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2018
ORIENTALE
DIPARTIMENTO DI STUDI EUROPEI, AMERICANI E INTERCULTURALI
University Press
ROMÀNIA
ORIENTALE
Dipartimento di Studi europei,
americani e interculturali
31, 2018
2018
Rivista fondata da Luisa Valmarin
Direttrice responsabile Angela Tarantino
Comitato scientifico
R. Antonelli (Roma 1), I. Bot (Cluj-Napoca), O. Fotache (Bucarest), A.-M. Gherman (Alba Iulia), K.
Jurczak (Cracovia), M. Mancaş (Bucarest), M. Moraru (Bucarest), L. Renzi (Padova), A. Tudurachi
(Institutul de Lingvistică şi Istorie Literară “Sextil Puşcariu”, Cluj-Napoca), L. Valmarin (Roma 1),
R. Zafiu (Bucarest)
Comitato di redazione
A. Kiss, G. Seminara, G. Stabile, N. Neşu (redattrice responsabile)
Redazione
Dipartimento di Studi europei, americani e interculturali
Sapienza - Università di Roma
P. le A. Moro, 5 00185 Roma
T (06) 4991 3069
romaniaorientale@uniroma1.it
https://web.uniroma1.it/seai/?q=pubblicazioni/rom%C3%A0nia-orientale
Copyright © 2018
Sapienza Università Editrice
Piazzale Aldo Moro 5 – 00185 Roma
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editrice.sapienza@uniroma1.it
ISSN 1121- 4015
La collaborazione è subordinata all’invito da parte della rivista, sulla base di precisi metodi e
criteri di referaggio. La rivista adotta un sistema di valuta-zione dei testi basato sulla revisione
paritaria e anonima (double-blind peer review). I criteri di valutazione adottati riguardano:
l’originalità e la significa-tività del tema proposto; la coerenza teorica e la pertinenza dei rife-
rimenti rispetto agli ambiti di ricerca perseguiti dalla rivista; l’assetto metodologico e il rigore
scientifico degli strumenti utilizzati; la chiarezza dell’esposizione e la compiutezza d’analisi.
Non si restituiscono i contributi ricevuti.
a cura di
Angela Tarantino
Indice
Premessa ix
Angela Tarantino
contributi
proposta di lettura
a cura di Luisa Valmarin
Lindenfeld 417
Ioan T. Morar
note e discussioni
Celia Ghyka
Abstract – Starting from various definitions of violence, the article examines corre-
spondences between violence in general and its spatial manifestations. It discusses
trauma as connected to urban memory and spatial renewal of cities, focusing on the
spatial, political and social conflicts that have affected Bucharest since the major de-
structions of the city in the 1980s (the large construction site for the Civic Center) and
following through the landscape of less concentrated, yet constant spatial and social
violences that have transformed the city after the 1990s. A rereading of Bucharest
through the traumatic ways in which it has continuosly rebuilt its urban identity
may be a useful analysis tool for similar phenomena around the world – cities under
constant pressure, be it political, social, urban or real estate-related.
The study looks at violent manifestations in the city from a pluridisciplinary perspec-
tive, approaching various subjects, such as the destruction of architecture (its causes
and cumulative effects), gentrification and urban segregation, forced evictions, ur-
ban resistance. Given the tragic events that have been happening globally during the
last decades, and especially the urban world of today, a rereading of urban resilience
through the lens of trauma and the concept of spatial violence, destruction and renewal
may prove a useful tool in renegotiating the future of cities.
Le ferite di Bucarest
Riferendosi agli ingenti danni subiti da molte città contemporanee,
Karen E.Till22 usa il termine “città ferita” (wounded city), per definire
non solo l’alterazione fisica subita dall’architettura urbana in un certo
momento, conseguenza di uno specifico disastro, quanto piuttosto il
risultato di una catena di eventi, che determinano la struttura fisica e
sociale della città. In casi di questo tipo, le città integrano in forme con-
tinue di violenza (sistemica, se facciamo di nuovo riferimento a Žižek)
episodi ripetuti, durante i quali la struttura urbana e sociale è stata
colpita, “ferita” (anche dalla propria amministrazione), episodi che di-
vengono definitori per la vita urbana in questione.
Anziché influenzate da un solo evento esteriore, queste forme di violenza
si protraggono spesso per lunghi periodi, di anni – a volte decenni – e
continuano a definire le relazioni spaziali e sociali correnti, e in questo
modo a determinare le aspettative considerate “normali”23.
(nella maggior parte dei casi, in nome del progresso e della moderniz-
zazione) degli ultimi decenni hanno avuto un effetto molto importante
sul costruito e sulla struttura sociale della città.
La Bucarest moderna sembra essere stata eretta sotto il segno di
disastri, tanto naturali quanto provocati. Il XIX secolo è segnato da in-
cendi e terremoti di eccezionale intensità, che sono passati alla storia,
testimonianza di distruzioni di grande proporzione del costruito: cu-
tremurul cel mare [il grande terremoto] del 180224; il forte terremoto del
1838, che ha danneggiato Hanul lui Manuc25; seguito dal più importante
incendio documentato, Focul cel mare [il grande incendio] del 184726,
che ha distrutto 12 chiese, 2.000 importanti edifici residenziali.
Nel secolo successivo, il terremoto del 1940 è considerato un mo-
mento traumatico di riferimento, definito dallo spettacolare crollo del
palazzo Carlton, a quel tempo la più alta costruzione in cemento arma-
to realizzata in Romania e, implicitamente, un simbolo del moderni-
smo. Poco tempo dopo, i bombardamenti alleati dell’aprile dello stesso
anno, poi, quelli tedeschi dell’agosto 1944, si sono lasciati alle spalle
un desolante paesaggio di rovine. Tra gli edifici colpiti si contavano la
stazione Gara de Nord, il Teatro Nazionale (successivamente demolito,
lasciando così per più di 40 anni un vuoto nel cuore della capitale),
l’Università, il Palazzo Reale e l’Atheneu Român27.
Tuttavia, a essere percepito come la più importante catastrofe na-
turale del secolo, con significati simbolici e implicazioni psicologiche
immense, è stato il terremoto del 4 marzo 1977. Il sisma ha distrutto
gran parte del centro di Bucarest, un importante patrimonio di edifici
rappresentativi per l’identità moderna della città, con 1.500 vittime a
Bucarest (ma i danni non sono stati limitati alla sola capitale).
Non poche volte nella storia, i disastri naturali hanno contribuito
alla creazione di un quadro psicologico e materiale, che ha dato a poli-
tici e immobiliaristi un pretesto per promuovere le loro priorità, e una
giustificazione per introdurre disposizioni tali da permettere la rico-
struzione della città dopo il trauma.
A questo punto è importante fare riferimento a un concetto relati-
vamente nuovo, legato all’idea di sostenibilità, ovvero alla cosiddetta
resilienza urbana. Per resilienza urbana si intende la capacità delle cit-
tà di riprendersi in seguito a disastri che mettono in pericolo tanto la
Costruzione e trauma 95
Un mondo comune
La necessità della durevolezza, ovvero di uno sviluppo che rispon-
da ai bisogni del presente senza compromettere la capacità delle ge-
nerazioni future di rispondere ai propri, è un tema che si è fatto spa-
zio nell’agenda pubblica internazionale in seguito al noto Rapporto
Brundtland41 del 1987. Nel 1999, il Summit della Terra di Rio, svoltosi
sotto l’egida delle Nazioni Unite, ha ufficializzato la nozione di svi-
luppo, definendolo, sulla base di tre componenti di base (economica,
ecologica, sociale), uno sviluppo economicamente efficace, socialmente
equo e sostenibile. La dichiarazione di Toledo è il documento politi-
co più citato in relazione al tema dello sviluppo. Adottata nel giugno
del 2010 dai ministri dello Sviluppo Urbano dell’Unione Europea, la
dichiarazione sottolinea esplicitamente la necessità di promuovere tra-
sporti e efficienti (scoraggiando quindi il trasporto privato nei grandi
agglomerati urbani).
Nel caso di progetti di grandi dimensioni e, soprattutto, di proget-
ti di riqualificazione urbana (così com’è stato per il Bulevard Buzești-
Berzei, progetto i cui effetti sulla città continuano a vedersi), le contrad-
dizioni tra le definizioni e l’attuale modo di intendere l’idea di sviluppo
durevole saltano agli occhi. Il modello europeo (sempre più globale)
di una città durevole si riferisce alla rigenerazione (non all’alterazio-
ne o alla modifica radicale) del tessuto urbano e sociale, alla priorità
Costruzione e trauma 101
della memoria collettiva non è nuova: già negli anni ‘60, Aldo Rossi45
metteva in discussione i famosi luoghi della storia della città europea
per discutere la loro continuità nel tempo. Se intendiamo leggere la
città in chiave di memoria collettiva (garantita da visibilità e possibi-
lità di accadimento), la sua continuità sociale e culturale è conservata
e tutelata dalla resistenza di forme urbane, dalla possibilità della sua
comparsa in strati sovrapposti della città e dal suo condensamento in
frammenti di architettura e città.
Per Bucarest, la parola sostenibilità (che include la resilienza) è
ancora priva di contenuto e significato: serve soprattutto alla retorica
usata per l’accesso ai fondi (europei e governativi) e meno per l’appli-
cazione di una strategia di conservazione della città. Sebbene ancora
non sufficientemente visibili, le modifiche del costruito sono ampie, e
il pericolo della scomparsa di intere aree è incombente.
Ritornando a Convorbirile economice di Ion Ghica (1879), anche se
scritto quasi 150 anni fa, l’attualità del paesaggio descritto è suggestiva:
corruzione, interessi meschini, incapacità amministrativa e infine indif-
ferenza di fronte allo spazio comune della città
Ce să facem? îmi zicea mai deunăzi cineva, nu este remediu la aceasta;
fiindcă unul sub pretext că își schimbă ușile și ferestrele, își rezidește
bucată cu bucată casa care cădea, așezând-o tot pe temeliile cele vechi;
deși aceasta este în contra prescripțiunilor foarte precise ale legii pentru
alinierea și lărgirea stradelor.
Poliția vede și tace, pentru că proprietarul este deputat din majoritate
și trebuie cruțat; altfel domnia sa se mânie, și te pomenești că votează
în contra voințelor ministeriului. Un altul, sub cuvânt că are să spoiască
și să zugrăvească, trage o predea de scânduri, din dosul căreia își face
casă nouă. Municipalitatea vede și tace. Ce să facă? Proprietarul este
alegător, și de nu i s-ar face pe plac, te pomenești că la alegeri se duce
de-și dă votul candidatului opozițiunei. Altul, deși zidește din temelie,
mai scoate o burtă în uliță, căci el este rudă, amic, asociatul vreunui
ministru, sau al vreunui Camerist și caută să profite de împrejurări46.
[Cosa fare? Qualcuno mi ha detto una volta che non c’è un rimedio a
questo; perché uno con il pretesto di cambiare porte e finestre, ricostru-
isce un pezzo dopo l’altro la casa che cadeva a pezzi, sulle vecchie fon-
damenta; sebbene questa non risponda alle prescrizioni molto precise
delle leggi per la sistematizzazione e l’ampliamento delle strade.
La polizia vede e tace, perché il proprietario è un deputato di maggio-
ranza e deve essere lasciato in pace; altrimenti sua eminenza si inalbera
e forse potrebbe votare contro il volere del ministero. Un altro, dicendo
Costruzione e trauma 103
che deve intonacare e dipingere, porta una quantità di legna tale da poter
costruire un’altra casa. La Municipalità vede e tace. Che fare? Il proprie-
tario è un elettore e a infastidirlo probabilmente alle elezioni darebbe
il voto al candidato dell’opposizione. Un altro, sebbene stia costruendo
dalle fondamenta, visto che è parente, amico, conoscente di un ministro
o di un membro della Camera, cerca di approfittare delle circostanze].
104 Romània Orientale
Note di chiusura
* Parti di questo testo sono parzialmente riprese dal volume București. O cartografie
a violenței spațiale elaborato nell’ambito del progetto “Cultura română şi modele
culturale europene – cercetare, sincronizare, durabilitate”, cofinanziato dal Fondo
Sociale Europeo tramite il Programma Operazionale Settoriale per lo Sviluppo
delle Risorse Umane 2007 – 2013, Contratto nr. POSDRU/159/1.5/S/136077,
programma dell’Accademia di Romania.
1
“Se su questa sfortunata città non fossero passati e non si fossero abbattuti centinaia
di volte la spada, il fuoco, l’acqua e il terremoto, i turchi, i tatari e i bulgari… e
soprattutto principi legati a ministri e raccomandati come Veleli, Tzucala e Lahana,
non avrebbe avuto nulla da invidiare né a Vienna, né a Berlino”, Ion Ghica,
Convorbiri economice, Editura Librăriei Socecu & Comp., Bucureşci 1879, p. 557.
2
Citazione integrale Ceterum censeo Carthaginem esse delendam. Quest’affermazione,
attribuita a Catone il Vecchio (234-149 a.C.), sarebbe stata pronunciata nel Senato di
Roma, durante la seduta in cui si dovevano decidere le sorti della città di Cartagine
(effettivamente distrutta, come risultato della terza guerra punica, 149-146 a.C.).
L’autenticità della celebre asserzione è stata esaminata da Ch. E. Little, The Classical
Journal, 29, 6, 1934, pp. 429-435.
3
In un celebre saggio, René Girard analizza la profonda relazione tra sacrificio e
vittima a partire dallo studio delle tragedie antiche e dei miti fondatori, costruiti
sempre a partire da una violenza originaria. René Girard, La violence et le sacré,
Grasset, Paris 1972.
4
A un secolo di distanza dalla pubblicazione del testo di Freud Totem und Tabu
(1913) e a circa cinquant’anni da quando René Girard rimetteva in discussione
il problema della violenza dal punto di vista ritualistico (vedi sopra), l’interesse
per questo tema torna in primo piano tra i ricercatori nell’ambito delle scienze
umanistiche.
5
Spatial Violence. Studies in Architecture, coordinato da A. Herscher, A.I. Siddiqi,
Routledge, Oxford, 2017. Nel 2014-2015, quando ho tentato di definire la violenza
spaziale nell’ambito del progetto post-dottorale finanziato dall’Accademia di
Romania già citato, non ero ancora a conoscenza delle preoccupazioni espresse
in merito dai due ricercatori americani; i risultati della ricerca, pubblicati due
anni più tardi nel volume sopra menzionato, hanno confermato la necessità di
uno studio di questo tipo. Di seguito i rimandi ad altre ricerche incentrate su
particolari manifestazioni di violenza e sul loro legame con città e architettura:
B. Kenzari (coord.), Architecture and Violence, ACTAR, Barcelona/New York 2011;
Andrew Herscher, Violence Taking Place: The Architecture of the Kosovo Conflict,
Stanford University Press, Stanford 2010; Joan Oackman (ed.), Out of Ground Zero:
Case Studies in Urban Reinvention, Prestel Pub, New York 2002; Mike Davis, Ecology
of Fear: Los Angeles and the Imagination of Disaster, Vintage Books, New York 1999;
Nan Ellin, Architecture of Fear, Princeton Architectural Press, New York 1997.
6
Il comitato del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO elenca 54 siti protetti in
pericolo, cfr. https://whc.unesco.org/en/danger/ (sito consultato il 30 luglio 2018).
7
Per una pregevole storia sull’argomento cfr. Alain Besançon, L’image interdite.
Une histoire intelectuelle de l’iconoclasme, Fayard, Paris 1994.
Costruzione e trauma 105
8
Dario Gamboni esamina la relazione tra arte e distruzione nella modernità
nel volume The Destruction of Art: Iconoclasm and Vandalism since the French
Revolution, Reaktion Books, Londra 1997. Nell’introduzione, lo storico dell’arte
si chiede in che misura l’affermazione fatta nel 1973 da Martin Warnke, secondo
la quale “le condizioni che hanno legittimato l’iconoclastia per millenni sono
oggi superate”, possa ancora essere valida, specialmente alla luce di una nuova
ondata iconoclasta seguita ai grandi cambiamenti globali post ‘89. Secondo
Gamboni, l’aggressione contro l’arte può acquisire un valore euristico, nella
misura in cui l’autonomia artistica è una costruzione storica e storiografica,
sottoposta a cambiamenti di senso e valore.
9
J.-L. Nancy, Image et violence, in Le portique, 6, 2000, testo disponibile al sito http://
leportique.revues.org/451 [consultato il 30 luglio 2018].
10
Slavoj Žižek, Violence. Six Sideways Reflections, Picador, New York 2008.
11
Ivi, p. 2.
12
Ibidem.
13
World report on violence and health, E. Krug et al (coord.), World Health
Organization, Geneva 2002; tr. it. Quaderni di sanità pubblica, Violenza e salute
nel mondo. Rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Parte prima),
traduzione a cura di Elena Fossati, CIS Editore, Milano 2002. Le citazioni sono
riprese dalla versione italiana [NdT].
14
Urban violence, in International Review of the Red Cross, 878, 2010, disponibile al
sito: https://www.icrc.org/en/international-review/urban-violence, [consultato
il 30 luglio 2018].
15
Il Comitato che si occupa del Patrimonio mondiale dell’UNESCO.
16
Quaderni di sanità pubblica…, p.21.
17
Ibidem.
18
Ibidem.
19
World Urbanization Prospects. The 2018 Revision, United Nations, testo disponibile
al sito: https://esa.un.org/unpd/wup/Publications/Files/WUP2018-KeyFacts.pdf,
[consultato il 30 luglio 2018].
20
Edward Casey, Public Memory in Place and Time, in Kendall R. Phillips (ed.),
Framing Public Memory, University of Alabama Press, Tuscaloosa, pp. 17-44.
21
Ivi, p. 40.
22
Karen E.Till, Wounded cities: Memory-work and a place-based ethics of care, in Political
Geography, 31, 2012, pp. 3-14.
23
Ivi, p.6.
24
In base ai calcoli successivi alla ricostruzione, sembra si sia trattato del più forte
terremoto avvenuto a Bucarest (7,5/7,8° della scala Richter). Cfr. Gheorghe
Parusi, Cronica Bucureștilor, Compania, București 2005, p. 110.
25
La locanda di Manuc. Si tratta della più antica locanda di Bucarest [NdT].
26
Gh. Parusi, Cronica…, p.167-175.
27
Ivi, pp. 225-228.
28
Testo disponibile al sito: http://urbanresiliencehub.org/what-is-urban-resilience/,
[consultato il 30 luglio 2018].
29
Lawrence J. Vale-Thomas J. Campanella (eds), The Resilient City. How Modern
Cities Recover from Disaster, Oxford University Press, Oxford 2005.
106 Romània Orientale
30
Un recente rapporto dell’ONU sull’habitat (UN-Habitat) indica che solo nel
2016 metà del pianeta è stato colpito da calamità naturali (108 paesi e territori),
cfr. Annual Statistics Disaster Review, 2016, testo disponibile al sito: http://
urbanresiliencehub.org/facts-and-figures/, [consultato il 30 luglio 2018].
31
J. Eugene Haas-Robert W. Kates-Martyn J. Bowden (eds), Reconstruction following
Disaster, MIT Press, Cambridge (Massachussets) 1977.
32
Naomi Klein, The Shock Doctrine. The Rise of Disaster Capitalism, Knopf Canada,
Toronto 2007.
33
Nelle sue memorie, l’architetto Constantin Jugurică racconta che nel 1975
Ceaușescu si oppose alle proposte di sistematizzazione del sindaco Gheorghe
Cioară, dimostrando un atteggiamento inaspettatamente protettivo nei confronti
del patrimonio. Cfr. Constantin Jugurică, Memoria carnetelor cu însemnări.
Bucureștiul cutremurat 1977-1989, Arhilibra, București 2012, p. 36.
34
Ivi, p. 38-39. Constantin Jugurică rimarca come tra i due momenti sembra che sia
stata suggerita a Ceaușescu l’idea di un’operazione urbana che investisse Dealul
Arsenalului di una dimensione civico-monumentale, a partire da alcuni principi
urbanistici presenti già nel piano di sistematizzazione della capitale del 1935.
35
La letteratura relativa alla distruzione di Bucarest durante le operazioni di
costruzione del Centro Civico è molto ricca e continua ad aumentare. Vorrei
ricordare, oltre le già citate memorie dell’architetto Jugurică, coinvolto di
persona nell’intero progetto, il volume di Ioana Iosa, Bucarest. L’emblème d’une
nation, Presses universitaires de Rennes, Rennes 2011, una delle sintesi più
complete su questo tema.
36
Doina Petrescu, The People’s House, or the voluptuous violence of an architectural
paradox, in N. Leach (ed.), Architecture and Revolution. Contemporary perspectives
of Central and Eastern Europe, Routledge, New York & Londra 1999.
37
Camera dei Deputati dal 1994 e Senato dal 2004.
38
La prima legge relativa alla restituzione delle case nazionalizzate negli anni ‘50
(112/1995) è stata un compromesso: nel promettere ai vecchi proprietari rimborsi
economici, permetteva agli attuali occupanti di comprare le abitazioni in cui
vivevano direttamente dallo Stato.
39
Riservata o direttamente assente nel periodo precedente.
40
Cfr. Mirela Duculescu (coord.), Cui i-e frică de cartierul Matache? Simetria,
București 2012.
41
Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo, istituita per iniziativa del
ministro norvegese Gro Harlem Brundtland.
42
Tra i primi sociologi a occuparsi della questione, Jane Jacobs, The Death and Life
of Great American Cities (1961), Vintage Books, New York 1992.
43
Hannah Arendt, Vita activa. La condizione umana, Bompiani, Milano 2005, p. 145.
44
Maurice Halbwachs, La mémoire collective (1950), Albin Michel, Paris 1997.
45
Aldo Rossi, L’architettura della città (1966), Quodlibet, Macerata 2011.
46
Ion Ghica, Convorbiri economice…, p. 420.