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SCHEDA PRODOTTO

Peso: gr. 500

Ingredienti: Fagioli Borlotti di Colfiorito.

Conservazione: In luogo fresco e asciutto al riparo dalla luce.

Durata di Conservazione: 2 Anni

DISPONIBILITA' PREZZO
Non in magazzino €2,60

Il classico fagiolo dalle striature rosse, tipico di molti piatti. I Fagioli borlotti d'Umria appartengono alla
famiglia delle leguminose, di cui se ne conoscono circa 150 razze in tutto il mondo, 60 delle quali
commestibili. Nella loro forma fresca sono ricchi di acqua, e lasciati essiccare conservano buoni
quantitativi di fibre, proteine (23%) e ferro. I fagioli borlotti d'Umria sono di dimensioni leggermente più
piccole, sempre con la buccia rossa più o meno screziata.
In accompagnamento a cereali o pasta, rappresentano un piatto completo.

Fagioli Cannellini d' Umbria gr 500 "Az. Agr. La valletta"

SCHEDA PRODOTTO

Peso: gr. 500

Ingredienti: Fagioli Cannellini d' Umbria.

Conservazione: In luogo fresco e asciutto al riparo dalla luce

Durata di Conservazione: 2 Anni

DISPONIBILITA' PREZZO
In magazzino €2,60

Con il loro sapore delicato, hanno conquistato tutte le tavole, si possono preparare in tantissimo modi:
In bianco conditi con olio extra vergine di oliva, potete preparare delle ottime bruschette con sopra i
fagioli conditi, all'uccelletto come li fanno a Firenze, con pomodoro, aglio e salvia.
Per la cottura potete evitare di metterli a bagno per delle ore, vi consiglio di lavarli, e porli in una
fagioliera di coccio con acqua che sormonta i fagioli di almeno 6-7 cm. Ed aggiungere sale, salvia e un
paio di pomodori freschi o pelati. Mettete sul fuoco a fiamma bassissima e dopo un paio d'ore controllate
la cottura. Non dimenticate di mettere in tavola il macinino del pepe.

Cremona prov.
Denominazione: CICORIA O RADICI Dl SONCINO
Sinonimo: Scorzamara, barbe di Genova, cicoria Magdeburgo.
Territorio: Provincia di Cremona.
Forma: Radice a fittone.
Dimensioni: Lunghezza 40 cm, diametro 2-3 cm.
Peso: Variabile, circa 150 g.
Consistenza: Dura e fibrosa.
Caratteristiche organolettiche:
Sapore: Leggermente amarognolo
Odore: Inodore
Colore: Bianco
Note: Recentemente il territorio di produzione si è allargato verso il Bresciano.
Descrizione sintetica delle metodiche di lavorazione, stagionatura, conservazione: Semina in pieno campo,
mondatura e diradamento. Raccolta, lavaggio, confezionamento in vaschette con prodotto a vista

Sardegna

sardegnaturismo › offerta › enogastronomia › verdure e frutta

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Verdure e frutta

Natura morta dipinta e generata da una terra rigogliosa

FragoleLa fragola è un frutto gustosissimo di colore rosso acceso. Ha origini molto antiche, la prima

varietà coltivata risale agli inizi del Settecento in Francia. È un frutto caratterizzato da un ottimo profumo e un

sapore molto dolce.

MandorleLa mandorla è un frutto dolce ricco di grassi insaturi, di vitamine E, di tanto magnesio e di

proteine vegetali di buona qualità. In Sardegna ci sono alcuni centri rinomati per la produzione di mandorle, tra

cui Baressa, piccolo centro dell'Oristanese.

PescheLe pesche sono il frutto dell'albero di pesco, il Prunum persica, originarie della Cina, giunsero in Europa

attraverso la Persia, da cui presero il nome latino "persica".Le pesche sono un frutto tondeggiante, con buccia

sottile che racchiude una polpa gialla o bianca, con venature rosse.

Pomodori CamonaI pomodori della qualità camona, presentano una forma sferica e hanno una dimensione

ridotta. Il colore è rosso intenso con delle caratteristiche striature verdi. Sono molto croccanti e gustosi.

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antichissima tradizione contadina, in Sardegna si possono trovare pressoché tutte le verdure dei climi

mediterranei e numerosissimi alberi da frutto.

AnguriaFrutto di origine africana, tipicamente estivo, si consuma a fette. Ha internamente un colore

rosso, e ha un'altissima percentuale d'acqua (circa il 95%). Presenta foglie pelose, e ha fiori gialli a corolla

campanulata.

AranceLe arance sono frutti sferici e particolarmente succosi costituiti all'interno da spicchi perfetti. Si

distinguono in diverse qualità: le bionde (moro, tarocco e sanguinelle) ed il gruppo dei Navel adatte per le

spremute.

AsparagiGli asparagi appartengono alla famiglia dei gigli e dei mughetti. La pianta è erbacea ed è

costituita da piccole foglie e fiori di colore giallo. Gli asparagi sardi, risultano ortaggi molto fini e dal colorito

verde scuro.

CarciofiIl carciofo è un ortaggio che appartiene alla famiglia delle composite, conosciuto per le sue proprietà già

dai greci e dagli egizi, presenta una pianta con un fusto eretto che arriva a raggiungere anche un metro

d'altezza.
CardiIl cardo è un ortaggio invernale simile al sedano, ma appartiene alla famiglia dei carciofi. La parte

commestibile del cardo è il gambo, che ha un gusto simile a quello del carciofo, con sfumature che ricordano

vagamente il sedano.

CastagneLe castagne sono un frutto particolare, poiché sono ricche di carboidrati complessi come i

cereali. L'amido è una componente principale delle castagne. Una volta cotte, l'amido si trasforma in zuccheri

semplici che gli conferiscono un gusto particolare e gradito.

CiliegieLe ciliegie sono il frutto di un albero della famiglia delle Rosacee. Esitono due qualità di

alberi differenti, il "Prunus avium", o ciliegio dolce, e il "Prunus cerasus", o ciliegio acido. In Sardegna sono

diversi i centri nei quali vi è una forte coltivazione di ciliegie.

FaveLe fave, classificate con il nome "vicia faba", crescono su piante erbacee annuali dal busto

eretto che producono fiori bianchi, appartengono alla famiglia delle leguminose. Le fave si possono mangiare sia

fresche che secche.

FichiI fichi sono il frutto di una pianta originaria del medio oriente, il "Ficus Carica". Conosciuti fin

dallantichità erano molto graditi dai greci e dai romani.

Fichi d'IndiaPianta originaria dell'America Meridionale, il fico d'India si è ambientato benissimo

anche in molte regioni dell'Italia meridionale tra cui la Sardegna. I frutti hanno la superficie ricoperta di areole

con spine irritanti.

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Umbria
Lenticchia di La Piana di Castelluccio, che ha per sfondo i leggendari e misteriosi Monti Sibillini,
Castelluccio di Norcia assume alla fine della primavera un aspetto fantastico grazie alla fiorita contemporanea
IGP dei prati e dei campi coltivati a lenticchie, che trasformano la valle in un immenso
arcobaleno di colori.
La strada che punta dritto verso lo sperone di Castelluccio passa al centro della pianura
che produce alcune tre le lenticchie più rinomate d’Italia e del mondo, famose per la loro
delicatezza e per le loro dimensioni minute.
Dal 1997 è stata riconosciuta alla lenticchia di Castelluccio di Norcia l’Indicazione
Geografica Protetta.
Se ne raccolgono ogni anno circa 3000 quintali e, oltre alle dimensioni, si caratterizza per
un mixage di tre tipi - verdi, rossicce e zigrinate e per la buccia tenerissima, tanto che
non hanno bisogno di essere messe a bagno prima della cottura.

Il primato del più antico legume coltivato pare spetti proprio alla lenticchia.
Già in un noto episodio della Bibbia, Esaù cedette al fratello Giacobbe il diritto di
primogenitura in cambio di un fumante piatto di lenticchie.
Nei secoli successivi furono molto apprezzate e consumate anche grazie al loro basso
costo, tanto da meritarsi il titolo di carne dei poveri.
La tradizione scaramantica di preparare le lenticchie per la cena di capodanno nasce
dall’antica usanza di regalare a fine anno una scarsella (l’attuale borsellino) piena di
lenticchie, con l’augurio che si trasformassero in dobloni.
Per una tradizione secolare, restata immutata nelle nostre terre, la coltivazione della
lenticchia è sempre stata biologica.
Su terreno collinare delle vallate, ricco di argilla, si coltivavano a rotazione un anno
lenticchie, un altro frumento e un terzo si lasciava libero per il pascolo. Poi si
ricominciava.
Questo sistema non conosce soluzioni di continuità e consente di non sfruttare troppo la
terra.
Nel territorio la leguminosa è localizzata in ristrette aree di altopiano come Castelluccio di
Norcia, ma anche Annifo e Colfiorito, zone nelle quali le condizioni climatiche
conferiscono grande pregio qualitativo al prodotto.
La lenticchia di Castelluccio è senza dubbio il prodotto più rinomato di questa
categoria, le sue pregiate caratteristiche nutrizionali e organolettiche le hanno valso
anche il riconoscimento a livello europeo dell’IGP.
Un’ulteriore menzione meritano, tuttavia, anche le lenticchie di Colfiorito, coltivate negli
altipiani di Colfiorito; l’ambiente di produzione, caratterizzato da un’ altitudine di 900-1000
metri e dalla fertile presenza del lago, consente di ottenere un prodotto particolarmente
ricco dei fattori nutritivi proteici caratteristici Scalogno di Romagna
di questa leguminosa e, allo IGP
stesso tempo,
facile da cucinare grazie alla cuticola particolarmente sottile.

L'Allium ascalonium (anche noto come scalogno)


è una pianta coltivata bulbosa della famiglia delle
Liliaceae. Paese di origine: Italia
Settore: Ortofrutticoli e
Il nome deriva dal nome dell'antico porto di cereali
Askelon, (situato nella parte meridionale Provincia di
dell'odierno Israele poco a nord di Gaza) da cui lo Zona di produzione: Ravenna e di
scalogno arrivò in Europa portato dai crociati. Forlì-Cesena
Reg. CE n.
Lo scalogno è un po' più piccolo della cipolla e Riconoscimento DOP/IGP:
2325/97
spesso è composto da più piccoli bulbi uniti in un
bulbo unico poco più grande, è leggermente più Consorzio di tutela: []
affusolato della cipolla e ha un colore più scuro.

La pianta dello scalogno non fa fiori per cui la propagazione si può avere solo ripiantando i bulbi
che devono essere interrati in terreno sabbioso nei mesi di ottobre-dicembre, la raccolta si effettua a
partire dal mese di giugno.
Lo Scalogno di Romagna (Allium Ascalonicum) è un tipo di cipolla originaria delle Palestina, in
particolare dalla città di Ascalon, da cui trarrebbe il nome. Il suo uso è già citato nel 1200.

[modifica] Collegamenti esterni

• Disciplinare di produzione

Lo zafferano è una spezia conosciuta sin dall’antichità per le sue molteplici qualità: oltre ad essere
utilizzato in cucina per speziare i cibi e come colorante, erano già note in passato le sue virtù
terapeutiche e medicinali. La pianta, originaria del Medio Oriente, fu importata in Italia intorno al
1300 dal frate Domenico Cantucci di Navellim, appassionato erborista.Terminata la sua opera di
inquisitore nella Spagna di Filippo II, padre Cantucci portò i bulbi di questa preziosissima spezia a
Navelli. Fu proprio nei comuni posti lungo quest’altopiano che si sviluppò la tradizione del
commercio e della coltivazione dello zafferano. Il fiore, nel tardo Medioevo, divenne uno dei fulcri
dell’economia aquilana e il suo commercio (veniva venduto solo in cambio d’oro) portò grandi
ricchezze: le comunità aquilane riuscirono a costruire l’Ospedale Grande e la Basilica, sfruttando i
proventi di una tassa imposta sulla vendita dei pistilli di questa rara spezia. Lo zafferano è un bel
fiore (Crocus sativus Linnaeus) dal colore viola. All’interno della corolla si trovano gli stigmi, di
colore rosso-arancio, che costituiscono lo zafferano propriamente detto, mentre i due fili più corti di
color giallo, chiamati “femminelle”, non hanno nessuna proprietà o valore commerciale. Lo
zafferano viene venduto “a stimmi” che, come mille anni fa, vengono raccolti a mano con pazienza
e maestria. La raccolta avviene durante il periodo della fioritura che dura circa 15 giorni e prima che
il fiore si schiuda del tutto: un’operazione molto laboriosa che viene fatta al mattino presto o nel
tardo pomeriggio e che giustifica il costo elevato della spezia. Per fare un chilo di zafferano in filo
occorrono circa duecentomila fiori, mentre ne bastano pochi grammi per dare sapore, colore e
profumo a piatti e bevande. Lo zafferano è una vera miniera di sostanze di ogni genere e utili al
nostro organismo: oltre ai carotenoidi contiene infatti le vitamine B1 e B2 e molti aromi naturali che
conferiscono allo zafferano ottime proprietà digestive. Oggi la produzione di zafferano in Italia è
quantitativamente quasi trascurabile: viene, infatti, prodotto da pochi coltivatori, localizzati in
Abruzzo, in Sardegna, in Toscana, nella zona del Senese e in Umbria. In particolare lo zafferano
dell’Aquila, che si caratterizza per la lunghezza degli stimmi e il forte potere aromatico e colorante,
viene commercializzato da un numero limitato di aziende agricole che, rispettando le antiche
tradizioni, raggiungono gli standard di alta qualità che da secoli rendono lo zafferano di Navelli un
prodotto unico e ricercato dai più esigenti buongustai di tutto il mondo. L’eccellente qualità della
spezia, ritenuto lo zafferano migliore del mondo, dipende dall’insieme di più fattori: una
coltivazione antica che si tramanda immutata di generazione in generazione, un clima e delle
condizioni ambientali favorevoli per questo tipo di cultura ed il duro lavoro di uomini e donne che
si dedicano alla raccolta ed alla successiva lavorazione di questo fiore.

Patate degli altipiani d'Abruzzo

La zona di produzione corrisponde all'area interna aquilana con particolare diffususione nel Fucino, dove la
superficie agricola destinata alla coltivazione della patata supera annualmente i 3000 ettari.

I tuberi di forma tondo-ovale, regolare, presentano un colore della pasta da giallo chiaro a giallo, colore della
buccia prevalentemente chiara o rossa. Tipica caratteristica del prodotto è la lunga capacità di conservazione e
di mantenimento delle caratteristiche organolettiche, legata al ciclo colturale ed all'epoca di raccolta (da
settembre ad ottobre).

La patata ha trovato negli altipiani interni d'Abruzzo e in quello del Fucino in particolare, condizioni pedo-
climatiche assai favorevoli, pertanto la sua coltivazione è ormai una tradizione consolidata tra gli agricoltori di
quelle zone.
Il Fucino rappresenta attualmente uno degli areali nazionali di maggiore produzione.

Il pomodoro San Marzano è conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo per le sue


caratteristiche, che vengono esaltate dalla trasformazione in “pelato”. La presenza di una serie
di fattori concomitanti quali: il clima mediterraneo e il suolo estremamente fertile e di ottima
struttura, l’abilità e l’esperienza acquisita dagli agricoltori dell’area di produzione nel corso
dei decenni, ha contribuito al suo successo nel mondo, coronato, nel 1996, dal riconoscimento
dell’Unione Europea come D.O.P.
Le caratteristiche intrinseche che hanno esaltato il prodotto, favorendone così la sua
conoscenza e il suo consumo sono: sapore tipicamente agrodolce, forma allungata della bacca
con depressioni longitudinali parallele, colore rosso vivo, scarsa presenza di semi e di fibre
placentari, buccia di colore rosso vivo e di facile pelabilità. Queste, insieme alle
caratteristiche chimico-fisiche, lo rendono inconfondibile, sia allo stato fresco che
trasformato.
La denominazione di origine protetta designa esclusivamente il prodotto “pelato” (alla UE è
in istruttoria la proposta del Consorzio di tutela di ammettere nel disciplinare, oltre al “pelato
intero” anche la tipologia “pelato a filetti”), proveniente dalla lavorazione dei frutti
appartenenti all’ecotipo San Marzano o a linee migliorate di esso. Il prodotto immesso al
consumo deve presentare caratteristiche tecnologiche ben precise: colore rosso uniforme con
rapporto colorimetrico a/b non inferiore a 2,2; forma allungata e parallelepipeda, con
lunghezza da 60 a 80 millimetri; assenza di sapori e odori estranei; peso dello sgocciolato non
inferiore al 65% del peso netto; residuo rifrattometrico non inferiore al 4%; pH tra 4,2 e 4,5.
E’ consentita l’aggiunta di sale (max 3% del p.n.), foglie di basilico, succo di pomodoro
semiconcentrato (ma esclusivamente di S. Marzano).
La tecnica colturale del prodotto fresco prevede l’allevamento di tipo verticale delle piante
con l’uso di sostegni, rispettando così la tradizione secolare, anche se, per l’elevato numero di
ore di manodopera richieste, tale tecnica incide fortemente sui costi di produzione.
Cenni storici
Il pomodoro, come è noto, è originario dell'America Centrale. In Europa è giunto nel '600,
inizialmente nella sola Spagna, dove gli fu dato un mero valore ornamentale. Il valore
alimentare di questa coltura fu scoperto solo successivamente, secondo alcuni non prima del
XVIII secolo, quando venne diffuso nei diversi paesi del Mediterraneo.
Secondo alcune testimonianze della tradizione orale si dice che il primo seme di pomodoro
sia giunto in Italia intorno al 1770, come dono del Regno del Perù al Regno di Napoli e che
sarebbe stato piantato proprio nella zona che corrisponde al comune di San Marzano. Da ciò
quindi deriverebbe l'origine di questo famoso pomodoro, che nel tempo,con varie azioni di
selezione, ha acquisito le caratteristiche dell'ecotipo attuale. Secondo altre testimonianze
però, solo nel 1902 si ha la prova certa della presenza, tra Nocera, S. Marzano e Sarno, del
famoso ecotipo.
Delizia dei buongustai, profumo delle domeniche e delle feste comandate, scandite dal rosso
sugo che copriva il bianco della pasta di Gragnano e di Torre Annunziata, il San Marzano
assunse grande apprezzamento dal punto di vista gastronomico verso l’inizio del ‘900,
quando sorsero le prime industrie di conservazione, ad opera di Francesco Cirio, che
producevano il famoso “pelato” da salsa.
In un recente passato il S. Marzano era detto anche “oro rosso” per il valore economico che
era riuscito ad assumere per gli agricoltori dell'agro sarnese-nocerino.
Negli anni Ottanta la coltura ha subito una drastica riduzione, sia in termini di superfici che di
produzione, per motivi fitosanitari ma anche economici (con riferimento soprattutto
all’onerosa tecnica colturale), ma l'azione di recupero, di conservazione delle linee genetiche
pure e di miglioramento avviata dalla Regione Campania e oggi consolidata dal Consorzio di
tutela, ne ha consentito la salvaguardia e il suo rilancio su base internazionale.
Infatti, il pomodoro S. Marzano DOP sta assistendo ad una nuova stagione di rinascita e oggi
viene richiesto non solo in Europa e in America, ma anche in altri continenti, dove va
espandendosi grazie anche al crescente successo della “dieta mediterranea”.
Area di produzione
Il “Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino” DOP si coltiva nell'Agro Sarnese-
nocerino, in provincia di Salerno, nell'Acerrano-nolano e nell’area Pompeiana-stabiese, in
provincia di Napoli e nel Montorese, in provincia di Avellino, per un totale di 41 comuni
(alcuni solo parzialmente).
Dati economici e produttivi
L'area di potenziale coltivazione del San Marzano si estende su oltre 16.000 ettari, anche se il
prodotto destinato alla DOP, nel 2004, ha riguardato un totale di 102 ettari impegnando 228
aziende agricole, con una produzione di fresco di oltre 61.000 quintali destinati alla
trasformazione in pelato. Nello stesso anno è stata certificata una produzione trasformata pari
a 39.100 quintali di pelati (per un totale di oltre 6.170.000 pezzi), realizzata da 12 conservifici
ubicati nell’area DOP.
L'industria dei "pelati" è sempre stata vanto della Campania grazie alla notevole presenza,
soprattutto nel territorio dell'Agro Sarnese-Nocerino, del pomodoro tipico locale che, una
volta trasformato dalle numerose industrie sorte nell'ambito del bacino di origine del "S.
Marzano", veniva commercializzato sul territorio nazionale ed esportato in numerosi paesi
dell'Europa e delle Americhe fin dall'inizio del novecento. Ancora venti anni fa la Campania
produceva un quarto del pomodoro da industria ora, invece, partecipa con appena il 5% al
comparto nazionale.
Registrazione
La Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) “Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-
Nocerino” è stata riconosciuta, ai sensi del Reg. CE n. 2081/92, con Regolamento (CE) n.
1263/96 (pubblicato sulla GUCE n. L 163/96 del 2 luglio 1996).
Con Decreto del 6 agosto 2004 (pubblicato sulla G.U. n. 199 del 25 agosto 2004), il MiPAF
ha accordato la protezione transitoria nazionale alla modifica del Disciplinare di produzione,
richiesta dal Consorzio di tutela in ordine alla disciplina produttiva e all’ampliamento della
zona di produzione e al logotipo. Su tale richiesta si è in attesa di riconoscimento da parte
della UE

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