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LEZIONE TECNOLOGIE SPECIALI 23/03/2016

Riprendiamo dalla forgiatura massiva di manufatti in materiale metallico. La forgiatura per


materiali particolarmente prestanti come l’acciaio, che mostrano elevati valori della sollecitazione
di snervamento e quindi per i quali sarebbero necessarie elevatissime forze per deformare
plasticamente masse non eccessivamente grandi, si esegue a caldo. Quando parliamo di forgiatura
a caldo intendiamo quel campo di comportamento della materia per la quale i materiali mostrano
una resistenza che è costante al crescere della deformazione. In queste condizioni di
comportamento la velocità di ricristallizzazione è maggiore della velocità di deformazione. In tal
caso la resistenza offerta dal metallo è costante durante il processo variando soltanto al variare
della temperatura. La temperatura però non è costante durante il processo, nel momento in cui
l’oggetto viene tolto dal forno e colato negli stampi inizia a decrescere per irraggiamento e
soprattutto per conduzione nel contatto con gli stampi. La seconda di queste aliquote è, di solito,
la maggiore. Infatti il contatto fra lo stampo a temperatura ambiente e il manufatto ad alte
temperature portano subito a raffreddare per conduzione la temperatura di quest’ultimo e di
conseguenza cresce anche la sigma allo snervamento. Inoltre il lavoro di deformazione
convertendosi in parte in calore compensa in piccola parte le perdite. Questo però determina un
campo di temperature che non è più uniforme nel pezzo, perché mentre le cause raffreddanti
(irraggiamento e conduzione) hanno principalmente effetto sulla parte esterna dello sbozzato, il
calore sviluppato per deformazione quando il processo inizia invece è un calore che si diffonde in
tutte le porzioni del nostro manufatto, prevalentemente prima in quelle che subiscono subito la
deformazione. Risulta una sorta di compensazione tra gli effetti, dove solitamente gli effetti
raffreddanti sono predominanti però una piccola aliquota del calore che per dissipazione interna si
rigenera in seguito alla deformazione serve in qualche modo a compensare questa perdita. (Non è
mai una compensazione totale).

FUCINAZIONE IN STAMPO APERTO IDEALE


Se facciamo riferimento al caso ideale più semplice di forgiatura in stampo aperto e focalizziamo
l’attenzione sul ricalcamento assiale di un cilindro è possibile dire che:

Nel caso ideale in cui io pongo un cilindro di altezza iniziale ho e diametro iniziale do fra due facce
del mio stampo e immagino che il processo di ricalcamento avvenga in maniera ideale, quello che

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alla fine io ritroverò è un cilindro di altezza h1 < ho e un diametro d1 > do dove chiaramente il
volume resterà lo stesso. Nel caso reale la situazione è però più complessa:

Per cilindri sufficientemente tozzi, nei quali io posso immaginare che non avvengano fenomeni di
instabilità dovuti a carichi di punta, a causa delle azioni di attrito che si sviluppano all’interfaccia
tra la faccia premente del mio stampo e l’oggetto che io voglio deformare e a causa dei fenomeni
legati al raffreddamento selettivo del mio manufatto ( in quanto le facce a contatto con il mio
stampo per conduzione si raffreddano preferenzialmente offrendo una deformazione che è
crescente) portano a condizioni di deformazione differenti e quindi non avremo un controllo
perfetto del cilindro. In ogni caso possiamo sia nel caso di ricalcamento ideale (per cui il cilindro lo
immaginiamo che si ricalchi perfettamente e non pervengano fenomeni di raffreddamento
differenziato e siano trascurabili i fenomeni di attrito (fenomeni facili da gestire potendo spruzzare
sulla superficie dello stampo delle sospensioni lubrificanti che hanno il duplice scopo di evitare che
il manufatto si attacchi allo stampo e di abbattere l’attrito che si sviluppa all’interfaccia tra il
manufatto che io voglio deformare e gli stampi)) e sia nel caso reale noi possiamo sempre
determinare la riduzione di altezza del manufatto mediante la formula in figura.
In termini di deformazioni abbiamo la deformazione convenzionale data dalla differenza tra ho-h1
fratto il valore inziale dell’altezza del manufatto mentre quella reale è data dal logaritmo del
rapporto tra la quota iniziale e quella finale. [NB: differenza tra deformazione reale e
convenzionale: quella reale si ottiene ipotizzando di ricalcolare istante per istante la deformazione
convenzionale, si fa la sommatoria di queste deformazioni al limite per ∆h che tende a zero si ha
l’integrale e di conseguenza si ottiene il logaritmo (vedi Smith)].

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Richiamate le deformazioni reali e convenzionali e nota la velocità delle piastre della pressa
possiamo definire le velocità di deformazione: (Vedi figura)

La forza applicata, ovvero quella che applichiamo quando il forgiato assume un’altezza pari ad h1
vale:
F=YA1
Dove A1 è l’area della sezione massima mentre Y è la resistenza del mio materiale alla
deformazione
Se abbiamo incrudimento, quindi se tutto ciò avviene per valori della temperatura per cui il
materiale non ha un comportamento a caldo ma a freddo, cioè se il materiale offre una resistenza
che cresce al crescere della deformazione:
F=YfA1
Dove questa volta Y non è costante ma è pari:
Yf=σs= K 𝜀 𝑛 (legge di flusso plastico)
Per quanto riguarda l’energia per unità di volume (ovvero l’area sottesa dalla curva σ-ε): (vedi
immagine)
È dato dall’integrale della formula del flusso plastico.
Il lavoro di deformazione è dato da quest’energia moltiplicato il volume (formula vedi immagine).

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Ricapitolando, con questo ragionamento abbiamo provato a stimare le energie e il lavoro che
occorre spendere per deformare plasticamente un cilindro nel duplice caso di lavorazione a caldo
e a freddo.

FUCINAZIONE A STAMPO APERTO REALE

Il raffreddamento selettivo e la presenza di attrito che per quanto noi possiamo combattere non
sarà mai nullo inducono fenomeni di instabilità e/o barreling per cui non è possibile controllare la
geometria finale del nostro manufatto.

In questa figura si nota


macroscopicamente il fenomeno di barreling e asimmetrie tra parte inferiore e superiore. Per
quanto riguarda la parte inferiore, la quale viene prima a contatto con gli stampi e che quindi vede
per prima aumentata la propria resistenza alla deformazione, è di fatto quella che meno si
deforma. Mentre al centro si “spancia” e riconosciamo inoltre le linee di flusso che addirittura
possono indurre anche delle cricche interne dovute a questo “spanciamento” al centro e non sui
lati.
Inoltre abbiamo quei fenomeni di raffreddamento selettivo dovuto a fenomeni di attrito dove
abbiamo una minore grana di deformazione che è pressoché nulla al centro del manufatto, ma
risulta di entità minore nella zona a nord in quanto il raffreddamento è avvenuto dopo, dovendo
questo fenomeno avvenire nel momento in cui lo stampo tocca il manufatto.

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Se idealmente osservassi dall’alto il mio manufatto e se il mio manufatto non è un cilindro ma
continua ad avere un geometria estremamente semplice come quella di un rettangolo,
intervengono fenomeni che deformano in maniera incontrollata il mio manufatto:
Quando vado a schiacciare un parallelepipedo gli assi maggiori della sezione (le diagonali del mio
rettangolo) si espandono di meno a causa dell’attrito che si oppone maggiormente lungo direzioni
maggiori. Via via che passo lungo entità che sono in valore assoluto minori io ho un minore attrito
e quindi il mio manufatto si spancia di più. Dalla figura è possibile notare 4 piccoli angoli
indeformati della geometria finale che rappresentano i 4 angoli di partenza del rettangolo. In
figura si notano 3 diverse aree:
- Area di contatto originaria (quella nera)
- Area di prima riduzione (quella grigia)
- Area di seconda riduzione (quella bianca)
Il fenomeno è governato dal fatto che le facce a contatto con lo stampo sono le più fredde ed
oppongono maggiore resistenza alla deformazione. La forgiatura libera assiale di un cilindro
avviene correttamente se l’altezza è al più un terzo dello spessore. In geometrie differenti l’attrito
genera deformazioni inaccettabili e tanto maggiori quanto maggiori sono le dimensioni lungo
talune direzioni. In caso di fori il diametro interno diminuisce per riflusso centripeto di materiale.

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Come è possibile vedere dalla figura, se io parto con un cilindro cavo e lo vado schiacciare tra due
piatti piani e paralleli vedremo che il materiale fluirà verso l’esterno, ma l’esterno della porzione
adiacente il foro interno è verso l’interno quindi un riflusso centripeto. In questo caso aumenterà il
diametro esterno e diminuirà quello interno. Soltanto in caso di assenza di attrito (ultima figura in
basso a destra) io otterrò due cilindri perfetti. Se schiaccio come già detto in precedenza un
parallelepipedo io avrò uno spanciamento maggiore in direzione parallela a quella della
dimensione minima perché li ho minore attrito.

Esistono alcune possibili lavorazioni in stampo aperto:

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- a) l’ingrossamento di una parte di una barra a sezione maggiore allorquando, immaginando
che il nostro stampo abbia una forma come richiamata in figura, io vado a schiacciare
localmente un’estremità. Per riflusso plastico, se la cavità lo consente, a questo
schiacciamento corrisponde un allargamento della porzione immediatamente adiacente
che mi consente di apprezzare una dimensione locale minore in una zona e locale maggiore
nell’altra parte del manufatto;
- b) assottigliamento per stiramento se il maglio ha una geometria che invece di essere
concava è convessa;
- c) piegamento a sezione più o meno costante;
Queste sono lavorazioni possibili che ricadono nell’ambito degli stampi aperti in cui la
geometria semplificata degli stampi consente di modificare localmente e parzialmente il
manufatto-

Un’altra lavorazione molto importante è la PUNZONATURA che altro non è un processo per il
quale noi spingiamo la deformazione plastica fino a valori tali da sfociare nel raggiungimento
della sigma a rottura. La punzonatura è un’operazione di taglio in cui noi non asportiamo
materiale. Io ho di fatto un ricalcamento profondo con un punzone che affondando il mio
materiale crea una certa cava, il pezzo viene ribaltato e agendo sulla parte opposta porto via la
parte deformata (disegno in alto). Oppure nel disegno in basso dove io realizzo rondelle
mediante il seguente tipo di lavorazione: in questa produzione di rondelle si opera
punzonando prima il foro interno e poi quello esterno in un processo continuo su nastro. Il
vantaggio è dato dall’elevata velocità di lavorazione, mentre il vincolo strettissimo è dato dal
fatto che l’utensile realizza soltanto quel tipo di rondelle.

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Un altro tipo di lavorazione è: REALIZZAZIONE DI ANELLI

Questa tecnica ci consente di realizzare una flangia partendo da un cilindro, liberi dallo stampo.
L’unico vincolo da tenere conto in questo tipo di lavorazione è che il volume di partenza sia uguale
al volume finale. Partiamo da un cilindro e cominciamolo a schiacciare fino ad ottenere una forma
simile a quella di un “parmigiano” (ovvero nell’ immagine il disegno numero 1), nel quale o per
punzonatura o per semplice deformazione plastica creiamo un foro (disegno numero 4).
Dopodiché questa forma la forgiamo tra due rulli che ruotando in maniera discorde e quindi
costringendo la nostra forma a ruotare all’interno di questa coppia di rulli inducono una riduzione
dello spessore e un suo conseguente allargamento. La lavorazione procede e si arresta fintanto
che la flangia non raggiunge il desiderato diametro e spessore in cui il bilancio di materia controlla
il processo. Il nostro cilindro può anche ruotare intorno a una trave orizzontale e avremo un
punzone schiacciante che induce una riduzione di spessore e permette di raggiungere il diametro
desiderato. Questo è un processo che dimostra come si possano realizzare due oggetti
perfettamente uguali dal punto di vista geometrico ma con due procedimenti estremamente
differenti che porteranno ovviamente ad avere proprietà meccaniche differenti. (la flangia infatti si

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può anche realizzare mediante una colata in forma permanente centrifuga ad asse verticale dove
abbiamo visto che i meccanismi di solidificazione e di raffreddamento inducono una serie di
fenomeni, certe grane cristalline e dove non essendoci agitazione delle masse liquide i grani sono
allungati in maniera radiale a differenza di quest’ultimo tipo di lavorazione dove i grani sono
allungati in maniera tangenziale perché il manufatto viene forgiato e schiacciato lungo la sua
corona circolare).

FORGIATURA IN STAMPO CHIUSO

Nello stampo chiuso invece abbiamo detto che la geometria del mio manufatto è
fondamentalmente e completamente, al netto degli errori che posso commettere, governata dalla
geometria degli stampi. Come in fonderia, il manufatto che alla fine realizzerò, è caratterizzato da
una geometria che è data da quella cavità. Gli stampi si avvicinano e si accoppiano, il mio
manufatto che è collocato inizialmente su uno dei due stampi viene successivamente schiacciato e
forgiato tra questi due stampi venendo costretto ad assumere la forma dello stampo. Qui è
fondamentale calcolare la giusta quantità di materiale da inserire perché una volta chiuso lo
stampo il manufatto deve correttamente riempire completamente la cavità pure nelle parti più
ostiche determinando la corretta quantità di bava che è fondamentale per il completamento del
processo di deformazione plastica.
La forgiatura delle prime parti del pezzo che vengono a contatto con lo stampo provoca il riflusso
(libero) delle rimanenti verso le zone cave. In figura 2 io ho collocato lo sbozzato all’interno del
mio stampo ancora aperto. Appena si comincia a chiudere il mio stampo una porzione della
superficie del mio materiale che non è ancora a contatto con lo stampo tende liberamente a
rifluire nelle cavità a disposizione con storia termomeccanica differente. Incavi di piccola
profondità si riempiono facilmente mentre quelli di elevata profondità no. Per geometrie più
complesse è necessario l’applicazione di più passaggi con più coppie di stampi differenti. In queste
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situazioni, se dovessi spingermi con deformazioni locali del mio materiale verso valori inaccettabili,
il forte scorrimento può provocare inoltre lesioni superficiali sul pezzo. Se da qualche parte del
pezzo vincessi anche localmente la massima capacità di allungamento del pezzo a rottura,
quest’ultimo mi si creperebbe.

Non sempre è prevedibile la risposta del materiale soprattutto in virtù della storia termo-
meccanica, che governa la storia termica la quale a sua volta governa la differente resistenza del
materiale alla deformazione, che governa la bontà del processo di forgiatura. In genere il sistema è
abbastanza complicato e richiede l’uso di programmi agli elementi finiti specializzati che
consentono di governare le differenti storie termo-meccaniche che si hanno tra porzioni differenti
dello stesso manufatto.

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DIFETTI

I difetti che possono intervenire sono:


Se parto da un manufatto di forma semplice rettangolare collocato in uno stampo che presenta la
forma in figura, quando vado a chiudere e a forgiare per realizzare questa geometria io avrò
schiacciamento e quindi sollecitazioni di compressione nei tratti laterali e poi rigonfiamento del
mio manufatto verso le zone libere. Ma questo rigonfiamento libero, sulla parte esterna del mio
manufatto, che pur non a contatto con lo stampo si raffredda per irraggiamento più del cuore, è
quella nella quale io ho le massime deformazioni ma anche le massime resistenze alle
deformazioni perché è la parte fredda del mio corpo libero. Quindi localmente in virtù di questo
rigonfiamento potrei arrivare a superare oltre la sigma di snervamento anche quella di rottura e se
non ho opportunamente studiato il mio processo e chiedo al mio manufatto di rigonfiarsi
liberamente in cavità non opportune potrei incorrere in lesioni del mio manufatto. Queste lesioni
in qualche modo si potrebbero richiudere. Si crea ossido nelle cavità nelle cavità, le quali pur
richiudendosi (quindi il volume risulta nullo) rappresenteranno pur sempre cricche. Per questo
motivo dovranno essere applicati controlli non distruttivi che non vengono effettuati banalmente
per evidenziare cricche ma devono farci leggere e interpretare gli oggetti in base alla storia del
pezzo.

Se nel caso invece avessi che la mia cavità fosse disposta geometricamente in maniera non
opportuna, seppure avessi il corretto riflusso di materiale che rifluisce nella cavità stessa questo
riflusso potrebbe intrappolare delle zone che sono le ultime che vanno a riempirsi e che
determinano per motivi del tutto diversi da quelli precedenti( Infatti in questo caso non c’è
superamento della sigma a rottura) delle soluzioni di continuità interne nelle quali può rimanere
intrappolato dell’ossido e può determinare delle cricche che prendono il nome di CRICCHE DA
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RICHIUSURA mentre quelle precedenti si chiamavano CRICCHE DA CEDIMENTO. Quindi sono
cricche simili legate a storie termo-meccaniche differenti. Riuscire a risalire al perché quel difetto
si è innescato e riuscire a risalire alla corretta causa mi consente di correggere il processo.
Perché c’è la necessità di operare con una certa quantità di bava?

Per minimizzare l’insorgenza dei difetti si deve operare con la corretta quantità di materiale da
fucinare: questa deve essere tale da riempire completamente la cavità fra gli stampi ed eccederla
leggermente per favorire la formazione di una bava periferica. Questa bava risulterà fondamentale
perché ci aiuta a riempire la forma. Io devo essere bravo a modellare, simulare, prevedere il
comportamento del mio processo per cui vado a determinare la corretta forma finale con la
corretta quantità di bava. Se sbagliassi in eccesso avrei che la troppa bava impedisce ai due stampi
di portarsi in condizioni finali di faccia a faccia e quindi il mio manufatto sarebbe la figura ottenuta
da due stampi che non si stoccano e quindi sarebbe più spessa del dovuto. Se avessi meno bava
potrei avere un non completo riempimento del mio stampo. Per cui non soltanto devo essere
bravo a prevedere la corretta quantità di materiale che riempie effettivamente lo stampo ma devo
prevedere anche la quantità di bava che mi consente di far chiudere gli stampi e non mi fa
insorgere i difetti che vedevo prima.Per gestire la corretta quantità di bava e per gestire
correttamente il riempimento della mia forma,cioè per

consentire al mio materiale di rifluire correttamente nelle cavità via via più snelle (che sono
collocate in direzione parallela al verso di avvicinamento degli stampi), io posso ricorrere al canale
di bava. Sono quelle cavità che determinano la geometria della mia bava che però non
appartengono al pezzo P che io voglio realizzare. Nel momento in cui devo ricopiare le parti più
distanti del mio stampo io devo costringere il mio materiale a rifluire verso quelle cavità. Per fare
ciò creo dei canali di bava che sono caratterizzati da una certa lunghezza. In prossimità della
chiusura definitiva dei due stampi quando la bava è molta, la forza è altissima e il pezzo è già
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relativamente freddo e quindi quando le forze arrivano a valori altissimi questo canale di bava
dovrà avere una geometria con un modulo bassissimo (canale snello e sottile) per cui il materiale si
raffredda più facilmente. Questo vuol dire che questa parte raffreddandosi più facilmente mostra
una resistenza allo snervamento che è molto più elevata. Quindi questa bava nel momento in cui si
forma in realtà indurisce (si oppone alla deformazione) perché incrudisce e incrudendosi fa’ da
tappo impedendo così ad altra bava di formarsi. Quindi è possibile dire che l’eccesso di metallo
fluisce nella cavità C restando collegato al pezzo mediante la sottile fascia B, che rappresenta la
bava e viene rimossa dopo fucinatura. Deve essere sottile per:
- Favorire la successiva lavorazione di asportazione, cioè una facile operazione di rimozione
mediante fresatura per esempio;
- Offrire una grande resistenza al flusso di materiale per costringere il rimanente nella forma
a riempirlo tutto ed efficacemente;
Se si pretende di riempire spigoli vivi perfettamente squadrati le forze in gioco arrivano a livelli
inimmaginabili. Si deve poter prevedere geometrie sufficientemente dolci perché riempire al 99%
questa forma è facile mentre man mano che tendiamo a valori maggiori risulta sempre più
difficile. Infatti risulta impossibile riempire al 100% una forma con spigoli vivi.

(DIFETTO MANCATO RIEMPIMENTO)


A parità di quota quanto più snella è una cavità tanto più difficilmente sarà da riempire.

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Questa figura ci fa capire guardando a sinistra quello che accade al nostro oggetto e a destra
quello che è qualitativamente l’andamento delle forze di forgiatura. Nel caso iniziale cioè quando
gli stampi vengono a contatto la forza inizia crescere e lo possiamo notare dal diagramma stroke-
forging load (corsa-forza di forgiatura). Quando lo stampo è pressoché completo e mancano pochi
particolari e quindi nel momento in cui comincia a formarsi il flash la forza, che è cresciuta con un
andamento abbastanza dolce, inizia a crescere assumendo valori elevatissimi in quanto avrò
un’elevata quantità in pianta di materiale incrudito. Nel momento in cui la cavità è completa
otterrò delle forze che sono di ordine di grandezza superiore rispetto all’istante in cui la mia cavità
era piena al 90%. Da un punto di vista grafico nella fase finale ci sarà la formazione della bava che
fa esplodere in pianta la mia sezione e ci sarà anche la chiusura degli stampi che mi consente di
sposare perfettamente la geometria che devo realizzare. Da un punto di vista qualitativo io ho in
funzione della corsa una crescita della forza in maniera dolce fintanto non si forma il flash. Non
appena si forma la forza schizza a valori altissimi e quando la cavità è completa e non sono ancora
chiusi gli stampi io ho il compito di chiuderli ulteriormente in modo da sposare la forma finale. In
questa immagine si vede il ma flash non si vede la battuta (chiusura completa dei due stampi). La
forza necessaria alla deformazione in questo caso è superiore a causa dell’attrito del pezzo e della
parte che fuoriesce.

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Il fattore moltiplicante Kp dipende dalla complessità dell’oggetto e dalla coda di bava che porta
appresso. Questa formula tolto il Kp è quella di prima del caso dello stampo aperto.

[Argomento non di esame:

È possibile provare a realizzare il flashless forging (forgiati senza bava) se però siamo capaci di
operare con stampi di geometria particolare giocando sulle temperature e le corrette quantità di
materiale. Mentre nel caso del forgiato classico in stampo chiuso con presenza di bava abbiamo

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sempre una camera di compensazione all’interno della quale ci buttiamo la nostra capacità di
prevedere correttamente la quantità di materiale ma basta suddimensionare questa cavità per
poter gestire il piccolo eccesso di bava, nel caso del processo senza flash noi non abbiamo più
questa libertà e siamo in grado di realizzare un forgiato senza bava solo se siamo capaci di gestire
il processo contando la perfetta quantità di materiale. Poiché è davvero difficile realizzare uno
stampo della geometria corretta è più probabile ricorrere successivamente a degli aggiustamenti.]
Per quanto riguarda il corretto riempimento della forma non dipende solo dalla quantità di
materiale ma anche dalla sua capacità di riempire la forma (la quale è legata alla capacità che ha
quella porzione del mio manufatto di deformarsi plasticamente senza generare difetti), pur
complessa in virtù delle sollecitazioni imposte alla massa, dalla temperatura puntuale e istantanea.
Per geometrie complesse si può avere il corretto riempimento e la relativa bava in alcune parti.

È opportuno una corretta allocazione dei due stampi sulla pressa per realizzare un corretto
processo. Infatti seppure faccio tutto perfettamente e poi li monto storti sulla pressa ho fatto
quello che si chiama sdetto in fonderia. Questo determina un’usura elevata sulle facce disallineate
e porta a sollecitazioni in gioco enormemente maggiori. D’altro canto poiché è impossibile
ottenere una precisione assoluta nell’allineamento degli stampi si preferisce, anche in presenza di
piccoli disallineamenti, una piccola usura iniziale (che funge da aggiustaggio) piuttosto che la
rimozione o riallocazione di questi che produrrebbero ulteriore usura delle parti. Questo però ha
un impatto sulla durata, la quale può ridursi anche di un ordine di grandezza. Solitamente gli
stampi sono costruiti in acciaio al cromo, nichel ovvero materiali alto prestanti con elevate
proprietà meccaniche (soprattutto durezza e quindi resistenza all’usura); mentre raramente viene
realizzato con acciaio comune. Le superfici interne è bene che siano molto ben levigate per ridurre
al massimo gli attriti. Più liscio è il mio stampo minore sono gli attriti e quindi minore saranno le
forze e le usure. Avere l’accortezza di spruzzare lubrificanti abbatte tutto questo e aumenta la vita
utile dello stampo stesso. Quando lo stampo è “vergine” si eseguono talvolta controlli colando
piombo fuso per verificare forma e dimensioni del pezzo finito e per avere un’idea della massa di
metallo che occorre riducendola però del rapporto fra la densità dei due diversi metalli. Si stampa
di solito a caldo così da tenere conto del ritiro del raffreddamento del pezzo prodotto.

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Cosi come in fonderia è bene che le facce del mio stampato siano caratterizzate da un certo
angolo di sformo. Tale angolo si attesta di solito sui 7°, se la geometria è semplice, mentre è
maggiore per geometrie complesse. Rispetto alla fonderia dove bastava qualche grado, in questo
caso bisogna tenere conto di valori maggiori perché ho anche la deformazione elastica che porta in
interferenza il pezzo. Appena io sformo il pezzo il ritorno elastico me lo accresce e quindi il
contatto aumenta un po’ di più per cui questo angolo tiene conto del ritorno elastico.

La combinata disposizione della presenza di bave di stampaggio e di angoli di sformatura, fa sì che


le operazioni di tranciatura e/o rifinitura del pezzo prodotto possano dar luogo a differenti
situazioni. Devo prevedere in partenza la vera geometria del mio pezzo in modo da valutare
quanto materiale devo asportare avendo cura e l’accortezza che devo asportare un materiale che
è tanto maggiore quanto più è elevato l’angolo di sformo e quindi costi ulteriori di lavorazione che
aumentano all’aumentare dell’angolo di sformo e della coda di bava che sto togliendo. Per quanto
riguarda le tolleranze realizzabili dipendono dalla storia termica del pezzo e quindi dalle possibilità
di spostamenti reciproci degli stampi e pertanto sono crescenti con le dimensioni del manufatto
oltre che dalla necessità di prevedere angoli di sformatura.

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Quando sformo il pezzo mi porto appresso materiale in eccesso che devo per forza rimuovere e di
qui la mancata tolleranza. In fase di progettazione e di realizzazione iniziale degli stampi conviene
che le cavità siano di dimensioni minime ammissibili per la produzione di pezzi per poi tollerare
per usura un loro aumento. Un’ opportunità che si ha per gestire con maggiore accuratezza il
processo che da un lato ci consente di gestire con maggior precisione gli aspetti dimensionali e
dall’altro ci consente di risparmiare il materiale ma richiede un controllo delicatissimo delle
temperature in gioco è la FORGIATURA ISOTERMA. Se io voglio realizzare l’oggetto nero in figura
quello che posso fare (non interessandomi del materiale, del processo e della bavatura) è quello di
realizzarla a “grasso” cioè accetto materiale in eccesso rispetto a quello che deve realmente
lavorare e quindi faccio una forgiatura molto grossolana. Quanto più vogliamo una forgiatura di
precisione tanto più diventa il nostro forgiato simile alla forma finale e tanto più aumentano i costi
di lavorazione in quanto si accetteranno più passaggi che porteranno al pezzo finito. Lavorando in
temperatura, accettando più passaggi per raggiungere la forma finale e cercando di controllare la
storia termica del materiale saremo in grado di ridurre l’eccesso di materiale e avvicinarmi a
processi ad alta precisione. Uno dei modi di realizzare questo processo è la forgiatura in stampo
chiuso isoterma. Essa prova a effettuare l’intero processo sempre alla stessa temperatura in
maniera tale che abbiamo la certezza che il materiale risponde sempre con la stessa sollecitazione
e che la deformazione che stiamo imponendo è vinta dalla stessa sollecitazione e che quindi il
materiale non si dilata o si contrae in virtù delle differenti storie termiche.

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Si possono quindi avere due casi:
- Forgiatura convenzionale: mettiamo a caldo il nostro oggetto perdiamo il controllo della
storia termica e siamo costretti a realizzare un forgiato grossolano in cui il rapporto tra il
peso del forgiato e il peso del macchinato è superiore a 10 e quindi bisogna buttare una
quantità di truciolo oltre il 90% del pezzo da realizzare;
- Forgiatura isoterma: in questo caso avremo che stampi e il nostro oggetto si trovano alla
medesima temperatura (con ovviamente costi che schizzano alle stelle sia per il controllo
della macchina e del materiale). In questo caso saremo capaci di forgiare un manufatto,
avendo sempre il controllo della storia termica, in maniera molto più fine ed accurata e
poter abbattere il rapporto tra il peso del forgiato e il peso del pezzo finito (macchinato)
buttando una quantità di truciolo non maggiore del 60%;
Quello che governa alla fine la capacità dei materiali di subire queste violente deformazioni
plastiche è la sua forgiabilità. Con forgiabilità si intende la capacità di subire una deformazione
per forgiatura senza criccatura. La forgiabilità è data dalla capacità di un materiale di superare
quei test che sono indicativi della sua capacità senza criccature. Il test più tipico è quello di
compressione dove le cricche si formano sulla superficie in corrispondenza della sezione più
deformata. Un altro test è quello di torsione che viene eseguito a caldo dove viene misurato il
numero di giri che il pezzo riesce a realizzare rappresenta un indicatore sulla pelle esterna della
capacità di un materiale di essere forgiato. Le superleghe per esempio hanno elevatissime
prestazioni meccaniche ma scarsissima duttilità, scarsissima forgiabilità, perché sono materiali
che hanno elevata resistenza a creep e di conseguenza significa dire che anche sotto sforzi
elevati quei materiali non devono deformarsi plasticamente. Quindi di conseguenza questi
materiali sono molto difficilmente forgiabili.

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