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STORIA DELLA PEDAGOGIA

volume III
CAPITOLO I: GLI SVILUPPI DEL PENSIERO KANTIANO

Kant si presenta a noi come il più grande filosofo dell’età moderna che fonda la sua filosofia sull’idealismo:
considera l’uomo al centro della realtà. Il soggetto ha quindi una primarietà ed un’importanza assoluta. Un
discendente di Kant che portò avanti la sua concezione di idealismo etico fu Fichte. Fu importante
nell’ambito pedagogico in quanto ebbe un’influenza straordinaria sull’animo dei giovani, grazie anche alla
sua parola convincente. In una sua opera, “La missione del dotto determina il concetto di educazione come
formazione spirituale dell’uomo che si attua mediante il “perfezio” momento morale e il dominio della
sensibilità. Per l’uomo il perfezionamento morale e la cultura sono i mezzi più alti per il raggiungimento del
fine supremo dell’uomo, ovvero la piena coerenza con se stesso. Questo fine però non è uno statico ideale
di perfezionamento, ma un infinito processo di perfezionamento; egli deve avvicinarsi sempre alla sua meta
per essere libero di pensare correttamente. L’educazione è per Fichte il perfezionamento dell’uomo.

CAPITOLO II – PESTALOZZI, L’APOSTOLO DELL’ISTRUZIONE POPOLARE

Pestalozzi (1746) compì le sue prima esperienze pedagogiche educando suo figlio e così scoprì la sua
vocazione educativa, basata anche sull’idea di un’emancipazione popolare attraverso la globalizzazione
dell’educazione. Aprì un istituto per fanciulli poveri e orfani per strapparli alla miseria, cercando di
sperimentare con loro l’associazione dell’educazione intellettuale all’attività pratica. Questo progetto però
non ebbe molta fortuna. Pestalozzi è una delle figure più suggestive della storia dell’educazione e della
pedagogica. Dal suo pensiero nasce tutta la problematica della moderna scuola elementare. Egli ha il
grande merito di aver affermato e promosso l’educazione popolare e di aver rivendicato il diritto del
popolo all’istruzione. Secondo Pestalozzi il compito dell’educazione è quello di portare ogni uomo al
compimento della sua destinazione, promuovere lo sviluppo della sua natura e di tutte le facoltà che
possiede (razionalità, libertà, attività). Nel suo complesso l’educazione deve fare in modo che l’uomo si
sviluppo in base al suo spirito, che svolga al massimo le sue attività e sviluppi le sue potenze, che si prepari
a esercitare pienamente i suo diritti. L’educazione di Pestalozzi è assolutamente naturale, in quanto
conforme alla natura dell’uomo; è elementare perché tende a svolgere nell’uomo ciò che è alla base della
sua attività intellettuale, morale e fisica. Le forze che l’educazione deve sviluppare nell’uomo sono: la forza
del cuore, della mente, delle braccia, dalle quali dipendono il volere, il sapere e il potere. Queste forme
vengono sviluppate dall’educazione morale, intellettuale e fisica, e rappresentate dall’educazione
elementare. Il punto di partenza dell’educazione è l’intuizione: apprensione immediata di ogni cosa, è il
fondamento della conoscenza e dell’arte didattica. L’aritmetica, la geometria, il disegno e la lingua sono alla
base dell’attività intuitiva.

CAPITOLO III – GLI IDEALI EDUCATIVI DEL NEOUMANESIMO TEDESCO

Un movimento che ebbe incidenza pedagogica notevole fu il Neoumanesimo che propose un nuovo
concetto di cultura. Uno dei maggiori teorici di questo movimento fu Goethe (1749). La sua idea di
educazione attraverso l’attività artistica è presente nell’opera “La provincia pedagogica”, nella quale viene
descritta un’educazione che si svolge in una regione utopistica, dove i fanciulli si dedicano solo alle attività
preferite in cui devono però diventare degli esperti. I fondamenti di una formazione autentica sono la
natura e l’arte, entrambe, però provengono da Dio. I fanciulli imparano le tre forme di rispetto: il rispetto
per Dio, per la natura e per l’umanità. Esse significano la sensibilità e la vita religiosa e da queste scaturisce
la forma suprema che è il rispetto verso se stessi (in virtù del quale l’uomo diventa capace di riconoscersi
come ciò che Dio ha prodotto di più nobile). Nel clima del Neoumanesimo gli studi furono articolati in tre
gradi d’istruzione: elementare, scolastica e universitaria. Il primo grado si basava sul modello di Pestalozzi,
secondo il quale bisognava prima apprendere le cognizioni relative alla forma, alla parola e al numero,
quindi abbastanza basilari. L’istruzione secondaria era incentrata sull’apprendimento delle lingue classiche,
latino e greco, della matematica e della storia, per sviluppare un primo intelletto. L’istruzione universitaria,
infine, era intesa come ricerca dell’esercizio delle facoltà creative del giovane.

CAPITOLO IV: IL ROMANTICISMO E LA FILOSOFIA GENIALE

Come monumento ideologico, il Romanticismo prende vita dalla fondazione della rivista “Athenaum” da
parte dei fratelli Schlegel i quali rivalutarono la poesia greca. Il gusto per il moderno cominciò a sostituirsi al
culto per l’antico, e l’entusiasmo per la poesia popolare soppiantò il fascino per la poesia classica. Di qui
l’esigenza di individuare in tutto il corso della storia le manifestazioni della creatività umana. Ma il
Romanticismo da movimento inizialmente estetico assunse un’impronta filosofica grazie a Fichte, ma
assunse anche un’inclinazione germanica. Tra i principali esponenti abbiamo Schlegel che scorge nella
poesia romantica l’espressione più genuina della creatività e dell’autonomia dell’artista. Solo il poeta
romantico è creativo perché ubbidisce solo alla sua fantasia. Questo atteggiamento, definito da Schlegel,
ironia, viene trasferito anche nella morale, concependo un’etica fondata esclusivamente sulla libera
determinazione dell’uomo geniale. Questa etica si esprime nel rifiuto di ogni legge.

L’atteggiamento di Novalis è definito idealismo magico, un atteggiamento spirituale che nasce


dall’esaltazione della fantasia creatrice. La realtà è invenzione, prodotto della fantasia di un io sognatore
che crea il mondo fantasticamente.

Shelling sviluppa nelle forme più varie il Romanticismo della natura e il suo pensiero cercò sempre delle
nuove prospettive. Di conseguenza si può solo parlare delle diverse posizioni da lui assunte: da un’iniziale
filosofia della natura passò ad un idealismo estetico e poi ad una filosofia della libertà ed infine alla filosofia
positiva. Egli muove dal concetto del non-io, che è per lui lo spirito fattosi oggettivo. La natura gli appare
come regime in atto: è l’io stesso che dall’incoscienza si solleva alla coscienza. È un principio teologico,
giacché la natura si svolge in virtù di un fine che è immanente al suo stesso divenire. Dalla filosofia della
natura si sposta all’idealismo estetico, affermando che esiste un Io estetico, condizionato da un’attività
inconscia. Solo l’arte può esprimere e realizzare Dio nella sua pienezza. Con la nuova concezione
dell’idealismo assoluto si apre un nuovo capitolo della sua filosofia, la dottrina della libertà per determinare
il rapporto tra l’assoluto e il mondo.

CAPITOLO V – I GRANDI SISTEMI DELL’IDEALISMO

Uno dei pedagogisti importanti in questo periodo fu Schleirmacher (1768) il quale crea la sua conoscenza
psicologica chiamandola “educazione armonica dell’individuo” che deve fondarsi e compiersi sull’interiorità
di una vita spirituale basata sul sentimento religioso. La sua pedagogia è volta a valorizzare la personalità
per attuare il valore dell’individualità. L’uomo, nei vari momenti della sua vita (fanciullezza, adolescenza e
maturità) deve ricevere momenti educativi diversificati, in base al suo livello di apprendimento e alla sua
maturità interiore. È chiaro che si parte da una funzione basilare per poi arrivare a quelle più articolate e
complesse. L’opera educativa nella sua globalità deve tendere ad inserire l’uomo (l’educando), come essere
dotato di libertà, nella vita collettiva che comprende le grandi comunità sociali rappresentate dalla famiglia,
dalla scuola, dallo Stato e dalla chiesa. L’educazione si volge prima in famiglia, poi a scuola dove assume un
carattere comunitario e sicuramente più completo.

La filosofia di Hegel rappresenta la rivincita del razionalismo sull’intuizionismo romantico. L’essenza della
realtà può essere colta mediante un’attività spirituale che ha il suo strumento nella ragione. Il reale non
può essere distinto dal pensiero, così le categorie del pensare diventano le categorie della coscienza
filosofica. Questo è il tema trattato nella “Fenomenologia dello spirito” nella quale Hegel mostra come la
coscienza giunga a comprendere il mondo nella sua necessità razionale. Il processo della coscienza si attua
come il superamento delle contraddizioni che si generano nei momenti dello sviluppo della coscienza. In
base a questi presupposti Hegel costruisce la logica dei contrari, fondata sul principio di non-
contraddizione. Per Hegel alla verità si attinge mediante la contraddizione, cogliendo l’opposizione di
principi antitetici. Questo è quando costituisce la dialettica. Questo implica due opposi: la tesi e l’antitesi,
da superare in una sintesi. Hegel respinge la posizione dell’io incosciente che si fa cosciente nel suo
divenire, e vi sostituisce l’idea, ossia lo spirito assoluto, come spirito infatti l’idea comprende se stessa, si
riconosce nella sua vera essenza, cioè come ragione universale. Lo spirito oggettivo si realizza nelle
istituzioni civili, politiche e sociali della vita emana, esprime il momento in cui l’individuo esce da sé e
diventa parte di un tutto. Il momento dello spirito assoluto si attua come arte, religione e filosofia,. L’eticità
si attua attraverso tre momenti: famiglia, società civile e stato. L’idea si realizza come autocoscienza, prima
nella forma dell’intuizione (arte), poi nella rappresentazione (religione) ed infine nel concetto (filosofia).
Quindi tutta la realtà è risolta nel concetto dello spirito assoluto, che è sostanzialmente Dio che si svolge
nella natura, nell’umanità e nella storia. Ma tutta la realtà è risolta nello spirito umano, nel quale si fa
chiaro a sé stesso lo spirito universale.

Schopenhauer, come i romantici, affida la ricerca della verità all’intuizione; secondo lui la realtà ha sue volti
e due manifestazioni: come fenomeno è soltanto un sistema di rappresentazione la sede è il cervello. Ma
l’intuizione ci consente di scoprire che oltre il fenomeno c’è qualcosa che non è rappresentazione, ma una
realtà in sé che non è altro che volontà, incosciente, istintiva ed irrazionale. È volontà di vita che si protende
all’infinito senza mai raggiungere qualcosa che possa appagarla e che genera una continua tensione che
illude. In base a questo principio, la vita per Schopenhauer si scopre come una grande illusione, colma di
pena e dolore. Dobbiamo resistere e liberarci della servitù, cercare di non volere, cioè sopprimere in noi la
volontà. Il primo grado di liberazione è costituito dall’arte, perché ci fa considerare le cose in maniera
disinteressata; il secondo è la giustizia che ha il suo fondamento nell’egoismo; il terzo è la compassione, in
virtù della quale rinunciamo a riconoscere il nostro destino comune a quello degli altri; il quarto è l’ascesi,
ossia la condizione di spirito in cui la volontà si tramuta in nolontà, nella quale la volontà di vivere si
estingue e la vita si svela in tutta la sua inutilità: si attua attraverso la castità, la mortificazione, il sacrificio e
l’accettazione serena della morte. Ma la vera liberazione avviene quando l’anima si identifica con il tutto,
ossia nel Nirvana.

CAPITOLO VI: LA PEDAGOGIA DI ISPIRAZIONE ROMANTICA

Il Romanticismo ispirò tutta la pedagogia di questo periodo, sostenuta dal maggior pedagogista romantico:
Fraebel. Ebbe la vocazione di diventare educatore e maestro e così fece, fondando una piccola scuola (“Il
Giardino Generale Tedesco”), in cui metteva in pratica il suo metodo per l’educazione dell’infanzia. Dopo la
sua morte egli veniva spesso preso in considerazione in tutte le iniziative e le istituzioni a favore
dell’educazione della prima infanzia. La sua opera fondamentale è “L’educazione dell’uomo” in cui si
trovano tutti i suoi insegnamenti. È stato considerato il maggior pedagogista del Romanticismo perché la
sua formazione spirituale ha subito le influenze di Shelling e Goethe. La sua concezione della vita è
caratterizzata da un forte senso religioso che lo porta ad associare Dio alla natura. La sua educazione è
sviluppo non solo del singolo, ma dell’intera umanità e perciò deve comunicare sin dalla nascita (l’uomo è
membro di una società appena nasce). La sua sede naturale è la famiglia ed è proprio in questa che
apprende la prima educazione (come diceva anche Pestalozzi). Fraebel dà grande importanza al gioco e
attribuisce ad esso l’opportunità di sviluppo del bambino. Il gioco è attività pura, liberatoria e creativa che
porta il bambino a svilupparsi in tutte le varie concezioni. Al concetto del gioco egli non attribuisce solo la
capacità di sviluppo ma anche la capacità del bambino di cogliere l’essenza della realtà attraverso la scienza
per eccellenza che è la matematica: infatti tutti i giocattoli hanno forme geometriche (palla, cubo, sfera).

Richter all’io contrappone l’io individuale, esistente o vivente, il quale mediante l’educazione, conquista la
sua personalità ideale. Di conseguenza l’educazione è un processo spirituale perché richiede l’attività
simulatrice dell’educatore che promuove la vita spirituale dell’educando. Educare significa sviluppare la
forse morale, ovvero la dignità e la bellezza morale, cioè l’amore.

Necker (1766) è considerata una pedagogista che porta avanti un pensiero contrapposto a quello di
Rousseau: rifiuta il suo naturalismo e và contro i suo paradossi. Il concetto sul quale ella si basa è la
progressività del processo educativo. L’educazione deve essere completa, organica fin dalla nascita, senza
pensare come Rousseau, che sostiene che le cose si apprendono poco a poco con il passare del tempo e in
base ai processi di apprendimento.

Padre Gregorio Girard si dedicò alla scuola di lingua francese. Può essere considerato un realizzatore del
principio dell’educazione conforme allo sviluppo e ubbidiente alla natura. La sua originalità sta nel ruolo
assegnato alla lingua materna. La sua pedagogia comprende principi come: formazione aperta alla socialità,
unitarietà dell’educazione.

CAPITOLO VII: HERBART E LA FONDAZIONE TEORETICA DELLA PEDAGOGIA

La ricerca di una pedagogia sistematica, basata su regole metodiche, era il punto fondamentale
dell’ideologia di Pestalozzi, ma fu ripresa da Herbart che pone il problema della fondazione della pedagogia
come scienza dotata di proprie caratteristiche all’interno del sapere filosofico. Herbart esplicitò il problema
della fondazione teoretica della pedagogia: secondo l’autore, la pedagogia deve avere un carattere
autonomo, un contenuto specifico ed una propria metodologia. I momenti essenziali dell’educazione sono
tre: il governo, istruzione e la cultura morale. Nel governo, la volontà di apprendere del ragazzo è
determinata dall’educatore; attraverso la cultura morale si promuove la libertà del ragazzo. Grazie
all’istruzione invece si organizzano nell’animo dell’allievo le idee. Mediante l’istruzione si accrescono, si
organizzano e si ordinano le rappresentazioni ideologiche dell’anima. Il ragazzo attraverso questi momenti
deve essere condotto alla legge morale, ossia alla conquista di un proprio carattere. Herbart nel ricercare
un metodo di insegnamento, si rifà a Pestalozzi, secondo il quale il punto di partenza di un apprendimento
è rappresentato dall’intuizione (ABC). Ciò però richiede uno sviluppo, una direzione da seguire a poco a
poco. A ciò deve provvedere l’insegnante che si pone il problema di un insegnamento graduale:
l’acquisizione delle conoscenze da parte del ragazzo si svolge attraverso una serie di atti che solo se ben
diretti possono conseguire i loro scopi (Teoria dei gradi formali dell’istruzione). Herbart individua quattro
gradi dell’istruzione: chiarezza, ovvero la comprensione basata su una prima intuizione di ciò che deve
essere appreso; associazione, attraverso la quale si attua un accrescimento delle idee; sistema, con cui si
procede alla sistemazione delle idee apprese; metodo, ovvero si promuove il lavoro personale delle idee
apprese fin’ora. Per quanto riguarda la scelta delle materie, Herbart fa una graduazione di materie
d’insegnamento, partendo da quelle discipline che riguardano l’esperienza e le relazioni fra gli uomini:
storia naturale, geografia, storia civile, cioè le scienze del reale.
CAPITOLO VIII – DALL’IDEALISMO ASSOLUTO AL MATERIALISMO STORICO

Marx ed Engel vengono considerati dai pedagogisti due tappe fondamentali del pensiero pedagogico,
perché è con loro che nasce la pedagogia scientifica. Si verifica infatti un collegamento tra il problema
dell’educazione e la lotta contro lo sfruttamento capitalistico e per l’emancipazione dei lavoratori. Da parte
loro si afferma un’educazione generale, gratuita a tutti, ciò per rendere la vita più felice ed umana ai
fanciulli e alla gioventù. Essi tengono in considerazione lo sfruttamento a cui erano sottoposti i fanciulli
nella più tenera età nelle industrie inglesi. Marx promuove l’educazione collettiva, considerandola un
mezzo per eliminare lo sfruttamento, soprattutto quello minorile, e per promuovere l’istruzione di tutti i
bambini negli istituti statali a spese dello stato. Il contenuto dell’educazione di Marx doveva comprendere:
la formazione dell’intelletto, la cultura fisica e l’insegnamento tecnico. Ma l’aspetto fondamentale della
concezione educativa proposta da Marx ed Engel è l’educazione politecnica: insegnamento svolto su basi
scientifiche e tecniche connesso al lavoro produttivo quel, da mezzo di sostentamento, doveva trasformarsi
in mezzo di liberazione dell’uomo. Questo insegnamento era considerato il mezzo per eliminare la
differenza tra il lavoro intellettuale e quello memoriale.

CAPITOLO IX: LO SPIRITUALISMO ITALIANO DEL XIX SECOLO

Agli inizi dell’Ottocento il pensiero italiano si orienta in direzione dell’anti-illuminismo, soprattutto con un
rifiuto del sensismo. Una critica fu impersonata dal pensatore calabrese Galluppi, il quale parla di filosofia
dell’esperienza: nell’indagine filosofica bisogna muovere dai fatti primitivi, ossia dai dati della coscienza.
Esistono una realtà oggettiva ed una realtà soggettiva: il soggetto analizza i dati percettivi mediante la
riflessione elabora le idee universali. L’uomo viene affermato come spirito dotato di libertà. L’azione buona
discende dal comando della ragione, ma la ragione ubbidisce ad una legge trascendente nella quale deve
uniformarsi la volontà. Il dovere è soggettivo in quanto nasce dalla riflessione del pensiero umano.

Rosmini fu il maggiore filosofo italiano moderno. Svolge una critica serrata al sensismo e all’idealismo,
affermando che, riguardo al problema dell’origine della conoscenza umana, l’una erra per difetto mentre
l’altra per eccesso. Il conoscere è un’operazione sintetica della mente, tutto il conoscere diventa soggettivo
e relativo. Alle dodici categorie Kantiane, Rosmini sostituisce un’unica categoria, la categoria dell’essere. Si
tratta di una vera e propria idea originariamente contenuta nella mente umana. In virtù di questa idea la
mente è in grado di formulare giudizi: quest’atto è chiamato percezione intellettiva. L’uomo è un soggetto
intelligente, conoscente e volente, cioè persona. L’imperativo etico è: “segui nel tuo operare il lume della
ragione”. Da un punto di vista pedagogico, per Rosmini non può esserci educazione senza il riferimento ad
un fondamento unitario ed essenziale, possibile con la religione e nella religione, in quanto questa insegna
che vi è un bene assoluto da conoscere e volere, ossia Dio. Unità religiosa dell’educazione, perché il
Cristianesimo unifica tutte le cure educative. Come unità della potenza, la religione diventa il principio del
metodo: fa sì che in ogni oggetto di apprendimento convergano tutte le facoltà umane. Per quanto riguarda
il problema della fondazione del metodo di insegnamento, Rosmini sostiene che il principio fondamentale
sia la legge della gradazione, ossia il procedimento che consente al fanciullo di passare da ciò che conosce a
ciò che non conosce. Occorre procedere dall’universale al particolare, dal dato sintetico a quello analitico.
Sulla base di questo principio Rosmini svolge la teoria dei gradi dell’intellezione nella quale mostra una
notevole penetrazione psicologica dell’animo infantile. Altro problema pedagogico che interessa Rosmini è
quello della libertà di insegnamento, intesa come esercizio, non impedito dal diritto di insegnare ed
imparare.
CAPITOLO X: IL PROBLEMA EDUCATIVO NELL’ITALIA RISORGIMENTALE

Per quanto riguarda il problema dell’educazione, intesa come educazione nazionale, si distingue quella di
indirizzo logico-liberale e quella di indirizzo cattolico-liberale. Alla prima appartengono Mazzini, Cattaneo,
Meyer; alla seconda Rosmini, Gioberti, Lambruschini, Capponi, Tommaso e altri.

Le idee pedagogiche di Mazzini riguardano una concezione etico religiosa, libera da ogni legame con la
religione positiva, nella quale il problema educativo ha un ruolo fondamentale. Dio è il vertice della realtà,
ma alla base di questa c’è l’umanità, alla quale Dio ha consegnato una precisa legge di vita che riguarda i
doveri verso se stessi, verso la famiglia e verso la patria. L’educazione per Mazzini è universale e nazionale,
obbligatoria e gratuita, affidata allo Stato, ma che garantisca la libertà- essa mira al perfezionamento
dell’intelletto e quindi al progresso sociale, tutto per il bene nazionale.

Il problema di un’educazione nazionale domina anche il pensiero di Cattaneo. Egli sostiene che un popolo
può risorgere mediante l’educazione; l’insegnamento deve dare forza e dignità al popolo e tutte le scuole
devono preparare i giovani coltivare le idee della patria.

Lambruschini è considerato il maggiore pedagogista italiano del periodo risorgimentale. La sua pedagogia è
caratterizzata da stretti legami che egli ha con la religione e con l apolitica. Il maestro secondo la sua
concezione, deve avere autorità di fronte alla libertà dello scolaro; l’educazione può essere negativa
quando il maestro non lascia la giusta libertà all’educando, e positiva quando gli permette di affermare le
sue iniziative. Egli sostiene che l’educazione deve avere anche un carattere psicologico, in quanto il maestro
deve imparare a conoscere il carattere dell’allievo per sapere quali sono le tecniche più idonee al suo
apprendimento. L’educazione sarà quindi diretta e indiretta: la prima è mirata al ragazzo e al suo
apprendimento; la seconda promuove comunque un’acquisizione di nuove conoscenze.

Il pensiero educativo di Capponi è dominato dall’idea che l’educazione è uno sviluppo armonico e integrale
dello spirito, inteso come volontà, sentimento, affettività, più che come fredda ragione e astratto intelletto.
Il metodo di insegnamento deve essere conforme allo sviluppo e alla natura del fanciullo. In questo periodo
furono un insieme di idee che pervasero tutto il Risorgimento e così vennero promosse una serie di
iniziative e di opere che diedero vita a nuove istituzioni educative, con importanti riforme legislative in
campo scolastico. Le più importanti furono le “Scuole di mutuo insegnamento” sorte in Inghilterra e basate
sull’uso di collaboratori per i maestri nei loro processi di insegnamento. Questi collaboratori erano gli
studenti più capaci. Accanto a queste scuole sorsero nuove iniziative per elevare l’istruzione professionale,
specialmente nei settori agricoli e commerciali. Un’altra iniziativa fu l'apertura di scuole infantili e asili per
custodire i bambini nelle regioni in cui vie era un forte sviluppo industriale.

Aporti ebbe una varia ed intensa attività pedagogica: si occupò di scuole festive, dell’istruzione dei ciechi,
dell’educazione dei contadini, della preparazione dei maestri e della formazione professionale. Si interessò
maggiormente all’educazione infantile, intesa nel suo triplice aspetto: fisico, intellettuale e morale-
religioso. Per la loro educazione consiglia il metodo dimostrativo che consiste nel mostrare gli oggetti e le
loro immagini per farli osservare, per poi passare alla nomenclatura. Gli elementi essenziali dell’educazione
infantile sono la lingua, la grammatica, i calcoli, la storia sacra e l’istituzione catechista; si lascia poco spazio
al gioco, alle attività pratiche e agli esercizi fisici.

San Giovanni Bosco si dedicò all’assistenza materiale e spirituale dei giovani, fondò infatti l’Oratorio in cui
ci si incontrava per frequentare delle scuole serali, dei corsi pomeridiani e coinvolgenti, sempre però
sottostando alle sue regole.
CAPITOLO XI: GENESI E SVILUPPI DELLA FILOSOFIA POSITIVA

Il Positivismo, che si sviluppa in Francia nella seconda metà del XIX secolo, è un movimento che pone
l’esigenza di collegare la ricerca filosofica ai fatti, ossia ai risultati dell’esperienza., alla realtà effettiva
considerando ciò che è positivo e concreto, e perciò suscettibile di un sapere fondato sull’’osservazione,
sull’analisi e sui dati della scienza sperimentale. Promotore di questa filosofia positiva fu Comte. L’idea della
filosofia positiva nasce in Comte da un’esigenza di carattere politico-sociale, cioè ricostruisce la società, ma
per fare questo occorreva un piano di intesa universale fra gli uomini che poteva essere offerto solo dalle
scienze. La società per essere riconosciuta necessita di una scienza positiva e questa sarà la sociologia, la
scienza più alta in quanto presuppone tutte le altre e studia i fenomeni più complessi. Egli predicò
addirittura una mistica sociale fino a proporre una nuova religione: la religione del’umanità, nella quale
cercò di trasportare i contenuti soprattutto al cristianesimo. Il principio di questa religione è l’amore per gli
altri.

Il Positivismo ebbe notevole sviluppo anche in Inghilterra, uno dei maggiori rappresentanti fu Mill che pone
i fondamenti di ogni sapere nella constatazione dei fatti che vengono generalizzati mediante l’induzione. La
constatazione è a sua volta il fatto primitivo non suscettibile di dubbio e critica. La generalizzazione che noi
effettuiamo sulla base dei fatti ubbidisce soltanto al meccanismo dell’associazione psicologica,in virtù della
quale arriviamo a formulare affermazioni di carattere universale. L’utilità è la motivazione fondamentale
della condotta in quanto l’utile è ciò che produce piacere e rende possibile la felicità dell’individuo.

Anche Spencer fonda la conoscenza sulla constatazione dei fatti, ma la conoscenza implica l’unificazione dei
fatti, ossia un richiamo all’unità. Questo richiamo si attua dapprima nella scienza e poi nella filosofia. Noi
conosciamo soltanto i fenomeni organizzati nello spazio e nel tempo, ma al di là di essi dobbiamo porci una
realtà inconoscibile, che è la realtà che ha motivato il sorgere della religione e delle varie concezioni
filosofiche dell’Assoluto: questo è quello che viene definito realismo trasfigurato. Tra materia e movimento
c’è un legame costante necessario che egli esprime mediante la sua famosa legge dell’evoluzione: secondo
questa legge, la materia passa da un’omogeneità indefinita ad un’eterogeneità definita. L’educazione
consiste nell’incanalare le forze della natura verso il raggiungimento di una vita completa contrassegnata
dal benessere individuale e sociale, dalla salute fisica per mezzo della scienza. L’insegnamento deve essere
regolato dal principio dell’evoluzione, ossia adottando i seguenti criteri metodici: dal semplice al
complesso, dall’incerto al certo.

In Italia il Positivismo ebbe una particolare fioritura che ebbe tra l’altro un’espressione letteraria nel
Verismo, e la personalità che emerge maggiormente è quella di Ardigò. L’oggetto della sua filosofia è il
tutto che è indistinto che si va sempre distinguendo. La sua teoria dell’evoluzione consiste nel passaggio
dall’indistinto al distinto. Per quanto riguarda la sua pedagogia, l’educazione è sconsiderata come acquisto
di abitudine di carattere pratico, tecnico e sociale, la sua legge è l’eteronima e non l’autonomia. La
coscienza collettiva modella l’individuo naturale.

CAPITOLO XII: LA CRISI E IL SUPERAMENTO DELLA FILOFIA POSITIVA

La crisi del Positivismo comincia sul finire del XIX secolo. Molteplici sono i motivi di questa crisi e varie le
tendenze di superamento che si manifestano. Uno di queste è l’empirismo critico, che si pose il problema di
liberare l’esperienza da ogni sovrastruttura ideologica. Ma la principale reazione all’ideologia positivista si
espresse nel mondo afroamericano con l’elaborazione di una filosofia dell’esperienza: si tratta di un nuovo
movimento che prende il nome di pragmatismo ed il cui precursore fu James, secondo cui la verità deve
essere ricondotta all’esito delle esperienze particolari, che possono verificare la validità di ogni nostra
affermazione. Oltre alle verità scientifiche vi sono le verità di carattere morale e religioso, ma di queste
nessuna verifica razionale e sperimentale è possibile, ma è conveniente riconoscerle mediante la volontà.
James reagì al Positivismo sul piano psicologico e morale. In psicologia affermò il principio dell’autonomia
individuale e della libertà personale. Tali concetti li adoperò anche per caratterizzare l’educazione
riconducendola ad un rapporto originale di maestro e scolaro. Ma la più decisiva opposizione al Positivismo
si manifesta nel pensiero francese che sviluppò soprattutto la critica dello scientismo, cioè l’erronea
convinzione che la scienza posso anche spiegare tutta la realtà.

Ma la reazione al Positivismo si manifestò anche nel senso di una ripresa dell’idealismo. In Inghilterra
questo neoidealismo assunse un indirizzo prevalentemente etico - religioso. Il maggiore rappresentante è
Bradley che critica il mondo naturale come sistema di relazioni, dichiarandolo un’apparenza, perché ogni
oggetto finito è per sé contraddittorio. Al contrario, al mondo dell’apparenza sta quello della realtà che non
contraddice se stessa: è il mondo dell’Assoluto.

Più kantiana è la filosofia di Lachelier la cui influenza sul pensiero francese è stata notevolissima. Egli
riprende il problema kantiano della dualità fenomenica e teologica, risolta ponendo alla genesi di tutto il
reale.

Anche dalla Germania il neoidealismo si svolse all’insegna di Kant ed i principali rappresentanti furono
Wundt, Windelband e Rickert dalle cui idee si sviluppò un movimento di pensiero che prese il nome di
Filosofia dei valori. I valori sono gli ideali normativi con i quali giudichiamo la realtà: non è vero ciò che
pensiamo, ma è vero ciò che deve essere pensato. La filosofia dei valori è svolta distinguendo la realtà in
“mondo dei valori” i quali valgono ma non esistono, in “mondo della realtà” che è oggetto della scienza, e
“mondo del senso” a cui appartiene il soggetto.

CAPITOLO XIII – IL NEOREALISMO ITALIANO E LA PEDAGOGIA ATTUALISTICA

Gentile costruì una pedagogia speculativa, contrapposta a quella positivistica, suscitando così un
rinnovamento della scuola italiana. Egli afferma che le pedagogia coincide con la filosofia, perché entrambe
hanno lo stesso contenuto: la realtà spirituale come sviluppo. La dualità maestroscolaro è su basi empiriche
e astratte, in quanto non sono reali, perché reale è lo spirito. Quando si attua un processo di educazione c’è
un solo spirito che si educa. Si parla infatti di autoeducazione perché in fondo è lo spirito che educa se
stesso, ponendosi direttamente come maestro e scolaro. La didattica, secondo Gentile, non può essere
teorizzata ma solo realizzata perché ogni volta che si riferisce ad uno scolaro deve modificarsi in base a lui e
al suo carattere e ai suoi processi di apprendimento. Gentile diede vita a nuove iniziative per gli insegnanti,
favorendo l’abbandono di una didattica normativa e regolare che era stata professata dai positivisti, e
promuovendo una didattica individualizzata.

Una delle maggiori personalità culturali dell’Italia contemporanea è Benedetto Croce. Per lui la filosofia è
l’autoconsapevolezza dello spirito nella sua storia: lo spirito per essa riconosce le categorie del suo divenire
e queste sono appunto quelle che ne generano la dialettica. Lo spirito si svolge mediante le sue opposizioni-
distinzioni, componendole in un processo circolare. I momenti di questo divenire sono: l’estetica, la logica,
l’economia e l’etica; per esse lo spirito viene a trovarsi in posizione teoretica e pratica, e proprio questo
approccio tra le due posizioni porta Croce ad una conseguenza che caratterizza la sua posizione filosofica
come storicismo: cioè lo spirito, conoscendo se stesso, conosce il suo divenire, la sua storia.

Lombardo-Radice espresse una pedagogia speculativa, ma arricchita da una concreta esperienza scolastica.
Egli, come Gentile, volle combattere il Positivismo pedagogico e la pedagogia regolistica e normativa,
affermando la filosoficità della pedagogia. La pedagogia non può accettare regole che precedono l’atto
educativo, perché lo spirito ha bisogno della libertà e non dell’assoluta autonomia: cerca in ogni uomo i
suoi caratteri. Per Lombardo-Radice la scuola rappresenta l’istituzione in cui si trovano tutte le forze
educative dell’umanità; in essa si deve risolvere l’educazione familiare e si deve promuovere il processo di
integrazione sociale dell’educando. Il fine della scuola è la conquista della spiritualità umana; la scuola è di
tutti e per tutti, perché p unicamente dell’uomo. Ciò è possibile solo se è laica, ossia improntata solo alla
fede nello sviluppo dello spirito e non sottostante a regole e confessioni religiose. La scuola deve inoltre
realizzare un’educazione in cui è fondamentale la cultura popolare per promuovere quella che egli chiama
pedagogia folcloristica: all’insegnamento elementare e didattico si deve aggiungere quello della vita reale e
sociale dell’ambiente in cui il bambino vive. Egli valorizzò il metodo delle sorelle Agazzi per l’educazione
dell’infanzia e si posizionò a livello critico nei confronti del metodo della Montessori.

CAPITOLO XIV – LO SVILUPPO CONTEMPORANEO DELLO SPIRITUALISMO

Lo spiritualismo si sviluppa soprattutto in Francia e in Italia con Bergson, che del Positivismo denunciò
l’incapacità di spiegare totalmente gli aspetti della vita. La libertà sta al fondo di tutta la realtà. Per cogliere
immediatamente l’essenza della realtà occorre l’intuizione che è lo strumento della conoscenza metafisica.
Essa ci consente di penetrare nell’intimità del reale e di cogliere la sua essenza che è un divenire che ha alla
sua origine un principio unitario, fonte di vita: questo è lo slancio vitale.

Blondel sostiene quella che viene definita la filosofia dell’azione:; solo la filosofia può comprendere tutta la
realtà, in quanto la filosofia è soprattutto comprensione della vita, che nell’uomo si attua come tensione e
volontà. La filosofia conduce alla religione.

Ma le implicazioni pedagogiche della filosofia dell’azione furono sviluppare da Laberthonniere. In


pedagogia propone il concetto dell’autorità liberatrice che è quella che realizza un valore educativo.
Suggerisce anche il concetto di educazione come opera di carità. La religione è il fondamento
dell’educazione. Altri rappresentanti dello spiritualismo francese furono Lavelle, Lesenne e Mounier. In
Italia lo spiritualismo contemporaneo trova come rappresentanti Carlini, Gozzo, Stefanini, e Ottaviano, ma
una posizione di rilievo la ebbe Sciacca. Carlini ha elaborato uno spiritualismo critico: secondo lui lo
sviluppo dell’autocoscienza passa attraverso una serie di fasi, l’ultima delle quali è quella teologica.
Stefanini ha caratterizzato il suo spiritualismo come personalismo, affermando che lo spirito umano rinvia
con la sua attività immaginativa all’altro da sé. Svolse anche una pedagogia incentrata sul concetto
dell’educazione come attività rivolta a suscitare le qualità intrinseche della persona, intesa come essere
libero e spirituale. Questa attività è sorretta dal rapporto maestroscolaro. Da qui nasce la proposta di una
scuola del dialogo. Sciacca è giunto alla metafisica identificandola con la filosofia. La metafisica cui si parla è
quella dell’essere, ossia il problema del fondamento oggettivo del pensiero , chiamato problema critico1.
L’esperienza interiore si configura come l’atto del pensiero che pensa l’essere: questa esperienza è
chiamata interiorità oggettiva. La presenza dell’infinito nelle strutture finite dell’uomo genera quello che
Sciacca definisce “dramma esistenziale”. Nel dialogo con Dio risiede il principio della morale e il principio
dell’integrità dell’uomo.

CAPITOLO XV – LA FENOMENOLOGIA E LA FILOSOFIA DELL’ESISTENZA

Agli inizi del nostro secolo hanno origine in Germania due correnti di pensiero la fenomenologia e la
filosofia dell’esistenza. La prima è una concezione filosofica che si attiene rigorosamente alla descrizione
dei fenomeni, ossia dell’essere in quanto si manifesta. Il suo maggiore rappresentante fu Husserl. Egli parte
dall’analisi della conoscenza mettendo in rilievo la differenza tra le cose conosciute ed il loro significato: le
cose conosciute sono oggetti, il loro significato delle essenze, risultato di un’intuizione eidetica2 che
avviene nella coscienza, dalla quale bisogna distinguere i propri atti come i giudizi e gli atti per cui la
coscienza si riferisce ad un oggetto che non è costitutivo della conoscenza stessa. Ma ciò non significa che
provengono da un mondo reale, perché possono provenire dallo stesso soggetto nella sua determinazione
empirica. Ma questa è una questione su cui bisogna sospendere ogni giudizio, mediante un atteggiamento
di pensiero che egli chiama epochè o riduzione fenomenologica. Nell’epochè sta la caratteristica
dell’atteggiamento filosofica. Il soggetto la cui esistenza è immediatamente evidente è chiamato io
trascendentale, nel senso di soggetto che è e pensa. La coscienze in cui il mondo appare è costituita da una
molteplicità di coscienze che sono oggetti, ossia da una pluralità di io, che Husserl chiama monadi. Il mondo
è idealità, perché non possiamo andare oltre il suo apparire.

L’esistenzialismo si sviluppa subito dopo la I Guerra Mondiale con Barth e Jaspers che riprendono le
tematiche proposte nell’800 da Kierkegaard il quale aveva sostenuto l’impegno esistenziale della filosofia a
rispondere ai problemi dell’individuo, una filosofia capace di impegnare l’uomo al suo destino.

Barth svolse soprattutto il problema dei rapporti tra l’uomo e Dio, proponendo una teologia dialettica.
Questa teologia esaspera la condizione dell’uomo di fronte a Dio, considerandolo puro non-essere: l’uomo
di conseguenza deve entrare in crisi. La salvezza dell’uomo è perciò nell’abbandono a Dio, nella fede e nel
credere nonostante tutto.

Jaspers afferma che la filosofia deve attuarsi come chiarificazione dell’esistenza e della condizione umana.
Ciò che la caratterizza è la distinzione della scienza. La chiarificazione esistenziale ci permette di cogliere la
nostra esistenza come relazione con se stessa e con l’essere; la filosofia si risolve allora in metafisica,
perché viene posto il problema della trascendenza. Essa si manifesta come simbolo o cifra, mediante
questa l’essere trascendentale si fa presente e apre la strada alla piena realizzazione dell’esistenza.

Heidegger è il maggiore filosofo esistenzialista. Il punto di partenza della sua problematica la distinzione
tra l’esserci e l’essere3: il primo è l’essere qui, l’essere nel mondo, cioè è insistentemente premuto dal
nulla; la pressione del nulla genera una serie di stati emozionali, di cui il più importante è l’angoscia, ossia la
paura del mondo nel suo complesso, che porta l’uomo ad assumersi la responsabilità della sua vita. L’uomo
esiste per la morte, e accettandola come destino si fa libero per essa. Heidegger affronta anche il problema
dell’essere come problema della verità: la verità è ciò che sta nascosto e velato.

La filosofia dell’esistenza assume un orientamento cristiano con Marcel, secondo cui l’esistenza è l'essere
incarnato e corporeo, ma il corpo è qualcosa di misterioso, è una “notte oscura”. Tutte le esistenze hanno
qualcosa di misterioso e quindi di non oggettivabile. Per comunicare, per entrare in rapporto con l’altro,
bisogna riferirsi all’essenza in oggettivabile dell’altro. Ciò è possibile mediante l’amore che consente la
presenza in me dell’altro come soggetto. Il mondo dell’esistenza autentica si costituisce come il mondo
della presenza. L’analisi di questo mondo è l’oggetto di ricerca che Marcel chiama meta problematica
perché collocata al di là del mondo dei problemi, ma in un mondo di incontro tra realtà spirituali che
richiede un approccio non discorsivo4.

Con Sartre si sviluppa a Parigi l’esistenzialismo fenomenologico. Il suo problema fondamentale si configura
come il problema del rapporto tra la coscienza e l’essere che sta al di là della coscienza: la prima costituisce
il perse, il secondo l’in - sé. La coscienze che p nulla, si protende verso l’essere nello sforzo impossibile che
genera angoscia. La libertà, che è la dimensione fondamentale dell’esistenza umana, è un potere di scelta
ma è tale perché mancanza. L’uomo è fondamentalmente desiderio di essere Dio, questo desiderio di
concretizza in una molteplicità di desideri che occorre decifrare mediante quella che si chiama “psicanalisi
esistenziale” che ha lo scopo di determinare la scelta originale dell’uomo di fronte al mondo.

CAPITOLO XVI – IL POSITIVISMO LOGICO E LA FILOSOFIA ANALITICA

Il Neopositivismo o Positivismo logico p il movimento di pensiero sorto in Austria intorno agli anni ’20 e
trova i suoi antecedenti nell’Empirismo. Caratteristica essenziale di questo movimento è l’assunzione del
discorso scientifico come unico campo di ricerca filosofico, con la conseguente esclusione dell’etica,
dell’estetica e della religione, ma anche della metafisica, quale discorso privo di senso. Da un lato i
neopositivisti cercano di unificare tutte le scienze attraverso la costruzione di un linguaggio unico; dall’altro
assumono il criterio di verificazione empirica, come criterio ultimo per decidere la verità o la falsità di una
proposizione. Tutto quello che non può essere tradotto in un linguaggio fisicalistico viene respinto e
considerato insignificante.

Uno dei più insigni rappresentanti della cultura contemporanea inglese fu Russel, secondo cui il mondo è
composto da una molteplicità di enti, perché il compito della filosofia è quello di analizzare tutto ciò che è
complesso. Russel considera le relazioni come rapporti esterni tra entità. La logica ha il compito di studiare
tali relazioni, e la matematica è un ramo della logica in quanto si rivolge ad un mondo di entità in sé, i
numeri. La logica matematica viene così proposta come tipo di linguaggio perfetto per rispecchiare la
struttura logica del mondo. Per quanto riguarda il problema etico, Russel nega che questo possa avere una
fondazione scientifica, in quanto è convinto che le convinzioni etiche abbiano un carattere emotivo che le
sottrae da ogni logica del vero e del falso. Lo scopo della vita etica è la felicità che si può considerare
attraverso una graduale realizzazione dei desideri. Il segreto della felicità sta nel fare in modo che gli
interessi personali siano numerosi. Per quanto riguarda il problema religioso, Russel non esita a negare la
consistenza, contestando la possibilità di una dimostrazione dell’esistenza di Dio. La religione è una specie
di malattia, frutto di paura; a suo avviso favorisce l’odio e la guerra che ostacolano il progresso e la felicità
del genere umano. Russel si è occupato anche del problema educativo: fondò una scuola sperimentale, in
cui adottò un metodo didattico - disciplinare fondato sulla libertà dei fanciulli. Grande rilevanza ebbe la
ricerca e la sperimentazione per l’apprendimento delle scienze, al fine di formare nei giovani l’attitudine al
pensare scientifico. Dai programmi fu bandito qualsiasi riferimento alle ideologie politiche e religiose. Gran
parte della giornata era dedicata alla vita all’aperto e alla cultura fisica. Una caratteristica della scuola fu il
ridottissimo abbigliamento degli alunni, che svolgevano le loro attività quasi privi di indumenti. Altra novità
di rilievo fu l’introduzione dell’educazione sessuale. Si occupò anche si educazione sociale, riconoscendo la
necessità di formare buoni cittadini. Questa deve essere fondata sullo spirito di collaborazione e tolleranza,
l’individuo non deve essere subordinato allo stato ma deve essere educato per combattere il nazionalismo,
le ideologie e la religione.

Una corrente di pensiero che ha in comune con il Neopositivismo la lotta contro la metafisica e la
considerazione della filosofia come analisi della lingua è la filosofia analitica che si diffonde soprattutto in
Gran Bretagna. Tuttavia, mentre il neopositivismo restringe l’analisi al solo linguaggio scientifico, la filosofia
analitica estende la sua indagine a tutti i tipi di linguaggio, da quello scientifico a quello comune. Gli analisti
muovono da una radicale forma di empirismo caratterizzata dallo spostamento della ricerca dalle
sensazioni alle parole che vengono usate per significarle. Il problema etico si riduce all’analisi delle
proposizioni emotive, imperative, valutative e dell’uso che nel linguaggio comune si fa di termini come
bene, giusto, bello, eccetera. In questa prospettiva tutti i problemi relativi alla “coscienza”, all’ “io”, all’
“essere”, a “Dio”, si rivelano come pseudo problemi sorti da confusioni linguistiche. Per gli analisti, l’analisi
ha un ruolo terapeutico: quello di guarire dalle nevrosi e sottrarci ai dubbi ossessivi, generati da domande
filosofiche insolubili. Il maggiore esponente della filosofia analitica è Moore che si dedicò soprattutto
all’etica.

CAPITOLO XVII – JHON DEWEY E LA FONDAZIONE DELL’ATTIVISMO PEDAGOGICO

Dewey è il maggiore pedagogista contemporaneo grande filosofo, sostiene che la filosofia ha il compito di
interpretare la realtà e tutte le sue mutevoli situazioni. Il punto di partenza della sua ideologia è
l’esperienza, che naturalmente si realizza con il processo di educazione. Il problema di quest’ultima consiste
nella ricerca di tutte quelle forme di esperienza che hanno la capacità di mostrare la loro efficacia in
rapporto al concetto di sviluppo, che è connesso a quello di educazione. Per Dewey qualsiasi sviluppo non è
educazione, altrimenti bisognerebbe considerare come educazione ogni momento della vita di un uomo.
Affinché ci sia uno sviluppo in senso educativo occorre che lo sviluppo stesso sia alimentato da esperienze
di valore (quelle che portano l’uomo a sentirsi più ricco moralmente e come membro sociale). L’educazione
insomma interviene nell’esperienza per favorire il suo arricchimento, in quanto essa è una “spirale senza
fine”, un processo che si pone sempre nuovi problemi che richiedono ulteriori interventi, secondo Dewey la
pedagogica è un’arte della quale fanno parte i materiali delle scienze dell’uomo che sono utili per
affrontare e risolvere i problemi delle prassi educative. L’educazione è un continuo processo di scoperta di
quei valori che sono idonei ad essere perseguiti come obiettivi. Inoltre Dewey sostiene che la pedagogia
deve anche essere portata avanti in chiave psicologica tenendo conto dei gusti, degli interessi e delle
attività proprie dell’educando. Ciò ha determinato un adattamento dell’educazione alla personalità
dell’educando (questa è la base ideologica della pedagogia contemporanea). Questo è il principio
dell’adeguamento psicologico dell’educazione. Un altro principio con cui Dewey ha ispirato il movimento
dell’educazione contemporanea è quello dell’imparare facendo: il problema fondamentale dell’educazione
è quello di come indirizzare e dominare le attività del bambino. Egli sostiene che l’insegnamento non può
scaturire solo dal ricorso al sentimento e alle emozioni, soprattutto all’inizio, ma deve trarre origine anche
dall’azione. Da ciò ha preso vita il movimento contemporaneo della scuola attiva: in questa scuola
l’apprendimento deve assumere carattere sociale, deve realizzarsi in forma di occupazione attiva e quindi
svolgersi in armonia al progresso sociale. L’occupazione attiva dei fanciulli si tradurrà in gioco, senza che
prevalgano scopi professionali. Nella scuola il fanciulla sarà impegnato in attività produttive, ma non per la
fabbricazione di u prodotto, bensì per la sua integrale partecipazione agli scopi sociali. Lo scopo è lo
sviluppo della capacità dell’intelligenza sociale. In base a ciò deve essere considerata l’istruzione
professionale, in quanto possibilità di ottima integrazione nella società. Dewey ha criticato l’educazione
liberale considerandola solo un privilegio di classe.

CAPITOLO XVIII – L’EDUCAZIONE NUOVA E L’ESPERIENZA DELLA SCUOLA ATTIVA

Tolstoj rifacendosi a Rousseau e alla sua concezione di educazione attiva, fondò una scuola improntata sul
principio della libertà della vita scolastica, sia sul piano didattico sia organizzativo. L’idea di fondare questa
scuola gli venne perché si accorse che il carattere della scuola del suo tempo e del suo paese era
soprattutto il riflesso di una struttura basata sullo sfruttamento dei lavoratori. Egli distingue l’educazione
dall’istruzione: rifiuta la prima perché è un’imposizione di idee e riconosce valore solo all’educazione, intesa
come “trasmissione di strumenti di comunicazione”. Sostiene che l’individuo stesso deve essere autore
della propria educazione, creandosi da solo la propria cultura e costruendosi la propria concezione della
vita. Sostenendo il principio della libertà dell’istruzione, Tolstoj soppresse l’orario, i programmi e l’ordine
formale scolastico imposto dai maestri e ogni altro mezzo che in un certo qual modo potesse limitare il
libero processo individuale di autoformazione.
In nome dei diritti del fanciullo di fronte allo Stato e alla società si leva anche la voce di una donna, che fu
promotrice del movimento femminile, la svedese Key, che affronta l’autoformazione che implica il rifiuto
dei premi, dei castighi, dei voti, degli esami, e la rivendicazione della volontà di vivere in un regime di
spontaneità. Si trattava in sostanza di un programma pedagogico nel quale operavano certi motivi
individualistici. E intanto, proprio perché nasceva l’esigenza di una nuova educazione, soprattutto in
Germania, dalle tensioni sociali non mancarono, accanto alle dottrine individualistiche le tendenze
socialistiche secondo le quali gli individui hanno la possibilità di esplicare pienamente la loro personalità.
Queste tendenze ebbero la loro matrice nel Positivismo educazionistico.

Le scuole nuove (1889) furono scuole-internato, conformi alla tradizione inglese, nelle quali vigeva
l’autogoverno degli scolati ed il cameratismo tra docente e scolaro. Ma il regime di libertà di queste scuole
(libertà comunque concepita come obbedienza alla legge) non implicava una non aderenza ai modelli
disciplinari che erano incarnati nella mentalità pedagogica inglese (fondatore di una di queste scuole fu
Demolinis).

In questo periodo sorse anche un movimento importante: il Movimento della gioventù (1896), che prese
vita da un circolo di giovani a Berlino. Inizialmente era solo un circolo per viaggi giovanili, ma coinvolgendo
le gioventù di altri luoghi, come i tedeschi, si trasformò in un movimento di contestazione giovanile contro
la società, la cultura e la morale degli adulti. Si combatteva contro ogni forma di autoritarismo per la libertà
del mondo giovanile.

Wyneken sostiene che la scuola deve essere il centro della vita dei giovani per crearsi una nuova cultura
che si deve opporre a quella degli adulti. La scuola deve rimpiazzare la famiglia, svincolarsi dallo Stato e da
altre istituzioni.

Manjon ebbe l’idea di far nascere delle scuole in posti in cui vivevano zingari e tribù selvagge per far
sorgere delle nuove civiltà. Aprì così le scuole all’aperto che erano destinate ai figli di questa gente che
necessitava non solo di un’istruzione, ma anche di essere vestite e sfamate. Le chiamò Scuole dell’Ave
Maria: l’originalità di questa scuola non consisteva solo nel fatto di essere all’aperto, ma nella novità dei
metodi di insegnamento che Manjon chiamò metodi attivi. L’insegnamento era a diretto contatto con la
natura, in forma di gioco, ricorrendo spesso alle immagini e a comuni forme geometriche. Grazie a queste
scuole e alla loro originalità, Manjon fu inserito nel movimento dell’educazione nuova e considerato un
precursore della scuola attiva.

Il Movimento della scuola attiva nasce dall’interferenza e dalla combinazione di molteplici fattori di
carattere filosofico, pedagogico e sociale. Uno di questi fattori è stato quello di rinnovare l’educazione
attraverso la ripresa delle idee di Rousseau, in chiave critica, e della prassi scolastica tradizionale. Ci si
orientò anche al pensiero di Dewey e al principio dell’apprendimento attraverso l’azione. Un altro fattore è
la nascita e lo sviluppo della psicologia pedagogica su basi scientifiche e sperimentali. Il pedagogista che
raccolse tutte le ispirazioni per il rinnovamento pedagogico e cercò di unificarle in un contesto unitario,
all’insegna del principio di Dewey dell’imparare facendo, fu Ferriére (1889). Egli formula il concetto di
scuola attiva., fondata sull’attività spontanea, personale e produttiva del fanciullo, che tende a soddisfare le
persone e a vivere meglio, attraverso un accrescimento spirituale. Per arrivare a conseguire questo scopo
l’educazione deve utilizzare la filosofia, la psicologia e la biologia come scienze della vita, dello spirito e
della vita del corpo. Per conseguire questo scopo l’educazione deve utilizzare la filosofia, la psicologia e la
biologia che indicano le leggi fondamentali che l’educazione deve utilizzare per rispondere alle finalità
dell’uomo. Queste leggi sono la “legge dello slancio vitale”, “del progresso biologico e sociale”, la “legge
biogenetica” e la “legge delle differenziazioni psicologiche dell’individuo.” La legge biogenetica consente di
interpretare la vita del fanciullo; quella delle differenziazioni permette di adattare la scuola alla personalità
degli alunni.

Le molteplici esperienze della scuola attiva possono essere distinte in:

- Esperienze di individualizzazione. Le più significative sono:

- Piano Dalton, elaborato da Parkhurst i cui presupposti sono ispirati al pensiero di Dewey e consistono nel
lavoro individualizzato e indipendente, nell’interesse come motivo di apprendimento e nella vita di gruppo.
Per attuare questi presupposti la scuola viene trasformata in laboratorio di ricerca, l’insegnante non fa
lezione ma assiste e dirige gli scolari nel lavoro indipendente. Un aspetto tipico è il modo in cui viene
effettuato il laboratorio di ricerca: a questo scopo si utilizzano dei grafici che visualizzano il progresso
individuale e l’andamento della classe nel suo complesso e servono anche per l’autocontrollo degli alunni.

-Piano Winnekta: elaborato da Washburne. La caratteristica di questo sistema è. Come il Piano Dalton,
l’individualizzazione dell’apprendimento mediante ricerche personali di laboratorio. Accanto al programma
di base svolto individualmente c’è un programma di sviluppo e un’attività di gruppo. La correzione dei
lavori è svolta dagli stessi scolari.

-Scuola serena: ad opera di Boschetti e Alberti, è un’esperienza didattica vissuta e attuata alla luce di una
concezione spirituale dell’educazione. Si caratterizza come un ambiente in cui valgono tre principi: la
libertà, l’autoeducazione e il rispetto dell’individualità. Di conseguenza in essa ha grande rilievo il lavoro
libero, cioè gli alunni non sono obbligati a seguire il programma.

-Scuola del Mail, ad opera di Dottrens destinata al tirocinio degli aspiranti mastri elementari. I principi su
cui si fonda l’attività scolastica sono identificati nella libertà individuale e nel lavoro proporzionato
all’allievo, ma non escludono il lavoro per gruppi e le relazioni tra insegnanti e scolaresca.

- Esperienze di scuola comunitaria: il metodo di lavoro per gruppi fu sperimentato da Cousinet a partire dal
1920, muovendo dal presupposto che specialmente all’età di 9-10 anni, l’apprendimento possa svolgersi
sotto forma di lavoro collaborativo, compiuto in gruppi, liberamente costituiti dagli stessi scolari. In
Germania molte scuole pubbliche si trasformarono in comunità scolastiche, ispirate inizialmente al
socialismo, si mossero verso l’anarchismo e furono soppresse dal nazionalsocialismo.

-In America l’esperienza più significativa è quella del sistema Gill, ad opera di Gill. Questo è basato sul
principio che la scuola deve essere organizzata in modo da consentire agli alunni di esercitare i diritti ed i
doveri del cittadino. Sistema attuato anche in Italia, secondo l’opera di Codignola, in cui vige l’autogoverno
degli scolari.

-La scuola del lavoro è un’esperienza di scuola attiva perché si distingue da tutte le altre per il particolare
principio pedagogico che la regge. Promossa da Kerschensteiner, l’apprendimento assume un carattere
pratico, operativo e produttivo. Il lavoro deve distinguersi dal gioco, perché deve essere finalizzato alla
produzione di un oggetto. Si parte dal lavoro manuale per poi passare gradualmente al lavoro spirituale,
osservando le stesse regole del lavoro manuale. L’autoesame deve caratterizzare ogni genere di lavoro,
perché non vi è migliore mezzo di educazione dell’autoesame e dell’obiettività del lavoro costruttivo e
tecnico.
CAPITOLO IXI: MARIA MONTESSORI E IL RINNOVAMENTO DELL’EDUCAZIONE INFANTILE

Maria Montessori promosse il rinnovamento dei metodi di educazione infantile. Il suo metodo ha avuto
una considerazione a livello mondiale e il suo pensiero non cessa tutt’oggi di ispirare la pedagogia
contemporanea. Fu la prima donna in Italia a laurearsi in medicina, da assistente alla clinica
neuropsichiatrica inizia ad occuparsi si bambini anormali pensando che potessero essere condotti alla
normalità grazie e attraverso l’uso di appropriati materiali di sviluppo. Fondò perciò le Case dei bambini
nelle quali applicò per la prima volta i suoi metodi scientifici attraverso l’educazione dell’infanzia.
Montessori avvertì la necessità di date alla pedagogia un carattere scientifico modificando l’opera
educativa secondo metodi scientifici e con mezzi appropriati. La sua scientificità riguarda l’osservazione del
bambino nel suo ambiente di vita, che gli favorisce lo sviluppo e gli dà i mezzi più idonei per educare se
stesso. Ella studiò l’educazione del bambino costruendo una psicologia dell’età evolutiva ed una filosofia
del bambino. Vuole ridare i diritti ai bambini di fronte agli adulti. La sua psicologia è fondata sui principi
della mente assorbente e dei periodi sensitivi dei bambini. I bambini hanno una mente che riesce ad
accumulare tutto ciò che gli viene insegnato dal mondo esterno, proprio come una spugna. L’educazione
dei sensi attraverso l’attività sensoriale diventa per la Montessori, fondamentale. Se questi esercizi si basa
tutto lo sviluppo spontaneo dei fanciulli. Questi esercizi però richiedono materiali speciali sui quali i
bambini si dovranno concentrare. vengono raggruppati secondo il tipo di stimolo sensoriale che possono
produrre, come un colore, una forma, una dimensione, un peso. Il materiale verrà adoperato
autonomamente dal bambino, il compito dell’insegnante è di presentare all’inizio e di spiegare la sua
funzione. Questi materiali furono molto criticati perché li si considerava come un limite alla personalità del
bambino e uno strumento che meccanizzava l’attività infantile. Il suo pensiero ed i suoi metodi ancora oggi
fanno parte dei procedimenti didattici, ma ciò che di lei non verrà mai dimenticato è la sua dedizione per
l’infanzia, così intensa ce cercare di rendere migliore la qualità di vita di quei soggetti che anche se piccoli
hanno bisogno di molte attenzioni.

Le sorelle Agazzi dedicarono la loro vita all’educazione della prima infanzia e dalle loro esperienze nacque il
metodo italiano di educazione infantile. Le Agazzi non si preoccuparono del programma educativo dei sub
normali, ma furono spinte dall’esigenza di superare il metodo di Fraebel di educazione infantile. Fondarono
così un’istituzione con il nome di Scuola materna, perché caratterizzata da situazioni simili a quelle della
famiglia: pulizia dei piccoli, ordine domestico, educazione al vivere civile ed affetto reciproco. Il primo
obiettivo delle scuole materne era quello di ottenere l’ordine, sia della propria persona sia delle proprie
cose. I bambini più piccoli venivano affidati ai grandi. Anche nel metodo delle Agazzi vi sono degli esercizi
sensoriali,ma a differenza dei materiali accuratamente studiati dalla Montessori, si tratta di materiali più
vari: statuette, bottoni, semi, noccioline, fili, stoffe, cartoline, conchiglie, tutti materiali poveri e comuni.
All’educazione sensoriale è connessa l’educazione linguistica, promossa attraverso il dialogo maestro-
bambino.

Il metodo della Kergomard prescinde invece da ogni genere di materiale: l’educazione sensoriale, motoria,
scaturisce dall’attività spontanea e dalle circostanze offerte dalle attività ludiche. Il suo è un metodo
rigorosamente laico: l’educazione religiosa è assente e quella morale è svolta in forma di educazione
sociale.

CAPITOLO XX: NASCITA E SVILUPPO DELLA PEDAGOGIA SPERIMENTALE

La pedagogia sperimentale è una ricerca applicata al controllo sperimentale dei fatti pedagogici. I suoi
contributi al progresso delle scienze pedagogiche sono notevoli, soprattutto per quanto riguarda i metodi
di insegnamento e l’organizzazione scolastica. La pedagogia sperimentale insieme alla psicologia del
fanciullo ha avuto un notevole impulso grazie a Claparéde: per lui è una parte della pedagogia generale che
usa mezzi scientifici e oggettivi per arrivare al raggiungimento dei suoi obiettivi.

Un altro pedagogista che appartiene allo sviluppo della pedagogia sperimentale è Decroly. Si occupò di
educazione degli anormali ed applicò a loro il suo metodo globale, applicato soprattutto per
l’insegnamento della lettura e della scrittura. Esso è fondato su un principio psicologico e permette di
promuovere in forma più naturale l’acquisizione delle fondamentali abilità del bambino, attraverso
tecniche di gioco.

La pedagogia sperimentale è sorta in Europa ma ebbe sviluppo eccezionale in America, soprattutto negli
Stati Uniti dove sorsero numerosi centri di ricerca. Il maggiore pedagogista sperimentale degli Stati Uniti fu
Mac Call. In questi ultimi decenni la pedagogia sperimentale si è diffusa in Europa soprattutto nel Belgio
dove si trova il centro di ricerca più importante. La pedagogia sperimentale indaga sui metodi e sui mezzi
per individuare quelli più efficienti, misurando il proprio rendimento. È perciò una pedagogia dei risultati.

CAPITOLO XXI: LO SVOLGIMENTO DELLA PEDAGOGIA DI ISPIRAZIONE MARXISTA

La pedagogia marxista, partendo dal pensiero di Marx ed Engel, inizia a svilupparsi nella Russia sovietica e
inizialmente si impone come un problema di rinnovamento scolastico in un paese che più di ogni altro
aveva conosciuto i sistemi educativi fondati sull’autoritarismo e sul privilegio delle classi agiate. In questo
periodo Lenin, riprendendo il concetto marxista di un educazione politecnica, espresse la necessità di
realizzare nelle scuole sovietiche la fusione della scienze e del lavoro, sulla base di un’ideologia
materialistica e di una morale legata agli interessi di classe del proletariato. Lenin identifica nella scuola lo
strumento per la costruzione di un regime comunista. Rivolgendosi ai giovani, in un sua opera, disse che se
si impadroniranno di tutto il sapere moderno, riusciranno a trasformare il Comunismo da formale a
qualcosa di vivo.

Lunaciarskj si concentrò con il suo primo pensiero e la sua attività sul problema dell’istruzione politecnica,
già affrontato da Marx e ripreso poi da Lenin. Nella scuola primaria, sostiene, la maggior parte del lavoro si
realizzerà della stessa scuola: in cucina, in giardino, o in officine speciali. Il lavoro realizzato avrà il carattere
dei lavori domestici o di quelli degli artigiani. Nelle scuole secondarie il carattere produttivo e sociale del
lavoro da svolgere diventerà ancora più impegnativo., gli alunni dovranno inoltre partecipare alla vita nelle
fabbriche.

Il più grande educatore e pedagogista sovietico del nostro tempo è Makarenko. La sua pedagogia è
caratterizzata dal concetto della collettività: si deve dare all’educazione un carattere collettivo. Il collettivo
per Makarenko è un insieme di persone organizzate che hanno un fine unitario. Anche l’educazione in
famiglia deve essere improntata allo spirito del collettivismo, dal momento che i genitori sono i responsabili
dell’educazione dei figli davanti al più grande collettivo, la società.

CAPITOLO XXII: TENDENZE E PROSPETTIVE DELLA PEDAGOGIA CONTEMPORANEA

Oltre alla pedagogia di ispirazione marxista e a quella non marxista c’è la corrente spiritualistica cattolica
che si rifà alla pedagogia Tomistica, in modo particolare si ricolloca allo spiritualismo cristiano che si fonda
sull’insegnamento della Chiesa. Tra i pedagogisti contemporanei rappresentativi di questa corrente c’è
Dèvand il quale rifiuta tutte le pedagogia che si fondano su istinti, su bisogni, per affermare la volontà di
apprendere attraverso la religione.
Maritain che si batte per un’educazione liberale, andando contro ogni forma di attivismo scolastico, porta
aventi la concezione di un’educazione liberale umanistica.

Pedagogia dell’avvenire. La nostra epoca è caratterizzata da trasformazioni nel campo dell’educazione, in


conseguenza di una più diffusa richiesta di servizi educativi da parte della società contemporanea. La
popolazione scolastica cresce sempre di più e si avverte l’esigenza di offrire stabilità scolastiche sempre più
vaste e specializzate. Tutto ciò affinché l’uomo possa integrarsi meglio nella società contemporanea anche
attraverso una sua cultura generale più completa. Sorgono nuovi problemi pedagogici, come l’educazione
permanente, l’educazione al tempo libero, quella professionale e quella specializzata. La pedagogia si è
quindi trovata di fronte alla necessità di ricerca nuove strategie di educazione ed istruzione, facendo ricorso
alle scienze umane, biologia, psicologia, sociologia. Uno dei maggiori studiosi delle nuove strategie di
istruzione è Bruner, il quale è il promotore di un insegnamento motivato psicologicamente che si fonda sui
concetti basilari delle discipline.

La pedagogia di oggi riceve impulsi notevoli dalla tecnologia, infatti è nata una tecnologia dell’istruzione che
ha rivoluzionato i metodi tradizionali dell’insegnamento, con l’utilizzo delle macchine per insegnare, delle
reti televisive, dei laboratori linguistici e dei sussidi audiovisivi. Si sviluppa l’istruzione programmata, che
consiste nello svolgimento dell’insegnamento attraverso un programma precostituito in base a ricerche
psicologiche e sperimentali. Questi programmi sono articolati in delle sequenze informative che
permettono alla fine l’autocorrezione del discente.

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