanza,
sono considerate tributarie tutte le prestazioni imposte in via coattiva, ossia
senza il consenso dell’obbligato, purché non rappresentino il corrispettivo
sinallagmatico di una prestazione dell’ente impositore e siano destinate a
finanziare le spese pubbliche in genere, o una determinata pubblica spesa.
Nel definire l’ambito di applicazione dell’art. 9 c.p.c., la giurisprudenza
considera tributi, ad esempio, il canone radiotelevisivo36 e i contributi dovuti
ai consorzi di bonifica37.
Tale definizione ha rilevanza pratica per la delimitazione:
– delle controversie devolute alle commissioni tributarie38 ;.
– dell’ambito di applicazione dello Statuto dei diritti del contribuente39 ;
– dell’ambito di applicazione della disciplina delle sanzioni amministra-
tive per la violazione di norme tributarie40 ;
– della norma, in tema di reddito d’impresa, che concerne la deducibilità
degli «oneri fiscali e contributivi»41;

34  Corte cost., 10 febbraio 1982, n. 26, in Giur. it., 1982, I, 1, 1399.
35  Corte cost., 12 gennaio 1995, n. 2, in Giur. cost., 1995, 16.
36  Cass., 18 settembre 2006, n. 20068, in Foro it., 2007, I, 118; Corte cost., 26 giugno

2002, n. 284, in Foro it., 2003, I, 1999.


37  Cass., sez. un., 28 giugno 2006 n. 14863, in Fisco, 1, 2006, 5387.
38  A norma dell’art. 1, D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, alle commissioni tributarie è attri-

buita la giurisdizione in materia di «tributi di ogni genere e specie, comunque denominati».


39  L. 27 luglio 2000, n. 212.
40  D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
41  T.u.i.r., art. 99.

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– della norma che esenta dall’imposta sul valore aggiunto «le operazioni
relative alla riscossione dei tributi»42.

4.  Il diritto tributario e le sue partizioni interne.

La nozione di tributo e quella di diritto tributario sono coestensive; il


diritto tributario è, per definizione, quel settore dell’ordinamento che disci-
plina i tributi43.
È un settore autonomo44. Secondo le tradizionali partizioni, il diritto
tributario fa parte (con il diritto della contabilità pubblica) del diritto finan-
ziario che, a sua volta, è parte del diritto amministrativo.
Il diritto tributario è però un settore dell’ordinamento giuridico tutt’altro
che omogeneo. Nell’insieme di norme che regolano un tributo, possiamo
distinguere una disciplina sostanziale ed una disciplina formale. Per disci-
plina sostanziale si intende il complesso di norme che disciplinano il pre-
supposto di un tributo, le esenzioni, i soggetti passivi, la misura, ecc. La
disciplina sostanziale di ciascun tributo è un corpo normativo autonomo
rispetto agli altri settori del diritto.

42 D.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, n. 5.


43 La definizione di tributo e quella di diritto tributario sono in rapporto di corrispon-
denza biunivoca. Non è perciò da condividere l’orientamento di chi espunge dal diritto tribu-
tario le tasse e i contributi, riducendolo al diritto delle imposte, pur se le imposte occupano
un ruolo preponderante nell’economia della materia.
44  Il dibattito sull’autonomia del diritto tributario rispetto agli altri rami del diritto ha

rappresentato una fase importante nello sviluppo scientifico della nostra disciplina. In pas-
sato, il diritto tributario era considerato un diritto speciale o eccezionale rispetto al diritto
comune (per diritto comune si intendeva il diritto privato); dal diritto comune si è distaccato
prima il diritto amministrativo, poi il diritto tributario, del quale è stata progressivamente
affermata prima la natura pubblicistica e l’appartenenza al diritto amministrativo. L’afferma-
zione dell’autonomia del diritto tributario (all’interno del diritto amministrativo) è un topos
ricco di implicazioni, specie in tema di interpretazione e integrazione delle norme tributa-
rie ed in tema di applicazione delle norme del diritto civile agli istituti del diritto tributario.
Degno di nota, nell’evoluzione del diritto tributario verso il suo affrancamento dal
diritto privato, è il dibattito che si è avuto nella dottrina francese, dove, al conservatorismo
di chi non riconosceva al diritto tributario altro che un limitato ed ambiguo «particolari-
smo» (F. Gény, Le particularisme du droit fiscal, in Mélanges R. Carré de Malberg, Paris,
1933, p. 195), si contrapponeva chi affermava l’autonomia del diritto tributario (L. Trotabas,
Essai sur le droit fiscal, in Revue Sc. fin., 1928, 201; Id., Les rapports du droit fiscal et du
droit privé, in Dalloz Hébd., 1926, 29); la differenza delle due teorie è che se il diritto tribu-
tario è un diritto «particolare» rispetto al diritto civile, inteso come diritto comune, l’inter-
prete deve necessariamente attingere al diritto civile sia in materia di interpretazione, sia in
materia di integrazione del diritto tributario; se invece il diritto tributario è autonomo, viene
meno il fondamento di questa subalternità. Sul tema cfr. M.C. Fregni, Obbligazione tributa-
ria e codice civile, Torino, 1998, p. 213 ss.

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I tributi 11

Le norme che disciplinano l’attuazione dei tributi sono norme la cui auto-
nomia, rispetto agli altri settori dell’ordinamento giuridico, è meno netta.
Partizioni ulteriori sono i complessi normativi che hanno per oggetto le
sanzioni (amministrative e penali) ed i processi tributari.
Le norme tributarie in materia di procedimenti sono norme spe-
ciali rispetto alla disciplina generale dei procedimenti amministrativi; le
norme tributarie penali fanno parte del sistema penale codicistico. Ciò ha
rilievo perché, dove non dispongono le norme tributarie, valgono quelle del
sistema generale (amministrativo, penale, ecc.) di cui fanno parte le norme
tributarie.
Vi sono, infine, in altri settori dell’ordinamento, norme con oggetto tri-
butario. Cioè norme dell’Unione europea45, costituzionali46, processuali47,
internazionali48, civilistiche49, ecc., con oggetto tributario.
In tutti questi casi, siamo di fronte a sovrapposizioni (di settori) disci-
plinari: cioè a norme che, a seconda dei punti di vista, sono da ascrivere al
diritto tributario ovvero al diritto costituzionale, penale, processuale, inter-
nazionale, comunitario, ecc.
Vi è insomma un nucleo autonomo del diritto tributario (norme che
non interferiscono con altri settori dell’ordinamento), e vi sono norme che
appartengono a più settori disciplinari.
La divisione dell’ordinamento in settori è opera degli studiosi, e risponde
soprattutto a fini di studio (di qui l’autonomia scientifica e didattica, che
riflette esigenze di divisione del lavoro tra gli operatori e i cultori del diritto).
Ma le partizioni possono avere rilevanza pratica. Abbiamo visto, del resto,
quanto sia importante fissare la nozione (o le nozioni) di tributo.

45  Numerose norme del Trattato sul funzionamento dell’UE interessano il diritto tribu-

tario: norme sui dazi doganali, sulla libertà di circolazione di merci, capitali, servizi e per-
sone; sull’imposizione indiretta e sul ravvicinamento delle legislazioni, sulla concorrenza e
sugli aiuti di Stato.
46  Ad esempio, gli artt. 23 e 53 Cost.
47  Ad esempio, l’art. 9 c.p.c.
48  Cfr. G. Croxatto, Diritto internazionale tributario, in Digesto comm., vol. IV, Torino,

1989, p. 640.
49  Ad esempio, gli articoli del codice civile in materia di privilegi a tutela dei crediti

del fisco.

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