Sei sulla pagina 1di 27

I processi di service management, di Tonino Pencarelli, Ordinario di economia e gestione delle

imprese nell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo. Mail: tonino.pencarelli@uniurb.it

1. Economia dei servizi, valore e terziarizzazione dell’economia


2. Varietà e trasversalità dei servizi nell’era della competizione sui servizi
3. Management dei servizi e creazione di valore ai clienti.
4. Management dei servizi e creazione di valore per l’impresa
5. Le nuove frontiere del service management nell’economia post moderna

Obiettivo del capitolo è illustrare l’importanza delle attività di servizio nelle economie moderne e
l’esigenza per le imprese di ogni settore economico di allestire processi di service management
capaci di creare valore per il cliente nell’ambito delle tradizionali esigenze di economicità
aziendale.
Nel § 1 si chiariscono i concetti di servizio, di valore e i fattori determinanti la terziarizzazione
dell’economia moderna. Vengono anche riportate sinteticamente le principali ipotesi esplicative
della presenza dei servizi nei sistemi economici. Si fa cenno, infine, alle tendenze evolutive della
domanda che vengono riprese nel § 5 per segnalare che in un mondo dominato da rapidi e continui
cambiamenti anche l’era dei servizi è sottoposta a profondi mutamenti e impone innovazioni
manageriali importanti.
Nel § 2 si illustra l’estrema varietà del mondo dei servizi, capace di accogliere “il meglio e il
peggio” del mercato del lavoro e di annoverare tipologie di imprese il cui grado di differenziazione
intra-settoriale per dimensione, modelli di governance, intensità capitalistica, livelli di innovazione,
ecc . è spesso assai più elevato di quello che è possibile riscontrare nei confronti intersettoriali.
Risulta comunque evidente che negli attuali contesti competitivi globali la sfida dell’offerta di
componenti intangibili è ineludibile per le imprese orientate al successo duraturo.
Nel § 3 s’inquadrano i processi di service management nella prospettiva di creazione di valore per il
cliente, descrivendo le principali attività di servizio necessarie a progettare, comunicare, produrre
ed erogare valore. Particolare attenzione è dedicata alla identificazione della proposta di valore
(value proposition) e alle soluzioni manageriali per ottimizzare le modalità di erogazione e il
coinvolgimento del cliente nei processi di servizio.
Nel § 4 i processi di service management vengono collocati nella prospettiva di creazione di valore
per l’impresa, per garantirne l’economicità duratura. La sfida manageriale non si limita alla
soddisfazione del cliente in occasione delle singole transazioni con il fornitore nei momenti della
verità, ma implica la capacità di generare qualità confermata o addirittura super qualità in una
prospettiva relazionale, di lungo termine, al fine di favorire processi di fidelizzazione della clientela.
E’ dalla fidelizzazione dei clienti, d’altronde, che la redditività aziendale si alimenta, come
espressione di redditività cumulata dei vari clienti presenti nel portafoglio aziendale.
Il § 5, infine, prende in esame le tendenze evolutive dei consumi nell’era della post modernità,
sottolineandone i tratti che stanno inducendo crescente domanda di esperienzialità e che impongono
al management di identificare nuove soluzioni di offerta, talvolta nuovi modelli di business e nel
contempo di innovare i tradizionali processi di service management, proiettandoli verso processi di
experience management. Il che non significa che nella post modernità le attività di servizio
diventano inutili o superate: semmai occorre che i processi di servizio siano sempre più qualificati e
coerenti con le esigenze dei target della clientela, esigenze che si accrescono con il progredire del
valore economico ed il passaggio da un’economia dei servizi ad un’economia delle esperienze e
della post modernità.

1. Economia dei servizi, valore e terziarizzazione dell’economia


L’economia moderna è un’economia basata sui servizi (service economy), un’economia con
crescente peso del settore cosiddetto “terziario”, dunque un’economia terziarizzata. Ma cosa si
intende, più nel dettaglio, con questo termine e quali sono le determinanti e gli effetti di questo
processo di cambiamento della struttura produttiva delle economie moderne?
Il termine servizio (in latino “servitium”, servitù) in senso economico si riferisce agli “effetti
economicamente utili di beni materiali o di attività umane, di cui beneficiano altri beni o gli uomini
stessi”. Si può qualificare anche come un'attività o una serie di attività di natura più o meno
intangibile, che ha luogo nell'interazione tra cliente e personale e/o risorse fisiche e prodotti e/o
sistemi del fornitore del servizio, e che rappresenta una soluzione ai problemi del cliente.
Gummesson (1987), sostiene che “un servizio è un qualcosa che si può acquistare e vendere, ma
che non può cadere su un piede”.
Grönrooos (2009, p. 59), senza entrare in estenuanti e non sempre utili tassonomie concettuali,
ricorda che nella maggior parte dei servizi si possono riscontrare vari aspetti di uniformità legati al
fatto che: a) i servizi sono processi, ossia attività o insieme di attività svolte mediante risorse
aziendali per soddisfare e trovare soluzioni ai bisogni dei clienti; b) le attività di servizio prevedono
di norma simultaneità e inseparabilità tra processi di produzione-erogazione e consumo (fruizione),
il che rende difficile la standardizzazione e impossibile l’immagazzinamento degli output,
generando anche problematiche a livello di gestione e controllo della qualità, che si costruisce
nell’interazione tra l’offerta e la domanda nei cosiddetti momenti di incontro (momenti della
verità); c) i clienti (esterni o interni) partecipano in qualche modo allo svolgimento dei processi,
essendone allo stesso tempo destinatari e protagonisti, parte della soluzione ai propri bisogni. Le
modalità di partecipazione dei clienti ai processi di servizio influenzano la qualità percepita dei
servizi stessi, mentre la disponibilità dei clienti a modificare i tempi di fruizione dei servizi
consente alle imprese di immagazzinare i clienti, evitando che a causa dei vincoli della rigidità della
capacità produttiva dei servizi associata alla simultaneità della produzione-consumo si perdano
ricavi; d) i servizi sono prodotti ad alto contenuto di intangibilità e immaterialità, circostanza che
anche a causa degli altri tratti tipici, si associa di norma con l’estrema eterogeneità che rende un
servizio sempre diverso da un altro e che stressa la dimensione soggettiva della percezione della
qualità da parte dei clienti; dall’immaterialità discende anche che il trasferimento dei servizi
mediante scambi economici risulta sconnesso al trasferimento della proprietà: un acquirente quando
acquista e paga un servizio è legittimato alla sua fruizione, al suo accesso, ma non ne diventa
proprietario (es. un viaggio, una prestazione medica) , come si verifica per prodotti a contenuto
materiale (es. un’automobile, una casa).
Secondo l’accreditata prospettiva del Service Dominant Logic (Vargo e Lush, 2004; Lush , Vargo,
O’Brian, 2007), i servizi sono processi che, mediante risorse aziendali, abilitano e facilitano i clienti
ad interagire con le risorse contribuendo attivamente alla creazione di valore per se stessi. Se i
clienti-utenti sono co-produttori dei processi di servizio e co-creatori di valore per se stessi, le
imprese produttrici-erogatrici di servizi sono chiamate a offrire processi di servizio capaci di
favorire processi più o meno pianificati dai clienti per la creazione di valore, cercando di
neutralizzare le situazioni che possono comportare distruzione o perdita di valore per il cliente
anche a causa di sue erronee modalità di fruizione. Valore qui inteso come rapporto tra benefici e
sacrifici percepiti dal cliente, relativi a un determinato prodotto o servizio e secondo un’ottica
multidimensionale, soggettiva e di lungo termine. I benefici possono essere funzionali (prestazioni e
performance, assistenza, contenuto tecnologico, design, tempo, luogo e forma di fruizione del
servizio, ecc.) e simbolici-relazionali (affidabilità della marca, status e autostima, considerazione e
appartenenza sociale, ecc.). I sacrifici, invece, possono derivare dalla raccolta di informazioni (costi
di ricerca), dalla valutazione delle alternative (costi di elaborazione delle informazioni),
dall’acquisto (costi di reperimento, costi di acquisto), dall’utilizzo (costi di esercizio, costi di
manutenzione, costi di apprendimento, costi di obsolescenza), dal riacquisto (costi di conversione,
costi psicologici, costi di dismissione e cambiamento) (Busacca et al., 2004; Raimondo e Miceli,
20051; Bocconcelli, 2005; Tunisini, 2008; Cozzi e Ferrero, 2004 2; Ravald e Grönroos, 1996). La
percezione dei benefici e dei sacrifici (quindi del valore) è altamente soggettiva, dipende dal profilo
del cliente e dal contesto sociale in cui l’individuo è immerso, con riferimento al sistema di valori
condiviso. Il concetto di valore è pertanto declinato nell’interazione cliente-fornitore, all’interno
del processo di servizio e in un’ottica di value co-creation (Grönroos e Strandvik, 2008). Affermare
che il valore è generato e distribuito nel corso dell’interazione cliente-fornitore implica – per
l’impresa – la gestione della piattaforma di interazioni, non solo al fine supportare la creazione di
valore per il cliente, ma anche per appropriarsi del valore per il fornitore del servizio (Grönroos e
Strandvik, 2008). Inoltre, è importante rilevare che il valore è co-creato all’interno del rapporto di
lungo periodo tra provider e cliente. Questo significa che la prospettiva del valore assunta dai
processi di service management va proiettata oltre i singoli episodi legati alla transazioni ed agli
scambi tra offerta e domanda, ma va collocata lungo un arco temporale esteso, dove i clienti sono i
veri value creators e il fornitore del servizio svolge il ruolo di facilitatore (“to facilitate customers’
value creation”, ossia di “value facilitator,” Grönroos, 2008). Il fornitore del servizio ha altresì la
possibilità di estendere ed amplificare le opportunità del cliente di creare il suo valore, influenzando
positivamente il processo di consumo del servizio (value-in-interaction. Wikstrom, 1996). Questa
impostazione implica una approccio al marketing di tipo interattivo (interactive marketing), che
vada oltre la formulazione della value proposition (Grönroos e Strandvik, 2008) e che sia capace di
valorizzare i momenti della verità (Normann R., 1992), ovvero le occasioni – all’interno del
rapporto – in cui il cliente acquisisce e percepisce sia il valore che la qualità mediante l’efficace
coinvolgimento nel processo di co-creazione del valore.
Fin da queste prime considerazioni, non può sfuggire che l’economia moderna contemporanea è
un’economia di servizi, in cui le logiche competitive sono guidate dalla capacità degli attori
economici di creare valore differenziale rispetto ai rivali operanti nel business, e che tutte le imprese
sono imprese di servizi che, per competere con successo, devono offrire ai clienti proposizioni di
valore che discendono dall’applicazione diretta della conoscenza e delle competenze messe in
campo dalle imprese per soddisfare i bisogni dei clienti. Il valore per il fruitore del servizio si crea
dal processo di co-produzione posto in essere dal cliente stesso facendo leva sulle conoscenze e
competenze da esso possedute, che gli consentono di determinare il valore effettivo (Valdani, 2009,
p.5; p. 255). In linea di principio ci si attende che i servizi che entrano nelle disponibilità del cliente
utilizzatore siano capaci di creare valore positivo (efficiency value), grazie alle caratteristiche
dell’output di servizio ed alle capacità di integrazione con le risorse e competenze del cliente, ma
occorre fare attenzione anche alle situazioni di distruzione di valore per il cliente (inefficiency

1
Gli Autori sintetizzano alcuni caratteri relativi al concetto di valore per il cliente, rilevanti soprattutto ai fini della sua
misurazione:
“- il valore è definito come un costrutto multidimensionale, le cui dimensioni possono essere sinteticamente definite
“benefici” e “costi”, a loro volta costituite da singole voci di beneficio e di costo (multidimensionalità del costrutto);
- la percezione delle componenti del valore è product o brand specific, quindi riferita a marche o prodotti offerti da una
determinata impresa;
- la percezione del valore si basa su una valutazione comparativa, ossia una valutazione condotta rispetto alle offerte
concorrenti (relatività);
- per un determinato prodotto o marca, tale percezione è diversa da soggetto a soggetto in quanto scaturisce dai processi
mentali che ogni cliente attiva in funzione del proprio repertorio cognitivo (soggettività);
- per un certo prodotto/marca e un determinato soggetto, la percezione del valore cambia nel tempo in funzione di
variabili esterne (come l’innovazione tecnologica, i cambiamenti economici, quelli socio-culturali) ed interne
(apprendimento) al consumatore; per ogni individuo, quindi, il peso attribuito alle componenti del valore cambia del
tempo (dinamismo)”.
2
Gli Autori qualificano il concetto di valore per il cliente come Beneficio Differenziale Percepito (BDP), dato dal
rapporto fra Valore Differenziale Percepito (frutto degli attributi di valore d’uso potenziale e dei segnali di valore) e
Sacrificio Differenziale Percepito (frutto degli effetti psicologici connessi all’esborso di una certa somma per l’acquisto
di un certo sistema di prodotto, relativamente ad una data soglia di valore differenziale percepito).
value) che possono manifestarsi quando emergono incompatibilità tra l’offerta di servizi e la
piattaforma cognitiva e di competenze del cliente (Ordanini, 1999, p. 87).
Ma come si spiega la crescente diffusione dei servizi nell’economia? Varie sono le possibili
spiegazioni in merito ai fattori che determinano l’affermarsi di un’economia basata sui servizi
(Gadrey e Martinelli, 2000).
Va ricordata anzitutto una visione che si può qualificare di tipo “patologico”, in quanto assegna
ai servizi non tanto un ruolo di produzione di valore, quanto una funzione improduttiva ed
inflazionistica, considerandoli una sorta di <<male necessario>> delle economie, la cui espansione
va limitata. Nell’ambito di questo filone si inseriscono studi che mettono a nudo le imperfezioni del
mercato e le inefficienze di alcuni servizi dovute a: minore esposizione alla concorrenza
internazionale, insufficienti economie di scala, minori opportunità di incorporare il progresso
tecnico, posizioni e pratiche oligopolistiche e protezionistiche, come nel caso del credito e degli
ordini professionali. Il settore terziario è interpretato anche come <<spugna>>, per cui i servizi
sono il rifugio di occupati in esubero nel settore industriale o agricolo. In altri termini, la crescita
occupazionale dei servizi è funzione dell’offerta di lavoro piuttosto che della domanda aggregata di
servizi, come avviene nelle economie meno sviluppate, caratterizzate da alta incidenza di lavoratori
terziari nella struttura occupazionale.
Vi è poi un’impostazione opposta, che considera la crescita terziaria un sintomo di progressiva
modernizzazione e sviluppo fisiologico dell’economia. Ci si riferisce all’approccio post industriale,
che s’ispira a Bell (1983), secondo cui i servizi rappresentano e sono emblematici di uno stadio di
sviluppo <<superiore>> delle società avanzate, paradigma delle società post industriali, in cui la
terziarizzazione si afferma in seguito alla crescita della produttività del lavoro nel comparto
manifatturiero, che libera risorse umane verso comparti capaci di soddisfare nuove esigenze della
comunità legate alla crescita del reddito, del tempo libero e dell’età media della popolazione, oltre
che all’evolversi dei modelli di consumo e degli stili di vita individuali e collettivi. I consumatori,
sulla base della cosiddetta legge di Engel, al crescere del reddito disponibile, orientano la domanda
verso i servizi privati e pubblici (“beni superiori”) a scapito dei beni di consumo e di investimento
(“beni primari e secondari”). Nelle società post industriali si assiste inoltre alla progressiva crescita
del terziario superiore a carattere collettivo (trasporti, acqua, gas, commercio, banche, assicurazioni,
salute, istruzione, ambiente, pubblica amministrazione), all’affermazione di attività professionali
centrate sulla conoscenza e sull’informazione ed al radicale mutamento delle strutture di classe
(declino classe operaia), dei valori (centralità dei valori sociali, dell’equità) e dei sistemi di
gestione.
Il dibattito in materia propone anche un approccio neoindustriale, che parte dall’idea di
centralità del ruolo dell’industria, vero motore del sistema produttivo e che, sulla scorta della teoria
dell’economia <<self service>> di Gershuny (1978) postula che, per soddisfare un dato bisogno, il
consumatore moderno può scegliere tra un bene ed un servizio, sviluppando un arbitraggio che tiene
conto dei vincoli (tempo e risorse finanziarie) e che non sempre opta per il ricorso al servizio, ma
può optare a favore del self service, grazie anche alle innovazioni tecnologiche, per cui la domanda
di beni potrebbe crescere più di quella dei servizi. Inoltre, l’impostazione neo-industrialista assume
che molte attività di servizio, specie quelle alle imprese, non potrebbero esistere senza il traino del
comparto industriale.
Più recentemente, e realisticamente, sulla base dell’osservazione che le moderne economie
presentano livelli crescenti di incidenza del terziario sull’occupazione e sul PIL e tenendo conto
delle difficoltà di immaginare un armonico sviluppo economico in campo agricolo o industriale
senza la presenza della componente di servizi, si vanno affermando ipotesi interpretative basate
sulla <<terziarizzazione della produzione>>, che colgono la crescente interdipendenza e
integrazione tra imprese e servizi, specie di natura intermedia (Ordanini, 1999), superando la
contrapposizione tra industria e terziario, tra post e neo industrialismi e proponendo una tesi in base
alla quale la crescita dei servizi dipende dalla trasformazione del modo di produrre contemporaneo
(Gadrey e Martinelli, 2000) . Si fa strada l’idea che lo sviluppo dei servizi non sia un fenomeno
esclusivamente indipendente, ma un risultato ed anche una causa dell’evoluzione
dell’organizzazione della produzione moderna. Si parla pertanto di terziarizzazione della
produzione e non di deindustrializzazione, sancendo che la crescita dei servizi alla produzione è un
motore indispensabile di sviluppo, rovesciando la tesi dell’improduttività dei servizi e sostenendo
che i servizi sono la condizione per gli aumenti di efficienza del sistema produttivo. In definitiva,
oggi sembra finalmente acquisito che la moderna competizione impone un’offerta totale di servizi,
composta da componenti materiali e immateriali, servizi, informazioni, attenzioni personali al
cliente, interazioni con esso. Da parte delle imprese di ogni dimensione e settore produttivo, occorre
assumere una prospettiva manageriale e strategica di orientamento ai servizi, incorporandola nelle
decisioni competitive: anche aziende agricole, o manufatturiere possono adottare questa prospettiva
e considerarsi a pieno titolo imprese di servizi, laddove sono capaci di mettere il cliente nelle
condizioni di creare valore d’uso attingendo ai servizi messi a disposizione dal fornitore (Grönroos,
2009). Per questo è preferibile parlare di terziarizzazione dell’economia, caratterizzata dalla
terziarizzazione della domanda, dell’occupazione, della produzione e, più in generale, delle forme
di offerta economica capaci di conseguire vantaggi competitivi durevoli.
Del resto, la struttura economica dei Paesi occidentali è fortemente terziarizzata. Le statistiche
sulla struttura dell’occupazione per settori di attività mostrano, ad esempio, che oltre il 70% degli
occupati opera nel comparto dei servizi , che concorre alla formazione di circa il 74% del valore
aggiunto lordo dell’Unione Europea .
Anche in Italia i recenti dati Istat di seguito riportati (Italia in cifre, 2010) indicano che
l’economia italiana è fortemente terziarizzata, occupando 10,3 milioni di addetti, su un totale di 17
milioni di lavoratori e contribuendo al valore aggiunto complessivo per circa il 54%. Gli occupati
nei servizi presentano spesso la peculiarità di incorporare allo stesso tempo i profili meno
professionalizzati e meno pagati (addetti alle pulizie, al facchinaggio, operatori ecologici) con i
lavoratori più qualificati ed a più alto reddito (medici, ingegneri, avvocati, dirigenti, ecc.); rispetto
ai comparti agricoli e manifatturieri, inoltre, risulta di norma più elevato anche il livello di
femminilizzazione della forza lavoro.
Quando si fa riferimento ai dati ufficiali dell’occupazione terziaria, peraltro, non va ignorato che
le statistiche ufficiali prendono in considerazione esclusivamente i lavoratori dipendenti di imprese
classificate dagli Istituti di Statistica tra quelle di servizi, ossia il cosiddetto terziario esplicito 3.
Tuttavia, se si considerassero tutti i lavoratori che, pur svolgendo attività e mansioni di tipo
impiegatizio e terziario all’interno delle imprese (logistica, marketing, amministrazione e controllo,
finanza, gestione del personale, ricerca e sviluppo, ecc.), vengono impropriamente classificati come
occupati dei settori primari e secondari, oltre che tutte quelle attività di autoproduzione di servizi
domestici (dalla gestione della casa, ai lavori domestici, alla manutenzione, ecc.), è evidente che
l’incidenza effettiva dell’occupazione terziaria nelle economie sarebbe mediamente assai più
rilevante.
Si comprende bene, in definitiva, la ragione per cui oggi la presenza del terziario nell’economia è
così forte e radicata, da far emergere con forza il concetto di “economie terziarizzate”, economie
dominate da fattori immateriali che rappresentano componenti costitutive e strategiche di qualsiasi
tipo di offerta economica. Nell’era della ipercompetizione e della concorrenza globale, le aziende
agricole o industriali, per acquisire posizioni di vantaggio competitivo durevole e sostenibile, non
possono sottrarsi dal puntare decisamente sulle componenti intangibili e di servizio delle propria
offerta. Componenti che soprattutto nel comparto del business to business si qualificano come
servizi generatori di informazione e conoscenza, autentiche fonti del vantaggio competitivo
durevole (Ordanini, 1999). Va inoltre tenuto presente che i cambiamenti che stanno affermandosi
nella società moderna terziarizzata sono basati non solo sulle profonde trasformazioni dei sistemi di
produzione del valore nell’economia, sempre più dominati dall’immateriale (Paiola e Rullani,
2009)4, ma sono guidati e sollecitati dall’avvento di nuovi modelli di consumo.

3
L’ ISTAT in Italia prevede 9 tipi di attività terziarie: Alberghi e pubblici esercizi; Commercio e servizi di riparazione; Trasporti,
magazzinaggio e comunicazioni; Intermediazione monetaria e finanziaria; Servizi immobiliari, di noleggio, informatici, di ricerca e
professionali; Pubblica amministrazione, difesa e assicurazione sociale obbligatoria; Istruzione; Sanità e servizi sociali; Altri servizi
pubblici sociali e personali, mentre esclude i servizi connessi alla produzione di energia, acqua e gas.
4
Scrive Rullani, 2006: << Il valore nasce da attività «terziarie» che arricchiscono l’utilità generata per il cliente: l’ideazione, la
progettazione, il design, la logistica, la comunicazione, il marchio, la commercializzazione, la distribuzione, il sistema delle garanzie
fornite ai clienti, la tutela della proprietà intellettuale, il servizio post-vendita ecc. Tutte cose che non si fanno in fabbrica e che
prendono forma all’interno di un circuito dominato dall’intelligenza terziaria e dall’immaterialità.>>.
Ma oggi i processi di cambiamento sono così rapidi, che la stessa era dei servizi sta per essere,
se non superata (cfr. §5), comunque sottoposta a importanti trasformazioni indotte dal
sopraggiungere della cosiddetta economia delle esperienze (Pine e Gilmore, 2000) nell’ambito dei
radicali mutamenti della “società post-crescita” (Fabris, 2010). Le imprese di servizi, per
personalizzare l’offerta e per intercettare, soddisfare e fidelizzare i segmenti più evoluti della
domanda (i consumatori della post modernità, direbbe Fabris), stanno percorrendo sentieri di
accrescimento del valore economico mediante la “creazione di esperienze” (ad esempio un evento,
un viaggio) o la proposta di “trasformazioni” (ad esempio un corso di formazione), ossia mediante
l’offerta di soluzioni fortemente centrate sull’immaterialità e sulla conoscenza e che si traducono in
sistemi di prodotto complessi, formati in prevalenza da componenti intangibili che rappresentano i
maggiori vettori del valore per le imprese e per i clienti e che solo limitatamente poggiano su input
fisici.

2. Varietà e trasversalità dei servizi nell’era della competizione sui servizi

Il mondo contemporaneo dei servizi risulta dai confini ampi ed in evoluzione, continuamente
modellati dall’avvento della post-modernità e dalle nuove esigenze della domanda delle imprese e
dei consumatori, oltre che dai processi di riorganizzazione dei sistemi produttivi globali; inoltre si
tratta di un settore produttivo assai articolato e differenziato, accogliendo numerose tipologie di
attività economiche che hanno sollecitato vari tentativi di sistematizzazione concettuale sulla base
di molteplici criteri ed angoli visuali che rendono i servizi un contesto fortemente eterogeneo e
difficilmente comparabile, specie a livello di statistiche internazionali 5. Gadrey, Martinelli, (2000)
hanno avanzato una proposta tassonomica per le attività del settore terziario che riformula la
classificazione ISTAT del 1991 e che consente una preliminare mappatura della varietà del mondo
dei servizi. Questi vengono distinti in quattro branche di attività:
 Servizi di infrastruttura sociale: pubblica amministrazione, giustizia, sicurezza e ordine
pubblico, igiene pubblica;
 Servizi per il consumo finale: commercio al dettaglio, commercio e manutenzione
autoveicoli, vendita carburanti, servizi per il turismo come bar, ristoranti, noleggio auto,
intrattenimento e cultura;
 Servizi di infrastruttura distributiva: trasporti terrestri, marittimi, aerei, attività ausiliarie dei
trasporti, comunicazioni e telecomunicazioni;
 Servizi alle imprese e istituzioni: informatica, ricerca e sviluppo, consulenze e servizi
specialistici, servizi bancari e finanziari, assicurazioni, attività immobiliari, vigilanza,
pulizie e disinfestazione, servizi veterinari, noleggi macchinari e attrezzature, servizi
associativi e professionali, altri servizi alle imprese.
L’abbondante letteratura in tema di service management6 ha sua volta identificato ulteriori
classificazioni, utili non tanto e non solo per inquadrare ed ordinare la varietà complessa del
settore dei servizi, quanto per mettere in luce aspetti cruciali ai fini della comprensione e della
gestione dei processi di service management. Fra i numerosi criteri disponibili, i seguenti
meritano di essere ricordati ai fini della comprensione dei processi di service management:

5
Lo studio di Gadrey e Martinelli (2010, p. 33) segnala ad esempio come le public utilities (produzione e distribuzione
di energia elettrica, gas e acqua) siano classificate negli USA insieme con i trasporti e le comunicazione, mentre in Italia
sono incluse nel settore industriale; del resto non è affatto semplice, secondo gli Autori, separare concettualmente in
modo preciso i settori industriali e dei servizi, come ad esempio si riscontra nel caso del sofware o della fornitura di
energia, collocabili correttamente tanto nella produzione che nel terziario.
6
Cfr. tra gli altri: Podestà, 1983; Vicari, 1985; Cherubini, 1991; Carù, 1996; Pellicelli, 1997; Hoffman, Bateson e
Iasevoli, 2006; Grönross 2007, 2010; Lovelock, Wirtz, 2007. Per ulteriori contributi si vedano le opere citate in
bibliografia.
 Importanza delle strutture fisiche e della componente umana: si va dalle aziende
ospedaliere, ove entrambe le variabili sono cruciali, alle imprese ove è preponderante la
dimensione strutturale (autostrade) o alle imprese ove rileva la dimensione umana e
professionale (consulenza), mentre le strutture fisiche passano in secondo piano e non
vincolano i processi di service management;
 Intensità del contatto e della tecnologia: può essere intesa come una variante del
precedente criterio, in cui la tecnologia sostituisce le strutture fisiche e guida i processi
mediante il ricorso ai sistemi automatizzati e all’information technology, in cui anche
mediante forme di self service i processi di servizio sono svolti anche in assenza di
personale di contatto del fornitore; l’intensità di contatto implica invece la rilevanza del
personale e dei contatti diretti tra questo e i fruitori dei servizi. Non va tuttavia sottaciuto
che, così come le imprese imperniate sull’alto contatto necessitano spesso di adeguate
strutture fisiche per ottimizzare i processi di service, anche le imprese basate sulla
tecnologia possono necessitare di contatti di qualità e altamente efficaci per fornire
soluzioni ai clienti, specie per far fronte a disservizi;
 Erogazione continua o discontinua dei servizi: le imprese che erogano in via
continuativa i servizi sono tenute ad assicurare processi affidabili e costanti e possono
sviluppare processi altamente integrati con i clienti, in virtù della stabilità delle forniture;
le imprese che erogano in modo occasionale i servizi sono meno avvantaggiate nella
costruzione di rapporti stabili, ma proprio per questo sono maggiormente sfidate a
ricercare forme di scambio più continue rispetto alle transazioni isolate;
 Erogazione dei servizi presso la sede dell’impresa o del cliente: le imprese che
erogano i servizi presso la propria sede (o le proprie sedi) allestiscono processi di
servizio che prevedono e spesso danno per scontato lo spostamento della clientela presso
il punto vendita del fornitore (negozio al dettaglio, parrucchiere, carrozzerie, ecc.), la cui
localizzazione diventa la scelta strategica più rilevante; le imprese che invece partono
dalle esigenze di quei segmenti di clientela che associano allo spostamento presso il
fornitore sacrifici (tempo, costi, sforzo fisico, ecc.) superiori ai benefici (simbolici, di
socializzazione, prezzi, ecc.) possono rovesciare l’architettura del processo di erogazione
del servizio, assumendo che le aziende di servizi siano tenute prioritariamente a fornire
soluzioni presso il domicilio del cliente (vendite a domicilio, servizi alla persona ed alle
cose a domicilio, ecc.);
 Gestibilità dei picchi di domanda e variabilità temporale e quantitativa della
domanda: si è di fronte a imprese disposte e in grado a predisporre processi capaci di
fronteggiare le impennate della domanda, dotandosi di capacità produttiva-erogativa
allineata o allineabile ai picchi più elevati, ovvero a imprese che, viceversa, non
intendono e/o sono in grado di gestire le fluttuazioni temporali e quantitative della
domanda, trovandosi vincolate dal lato della capacità produttiva ed erogativa, allestita
tenendo conto di livelli medi di domanda e dell’esigenza di contenere i costi fissi
connessi ai maggiori investimenti di capitale.
Il mondo dei servizi esprime varietà e disomogeneità anche dal punto di vista delle forme assai
differenziate di domanda di lavoro e di occupazione, forme che comprendono il peggio e il
meglio del mercato del lavoro, annoverando lavoro dequalificato e mal retribuito come quello di
spazzini, portieri, manutentori, inservienti, addetti ai call center e lavoro altamente
professionalizzato e qualificato, oltre che ben retribuito come quello di medici, professionisti,
consulenti, dirigenti, specialisti e tecnici di alto livello. Il lavoro terziario annovera altresì una
presenza significativa e comunque prevalente rispetto agli altri settori economici, di addetti al
pubblico impiego, di lavoro autonomo (le partite IVA), di lavoro femminile, di lavoro flessibile
(sia regolare che irregolare). L’eterogeneità del mercato del lavoro dal lato della domanda
dipende dall’estrema varietà che esiste nelle tipologie di imprese che, come indicato nella
precedente tassonomia, comprendono imprese caratterizzate da livelli e tipologie assai differenti
di intensità di capitale (imprese con elevatissima incidenza del capitale sul fatturato convivono
con imprese ad altissima intensità di lavoro), di dimensione produttiva (grandi imprese
fortemente capitalizzate e managerializzate convivono con imprese piccolissime a proprietà e
gestione familiare), di forme organizzative dell’offerta (strutture piatte e snelle convivono con
strutture burocratiche e funzionali) e di finalità istituzionali ed economiche (profit e non profit).
In definitiva, la dimensione terziaria e dei servizi coinvolge profondamente le economie e le
imprese moderne, accomunate dall’ alta intensità di conoscenza incorporata nei processi interni e
connessi al sistema del valore. Il comparto del terziario presenta un’ elevata eterogeneità strutturale
e funzionale delle aziende tradizionalmente classificate come “di servizi”, eterogeneità che per
molti aspetti è anche maggiore di quella che si può riscontrare tra imprese appartenenti ai settori
classici (Podestà, 1982), proprio a motivo della progressiva terziarizzazione dell’economia, che
suggerisce di superare la consueta classificazione delle attività economiche tra agricoltura, industria
e servizi e che colloca all’interno di quest’ultima categoria attività non rientranti nelle precedenti,
oppure esclusivamente le attività economiche svolte da specifici tipi di organizzazione, identificate
come “imprese di servizi” e come tali differenti dalle imprese agricole o industriali.
In realtà i servizi, più che rappresentare un comparto economico distinto, rappresentano una nuova
dimensione dell’offerta che consente a imprese di qualsiasi dimensione e settore di competere con
successo nei rispettivi business, ossia una vera e propria prospettiva strategica capace di creare le
basi per il vantaggio competitivo duraturo delle aziende. I processi di servizio difatti concorrono
alla creazione del valore per la clientela lungo le molteplici fasi di attività della catena del valore
interna ed esterna (l’analisi di mercato, la ricerca e sviluppo, la progettazione e il design,
finanziamento, controllo qualità, manutenzioni, gestione del brand, logistica distributiva e
informativa, servizi di fatturazione, istruzione e assistenza al cliente, gestione reclami, gestione
programmi fedeltà, gestione scorie e rifiuti, riciclaggio, ecc.). Sicché non può sfuggire come ogni
impresa si colleghi alla domanda aziendale fornendo soluzioni ai bisogni della clientela che si
concretizzano in output, ossia medium offerta-domanda, cioè prodotti (Rispoli e Tamma, 1992) la
cui composizione è data da un mix di componenti materiali ed immateriali il cui valore è fortemente
(in larga parte) dipendente dalle conoscenze incorporate negli elementi tangibili (beni) e soprattutto
nell’insieme di servizi (intelligenza terziaria) e di “intangibili” (brand, know how, ecc.) presenti nel
sistema di offerta.
Oggi il sistema produttivo costituisce nella sua interezza un’economia di servizi in quanto ogni
impresa, a prescindere dalla strategia competitiva adottata (leadership di prezzo, differenziazione,
valore dell’offerta cfr. Thompson e al., 2010) poggia le basi del vantaggio competitivo sulla
composizione, sulla qualità e sul costo dei servizi incorporati nelle soluzioni offerte al mercato
grazie alle quali i clienti sono messi nelle condizioni di creare valore e contribuire direttamente alla
soluzione delle proprie esigenze sfruttando, con le conoscenze e competenze personali, le risorse e
le competenze rese disponibili dai fornitori. I servizi sono dunque processi che riguardano
trasversalmente settori economici ed imprese e influenzano profondamente la natura stessa della
concorrenza, la cui intensità si gioca modulando differentemente la combinazione di intelligenza
terziaria presente nei prodotti finali ed intermedi. I servizi assumo il ruolo di processi critici delle
nuove imprese “process based” orientate al mercato, (Valdani, Ancarani, 1997, capp. 1 e 2) che
affrontano proattivamente l’ipercompetizione e le nuove sfide della concorrenza mediante forme di
innovazione strategica volte a preparare il futuro ridefinendo i confini del settore o identificando
nuovi modelli di business, ovvero a rafforzare la posizione competitiva nel business attuale
mediante forme di reingegnerizzazione dei processi.
Le imprese considerano i servizi processi critici allorché essi si identificano in attività
interfunzionali o intrafunzionali in grado di generare e trasferire valore alla clientela, intesa sia
come cliente finale esterno che come cliente interno: in entrambi i casi i processi critici devono
essere capaci di soddisfare i bisogni dei destinatari, mettendoli nella condizione di creare valore
mediante processi di coproduzione e coinvolgimento attivo.
3. Management dei servizi e creazione di valore ai clienti.

Si entra ora più in dettaglio nell’argomento del capitolo, ossia i processi di service management,
qualificabili come l’insieme delle attività che vanno svolte dal fornitore avvalendosi di risorse e
competenze interne, ovvero ricorrendo ad una rete di fornitori esterni, per progettare, comunicare,
creare, erogare valore al cliente.
Il punto di partenza per allestire processi di service management capaci di creare valore per i
clienti è cercare di comprendere quali variabili intervengono nel rapporto tra benefici e sacrifici dei
soggetti che l’azienda ha selezionato come target ed per i quali si impegna a allestire un’offerta
capace di fornire soluzioni ai bisogni. Come richiamato nel § 1, il valore di un prodotto per il
fruitore è definito dal rapporto tra molteplici variabili connesse ai benefici ed ai sacrifici percepiti
soggettivamente dal cliente, ed è declinabile nell’interazione cliente-fornitore, all’interno del
processo di servizio e in un’ottica di value co-creation che si ottimizza in un rapporto di lungo
termine, in cui i clienti sono i veri value co-creators e i fornitori sono i facilitatori del processo di
creazione e fruizione del valore mediante l’attivazioni di adeguati sistemi di produzione-erogazione
del servizio (Normann, 1992; Wikstrom, 1996; Lush, Vargo, O’Brian, 2007; Grönroos e Strandvik,
2008). Secondo questa prospettiva si può affermare che il valore si crea con i clienti, i quali
assurgono a ruolo di partner dell’impresa. L’azienda di servizi è così chiamata ad attivare processi
di collaborazione orientati ad abilitare il cliente ad ottimizzare le forme di co-creazione di valore
(valore d’uso) ed alla sua soddisfazione nell’ambito di una relazione di lungo termine.
Per consentire al cliente la piena creazione e fruizione del valore, i fornitori di servizi sono
chiamati a identificare e definire con attenzione:
1. Modello e pacchetto di servizi (che cosa si offre al target);
2. Processi connessi al sistema di erogazione del servizi (come, dove, quando, chi, ruolo
cliente, qualità-produttività);
3. Processi di comunicazione;
4. Processi di monitoraggio e di miglioramento della soddisfazione e della qualità.
La definizione del modello di servizi implica che i manager dei servizi dedichino estrema
attenzione al processo di progettazione del servizio, processo strategico eppure spesso trascurato o
condotto in modo parziale e senza adeguato supporto formale (Carù, 1996, p.181)7.
Con la definizione del modello di servizio, l’impresa chiarisce la proposta di valore (value
proposition) che mette a disposizione dei clienti selezionati come target, articolandola sulla base di
un insieme di elementi che possono essere distinti tra elementi base (core services) ed elementi
accessori. Questi a loro volta sono distinguibili tra elementi necessari o di facilitazione, senza i
quali il servizio principale non potrebbe essere messo a disposizione del cliente (informazioni, chek
in, raccolta ordine, fatturazione, pagamento) e servizi di differenziazione o di arricchimento
(consulenze, assistenza, ospitalità, eccezioni, soluzioni per benefici di utilità correlata al principale),
utili per differenziare l’offerta aziendale da quella dei concorrenti ed aumentare il valore per i
fruitori dei servizi. La qualificazione dei componenti dell’offerta identifica un pacchetto di elementi
di servizio, il che cosa si offre, che deve essere internamente coerente con le esigenze del target
servito e del posizionamento desiderato, evitando di inserire elementi non considerati di valore per
il cliente o caratterizzati da qualità non in linea con le attese della clientela per non comprometterne
la soddisfazione. Da tener presente che la mancata attenzione ai servizi di facilitazione potrebbe
compromettere la fruizione del servizio principale, così come va ricordato che servizi che possono
essere considerati come ausiliari in un contesto di fruizione, possono essere di facilitazione in altri

7
Carù (1996, p. 184 e seg. ) propone un modello di progettazione del servizio che prevede le seguenti fasi:
identificazione delle opportunità; design del prodotto; effettuazione di test; lancio; gestione del prodotto lungo le fasi
del ciclo di vita.
contesti e viceversa (ad esempio un pasto durante un volo aereo potrebbe considerarsi necessario
per voli di lunga distanza, ma di differenziazione per voli brevi).
Per creare valore al cliente il passo successivo consiste nel definire le modalità con le quali il
pacchetto di servizi entra nelle disponibilità del target, individuando “il come” aumentare i benefici
e ridurre i sacrifici mediante l’allestimento dell’insieme dei processi (attività) connessi con il
sistema di erogazione dei servizi. Sistema che va quindi prioritariamente schematizzato, mappando
le varie fasi ed i vari momenti di contatto tra domanda ed offerta (momenti della verità o service
encounters, che avvengono tra clienti e front office aziendale) o tra servizi interni (back office) e
servizi esterni ( front office). A questa finalità è deputata la rappresentazione mediante flow chart,
ovvero mediante il blueprint (Bateson, 2007, p. 143; Lovelock, 2007, p. 286). Si tratta di uno
schema di dettaglio che illustra analiticamente e graficamente come il processo di servizio dovrebbe
funzionare dal momento di primo contatto dell’acquirente con il fornitore fino ai momenti
successivi alla fruizione del servizio, tenendo sotto controllo i cosiddetti punti critici, ossia le
attività a maggiore rischio di cattivo funzionamento, le “strozzature” del sistema (es. tempi di
attesa, code, eccesso di domanda rispetto alla capacità produttiva) che pertanto dovrebbero essere
pianificate con maggiore accuratezza, giungendo a specificare analiticamente i ruoli (script) che
dovrebbero essere assunti dal personale e dal cliente, sulla base delle strutture fisiche e tecnologiche
e dei sistemi disponibili o introducibili per migliorare la performance di produzione ed erogazione
del servizio. La redazione di blueprint consente al management di riflettere accuratamente in merito
ai contenuti del processo di servizio, sollecitando eventuali riprogettazioni indirizzate ad eliminare
attività inutili ai fini della creazione del valore, semplificando procedure e standard di servizio
mettendosi nei panni del cliente (sia esterno che interno) e delle sue esigenze, senza trascurare la
prospettiva dell’economicità aziendale e dei costi connessi ai vari processi. L’accurata
progettazione dei processi permette altresì di identificare possibili attività da realizzare con risorse
esterne, in outsourcing, attivando reti di relazioni con fornitori esterni di componenti che entrano
nella proposta di valore aziendale. Un efficace blueprint consente inoltre di mappare e identificare
le attività e le forme di collaborazione con la clientela, precisandone le modalità di partecipazione
alla co-produzione dl servizio ed alla co-creazione di valore.
Il sistema di erogazione va progettato alla luce della capacità che esso ha di accrescere il
rapporto benefici –sacrifici per la domanda lavorando sulle modalità di fruizione dell’esperienza di
servizio. Un passo importante è identificare e progettare con attenzione il contesto, l’ambiente
fisico che verrà sperimentato dai clienti nei vari momenti della verità.
Nella letteratura di service management, l’ambiente fisico viene denominato servicescape e
rappresenta una componente cruciale del sistema di offerta aziendale, giacché comprende le
strutture fisiche che con i loro caratteri condizionano la natura e la qualità dell’esperienza di
consumo, agendo sulla disponibilità a socializzare e sui vari livelli sensoriali delle persone mediante
la scelta delle forme e dei livelli di confort delle aree e dei beni mobili, del lay out, del grado di
temperatura, della qualità dell’aria, dei colori, degli odori e del tipo di insonorizzazione dei locali e
dei luoghi deputati alle relazioni tra fornitore e cliente. Il servicescape riguarda dunque la parte
tangibile dell’offerta aziendale e comprende elementi che compongono non solo l‘aspetto esteriore
delle strutture, ma anche quello interno ed una serie ulteriore di aspetti tangibili e visibili al cliente
che possono riguardare biglietti da visita, brochure aziendali, aspetto ed uniformi dei dipendenti.
Elementi che vanno selezionati e combinati sulla base delle tipologie di clientela cui ci si rivolge, la
quale potrà mostrare sensibilità differenti al rapporto prezzo/tipologia di servicescape in relazione
alla specifica equazione del valore ed al peso che le variabili collegate all’atmosfera, al piacevole
coinvolgimento sensoriale ed alla qualità della socializzazione possibile hanno rispetto alle variabili
strettamente prestazionali ed economiche.
Al fine di ottimizzare i processi di service management nella prospettiva di creare valore per il
cliente non ci si può tuttavia limitare ad una buona progettazione ed allestimento dell’ambiente
fisico: occorre altresì trovare il giusto equilibrio e bilanciamento tra andamento della domanda,
spesso irregolare e non facilmente prevedibile, e capacità di produzione-erogazione dei servizi,
spesso vincolata dalle risorse investite e/o mobilitabili nel breve periodo, fenomeni che possono
generare sprechi di costi fissi, oppure disservizi e inadeguatezza dell’offerta a fornire soluzioni nei
tempi e nei modi desiderati dai clienti.
L’insufficiente utilizzo della capacità produttiva derivante da situazioni di livelli di domanda
inferiori all’offerta alimenta un uso improduttivo delle risorse con un impatto negativo sia sulla
percezione del servizio da parte dei clienti, subito sospettosi quando le strutture non sono
adeguatamente occupate, sia sui costi fissi, che non trovano occasione di adeguato ed economico
recupero se la domanda è insufficiente, rischiando di scaricarsi eccessivamente sui prezzi medi.
Simmetricamente, in situazioni in cui la domanda eccede i limiti della capacità di risposta
dell’offerta si rischia di perdere i clienti che non possono venire soddisfatti nei tempi ad essi graditi,
ovvero che vengono serviti in modo inadeguato, affrettato, disattento, alimentando disservizi,
reclami e insoddisfazioni. La ricerca del bilanciamento tra domanda e offerta può avvenire
accrescendo la capacità di previsione dei flussi di domanda, oltre che la capacità di mobilitare
risorse aggiuntive di capacità (mano d’opera part time, orari di lavoro straordinario, formazione del
personale e job enlargement, affitto di capacità aggiuntiva, uso temporalmente più esteso della
capacità produttiva, modifica tempi e luoghi di erogazione, ecc.) o la capacità di spostare e
controllare l’andamento della domanda agendo su variabili di marketing come il prezzo, la
comunicazione, la gestione del sistema di prenotazione collegandolo con segmenti di clientela a
differente sensibilità al tempo di fruizione del servizio.
La prospettiva dell’ottimale utilizzo delle risorse al fine di creare valore per il cliente è quella
che viene proposta dal modello dell’offerta di servizi incrementata di Grönroos (2009), il cui
approccio prende in considerazione tre fattori critici capaci di accrescere i benefici e/o ridurre i
benefici dei fruitori dei servizi: l’accessibilità, le interazioni domanda e offerta e il ruolo attivo del
cliente. Fattori che qualificano le modalità di erogazione del servizio e che aggiungono valore a
quello determinato sulla base del contenuto del pacchetto di base dei servizi (il che cosa), contenuto
importante, ma non sufficiente a trovare le soluzioni alle esigenze dei clienti, direttamente
responsabili ed artefici del valore percepito attraverso la partecipazione attiva ai processi di co-
creazione di valore, partecipazione a sua volta influenzata anche dall’immagine e dalla capacità di
comunicazione del fornitore, ulteriore fattore preso in esame dal modello di Grönroos (fig. 1)8.
L’accessibilità va intesa in senso lato, come modalità per rendere più facilmente fruibile al
consumatore ed all’acquirente l’offerta; si può declinare come accessibilità di tempo, ossia orari di
apertura ed erogazione del servizio, accessibilità di luogo, ossia facilità di raggiungimento del punto
di erogazione del servizio, disponibilità di parcheggi, localizzazione, ecc.; accessibilità di
procedure, che attiene alla semplicità con le quali gli acquirenti possono accedere al servizio;
accessibilità economica, che riguarda il prezzo ed il costo dei servizi, accessibilità di informazioni,
che attiene alla qualità ed alla fruibilità delle informazioni da parte dei clienti.

Fig. Errore. Nel documento non esiste testo dello stile specificato. Offerta incrementata -
Fonte:lieve adattamento da Grönross (2002)

8
Si può affermare che per molti aspetti, il modello di Grönroos rappresenta una evoluzione e reinterpretazione del
pioneristico sistema di gestione del servizio proposto da Norman (1985), che veniva declinato tendendo conto delle
seguenti cinque variabili: 1) il segmento di mercato a cui i servizi sono destinati; 2) il concetto di servizio; 3) il sistema di
erogazione del servizio, composto dalla tecnologia e le strutture fisiche di supporto, i clienti e il personale; 4) l’immagine,
quale strumento informativo che influenza tutte le componenti del sistema di produzione ma anche il posizionamento
dell’impresa sul mercato; 5) cultura e filosofia, che comprende i principi generali mediante i quali il sistema è controllato,
mantenuto e sviluppato.
Comunicazione e passaparola Sviluppato in base ai benefici ai
Concetto di servizio
clienti. Orienta lo sviluppo della
altre componenti.

Servizio
essenziale

Accessibilità Interazioni
Servizi di Servizi
facilitazione ausiliari
DETERMINANTI
PACCHETTO BASE:
DEL PROCESSO:
corrisponde alla qualità
qualità funzionale
tecnica
Partecipazione del consumatore
Comunicazione e passaparola

L’interazione si collega fortemente al tema dell’accessibilità giacché coinvolge la fluidità e


facilità di scambi e relazioni tra personale, strutture, tecnologie e sistemi aziendali con la clientela
oltre che le interazioni che possono svilupparsi tra clienti con altri clienti durante le attese; le
interazioni ben sviluppate facilitano la fruizione dell’offerta aziendale ed accrescono il valore
percepito del cliente in quanto significa che il personale e le strutture di front office sono gestiti in
modo efficiente ed efficace e riescono a trovare le soluzioni appropriate per i fruitori dei servizi nei
tempi e con le modalità adeguate, favorendo anche la gestione ottimale delle code e delle attese dei
clienti. Per numerose imprese di servizi, infatti, la gestione dei tempi di attesa dei clienti
(Marzocchi, 1999) rappresenta una sfida quotidiana che impone l’attivazioni di processi manageriali
sistematici capaci di neutralizzare le percezioni negative della clientela legate alle attese (ansia,
incertezza, iniquità, assenza confort, ecc.).
Quanto al considerare nel sistema di offerta (inizialmente denominato servuction, combinando i
termini “service” e “production”) il cliente stesso, sulla scia dei pionieristici apporti di Eglier e
Langeard (1976) e Normann (1985) si assume che il cliente non è solo un target, ma è anche un
soggetto che spesso desidera partecipare attivamente alla co-creazione del valore e che per molti
aspetti rappresenta una sorta di “dipendente aggiunto” del fornitore, che va gestito come tale.
In effetti, come sottolineato nella letteratura di service management, il consumatore moderno
vuole essere sempre più protagonista (si parla di consumAttore) del processo di creazione del
valore, potendo e spesso desiderando svolgere funzioni non secondarie rispetto all’offerta aziendale.
Ci si riferisce ad esempio ad attività di co-progettazione (come nel caso dell’arredamento domestico
o delle vacanze), di co-produzione (come nelle quotidiane esperienze e situazioni di self-service,
ovvero nei percorsi interattivi di formazione universitaria), di comunicazione al mercato (tramite il
passaparola), di commercializzazione (quando i clienti sollecitano la vendita di prodotti e vengono
anche compensati per questo, come accade nel marketing multilivello, ovvero nelle vendite delle
grandi aziende rivolte ai dipendenti ed alle loro reti sociali -tell your friend-), di controllo della
qualità (come accade quando il cliente verifica in tempo reale la correttezza di determinate
procedure di produzione ed erogazione dei servizi, come ad esempio fanno gli studenti nelle aule
universitarie o i clienti di un ristorante con la cucina a vista). Il cliente può inoltre rappresentare una
preziosa ed irrinunciabile fonte di conoscenze e di apprendimento per il fornitore (Bonetti, 2004,
p.5), sia nel segmento business to consumer che soprattutto nel comparto business to business,
grazie ai possibili contributi di idee e di esperienze che possono orientare le strategie del produttore
al miglioramento della proposta di valore. In definitiva il cliente può entrare direttamente nel
processo di creazione del valore mediante partecipazione fisica, emotiva ed intellettuale, rivelandosi
una risorsa preziosa anche per il fornitore. Se il cliente rappresenta non solo un segmento di cui
analizzare e capire i bisogni per soddisfarli, ma anche un soggetto che, quando coinvolto
attivamente, diventa una sorta di “lavoratore aggiunto” dell’impresa ed un co-responsabile della
qualità percepita, occorrono azioni manageriali volte a formare ed indurre a corretti ed efficaci
comportamenti durante il processo di erogazione dei servizi sia il personale interno, mediante azioni
sulla cultura organizzativa e di marketing interno, sia i clienti esterni, mediante istruzioni e
procedure opportune9. Queste si rendono indispensabili per evitare che il cliente adotti
comportamenti scorretti e possa danneggiare se stesso o i sistemi di erogazione dell’impresa, ovvero
entrare in conflitto ed in competizione con il personale di front office: al riguardo i processi di
comunicazione giocano un ruolo cruciale (fornendo istruzioni precise sulle modalità di utilizzo delle
tecnologie e dei sistemi aziendali direttamente da parte dei clienti), così come i sistemi di
incentivazione della clientela a sviluppare condotte allineate alle finalità organizzative (ad esempio
il cliente può essere omaggiato di servizi gratuiti o scontati per segnalazioni di nuovi potenziali
acquirenti, oppure può essere premiato con prezzi di favore o con tempi di fruizione più rapidi per
soluzioni self service, oppure pagato per idee e proposte di soluzioni innovative al sistema di
produzione ed erogazione dei servizi).
La tipologia di processi manageriali volti a favorire il coinvolgimento diretto della clientela
dipenderà dal livello di partecipazione gradito dal target (lo stile di partecipazione, più o meno
attivo e più o meno alla ricerca di socializzazione con il fornitore) e dal livello di partecipazione
imposto da strutture e sistemi aziendali (servizi ad alto o basso contatto).
I processi di comunicazione rappresentano un’azione manageriale di marketing di particolare
rilievo per conseguire le finalità tradizionali delle imprese, quali attirare nuovi clienti, spiegare i
contenuti delle proposte di valore, spesso difficilmente afferrabili in presenza di offerte ad alto
contenuto di intangibilità, nonché costruire e mantenere relazioni volte alla fidelizzazione degi
acquirenti. Nel contesto del service management e del coinvolgimento del cliente nel sistema di
offerta la comunicazione e l’informazione vanno considerate lo strumento principale per educare il
cliente ad assumere comportamenti organizzativi adeguati al buon funzionamento delle strutture e
dei sistemi aziendali ed alla messa in atto di condotte cooperative con il front office. La
comunicazione diventa così un veicolo di consulenza al cliente, che può concretarsi mediante
strumenti tradizionali (brochure, depliant, istruzioni, news letters, ) o mediante supporti nei siti web
dedicando aree informative come le risposte alle domande più frequenti (FAQ, Frequent Ask
Questions) o i forum e le chat aziendali, ovvero con video illustrativi delle modalità di
funzionamento del servizio. La comunicazione può inoltre essere collegata con azioni di marketing
interno rivolte al personale di contatto o di back office finalizzate ad accrescere la cooperazione
interna, l’empatia con la clientela, le competenze di problem solving o di recupero di disservizi,

9
Per approfondimenti sulle forme e le problematiche connesse alla partecipazione del cliente nei processi di servizio, si
rinvia al contributo di Orsingher (1999).
specie quelli causati da errori dei clienti. Di particolare importanza è infine la comunicazione intesa
nella sua dimensione di ascolto delle voci e delle opinioni dei clienti, mediante partecipazione ai
blog aziendali, frequentazione dei social network, alla messa a disposizione di canali di
comunicazione tesi a favorire reclami o suggerimenti dei clienti (numeri verdi, cassette delle idee,
ecc.).
Le attese di qualità e le scelte di acquisto dei servizi dipendono molto soprattutto dall’opinione
degli altri consumatori ed occorre pertanto essere consapevoli circa la natura e la fondatezza del
passaparola da questi alimentato.
Per rendere operativo il modello occorre tuttavia che la cultura organizzativa del fornitore, del
suo staff manageriale e dei suoi dipendenti sia diffusamente orientata al servizio, non genericamente
inteso, ma al servizio “giusto”, adeguato al segmento di clientela target, assumendo l’idea di fondo
che le imprese sopravvivono ed hanno successo duraturo se sanno comprendere a fondo le esigenze
dei clienti, la vera fonte del valore e di remunerazione per le imprese e per tutti i fattori che
concorrono alla realizzazione del sistema di offerta (proprietari, lavoratori, creditori, beni pubblici,
pubblica amministrazione, ecc.). Da questo punto di vista si può affermare che una delle sfide
cruciali del service management è quella della gestione della cultura nell’ambito di un percorso di
orientamento strategico aziendale capace di incorporare nella visione strategica di fondo e nella
missione organizzativa i significati profondi sottesi alla “cultura del servizio giusto” in modo da
favorire processi manageriali capaci di rendere la cultura uno strumento efficace e non un vincolo
dell’agire competitivo. Se la cultura del servizio è diffusa e condivisa nell’organizzazione l’impresa
riuscirà a favorire forme di cooperazione tra cliente esterno e fornitore, ma anche tra cliente interno
e fornitore; sarà inoltre assai più semplice attivare i processi di service management per la
creazione di valore.

4. Management dei servizi e creazione di valore per l’impresa

Come tutti i processi manageriali che vengono attivati nelle imprese, anche i processi di service
management non possono non essere guidati dalle esigenze di creazione di valore aziendale, le
quali si concretano nel conseguimento di equilibrate performance economiche e finanziarie atte ad
assicurare la remunerazione duratura e soddisfacente dei soggetti portatori di interesse, a partire dai
proprietari che esprimono l’organo di governo aziendale e coinvolgendo lavoratori, creditori,
comunità locale, pubblica amministrazione, ciascuno impegnato in uno scambio tra fattori
produttivi concessi all’impresa per lo svolgimento delle sue attività in forza di un compenso
allineato alle attese degli stakeholders.
Il reddito d’impresa, con i vari limiti connessi alla sua derivazione contabile, rappresenta un
efficace indicatore dell’attitudine aziendale a creare valore, specie se viene osservato in dimensione
prospettica di lungo periodo, laddove esprime la sintesi dell’economicità della gestione aziendale e
giustifica l’accrescimento del valore del capitale conferito inizialmente. Il reddito aziendale a sua
volta deriva dalla somma dei redditi che vengono conseguiti nelle molteplici transazioni e relazioni
con i clienti, tanto che possiamo affermare che il reddito aziendale è ricavabile dalla somma dei
redditi associabili ai clienti dell’impresa in una prospettiva di lungo termine. Per questo i processi
manageriali di service management dovrebbero assumere il criterio della massimizzazione della
redditività di lungo termine della clientela come ispiratore delle attività, prendendo piena
consapevolezza che la creazione di valore per il cliente va costantemente bilanciata con le esigenze
di economicità aziendale.
Il punto di partenza di questa filosofia consiste pertanto nell’individuare i “clienti giusti” per
l’impresa, ossia la tipologia di clientela in grado di generare flussi di redditività soddisfacenti, ossia
i “clienti di valore” . Ma da cosa dipende e come si misura il customer value? Innanzitutto il valore
del cliente dipende dai ricavi incrementali netti dei costi di acquisizione che il rapporto con il
cliente è in grado di assicurare nell’arco della durata del rapporto con il fornitore (life time value),
durata che rappresenta pertanto la variabile chiave da congetturare per osservare l’evoluzione dei
possibili flussi reddituali associati al cliente nel tempo, cercando di prevedere e neutralizzare i casi
di interruzione anticipata della relazione. Per questo uno dei traguardi dei processi manageriali è
quello ridurre i rischi di defezione e perdita dei clienti profittevoli e puntare decisamente sulla
fidelizzazione dei rapporti di clientela, consapevoli che i clienti fidelizzati consentono una serie di
benefici economici per il fornitore, derivanti dal risparmio di costi operativi di acquisizione e
gestione, dal conseguimento di ulteriori ricavi connessi al passaparola positivo dei clienti acquisiti e
fedeli, dalla possibilità di ampliare il numero di servizi venduti mediante operazioni di up e cross
selling, dalla possibilità di vendere a prezzi maggiorati servizi proposti di norma a prezzi scontati ai
clienti da conquistare. Come sottolineano Lovelock e Wirtz (2007, p. 456) ciò che conta non è il
numero dei clienti presenti nel portafoglio dell’impresa, ma il valore di essi, valore che va
considerato tenendo conto dei vari segmenti di domanda a cui ci si rivolge e della loro differente
attitudine a contribuire alla redditività aziendale nel tempo: ci sono clienti fortemente redditizi nei
primi anni del rapporto ed altri che lo diventano con il passare del tempo e di questo occorre tenere
conto nella selezione e nel mantenimento del portafoglio della clientela, la cui contribuzione alla
ricchezza aziendale va monitorata ricorrendo a processi di controllo innovativi, capaci di cogliere la
redditività delle relazioni di clientela senza limitarsi ai classici indicatori di redditività di area o di
prodotto.
La questione chiave per i processi di service management orientati al valore per il cliente e per
l’impresa risulta essere quella di fidelizzare i clienti nel rispetto dell’economicità aziendale.
Ad eccezione delle situazioni in cui l’impresa operi in regimi di mercato monopolistici, la
fidelizzazione della clientela è possibile grazie alla capacità di alimentare processi capaci di
soddisfare le attese di qualità della clientela, sancendone la piena customer satisfaction, dato che per
bassi livelli di soddisfazione la probabilità di defezione del cliente è assai elevata; non va però
sottaciuto che non sempre i clienti soddisfatti sono anche disponibili a rimanere fedeli, essendo
quello dei servizi un mondo ove l’infedeltà della clientela sta diventando una regola, piuttosto che
un’eccezione e per questo la sfida della costruzione e del mantenimento di relazioni stabili con la
clientela è davvero impegnativa per i fornitori e va differenziata sulla base dei differenti business
ove si opera. Essa si può estrinsecare in politiche di Customer Realtionship Management (CRM) ed
iniziative tese a premiare i clienti mediante incentivi monetari, riconoscimenti sociali, relazioni di
membership, soluzioni di servizio personalizzato o altre formule capaci di amplificare i benefici
sociali, fiduciari ed economici associati alla relazione.
Il perseguimento dell’obiettivo di creare valore aziendale impone dunque al service management
di favorire processi capaci alimentare livelli elevati di soddisfazione nei consumatori, concetto non
assoluto e a volte sfuggente, che tuttavia in letteratura (Hoffman, Bateson, Iasevoli, 2007;
Grönrooss, 2009) viene considerato come espressione del risultato del confronto che il cliente opera
tra aspettative e percezioni rispetto al servizio effettivamente ricevuto 10. Le attese rispetto ad un
servizio si legano alle aspettative di qualità che un cliente possiede sulla base delle promesse
formulate dal fornitore, del passaparola di altri clienti, degli standard di servizio esistenti nel settore,
delle esigenze personali nonché sulla base di dirette esperienze di fruizione del servizio e quindi
anche di precedenti situazioni di confronto tra attese e risultati ottenuti. Si ha soddisfazione quando
il servizio ricevuto è in linea con le aspettative (aspettative confermate, qualità confermata), mentre
vi sono casi di insoddisfazione in presenza di inadeguatezza del servizio rispetto alle attese
(conferma negativa, mancanza di qualità), ovvero di “extra soddisfazione” e di stupore quando le
percezioni superano le aspettative (conferma positiva, super qualità). La customer satisfaction
risulta pertanto variabile risultante del confronto tra aspettative e risultati, ma a sua volta influenza
le aspettative, entrando direttamente nel circolo valutativo.

10
Questo anche perché la qualità non rappresenta un aspetto oggettivo, qualificante un giudizio di superiorità o di
eccellenza, ma un concetto di qualità percepita. La qualità rappresenta per l’impresa un parametro strategico che si
esprime nella capacità di offrire al proprio cliente ciò che desidera e i vantaggi che ricerca. Cfr. Ferrari, 1998, p. 60.
Il service management è così chiamato a verificare periodicamente l’evolversi della
soddisfazione dei clienti (punto 4 richiamato al § precedente) e a comprendere i fattori determinanti
di eventuali casi di mancanza di qualità: fra questi vanno prioritariamente monitorati e compresi i
fattori che generano le aspettative nei clienti, giacché in contesti dominati da elementi intangibili e
immateriali non è infrequente trovarsi di fronte a clienti con aspettative irrealistiche, addirittura
sbagliate e dannose per il proprio benessere e soddisfazione duratura. Soddisfazione duratura che va
connessa alla durata della relazione e non limitata al singolo atto di scambio ed alla comparazione
tra attese e performance di singole prestazioni. Ad esempio, i clienti potrebbero giudicare
soddisfacente alimentarsi in modo non idoneo rispetto alle proprie condizioni di salute fisica e
mentale, oppure attendersi risultati esagerati da eventi turistici, culturali o prestazioni professionali
e specialistiche, campi ove, a causa di mancanza di informazioni in merito agli effettivi contenuti
delle prestazioni, il consumatore agisce in condizioni di evidente “asimmetria informativa” e
cognitiva che non gli consentono di costruire un set di aspettative corretto per la sua soddisfazione
duratura, meglio definibile come benessere del consumatore. Il service management può accrescere
la soddisfazione del consumatore allineandone meglio lo schema delle aspettative, chiarendogli
tutte le implicazioni delle performance del servizio, distinguendo ad esempio tra aspettative
connesse al “che cosa” ed “al come della value proposition (fig. 1), ossia tra aspetti della qualità
tecnica (strutture fisiche, competenza personale, capacità ed altri caratteri “hard” del fornitore) e
aspetti della qualità “funzionale” (flessibilità, tempestività, cortesia, empatia ed altri caratteri “soft”
del fornitore) .
Al riguardo, il management delle imprese di servizi può avvalersi di modelli di analisi e di gestione
dei divari tra qualità attesa e qualità ricevuta che consentono di mettere in evidenza le cause della
mancata soddisfazione del cliente e di orientare processi di miglioramento: ci limitiamo a ricordare
il modello di analisi dei gap di Parasuraman, Zeithaml, Berry (1985) e il modello SERVQUAL,
concepito dagli stessi Parasuraman, Zeithaml, Berry (1988). Grazie al modello dei gap il
management riesce a scomporre le possibili fonti di qualità non confermata, che possono dipendere
da differenze tra ciò che il cliente desidera effettivamente e ciò che il management del fornitore
ritiene che il cliente si aspetti, oppure da divari le credenze del management e le specifiche e
standard di qualità predisposti dall’azienda, oppure da differenze tra specifiche qualitative stabilite
per ‘erogazione del servizio e effettiva qualità dell’erogazione o, infine, da gap tra qualità
effettivamente erogata e quella promessa e descritta nelle comunicazioni aziendali. Con il modello
SERVQUAL, somministrando un questionario di 44 domande alla clientela, si riesce ad
approfondire in dettaglio il grado di adeguatezza qualitativa dei servizi ricevuti rispetto alle attese in
relazione a cinque classi di fattori critici della qualità: aspetti tangibili, affidabilità, capacità di
risposta, capacità di rassicurazione, empatia. Nonostante alcuni limiti metodologici, i due modelli
sollecitano il service management a riflettere sulla natura multidimensionale, soggettiva e relativa
nel tempo e nello spazio che i concetti di qualità e soddisfazione possiedono, mettendo in evidenza
che i processi di servizio contano come, e a volte più, dei risultati. Processi che pertanto concorrono
in modo decisivo alla qualità per la soddisfazione dei clienti, sia nei singoli episodi e momenti della
verità connessi a specifiche transazioni, sia nell’arco di una relazione duratura, che punta a
fidelizzare la clientela assicurandogli una piena soddisfazione. Diventa così possibile ai manager
identificare quali sono gli elementi della proposta di valore del fornitore capaci di alimentare
maggiori livelli di soddisfazione duratura del cliente e assicurare vantaggi competitivi stabili
all’impresa, consentendone l’armonico bilanciamento tra economicità aziendale e creazione di
valore per la domanda.
I modelli sopra richiamati, se ben utilizzati e con opportuni accorgimenti applicativi, sono anche
in grado di suggerire al management che le fonti di insoddisfazione, oltre ad essere numerose,
possono avere pesi diversi e che le attese di qualità non sono un dato statico predefinito, ma trovano
spesso, negli stessi consumatori, momenti di revisione al ribasso, laddove i clienti riescono a
distinguere tra aspettative ideali e aspettative di servizio minimo, al di sotto del quale essi non sono
disposti a scendere. E’ pertanto possibile identificare zone di tolleranza nell’ambito delle attese
della clientela, che si manifestano di fronte a situazioni di erogazione anomala dei servizi (es. picchi
improvvisi di domanda) e che possono far raggiungere livelli di qualità confermata anche in casi di
qualità al di sotto delle aspettative ideali. Naturalmente questo non deve indurre a condotte più
rilassate da parte dei responsabili di service management, ma spronarli a migliorare la mappatura
dei processi di servizio capaci di alimentare performance più vicine possibile alle attese ideali del
cliente, in modo da deliziarlo, entusiasmarlo , fino a fidelizzarlo.
Parallelamente al traguardo della fidelizzazione dei clienti profittevoli, i processi di service
management orientati al valore richiedono attenzione anche al traguardo di ridurre i danni
relazionali, legati al mantenimento in portafoglio di clienti insoddisfatti e soprattutto all’esigenza
di minimizzare i casi di defezione dei clienti, ossia i casi di clienti che si perdono in modo
irrecuperabile, impattando negativamente sui potenziali flussi di reddito prospettico connessi
all’estensione della durata della relazione con essi. A tal fine è opportuno che i processi di service
management sviluppino sistemi di monitoraggio dei clienti sofferenti, scontenti, insoddisfatti, che si
lamentano e che alimentano passaparola negativi o che sono pronti a lasciare l’impresa fornitrice,
allestendo processi di recupero e di gestione accorta delle insoddisfazioni. Con altre parole, l’analisi
sistematica della soddisfazione della clientela e la comprensione di possibili fattori di
insoddisfazione o di ostacolo alla creazione di valore rappresenta per il management la base di
partenza per avviare percorsi di miglioramento dei processi di servizio, partendo dalla
riprogettazione del pacchetto di offerta e dalla revisione dei sistemi di erogazione, fino ai processi
di recupero dei disservizi e di gestione dei rapporti di clientela.
Un’ultima importante sfida del management dei servizi orientato al valore per il cliente e per
l’impresa è quella di trovare il bilanciamento tra le istanze guidate dalla domanda, che impone
personalizzazione delle proposte di valore e della loro erogazione, impattando significativamente
sui costi aziendali, e le esigenze di efficienza e produttività interna, che consentono adeguati
margini di redditività delle operazioni. Come ricorda Grönroos (2009) per ottenere adeguati ritorni
dagli investimenti e profittabilità le imprese di servizi devono porre attenzione ad aspetti di:
a) “efficienza interna”, volti a massimizzare il rapporto tra output ed input (es. numero pasti orari,
numero voli giornata, numero scontrini mensili, numero clienti servizi per unità di tempo, ecc.);
b) “efficienza di capacità”, che si lega al tema della produttività misurando la capacità dei fornitori
di servizi di adeguare l’offerta e la capacità alle esigenze variabili della clientela sotto il profilo dei
tempi e delle quantità di servizi erogati (liste di attesa, gestione delle code, strozzature o eccessi di
capacità rispetto ai flussi di domanda, ecc.);
c) “efficienza esterna” o efficacia, che indica la capacità di soddisfare il cliente esterno offrendogli
le soluzioni desiderate.
In sintesi, si tratta di bilanciare le istanze di qualità guidate dalla domanda con le esigenze di
produttività interna, volta all’uso ottimale ed economico delle risorse al fine di ridurre i costi a
parità di fatturato, ovvero ad aumentare le vendite a parità di costi. Per conseguire siffatto obiettivo
può essere utile monitorare con attenzione sia il grado di soddisfazione o insoddisfazione della
clientela, sia la mappa dei processi esistenti, allo scopo di comprendere le aree di criticità a partire
dalla proposta di valore iniziale fino alle modalità di erogazione e fruizione del servizio.11
Il service management in definitiva può essere il motore della creazione del valore per l’impresa e
per la clientela quando sa incorporare nei processi di gestione attività capaci di creare qualità in
linea con le attese della domanda, sancendone la piena soddisfazione e favorendone elevati tassi di
fidelizzazione che avranno importanti e positivi effetti sulle performance competitive ed
economiche e finanziarie aziendali12.

11
In tema di qualità e produttività cfr. Giuli, 1993, Ruffini, 1995; Fitzgerald L., Johnston R., Brignall S., Silvestro R., Voss C.,
1998
12
Per approfondimenti sulle relazioni tra performance competitive ed economiche finanziarie si rinvia a Pencarelli,
2009.
5 Le nuove frontiere del service management nell’economia post moderna
Come richiamato a conclusione del § 1, l’economia dei servizi rappresenta un modello economico
sottoposto a profondi cambiamenti indotti soprattutto dall’evoluzione dei bisogni della domanda
nell’era post moderna, fatto che impone al service management l’esigenza di affrontare nuove
importanti sfide strategiche e manageriali.
Con riferimento all’evoluzione del mondo dei consumi, Fabris (2010) osserva che il consumatore
postmoderno presenta connotati sempre meno razionali e sempre più ispirati da motivazioni con
forte coloritura emotiva/affettiva, evolvendo da soggetto che sceglieva in modo razionale cercando
di massimizzare la propria utilità, a soggetto che consuma per gioco, per divertimento (homo
ludens), e spesso, per apparire o per esternalizzare (homo aesteticus). Le caratteristiche salienti del
consumatore postmoderno delineato da Fabris sono13: il Nomadismo; il Sincretismo14, il Recupero
del passato (vintage); l’Iper-realtà; la Produzione su misura e la individualizzazione dei consumi; lo
slow-living e la domanda di autenticità. Questi due ultimi tratti meritano un breve approfondimento.
Nell’era dell’iper attività individuale e sociale, si afferma l’esigenza, nei consumatori, di un
rallentamento del tempo (quasi una sospensione), con la presa di distanza dall’iperstimolazione e
dalla concitazione sociale. Le persone riscoprono lo slow-living, che implica ricercare ed
apprezzare la pausa e il silenzio come uno straordinario momento della vita. Questa tendenza
coesiste, senza alcuna contraddizione o conflittualità, con la richiesta di velocità – che genera
servizio, semplificazione della vita – in alcune aree, dalle mail agli sms, dai treni veloci
all’eliminazione delle code, dove la lentezza, invece, provoca disagio e insofferenza. Affiora una
domanda nuova di silenzio, che significa riscoprire e riassaporare piaceri e momenti della vita che
la fretta e la concitazione sociale avevano relegato ai margini della vita. E’ quasi come se una nuova
filosofia “slow” scandisse i nuovi tempi del consumo postmoderno: dal recupero della manualità
all’ozio creativo, verso la fruizione di esperienze autentiche, non artificiali o taroccate, alla ricerca
di esperienze capaci di esprimere l’identità profonda delle persone, capaci di collegarsi intimamente
con l’eredità culturale del genius loci, delle produzioni tipiche, di tradizione, locali (Pencarelli e
Forlani, 2006).
L’esperienza autentica è fatta di apprendimento (cognitivo ed emotivo), la conoscenza di realtà
nuove o la riscoperta di quelle ormai perdute (culture, tradizioni, paesaggi, lavorazioni e produzioni
agricole ed artigianali), o di nuovi valori, come quello dello slow-living, che nel mondo odierno
con la velocità degli attuali ritmi di vita sembrano svaniti. Più precisamente riguarda una nuova
richiesta, da parte del cliente, di trasparenza, integrità, semplicità e purezza. Per Bernard Cova, “La
parola autenticità, in Italia, è intesa in maniera troppo ristretta, troppo ancorata al territorio. Quando
si parla di qualcosa di autentico si pensa a qualcosa che esiste da molto tempo e che è legato ad uno
spazio. Il consumatore intende invece l’esperienza autentica come quella che gli ha permesso di
vivere o un contatto umano eccezionale, o un territorio naturale, o a qualcosa di originale, anche
se inventata.” Inoltre, “l’esperienza è anche un rito, l’autenticità è anche referenziale, e si riscontra
nell’esperienza di un rito umano tipico del luogo: in Italia è autentica la passeggiata sul lungomare
e, anche se i negozi attorno non sono autentici, il rito lo è.” Nella concezione di Cova, se il
prodotto, o il luogo è usato dalle persone per avere un senso di comunità, allora è davvero
autentico, perché più un oggetto dà l’impressione di far parte di una regione o di una città, più
assume valore.

13
Un’analisi sull’ evoluzione dei consumi è svolta da Ferrari , 2006, cap. 1. Cfr. anche Rescigniti, 2004 e Corciolani, 2010.
14
Una delle manifestazioni più visibili e condivise del sincretismo, nell’agire del consumo, è quel plesso di fenomeni che viene definito
come fusion, che offre tangibile testimonianza del passaggio da una società che ha una consistenza, ad una società senza contorni e
confini, fusiva, liquida La fusion si sviluppa inizialmente come genere musicale, dove la commistione tra generi è abituale, per estendersi
poi a molte pratiche del consumo. Nell’alimentazione, per esempio, è diventato, soprattutto nella ristorazione, un genere ricorrente che
assembla cibi del tutto eterogenei secondo tradizioni consolidate.
Pine e Gilmore (2007), invece, nella definizione di autenticità, si concentrano sulle percezioni
che i consumatori hanno di che cosa è autentico e di che cosa non lo è. I consumatori cercano un
nuovo significato, che sia coerente con la propria esigenza di autorealizzazione: le persone infatti,
sono preoccupate per questioni più ampie che riguardano l’ambiente ed il rispetto della natura, i
diritti degli animali o la fame del Terzo Mondo e quindi cercano esperienze che non vadano in
contrasto con tutte le gravi problematiche presenti nell’attuale società (in modo da essere in pace
con se stessi e la propria coscienza) e contemporaneamente, ricercano se stessi all’interno di tale
esperienza.
La ricerca di autenticità è espressione anche di una visione edonistica e al voler star bene dei
consumatori, che può esprimersi sia sotto forma di modelli individualistici di consumo, sia
mediante condivisione profonda di emozioni e passioni in piccoli gruppi, secondo modelli di
relazione sociale di tipo tribale (Cova, 2002).
Per comprendere i processi evolutivi dei consumi vanno anche ricordate le riflessioni di Bauman
(2008, p. 67), secondo cui viviamo in una società di consumatori in cui la società stessa promuove,
incoraggia ed impone la scelta di uno stile di vita improntato al consumismo e disapprova qualsiasi
opzione culturale alternativa. Viviamo in una società in cui lo scopo determinante del consumo non
è sopperire ai bisogni, ai desideri e alle carenze del consumatore, ma è la sua mercificazione o
rimercificazione: innalzare lo status dei consumatori a quello di merci vendibili e creare una
sindrome consumistica basata su velocità, eccesso e sperpero, superfluo e scarto. Sindrome in cui
l’economia basata sui consumi promuove attivamente il malcontento e l’infelicità derivante dal
mancato soddisfacimento dei desideri, più che dei bisogni, determinato dal processo di assuefazione
al circolo vizioso “nuovi bisogni che richiedono nuove merci e nuove merci che richiedono nuovi
bisogni e desideri, imponendo l’avvento dell’<<obsolescenza programmata>> dei beni offerti sul
mercato e l’ascesa dell’industria dello smaltimento dei rifiuti” e da forme di illusione, centrate sulla
<<cultura dell’adesso>> e sulla <<cultura frettolosa>>. Nell’attuale mondo del consumo, immersi
in un contesto di eccesso di informazioni, i produttori dei potenziali beni di consumo e i fornitori di
informazioni <<sono alla disperata ricerca delle briciole del tempo dei consumatori ancora
inutilizzate e degli interstizi anche minimi tra un momento di consumo e un altro ancora suscettibili
di essere riempiti con altre informazioni>>, affinché i consumatori compiano il loro dovere di
consumare, o comunque di acquistare per essere pronti a nuovi acquisti. Come sostiene Rifkin
(2000, p. 153) “Quando quasi tutto quello che ci riguarda diventa un’attività a pagamento,
l’esistenza si tramuta nella più sofisticata forma di prodotto commerciale, e la sfera economica
nell’arbitro finale della nostra vita personale e sociale” in un contesto in cui la mercificazione del
tempo si sta peraltro saturando, dato che ogni istituzione ed essere umano sono contesi e connessi a
qualche forma di relazione economica. Secondo Tofler (Rifkin, 2000, p. 193) <<diventeremo la
prima civiltà della storia a impiegare una tecnologia altamente progredita per fabbricare il più
transitorio e, insieme, il più duraturo dei prodotti: l’esperienza umana>> dato che per i consumatori
non è rimasto più niente da comprare che non possiedano già e che quello che ancora si chiedono è
“cosa posso provare che non ho ancora provato?”.15

15
In questo scenario, un comparto altamente terziarizzato come il turismo rappresenta un settore a crescita continua, nonostante
la crisi economica, rappresentando la terza voce di spesa dei bilanci familiari ed incidendo per oltre il 10% sul PIL mondiale. Un
settore che se in passato portava il mercato alla cultura, mediante i viaggi organizzati a pacchetto, oggi porta la cultura al mercato,
trasformando territori e destinazioni turistiche in palcoscenici ove inscenare esperienze ed allestire prodotti da far fruire ai turisti
consumatori. Una parte crescente di patrimonio culturale mondiale (meraviglie naturali, chiese, musei, palazzi, parchi, feste popolari,
sagre, interi villaggi) si trasforma in teatro per offrire intrattenimento e catturare il tempo libero di segmenti sempre più ampi di
popolazione disposti a fruire di esperienze culturali a pagamento. Il comparto dei viaggi è considerato unanimemente come uno dei
motori dello sviluppo economico mondiale e per questo si incoraggiano investimenti in infrastrutture di trasporto, di ricettività, di
telecomunicazioni, di intrattenimento, di commercio. Parallelamente, tuttavia, emerge come prioritaria l’esigenza di conservare la
biodiversità, preservare gli habitat biologici, creare parchi e riserve giacché i turisti ricchi e colti stanno sono sempre più interessati a
godere delle meraviglie della natura piuttosto che alla espropriazione ed allo sfruttamento. Nel Montana, ricorda Rifkin (p. 204), è
sorto un Club esclusivo destinato a soci disposti a pagare somme rilevanti per godere dell’esclusività dell’esperienza in un’area
Se, come pioneristicamente hanno posto all’attenzione degli studi di marketing Pine e Gilmore
(2000, p. 14), gran parte dei consumi della società occidentale si qualifica come <<domanda di
esperienze>>, esperienze in cui l’individuo viene coinvolto intimamente a livello emotivo, fisico,
intellettuale o anche spirituale, le risposte del sistema produttivo e delle imprese devono puntare a
trasformare i prodotti in offerte a crescente contenuto di immaterialità e di capacità esperienziale.
Le esperienze, così intese, non costituiscono solo un nuovo modo di leggere ed interpretare il
mondo del consumo, ma assurgono a output innovativi del sistema economico per soddisfare i
nuovi consumatori, ossia un nuovo tipo di prodotto. Per Pine e Gilmore, “Le esperienze
costituiscono una proposta economica che si distingue dai servizi tanto quanto i servizi si
distinguono dai beni, anche se finora sono state poco riconosciute. Le esperienze ci sono sempre
state, ma i consumatori, le aziende e gli economisti le hanno sempre raggruppate in blocco nel
settore servizi, insieme ad attività poco emozionanti quali la pulitura a secco, le riparazioni
dell’auto, la distribuzione all’ingrosso e il servizio telefonico. Nel comprare un servizio una
persona acquista una serie di attività intangibili che vengono svolte per suo conto. Ma quando
compra un’esperienza questa persona paga per poter trascorrere del tempo a gustarsi una serie di
eventi memorabili messi in scena da un’impresa come in una rappresentazione teatrale, per
coinvolgerlo a livello personale”.
Gli Autori, per illustrare l’evoluzione delle offerte economiche a partire dall’economia agricola
fino all’economia terziaria e dell’immateriale ricordano che (tab. 1):
 le commodity sono materiali fungibili estratti dal mondo naturale;
 i beni sono manufatti tangibili standardizzati e immagazzinabili;
 i servizi sono attività intangibili personalizzate in base alle richieste individuali di clienti
conosciuti. I prestatori di servizi utilizzano beni per eseguire operazioni su un cliente (es.
taglio dei capelli) o sui beni da lui posseduti (es. riparazione del computer). In generale i
clienti danno maggior valore ai vantaggi che derivano dai servizi che non ai beni
necessari per fornirli: i servizi svolgono compiti specifici che i clienti vogliono vedere
eseguiti o effettuati ma che non vogliono fare loro stessi e i beni non fanno altro che
fornire i mezzi;
 le esperienze sono eventi memorabili che coinvolgono gli individui sul piano personale.
L’offerta economica delle esperienze si verifica ogni qualvolta un’impresa utilizzi
intenzionalmente i servizi come palcoscenico e i beni come supporto per coinvolgere un
individuo. Coloro che acquistano un’esperienza attribuiscono valore al fatto di essere
coinvolti in qualcosa che l’impresa svela loro nel tempo.
Oltre a questi tipi di offerta economica, ossia di prodotti, Pine e Gilmore identificano anche un
ulteriore output che rappresenta un’evoluzione delle tipologie di offerta e che mettono al centro
delle attività aziendali il cliente stesso, che viene egli stesso trasformato in “prodotto” delle attività
del produttore: si allude alle cosiddette “trasformazioni”, veri e propri cambiamenti individuali
prodotti sull’individuo che è disposto a pagare per essere cambiato, come accade ad esempio ad un
allievo che paga un ente di formazione per migliorare le proprie conoscenze e competenze, o a chi è
disposto a pagare per fruire di cambiamenti psico-fisici in una palestra o in un centro benessere .
L’offerta di trasformazioni consiste infatti nel guidare l’individuo in una serie d’esperienze e di
attività che modificheranno l’essenza stessa dell’aspirante (cliente) verso l’obiettivo prefissato.
L’impresa personalizza il rapporto con il cliente, assicurandogli una vera e propria tutorship.
Il passaggio dall’offerta di commodity al business delle trasformazioni avviene secondo una
progressione di valore economico piramidale, sebbene non sequenziale, in cui alla base dell’ideale

incontaminata e preservata, alimentando resistenze e conflitti con la parte della popolazione interessata a forme di utilizzo dell’are
differente e comunque non esclusiva.
piramide si posizionano le offerte a minore valore (commodity) ed al vertice quelle a valore
maggiorato (le trasformazioni).
Data la progressione del valore economico e la piramide del valore economico, le imprese
possono decidere a quale domanda riferirsi, scegliendo quindi in quale business competere e quale
offerta produrre. Tale scelta dovrà essere fatta in base ad un’appropriata analisi della domanda e ad
un altrettanto dettagliata valutazione delle capacità e delle competenze possedute16.
La progressione del valore economico indica che le offerte di ordine superiore consentono
l’applicazione di prezzi maggiorati e favoriscono per l’offerta il presidio di posizioni competitive
differenziate. Tuttavia esse richiedono specifiche risorse e capacità strategiche ed operative
dell’offerta per essere allestite, segnatamente risorse e capacità immateriali di conoscenza e di
relazione, imponendo una qualche superiorità rispetto ai concorrenti per essere mantenute nel lungo
termine.
“L’industria dell’esperienza, che comprende uno spettro di attività culturali che si estende dal
turismo all’intrattenimento, è destinata a dominare la new economy” … “I consumatori di oggi non
si domandano più <<cosa vorrei possedere che ancora non ho?>>, ma, <<cosa voglio provare che
ancora non ho provato?>>. “L’economia dell’esperienza si fonda sulla produzione e lo scambio di
tutto ciò che fa accelerare il battito del cuore” ma soprattutto “l’espressione più potente e visibile
della nuova economia delle esperienze è il turismo globale: una forma di produzione culturale
emersa, ai margini della vita economica, appena mezzo secolo fa, per diventare rapidamente una
delle più importanti industrie del mondo. Il turismo non è altro che la mercificazione di
un’esperienza culturale” (Rifkin J., 2000, pp. 193-195).
Nel mondo del consumo esperienziale prevale dunque l’interesse per i benefici sociali, simbolici,
emotivi, psicologici piuttosto che per i benefici tangibili connessi alle principali funzioni d’uso del
prodotto. Se queste sono le nuove tipologie di offerta per rispondere ai nuovi bisogni (talvolta
capricci) dei consumatori, è evidente l’importanza enorme e crescente dell’immateriale, fattore
pervasivo del mondo dei servizi, ma certamente, ed in misura maggiore, anche di quello delle
esperienze e delle trasformazioni: nell’era dell’immateriale il valore viene creato sulla base della
produzione, diffusione e riuso delle conoscenza, facendo leva o su mere relazioni, ovvero su
supporti fisici e materiali, che ne risultano così arricchiti di contenuti e di senso (Paiola e Rullani,
2009)17. Nel mondo dei consumatori volubili e capricciosi della post modernità, il rischio della
banalizzazione è il pericolo maggiore da evitare, così come in passato era accaduto inizialmente con
la massificazione delle commodity ed il passaggio ad un’economia fondata sull’offerta dei beni, poi
con la massificazione dei beni ed al passaggio ad un’economia basata sull’erogazione di servizi.
Oggi si assiste ad un significativo incremento della domanda di esperienze anche a causa della
crescente massificazione e banalizzazione dei servizi.

Tabella 1 – Principali forme di offerta economiche


Offerta Commodity Beni Servizi Esperienze Trasformazioni

16
Il tipo di business cui appartengono le imprese può essere identificato sulla base della ragione per cui le imprese si fanno
pagare: quando ad esempio si regalano servizi (le informazioni o il trasporto di un prodotto alimentare) per vendere beni, si è ancora
nell’economia dei beni (si è nel business dei prodotti alimentari), mentre quando si regalano le esperienze o i beni (ad esempio
l’ascolto di musica e le bevande in un bar) per vendere servizi si è ancora nel business dei servizi (ad esempio servizi di ristorazione).
Per essere a pieno nel business delle esperienze le imprese devono farsi pagare per l’esperienza che offrono alla clientela, semmai
regalando beni o servizi (ad esempio si fa pagare il biglietto per una sagra o per uno spettacolo).

17
Il turismo rappresenta un comparto emblematico delle nuove tendenze dei consumi e delle produzioni volte a riconfigurare il
concetto di valore per il cliente, disposto a pagare un premium price per acquisire benefici funzionali, simbolici e psicologici
superiori quali quelli che un’esperienza unica e non banale può apportare.
economica
Economia Agricola Industriale Dei servizi Delle Di
esperienze trasformazione
Funzione Estrarre Fabbricare Fornire Mettere in Condurre
economica scena
Natura Fungibile Tangibile Intangibile Memorabil Efficace
dell’offerta e

Attributo Naturale Standardizzat Personalizzato Personale Individuale


chiave o
Metodo di Immagazzinato Rifornito dopo Erogato su Rivelato Duraturo nel
fornitura in massa la produzione richiesta dopo un certo tempo
periodo
Venditore Commerciante Produttore Fornitore Inscenatore Generatore

Acquirente Mercato Utilizzatore Cliente Ospite Aspirante

Fattori di Caratteristiche Aspetti Benefici Sensazioni Tratti


domanda
Fonte: Pine II B.J. – Gilmore J.H. (2000, p. 212)

Quando il consumatore compra un’esperienza, paga per trascorrere del tempo e gustarsi eventi
memorabili, coinvolgenti, unici; le imprese che producono ed offrono esperienze sono chiamate a
usare la struttura come “palcoscenico” per mettere in scena le esperienze per i consumatori,
cercandone il coinvolgimento sul piano sensoriale, affettivo, cognitivo e in grado di impattare sul
valore emotivo, intellettuale e spirituale percepito. Il consumo esperienziale impone alle imprese di
sviluppare e realizzare promesse di valore esperienziale (Experiential Value Promise, Ferraresi,
Schmitt, 1996) capaci di agire su molteplici campi (esperienze sensoriali, affettive, cognitive,
fisiche e comportamentali, relazionali) e di puntare su politiche di marca esperienziali atte a
valorizzare il valore simbolico dell’offerta ed a soddisfare i bisogni edonistici e la ricerca di senso
del consumatore, fidelizzandolo, oltre che su politiche volte a esperienziare le offerte economiche
tradizionali o a tematizzare le esperienze (Pine e Gilmore, 2000). La tematizzazione dell’offerta
può declinarsi su diversi piani, potendo applicarsi al mondo fisico, a concetti filosofici e psicologici,
a modelli religiosi, politici, a situazioni storiche, all’arte, alla cultura popolare ed alla moda; essa
tuttavia contribuisce al consumo esperienziale nella misura in cui è in grado di coinvolgere
attivamente l’individuo nel consumo ed in funzione della disponibilità dell’individuo stesso di
vivere intenzionalmente l’evento o l’attività e quindi, direbbero Pine e Gilmore, in base alla
disponibilità a pagare per vivere l’esperienza stessa o per apprezzare l’esperienzializzazione dei
beni e dei servizi. La tematizzazione, peraltro, rappresenta solo una delle complesse dimensioni
progettuali di cui l’offerta deve tenere conto quando sviluppa azioni rivolte a persone fortemente
coinvolte nel processo produttivo ed erogativo e quando i prodotti assumono forte valenza
edonistica, sacrificando quella utilitaristica (Ferrari, 2006). Occorre altresì tenere conto, fra laltro,
della coerenza dell’ambiente fisico e virtuale, del brand, delle attività legate alle fasi del consumo
(pre, durante e post), delle forme di teatralizzazione del business, delle attività tese all’attribuzione
di senso nei consumatori, ecc. (Addis, 2008).
La sfida del service management nell’era post moderna è dunque anzitutto strategica, imponendo
l’adeguamento del modello tradizionale di business basato sui servizi alla post modernità,
chiamando in causa forme di offerta e modalità di messa a disposizione del valore alla clientela a
maggiore contenuto esperienziale e trasformativo per il fruitore
I processi manageriali sono pertanto chiamati a predisporre nuove attività per creare valore,
attività nelle quali i processi di servizio non scompaiono e non diventano inutili o superati ma
rappresentano il necessario presupposto per assicurare l’allestimento di offerte economiche a
maggiore valore come le esperienze e le trasformazioni: non è pensabile, in effetti, immaginare
offerte di esperienze o di altri prodotti “esperenzializzati” capaci di creare benefici per i clienti
senza la presenza di elevati e qualificati livelli di servizi. Con il progredire del valore economico
offerto, i tradizionali processi di service management da un lato vanno garantiti ai massimi livelli di
qualità possibile, dall’altro fatti evolvere verso processi innovativi di “experience management”,
che impongono la progettazione e l’allestimento di soluzioni esperienziali capaci di soddisfare i
target del nuovo modello di business facendo leva sugli elementi base e tradizionali del service. Se
ad esempio si opera nel business delle esperienze turistiche, l’offerta di vacanze di alto valore
presuppone l’esistenza di una serie di servizi necessari alla realizzazione del prodotto vacanza
(trasporti, alloggio, ristorazione, ecc.). Se si opera nel business dei concerti o dell’intrattenimento,
altri esempi di esperienze a pagamento, è lecito attendersi che la capacità di soddisfare le esigenze
dei clienti dipenderà sia dalla qualità delle performance artistiche (l’esperienza in senso stretto, il
core product) sia dalla qualità e dall’affidabilità delle altre componenti di servizi comprese nel
pacchetto (biglietteria, sicurezza, ristoro, parcheggi, ecc.)18.
Non può sfuggire che la progressione del valore economico dell’offerta trascina con sé forme di
offerta a pacchetto (bundle) in cui il core product evolve dai servizi tradizionali verso formule
esperienziali o basate sulle trasformazioni, ossia offerte capaci di rendere il cliente stesso un
prodotto, come può accadere in una università o in una palestra dove gli allievi pagano e faticano
per essere cambiati, trasformati, guidati dal fornitore verso un percorso considerato obiettivo e
risultato del processo. Comunque esso sia formato, tuttavia, il pacchetto non può fare a meno di
contenere elementi di servizio, che nell’era post moderna diventano componenti necessarie, sebbene
non più sufficienti come nell’economia dei servizi, per la creazione di valore.
A conclusione di questo lavoro va infine richiamato come i processi di service management
siano sollecitati a profondi cambiamenti anche dall’avvento dell’attuale epoca della collaborazione
e partecipazione di massa (peer production). In questa fase storica, le imprese possono accrescere
enormemente la possibilità di sfruttare le competenze, le idee e l’inventiva di milioni di persone,
spesso ancora neanche clienti aziendali, sfruttando la “rivoluzione della partecipazione”(Tapscott,
Williams, 2007, p. 13) indotta dalla diffusione planetaria delle nuove tecnologie di rete che
abilitano eserciti di individui disposti a contribuire cooperativamente e gratuitamente a progetti e
innovazioni collettive. Per cogliere queste enormi opportunità ed immergersi nella cosiddetta
“wikinomics” (Tapscott, Williams, 2007) i tradizionali processi di service management sono
chiamati in causa per agevolare le crescenti esigenze di partecipazione e collaborazione attiva non
solo dei clienti, ma di intere comunità, di gruppi sociali, di persone disposte a mettere in comune la
propria intelligenza, le proprie idee e conoscenze per la creazione di un valore sociale, prima ancora
che individuale. Lo sforzo manageriale, anche in questo caso, è prima di tutto culturale e poi
operativo, dovendo orientare i processi e soprattutto le risorse umane verso dinamiche e condotte
trasparenti, aperte, sincere, capaci di creare e mantenere fiducia con le persone e con tutti coloro che
si rendono disponibili alla produzione collaborativa. La costruzione di piattaforme collaborative
aperte basate sull’uso delle nuove tecnologie informative e comunicative diventa così l’imperativo
pratico per competere sui business attuali, ma soprattutto per identificare nuovi business. Occorre
però rivoluzionare il tradizionale approccio usato per innescare la partecipazione del cliente, il
quale, anche se ancora non è cliente aziendale, è meglio disposto a contribuire attivamente
nell’ambito di propri ambienti e reti partecipative, piuttosto che esclusivamente in piattaforme
chiuse messe a disposizione dal fornitore. L’impresa di servizi è così chiamata a individuare e
mappare in sede progettazione del servizio e di definizione del value proposition, le modalità
ottimali di collaborazione con i vari fornitori e soprattutto i tempi ed i modi di partecipazione attiva
del cliente partner alla co-produzione del servizio ed alla co-creazione di valore avvalendosi di
sempre più accurati ed analitici blueprint .

18
Per approfondimenti in tema di progettazione e gestione delle esperienze e di marketing esperienziale si rinvia a
Gallucci, 2005; Addis, 2007; Resciniti e Maggiore, 2008.
In conclusione, l’economia moderna terziarizzata e dell’immateriale è un’economia ove i
consumatori stanno domandando e consumando servizi, ma in realtà un numero crescente di essi
non si accontenta più e chiede emozioni, esperienze coinvolgenti, mentre si stanno affacciando sul
mercato anche nuovi segmenti di consumatori che chiedono di essere messi nelle condizioni di
modificare il loro modo di essere attuale, ossia di “essere trasformati”, “migliorati”, rivolgendosi ai
“produttori di trasformazioni”. E’ la sfida della post modernità che i manager delle imprese devono
comprendere e trasformare in nuova fonte di vantaggio competitivo, arricchendo gli insostituibili
processi di service management con quelli imposti dai nuovi consumatori.
Parallelamente va colta la sfida della rivoluzione collaborativa, che coinvolge la società nella sua
interezza e che impone di orientare le strategie aziendali anche verso processi di creazione di valore
sociale condiviso, che possono diventare premessa indispensabile per il conseguimento dei
tradizionali traguardi del valore per il cliente e per l’impresa.

Bibliografia

Addis M. (2007), Ad uso e consumo. Il marketing esperienziale per il manager, Pearson Paravia Bruno
Mondadori, Milano.
Baccarani C. (a cura di), 1995, Saggi sulla qualità nell’economia d’impresa, Cedam, Padova.
Baccarani C., Golinelli G.M. (2008), A spasso con la diversità nell’impresa e nella ricerca, in
“Sinergie”, vol. 26, fasc. 77.
Bartolazzi F., Forlani F., Fortezza F., 2008, Caratteri e potenzialità degli eventi come esperienze
mediterranee: il caso Palio de lo Daino, Mercati e Competitività”, n. 4.
Bateson e Hoffman, 2008, Gestire il marketing dei servizi, Apogeo, Milano.
Bauman Z., 2008, Consumo, dunque sono, Laterza, Milano.
Bocconcelli R., (2005), “Creazione di valore e canali si marketing: alcune riflessioni sull’industria del
mobile”, Mercati e Competitività, Vol. 2
Busacca B., Costabile M., Ancarani F., (2004), Prezzo e valore per il cliente. Tecniche di misurazione e
applicazioni manageriali, Etas, Milano.
Bonetti E., 2004, Consumatore e servizi, Cedam, Padova.
Buratti N., (2004), “Il coinvolgimento del cliente nei processi di creazione del valore. Nuove sfide per il
marketing nell’era dell’immaterialità”, Impresa Progetto – Rivista on line del DITEA, n. 1.
Carù A., 1996, Marketing e progettazione dei servizi, Utet, Torino
Casarin F., 2007, (a cura di), Il marketing dei prodotti turistici. Specificità e varietà. Vol.II, Giappichelli,
Torino.
Cherubuni S., 1991, Marketing dei servizi, Franco Angeli, Milano
Corciolani M., 2010, La ricerca di autenticità nei processi di consumo. Analisi sul campo e implicazioni
di marketing per il settore discografico, Pisa University Press, Pisa
Cova B., 2003, Il Marketing tribale: legame, comunità, autenticità, come valori del marketing
mediterraneo, Il Sole 24 Ore Libri, Milano.
Cozzi G., Ferrero G., (2004), Principi ed aspetti evolutivi del marketing aziendale, Giappichelli, Torino.

Eiglier P., Langeard E., 1976, Principes Politiques Marketing pour les Entreprises des services, working
paper, Institute d’Administration des Enterprises, Universitè d’Aix Marseille
Fabris 2009, La società postcrescita, Egea, Milano
Ferraresi M., Schmitt B.H. (2006), Marketing esperienziale. Come sviluppare l’esperienza di consumo,
Franco Angeli, Milano.
Ferrari S., 1998, Il miglioramento della qualità nei servizi. Casi e problemi, Cedam, Padova
Ferrari S., 2006, Modelli gestionali per il turismo come esperienza. Emozioni e polisensorialità nel
marketing delle imprese turistiche, Cedam, Padova
Fitzgerald L., Johnston R., Brignall S., Silvestro R., Voss C., 1998, Misurare la performance nelle
imprese di servizi, Egea, Milano
Fortezza F., Pencarelli T., 2010, Experience marketing: specific features and trends. The Wish Days Case
Study. Journal of Marketing Trends
Franch M., 2010, Marketing delle destinazioni turistiche, Mc Graw Hill, Milano
Giuli M., 1993, Qualità e produttività nei servizi, Isedi, Torino
Golinelli C. M., Simoni M., 2005, La relazione tra le scelte di consumo del turista e la creazione di valore
per il territorio, Sinergie, n. 66.
Goldstein S.M., Robert Johnston R., Duffy J. Rao J., (2002), “The service concept: the missing link in
service design research?”, Journal of Operations Management, n.20.
Grönroos C., 2010, Management e Marketing dei Servizi. Un approccio al management dei rapporti con
la clientela. ISEDI, Torino.
Grönroos C., Strandvik T., (2008), “The interaction concept and its implications for value creation and
marketing in service businesses”, in Anttila, Mai & Rajala, Arto, eds., Fishing with business nets – keeping
thoughts on the horizon, Helsinki School of Economics, Helsinki.
Gummesson E., 1999, Total Relationship Marketing. Rethinking marketing management: from 4 Ps to 30
Rs, Heinemann, London.
Hoffman K.D., Bateson J.E.G.,Iasevoli G., 2007, Marketing dei servizi, Apogeo, Milano
Iasevoli G., Il valore del cliente, 2000, Franco Angeli, Milano
Lash R.F., Vargo S.L., O’Brian M., 2007, Competing trough service: Insights from service-dominant
logic, Journal of retailing, n.1
Latouche S., 2008, Breve trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri, Torino.
Lovelock C., Wirtz J., 2007, Marketing dei servizi, Pearson, Prentice Hall, Mondadori, Milano
Martini U., 2005, Management dei sistemi territoriali. Gestione e marketing delle destinazioni turistiche,
Giappichelli, Torino.
Martinelli F., Gadrey J, 2000, L’economia dei servizi, Il Mulino
Marzocchi G.L., 1999, Tempo, impresa e consumatore. Il waiting management nelle imprese di servizi,
Carocci, Roma
Middleton V.T.C., Fyall A., Morgan M., 2009, Marketing in travel and tourism, Elsevier.
Ordanini A., 1999, Servizi alle imprese e vantaggio competitive, Egea, Milano
Orsingher C., 1999, Il servizio dalla parte del cliente. Un approccio cognitivo all’esperienza di consumo,
Carocci, Roma
Paiola M., Rullani E., 2009, Servizi e competitività nell’economia dell’immateriale, in Di Bernardo B.,
Gandolfi V., Tunisini A., Economia e Management delle Imprese, Hoepli,
Panati G, Golinelli G.M., 1998, Tecnica economica industriale e commerciale, NIS, Roma
Parasuraman A., Zeithaml V.A., Berry L.L. (1985), A Conceptual Model of Services Quality and Its
Implications for Future Research, Journal of Marketing, n. 49, autunno
Parasuraman A., Berry L.L., Zeithaml V. A.(1988), SERVQUAL: a Multiple-Item Scale for Measuring
Customer Perception of Service Quality, Journal of Retailing n. 64
Pellicelli G., 1997, Il marketing dei servizi, Utet, Torino
Pencarelli T., Forlani F., 2006, Il marketing dei prodotti tipici nella prospettiva dell’economia delle
esperienze, Congresso Internazionale “Le tendenze del Marketing”, Università Ca’ Foscari, Venezia, 20-21
gennaio.
Pencarelli T., Gregori G.L., 2009, (a cura di), Comunicazione e branding delle destinazioni turistiche.
Una prospettiva manageriale, F. Angeli, Milano.
Pencarelli T., Cini D., Splendiani S., 2009, Quality and Value in University Services: the Experience of
the Placement Service at the University of Urbino "Carlo Bo", paper presentato alla 12th International QMOD
and Toulon-Verona Conference on Quality and Service Sciences (ICQSS) Verona, agosto
Pencarelli T., 2009, La performance strategica, in Di Bernardo B., Gandolfi V. Tunisini A. , Economia e
management delle imprese, Hoepli, Milano
Pencarelli T. (a cura di) 2010, Marketing &Management del turismo, Editore Le Goliardiche, Trieste
Pilotti L., Ganzaroli A., 2009, Proprietà condivisa e open source. Il ruolo della conoscenza in emergenti
ecologie al valore, Franco Angeli, Milano
Pine B.J., Gilmore J.H., 1999, The Experience Economy. Work is Theatre & Every Business a Stage,
Harvard Business School Press, Boston.
Pine B.J., Gilmore J.H., 2007, Authenticity: What consumers really want, Harvard Business School Press,
Boston.
Podestà S., 1982, Nuovi sviluppi del marketing, in AIDEA, Il marketing dei servizi,Milano, Giuffré
Raimondo M.A., Miceli G., (2005), “La concettualizzazione e la misurazione del valore per il
cliente”, Mercati e Competitività, Vol. 2.
Ravald, A., Grönroos c., (1996), “The Value Concept and Relationship Marketing”, European
Journal of Marketing, 30(2).
Resciniti R., 2004, Il marketing orientato all’esperienza: l'intrattenimento nella relazione con il
consumatore, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli.
Resciniti R., Maggiore G., 2008, Event experience. Progettare e gestire eventi da ricordare, Edizioni
scientifiche italiane, Università degli Studi del Sannio, Benevento
Rifkin J., 2000, L’era dell’accesso, Mondadori, Milano.
Rispoli M., Tamma M., Beni e servizi, cioè prodotti, in “Sinergie”, 1992, n. 29.
Rispoli M., Tamma M., 1996, Le imprese alberghiere nell’industria dei viaggi e del turismo, Cedam,
Padova
Ruffini R., 1995, La produttività nelle aziende di servizi, Guerini Scientifica, Liuc, Milano
Rullani E., 2006, La nuova economia dell’immateriale, in Economia dei servizi, n.1
Rullani E., (2004), La fabbrica dell’immateriale. Produrre valore con la conoscenza, Carocci,Roma.
Thompson A.,A, Strickland III A.J., Gamble J.E., 2010 Strategia aziendale. Formulazione ed
esecuzione, Mc Graw Hill italia, Milano
Tunisini A., ed., (2008), Teorie e applicazioni di business marketing. Comprendere i processi di
mercato e modellare l’azione di management, Franco Angeli, Milano.
Sciarelli S., 2007, Il management dei sistemi turistici locali, Giappichelli, Torino
Tapscott D., Williams D.A., 2007, Wikinomics. La collaborazione che sta cambiando il mondo, Etas,
Milano.
Valdani E., Ancarani F., 1997, I processi di marketing, Egea, Milano
Valdani E., 2009, Cliente & service management, Egea, Milano
Vargo, S.L., Lusch R.F., (2008), “Service dominant logic: continuing the evolution”, Journal of the
Academy of Marketing Science, 36(1).
Vicari S., 1985, Imprese di servizi e politiche di mercato. Le dimensioni del processo competitivo,
Giuffrè, Milano
Volpato G., 1986, Concorrenza, impresa, strategie - Metodologia dell'analisi di settore e della
formulazione delle strategie d'impresa, Il Mulino, Bologna
Woodall T., 2003, "Conceptualising 'Value for the Customer': An Attributional, Structural and
Dispositional Analysis", Academy of Marketing Science Review, n.12.
Zeitmal A.V., Bitner M.J., Gremler D.D., 2008, Marketing dei servizi, Mc Graw Hill, Milano

Potrebbero piacerti anche