Concetto strano da capirsi al volo, eppure è uno dei cardini dell
fotografia, ed è legato a quell´unità di misura misteriosa che sono gli Asa. Spesso, infatti, andando ad acquistare la pellicola dal fotografo ci si sente domandare: "100 Asa"? Un minimo di curiosità potrebbe spingerci a pensare che oltre i 100 Asa esiste qualcos´altro, niente di più vero, in commercio ( anche se non dovunque ) si trovano pellicole per usi commerciali che vanno dai 25 ai 3200 Asa !!! Ma cosa sono questi Asa ? La sigla che un tempo si accoppiava ai DIN, è stata da oltre dieci anni sostituita dall´abbreviazione Iso ed è l´unità di misura della sensibilità della pellicola. Espresso così è un po´ un concetto misterioso, dicendo però che in questo caso il sinonimo di sensibilità è " rapidità" si arriva a capire qualcosa di più. Per sensibilità o rapidità s´intende infatti la velocità propria di una pellicola nell ´impressionarsi. Un piccolo esperimento con l´esposimetro ( sia esso della fotocamera o uno strumento a parte ) basterà a chiarire le idee. Trovandosi in una condizione di illuminazione in cui con 100 asa ( la sensibilità più diffusa in commercio.) ho diaframma 8 e tempo 1/125 se sposto la ghiera delle sensibilità, presente su ogni esposimetro e su ogni fotocamera, su 200, ovvero il doppio per lo stesso diaframma avrò 1/250 di secondo, se la sposto su 50, ovvero la metà, avrò 1/60 di secondo. Quindi con la stessa quantità di luce una pellicola di sensibilità doppia impiegherà la metà del tempo per impressionarsi, una di sensibilità inferiore del 50% impiegherà il doppio del tempo. Ovviamente le diverse sensibilità portano con sé determinate caratteristiche fisiche oltre a quelle fotografiche, un tempo con l ´aumentare della sensibilità cresceva sensibilmente la grana ( la struttura della pellicola ), la ricerca ha portato ad un´eliminazione apparente della stessa fino oltre i mille Asa, per cui non è più serio parlare di eccessi di grana che compromettono o meno una fotografia. Quello che invece è importante sono il contrasto e la definizione , ovvero lo stacco fra i vari toni dell´immagine, più che aumenta la sensibilità e più che il contrasto diminuisce, in pratica i neri di un cinquanta Asa sono estremamente netti, quelli di un mille sono molto più accentuati. Altra applicazione che è di per sé un vantaggio, in una giornata grigia una pellicola da cinquanta Asa, oltre a creare dei problemi coi tempi e i diaframmi ( tempo troppo lento diaframma troppo aperto ) rischierà di riportare tutte le zone in ombra come neri profondi, cosa che non lo farà una quattrocento, oltre a non creare problemi con tempi e diaframmi. L´altro vantaggio è quello della velocità di otturazione, un qualsiasi spettacolo, una qualsiasi situazione domestica in interni normalmente avviene in una condizione di luce dove con cento Asa si rischia seriamente di muovere tutto, con 1600 no. Prendiamo per esempio una stanza illuminata con una bella lampada alogena a soffitto, l ´esposimentro della fotocamera legge per 100 Asa 4 e 1/8, volendo mantenere lo stesso diaframma con 1600 asa ( quattro volte più sensibile del 100 asa ) leggerebbe 4 e 1/125, cercando a questo punto un diaframma meno aperto ma che non crei problemi di stabilità potremo tranquillamente adoperare 5,6 ( uno più chiuso di 4 ) e la velocità di otturazione sarà?....
Che succede dentro?
Una volta capito come usare la fotocamera viene spontaneo chiedersi
che sosa avviene all´interno della pellicola quando viene esposta alla luce. Facciamo un esempio banale, la tintarella, un pigmento chiamato melanina all´interno del nostro corpo fa sì che la pelle, esposta dovutamente al sole diventi più scura, se poi viene esposta troppo al sole si brucia. Lo stesso avviene nella pellicola, anch´essa se troppo esposta al sole diventa inutilizzabile, in ogni telefilm o film dove c´è un fotografo che ha preso delle immagini compromettenti c´è sempre un energumeno che rompe la macchina fotografica e tira fuori il rullino... per farlo impressionare troppo e renderlo inutilizzabile. Nella pellicola non c´è la melanina ma ci sono gli alogenuri d´argento, disposti come emulsione su una gelatina protettiva, in presenza di luce avviene una reazione di scambio di elettroni che forma l´immagine latente. Proseguiamo con la semplicità degli esempi, diciamo che scattare una fotografia equivale a buttare giù uno schizzo a carboncino su un foglio da disegno, una decina di tratti sostanziali che ogni pittore può cogliere in qualsiasi momento per poi sviluppare con colori ed altri tratti in seguito . Lo stesso avviene sulla pellicola, con la differenza che il pittore potrà a suo piacimento fare un cielo verde o un campo di grano rosa, quel liquido a base di bromo che si chiama sviluppo , che solo in questo caso porta il sinonimo di rivelatore, invece andrà ad attaccare l´emulsione e a rivelare, attraverso una ulteriore reazione chimica, quel che racchiudono quei pochi tratti. Si arriva ad ottenere allora, in negativo, l ´immagine completa, esattamente come l´ha riportata l´esposizione. Fissare il tutto Altra differenza, una volta colorato lo schizzo il pittore ha terminato il suo lavoro e può consegnare ai posteri l´immagine, il fotografo invece, una volta sviluppato il negativo è come minimo a un quarto dell´opera. Bisogna infatti fissare il negativo, ovvero immergerlo in un bagno acido , l´unico vero acido fra i vari chimici della camera oscura, a base di iposolfito che ha la funzione di rendere stabile e non più sensibile alla luce il negativo sviluppato.
Tre grandi famiglie
A questo punto bisogna ricordare che le pellicole si dividono in tre grandi famiglie, il bianco e nero, il colore e la diapositiva. La prima è estremamente semplice, l´emulsione sensibile ha solo gli alogenuri d´argento e il processo è quello che è stato detto fino ad ora. Le altre due famiglie hanno pellicole un po´ più complesse, più strati sensibili, presenza del cromo fra gli elementi, una tecnologia di progettazione più delicata, resta il fatto che il processo di sviluppo presenta altri due bagni, che si ottengono risultati apprezzabili soltanto da impianti di sviluppo industriali e che la diapositiva è l´inversione in positivo sulla pellicola stessa. In altre parole, colore e bianco e nero hanno un negativo, la diapositiva no, il pezzettino racchiuso dentro ad un telaietto è lo stesso che è stato nella macchina fotografica.