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LA SCUOLA DI FRANCOFORTE
DI
GIUSEPPE BEDESCHI
EDITORI LATERZA
Proprietà letteraria riservata
Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari
4
a Kelsen, da Pareto a Schumpeter, da Mosca ad Aron) -
sembrano ormai dediti a ricerche positive sui congegni
economici, sociali e politici delle società in cui viviamo,
per dominarne, per quanto è possibile, i giganteschi e
certamente inquietanti problemi; oggi, dicevamo, anche
un fenomeno culturale come la Scuola di Francoforte può
essere esaminato con il necessario distacco. E non è detto
che non se ne possano ricavare u tiH indicazioni e inse
gnamenti.
Analizzando, infatti, l'esperienza della Scuola di Fran
coforte, è giuocoforza fare i conti con alcuni dati di fondo,
che potranno forse dispiacere ma che non possono essere
negati: in primo luogo, il persistere e il continuo ripre
sentarsi del pensiero utopico all'interno di società sempre
più caratterizzate da un possente sviluppo della scienza,
dell'industria e della più sofisticata tecnologia; in secondo
luogo, il rampollare del mito (nelle vesti di una critica
- che è piuttosto un rifiuto - della società industriale
avanzata) da un complesso dottrinale e da una tradizione
intellettuale - il marxismo - che sembrano essere carat
terizzati invece da una ispirazione fortemente realistico
e da una profonda adesione ai valori illuministici e ai
risultati pratici della rivoluzione industriale. Sebbene que
sti due importanti temi non siano al centro di questo
libro, essi possono essere in qualche misura riproble
matizzati e rischiarati da una ricostruzione analitica della
oroduzione teorica della Scuola di Francoforte (che è,
invece, il tema vero e proprio del libro) . Le principali
conclusioni, a questo proposito, il lettore le troverà nel
capitolo finale (Epilogo ), conclusioni che l'autore di que
ste pagine ha ritenuto di poter ricavare dall'analisi com
plessiva dell'esperienza della Scuola: si tratta però di
appunti schematici e di ipotesi che richiedono ulteriore
approfondimento ed elaborazione.
Devo, infine, al lettore un ulteriore chiarimento. La
mia ricostruzione dell'esperienza ' francofortese ' si ferma
al 19 50, cioè alle soglie del ritorno di Horkheimer e
Adorno in Germania. E ciò per due motivi (che sono poi,
in fondo, un motivo solo): in primo luogo, perché il
5
ritorno in Germania dei due principali esponenti dell'Isti
tuto per la Ricerca Sociale incise fortemente sulla compo
sizione dell'Istituto medesimo (parecchi suoi autorevoli
membri, infatti, restarono negli Stati Uniti); in secondo
luogo, perché la ripresa dell'attività dell'Istituto a Franco
forte si giovò dell'apporto di una generazione più gio
vane (Habermas, Schmidt e altri), la cui formazione e le
cui esigenze determinarono una fase sostanzialmente nuova
della Scuola. Perciò gli scritti successivi al 1 950 degli espo
nenti ' francofortesi ' sono rimasti quasi completamente al
di fuori del quadro tracciato nelle pagine che seguono.
'
1. LA FONDAZIONE DELL I S TITUTO
PER LA RICERCA SOCIALE E LA PRIMA FORMULAZIONE
6
cemente, pochi mesi dopo aver assunto l'incarico di diret
tore. Gli successe Karl Griinberg, già professore di scienze
politiche all'università di Vienna, fondatore (nel 1 9 1 0 )
dello « Archiv fiir die Geschichte des Sozialismus u n d der
Arbeiterbewegung », al quale collaboravano eminenti pen
satori e studiosi marxisti (fra gli altri, Lukacs e Korsch).
Nel discorso ufficiale con cui assunse la carica di diret
tore ( 1 924 ), Griinberg affermò che l'Istituto si prefig
geva il compito di comprendere il mondo e, attraverso
tale comprensione, di cambiarlo. In campo culturale
- aggiunse - non vi erano solo i pessimisti, che anda
vano cianciando del declino dell'Occidente, bensl vi erano
anche coloro, « il cui numero e la cui influenza stavano
crescendo di continuo », i quali non soltanto credevano
e speravano che un nuovo ordine sociale si stesse appros
simando, ma erano altresl <(scientificamente persuasi »
che quest'ordine sarebbe stato il socialismo, e che dunque
era ormai giunto il tempo della « transizione dal capita
lismo al socialismo >>. « Suppongo sia ben noto - disse
ancora Griinberg - che questa convinzione è anche la
mia. Anch'io milito fra gli avversari di quell'ordine econo
mico, sociale, giuridico, ormai condannato dalla storia) e
fra i partigiani del marxismo >>. Griinberg precisò però
che l'ispirazione marxista dell'Istituto per la Ricerca So
ciale non avrebbe implicato, sul piano teorico, l'adesione
ad alcuna ortodossia e, sul piano politico, l'adesione ad
alcun partito 1 •
Sotto la direzione di Griinberg, lo « Archiv fiir die
Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung »
divenne praticamente l'organo scientifico dell'Istituto, nel
cui ambito operava un gruppo di intelletruali di primis
simo ordine, destinati a esercitare un influsso non trascu-
7
rabile su alcuni filoni della cultura occidentale del Nove
cento: Max Horkheimer, Friedrich Pollock, Karl August
Wittfogel, Franz Borkenau, Henryk Grossmann, e, verso
la fine degli anni Venti, Leo Lowenthal e Theodor Wie
sengrund Adorno. Più tardi, agli inizi degli anni Trenta,
entrarono a far parte dell'Istituto Herbert Marcuse ed
Erich Fromm.
Ma un vero e proprio salto di qualità fu realizzato
nel 1929, allorché Griinberg dovette dimettersi, per mo
tivi di salute, dalla carica di direttore, e gli successe Max
Horkheimer. Fu sotto la direzione di quest'ultimo che
l'Istituto conobbe la sua migliore stagione e assunse
quelle caratteristiche culturali che siamo soliti attribuire
alla Scuola di Francoforte.
Max Horkheimer era nato nel 1 895 a Stoccarda, da
agiata famiglia ebrea. Negli anni del suo curriculum
universitario aveva studiato psicologia sotto la guida del
gestaltista A. Gelb e filosofia sotto la guida di H. Corne
lius. Nel 1 922 si era laureato con quest'ultimo, con una
tesi sulla Critica del Giudizio di Kant; tre anni dopo era
divenuto Privatdozent con una dissertazione dedicata
anch'essa alla Critica del Giudizio.
Quando, nel 1930, Horkheimer divenne direttore del
l'Istituto per la Ricerca Sociale, era un intellettuale marxi
sta indipendente, di formazione eterodossa rispetto al
bolscevismo, in quanto le sue prime simpatie ideologiche
erano andate a Rosa Luxemburg. Il suo atteggiamento
politico si desume chiaramente dalle note e dagli appunti
da lui stesi in Germania negli anni 1926- Jl, poi raccolti
in volume 2• Qui egli sviluppava un'analisi nuova e inso
lita rispetto alle concezioni del marxismo classico - una
analisi che mette conto di vedere nei dettagli in quanto
essa anticipa diversi motivi della successiva riflessione
della Scuola di Francoforte.
8
In un frammento significativamente intitolato L'im··
potenza della classe operaia tedesca, Horkheimer rilevava
come la situazione operaia fosse radicalmente mutata
rispetto ai tempi di Marx: nell'Ottocento, infatti, tra
occupati e disoccupati si svolgeva di regola un processo
costante di passaggio: chi era senza lavoro poteva essere
nuovamente assunto il giorno dopo, e chi aveva un lavoro
poteva perderlo in qualunque momento, e restava uguale
ai suoi colleghi disoccupati nei tratti più importanti.
Nella classe operaia, insomma, non c'erano strati privile
giati: chi era occupato oggi, poteva essere disoccupato
domani, e viceversa. Di qui una omogeneità sociale e
politica del proletariato, tutto teso al superamento del
dominio capitalistico.
Successivamente, nel Novecento, la situazione era pro
fondamente cambiata, perché era giunto a maturazione
quel processo che Marx stesso aveva preconizzato: il
numero degli operai occupati era calato costantemente
in rapporto al macchinario impiegato, ed esso costituiva
ormai una percentuale sempre più ridotta del proletariato.
Quest'ultimo aveva cessato cosl di essere socialmente e
politicamente omogeneo, e si era suddiviso in due fasce
relativamente ' stabili ' (occupati e disoccupati), con gravi
conseguenze socio-politiche, che Horkheimer delineava in
questo modo:
9
Col risultato - sottolineava Horkheimer - che gli
operai occupati non erano più interessati ai problemi
della rivoluzione; mentre gli operai disoccupati erano sl
immediatamente e urgentemente interessati ad essi, ma
non possedevano « l'educabilità e l'organizzabilità, la
coscienza di classe e la fidatezza di coloro che di regola
sono integrati nell'impresa capitalistica ». I disoccupati
costituivano una massa disaggregata e oscillante, con la
quale era difficile intraprendere qualcosa di buono sul
piano organizzativo.
Questa situazione - che la crisi economica apertasi
nel 1929 aggravava tragicamente - si rifletteva, secondo
Horkheimer, nell'esistenza di due partiti operai, quello
comunista e quello socialdemocratico.
10
ilposto finisce progressivamente col diventare l'u
�
capace di spiegare le loro azioni.
11
La rivendicazione della dialettica caratterizza subito la
produzione teorica di Horkheimer, e diventa il contras
segno essenziale della posizione eu! turale della Scuola di
Francoforte: qui è da cercare, probabilmente, la novità
più importante dell'attività dell'Istituto per la Ricerca
Sociale diretto da Horkbeimer rispetto al periodo della
direzione di Gtiinberg ( quando esso era dedito essen
zialmente a ricerche ' positive ' sull'economia capitalistica
e sulla storia del movimento operaio ). Horkheimer non
tralascia mai di insistere energicamente sull'ascendenza
hegeliana della concezione di Marx, e del suo nucleo
fondamentale, la dialettica, anche se poi egli si sforza di
individuare le differenze esistenti fra la concezione di
Hegel e quella di Marx, e la ' revisione ' e correzione
che il secondo ha operato nei confronti del primo.
L'analisi svolta da Horkheimer a questo proposito
riprende, nella sostanza, l'interpretazione proposta da
Engels : Hegel ha sviluppato il metodo dialettico, ma al
tempo stesso Io ha ' imprigionato ' e ' concluso ' nel pro
prio ' sistema '. Di conseguenza, in lui quel metodo non
viene applicato al presente, ma solo al passato. Nel porre
il suo sistema come assoluto, Hegel è idealista, eppure
egli ha forgiato tutti gli strumenti intellettuali per supe
rare questo errore: per la dialettica, infatti, ogni cosa è
soggetta al divenire, la sua nascita implica per ciò stesso
il suo invecchiamento e la sua morte. Liberando la dia
lettica dalla sua forma idealistica, e facendola propria,
Marx ha dato un'impronta particolare al materialismo.
Egli, infatti, non ha mai avuto una concezione della cono
scenza come puro -e semplice 'rispecchiamento ' di una
realtà statica esistente fuori e indipendentemente dal
l'uomo: come per lui soggetto e oggetto non possono
mai coincidere interamente (tranne che nella sensazione,
che però opera senza concetti), cosl il soggetto non può
essere mai separato in modo assolutamente netto dall'og
getto. L'attività teorica non è conoscenza immobile di un
oggetto fisso, bensl è, appunto, attività, cioè essa stessa un
aspetto della realtà in trasformazione: il mondo natu
rale e sociale è continuamente modificato dagli uomini,
12
che in questa praxis modificano incessantemente anche se
stessi e le proprie idee 4• Da questa impostazione discende
anche che la natura non può essere considerata separata
mente dall'attività umana, e che quindi non ha alcun
senso parlare di una dialettica della natura antologica
mente intesa. In altre parole, Horkheimer, pur accettando
e facendo propria la dialettica storica, respinge in blocco
il cosiddetto materialismo dialettico, ovvero la ' dialettica
della natura ' (e in ciò egli si differenzia senz' altro da
Engels), destinata a diventare sempre più la filosofia ufli.
dale dei partiti comunisti, in primis di quello sovietico.
Senonché - sostiene ancora Horkheimer - Marx
non deve a Hegel solo una concezione dialettica della
conoscenza; gli deve anche l'idea secondo la quale esi
stono, nello sviluppo storico, strutture dinamiche e ten
denze sovraindividuali: l'idea, cioè, che gli uomini sono
implicati in formazioni storiche che hanno un proprio
svolgimento.
13
pano in rapporto con la natura) e le forme invecchiate
di società. Lo spirito come soggetto astratto perde cosi
la suprema dignità di potenza autonoma che fa la storia;
quest'ultima viene vista come il movimento dialettico dei
rapporti conflittuali fra le forze produttive e i rapporti
di produzione, fra le classi, fra la vecchia organizzazione
del lavoro e le nuove esigenze che germinano nella società,
ecc. In questo modo si passa dalla metafisica alla teoria
scientifica della storia. Se questa concezione è dialettica
(in quanto non si limita alla mera registrazione dei fatti,
bensl coglie delle strutture dinamiche e delle tendenze
sovraindividuali ), essa non è però una costruzione a priori,
caratterizzata da un telos immanente; al contrario, è una
concezione economica o materialistica, che richiede una
ricostruzione accurata degli avvenimenti 5•
È evidente l'influsso, esercitato sul marxismo dialet
tico di Horkheimer, dalle idee di Lukacs e di Korsch:
del Lukacs di Storia e coscienza di classe ( 1923 ) e del
Korsch di Marxismo e filosofia (1923 ) . In queste opere,
infatti, veniva aspramente criticata la concezione della
conoscenza come 'rispecchiamento ' di una realtà esi·
stente fuori e indipendentemente dal soggetto; l'accento
cadeva sulla dialettica quale elemento di continuità fra
Marx e Hegel, anche se nel caso di Marx si trattava,
secondo questi autori, di una dialettica fortemente ' rifor
mata ', non più riferita allo spirito dei popoli e all'Idea
concepita astrattamente (e neppure alla natura per sé
presa, separata dall'uomo), bensl alle forze (materiali e
spirituali) agenti effettivamente nella società.
Del resto, net primi scritti teorici di Horkheimer
ritorna anche quella critica della scienza che era stata
svolta da Lukacs in Storia e coscienza di classe, anche
se l'autore tedesco la ripropone in termini più sottili e
sfumati. Per un verso, infatti, egli rileva un fallimento
sociale della scienza ( « Nella crisi generale dell'economia
la scienza appare come uno dei numerosi elementi di
quella ricchezza sociale che non adempie alla sua desti-
14
nazione. La sua consistenza attuale supera di gran lunga
quella delle epoche precedenti. Sulla terra ci sono più
materie prime, più macchine, più forze lavorative adde
strate e migliori metodi di produzione di quanto siano
mai esistiti in passato, eppure gli uomini non ne traggono
un vantaggio corrispondente » ) 6; per un altro verso,
Horkheimer identifica tale fallimento sociale della scien
za con i suoi metodi e le sue procedure, cioè con il suo
fallimento teorico. Questo punto è particolarmente deli
cato, e merita di essere considerato con attenzione.
La scienza naturale moderna, dice Horkheimer, si è
limitata a una registrazione, classificazione e generalizza
zione dei fenomeni, e non si è preoccupata affatto di
distinguere l'insignificante dall'essenziale; al tempo stesso,
la scienza si è servita di metodi puramente meccanicistici.
,
Registrazione. classificazione e meccanicismo ' si tengono
reciprocamente, perché costituiscono un modo di vedere
adialettico e conservatore: « Al metodo orientato sul
l'essere e non sul divenire corrispondeva il modo di ·con
siderare la forma di società esistente come un meccanismo
di processi che si ripetono sempre uguali, che può essere
bensl disturbato per un tempo più o meno lungo, ma
che comunque non richiede un comportamento scientifico
diverso dalla spiegazione - ad es. - di una macchina
complicata ». Senonché, quanto più alla fine dell'Otto
cento e agli inizi del Novecento la realtà sociale si mo
strava, attraverso le crisi, dinamica, convulsiva e dialet
tica, tanto più il procedimento imperniato sulla registra
zione di ciò che si presenta ripetutamente e sul mecca
nicismo entrava in crisi e lasciava il posto a un procedi
mento dialettico, teso a individuare quella « struttura per
cogliere la quale è necessaria la riproduzione teoretica
di processi che trasformano radicalmente, che sovvertono
tutti i rapporti culturali >> e sociali. La crisi irrimedia
bile del metodo descrittivo-generalizzante e meccanicistico
proprio della vecchia scienza naturale si ripercuoteva per
15
altro, secondo Horkheimer, sulla scienza stessa, metten
dola in crisi: era stata soprattutto la fisica moderna a
superare in larga misura le deficienze del metodo tradi
zionale, sottoponendo a revisione i propri fondamenti
gnoseologici; ma anche questa revisione era solo un capi
tolo di una crisi più vasta, che si sarebbe conclusa sol
tanto quando si fosse veramente risolta la crisi sociale,
con la nascita di una società razionale 7•
Non può sorprendere, in questo quadro di critica
della scienza naturale, l'alto apprezzamento espresso da
Horkheimer per la metafisica bergsoniana del tempo. In
un saggio ad essa dedicato egli scrive che, poiché nella
società borghese moderna « àmbito e contenuto, metodi
e scopi dell'attività scientifica non hanno più un rapporto
controllabile con i bisogni degli uomini •,
16
Il suo tema fondamentale, il tempo reale, è una categoria
centrale di ogni pensiero storico, di ogni formazione della
teoria di tipo comprensivo e generale. Bergson ha distinto il
tempo vissuto da quello astratto della scienza naturale e lo
ha fatto oggetto di particolari indagini. Esse lo hanno spesso
condotto fino alle soglie della dialettica 9•
• lvi, p. 175.
IO (( Poiché ogni metafisica implica necessariamente la con·
vinzione che la sua visione e il senso dell'accadere che essa
enuncia non sono a loro volta soggetti al tempo, l'intenzionalità
del pensiero bergsoniano sopprime il suo proprio contenuto. Esso
nega il tempo, in quanto lo eleva a principio metafisico »- (ivi,
p. 176).
17
turale e teorica di Horkheimer alle idee viste finora. C'è
nella sua concezione qualcosa di più e qualcosa di nuovo,
che costituisce senza dubbio un avvenimento importante
nella storia del marxismo occidentale e, più in generale,
nella storia della cultura europea di ispirazione sociali
sta. Si tratta della rivendicazione del ruolo della psico·
logia (e in particolare della psicoanalisi) ai fini della com·
prensione del processo storico: una rivendicazione che
costituirà sempre uno dei tratti essenziali della Scuola di
Francoforte.
È bene avvertire subito che il discorso svolto da
Horkbeimer a questo proposito non è privo di elementi
di ambiguità e di incertezza, dovuti al fatto che egli si
propone di combinare il metodo marxiano - essenzial
mente socio-economico - di interpretazione della storia
con i concetti e gli strumenti della psicologia del pro
fondo (attività psichica inconscia, pulsioni istintuali, ecc.),
non suscettibili, ovviamente, di alcuna fondazione socio
economica. E tuttavia non c'è dubbio che il tentativo di
Horkheimer, oltre a costituire una novità teorica di
rilievo, risponde a un'esigenza profonda: quella di supe
rare ogni visione economicistica del marxismo, e insieme
di fecondare quest'ultimo con alcune delle ricerche più
ardite e avanzate della cultura contemporanea. Vediamo
dunque come si articola tale tentativo.
Poiché, dice Horkheimer, la storia si struttura se
condo i diversi modi in cui si compie il processo vitale
della· società umana, non c'è dubbio che le categorie stori
camente fondamentali non sono quelle psicologiche, bensl
quelle economiche, E tuttavia la psicologia, come scienza
sussidiaria, è indispensabile ai fini della comprensione
della storia. Non si tratta solo dell'importanza dei grandi
personaggi storici (e quindi della loro psicologia indivi
duale), bensl di qualcosa di più generale e di più signi
ficativo. Gli individui, infatti, non sono mere maschere
dei rapporti economici: essi vivono sl all'interno di deter
minati contesti socio-economici, che imprimono il proprio
marchio a tutta la loro situazione esistenziale, ma essi
sono dotati di coscienza, e hanno perciò una capacità di
18
iniziativa che si esplica in tutti i campi della vita sociale
e che fa sl che questa stessa vita costituisca un processo
sempre nuovo e vario. Perciò, afferma Horkheimer,
19
tura psichica di questi gruppi, e cioè il carattere dei membri
che li compongono, è continuamente rinnovata in rapporto
col ruolo che essi svolgono nel processo economico u.
" Ibid.
M lvi, p. 21.
1S lbid.
20
considerare come valori il prestigio personale, la carriera, la
sicurezza, mentre d'altro lato la loro situazione sociale rende
loro impossibile la realizzazione individuale di questi ordini
assiologici.
21
Nonostante la maggiore. urgenza che è propria dei biso
gni fisici immediati, la loro mancata soddisfazione può essere
sostituita, almeno in parte e per un certo periodo di tempo1
dal piacere per altre cose. I circenses di ogni specie hanno
sostituito in larga misura il panem in molte situazioni sto
riche, e lo studio dei meccanismi psichici che rendono possi
bile questo fenomeno è uno dei compiti più urgenti che la
psicologia deve assolvere nel quadro della ricerca storica,
insieme a quello di usarli opportunamente per la spiegazione
dei processi storici concreti 17.
17 lvi, p. 25.
li « Ma se rifiutiamo una psicologia legata a pregiudizi eco
nomistid non dobbiamo perciò dimenticare che la situazione
economica d�li uomini agisce fin nelle fibre più profonde e sot
tili della loro vita pskhica. Non solo il contenuto, ma anche la
fona delle manifestazioni dell'apparaco pskhico sono economi
camente condizionati » (ivi, p. 27).
22
todo e compito di una psicologia sociale analitica 1 -
di un giovane psicoanalista, Erich Fromm (era nato nel
1900), membro sia dell'Istituto Psicoanalitico di Fran
coforte che dell'Istituto per la Ricerca Sociale.
Nel suo saggio, Fromm cercava di combinare psico
analisi e marxismo ai fini di una psicologia sociale, e
quindi il principale obiettivo del suo lavoro era quello
di mostrare che fra l'opera di Marx e quella di Freud
non solo non c'era contrasto insanabile, ma che anzi esse
erano affini, ed entrambe indispensabili per una ricerca
sociale avanzata. Taie assunto richiedeva però una ' let
tura ' particolare e un'interpretazione tutt'altro che scon
tata dell'opera freudiana - una lettura e una interpreta
zione che mette conto di vedere nei dettagli.
La psicoanalisi, sottolineava Fromm, è una psicologia
scientifica materialistica: essa individua infatti come ' mo
tore ' del comportamento umano un insieme di pulsioni
e di bisogni che vengono ' alimentati ' dagli istinti, i
quali hanno un fondamento fisiologico. In modo analogo
alla suddivisione popolare degli istinti in fame e amore,
anche Freud considera due gruppi di istinti come forze
motrici della vita psichica umana: gli istinti di auto
conservazione e quelli sessuali.
Freud - continuava Fromm - assume come prin
cipio fondamentale della vita psichica il ' principio del
piacere ', la tendenza cioè alla massima scarica apporta
trice di piacere delle pulsioni istintuali. Senonché, il
principio del piacere deve fare i conti col ' principio
della realtà ', nel senso che la realtà esige spesso dai
singoli la rinuncia o la dilazione del piacere per evitare
un dolore più grande o per ottenere un maggiore piacere
futuro. Inoltre, nella concezione freudiana, la struttura
istintuale dell'uomo è condizionata da due fattori: la
costituzione ereditaria e le vicende della vita, soprattutto
quelle della prima infanzia. Questo secondo elemento è
23
molto importante, tanto che lo specifico compito analitico
consiste proprio nella ricerca dell'influsso delle esperienze
vissute, in particolare di quelle infantili, sulla costitu
zione istintuale. Sotto questo profilo - sottolineava
Fromm - il metodo analitico è squisitamente storico:
esso esige infatti la comprensione della struttura istin
tuale nel quadro delle vicende della vita.
Di grande rilievo e significato era per Fromm la
distinzione freudiana fra istinti di autoconservazione e
istinti sessuali: i primi sono di natura imperativa (in
quanto una loro soddisfazione negata oltre un certo limite
o è del tutto intollerabile, o provoca addirittura la morte),
i secondi sono dilazionabili; i primi non possono essere
rimossi, mentre i secondi sono reprimibili; i primi non
sono sublimabili, i secondi invece lo sono, nel senso
che al posto della soddisfazione diretta di un desiderio
sessuale può esserci una soddisfazione remota dall'obiet
tivo sessuale originario.
24
La teoria psicoanalitica veniva dunque interpretata da
Fromm come biologico-materialistica e storica a un tem
po: materialistica, perché il suo punto di partenza era
costituito dagli istinti, in primo luogo dagli istinti di
conservazione, che mantengono sempre, ovviamente, un
primato fondamentale, e poi dagli istinti sessuali (in
senso lato), che anch'essi non possono rimanere insoddi
sfatti; e tuttavia - e qui si manifestava il carattere
storico della teoria - questo secondo tipo di istinti era
' dislocabile ', plasmabile, trasformabile, e poteva essere
soddisfatto sia con rappresentazioni ideologiche (come per
esempio le religioni), sia con determinati comportamenti
sociali.
Da tutto ciò Fromm ricavava la conclusione che la
sociologia con cui la psicoanalisi aveva la maggiore af!i
nità era il materialismo storico. << I maggiori punti di
contatto - egli diceva - li troviamo nel fatto che sono
entrambe scienze materialistiche. Esse non partono dalle
'idee ', ma dalla vita terrena, dai bisogni; e si incon
trano specialmente nella loro comune valutazione della
coscienza, che a loro sembra essere non il motore del
comportamento umano, bensl il riflesso di altre forze
na�coste •> 3• E tuttavia, nonostante questi ' punti di con
tatto ' fra marxismo e psicoanalisi, Fromm non si nascon
deva anche i punti di contrasto, che egli indicava in
questo modo:
3 lvi, p. 104.
• Ibid.
25
non aveva mai posto l'uomo isolato, sciolto dalle sue
connessioni sociali, come oggetto della psicologia. Egli
citava a questo proposito un significativo passo freudiano
tratto da Psicologia delle masse e analisi dell'Io:
26
In realtà, la conclusione di Fromm costitUiva una
forzatura evidente: non perché, col metodo psicoanali
tico, non si potessero e non si possano condurre indagini
socio-psicologiche (basti pensare ai grandi scritti di Freud
sulla guerra, sulla psicologia delle masse, sulla religione,
sul ' disagio della civiltà '), ma perché, se era vero che
nel saggio Psicologia delle masse e analisi dell'Io Freud
si era occupato di gruppi sociali, era altrettanto vero che
i gruppi da lui presi in esame non erano affatto classi
sociali, bensl corpi altamente ' organizzati ' quali gli eser·
citi , le chiese, ecc. All'interno di tali corpi organizzati,
gli elementi socio-economici avevano poca o nessuna im·
portanza, e Freud insisteva piuttosto sul tipo di orga
nizzazione, sulla struttura gerarchica e dunque sulla coe
sione strutturale di tali corpi, avente il proprio fonda
mento nei legami libidici esistenti fra i singoli membri,
legami che avevano a loro volta il loro fondamento nel
rapporto di tutti col capo (incarnazione ed enfatizza
zione della figura paterna internalizzata) 6 . Se era vero,
quindi, che Freud aveva esaminato col metodo psicoanali
tico particolari gruppi sociali, era anche vero che questi
gruppi sociali (chiese, eserciti, ecc.) costituivano gruppi
socio-psicologici e socio-libidici e. nient'affatto gruppi
socio-economici.
Un'altra difficoltà nella quale Fromm si imbatteva
consisteva nel fatto che la psicoanalisi spiegava lo svi
luppo di un individuo in base alle vicende della prima
infanzia, e quindi con riferimento a un periodo in cui il
singolo ha ancora rapporti assai scarsi con la società e
27
�O�
vive quasi esclusivamente nel circolo famiglia
potrebbero quindi - si chiedeva Fromm, - sec , ·�
concezione psicoanalitica, i rapporti socio-economici ac
e
-
sire una tale importanza? ». E rispondeva:
�
Si tratta di uno pseudoproblema. È vero che i prìmi 'W
influssi decisivi sul bambino che cresce provengono dalla
famiglia, ma la struttura globale della famiglia, tutte le tipi-
che relazioni emozionali all'interno di essa, tutti gli ideali
educativi da essa rappresentati sono essi stessi condizionati
dallo sfondo sociale e di classe della famiglia, dalla struttura
sociale, da cui essa trae le sue origini (per es., i rapporti
emozionali tra padre e figlio sono completamente diversi in
una famiglia della società borghese, patriarcale, e nella « fami-
glia » di una società matriarcale). La famiglia è il mezzo attra-
verso cui la società o la classe imprime sul bambino, e quindi
sull'adulto, la struttura ad essa corrispondente e per essa
specifica; la famiglia è l'agenzia psicologica della societ� 7
28
essa specifici, è il prodotto di una determinata struttura
sociale e, in senso più stretto, di una determinata strut
tura di classe » - quando egli affermava ciò, istituiva
una connessione troppo stretta e immediata fra classe
economico-sociale e sviluppo psicologico-affettivo, una
connessione che, posta in questi termini, aveva assai
poco a che fare con la concezione psicoanalitica 8 _
Del resto, nel saggio di Fromm era affatto evidente
che egli, all'interno della psicoanalisi, non si sentiva a
proprio agio. Due, in particolare, erano gli elementi
della concezione freudiana da lui criticati e respinti. In
primo luogo, il fatto che Freud avesse riconosciuto (gros
so modo, a partire dalla prima guerra mondiale) l'esi
stenza nell'uomo, accanto alle pulsioni erotiche, delle
pulsioni distruttive: Eros e Thànatos venivano a costi
tuire entrambi, per il fondatore della psicoanalisi, la strut
tura pulsionale della personalità umana.
29
queste modificazioni del suo punto di vista originario ha un
carattere di gran lunga più speculativo e meno empirico che
non la sua posizione originaria 9,
negata con tanto zelo, è che l'uomo non è una creatura man
sueta, bisognosa d'amore, capace, al massimo, di difendersi
se viene attaccata; ma che occorre attribuire al suo corredo
pulsionale anche una buona dose di aggressività. Ne segue
30
che egli vede nel prossimo non soltanto un eventuale aiuto
e oggetto sessuale, ma anche un invito a sfog are su di lui
la propria aggressività, a sfruttarne la forza lavorativa senza
ricompensarlo, ad abusarne sessualmente senza il suo con
senso, a sostituirsi a lui nel possesso dei suoi beni, ad
umiliarlo, a farlo soffrire. a torturarlo e a ucciderlo. Homo
homini lupus: chi ha il coraggio di contestare questa afferma
zione dopo tutte le esperienze della vita e della storia? 10•
31
L'altro punto sul quale Fromm dissentiva da Freud
e dalla psicoanalisi riguardava la valutazione del ' com
plesso edipico '. Secondo Fromm, gli psicoanalisti ave
vano assolutizzato il ' complesso di Edipo ' (cioè la riva
lità del figlio con il padre per il possesso della madre),
in quanto ne avevano fatto un meccanismo psicologico
universale, sebbene ricerche comparate di psicologia e
di antropologia culturale avessero mostrato che questa
specifica attitudine emozionale è tipica soltanto per la
famiglia della società patriarcale e non riveste un carattere
cosl universalmente umano (era verosimile, infatti, che
in una società matriarcale il complesso edipico o non
esistesse affatto) o avesse una rilevanza assai diversa).
� L'assolutizzazione del complesso di Edipo - affermava
Fromm - condusse Freud a basare lo sviluppo di rutta
l'umanità su questo meccanismo dell'odio contro il padre
e delle reazioni che ne derivano, senza che venisse pre
stata attenzione al processo materiale dei singoli gruppi
presi in esame » 13 • Osservazione, a ben vedere, dì scarso
peso, questa di Fromm, perché tutta la civiltà occiden
tale, tanto nell'epoca ellenistico-romana quanto in quella
cristiana, è stata caratterizzata dalla struttura familiare
patriarcale, e quindi, se si accetta il concetto freudiano
di ' complesso edipico ', esso non può non essere rife
rito all'intera società occidentale vista nel suo millenario
sviluppo storico.
Come che sia, dalle critiche che Fromm rivolgeva
alla psicoanalisi, risultava chiaramente quanto fosse ardua
quella combinazione di psicoanalisi e marxismo ritenuta
indispensabile, da lui e dai teorici della Scuola di Fran
coforte, per dare concretezza alla teoria, ovvero per spie
gare come la struttura socio-economica della società si
traducesse in determinate forme di coscienza, cioè nella
tipologia psicologica dei vari gruppi sociali ". Tale di.fli-
32
coltà emergeva non solo dalle critiche che abbiamo visto,
e dal più generale atteggiamento di Fromm verso la
psicoanalisi (che accettava alcuni aspetti della dottrina,
mentre ne respingeva altri: accettava la critica freudiana
della ' morale sessuale civile ', ma respingeva la teoria
Jella civiltà come repressione, largamente inevitabile, degli
istinti; accettava l'esistenza delle pulsioni erotiche, ma
negava l'esistenza delle pulsioni distruttive, ecc.); essa
emergeva anche nella singolare tesi della convergenza fra
b teoria marxiana e quella freudiana di ideologia.
Secondo Fromm, Marx ed Engels, non possedendo
una psicologia utilizzabile, non avevano potuto chiarire
in modo convincente le modalità di trasferimento di ciò
che è materiale nella testa degli uomini. La psicoanalisi,
invece, aveva potuto mostrare che le ideologie sono i
prodotti di determinati desideri, di pulsioni istintuali,
interessi, bisogni che, in gran parte inconsci essi stessi,
si presentano come ' razionalizzazioni ' sotto forma di
ideologia. Con l'aggiunta essenziale, da parte di Fromm,
che le pulsioni istintuali « sorgono sl sulla base di istinti
biologicamente determinati, ma, per quel che concerne
la loro quantità e il loro contenuto, sono plasmate in
ampia misura dalla situazione socio-economica dell'indi
viduo o della sua classe » 15 • Ritroviamo qui quella com
mistione di determinazioni socio-economiche e di deter
minazioni psicologico-istintuali che caratterizza tutto il
tentativo di Fromm di fondare una psicologia sociale
analitica.
Senonché, in Marx e in Freud le ideologie hanno fon
damenti diversissimi. In Marx la teoria dell'ideologia,
!ungi dall'essere incompleta o lacunoso, costituisce un
complesso ed elaborato tentativo di spiegare la ' falsa
coscienza ' e le illusioni ideologiche con la struttura eco
nomico-sociale. « Se nell'intera ideologia - ha scritto il
filosofo di Treviri - gli uomini e i loro rapporti appaio-
33
no capovolti come in una camera oscura, questo feno
meno deriva dal processo storico della loro vita, proprio
come il capovolgimento degli oggetti sulla retina deriva
dal loro immediato processo fisico » 16 • In particolare,
secondo Marx, nell'ideologia religiosa gli uomini sono
dominati da rappresentazioni fantastiche (Dio, il mondo
ultra terreno), perché nella vita di ogni giorno essi sono
effettivamente dominati da potenze reali che li sovrastano
(il capitale, che è lavoro accumulato che domina il lavoro
vivo ) : nell'un caso e nell'altro gli uomini sono sopraffatti
dalle proprie creature, che acquistano un'esistenza indipen
dente, e la rappresentazione religiosa (l'ideologia) non è
che il riflesso ideale di una situazione reale, sociale.
34
da intendere in senso economico-sociale, bensl piuttosto
nel senso della debolezza e fragilità della condizione
umana ( l'uomo è soggetto alle malattie, alla perdita delle
persone care, all'invecchiamento e alla morte). Il supera
mento di quel « delirio � e di quella forma inferiore di
pensiero che è la religione, non può dipendere quindi
per Freud da fatti economico-sociali, ma solo e soltanto
dall'irrobustirsi dell'Io e dalla sua capacità di essere
sempre più autonomo (adulto) di fronte alle forze aggres
19
sive dei propri simili e alle sventure dell'esistenza •
In questo quadro, l 'affermazione di Fromm secondo
cui « la psicoanalisi può indicare come, attraverso la vita
degli istinti, la situazione economica si trasforma in ideo
logia » lll, sembra non solo azzardata, ma priva di qua
lunque fondamento. Del resto, è Fromm stesso ad asse
rire poco dopo che « è possibile alla psicoanalisi ridurre
anche i più sublimi moventi ideali al loro nocciolo ter
reno e libidico, senza essere costretti a considerare i biso
1
gni economici come gli unici rilevanti » 2 •
Dopo tutto quello che si è visto, non può stupire
che il tentativo di Fromm di delineare la struttura osico
l<'gico-lihidica propria del capitalismo - cioè delle -classi
che compongono questa formazione economico-sociale -
attraverso i concetti della psicoanalisi ( in primo luogo
la distinzione fra fase orale, fase anale e fase genitale),
lasci non solo insoddisfatti, ma sia destinato all'insuccesso.
Un insuccesso che emerge soprattutto nella scarsa capa
cità dello schema proposto di distinguere nettamente fra
le caratteristiche socio-psicologiche delle diverse classi. Se
nonché, tale distinzione era appunto l'obiettivo di tutto
Io sforzo teorico. È opportuno esaminare brevemente
questa analisi di Fromm - da lui svolta nel saggio La
35
caratterologia psicoanalitica ed il suo significato per la
psicologia sociale ( 1 932) - che costituisce la chiave
di volta dd suo tentativo di coniugare psicoanalisi e
m3rxismo.
Fromm descrive lo ' spirito del capitalismo ' rifacen
dosi ai lavori di Weber, di Sombart, di Tawney, di
Brentano e di Troeltsch. Egli insiste naturalmente in
modo particolare sugli aspetti ' ascetici ' (nel senso di una
ascesi intramondana), sulla vocazione al lavoro e sulla
ricerca del successo in campo economico come segno
della Elezione, che caratterizzano la morale calvinistica, e
che tanta importanza hanno avuto nelle origini del capi
talismo. La felicità e la gioia di vivere, dice Fromm, non
sono più per la psiche borghese l'obiettivo principale a
cui l'agire umano sia subordinato. Lo spirito borghese
apporta anzi in questo campo un mutamento decisivo:
la felicità cessa di essere lo scopo della vita, e qual
cos'altro prende il suo posto nella scala dei valori : il
senso del dovere. Senonché, con l'imporsi in primo piano
del senso del dovere, ha luogo un'altra trasformazione
radicale, tipica della mentalità borghese: non si lavora
più semplicemente per il sostentamento, ma per posse
dere e risparmiare; possesso e risparmio divengono esi4
genze etiche, e un modo di agire che è in se stesso fonte
di piacere. In questo quadro, lo spirito calcolatore, il
calcolo razionale, assume un'importanza decisiva. Questa
' razionalità ' specificamente borghese coincide infatti lar
gamente con quello che si potrebbe designare, usando
una categoria strettamente psicologica) come 1 amore del
l'ordine ' ( tutta· la biografia di Franklin, dice Fromm,
ne è un esempio).
È inevitabile che tutto ciò porti a una limitazione
del piacere sessuale. « Godi raramente - raccomanda
Franklin - il piacere della carne, fuorché per motivi di
salute o per accondiscendenza, mai fino a stancarti o ad
indebolirti e con danno della tua e dell'altrui tranquillità
o reputazione ». Il fatto è - sottolinea Fromm - che
tutta l'ispirazione ascetico-rigoristica dello spirito bor-
36
ghese-protestante (culto del lavoro, calcolo razionale,
godimento finalizzato al risparmio e all'accumulazione di
ricchezza, ecc.) non può non portare a una svalutazione
del piacere in senso lato, cosl come, parimenti, non
può non sottrarre alla sessualità adulta una quantità molto
elevata di libido. Ma la svalutazione del piacere e la
limitazione della sessualità genitale, largamente sostituita
dagli elementi sopra detti (risparmio, possesso, calcolo
razionale, accumulazione, ecc.), non possono non deter
r::tinare un regresso a fasi libidiche precedenti la fase
genitale: essenzialmente alla fase anale, di cui gli elementi
visti sopra sono appunto tipici. « Se questa concordanza
sussiste effettivamente - dice Fromm - è giustificata
la tesi che la struttura libidica tipica per gli individui
della società borghese è caratterizzata da un rafforzamento
della fase libidica anale » 22•
A veder bene, questa analisi di Fromm - che vor
rebbe essere più profonda e più sottile di quella del mate
rialismo storico tradizionalmente inteso - è in realtà
uncora più semplicistica e più manichea di qualunque
marxismo ' economistico '. Fromm sostiene infatti che nel
capitalismo la struttura libidica della borghesia e della
piccola borghesia presenterebbe tratti marcati tipici del
carattere anale, mentre il proletariato ne sarebbe indenne,
37
in quanto esso occupa nel processo produttivo una posi
zione che rende superflui quei tratti di carattere! Natu
ralmente, detto ciò, a Fromm si presenta la « difficile
questione » « perché mai tanti proletari e molti piccoli
borghesi che non hanno nessun capitale da amministrare
e che non hanno più nulla da risparmiare presentino
tratti (più o meno) anali-borghesi o ideologie corrispon
denti >>. E risponde: << La ragione ci sembra essere que
sta: la struttura libidica su cui riposano tali tratti di
carattere è influenzata nella vecchia direzione dalla fami
glia e anche da altre determinanti culturali; essa ha una
certa inerzia e si trasforma più lentamente delle realtà
economiche, cui è stata un tempo adattata » 23• Dove
sembra evidente che, per un verso, gli strumenti propo
sti da Fromm per delineare la psicologia di intere classi
sociali risultano tanto generici da poter essere applicati
alla borghesia, alla piccola borghesia e a gran parte del
proletariato; e che, per un altro verso, quegli strumenti
perdono tutta la loro efficacia esplicativa proprio perché
non sono più riferiti alla storia psicologica dei singoli
individui (quale che sia la loro condizione sociale). In
altre parole, concetti come ' fase orale ', ' fase anale ' e
' fase genitale ' hanno un senso preciso e pregnante nel
l'ambito della psicologia clinica (quale la psicoanalisi
vuole essere), e dunque per ricostruire i vari stadi del
l'esperienza psicologica dei singoli (nei quali quelle fasi
spesso si intrecciano, ovvero lasciano dei ' residui ', che
provocano disturbi nevrotici ), non già di classi sociali
economicamente intese. Una volta estesi alle classi sociali,
quei concetti diventano cosl generici da non contraddi
stinguere più, in modo sufficientemente differenziato e
preciso, singoli gruppi e classi, e quindi perdono ogni
capacità euristica. Non a caso, del resto, imboccato que
sto cammino, Fromm si troverà costretto ad abbandonare
l'uno dopo l'altro tutti i concetti-chiave della psico
analisi.
38
III. IL NAZIFA S C I S MO
COME FIGLIO LEGITTIMO DEL LIBERALISMO
39
verso la concentrazione dei capitali, la cartellizzazione, e,
soprattutto, l'intervento del credito), gli squilibri da ' spro
porzione ' si attenuavano e si riducevano 2• Anche Hilfer
ding (il quale, del resto, aveva fatta propria la teoria
delle sproporzioni già nella sua importante opera Das
Finanzkapital, pubblicata nel 1 9 1 0 ) era giunto a conclu
sioni analoghe a quelle di Kautsky: nel 1927, al congresso
socialdemocratico di Kiel, egli aveva sostenuto che la car
tellizzazione aveva ormai eliminato la struttura antagoni
stica del capitalismo, e che tale antagonismo sopravviveva
solo nel campo della distribuzione. Perciò restava sol
tanto un passo da fare: trasformare « l'economia diretta
e organizzata dai capitalisti in un'economia diretta dalla
Stato democratico » 3 •
Non erano rimasti in molti, dunque, in Germania,
negli anni Venti, a sostenere la teoria del ' crollo ' : face
vano eccezione, infatti, soltanto Fritz Sternberg, un se
guace di Rosa Luxemburg, che nel 1926 aveva ripreso
(e radicalizzato), in un saggio intitolato Der Imperialismus,
la teoria del ' crollo ' elaborata dalla rivoluzionaria polac
ca; e un esponente dell'Istituto per la Ricerca Sociale
di Francoforte, Henryk Grossmann, nella sua celebre e
importante opera La legge dell'accumulazione e del crollo
del sistema capitalistico ( 1929 ).
Grossmann era nato nel 1881 a Cracovia (che allora
faceva parte della Galizia austriaca), e aveva studiato
economia a Vienna, con Bi:ihm-Bawerk. Nel 1 922 era
stato chiamato a ricoprire la cattedra di economia politica
all'università di Varsavia. Nel 1 925 Gri.inberg (che lo
aveva conosciuto· a Vienna prima della guerra) lo invitò
a trasferirsi a Francoforte; Grossmann accettò, e quivi
svolse attività didattica e scientifica sia all'università che
all'Istituto per la Ricerca Sociale.
Nel!� sua opera sulla Legge dell'accumulazione e del
40
crollo del sistema capitali.rtico (anticipata in una serie di
conferenze tenute all'Istituto) Grossmann aveva attaccato
a fondo la teoria delle sproporzioni (elaborata per la pri
ma volta da Tugan-Baranowskj agli inizi del secolo), e
aveva sostenuto una tesi più vicina (ma non identica)
alle teorie sviluppate da Marx nel Capitale : aveva soste
nuto, cioè, che con il progressivo aumento della compo
sizione organica del capitale sarebbe diminuito tanto il sag
gio del profitto, quanto, a partire da un certo momento,
la massa del plusvalore e del profitto, sicché sarebbe stato
inevitabile che i capitalisti si impoverissero e non riuscis
sero più in alcun modo a mantenere it saggio di accumu
lazione: donde, fatalmente, il crollo del sistema capita
listico 4•
La grande crisi del 1929 sembrava confermare in
modo lampante le tesi appena formulate da Grossmann.
Senonché - ecco una novità importante rispetto al
periodo della direzione scientifica di Griinberg - i prin
cipali esponenti dell'Istituto per la Ricerca Sociale, rac
colti intorno a Horkheimer, non aderirono, nell'analisi
della grande crisi, alle idee di Grossmann, e imboccarono
un'altra via. In questo nuovo approccio teorico si impe
gnò soprattutto uno stretto collaboratore di Horkheimer,
Friedrich Pollock ', in una serie di saggi, di notevole
interesse, apparsi negli anni 1932-33 sulla rivista dell'Isti
tuto, la << Zeitschrift fiir Sozialforschung >>. In tali lavori,
una cosa balza subito agli occhi: Pollock, a differenza
di Grossmann, non è un sostenitore della teoria del
41
' crollo ' che anzi egli respinge esplicitamente. Ciò però
non lo induce affatto a formulare previsioni rosee sul
futuro del sistema capitalistico, di cui dà anch'egli ( sia
pure con motivazioni diverse) una valutazione molto nega
tiva e pessimistica. Secondo Pollock, tale sistema, se non
è avviato verso il crollo, è però avviato verso una depres
sione cronica e verso un'irrazionalità complessiva sempre
crescente. È opportuno vedere con quali argomentazioni
egli sostiene questa tesi.
Il punto fondamentale dal quale egli parte nella pro
pria analisi consiste nel rilievo che, a differenza di quanto
avveniva nel capitalismo concorrenziale, nel capitalismo
monopolistico si realizza uno stretto intreccio fra econo
mia e politica: in questa nuova fase, l'intervento dello
Stato nella sfera economica costituisce non più l'eccezione
bensl la regola per il funzionamento del sistema. Secondo
Pollock, ciò è dovuto in primo luogo al processo di con
centrazione e di centralizzazione del capitale, che ha rag
giunto livelli straordinari (basti pensare, egli dice, che
già nel 1927, nell'industria americana, oltre il 4 4 % del
capitale apparteneva a solo 200 imprese circa, molte delle
quali collegate fra loro attraverso ' cartelli ' e trusts) .
Senonché, l'aumento colossale delle dimensioni delle azien
de conferisce ai loro dirigenti un crescente potere econo
mico e politico. Per un verso, infatti, le imprese ' fanno ,.
i prezzi, cioè questi ultimi non si formano più mediante
il ' libero gioco delle forze ', bensl attraverso i vincoli
monopolistici; per un altro verso, questi prezzi possono
essere conservati solo con una politica doganale, richiesta
e ottenuta dalle grandi imprese, che tiene lontana la con
correnza straniera dai mercati interni.
Ma il profondo intreccio fra economia e politica non
si manifesta soltanto nel meccanismo della formazione dei
prezzi, peraltro decisivo per il funzionamento del sistema.
Si manifesta anche e soprattutto nel sostegno diretto che
sempre più Io Stato dà alle singole imprese.
42
do la grandezza della singola impresa era ancora modesta
in rapporto all'intera economia, non ci si poteva attendere
dallo Stato che impedisse il crollo di un'azienda fallimentare.
Le conseguenze per l'economia erano nel singolo caso sop
portabili e il numero di coloro che per la bancarotta veni·
vano gettati sul lastrico restava entro limiti ridotti. Oggi,
invece, molte imprese industriali e finanziarie sono cresciute
talmente che nessun potere statale, per quando liberalistica
mente esso ancora si atteggi, può stare a guardare il loro
tramonto restando inerte.
43
Il nesso di grandezza crescente del1e unità economiche
- crescente potere economico e politico - impiego di que�
sto potere per il vincolamento dei prezzi all'interno e chiu�
sura alla concorrenza straniera - inevitabilità dell'ausilio
statale quando settori importanti dell'economia sono minac
ciati -, tale nesso indebolisce o annienta l'autoregolamen�
tazione dell'economia capitalistica, porta a investimenti equi�
voci su vasta scala, acuisce le disproporzioni fra i singoli rami
dell'economia e costringe a una lotta sempre più veemente
sul mercato mondiale in progressivo restringimento.
44
aggravate, per ironia della sorte, proprio nel •
• organizzata ' o ' controllata ' 7• In altre parole,
riprendeva le tesi di Tugan-Baranowskj, ma, a diflere
del vecchio Kautsky e dell'ultimo Hilferding, non le i
riva in uno schema evoluzionistico-riformistico, in quant
;o
egli era convinto che il capitalismo maturo, !ungi dal
sopprimerle, avrebbe aggravato le ' sproporzoni ', e dun-
que avrebbe accentuato sempre più il proprio carattere
anarchico e irrazionale.
In un saggio successivo, espressamente dedicato alle
cause e agli effetti della grande crisi iniziata nel 1 929 8,
Pollock ribadiva tutti i punti centrali della propria ana
lisi, con l'aggiunta, però, di un elemento ricavato dal
Papera marxiana: aumentando costantemente ed enor
memente la produttività del lavoro, e quindi la quantità
t!i beni da smerciare sul mercato, il capitalismo era sem
pre più esposto alle cosiddette ' crisi di realizzo ' (dovute,
cioè, all'impossibilità, che si verificava a un certo punto,
di vendere le merci al loro valore) 9 : cosl ' sproporzione '
e 1 sovraproduzione ' si sommavano, dando vita a una
spirale infernale.
Anche in questa occasione Pollock sottolineava l'au
mento progressivo della ' rigidità ' del sistema considerato
nel suo complesso. Un fenomeno dovuto a vari motivi:
in primo luogo, al fatto che la mole tecnica e organizza
tiva delle grandi aziende le rendeva prive di elasticità, e
il passaggio dei capitali da un ramo all'altro della produ
zione diventava sempre più arduo, con conseguente aggra
vamento delle ' sproporzioni '; in secondo luogo, perché
il potere dei managers dei trusts e dei cartelli di decidere
45
dell'impiego di grandi quantità di capitale altrui (data
la separazione fra proprietà e controllo, che si era rea
lizzata già a partire dalla società per azioni), rendeva
sempre più frequenti gli investimenti sbagliati; in terzo
luogo, perché le grandi unità economiche potevano con
tare in ogni situazione critica sul sostegno finanziario
dello Storo, sicché il ripristino degli equilibri sconvolti,
che è la funzione principale della crisi, veniva impedito,
il basso livello del ciclo congiunturale si prolungava, e le
sue devastazioni si moltiplicavano.
D'altro canto, l'enorme sviluppo della tecnica, che
costituiva una delle più straordinarie trasformazioni strut
turali del capitalismo maturo, svolgeva anch'esso un ruolo
negativo.
46
cile che il capitalismo potesse superare facilmente la crisi
apertasi nel 1929. E non a caso, Pollock era assai scet
tico sull'esperimento rooseveltiano. Gli sembrava che,
nonostante alcuni successi parziali, il New Dea! si fon
dasse su un'errata teoria del potere d'acquisto e che i
suoi interventi curassero in sostanza soltanto i sintomi,
non le cause, del male: sicché, concludeva, tale politica
« contribuiva ad acuire le disproporzioni esistenti e a
crearne di nuove », e tutto ciò faceva sorgere seri dubbi
circa « la possibilità che questo esperimento riuscisse a
far uscire gli Stati Uniti dalla crisi >> 12•
Benché, quindi, Pollock respingesse la tesi meccanici
stica del crollo automatico del capitalismo ( « Probabil
mente - egli diceva - solo in un futuro molto lontano
non vi saranno, dal punto di vista economico, più vie
d'uscita per il sistema esistente ») 13, anch'egli, tuttavia,
valutava in termini assai pessimistici il futuro, e si ispirava
a un sostanziale catastrofismo. Sul piano economico, infatti,
il sistema capitalistico era, alla lunga, condannato; nel frat
tempo, non solo si sarebbe aggravata la sua irrazionalità
çomplessiva, ma, da un punto di vista socio-politico, col
superamento della fase liberistico·liberale, esso sarebbe pas
sato a una fase autoritaria.
Sotto questo profilo l'esito totalitario della storia tede
sca era tutt'altro che casuale, e non poteva essere valutato
in nessun modo come una ' parentesi ' 14• Per un verso,
infatti, nel capitalismo maturo un gruppo sempre più
ristretto eli feudatari economici e di loro funzionari si
avviava a essere il vero e proprio usufruttuario dell'orcli
namento capitalistico 15 ; per un altro verso, il parlamen-
12 lvi, p. 165.
JJ lvi, p. 168.
14 Come invece ritenevano alcuni autorevoli marx1st1 , a par·
tire da Kautsky, il quale pensava che le istituzioni democraciro
parlamentari fossero le più adatte per il capitalismo avanzato:
cfr. M. L. Salvadori, Kauts!ey e la rivoluzione socialista (1880·
19]8) cit., pasrim.
IS F. Pollock, Osservazioni .sulla cri.si economica cit., pp.
169·70.
47
tarismo era poco adatto a questa nuova fase in quanto
corrispondeva a una concentrazione meno avanzata del
potere economico. Di qui la nascita del nuovo Stato auto
ritario. Esso produceva, secondo Pollock, un singolare
effetto ' ottico ', poiché, abolito il condizionamento del
parlamentarismo, e potendo disporre dell'intero apparato
del dominio psicologico sulle masse, i governi di questa
nuova fase sembravano essere indipendenti dalle classi
e stare imparzialmente al di sopra della società 16• Senon
ché, si trattava appunto solo di una illusione ottica.
L'avvento del totalitarismo esprimeva in realtà la quin
tessenza del capitalismo maturo o ' controllato ', in cui
veniva annientata, prima di tutto, la resistenza della classe
operaia, sia attraverso i metodi del condizionamento di
massa, sia attraverso la disoccupazione (che funzionava
come strumento di divisione dei lavoratori e come deter
rente a un tempo) 17• Da questo punto di vista, Pollock
non faceva molte distinzioni fra Germania e Stati Uniti
( non a caso, nel saggio che abbiamo esaminato, egli
assimila la storia socio-politica americana a quella tede
sca, e passa con facilità dall'una all'altra). E in ciò egli
esprimeva certo le convinzioni più profonde dei princi
pali esponenti della Scuola di Francoforte.
16 lvi, p. 172.
17 lvi, pp. 171-2.
18 Pubblicato, nello stesso anno, sulla « Zeitschrift fiir »
zialforschung » (trad. it. in H. Marcuse, Cultura e società. Saggi
di teoria critica 1933·1965, Einaudi, Torino 1969, pp. 342). Her·
bert Marcuse (nato a Berlino nel 1898 da famiglia ebraica) era
entrato a far parte dell'Istituto per la Ricerca Sociale nel 1933,
che lo assegnò alla sede di Ginevra.
48
autoritario era figlio legittimo del liberalismo, nel senso
che ne costituiva il risultato inevitabile e la logica conclu
sione. Naturalmente, era una tesi ardua da sostenere, e
l'autore non se ne nascondeva le difficoltà.
Come spiegare infatti, a tacer d'altro, la violenta
polemica degli esponenti ideologici dello Stato autoritario·
totalitario contro il liberalismo? In realtà tale polemica
era basata, secondo Marcuse, in parte su un equivoco,
in patte su una ' ideologizzazione ' del liberalismo, che ne
occultava i caratteri più veri ed essenziali, che erano
quelli economico-sociali. Infatti, i principali ' peccati ' che
la nuova concezione totalitaria rimproverava alla società
liberale erano le ' idee del 1789 ' , l'umanesimo e il paci
fismo da rammolliti, l'intellettualismo, l'individualismo
egoistico, l'abbandono della nazione e dello Stato alla
lotta degli interessi di determinati gruppi sociali, l'egua·
litarismo astratto, la partitocrazia, l'effetto disgregatore
del tecnicismo e del materialismo. Senonché, secondo Mar
cuse, quasi nessuno di questi ' peccati ' era caratteristico
del liberalismo storico.
49
librio dei poteri), non sono mai state in effetti realizzate
completamente: a seconda delle varie situazioni sociali, que
ste rivendicazioni sono state limitate o del tutto sospese 19•
50
al di là di tutte le polemiche, sussistevano fra liberalismo
e totalitarismo nazifascista: in primo luogo, l'odio spie
tato contro il socialismo marxista; e poi la fede nelle
eterne leggi naturali che reggono la vita sociale ( « c'è
qualcosa di eterno nella nostra natura, che si ricostituisce
sempre e a cui ogni sviluppo deve ritornare >>, diceva
Moller van den Bruck; e Hans Wolff esclamava: « en
triamo in una nuova epoca giusnaturalistica » ) . Né era
da trascurare il fatto che il culto carismatico-autoritario
del capo era già stato prefigurato dal liberalismo con la
celebrazione del geniale capo d'azienda, del boss ' nato ',
ecc. 71. Dunque, a veder bene, molti elementi della conce
zione totalitaria dello Stato erano già impliciti nella conce
zione liberale. Né ciò doveva stupire, secondo Marcuse,
perché, se era vero che liberalismo e autoritarismo fascista
corrispondevano a due diverse fasi dello sviluppo capitali
stico ( l 'uno al capitalismo fondato sulla libera concorrenza
fra piccoli imprenditori autonomi, l'altro al capitalismo
monopolitistico fondato sulle grandi unità economiche, sui
' cartelli ' e sui trusts ) ; era anche vero che
51
fascismo ', dividendo in modo esiziale le forze della sini
stra antifascista, cosi Marcuse non esitava a sostenere la
teoria del liberai-fascismo, e cioè che il secondo è gene
rato necessariamente e di pieno diritto dal primo.
Non si può non rilevare che si tratta di uno schema
sforzato, per certi versi addirittura grottesco, e comun�
que, nel complesso, assai poco convincente. Del resto,
basta leggere con attenzione il saggio di Marcuse per
rendersi conto delle difficoltà che egli trovava sul proprio
cammino (e che egli, peraltro, come abbiamo già rilevato,
non si nascondeva).
In primo luogo, infatti, Marcuse ammetteva che il
liberalismo era pervaso da una fondamentale ispirazione
razionalistica, che si nutriva della fede nel trionfo della
ragione al di là di ogni contrasto di interessi e di opi
nioni. << Il liberalismo - diceva l'autore a questo propo
sito - in conformità con le sue concezioni economiche,
fa dipendere (e qui inizia la concezione tipicamente libe
rale del razionalismo) questa vittoria della ragione dal
confronto libero e aperto delle diverse opinioni e dot
trine da cui dovrebbe risultare ciò che è razionalmente
vero e giusto >> 24 • Marcuse ammetteva anche che questo
atteggiamento razionalistico era strettamente connesso con
la struttura sociale del liberalismo, e che quindi era un
suo connotato essenziale e ineliminabile:
52
Se questo era vero, allora anche gli aspetti di conti
nuità ideologica che Marcuse individuava fra liberalismo
e fascismo erano, e non potevano non essere, assai !abili
e problematici. Né egli lo negava. Per esempio, quando
egli parlava del ' naturalismo ' come elemento di conti
nuità fra liberalismo e fascismo, non poteva fare a meno
di osservare: « È vero però che il naturalismo liberale
si inscrive in un ordine di idee essenzialmente razionali
stico. Non si può trascurare questa differenza senza ren
dere artificialmente confusi i limiti delle due teorie e
mh;conoscerne la mutata funzione sociale >> 216• Del resto,
nella parte conclusiva del proprio saggio, Marcuse indivi
duava tutta una serie di elementi ideologici ' nuovi ',
propri della concezione autoritario-totalitaria, che nulla
avevano a che fare col liberalismo: « elementi in cui si
annuncia - egli diceva - un chiaro contraccolpo dialet
tico contro il liberalismo » "Il. Tali elementi nuovi erano
l' ' universalismo ', che era più esatto chiamare ' organi
dsmo ', poiché concepiva la totalità sociale non soltanto
come somma o totalità astratta, ma come unità unifica
trice delle parti, nella quale soltanto ogni parte si realizza
e si compie (si trattava della retorica fascista relativa al
fatto che ' lo Stato nuovo ' non avrebbe più avuto parti
colarismi e tendenze centrifughe nel proprio seno); il
' naturalismo ', nel senso dell'esaltazione del sangue, della
razza, della terra; l'esistenzialismo, inteso non in senso
filosofico bensl in senso politico, che era diventato un ele
mento decisivo della teoria totalitaria dello Stato, in
quanto postulava una completa politicizzazione e ' attiviz
zazione ' di tutti gli aspetti dell'esistenza, ecc. 28 . Tutti
elementi, questi, che, ovviamente, non erano minimamente
riotracciabili nel liberalismo, e anzi ne costituivano gli
antipodi.
E tuttavia, nonostante tali riconoscimenti, Marcuse
teneva ferma, nel suo saggio, la pretesa continuità ideo-
53
logica fra liberalismo e fascismo, e la convinzione che
l'esito totalitario fosse inevitabile per tutti i paesi capi
talistici avanzati, nei quali l'economia assumeva sempre
più connotati monopolistici. Sotto questo profilo, la Ger
mania di Hitler e l'America di Roosevelt avevano imboc
cato lo stesso cammino, e qualsiasi differenza, fra questi
paesi, era destinata a scomparire. Era uno schema, in
somma, quello proposto da Marcuse e dalla Scuola di
Francoforte, che non aveva strumenti culturali e socio
politici per intendere i motivi del persistere della liberai
democrazia in alcuni grandi paesi capitalistici avanzati,
e tendeva a vedere anche questi ultimi attraverso la cate
goria dell' ' autoritarismo '. Si trattava, come è ovvio,
di un modo a dir poco manicheo di considerare gli svi
luppi politici del mondo contemporaneo, e che, ispirato
a un marxismo per molti versi elementare, rozzo ed
estremistico, perdeva il senso delle proporzioni e delle
distinzioni. Non a caso, del resto, negli anni successivi
si sarebbe acceso su questi temi un ampio e vivace
dibattito nella Scuola di Francoforte.
54
veniva edita, in lingua tedesca, dalla Libreria Félix Alcan,
la rivista dell'Istituto, la « Zeitschrift filr Sozialfor
schung » . La decisione di continuare a pubblicare la
« Zeitschrift » in Europa, in lingua tedesca, aveva un
evidente significato: conservare un contatto profondo e
organico con la cultura europea e con l'emigrazione anti
fascista, che, nella sua grande maggioranza, si era stabi
lita in Svizzera, Francia, Inghilterra, ecc. E tuttavia, come
è ovvio, la scelta di trasferire la sede centrale dell'Istituto
negli Stati Uniti, cioè nel paese capitalistico più moderno
e avanzato, doveva avere importanti conseguenze sulla
storia intellettuale della Scuola di Francoforte 1 . Ma su
ciò torneremo in seguito. Intanto è necessario esaminare
uno dei lavori più importanti della Scuola in questo
periodo, un lavoro che costituisce senz'altro il frutto più
maturo dell'attività dell'Istituto prima della sua stagione
americana: gli Studi sull'autorità e la famiglia ( 1 936) '·
La parte di gran lunga più importante degli Studi è
costituita da tre ampi saggi: uno di Horkheimer ( di intro
duzione teorico-metodica alla ricerca), uno di Fromm
(sugli aspetti psicologico-sociali) e uno di Marcuse ( rela
tivo alla storia delle idee). Anche se metodologicamente
affini, e convergenti nelle conclusioni, questi saggi meri
tano di essere esaminati partitamente, per la grande va
rietà di temi e di motivi che essi svolgono.
55
minante in Europa, la quale si estende anche all'America
e imprime il suo marchio a tutti i territori coloniali,
tende al declino, nonostante l'uniformità dei processi che
si ripetono nel suo ambito. Essa, infatti, è lacerata da due
antagonismi fondamentali: all'interno, dal contrasto fra
le classi sociali; all'esterno, dalla lotta tra i grandi gruppi
di potere nazionali '.
Pagato in questo modo il proprio tributo alla tradi
zione marxista, Horkheimer svolge però una serie di con·
siderazioni assai interessanti, che vanno al di là della
concezione marxista classica. Intanto, egli non si fa sover
chie illusioni circa la velocità della curva di decadenza
o di declino della società capitalistica. Il fatto si è che
questa società è ' tenuta insieme • da una serie di com
plessi meccanismi e ingranaggi, strettamente e inestricabil
mente intrecciati fra loro: economico-sociali, ma anche (e
non secondariamente) psicologico-culturali. In breve, an·
che in questo scritto Horkheimer sottolinea l'inadegua
tezza di qualunque interpretazione ' economicistica ' della
società. Certo, egli dice, occorre vedere nel processo eco·
nomico « il fondamento determinante dell'accadere », ma
ciò è possibile soltanto se si considerano « tutte le
rimanenti sfere della vita sociale nella loro connessione
con esso, una connessione che è in continua trasforma
zione ». Occorre, insomma, inserire tutta la cultura nella
dinamica storica, e prendere in considerazione le abitu
dini, le usanze, l'arte� la religione, le ideologie socio
politiche e la filosofia, che nel loro intreccio costituiscono
di volta in volta i fattori dinamici della conservazione o
della disgregazione di una determinata forma sociale. D'al.
tra parte, le varie forme culturali testé citate si connet
tono strettamente alla costituzione psichica degli indi
vidui, nel senso che costituiscono i modi e gli strumenti
con i quali e attraverso i quali gli uomini ' vedono ' e
vivono la realtà sociale. Dice Horkheimer a questo propo·
sito : « Per comprendere il problema del perché una
società funziona in un determinato modo, del perché è
56
stabile o in dissoluzione, occorre conoscere quella che è
di volta in volta la costituzione psichica degli uomini nei
diversi gruppi sociali, sapere come il loro carattere si è
formato in connessione con tutte le potenze di forma
zione culturale de li' epoca » '. Tale connessione fra econo
mia (rapporti sociali di produzione), psicologia e cultura
è appunto al centro delle riflessioni di Horkheimer nel
suo saggio, ed è interessante vederla nei dettagli.
Per quanto riguarda la descrizione degli aspetti econo
mico-sociali del capitalismo, Horkheimer si rifà a Marx,
e si può dire che ne dà per presupposte tutte le analisi.
• lvi, p. 279.
s lvi, p. 316.
57
al suo servtzto. Il vigere cosciente della giustizia sociale si
è ritirato nelle aule dei tribunali e ivi, a prescindere dalla
lotta politica, sembra occuparsi essenzialmente di ladri e di
assassini. La cieca sentenza dell'economia, di questa istanza
sociale più potente, che condanna la maggioranza dell'urna·
nità a una miseria insensata e lascia deperire innumerevoli
capacità, viene accettata come inevitabile e riconosciuta di
fatto nelle azioni degli uomini 6•
58
Nella famiglia, infatti, il figlio, quale che sia il giudizio
che egli dà eli suo padre, deve subordinarsi a lui e con
quistare la sua approvazione, se non vuole provocare
gravi dinieghi e conflitti. « Di fronte al figlio in ultima
istanza il padre ha sempre ragione; egli rappresenta il
potere e il successo, e l'unica possibilità che il figlio ha
di preservare interiormente l'armonia tra gli ideali e
l'agire obbediente - che prima della conclusione della
pubertà è scossa assai di frequente - è quella di attri
buire al padre, ossia a colui che ha la forza e il patri
monio, tutte le qualità riconosciute come positive » 9•
L'autorità paterna non viene cosl solo obbedito, ma pro
fondamente interiorizzata, fino al punto di idealizzarla e
di adorarla. Ciò avviene, sottolinea Horkheimer, in tutte
le famiglie della società borghese, appartenenti ai più
diversi strati sociali. Accade cosl che non solo dalle classi
della grande borghesia, ma anche da quelle degli operai
e degli impiegati provengano sempre di nuovo genera
zioni che non solo non mettono in discussione le strutture
del sistema economico e sociale, ma al contrario le rico
noscono come naturali ed eterne 10• Finché, dunque, la
cellula fondamentale della vita sociale e la cultura su di
essa fondata non saranno modificate in modo sostanziale,
la società continuerà a produrre tipi caratteriali autori
tari (strettamente funzionali a quel rapporto autoritario
per eccellenza che è il rapporto lavoratore salariato/
capitalista).
9 lvi, p. 3 3 1 .
IO lvi, pp. 331-2.
59
ganda della procreazione e dell'allevamento dei bambini, la
limitazione della donna a casalinga u.
n lvi, p. 335.
12 lvi, p. 314.
Il lvi, p. 347.
60
nuovo non dovrebbe più basarsi sull'egoismo, sulla pro
prietà, sull'accumulazione di ricchezza, ecc., né su rapporti
autoritari all'interno della famiglia medesima, bensl sul
l'eguaglianza, sull'amore e sulla solidarietà fra i singoli
membri della famiglia per un verso, e fra le varie fami
glie per un altro verso; cosi come dovrebbe basarsi sul
l'emancipazione della donna, e dunque sulla eguale dignità
dei coniugi, su una relativa libertà sessuale, ecc. Si tratta,
naturalmente, di un ideale nobile e generoso . Lascia però
dubbiosi sul fatto che esso renda possibile il superamento
di quello che Horkheimer definisce il rapporto autori
tario padre-figlio. Non sarà fuori luogo richiamare, a que
sto proposito, le indicazioni della psicologia del profondo
e in primo luogo della psicoanalisi, tanto più che Hork
heimer si rifà ampiamente ad essa ( « i singoli meccanismi
- egli dice - che operano nella formazione del carat
tere autoritario nella famiglia, sono stati analizzati soprat
tutto dalla moderna psicologia del profondo ») 14• Ora,
uno degli aspetti fondamentali della psicoanalisi - che
può gettar luce sui problemi di cui ci stiamo occupando -
consiste nella ricostruzione della genesi del Super-lo, cioè
di quell'istanza della personalità il cui ruolo è assimilabile
a quello dì un giudice o di un censore nei confronti
dell'Io. Come è noto, per Freud la formazione del Super
Io corrisponde al declino del complesso edipico: il bam
bino, rinunciando al soddisfacimento dei suoi desideri
edipici colpiti da divieto, trasforma il suo investimento
nei genitori in identificazione coi genitori, cioè egli inte�
riorìzza il divieto 1 5• Alla base, dunque, della formazione
dd Super-lo vi è la rinuncia ai desideri edipici (verso la
madre) e agli impulsi ostili (verso il padre), che urtano
nella minaccia di castrazione, anche se poi il Super-lo viene
arricchito, secondo Freud, da ulteriori apporti sociali e
culturali (educazione, religione, ecc.). Ora, se è giusta
questa analisi, è certo possibile (oltre che augurabile) atte-
14 lvi, p. }32.
" Cfr. ]. Laplanche e ].-B. Pontalis, Enciclopedia della psi
canalisi, Laterza, Bari 1968, pp. 592-3.
61
nuare una eccessiva severità del Super-Io ( •
punto, a particolari influssi di tipo educativo-aut
religioso, ecc . ) ; ma non è possibile sopprimere qu
fondamentale rinuncia o repressione degli istinti che c · .
tuisce la radice prima della formazione del Super-Io : tal
:0
soppressione significherebbe infatti, né più né meno, la
soppressione della civiltà. Una certa dose di ' costrizione ',
con relativa interiorizzazione della costrizione medesima,
è dunque inevitabile, ed è alla base del processo me
diante il quale si costituisce la vita civile. Del resto, lo
stesso Horkheimer sembra essere consapevole di ciò,
almeno in un punto del suo saggio, là dove afferma:
62
2. I temi psicologico-sociali relativi al rapporto auto·
rità-famiglia sono svolti con maggiore ampiezza, come si
è detto, da. Fromm, il cui contributo si muove sostan
zialmente sulla linea di quello di Horkheimer, anche se
con una maggiore utilizzazione della teoria freudiana, la
quale viene però da lui sostanzialmente modificata e
corretta.
Secondo Fromm, con i concetti di Super-lo e di iden
tificazione Freud ha dato un contributo decisivo alla com
prensione del problema dell'autorità e della dinamica
sociale. In particolare, la sua teoria permette di rispon
dere alla domanda come sia possibile che il potere domi
nante in una certa società sia cosl efficace come la storia
ci dimostra. Infatti, quando la massa si assoggetta alle
richieste e ai divieti delle autorità, ciò non avviene sol
tanto per la paura del potere materiale e dei mezzi fisici
di costrizione. Certo, eccezionalmente e temporaneamente
può verificarsi anche questo. Ma, dice Fromm,
63
politico come risultato della pura e semplice coercizione
materiale esercitata sulle masse. ) Se questo è vero, allora
ne discende, secondo Fromm, che il potere dominante
determina la sottomissione delle masse in quanto tra
sforma le proprie caratteristiche nella mente dei sin
goli. Questo meccanismo, apparentemente incomprensi
bile, viene chiarito appunto dalla teoria relativa alla
formazione del Super-Io. « Attraverso il Super-Io - af
ferma Fromm - il potere esterno viene trasformato, e
precisamente da esterno in interno. Le autorità, in quanto
rappresentanti del potere esterno, vengono interiorizzate
e l'individuo agisce conformemente ai loro ordini e proi
bizioni non più solo per paura dei castighi esterni, ma
per paura dell'istanza psichica che ha eretto in se stes
so » 19• In breve, il meccanismo di interiorizzazione del
l'autorità descritto da Fromm è lo stesso descritto da
Freud, con una più decisa accentuazione, però, del paral
lelismo fra l'interiorizzazione dell'autorità paterna e l'inte
riorizzazione dell'autorità sociale. L'autorità si contrap
pone al bambino, che cresce nell'ambito della famiglia,
soprattutto nella persona del padre. Attraverso l'identi
ficazione del bambino con il padre e l'interiorizzazione
dei suoi ordini e dei suoi divieti, il Super-Io viene inve
stito degli attributi della morale e del dovere.
64
In altre parole, quello che Fromm intende mettere
in rilievo è la stretta connessione ( <( dialettica », egli
dice) fra la (interiorizzazione)-identificazione del singolo
con l'autorità paterna, e l'( interiorizzazione)-identificazione
del singolo con l'autorità sociale. Il primo momento
fonda e rende possibile il secondo, ma al tempo stesso
ne è il risultato (infatti, la struttura autoritaria della
famiglia fa tutt'uno con la struttura autoritaria della
società, che la rende possibile e stabile nel tempo).
Sotto questo profilo, dice Fromm, il Super-Io non è in
alcun modo un'istanza che si costituisca solo nell'infanzia
c che da quel momento in poi operi nell'uomo a prescin
dere da come si presenta la società nella quale egli
vive. « Il Super-Io nella maggior parte dei casi invece
•comparirebbe o cambierebbe completamente il proprio
carattere e i propri contenuti, se le autorità sociali domi
nanti non continuassero o - più esattamente - non
rinnovassero continuamente il processo di formazione del
Super-Io iniziato nell'infanzia � 21•
L'impostazione di Fromm è dunque, rispetto a quella
di Freud, assai più caratterizzata in senso sociale. E in
fatti egli non risparmia critiche, anche su questo punto,
al fondatore della psicoanalisi. Per Freud, egli dice, il
Super-Io rappresenta un'identificazione con il padre, al
quale - come Freud stesso afferma - « si sono aggiunti
nel corso del tempo gli educatori, i maestri e, come
frotta sterminata e indefinibile, tutte le altre persone
dell'ambiente sociale (il prossimo, l'opinione pubblica) » 22•
Per Freud, dunque, l'origine vera e propria di tutto il
processo è da cercare nel complesso edipico: il bambino
ha desideri sessuali nei riguardi della madre, si trova
di fronte alla minacciosa superiorità del padre, teme il
castigo dell'evirazione per i propri impulsi proibiti, inte
riorizza il divieto e si identifica con la figura paterna. Il
Super-Io è quindi, nella teoria freudiana, l'erede del
complesso edipico; solo successivamente, nel corso del
65
tempo, si aggiungono altre influenze (educatori, maestri,
opinione pubblica, ecc . ). Questa concezione, dice Fromm,
è discutibile a causa dell'insufficiente valutazione della
connessione esistente tra la struttura familiare e la strut
tura sociale.
66
vazioni assai poco convincenti. Del resto, gli esempi che
egli fa per dimostrare la differente fenomenologia socio
psicologica della famiglia a seconda del posto che essa
occupa nella stratificazione sociale 26, sono sl interessanti
ma assai poco probanti per il suo assunto fondamentale.
Che nella piccola famiglia contadina, ogni membro di
essa sia considerato dal padre in primo luogo come
una forza-lavoro da sfruttare al massimo, sicché l'eserci
zio dell'autorità paterna assume spesso caratteri terribil
mente coercitivi, oppressivi e brutali; che, invece, nella
!amiglia di un medico benestante i figli non siano consi
derati solo lavoratori potenziali e consumatori inutili
flnché non lavorano, ma vengano amati per se stessi e
addirittura idealizzati, in quanto i genitori trasferiscono
su di essi i desideri e gli ideali che non sono riusciti a
realizzare in proprio; che, infine, in una famiglia piccolo
borghese - dove il padre sia, per esempio, un impie
gato postale - la madre e il figlio acquistino la fun
zione di compensare il capofamiglia per la sua vita assai
povera di soddisfazioni, sicché il figlio deve far raggiun
gere al padre, per la via indiretta dell'identificazione,
quelle mete che il secondo non ha potuto raggiungere
per via diretta (maggior prestigio nelle relazioni con gli
altri membri del suo gruppo sociale, appagamento dei
desideri di dominio e di comando, ecc . ) : tutto ciò è
indubbiamente assai importante per un'indagine socio
psicologica, ma non si vede come possa incidere sul
l'esistenza del complesso edipico e sulla correlativa for
mazione del Super-Io, anche se può aggiungere a que
st'ultimo tutta una serie di elementi di carattere sociale,
ideologico, morale, ecc., propri del contesto sociale. Il
che, come abbiamo visto, da Freud non è mai stato
negato, bensl esplicitamente riconosciuto e affermato rr.
67
3. Nel suo saggio sulla storia delle idee relative
all'autorità e alla famiglia, Marcuse esamina una tradi
zione di pensiero le cui tappe essenziali egli individua in
Lutero e in Calvino, in Kant, in Hegel, e negli espo
nenti ideologici della controrivoluzione e della restaura
zione (Burke, De Bonald, de Maistre, Stahl). Inoltre, dopo
un capitolo su Marx (il quale, naturalmente, rappresenta
per Marcuse un punto di svolta epocale, e il culmine della
critica antiautoritaria nell'età moderna e contemporanea),
egli esamina, attraverso gli scritti di Sarei e di Pareto,
la trasformazione della teoria borghese dell'autorità nella
teoria dello Stato totalitario.
Da un punto di vista storiografico, il saggio di Mar
cuse si presta a molte obiezioni (basti pensare che vi sono
del tutto trascurati autori come Hobbes, Spinoza, Locke,
Rousseau ). Ma, più che di carattere storico-critico, il con
tributo di Marcuse vuole essere di carattere storico-teorico,
nel senso che esso si propone di individuare alcuni grandi
filoni, ritenuti i più importanti e i più significativi dal
punto di vista ideale, del rapporto autorità/libertà nel
l'età moderna, senza alcuna pretesa di completezza (senza
proporsi, cioè, di tracciare un esauriente quadro storico-
ideologico). Entro questi limiti, il lavoro di Marcuse è
di grande interesse, e indubbiamente una delle cose mi
gliori uscite dalla sua penna. Qui ne prenderemo in consi
derazione alcuni punti nodali.
L'idea centrale del saggio, per quanto riguarda il
periodo che va da Lutero a Kant, consiste nella tesi
secondo la quale la dottrina kantiana della libertà è la
manifestazione ésemplare di una tendenza di pensiero
68
che ha operato a commc1are dalle concezioni di Lutero:
infatti, l'unione di autonomia interna ed eteronomia ester·
na, ovvero la libertà che si è spezzata cosi da diventare
libertà interna e illibertà esterna, è, secondo Marcuse,
la caratteristica fondamentale di quel concetto di libertà
che ha dominato la teoria borghese a partire dalla Ri
brma 28• In questa concezione l'aspetto decisivo è dato
dal modo in cui tale suddivisione viene effettuata. Essa
•ssume un carattere · dualistico, di bipartizione: si stabi
lisce l'esistenza di due sfere relativamente chiuse in se
stesse, e la libertà e 1'-illibertà vengono assegnate all'una
e all'altra, in modo che la prima è interamente regno
della libertà, e la seconda interamente regno della illi
bertà. La sfera della libertà diventa cosl l' ' interiorità '
della persona, la quale fa parte del regno della ragione,
o del regno di Dio (come ' cristiano ', come ' cosa in sé ' ,
come essere intelligibile), mentre tutto i l ' mondo esterno '
- la persona come membro del regno della natura, o
del mondo della concupiscenza decaduto e abbandonato da
Dio (l'uomo in quanto empirico e sensibile, in quanto
' fenomeno ') - diventa sede dell'illibertà 29 •
Ciò trova la prima formulazione classica nello scritto
di Lutero sulla Libertà del cristiano, in cui Marcuse vede
già presenti tutti gli elementi che costituiranno poi la
base ideologica della forma specificamente borghese del
l'autorità: l'assegnazione della libertà alla sfera ' interna '
della persona, all' ' uomo interiore ', e contemporanea·
mente la sottomissione del}> ' uomo esteriore ' al sistema
delle autorità mondane; la separazione della persona dal
l'opera ( persona e ufficio), con una doppia morale; la
giustificazione della illibertà e ineguaglianza reale quale
conseguenza della libertà e uguaglianza 4 interna ' 30, ecc.
In questo quadro, le determinazioni più particolari della
libertà interna sono date tutte in antitesi con la libertà
69
esterna: c nessuna cosa esterna ', dice infatti L utero, può
' rendere libero e pio ' il cristiano, poiché la sua libertà
e la sua cattività non sono né corporee né esteriori;
nessuna delle cose esterne arriva fino all'anima, e quindi
nulla che sia nel mondo o provenga dal mondo può
liberarla o imprigionarla.
In una concezione come questa l'uomo, nell'autosuf
ficienza della sua libertà interna, non ha più alcun biso
gno delle cose e delle opere. « Se egli - dice Lutero -
non ha più bisogno di nessuna opera, è certamente dispen
sato e sciolto da tutti i comandamenti e da tutte le leggi.
Se ne è sciolto, è certamente libero » . La libertà interna,
commenta Marcuse, è totale affrancamento e indipendenza,
ma è un'indipendenza tale che non può produrre nessuna
azione e nessuna opera quale sua libera attuAzione e
realizzazione. Questa libertà, infatti, esiste prima di qual
siasi azione e prima di qualsiasi opera, al punto che essa
è sempre già realizzata quando l'uomo incomincia ad
agire. La libertà dell'uomo, quindi, non può essere mai
il risultato di un'azione, e l'azione nulla può aggiungere
o togliere alla libertà umana. Come dice Lutero: « le
opere sono cose morte, non possono onorare né lodare
Dio ». Affermazione grave di conseguenze - commenta
Marcuse - che sta all'inizio di uno sviluppo al termine
del quale c'è la totale ' reilicazione ' ed ' estraniazione '
del mondo capitalistico. L'uomo (interno e autonomo) è
concepito sotto forma di antitesi alle sue opere (' cose
morte '). Autore e azione, persona e opera si separano:
la persona è ciò che per principio non passa mai nel
l'opera, ciò che· non può mai realizzarsi nell'opera, ciò
che è eternamente antecedente a ogni opera. In questo
modo la persona viene esonerata dalla responsabilità per
la propria prassi in una misura lino allora ignota, ma
nello stesso tempo è anche diventata libera per ogni tipo
di prassi 3 1 •
I rapporti fra l'etica kantiana e l'etica luterana, sono,
secondo Marcuse, evidenti. Basti pensare, egli dice, al
70
dualismo kantiano fra uso pubblico e uso privato della
ragione. La piena autonomia dell'uomo è per Kant la
legge suprema; essa presuppone l'« uscita dell'uomo da
uno stato di minorità di cui è egli stesso responsabile » ,
e questo processo è l'<< illuminismo '" per esso non si
richiede altro che la libertà, e precisamente la libertà
<< di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i
campi ». Sotto questo profilo, la libertà che si contrap·
pone all'autorità ha il carattere della pubblicità; solo cosl
essa entra nella dimensione concreta dell'essere sociale.
Senonché, a dispetto di dò, la soluzione che Kant dà del
problema resta dualistica, conformemente alla sua ispiw
razione luterana: « L'uso pubblico della propria ragione
- dice infatti il filosofo di Konigsberg - deve essere
sempre libero, ed esso solo può realizzare fra gli uomini
l'illuminismo; ma l'uso privato della ragione può essere
fortemente limitato anche abbastanza spesso, senza che
ne venga particolarmente ostacolato il progresso dell'illu·
minismo » 32• E Kant spiega: << Io intendo per uso pub
blico della propria ragione l'uso che uno ne fa come
dotto davanti all'intero pubblico dei lettori. Chiamo in
vece uso privato quello che egli può fare della propria
ragione in un certo impiego o ufficio a lui affidato » 33•
Privato, commenta Marcuse. è dunque l'ufficio civile, a
cui il soggetto deve subordinare la propria libertà, mentre
la pubblicità illimitata della libertà viene respinta nella
dimensione della pura scienza e del ' mondo dei lettori ' .
D'altra parte, la libertà per Kant è un ' fatto ' tra
scendentale, qualcosa che l'uomo possiede già da sempre,
e proprio per ciò egli può essere libero.
71
bile per tutti e dovunque. Con la definitiva connessione della
libertà con la legge morale come sua unica forma di ' realtà \
la libertà diventa conciliabile con qualsiasi forma fattuale di
illibertà: nel suo carattere trascendentale essa non può venire
offesa da alcuna illibertà di fatto "·
72
della dottrina del diritto di Kant sono definiti attraverso
caratteri negativi, come tutela, limitazione, impedimento,
costrizione, ecc. 36 •
Fissato il principio della generalità dell'� arbitrio uni
ficato », Kant lo pone a fondamento dell'autorità della
società, traendone tutte le conseguenze che ne discen
dono: dal riconoscimento incondizionato dell'autorità di
volta in volta esistente fino all'esclusione dal diritto civile
degli individui economicamente � non indipendenti » .
Come Lutero, Kant afferma l'immanenza del diritto nel
l'ordine civile, e dichiara che la rivolta contro questo
ordine è « sovvertimento di ogni diritto », cammino verso
un « divorante abisso senza ritorno », strumento per la
distruzione dell'esistenza sociale in generale. « Contro il
sovrano e supremo legislatore dello Stato - egli dice -
nessuna ribellione del popolo è quindi legittima; poiché
solo la sottomissione al suo volere universalmente legisla
tore rende possibile uno stato giuridico » 11• È evidente
che la motivazione addotta da Kant è anzitutto di carat
tere formale: poiché ogni sistema di dominio sussiste
solo sulla base di una volontà e di un accordo generale
preliminare, la distruzione del sistema di dominio rappre
senterebbe un' ' autodistruzione ' della volontà generale 38•
Rispetto a questa concezione Hegel segna in certa
misura una svolta, anche se le sue posizioni sono spesso
ambigue e, per cosl dire, di compromesso. In primo luogo,
egli affronta il problema dell'autorità e del potere non
più da un punto di vista formale e formalistico, bensl
cercandone la genesi nel concreto processo storico-sociale.
Ciò è particolarmente evidente, secondo Marcuse, nella
dialettica di ' signoria e servitù ' nella Fenomenologia
dello 1pirito. Qui la servitù del servo ha origine nella
sua impotenza materiale, nella « paura assoluta » di fronte
al signore, nella permanente « disciplina >> del servizio;
a causa di ciò egli diventa � privo di indipendenza >> nei
73
confronti delle cose, e nei confronti del signore che le pos
siede. Decisivo, dice Marcuse, è qui il riconoscimento che
il dominio e la servitù sono strettamente connessi a un
determinato modo del processo del lavoro; ma decisivo è
anche il fatto che Hegel non si limita a cercare il fonda
mento dell'autorità e del dominio, bensl concepisce questo
fondamento in modo dialettico, collocandolo all'interno di
una lotta sociale. Sicché lo sviluppo immanente del rap
porto dominio-servitù conduce alla presa di coscienza da
parte del servo della sua propria forza, e quindi alla sua
emancipazione 39•
Nella maturità Hegel stempera notevolmente queste
sue intuizioni, sviluppa sempre più una concezione quie
tistica che culmina in una celebrazione quasi mistica dello
Stato, inteso come totalità autonoma e come soggetto
incondizionato di ogni autorità sociale. L'istanza siste
matica mette a tacere la dialettica storica (quella dialet
tica che aveva dato splendida prova di sé nella figura
del signore e del servo nella Fenomenologia dello spirito).
Staccata da tutte le sue cause personali e sociali, la
' sovranità ' dello Stato appare come una qualità meta
fisica peculiare dello Stato in quanto tale: essa ha « la
sua ultima radice » soltanto « nell'unità dello Stato, quale
suo semplice Stesso » "' . Questo concetto della sovranità
statale semplicemente in quanto tale, senza rapporto espli
cito con i soggetti umani che ne sono i portatori, diven
terà poi, nell'età successiva, l'arma teorica decisiva del
pensiero borghese 41 •
E tuttavia, sottolinea Marcuse, in Hegel non viene
mai meno, per un verso, la critica del carattere forma
listico e astratto dell'etica kantiana; per un altro verso,
un atteggiamento critico verso la ' società civile ' (bUr
gerliche Gesellschaft ). Hegel, beninteso, vede la società
civile sostanzialmente dallo stesso punto di vista di Kant:
come un ordine generale della costrizione che ha lo scopo
39 lvi, p. 84.
"" G. W. F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, S 278.
41 H. Marcuse, op. cit., p. 74.
74
di tutelare la proprietà, cioè i liberi proprietari privati.
Ma, a differenza di Kant, sull'immagine hegeliana della
società civile cade la luce della sua negatività. E ciò sia
perché essa viene considerata come la sfera dell'egoismo
e dell'arbitrio, sia per gli ' inconvenienti ' ai quali dà
origine (divisione del lavoro, accumulazione delle ric
chezze, indigenza e ottusità dei lavoratori, formazione
della plebe ). Resta il fatto quindi - conclude Marcuse -
che, con Hegel, il carattere rivoluzionario della dialettica
si afferma per la prima volta nella dimensione della so
cietà civile, e l'immagine ancora sostanzialmente statica
che Kant aveva dato di questa società entra in movi
mento: anche se poi tale movimento si conclude, in
modo ideologico e distorto, con la divinizzazione dello
Stato 42•
75
Horkheimer vede nel dualismo metafisica/ scienza la
espressione ideologica tipica della società capitalistica
avanzata. La metafisica parla di essenza, sostanza, anima,
immortalità: tutte categorie di cui la scienza non sa che
farsi. La metafisica pretende di cogliere l'essere, di pen
sare la totalità, di scoprire un senso del mondo indi
pendente dall'uomo: invece, nei testi scientifici del XX
secolo si parla poco o nulla della sostanza in quanto tale,
dell'uomo e dell'anima, e non si parla affatto di un senso.
Gli scienziati non credono che alle loro teorie accorrano,
come premessa o anche solo come integrazione, le dot
trine inerenti a tali oggetti. « Al contrario, essi si sfor
zano di ricondurre autonomamente, senza alcun aiuto della
metafisica, i loro progetti a princlpi sempre più semplici;
nella loro concezione non c'è posto per categorie meta
fisiche e morali � 2 •
E tuttavia la cultura borghese non sa rinunciare né
all'una né all'altra dimensione, né a quella scientistica, né
a quella metafisica; essa pretende di conservarle entrambe,
rinnovando una sorta di dualismo cartesiano. Se la scienza
ha dimostrato l'insostenibilità e la nullità di categorie
metafisiche come quelle di spazio assoluto e di tempo
assoluto, di sostanza, forza, causalità, anima, ecc., non
per questo la coscienza borghese ha mutato il proprio
modo di pensare. Un esempio illuminante di questa ' schi
zofrenia ' può essere ravvisato nel creatore della teoria
dei quanti, Max Planck.
76
scenza sufficientemente esatta dei presupposti, essere intesa
come conseguenza necessaria in base alla legge della causalità
ed e.ssere predeterminata in tutti i particolari ... La propria
volontà, invece, è comprensibile in termini causali solo ri
spetto alle azioni passate, mentre rispetto alle azioni future
è libera ».
77
stenza in quanto intende la sua sorte in questa società come
un puro fenomeno che acquista una sua dignità con le deci�
sioni interiori, con la libertà metafisica della persona 4• •
4- lvi, p. 87.
5 lvi, p. 98.
78
A ,_ p�,;,ro · �o•ro ', ' """'riro '
giudizi di valore, Horkheimer contrappone il
� %,• · ·
'
per quelli che sono di voit a in volta i fini della società
industriale con la sua dubbia sorte » , nella teoria critica,
invece, il pensiero ha un ruolo critico-rivoluzionario, attra-
verso l'uso di concetti fondamentali quali ' società ', ' clas-
se ', � economia , t valore ', ' conoscenza ', ' eul tura ', ecc.,
che non sono in alcun modo ricavabili dall'esperienza
immediata. Dice Horkheimer a questo proposito:
-
del teorico 7•
.
6 « " Di questa barbarie " - scrive Hegel già nella sua cri
tica della filosofia di E. Schulze, una critica che coglie fin da
principio cutto l'empirismo logico u di questa barbarie con
sistente nel porre J'jnnegabile certeua e verità nei fatti della
coscienza . . " »- (ivi, p. 106).
7 lvi, pp. 113 e 119.
79
Incapace di servirsi di queste categorie ' critiche ' e
' dialettiche • - che non sono certo date dalla perce
zione - il neoempirismo non si accorge di essere, da
un punto di vista sociale, un pensiero sostanzialmente
subalterno, che non mette in discussione lo status qua:
e ciò anche se esso esercita un'attrazione su larghe cer�
chie culturali che si oppongono al fascismo. In realtà,
la filosofia neopositivistica è legata, non meno della meta
fisica neoromantica, alle condizioni dominanti.
80
[ . . . ] Sebbene sia sbagliato violare i risultati della scienza,
è ingenuo e settario pensare e parlare solo in conformità
con essi >>) 9• Ma altre affermazioni di Horkheimer hanno
un sapore ben più forte: per esempio, là dove egli dice
che • questa società [borghese] non può neppure sot
trarsi all'illusione: illusioni metafisiche e matematica supe·
riore costituiscono in ugual misura elementi della sua
mentalità >> 10• Qui (e in altri passi che si potrebbero
citare contro la fisica matematica, ecc.) è evidente che la
repugnanza di Horkheimer si indirizza verso la scienza
in quanto tale (secondo un motivo che avrà ampi svi
luppi nella Scuola di Francoforte), e che egli riproduce
la concezione - già esposta da Lukacs in Storia e co
scienza di classe - secondo la quale la struttura meta·
dica delle scienze naturali è un prodotto della rei.fica·
zione capitalistica. Horkheimer, dunque, non postula solo
una distinzione di metodi fra Geisteswissenschaften e
Naturwissenschaften, fra Sozialforschung e Naturforschung,
bensl mette sotto accusa la scienza naturale in quanto
manifestazione del capitalismo.
Detto ciò, i testi di Horkheimer sollecitano a un'altra
considerazione: stupisce che egli, dopo aver criticato l'ap�
plicazione dei metodi della scienza naturale al mondo
sociale, in quanto essi porterebbero a una mera descrizione
dei fatti, neutra e avalutativo, in cui verrebbe abolita
ogni contraddizione e ogni conflittualità (un altro tema,
questo, ricavato da Lukacs), critichi poi il pensiero freu
diano per aver postulato la presenza, nell'essere umano,
accanto alla pulsione erotica, della pulsione distruttiva,
accanto a Eros, Thànatos. Su questo punto Horkheimer è
assai esplicito. Mentre egli ritiene che l'apparato concet
tuale sviluppato da Freud soprattutto nel primo periodo
del suo lavoro scientifico ( teoria degli istinti parziali, della
rimozione, concetto di ambivalenza, ecc.) sia di grandis
sima importanza, al punto che << senza il modo di vedere
psicoanalitico oggi non si riesce a comprendere la trasfor-
81
mazione delle energie psichiche all'atto dell'interiorizza
zione » ; tuttavia egli ritiene anche che, nella fase succes
siva del suo lavoro, Freud abbia sostanzialmente compro
messo le sue precedenti scoperte.
82
rimprovera infatti alla concezione freudiana di non vedere
quella pacificazione finale del genere umano, quella tra
sformazione totale e quella liberazione definitiva dal ' pec
cato ', che saranno rese possibili da una società intera
mente rinnovata e giusta, del tutto razionale. Senonché,
sembra di poter dire che è proprio questa concezione sal
vifica (di derivazione marxista, e che il marxismo ha
mutuato dalla tradizione giudaico-cristiana) ad avvicinare
il dialettico Horkheimer alla « convenzione morale e reli
giosa », mentre il realismo pessimistico del ' positivi•ta '
Freud appare assai più attrezzato e convincente per spie
gare l'eterno dramma della storia dell'uomo.
83
Per capire questi aspetti del pensiero di Marcuse, è
opportuno prendere le mosse da un suo lavoro del 19 3 3 ,
Sui fondamenti filosofici del concetto d i lavoro nella scien
za economica - di pochi mesi anteriore alla sua entrata
nella Scuola di Francoforte - che anticipa parecchi temi
della sua ·riflessione successiva 13•
In questo saggio, Marcuse si propone di discutere
filosoficamente il concetto di lavoro, « cercando di stabi
lire in maniera sicura il posto e l'importanza del " fatto "
lavoro nell'ambito dell'esistenza umana >> "· L'autore parte
dalla convinzione che il lavoro « è un concetto antolo
gico », cioè « un concetto dell'essere dell'esistenza umana
inteso come tale >> 15• Egli vuole superare la concezione
troppo ' angusta ' cbe del lavoro ha la scienza economica,
la quale lo intende, appunto, solo come attività econo
mica in senso stretto, escludendo in tal modo, per esem
pio, l'attività dell'artista, dello studioso, dell'uomo poli
tico, ecc.
Il pensatore che, secondo Marcuse, offre un'imposta
zione altamente soddisfacente del concetto di lavoro, e che
presenta implicitamente tutti gli elementi per superare
l'impostazione ' angusta ' della scienza economica, è Hegel.
Il lavoro, infatti, è visto da Hegel come un evento fonda
mentale dell'esistenza umana, come un evento che domina
in maniera permanente e continua tutto l'essere del
l'uomo, e che coinvolge quindi tutto il ' mondo ' del
l'uomo.
84
fare dell'uomo in quanto modo del suo essere nel mondo,
per mezzo del quale soltanto l'uomo diventa « per sé » ciò
che egli è, giunge a se stesso, acquista la « forma » del suo
esser-ci, del suo « rimanere », e al tempo stesso fa del mondo
il « suo » mondo. Il lavoro non viene qui determinato in
base al suo scopo, al suo contenuto, al suo risultato, ecc.,
ma in base a ciò che nel lavoro avviene dell'esistenza umana
stessa 16•
16 Ivi, p. 153.
17 lvi, p. 157.
18 Ivi, pp. 157-8.
85
Invece, anche prima di tutti questi aggravi, dovuti al
modo e all'organizzazione del lavoro, già il lavoro in quanto
tale si presenta come « peso », poiché sottomette il fare umano
ad una legge estranea, che a questo viene imposta: alla legge
della « cosa » che bisogna fate (e che rimane una « cosa )) ,
qualcosa che è altro dalla vita, anche se è l'uomo stesso a
darsi il suo lavoro) . Nel lavoro si tratta sempre in· primo
luogo della cosa stessa e non del lavoratore, anche quando
non abbia ancora avuto luogo una separazione totale tra
lavoro e « prodotto del lavoro ». Nel lavoro l'uomo viene
continuamente allontanato dal suo essere-se-stesso e indiriz
zato a qualcosa d'altro, è continuamente presso qualcosa d'al
tro e per altri 19•
19 lvi, p. 159.
lD Cfr. K. Marx, ManoJcritti economico-filosofici del 1844,
in Id., Opere filoJofiche giovanili, a cura di G. Della Volpe,
Editori Riuniti, Roma 1950, p. 301.
86
no. « Che l'uomo - egli dice - sia un ente corporeo,
dotato di forze naturali, vivente, reale, sensibile, ogget
tivo, significa che egli ha come oggetto della sua esistenza,
della sua manifestazione vitale, degli oggetti reali, sen
sibili, o che può esprimere la sua vita soltanto in oggetti
reali, sensibili. Essere oggettivi, naturali, sensibili, e avere
altresl un oggetto, una natura, un interesse fuori di sé,
oppure essere noi stessi oggetto, natura, interesse di terzi,
è l'identica cosa » 21 • L'alienazione, quindi, non può essere
cercata, per Marx, nel lavoro in quanto tale, nell'aggetti
vazione. L'aggettivazione è semplicemente la realizzazione
del lavoro, « è il lavoro che si è fissato in un oggetto,
che si è fatto oggettivo ». È soltanto in un'epoca deter
minata, nella società borghese moderna, cioè « nella con
dizione descritta dell'economia politica », che il lavoro
appare, secondo Marx, « come privazione dell'operaio, e
l'aggettivazione appare come perdita e schiavitù dell'og
getto, e l'appropriazione come alienazione, come espro
priazione » 22•
Per Marcuse, invece, le cose non stanno cosi. La sua
repugnanza si indirizza proprio verso l'oggettività; la
sua insofferenza è proprio per l'aggettivazione, per la tra
sformazione sensibile, pratica, del mondo.
21 lvi, p. 302.
zz lvi, p. 226.
87
e lo mette in moto. In ogni caso non è « presso di sé », non
lascia accadere la propria esistenza, al contrario si pone al
servizio dell'« altro da se stesso », è presso l'« altro da sé »,
anche quando questo fare dà compimento alla propria vita
liberamente assunta. Questa alienazione ed estraneazione del
l'esistenza, questo prendere su di sé la legge della cosa invece
di lasciar-accadere la propria esistenza, è, per principio, ineli
minabile, anche se può sparire durante e dopo il lavoro fino
all'oblio completo, e non coincide affatto con la resistenza
della « materia », né cessa con la conclusione del singolo atto
lavorativo; l'esistenza è in se stessa rivolta a questa cosalità 23•
88
per mettere al loro posto una regolarità diversa, creata
dall'uomo stesso, a cui chi gioca si lega liberamente per
volontà propria: le " regole del gioco " ». Sicché l' ' ogget
tività ' degli oggetti e la materialità del mondo oggettivo,.
che nel lavoro impongono agli uomini le loro leggi, ven
gono quasi abrogate nel gioco, e « l'uomo una volta tanto
fa degli oggetti quel che gli pare, si pone al di sopra di
essi, è, tra gli oggetti, " libero " da essi �>. In questo porsi
al di sopra dell'oggettività l'uomo giunge a se stesso, in
una dimensione della sua libertà che gli è negata nel
lavoro. Perciò, Marcuse non esita ad affermare (e si tratta
di un 'affermazione impressionante) che << un singolo lancio
di palla da parte di un giocatore rappresenta un trionfo
della libertà umana sull'oggettività che è infinitamente mag
giore della conquista più strepitosa del lavoro tecnico » 25•
25 lvi, p. 155.
89
« Nella convinzione dei suoi fondatori - dice Marcuse -
la teoria critica della società è essenzialmente connessa col
materialismo. Questo non significa che essa in tal modo si
contrapponga come sistema filosofico ad altri sistemi filo
sofici. La teoria della società è un sistema economico, non
filosofico >>. In particolare, il materialismo della nuova con
cezione appare nella convinzione che la felicità dell'uomo
può essere raggiunta soltanto attraverso un cambiamento
delle condizioni materiali di esistenza. La direzione di que
sto cambiamento e le misure fondamentali per organizzare
razionalmente la società sono indicate di volta in volta dal
l'analisi dei rapporti economici e politici "·
E tuttavia sarebbe errato affermare che la filosofia
sia assente nella nuova concezione. E ciò per almeno due
motivi. In primo luogo, perché ogni concetto economico
della teoria materialistica è più di un concetto economico
nel senso dell'economia come disciplina speciale, ed è
tale << in forza dell'esigenza di totalità della teoria, che
vuole spiegare l'intera realtà dell'uomo e del suo mondo
sulla base dell'essere sociale >>. Qui la categoria di ' tota
lità ' è decisiva sotto ogni profilo: ma la sua origine può
essere solo filosofica e non empirica ( l'empirismo cono
sce solo elementi discreti, irrelati), anche se si tratta non
di una totalità ' speculativa ', bensl concreta, in quanto
intessuta e costituita da elementi empirici (economico
sociali) n . In secondo luogo, la nuova concezione materia
listica non può prescindere dalla dimensione filosofica per
ché eredita e fa proprio quel concetto di ragione che è
stato elaborato soprattutto da Hegel.
Si profila qui quell'interpretazione del filosofo tede
sco, che Marcuse verrà sempre più sviluppando nei suoi
scritti successivi (soprattutto in Ragione e rivoluzione), e
che può essere riassunta cosl:
90
prima propos1z1 0ne che della filosofia faceva filosofia della
ragione e idealismo, la rendeva anche filosofia critica. Essendo
il mondo in quanto dato legato al pensiero razionale, anzi
dipendendone nel suo essere, ogni cosa che contraddiceva la
ragione, che non era razionale, era considerata come qualcosa
da superare, La ragione era cosl eretta ad istanza critica 28•
91
st'ultima deve tradursi nella realtà, e che quindi la realtà
deve diventare razionale; dal materialismo, ricava l'idea
che la realtà da trasformare razionalmente è il complesso
dei rapporti economico-sociali, in modo da « creare un'or
ganizzazione sociale in cui gli individui regolino in comune
la propria vita secondo i loro bisogni >> "- La ' teoria
critica ' è quindi, per un verso, antipositivistica� cioè non
accetta i dati di fatto, non si riconosce in essi, li nega,
e sotto questo profilo non teme di apparire utopistica;
per un altro verso, essa è realistica, cioè ricerca nella
sfera sociale le tendenze e le forze che possano realizzare
la ragione. Ne discende la seguente caratterizzazione della
� teoria critica ' :
lt lvi, p. 94.
32 lvi, p. 95.
92
bene dalle ultime pagine del suo saggio, in cui egli enfa
tizza l'importanza dell' ' immaginazione ' e della ' fanta
sia ' per la ' teoria critica ' .
33 lvi, p. 105.
" lvi, p. 106.
93
trova anzi celata dietro i fatti » 35• Immaginazione e fan
tasia sono strumenti decisivi per ' inventare ' quel mondo
nuovo il cui contrassegno più importante e significativo
non è la regolazione e la pianificazione del processo lavo
rativo, bensl l'appagamento di << bisogni universali ».
Emerge qui un altro aspetto importante della posi
zione di Marcuse e, più in generale, della ' teoria critica ' :
,
la sua insistenza sui ' bisogni e sul loro appagamento,
anzi il suo metterli in primo piano come elemento quali
ficante della teoria. Scrive Marcuse a questo proposito:
« Nella realtà razionale non è più il processo di lavoro
a dover decidere sull'esistenza universale degli uomini,
ma sono i bisogni universali che devono decidere sul
processo di lavoro. Ciò che assume importanza non è che
il processo di lavoro sia regolato e pianificato, ma la que
stione di quale interesse determini questa pianificazione,
e se in questo interesse saranno conservate la libertà e la
felicità delle masse ». Senza libertà e felicità nei rapporti
sociali fra gli uomini, prosegue Marcuse, anche l'aholi·
zione della proprietà privata e il più grande incremento
della produzione resteranno ancora legati alla vecchia
ingiustizia 36 •
È evidente che in questo passo risuona una· chiara
critica verso l'esperienza sovietica (nei confronti della
quale, alla fine degli anni Trenta, la maggior parte degli
esponenti della Scuola di Francoforte avevano ormai per
duto ogni illusione) . Ma se questo accenno polemico è
senza dubbio di grande interesse, è altrettanto certo che
quello che gli esponenti della ' teoria critica ' considerano
come il fallimento dell'edificazione socialista nell'Urss,
!ungi dall'indurii a una revisione in senso ' laburista ', li
spinge verso un 'ulteriore radicalizzazione delle loro aspi·
razioni e convinzioni: la ' teoria critica ' diventerà cosl
sempre meno ' scienza sociale ' e sempre più dottrina uto
pistico, mirante all'appagamento di bisogni nuovi e illi
mitati� da raggiungere in una società radicalmente rinno-
ls lvi, p. 107.
" lvi, p. 96.
94
vata, realizzata attraverso l'immaginazione e la fantasia.
Per la ' teoria critica ' i contrassegni fondamentali di una
società veramente libera non saranno tanto la socializza
zione dei mezzi di produzione, la loro pianificazione con
sapevole, la regolazione di tutta la società secondo un
piano, la razionalizzazione di tutti i processi sociali: dopo
tutto, in ciò sono contenuti ancora, inevitabilmente, ele
menti di costrizione e di disciplina imposti dall'alto, da
un'autorità sociale. La società nuova dovrà caratterizzarsi,
invece, per la realizzazione integrale dell'edonismo, per
l'appagamento di tutti i bisogni sensibili e sensuali, per
il godimento della felicità strettamente congiunta al pia
cere: e ciò sarà possibile solo se la società muterà profon
damente tutti i propri strumenti, criteri e valori essen
ziali: se lavoro, scienza, tecnica, ecc. diventeranno ' un'al
tra cosa '. Quale cosa non è facile dire; in ogni caso la
tivoluzione dovrà essere ' totale ', e ' totale ' dovrà essere
la trasformazione dell'uomo ".
95
�Q
a quello dei marxisti ' ortodossi ' (cioè, poi, • tic!
96
[ . .. ] all'illimitato investimento di sempre nuovi capitali
non corrisponde più un aumento del profitto » 4 • Altrove
egli accenna alla scissione fra proprietà e co,ntrollo {secon·
do la classica analisi di Berle e Means) che caratterizza la
grande azienda moderna, e sembra vedere in ciò una
chiara tendenza all'autoritarismo ( « La classe dominante
si è trasformata. I suoi componenti non sono i titolari
della proprietà capitalistica. Il grosso degli azionisti da
lungo tempo non è più alla direzione degli affari »; la
nuova direzione, costituita dall'alta burocrazia industriale,
« ha guadagnato un potere assoluto. L'estensione e la
diversità dell'impresa crea una burocrazia il cui vertice,
in caso di necessità, persegue i suoi propri fini anche
contro il capitale degli azionisti ») 5• Come si vede, si
tratta di spunti non solo frammentari, ma anche. tutto
sommato, generici, insufficienti a delineare, anche solo
embrionalmente, una � teoria ' .
Chi s i assume questo compito, d i descrivere i l ' mo
dello ' dello Stato totalitario, di spiegarne le origini e di
indicarne le prospettive, è Friedrich Pollock, in un signi
ficativo saggio del 1 9 4 1 , Capitalismo di Stato: possibilità
e limiti, che mette conto di vedere nei dettagli, sia per
il dibattito che esso suscita all'interno dell'Istituto per
la Ricerca Sociale, sia per l'indubbio influsso che esso
esercita su quasi tutti i ' francofortesi '.
Secondo Pollock, nei paesi più sviluppati il capitali
smo privato ha ceduto o sta cedendo il passo al capita·
lismo di Stato, tanto nella sua forma totalitaria quanto
nella sua forma democratico-borghese. Il libero commer
cio e la libera iniziativa del XIX secolo sono ormai con·
dannati a morte, e ogni tentativo di ripristinarli è desti
nato a fallire, per la stessa ragione per cui fallirono i
tentativi di restaurare il feudalesimo nella Francia post
napoleonica, data l'impossibilità di far girare indietro la
ruota dello sviluppo economico-sociale.
Pollock preferisce la definizione di ' capitalismo di
4 lvi, p. )7.
5 lvi, p. 41.
97
Stato ' ad altre definizioni (' società manageriale ', ' collet
tivismo burocratico ', ' capitalismo corporativo ', ecc.), per�
ché, egli dice, essa indica meglio di tutte i seguenti quat
tro elementi: che, cioè, il capitalismo di Stato è il suc
cessore del capitalismo privato; che lo Stato ha assunto
alcune importanti funzioni, che un tempo erano mono
polio del capitalista privato; che l'interesse al profitto
continua tuttavia ad avere un ruolo determinante; e che,
infine, non si tratta di socialismo 6• Più in particolare, il
capitalismo di Stato è caratterizzato dal fatto che in esso
il mercato perde le sue funzioni tradizionali di coordina·
mento della produzione e della distribuzione. Al controllo
del mercato subentra un sistema di controllo diretto. La
libertà di commercio, di iniziativa e di lavoro viene subor·
dinata all'intervento statale in misura tale da essere prati·
camente abolita, sicché, insieme all'autonomia del mer
cato, scompaiono anche le cosiddette leggi economiche 7 .
Delineati in questo modo gli aspetti generali del capi·
talismo di Stato, Pollock entra maggiormente nei dettagli
del suo concreto funzionamento. Egli individua i seguenti
punti. l ) La produzione, i consumi, il risparmio e gli
investimenti vengono programmati secondo le direttive di
un piano generale. Ciò non significa pianificazione rigida
e assoluta mancanza di libertà di scelta da parte del con·
sumatore; significa però che, a differenza di quanto avve·
niva nel sistema di mercato, l'ultima parola sui bisogni
da soddisfare e sul modo di soddisfarli non viene più
lasciata alla anonima e infida scelta del mercato, effettuan·
tesi post festum, bensl a una scelta cosciente dei fini e
dei mezzi generali, anteriore alla messa in moto del pro·
cesso di produzione. 2) I prezzi non sono più i padroni
del processo economico, bensl vengono amministrati e pila·
tati in tutte le fasi. Ciò significa, ancora una volta, che
il mercato viene privato della sua funzione dominante a
vantaggio di un'economia pianificata. 3) L'interesse al pro·
98
fitto, sia degli individui che dei gruppi, viene strettamente
subordinato - cosi come ogni altro interesse partico
lare - al piano generale o a ciò che ne fa le veci. 4) In
tutte le sfere dell'attività sociale, gli esperimenti e l'im
provvisazione cedono il passo al principio della direzione
scientifica. È evidente, infatti, che la produzione su vasta
scala richiede non solo un'accurata pianificazione gene
rale, ma anche l'elaborazione sistematica di tutti i pro
cessi singoli, in quanto ogni spreco e ogni errore nella
preparazione del materiale e del macchinario, oltre che
nella determinazione degli elementi della produzione. si
moltiplicherebbe più volte e potrebbe persino mettere
in pericolo l'intero processo produttivo. 5) L'esecuzione
del piano viene imposta dal potere statale, sicché niente
di essenziale viene lasciato al meccanismo delle leggi del
mercato o di altre • leggi ' economiche (per esempio, i
nuovi investimenti non affluiscono più automaticamente
in quei settori nei quali si realizzano i profitti più alti,
ma vengono dislocati dalle autorità pianificatrici nelle
direzioni ritenute più opportune). L'esistenza di una sfera
economica autonoma dallo Stato viene quindi categorica
mente esclusa, sicché, in ultima analisi, tutti i problemi
economici vengono trattati come problemi politici. La
sostituzione dei mezzi economici con mezzi politici cam
bia il carattere dell'intero periodo storico, segnando il
passaggio da un'epoca prevalentemente economica a una
epoca prevalentemente politica. 6) Mentre nel capitalismo
privato concorrenziale tutti i rapporti sociali sono mediati
dal mercato, e gli uomini entrano in rapporto tra loro
in quanto agenti del processo di scambio (come compra
tori o venditori), sicché il reddito e le dimensioni della
proprietà individuale sono decisivi per la posizione sociale
del singolo, nel capitalismo di Stato, invece, il quadro
muta radicalmente: qui gli uomini si rapportano l'uno
all'altro come comandante e come comandato. Il grado
di autorità o di soggezione dipende in primo luogo dalla
posizione degli individui nel corpo politico e solo in via
secondaria dalla loro proprietà. L'appropriazione del lavoro
avviene per via diretta e non più attraverso la forma
99
' indiretta ' del mercato; perciò, l'interesse al potere pre
vale sull'interesse immediato al profitto 8 •
Dopo aver tracciato questo quadro del capitalismo di
Stato, Pollock formula alcune ipotesi circa il suo avve
nire. Per un verso egli non ha dubbi sul fatto che, in
quanto un sistema a capitalismo di Stato può svolgere
meglio del mercato le funzioni necessarie richieste dalla
divisione del lavoro, esso conseguirà in breve tempo un
forte aumento della disponibilità delle risorse. È tutta la
complessa ' razionalizzazione ' del processo economico
sociale resa possibile dal capitalismo di Stato che porta
in questa direzione. Gli errori, infatti, e gli ' sprechi ',
vengono eliminati, o comunque ridotti al minimo, e an
ch'essi, in ogni caso, opportunamente ' manovrati '. E ciò
perché lo Stato, per un verso, controlla pienamente la
moneta e il credito, e trasforma le banche in pure agen
zie governative (ma anche parecchie altre organizzazioni
- come i cartelli, le associazioni commerciali, le camere
di commercio, ecc. - svolgono la stessa funzione, sicché
eventuali ' errori ' possono essere· circoscritti con relativa
facilità, e vengono diluiti nel complesso dell'intera econo
mia invece di pesare su una singola impresa); per un
altro verso, gli ' errori • stessi sono sempre più rari, poi
ché le e_sperienze accumulate dalle moderne imprese e
dalle società industriali nel realizzare piani giganteschi
hanno reso tecnicamente possibile il controllo della pro
duzione globale.
100
E come nella produzione, cosi nella distribuzione:
anche qui il capitalismo di Stato, attraverso l'elabora
zione di un piano generale e la sua imposizione da parte
del potere politico, ha ampi mezzi tecnici per distribuire
qualsiasi cosa si possa produrre con le risorse disponi
bili. I bisogni pubblici e privati possono essere largamente
0
predeterminati 1 • In particolare, il controllo governativo
è immensamente facilitato dall'enorme mole di lavori
pubblici sufficienti a mantenere il pieno impiego in ogni
circostanza 1 1 •
Tutto ciò significa forse che il sistema capitalistico
si è ormai definitivamente stabilizzato, che non è più
alll itto da contraddizioni, e che ha di fronte a sé uno
sviluppo illimitato? La risposta di Pollock è, contraria
mente a quanto si può immaginare sulla base dell'esposi
zione vista finora, negativa; ma è negativa con argomen
tazioni diverse da quelle addotte da molti marxisti. Egli
respinge infatti la tesi di coloro secondo i quali il capita
lismo monopolistico di Stato porterebbe necessariamente,
con l'abolizione della concorrenza, a un arresto del pro
gresso o addirittura a un regresso tecnologico, con relativa
caduta degli investimenti. In realtà, secondo Pollock, fin
ché continuerà la corsa agli armamenti, sarà vero proprio
il contrario. Senonché, la corsa agli armamenti non può
cessare nel capitalismo di Stato, poiché, nello sforzo di
mantenere e di estendere il proprio potere, il gruppo
dominante entra in conflitto con interessi stranieri, e il suo
successo dipende dalla forza militare, la quale è una fun
zione dell'efficienza tecnica: ogni rallentamento del pro
gresso tecnico potrebbe portare all'inferiorità militare, e
quindi alla sconfitta del gruppo dominante. « Solo dopo
l'assunzione - afferma Pollock - del controllo di tutto
il mondo da parte di un solo Stato totalitario, riuscito
vincitore nella lotta per il predominio, il problema del
progresso tecnologico e dell'espansione del capitale assu-
101
merà davvero un ruolo eli primo piano » 12 • E poco dopo
aggiunge:
12 lvi, p. 222.
13 lvi, pp. 222·3.
14 lvi, pp. 224-5.
102
quanto il capitalismo di Stato è espressione di una società
antagonistica per eccellenza - « la dirigenza della pro
grammazione, benché in possesso di tutti gli strumenti
tecnici per pilotare l'intero processo economico, è essa
stessa un'arena di lotta fra forze sociali sfuggenti larga
mente al suo controllo » 15•
Questa, per grandi linee, la caratterizzazione pollo
ckiana del ' capitalismo di Stato ' (radicalmente diversa,
per tanti aspetti, dalle precedenti analisi socio-economiche
di Pollock). È bene rilevare subito i punti di forza e quelli
di debolezza di tale caratterizzazione. In essa colpisce, da
un lato, l'acutezza nel percepire alcuni cambiamenti so·
stanziali subiti dalle società capitalistiche avanzate, cam
biamenti che rendono obsolete molte categorie mar·
xiane: il fatto, cioè, che dopo la grande crisi il capita
lismo è entrato in una nuova, lunga fase di stabilizzazione,
che pone fine all' ' anarchia ' attraverso potenti strumenti
di pianificazione e di controllo; che nel nuovo capi
talismo si realizza un primato del ' politico ', o della
sfera politica, la quale si subordina largamente la sfera
economica, ponendo fine a quel dualismo fra Stato e
società civile che era stato al centro dell'analisi di Marx;
e cosi via. Ma, dall'altro lato, colpisce anche, nell'analisi
di Pollock, l'assenza di qualunque strumentazione e di
qualunque criterio per spiegare la differenza fra le istitu
zioni sociali e politiche nei diversi paesi a ' capitalismo
di Stato '. In altre parole - viene spontaneo chiedersi -
perché il ' capitalismo di Stato ' (ammesso, e non con
cesso, che questa definizione possa essere usata indiscri
minatamente) ha assunto nella Germania nazista una forma
totalitario-terroristica, mentre negli Stati Uniti ha conser
vato una forma democratico-rappresentativa? Nell'analisi
di Pollock non si ravvisano elementi per rispondere a
questa domanda tanto elementare quanto fondamentale:
e ciò è tanto più grave per una teoria che sottolinea cosl
energicamente il ' primato del politico ' nelle società più
sviluppate.
103
È vero che Pollock distingue più volte nel suo saggio
fra la ' forma totalitaria ' e la ' forma democratica ' del
capitalismo di Stato. A un certo punto egli afferma anche
che, mentre nella forma democratica il tenore di vita
aumenterà se il programma di espansione lo permetterà,
ciò, invece, è assai difficile che si verifichi nella forma
totalitaria. Qui, infatti, l'aumento del tenore di vita, con
tutte le sue conseguenze - maggiore tempo libero, mag
giore specializzazione professionale e culturale, maggiori
opportunità di sviluppare la riflessione critica, ecc. -
metterebbe in pericolo il dominio del potere dominante,
il quale si mantiene non solo col terrore ma anche con
il controllo psicologico delle masse tenute in una condi
zione di completa soggezione intellettuale. Perciò il gruppo
dirigente di una società a capitalismo di Stato in forma
totalitaria propende senz'altro, in vista della propria sicu·
rezza, a tenere basso il tenore di vita e a imporre un orario
di lavoro lungo e massacrante: di qui l'enfatizzazione
della minaccia dell' ' aggressione ' straniera, la corsa agli
armamenti, l'esaltazione dei sacrifici, delle virtù belli
che, ecc. 16 •
Senoncbé, a parte il fatto che questo spunto non può
costituire nemmeno rembrione di una teoria delle forme
politiche ( in quanto non affronta il problema della ge
nesi e della persistenza di determinate istituzioni), si ha
spesso l'impressione che Pollock sia più interessato a
sottolineate gli elementi comuni ai vari ' capitalismi di
Stato ' (siano essi democratici o totalitari ), che non gli
elementi di diversità e di differenziazione. Di qui il fatto
che egli passa con grande facilità, nella sua descrizione
del modello capitalistico di Stato, dalla Germania nazista
agli Stati Uniti, insistendo spesso più sugli aspetti di omo
geneità e di somiglianza che non su quelli di diversità
e di differenza 17 • Ciò, del resto, fu rilevato anche nel
l'Ambito della Scuola di Francoforte, per esempio da Franz
Neumann, il quale, nella sua vasta e importante opera
16 lvi,
pp. 226-7.
17 Cfr. ivi soprattutto le pp. 199, 208, 22&-32.
104
sulla Germania nazista (Behemoth. Struttura e pratica del
nazionalsocialismo, 1942), osservò, in polemica con Pol
lock, che, mentre la definizione di ' capitalismo di Stato '
era una contradictio in adiecto 18, essa non permetteva
poi di distinguere fra Stati democratici e Stati autoritari:
« Secondo questa corrente di pensiero infatti - diceva
Neumann - ogni paese muove nella direzione della Ger
mania. Il New Dea! è visto come un precursore del
collettivismo burocratico e di una burocrazia manage
riale )) 19 • L'osservazione di Neumann coglieva pienamente
nel segno, tant'è vero che Pollock, dopo aver esposto
le caratteristiche del capitalismo di Stato nella Germania
nazista, aveva concluso la propria analisi con parole di
grave preoccupazione per il futuro di quegli Stati nei
quali vigevano ancora le istituzioni democratico-rappre�
sentative: « La tendenza - egli aveva detto - verso il
capitalismo di Stato [ inevitabilmente totalitario] diventa
sempre più chiara in tutti gli Stati non totalitari » 211 •
Senonché, se nell'analisi di Pollock è ancora presente
in certa misura la preoccupazione di distinguere fra Stati
industriali avanzati totalitari e non totalitari, ogni cautela
vien meno nel saggio di Horkheimer, Lo Stato autori
tario, pubblicato nel 1942, che dà un'impronta decisiva
alla linea teorico-politica dell'Istituto per la Ricerca So-
105
ciale. Si tratta di un saggio scritto in forma volutamente
' aforismatica ' e persino paradossale, quasi a sottolineare,
con lo stile bizzarro e a volte esoterico, l'irrazionalità e
l'angoscia, la lunga notte che, nonostante l'enorme svi
luppo della scienza, dell'industria e della tecnica, è calata
sull'Europa e sul mondo intero. Questa terribile realtà
è costituita appunto dallo Stato autoritario o totalitario,
che, secondo Horkheimer, domina ormai dappertutto: e
cioè, tanto nei regimi fascisti, quanto nell'Urss, quanto
nei regimi democratico-rappresentativi. Ovunque si è affer
mato il capitalismo di Stato, che è lo Stato autoritario
della nostra epoca 21• È opportuno vedere come Hork
heimer argomenta questa sua generalizzazione.
Nei regimi cosiddetti democratici - egli dice - av
vengono una serie di processi paralleli e interdipendenti
che avviluppano la società in una maglia di acciaio, dalla
quale il singolo è completamente schiacciato : nelle grandi
aziende e nei cartelli la scissione fra proprietà e controllo
genera delle burocrazie manageriali onnipotenti, che agi
scono e si riproducono del tutto indipendentemente dai
singoli azionisti, ridotti a puri rentiers, cioè a parassiti
privi di qualunque potere decisionale; nello Stato, l'ese
cutivo, oltre a essere legato per mille fili alle burocrazie
industriali, detiene tutte le leve di comando del capita
lismo di Stato, e perciò diviene un potere mostruoso che
regola e fa funzionare la società come un'azienda, prede
terminandone esigenze, bisogni, gusti, modi di vita, ecc.;
i grandi sindacati operai, a loro volta, si burocratizzano,
al pari di tutte le grandi associazioni, e finiscono per
essere dominati do cricche potentissime, che non rispon
dono più ad alcuno, e che si riproducono per autosele
zione, attraverso strutture gerarchiche e metodi autoritari.
Dice Horkheimer a questo proposito: « Col crescere del
l'apparato diviene sempre più tecnicamente difficile con
trollare e sostituire questi dirigenti, di modo che tra la
pratica utilità del loro permanere, e la loro personale
106
decisione a non andarsene, sembra regnare un'armonia
prestabilita. Il dirigente e la sua cricca diventano nell'orga
nizzazione operaia cosl indipendenti, quanto nel campo
opposto il management del monopolio industriale di fronte
all'assemblea degli azionisti �. E ancora: « Nelle residue
democrazie i dirigenti delle grandi organizzazioni operaie
hanno già oggi coi loro iscritti un rapporto analogo a
quello dell'esecutivo con la società complessiva nello stata
lismo integrale: tengono le masse da essi assistite sotto
un rigido controllo politico e persino demografico, e tolle
rano la spontaneità tutt'al più come risultato della pro
pria attività » 22•
Liquidati in questo modo gli Stati democratici, .i giu
dizi più aspri Horkheimer li riserva però all'Urss, da lui
equiparata al fascismo. « Il fascismo - egli dice - e
più ancora il bolscevismo, dovrebbero aver insegnato
che proprio ciò che appare folle al ragionamento obiettivo
di un esperto, è invece la realtà di tutti i giorni e che la
politica, secondo un'espressione d.i Hitler, non è l'arte
del possibile ma dell'impossibile � 23 • Si tratta di un giudi
zio tanto più rimarchevole ove si tenga presente che esso
viene pronunciato durante la guerra, allorché tutti gli
intellettuali di sinistra simpatizzavano per l'Urss, non solo
perché vedevano in essa una componente essenziale del
fronte antifascista, ma anche perché la consideravano la
prima realizzazione socialista della storia (sia pure con
dei ' difetti ', dovuti alle circostanze eccezionali ). Per
Horkheimer, al contrario, la rivoluzione bolscevica è com
pletamente fallita: invece di dar vita alla democrazia dei
consigli, si è istituzionalizzata come autorità; in Russia,
la disciplina e l'ordine hanno salvato la Repubblica, ma
hanno spazzato via la rivoluzione; tutti i produttori sono
diventati operai salariati dominati e sfruttati dallo Stato
capitalista, sicché, inevitabilmente, il regolamento della
fabbrica è stato esteso a tutta la società 24• Ma un domi-
107
nio cosl completo e capillare dello Stato sulla società può
realizzarsi solo con la coercizione, con la polizia politica
e il terrore di massa. Il potere dominante giustifica tutto
ciò con l'edificazione del socialismo, cioè con l'estinzione,
in futuro, dello Stato, e con la creazione di migliori condi
zioni di vita. Ma si tratta solo, ovviamente, di una spudo
rato menzogna. « Non c'è cosa al mondo - osserva Hork
heimer - che possa legittimare più a lungo la violenza
della sua indispensabilità ai fini della cessazione della vio
lenza stessa » 25• E ancora, più sarcasticamente: « Poiché
l'illimitata quantità dei beni di consumo e di lusso appare
come miraggio, viene legittimata la cristallizzazione del
dominio che era destinato ad estinguersi nella prima fase.
Con le spalle coperte dai cattivi raccolti e dalla carenza
di alloggi, si annuncia che il governo della polizia segreta
scomparirà solo quando si sarà realizzato il paese della
cuccagna )> 26•
Per Horkheimer, l'Urss costituisce la forma più per
fetta di Stato autoritario fondato sul capitalismo di Stato,
poiché, mentre nei regimi fascisti il profitto, anch� se
viene estratto e distribuito sotto il controllo statale, ha
pur sempre un ruolo fondamentale, e la sua distribuzione
crea, in certa misura, attriti, difficoltà e contrasti; nello
statalismo integrale, invece, tutti i problemi di questo
tipo scompaiono, e il potere è un mostruoso Moloch che
plasma e domina molecolarmente tutta la società 27• Sotto
questo profilo, quindi, il giudizio di Horkheimer sull'Urss
è persino più negativo di quello sul nazifascismo.
Queste analisi di Horkheimer presentano certamente
aspetti nuovi e originali, che avranno più ampi svilupni
in futuro nel pensiero filosofico-politico e politologico (da
Hannah Arendt a Raymond Aron ) : basti pensare alla
categoria di ' totalitarismo ', applicata a sistemi politici
- come la Germania nazista e la Russia staliniana -
caratterizzati sl da molteplici differenze, ma accomunati
25 Ivi, p. 86.
lb lvi, p. 83.
27 Ivi, p. 70.
108
anche, innegabilmente, da parecchie affinità (partito unico,
culto del capo carismatico, soppressione delle libertà civili
e politiche, fanatizzazione delle masse, annientamento fisico
degli avversari politici, uso del terrore su larga scala, ecc . ) 28•
Avere sostenuto questo punto di vista agli inizi degli anni
Quaranta costituisce certo, da parte di Horkheimer, una
prova notevole di coraggio e di indipendenza intellettuali.
Senonché, l'originalità della sua posizione è immediata
mente compromessa dal fatto che sotto la categoria di
totalitarismo egli comprende anche i paesi liberai-demo
cratici, cioè quei paesi i cui sistemi politici sono caratte
rizzati dalla salvaguardia dei diritti civili e politici, dal
pluralismo, dal parlamento eletto a suffragio universale,
dalle garanzie offerte a tutti i partiti, ecc. Elementi,
questi, che non possono ovviamente essere trascurati o
sottovalutati a causa dei meccanismi, certo potenti (ma
non onnipotenti ), di burocratizzazione, di conformismo e
di standardizzazione, tipici della società di massa "'·
109
VII. CONTRO LA SOCIETÀ TECNOLOGICA
110
minati criteri e valori fondamentali ( religiosi, politici ed
economici) che nessuna autorità esterna poteva concul
care. Tali criteri e tali valori ispiravano forme di vita,
sociale oltre che personale, adatte al pieno sviluppo delle
facoltà e delle capacità dell'uomo: perciò esse rappresen
tavano la ' verità ' della sua esistenza. L'individuo si
riteneva capace, in quanto essere razionale, di ritrovare
queste forme col proprio pensiero, e di tradurle nella
realtà. Il compito del !'Otere politico era soltanto quello
di garantire al singolo questa libertà e di rimuovere tutte
le restrizioni all'esercizt\o della razionalità umana 2 • Ciò
avveniva nell'ambito di una struttura economico-sociale
costituita da una miriade di piccoli imprenditori indipen
denti in concorrenza tra loro. Di fronte ad essi lo Stato
si limitava a tutelare le regole del gioco, e l'individuo
manifestava, per cosi dire, la propria individualità attra
verso la propria capacità di intrapresa, che gli permetteva
di provvedere ai propri bisogni personali e a quelli di
una parte della società.
Nel corso del tempo, però, il processo di produzione
delle merci sgretolò la base economica su cui si era
costruita la razionalità individualistica. La meccanizza
zione e la razionalizzazione dei processi produttivi costrin
sero i concorrenti più deboli a subire il predominio dei
grandi colossi industriali. Questa nuova situazione tra
sformò la razionalità individualistica in razionalità tecno
logica, la quale non limitò il proprio influsso ai soggetti
operanti nelle imprese giganti, bensl plasmò la società a
tutti i livelli. Ne nacque il tipo di razionalità che predo
mina ancor oggi, la quale stabilisce criteri di giudizio e
incoraggia atteggiamenti che predispongono l'uomo ad
accettare e persino a interiorizzare i diktat del sistema 3.
Il ' libero ' soggetto economico è divenuto oggetto di
un'organizzazione e di una pianificazione su larga scala,
111
e la conquista individuale si è trasformata in efficienza
standardizzata.
• lvi, p. 142.
112
�W!a
natura si fondono e si armonizzano in un mecca
nale e conveniente. Chi ne seguirà le prescrizioni,
verà perfettamente a suo agio, subordinando la pro
spontaneità all'anonima intelligenza che saggiamente
ordinato tutto per lui 5•
Secondo Marcuse, la cosa veramente importante
tutto ciò è che questo atteggiamento, che dissolve ogni
azione umana in una serie di risposte a regole prestabilire,
non solo è perfettamente razionale, ma è anche, per cosi
dire, perfettamente ' ragionevole '. Qualunque forma di
protesta non avrebbe senso, e l'individuo che rivendi·
casse la propria libertà d'azione sarebbe preso per pazzo.
« Non c'è possibilità di fuga individuale dal sistema che
ha meccanizzato e standardizzato il mondo. È un sistema
razionale, che unisce il massimo utile alla massima con·
venienza, risparmiando tempo ed energia, eliminando gli
sprechi, adeguando tutti i mezzi al fine, anticipando con·
seguenze, favorendo condizioni di accertabilità e sicu
rezza »- 6•
Manovrando la macchina, l'uomo impara che l'obbe
dienza alle direttive per il funzionamento della macchina
medesima è il solo modo di ottenere i risultati desiderati.
Sotto questo profilo, l'adattamento al sistema non ha
alternative e non c'è spazio per iniziative autonome. I
rapporti tra gli uomini sono sempre più mediati dal pro
cesso meccanico, il "quale agisce secondo le leggi della
fisica ed è finalizzato alla produzione di massa. La razio
nalità si trasforma cosl da forza critica in razionalità
tecnologica, cioè in un atteggiamento di adeguamento e
di acquiescenza. « L'autonomia della ragione perde di
significato nella stessa misura in cui pensieri, sentimenti
e azioni dell'uomo vengono plasmati dalle esigenze tecni
che del sistema che lui stesso ha creato. La ragione si
è trovata una comoda nicchia di quiete nel sistema del
controllo standardizzato della produzione e del consumo.
Qui essa regna attraverso le leggi e i meccanismi che assi-
s lvi, p. 144.
• Ibid.
113
curano l'efficienza, l'utilità e la coerenza del sistema » 7•
L'individuo diventa cosl un accessorio di un apparato o
di un complesso di apparati che gli impone le proprie
regole, la propria legalità, le proprie necessità. In questo
contesto, protesta e liberazione individuali non solo diven
tano impossibili, bensl appaiono ubble e chimere, e quin
di non sono solo imprese disperate ma addirittura irra
zionali.
114
Svariati fattori - dice infatti Marcuse - hanno contri
buito a creare l'impotenza sociale del pensiero critico. Quello
più decisivo è stato la crescita della ' macchina ' industriale
e del suo controllo totale in rutt i i settori della vita. La
razionalità tecnologica inculcata in chi si interessa attiva
mente a questa ' macchina ' ha trasformato numerose forme
di costrizione e di intervento autorevole dall'esterno in forme
di autodisciplina e di autocontrollo. Sicurezza e ordine sono,
in gran parte, garantiti dal fatto che l'uomo ha imparato ad
adeguare il suo comportamento a quello dei suoi simili fin
nei minimi particolari. Tutti gii uomini agiscono con la stessa
razionalità, cioè secondo i criteri che assicurano il funziona
mento della « macchina »- e quindi la loro sopravvivenza 10 •
115
assai presto famoso: Dialettica dell'illuminismo di Hork
heimer e Adorno 12•
In questa celebre opera - che ha come tema centrale
« l'autodistruzione dell'illuminismo •: il fatto, cioè, che
la pretesa del! 'uomo di accrescere sempre più il proprio
dominio sulla natura si rovescia necessariamente nel suo
contrario, nell'asservimento dell'uomo e nella sua degrada
zione - c'è una cosa che colpisce sin dall'inizio. L'illu
minismo, infatti, qui non designa più un'epoca storico
politica e culturale determinata, bensl viene dilatato sino
a comprendere tutto il complesso degli atteggiamenti degli
uomini tesi a dominare e a trasformare la natura: dalla
creazione dei primi utensili agli albori dell'homo sapiens,
fino ai grandi laboratori della fisica contemporanea. Sic·
ché, come affermano senza mezzi termini gli autori, « sto
ria universale e illuminismo diventano la stessa cosa » 13.
È chiaro che in questo contesto ' illuminismo ' è sino
nimo di ' cultura materiale ', nel significato storico-antro
pologico che tale definizione ha assunto ai nostri giorni.
Inoltre, poiché per i nostri autori l'illuminismo è l'espres
sione ideologica-organizzativa-istituzionale della società
borghese, anche quest'ultima deve subire una dilatazione
analoga: e infatti I'Odissea costituisce « uno dei primis
simi documenti rappresentativi della civiltà borghese occi-
dentale • 14• .
Vien subito da chiedersi quale vantaggio gli autori
ricavino da una estensione cosl vasta dei concetti di ' illu
minismo ' e di ' società borghese ', i quali in questo modo
perdono, come è ovvio, qualsiasi specificità. Senonché, il
vantaggio consiste in questo: che la critica di Horkheimer
e Adorno non è e non vuole essere la critica di una
società o di un'epoca determinata, bensl di tutta la civiltà
occidentale: una civiltà impegnata sin dagli inizi in una
1 16
opera di dissacrazione della natura che ha generato inevi
tabilmente un mondo infernale per gli uomini. Dicono
infatti gli autori:
117
sue concrete applicazioni tecniche e industriali. Anzi. a
questo proposito gli autori confessano di essere caduti
essi stessi, in un primo tempo, quando si sono accinti al
loro lavoro, in un grave errore, da cui hanno poi dovuto
emendarsi: essendosi proposti « nientemeno che com
prendere perché l'umanità, invece di entrare in uno stato
veramente umano, sprofondi in un nuovo genere di bar·
barie », essi avevano ritenuto di dover dare ancora qual·
che credito alla coscienza attuale. « Pur avendo osservato
da molti anni che nell'attività scientifica moderna le gran
di invenzioni si pagano con una crescente decadenza della
cultura teoretica, credevamo pur sempre di poter seguire
la falsariga dell'organizzazione scientifica, nel senso che U
nostro contributo si sarebbe limitato essenzialmente alla
critica o alla continuazione di dottrine particolari ». Se.
nonché, gli autori hanno dovuto accorgersi ben presto che
non era in discussione questo o quell'indirizzo scientifico,
questa o quella dottrina particolare, perché, « nel presente
sfacelo della civiltà borghese », era entrata in crisi � non
solo l'organizzazione, ma il senso stesso della scienza » 18•
Non si poteva, perciò, distinguere fra scienza e strumen
talizzazione inconsapevole di essa, fra scienza e sua utiliz
zazione socio-politica, e�c. 19 • Ecco perché la Dialettica
dell'illuminismo si apre con un'aspra critica di Bacone,
in quanto precursore del pensiero scientifico moderno. Il
brano in questione merita di essere riportato per esteso:
118
re non dispongono della tecnica più direttamente di quanto
ne dispongano i mercanti: essa è democratica come il sistema
economico in cui si sviluppa. La tecnica è l'essenza di questo
sapere. Esso non tende, sia nell'Occidente sia nell'Oriente, a
concetti e ad immagini, alla felicità della conoscenza, ma
al metodo, allo sfruttamento del lavoro, al capitale privato
o statale. Tutte le scoperte che riserva ancora secondo
Bacone, sono a loro volta solo strumenti: la radio come
stampa sublimata, il caccia come artiglieria più efficiente,
la teleguida come bussola più sicura. Ciò che g1i uomini
vogliono apprendere dalla natura, è come utilizzarla ai fini
del dominio integrale della natura e degli uomini. Non c'è
altro che tenga. Privo di riguardi verso se stesso, l'illumi
nismo ha bruciato anche l'ultimo resto della propria auto
coscienza 20•
119
scienza, la quale « diventa estetismo, sistema di segni
assoluti, priva di ogni intenzione che lo trascenda: di
venta, insomma, quel " gioco , in cui i matematici hanno
fieramente affermato da tempo risolversi la loro atti
vità » 24• La pretesa di ridurre tutto a numeri e a calcoli
fa corpo con l'essenza stessa della società illuministico
botghese, sia perché la sua unica aspirazione è la trasfor
mazione tecnico-pratica della natura, sia perché il suo
meccanismo complessivo di unificazione è costituito dallo
scambio, e quindi dalla riduzione di tutte le cose al loro
astratto valore, espresso in termini quantitativi, ovvero
numerici.
24 lvi, p. 26.
zs lvi, pp. 15-6.
120
esecutori dell'illuminismo >>. Perché? Perché Kant conce
pisce il pensiero come produzione di un edificio scientifico
unitario e sistematico, le cui regole e le cui categorie sono
però date - si badi - dal soggetto. In questo quadro,
non ha più senso parlare di ' ragione oggettiva '. La
ragione può essere solo e soltanto soggettiva; come tale,
essa non può porre fini oggettivi, può dare solo l'idea di
un'unità sistematica, può fornire solo gli elementi formali
di una salda compagine concettuale. La ragione, sulla base
di principi o di assiomi ad essa inerenti, è ordinatrice di
un materiale che in sé e per sé è caotico, privo di ordine
e di significato. Ma proprio questa è l'arroganza della
vuota ragione soggettiva. Si tratta di una ragione che
« rappresenta l'istanza del pensiero calcolante, che orga
nizza il mondo ai fini dell'autoconservazione e non cono·
sce altra funzione che non sia quella della preparazione
dell'oggetto, da mero contenuto sensibile, a materiale di
sfruttamento >>. Sotto questo profilo, Kant è davvero uno
dei grandi campioni dell'illuminismo. Horkheimer e Ador
no non esitano a darne questo giudizio: << Kant ha anti
cipato intuitivamente ciò che è stato realizzato consape
volmente solo da Hollywood: . le immagini sono censurate
in anticipo, all'atto stesso della loro produzione, secondo
i moduli dell'intelletto conforme al quale dovranno essere
contemplate >> 26•
Demolita la ragione oggettiva, edificata la ragione sog·
gettiva fondata su forme apriori ma vuote e sul pensiero
calcolante, è ormai aperta la via per l'ordine totalitario.
26 lvi, p. 93.
n lvi, p. 95.
121
3. Ragione soggettiva e ragione oggettiva: la vera,
grande e drammatica antitesi, non solo del pensiero con
temporaneo, ma di tutta la storia del pensiero occiden
tale, è fra questi due termini. I quali sono meglio chia
riti da Horkheimer (di nuovo in collaborazione con Ador
no) in un'opera che risale al 1944, ma che è stata pub
blicata nel 1947: Eclisse della ragione 28• Qui la polemica
investe subito la ragione soggettiva, cioè quella ragione
alla quale interessa soprattutto il rapporto fra mezzi e
fìni, ovvero l'idoneità dei procedimenti adottati per rag
giungere scopi che in genere si danno per scontati e che
si suppone si giustifichino da soli. La ragione soggettiva
non attribuisce molta importanza alla questione se gli
scopi siano razionali in se stessi: quello che conta è che
essi corrispondano agli interessi immediati del singolo o
della comunità. L'idea che un fine possa essere ragione
vaie in sé, indipendentemente da qualsiasi vantaggio che
esso possa arrecare, è completamente estranea alla ragione
soggettiva.
Questo modo di concepire la ragione è, secondo ltork
heimer, il sintomo più importante di un profondo muta
mento avvenuto negli ultimi secoli nell'ambito del pen
siero occidentale. Per molto tempo, infatti, era prevalsa
una concezione diametralmente opposta della ragione. Se
condo tale concezione, la ragione esisteva non solo nella
mente dell'individuo ma anche nel mondo oggettivo: nei
nate ne11a sua mente e quali nei1a mia: la nostra filosofia è una
sola ». (Citiamo dall'ed. it. dell'Eclisse della ragione, Einaudi,
Torino 1969).
122
rapporti fra gli esseri umani e fra le classi, nelle istitu
zioni sociali, nella natura e nelle sue manifestazioni.
29 lvi, p. 12.
123
siero moderno. A questa dissacrazione hanno contribuito
tutte le filosofie empiristiche e illuministiche.
124
stato proprio il fondatore della scuola pragmatista, Char
les S. Peirce, a dirci di avere « imparato la filosofia da
Kant >>, si sarebbe tentati di negare qualunque pedigree
filosofico a una dottrina la quale afferma che non le nostre
speranze sono esaudite e le nostre azioni hanno successo
perché le nostre idee sono vere, ma, all'inverso, che le
nostre idee sono vere perché le nostre speranze vengono
esaudite e le nostre azioni hanno successo. In breve. il
pragmatismo è per Horkheimer il riflesso di una società
che non ha tempo né di ricordare né di meditare.
Queste sedicenti ' filosofie ' (positivistiche, neoempi
ristiche, pragmatistiche) sono il riflesso di una situazione ben
precisa, in cui la ragione è ormai completamente aggiogata al
processo sociale, sicché l'unico criterio della sua validità è
cercato nel suo valore strumentale, nella sua funzione di
mezzo per dominare gli uomini e la natura. l concetti
sono diventati puri e semplici strumenti di lavoro, estre
mamente funzionali e razionalizzati; ogni loro riferimento
od altro è stato eliminato come un'ultima traccia di super
stizione. Si potrebbe dire che il pensiero è stato ridotto
al livello dei processi industriali. Del resto, esso è diven
tato, in quanto ratio formale, parte integrante del funzio
namento dell'industria.
Tutto questo è, secondo Horkheimer, l'epilogo di una
vicenda storica, nel corso della quale l'uomo, cercando
di sottomettere la natura, ha creato un sistema di domi
nio capillare e spietato dell'uomo sull'uomo. La comunità
umana ha cessato di essere comunità ed è divenuta società,
cioè un complesso di individui sempre più presi dagli
interessi materiali, sempre più dominati dall'idea del suc
ce-,so, sempre più in concorrenza tra loro per una quota
maggiore di benessere, di potere, di dominio. Ma processo
di atomizzazione e processo di massificazione hanno proce
duto di pari passo. La monade, simbolo secentesco dell'in
dividuo economico atomistico caratteristico della società
borghese, è diventata un tipo sociale. Il perseguimento
dell'interesse personale ha contrapposto le monadi l'una
all'altra, ma nello stesso tempo le ha rese sempre più
simili fra loro. Dice Horkheimer: « Nel nostro tempo di
125
grandi combina! economici e di cultura di massa, il prin
cipio dell'uniformità si libera della maschera individuali
stica, è proclamato apertamente e innalzato al livello di
un ideale fine a se stesso » 31 • Del resto, la grande società
industriale moderna non funziona senza potenti e diffusi
strumenti di razionalizzazione e di pianificazione: è l' ' ap
parato ' a imporlo. Cosi l'individuo, piccolo e insignifi
cante ingranaggio di un enorme meccanismo, deve ade
guarsi e adattarsi ai movimenti degli altri individui, farsi
in tutto e per tutto simile a loro; deve tener conto delle
regole proprie del funzionamento del complesso sociale,
applicarle ed eseguirle in tutti i dettagli. L' ' apparato '
finisce cosi per plasmare tutta la vita di ciascuno, ivi com
presi i suoi impulsi più segreti, che un tempo apparte
nevano alla sua sfera privata. L'adattamento e l'unifor
mità diventano norme fondamentali per ogni tipo di com
portamento soggettivo 32 • A ciò si deve aggiungere che,
in quanto la società industriale avanzata è fondata, per
un verso, sull'interesse egoistico e sull'individualismo più
sfrenato e, per un altro verso, sull'uniformità e sulla mas
sificazione dei singoli, mentre l' ' apparato ' industriale e
burocratico, controllato dalle corporazioni e dai gruppi
più forti, diventa sempre più esteso e potente, è inevi
tabile che tale società covi nel proprio seno la peste del
fascismo. « Questo spiega - dice Horkheimer - la
tendenza del liberalismo a trasformarsi in fascismo » 33•
D'altro canto, secondo Horkheimer, gli intellettuali
' liberali ' non sono affatto in grado, nella loro grande
maggioranza, di opporre una seria resistenza al fascismo,
proprio perché ·sono dominati dalle ideologie neopositi
vistiche, neoempiristiche, pragmatistiche, cioè da ideolo
gie - strettamente funzionali alla società industriale -
per le quali i concetti di giustizia, di eguaglianza, di feli
cità, di tolleranza, tutti i concetti insomma che nei secoli
precedenti il nostro si credevano una cosa sola con la
31 lvi, p. 122.
32 lvi, p. 124.
33 lvi, p. 25.
126
ragione o sanzionati da essa, hanno perso le loro radici
intellettuali. Quei concetti, dice l'autore,
sono ancora scopi e fini, ma non esiste più alcuna encità razio
nale autorizzata a darne un giudizio positivo e a metterli in
rapporto con una realtà oggettiva. Confermati da venerabili
documenti storici, godono ancora di un certo prestigio; alcuni
di essi informano ancora le leggi di alcuni grandi paesi. Tutta
via, manca ad essi ogni conferma da parte della ragione,
intesa nel senso moderno del termine. Chi può dire che uno
qualsiasi di questi ideali sia più vicino alla verità del suo
opposto? 34
34 Ivi, p. 27.
l5 W. Benjamin nacque a Berlino nel 1892 da famiglia ebrea.
Studiò a Berlino, a Friburgo e a Monaco; nel 1918 si laureò
a Berna con una tesi sul Concetto di critica d'arte nel romanti·
cismo tedesco. Avvicinatosi al Partito comunista, nel 1926-27
soggiornò a Mosca. A1l'avvento del nazismo si trasferl a Parigi,
dove lavorò nella sede dell'Istituto per la Ricerca Sociale. In
seguito all'invasione nazista della Francia, cercò di passare in
Spagna. Respinto alla frontiera spagnola, si suicidò (1940).
127
citato un influsso profondo sugli esponenti dell'Istituto
per la Ricerca Sociale.
In un saggio molto significativo, pubblicato nel 1936
sulla « Zeitschrift fiir Sozialforschung >> - L'opera d'arte
nell'epoca della sua riproducibilità tecnica - Benjamin
sostenne che ciò che viene meno nella nostra epoca è
l'« aura >> dell'opera d'arte, il suo hic et mmc, la sua
essenza più profonda: sostenne, insomma, che nella società
industriale avanzata vien meno ropera d'arte stessa. Sotto
questo profilo la società industriale-capitalistica porterebbe
con sé, né più né meno, la morte dell'arte. Si tratta di
una tesi singolare, che merita di essere vista nei dettagli.
Secondo Benjamin, l' ' unicità ' dell'opera d'arte si iden
tifica con la sua integrazione nel contesto della tradizione.
È vero, egli dice, che quest'ultima, essendo qualcosa di
vivente è anche straordinariamente varia e mutevole; ma
è anche vero che, in linea di massima, il modo origi·
natio di articolazione dell'opera d'arte dentro il contesto
della tradizione trova la sua espressione nel culto. « Le
opere d'arte più antiche - egli afferma - sonò nate,
come è noto, al servizio di un rituale, dapprima magico,
poi religioso. Ora, riveste un significato decisivo il fatto
che questo modo di esistenza, avvolto da un'aura parti
colore, non possa mai staccarsi dalla sua funzione rituale.
In altre parole: il valore unico dell'opera d'arte autentica
trova una sua fondazione nel rituale, nell'ambito del
quale ha avuto il suo primo e originario valore d'uso »- 36•
Ora, secondo Benjamin, l'opera d'arte della ·nostra epoca
rompe con tutto ciò, diviene sempre più un'opera pre·
disposta alla ripfoducibilità, e perde in tal modo la pro
pria unicità/autenticità. Senonché, nel momento in cui
il valore dell'autenticità vien meno, si trasforma . anche
l'intera funzione artistica. Alcuni esempi possono servire
a chiarire questo profondo mutamento.
Nel caso della pittura è innegabile, secondo Benjamin,
che il dipinto ha sempre avanzato l'esigenza peculiare di
128
essere osservato da uno o da pochi. E infatti, egli dice,
« l'osservazione simultanea da parte di un vasto pubblico,
quale si delinea nel secolo XIX, è un primo sintomo della
crisi della pittura, crisi che non è stata affatto suscitata
dalla fotografia soltanto, bensl, in modo relativamente
autonomo J attraverso la pretesa dell'opera d'arte di tro
vare un accesso alle masse » n. Un episodio impressio
nante di tale crisi è il dadaismo: come le poesie dei
dadaisti sono insalate di parole, contenenti locuzioni
oscene e tutti i possibili cascami del linguaggio, cosl nei
loro dipinti essi montano bottoni o biglietti ferroviari.
« Ciò che essi ottengono con questi mezzi è uno spietato
annientamento dell'aura dei loro prodotti, ai quali, coi
me7.zi della produzione, impongono il marchio della ripro
duzione » 38•
Ma l'espressione più significativa dell' ' opera d'arte '
nell'epoca della sua riproducibilità tecnica è il film, al
quale Benjamin dedica numerose osservazioni. Egli si
sofferma in primo luogo sulla profonda differenza, di
ruolo e di funzione, che c'è fra l'attore teatrale e l'attore
cinematografico. La prestazione artistica del primo viene
offerta al pubblico da lui stesso, in prima persona; la
prestazione artistica del secondo viene offerta invece attra
verso un'apparecchiatura. Ne discendono alcune fonda
mentali conseguenze. La prestazione artistica dell'attore
teatrale costituisce una totalità (di azioni-gesti-sentimenti)
che lo spettatore percepisce direttamente; la prestazione
dell'attore cinematografico, invece, non è una totalità,
bensl viene sminuzzata in una serie di momenti staccati
fra loro (' girati ' in tempi diversi, a seconda degli ' in;
terni ' e degli ' esterni ', dell'organizzazione generale, ecc.),
ricomposti solo successivamente, col montaggio, e poi
offerti al pubblico. Cosl, mentre l'attore di teatro adegua
la propria interpretazione al pubblico durante lo spetta
colo, ciò è impedito all'attore cinematografico, che risponde
soltanto a indicazioni che gli provengono dall'esterno.
37 lvi, p. 39.
38 lvi, p. 4.3.
129
Benjamin non esita a far proprie, a questo p • ,
osservazioni di Pirandello sull'attore cinematogra
••
Qua [gli attori cinematografici] si sentono come in es
In esilio non soltanto dal palcoscenico, ma quasi anche d
·�
se stessi. Perché la loro azione, l'azione viva del loro corpo
vivo, là, sulla tela dei cinematografi, non c'è più: c'è la loro
immagine soltanto, colta in un momento, in un gesto, in una
espressione, che guizza e scompare. Avvertono confusamente,
con un senso smanioso, indefinibile di vuoto, anzi di vota
mento, che il loro corpo è quasi sottratto, soppresso, privato
della sua realtà, del suo respiro, della sua voce, del rumore
ch'esso produce movendosi, per diventare soltanto un'imma-
gine muta, che tremola per un momento su lo schermo e
scompare in silenzio, d'un tratto, come un'ombra inconsistente,
giuoco d'illusione su uno squallido pezzo di tela 39•
130
Allo stesso modo, c'è un'enorme differenza fra la tela su
cui viene proiettato il film e la tela su cui si trova il
dipinto. Quest'ultimo invita l'osservatore alla riflessione e
alla contemplazione, ed egli può abbandonarsi al flusso
dei suoi pensieri. Di fronte all'immagine filmica, invece,
lo spettatore ha un atteggiamento del tutto diverso: non
appena la coglie visivamente, essa si è già modificata. L'im
magine filmica non può essere fissata 42•
In breve: l'opera d'arte nell'epoca della sua riprodu
cibilità tecnica (e il film ne costituisce, secondo Benjamin,
l'esempio più complesso e più completo) è un'opera ormai
priva d' ' aura ', che non invita più alla contemplazione e
al raccoglimento, a una intensa vita spirituale, ma solo al
divertimento e all'introiezione di immagini che, proprio
per il procedimento tecnico mediante il quale vengono
create, e per l'altissima diffusione che possono avere,
sono sempre più prodotti ' manipolati ' in vista del domi
nio psicologico sulle masse. Il ' sistema ' si è impadronito
anche del mondo spirituale ed estetico degli uomini, e lo
manovra e lo plasma mediante l'industria culturale.
Questa analisi di Benjamin ha esercitato, come abbia
mo detto, un influsso profondo sugli esponenti della
Scuola di Francoforte. Si prenda, per esempio, il saggio
di Horkheimer Arte nuova e cultura di massa ( 1 941 ) .
Qui l'autore scrive che « con l a progressiva dissoluzione
della famiglia, con la trasformazione della vita privata in
tempo libero e del tempo libero in attività insulse, com
pletamente controllate, nei piaceri dello stadio e del cine
ma, del best·seller e della radio, scompare anche l'inte
riorità • ". E poco dopo egli afferma che l'Europa ha
raggiunto uno stadio in cui tutti i mezzi di comunica
zione altamente sviluppati servono a rafforzare sempre più
le barriere che dividono gli esseri umani. • In questo la
radio e il cinema non sono da meno degli aeroplani e dei
41 lvi, p. 43.
" M. Horkheimer, TC, Il, p. 310.
131
cannoni >> " . Si tratta di espressioni che, proprio per il
loro carattere paradossale, devono essere spiegate.
. L'idea, sempre presente in Horkheimer e in Adorno
(e da essi sviluppata soprattutto nella Dialettica dell'illu
minismo) è che i mass media (radio, cinema, televisione,
dischi, ecc.) non sono veicoli neutri, che possano essere
' riempiti ' di contenuti diversi. Come è stato giustamente
osservato, per Adorno e per Horkheimer i mass media,
!ungi dall'essere veicoli neutri e imparziali, non soltanto
trasmettono ideologia, ma sono ideologia, e ciò indipen
dentemente dai particolari contenuti da essi trasmessi 45 • Il
fatto si è che, per gli esponenti della Scuola di Franco
forte, il fine precipuo dei mass media è quello di usare
un linguaggio accessibile a tutti, uniforme, omogeneo,
privo di novità e di particolarità, perfettamente consono
ali' 1 uomo senza qualità ', cioè ali 'uomo-massa della società
industriale avanzata. Sotto questo profilo i mass media
sono un'espressione emblematica del ' sistema ', dell' ' appa
rato ', di cui riproducono, con la loro struttura, l'altissima
perfezione e sofisticazione tecnologica, e di cui esaudiscono
le esigenze ideologiche con i loro messaggi di massa uni
formi, standardizzati, stereotipati, al fine di plasmare uomini
sempre più succubi del sistema stesso, sempre più anonimi,
sempre più uguali, sempre più conformisti. I mass media,
insomma - e qui è evidente l'influsso delle idee di
Benjamin -, uccidono l' ' aura ', ne sono la più completa
negazione, ovvero sono strumenti di un mondo che non
conosce più valori spirituali profondi, che non conosce
più interiorità, meditazione e raccoglimento: in una parola,
sono strumenti di- una società che ha definitivamente sop:
presso la trascendenza.
E tuttavia è giusto avvertire che, pur facendo pro
pria l'analisi di Benjamin relativa ai mass media, Hork
heimer (e anche Adorno) assumono verso l'arte una posi
zione sostanzialmente diversa da quella di Benjamin. Men-
* lvi, p. 312.
45 Cfr. S . Motavia, Adorno e la teoria critica della società,
Sansoni, Firenze 1974, p. 35. Dall'analisi di Moravia . abbiamo
ripreso alcuni spunti.
1J2
tre · per quest'ultimo, infatti, il mondo industriale-capita
listico produce inevitabilmente la morte dell'arte, per
Horkheimer, invece, alla morte dell'arte e dei valori spi
rituali determinata dai mass media e dall'industria cultu
rale, si contrappone la vera opera d'arte, la quale non
solo non scompare dal mondo contemporaneo, ma pre
serva quell'utopia che è sfuggita alla religione ". Secondo
Horkheimer, oggi l'arte sopravvive in quelle opere che
« esprimono senza compromessi l'abisso che si apre tra
l'individuo monadico e il suo ambiente barbarico - nella
prosa di Joyce, ad es., e in quadri come Guernica di
Picasso » . È vero che tali opere presentano forme espres
sive grottesche .e dissonanti; ma ciò è dovuto proprio al
fatto che la cosCienza che sta dietro di esse vive come
tagliata fuori dalla società.
133
l'incubo della sua esistenza quotidiana dominata da forze
mostruose, enormi, misteriose e inafferrabili, la sua totale
assenza di illusioni e di progettualità.
VIII. EPILOGO
134
superare la società borghese; b) che il dominio sociale non
può essere spiegato nei modi troppo semplicistici della
coercizione e della violenza materiali (la famosa ' ditta
tura ' delle classi dominanti), e che in realtà esso fa corpo
con tutta una serie di elementi culturali ( in senso lato ),
ideologici non meno che psicologici, che ne costituiscono
spesso l'aspetto più importante (di qui il tentativo di uti
lizzare la psicoanalisi ai fini dell'indagine socio-politica:
un fatto nuovo nella storia del marxismo) ; c) il carattere
datato e ormai superato dell'analisi marxista incentrata
sul dualismo fra Stato e società civile, nel momento in
cui negli Stati capitalistici avanzati si registra un inter
vento sempre più massiccio dello Stato nell'economia ( at
traverso la legislazione in materia economica e sindacale;
attraverso gli strumenti della programmazione e del cre
dito; attraverso il controllo diretto di determinati settori
dell'industria e dei servizi, ecc . ) : un intervento cosl ampio,
che non si può più parlare della sfera economica come di
una sfera autonoma dallo Stato, né si possono più fare
indagini economiche che prescindano dall'intreccio fra
economia e politica, o addirittura dal primato della sfera
politica.
E tuttavia, nonostante questi spunti di indubbio inte
resse, non si può dire che ad essi corrispondano soluzioni
soddisfacenti. La stessa revisione del marxismo operata
dalla Scuola di Francoforte, pur muovendo da constata
zioni giuste e realistiche, non dà alcun apprezzabile con
tributo al progresso delle scienze sociali. Come, infatti,
la Scuola accentua e radicalizza, in fatto di teoria politica,
la critica matxista della società liberai-democratica, fino
a far proprie le posizioni del marxismo più rozzo ed estre
mistico (diciamo rozzo ed estremistico perché, dopotutto,
Marx, pur criticando i ' diritti dell'uomo e del cittadino '
e l'emancipazione solo politica realizzata dalla borghesia,
non mancava di distinguere fra bonapartismo e Stato libe
rale); cosl, in fatto di teoria sociale, la Scuola si ispira
alle componenti più utopiche e irrealistiche del marxi
smo medesimo, formulando un rifiuto globale, o ' grande
rifiuto ', della società contemporanea. Essa postula infatti
135
il sorgere di una comunità radicalmente nuova, emanci
pata da qualunque autorità, da qualunque condiziona
mento materiale e sociale, da qualunque forma non solo
di dominio, ma anche di organizzazione (l'odiato ' appa
rato ' ) . E poiché la società contemporanea è una società
industriale avanzata, in cui la scienza è una componente
decisiva dell'industria, la Scuola di Francoforte non esita
a pronunciare una condanna tanto intransigente quanto
sommaria della scienza e delle sue applicazioni ai processi
produttivi e, più in generale, dell'organizzazione indu
striale del mondo moderno.
È inutile insistere su questi aspetti, che abbiamo già
avuto modo di vedere minutamente nel corso del presente
lavoro. Ora conviene piuttosto affrontare un problema
che abbiamo sempre lasciato nell'ombra, e che è invece
di grande importanza per intendere l'ispirazione ideale
della Scuola di Francoforte nella sua genesi e nei suoi
presupposti. Si tratta, in sostanza, di rispondere alla
seguente domanda: la critica della società industriale
svolta dalla Scuola è solo e soltanto una deformazione
spiritualistica del marxismo (come certamente in gran
parte è: basti pensare al concetto di alienazione identifi
cato col lavoro e col principio di prestazione), o conserva
piuttosto, nonostante tutto, un legame consistente con
l'opera di Marx? A questa domanda noi abbiamo già
risposto implicitamente in modo affermativo quando ab
biamo detto che la Scuola di Francoforte si ispira alle
componenti più utopiche e irrealistiche del marxismo, in
primo luogo all'idea di una palingenesi radicale della
società, che aboliséa una volta per tutte ogni contraddi
zione, ogni conflitto, che realizzi una completa concilia
zione fra uomo e uomo e fra uomo e natura, che sop
prima qualunque differenziazione all'interno del complesso
sociale, rendendo cosi superflua qualsiasi autorità e impos
sibile qualsiasi forma di dominio.· Ma se questo è vero,
non è meno vero che la Scuola di Francoforte nega
proprio uno dei concetti-chiave della dottrina marxista:
il progresso dell'umanità reso possibile dal suo crescente
dominio sulla natura realizzato grazie all'impetuoso e
136
inarrestabile sviluppo della scienza e dell'industria. A
questo punto sorge inevitabilmente la domanda: come
può la Scuola conservare un contatto vivo e reale con
l'opera di Marx se ne nega un concetto cosl centrale e
sotto ogni profilo decisivo? Bisogna ammettere che si
tratta di una domanda imbarazzante, alla quale non sem
bra facile rispondere.
Senonché, se si vuole intendere davvero, in tutti i
suoi aspetti, il rapporto difficile e complesso della Scuola
di Francoforte con la concezione marxista, non si deve
mai perdere di vista, a nostro avviso, un fatto fondamen
tale: e cioè che nel marxismo confluiscono due ispirazioni
radicalmente diverse: l'una materialistica e illuministico
industrialistica, l'altra idealistica e organicistico-romantica.
La • teoria critica ' ha optato sin dall'inizio per la seconda
ispirazione, approfondendola e radicalizzandola. Su que
sto delicato nodo problematico vale la pena di soffermarsi
brevemente.
137
creato delle forze produttive il cui numero e la cui impor
tanza superano quanto mai avessero fatto tutte insieme le
generazioni passate » 2 •
Questo apprezzamento del ruolo storicamente progres
sivo della borghesia e del capitalismo industriale distingue
sin dall'inizio, in modo rigoroso, la critica marxiana da
tutte le altre critiche di tipo romantico della società
borghese moderna. Decisivo, in questo senso, è il giudizio
che, nel Manifesto, Marx dà su Sismondi, il cui pensiero
è da lui giudicato come l'espressione più caratteristica
delle aspirazioni e delle esigenze della piccola borghesia
di fronte ai sommovimenti e ai terremoti sociali provo
cati dalla rivoluzione industriale. Sismondi, dice Marx,
ha individuato molto acutamente le contraddizioni esi
stenti nei moderni rapporti di produzione:
138
ma in nome di un passato che non può più essere resu
scitato. Perciò le sue parole d'ordine sono le corporazioni
nella manifattura e l'economia patriarcale nell'agricoltura:
un programma romantico e organicistico, che la rivolu
zione industriale ha irrimediabilmente travolto.
A questo punto di vista Marx terrà fermo anche in
tutta l'opera della maturità. Come è stato giustamente
rilevato:
139
di scambio, che trapassa nella scissione fra merce e denaro; ·
la scissione fra il lavoratore e i mezzi di produzione, fra
il salariato e il capitale; la scissione fra le determinazioni
economiche e le determinazioni politiche, fra la sfera so
ciale e la sfera giuridica, fra lo Stato e la società civile,
ecc. Contro tutto ciò Marx invoca l'unità, il ristabilimento
del vincolo sociale che si è spezzato. Di qui l'istanza
organicistica che opera potentemente al fondo del suo pen
siero. E non è certo un caso che egli, sin dai suoi lavori
giovanili, accetti la critica hegeliana dell' ' atomismo '
prodotto dalla società borghese moderna. Anche nell'ope
ra più aspramente critica verso Hegel, la Critica della
filosofia hegeliana del diritto pubblico, Marx, dopo aver
respinto il metodo speculativo hegeliano, afferma: << e
tuttavia riconosciamo in Hegel della profondità in questo
suo cominciare ovunque con r opposizione delle determi
nazioni (proprie dei nostri Stati) e parvi l'accento » '.
Si tratta, appunto, delle opposizioni che lacerano il mondo
moderno, e che devono essere soppresse 6.
Perciò, non a caso, in Marx ritroviamo molto del
l'organicismo hegeliano. La critica di Hegel alla rivolu
zione francese, perché essa dissolve il popolo « in un
mucchio » di individui atomistici, privi di legami pro
fondi e senza « eticità vera » 7, è certamente condivisa
da Marx. Il quale, infatti, la riprende nella Questione
ebraica, là dove critica i diritti dell'uomo e del cittadino:
e cioè, in primo luogo, la scissione fra uomo e cittadino,
la concorrenza, la conflittualità, l'atomismo che caratte-
140
rizzano la ' società civile •, la libertà borghese che è solo
la libertà di una monade, isolata e contrapposta a tutte
le altre monadi, ecc. È superfluo ricordare quanto questa
tematica dell' ' unità organica ', che Marx mutua da Hegel,
debba al mito protoromantico della ' bella eticità • attri�
buita alla polis, in cui ogni cittadino era membro di una
comunità compatta, coesa, armonica, senza interessi parti
colaristici e volontà divergenti: il singolo era solo appa
rentemente tale, e in realtà era un'articolazione della tota
lità, dalla quale non si distingueva, e dalla quale soltanto
riceveva senso e significato.
Che questa componente organicistica operi potente
mente nella critica rivolta da Marx alla società borghesè
moderna in nome della società comunista ( da Marx definita
non Gesellschaft - società - bensl Gemeinwesen - co
munità) è provato non solo da quello che si è detto finora,
ma anche dall'influsso culturale che la posizione marxista
ha esercitato. Come ha opportunamente sottolineato un
autorevole studioso di Marx e del marxismo,
141"
tale comunità è fondamentalmente rurale e patriarcale,
sicché l'accostamento a Marx va fatto con grande cautela;
ma non è meno vero che l'utilizzazione da parte di
Tonnies di parecchi motivi marxiani è tutt'altro che priva
di significato.
In ogni caso, è indubbio che l'esaltazione che Marx
ha fatto della missione storica della borghesia e dell'indu
strialismo, e la critica, di ispirazione organicistica, che
egli ha nel contempo rivolto ad essi, dimostrano la pre
senza in lui di due componenti ideali, e, più generalmente,
di due ispirazioni (l'una illuministica, l'altra romantica)
non solo diverse ma incomponibili. Del resto, ciò è con
fermato anche dalla storia del marxismo, dove quella
duplice ispirazione ha prodotto ' filiazioni ' di segno oppo
, ,
sto : forme di marxismo ' scientistico e ' positivistico
(caso tipico: Kautsky), e forme di marxismo antiscienti
stico e antipositivistico o dialettico (caso tipico: Lukacs ).
La Scuola di Francoforte si inscrive interamente nel
secondo filone, e lo radicalizza in forma estrema. La sua
critica è sempre rivolta alla razionalità scientifica, alle sue
applicazioni tecniche, all'industria e all'organizzazione
industriale del mondo moderno. Non c'è dubbio che tale
critica altera, per cosl dire, l'equilibrio del marxismo, in
quanto ne fa propria una sola componente, e la estremizza
fino a farne la chiave di volta di un rifiuto totale della
società industriale (di qui la sua confluenza obiettiva con
' critici della civiltà ' come Jaspers o Huizinga) •. Ma è
142
iùtrettanto certo che essa mostra un saldo · legame con
il marxismo proprio attraverso la sua componente antillu
ministica e romantica.
143
yolgimento completo della psicoanalisi, che la priva di
tutta la sua forza e di tutta la sua originalità.
Come abbiamo visto, infatti, i ' francofortesi ' rifiu
tano uno dei cardini del pensiero freudiano: la presenza
nell'uomo di pulsioni aggressive; inoltre, essi respingono
l'idea della civiltà come fatale processo di repressione
degli istinti; vedono nell'autorità paterna il fondamento
e il prodotto del dominio sociale, ecc. Ciò è dovuto al
fatto che l'utilizzazione della psicoanalisi da parte della
c teoria critica ' avviene nell'ambito di una concezione
palingenetica (di indubbia ispirazione marxista), tesa alla
liberazione ' totale ' del genere umano da qualunque auto
rità, da qualunque condizionamento materiale e sociale,
da qualunque forma di dominio. Quanto di più lontano,
dunque, si possa immaginare dall'ispirazione realistico
pessimistica della psicoanalisi.
A questa impostazione gli esponenti della ' teoria cri
tica ' rimarranno sempre fedeli, anche dopo l'allontana
mento di Fromm dall'Istituto per la Ricerca Sociale,
avvenuto per dissensi teorici (egli fu criticato, a quanto
pare, per il suo eccessivo ' revisionismo ' verso la psico
analisi) 10• Sotto questo profilo, anche il celebre saggio di
Marcuse Eros e civiltà, che pure mostra di tenere in alta
considerazione le idee di Freud, fino ad assumerle come
punto di partenza per un'ampia disamina della civiltà con
temporanea, non aggiunge e non toglie nulla agli scritti
precedenti della Scuola: esso, infatti, capovolge letteral
mente le tesi freudiane 1 1 •
E poiché questo lavoro di Marcuse viene citato spesso
a riprova dell'ispirazione psicoanalitica della Scuola di
Francoforte, e del fecondo influsso esercitato su di essa
dalla psicologia del profondo, può essere utile mettere a
confronto lo schema analitico proposto da Freud nel
Disagio della civiltà con lo schema proposto da Marcuse
144
in Eros e civiltà. Chiediamo scusa al lettore per questa
digressione, in quanto, da un punto di vista strettamente
cronologico, il libro eli Marcuse (pubblicato nel 1 955)
esorbita dai limiti che ci siamo prefissati. Ma poiché
l'autore proclama in esso la propria fedeltà allo spirito
e alle idee della Scuola 12, e poiché in effetti Eros e civiltà
costituisce il punto di incontro più interessante e com
plesso fra ' teoria critica ' e freudismo, dalla sua analisi
potremo ricavare utili indicazioni ai fini di una compren
sione più piena del rapporto fra la Scuola di Francoforte
e la psicoanalisi. Il lettore ci scuserà se nel corso di tale
raffronto dovremo fare ampi riferimenti alle tesi freudiane,
ma tutto il discorso, se ne perderà in brevità, ne guada
gnerà in chiarezza.
145
forze distruttive; e, infine, dalle nostre relazioni con altri
uomini >> 13• Ne discende dunque che, se la vocazione più
profonda dell'uomo è alla felicità, la sua situazione di
gran lunga prevalente è l'infelicità. Del resto, anche
l'amore sessuale, che ci procura il piacere più intenso,
e che, proprio per ciò, ci fornisce il modello della felicità,
è assai problematico, poiché � mai come quando amiamo
prestiamo il fianco alla sofferenza, mai come quando abbia
mo perduto l'oggetto amato o il suo amore siamo cosi
disperatamente infelici >> " .
È evidente, in queste proposizioni, che nel sostenere
la tesi della sostanziale infelicità della condizione umana,
l'accento di Freud cade sul carattere naturale-finito del
l'uomo, sulla sua intrinseca debolezza di fragile creatura
esposta agli attacchi della natura esterna e alle pulsioni
aggressive degli altri uomini. E tuttavia, in diverse occa
sioni, Freud non manca di accennare anche alle istituzioni
sociali e, più in generale, al processo di edificazione della
civiltà, come fonte di grande infelicità per l'uomo. Qui
il suo discorso acquista una dimensione più propriamente
storico-sociale. Egli parla infatti delle « tre fonti da cui
proviene la nostra sofferenza: la forza soverchiante della
natura, la fragilità del nostro corpo, e l'inadeguatezza delle
istituzioni che regolano le reciproche rela1.ioni degli uomi
ni nella famiglia, nello Stato e nella società >> 15• Quest'ul
timo accenno è particolarmente importante, e viene ulte
riormente sviluppato da Freud con la considerazione che
le più straordinarie conquiste scientifiche e tecniche del
l'uomo - che da debole organismo animale quale com
parve dapprima sulla terra lo hanno trasformato quasi in
un Dio - sono ben !ungi dal renderlo felice 16• Anzi,
� sembra assodato che non ci sentiamo a nostro agio
nella civiltà odierna » 17 •
È a questo punto che l'indagine freudiana affronta
146
'""' ,; d<ciOW. Poochò, -�� ..! •=
�
soverchiante della natura, e della fragilità del
�•�'
corpo, è evidente che si tratta di fonti di so ere
inevitabili - per il semplice motivo che gli uo ·
non domineranno mai completamente la natura e il !or
�
organismo rimarrà sempre una struttura debole e tran
sitoria, con limitati poteri di adattamento e di produ-
zione - nel caso, invece, del progresso civile, è difficile
comprendere perché le nostre realizzazioni scientifiche e
tecniche e le istituziorù sociali da noi edificate non deb-
bano costituire piuttosto una protezione e un beneficio
per tutti. In realtà, se si considera che proprio in questo
ambito la prevenzione del dolore si è rivelata maggior
mente fallace, sorge il sospetto, dice Freud, « che anche
qui possa celarsi la natura invincibile, in qualche suo
aspetto, cioè nella nostra stessa costituzione psichica » 18•
Come è ben noto, questo sospetto diviene presto certezza
nel corso dell'indagine freudiana, la quale giunge alla
conclusione che « il disagio » è strettamente intrecciato
alla civiltà, e che non c'è civiltà senza repressione degli
istinti, e dunque, in qualche misura, senza infelicità e
senza nevrosi.
I punti più importanti messi in rilievo da Freud sono
i seguenti. In primo luogo, egli dice, la vita umana in
comune diviene possibile solo se si afferma una maggio
ranza più forte di ogni singolo e tale da restare unita
contro ogrù singolo. Il potere della comunità si oppone
allora come ' diritto ' al potere del singolo, che viene
condannato come ' forza bruta '. Non può esserci dubbio
sul fatto che questa sostituzione del potere della comu
nità a quello del singolo è il passo decisivo verso la
civiltà; ma è altrettanto certo che esso comporta una
fortissima restrizione della libertà di cui il singolo godeva
prima di entrare in una comunità 19 •
Restrizione della libertà primitiva significa natura!-
ti lvi, p. 222.
19 lvi, p. 2}1.
147
mente anche rinuncia pulsionale: una rinuncia che aumen·
ta costantemente, man mano che la civiltà procede in
nanzi. La civiltà si costituisce infatti attraverso due tappe
fondamentali, fra loro strettamente connesse: la forma
zione della famiglia e la costrizione al lavoro. La fami·
glia sorge perché l'uomo a un certo momento desidera
tenere permanentemente presso di sé l'oggetto sessuale,
cioè la femmina, e questa a sua volta desidera di non
essere privata della parte da lei separatasi, cioè dd figlio.
Il costituirsi delle famiglie, e il costante ampliarsi del loro
numero, comporta però la necessità di un sempre mag
giore dominio sul mondo esterno, di uno sfruttamento
sempre più intenso della natura attraverso il lavoro. Eros
e Ananke sono dunque i progenitori della civiltà umana "'.
Senonché, non è difficile capire che la famiglia (col s•Jo
carattere tendenzialmente monogamico), e il lavoro (con
l'assorbimento, che esso richiede, di quantità sempre più
elevate di libido l portano a gravi restrizioni della sessua·
lità e a rinuncie pulsionali sempre più consistenti. Sicché
Freud non esita ad affermare che « la correlazione tra
amore e civiltà cessa, nel corso dell'evoluzione, di essere
univoca. Da un lato l'amore si oppone agli interessi della
civiltà; dall'altro lato la civiltà minaccia l'amore con gravi
restrizioni » 21• D'altro canto, il processo visto finora non
produce soltanto, secondo Freud, una restrizione della
vita sessuale, cioè una sua modificazione quantitativa, ma
anche una sua modifica2ione qualitativa.
148
Inoltre, anche dall'amore genitale eterosessuale, dr
coscritto dalle barriere della legittimità e della monoga
mia, e sempre più finalizzato alla propagazione della spe
cie, viene bandita ogni idea di piacere fine a se stesso. Il
risultato di tutto dò è che la vita sessuale dell'uomo civile
è seriamente danneggiata, al punto che, secondo Freud,
« talora dà l'impressione di una funzione in via d'involu
zione, simile in ciò ai denti e ai capelli, organi apparen
temente anch•essi in via d'involuzione )> 22•
Da questo schema proposto da Freud per ricostruire
le tappe essenziali (da un punto di vista psicologico-istin
tuale) del processo di edificazione della civiltà (schema
che abbiamo riassunto solo per sommi capi) risulta con
chiarezza che per il fondatore della psicoanalisi non c'è
civiltà senza ' disagio ', e che l'infelicità (dovuta alla rinun
cia pulsionale) accompagna necessariamente la civiltà a
ogni passo. Pretendere di abolire completamente l'infeli
cità è impossibile (anche se è possibile attenuarla con un
atteggiamento più aperto e comprensivo verso le esigenze
della sessualità). Perciò, egli dice, dovremo abituarci
« all'idea che d sono difficoltà inerenti all'essenza stessa
della civiltà e che non cederanno di fronte ad alcun tenta-
tivo di riforma » 23• .
D'altro canto, sarebbe sbagliato invocare .contro tutto
ciò il paradiso perduto dei primi uomini: l'uomo primor
diale ignorava sl qualsiasi restrizione pulsionale, ma la sua
sicurezza di godere a lungo di tale felicità era molto
esigua; la sua libertà era sl assai grande, ma in gran parte
priva di valore, perché egli non era in grado di difen
derla. Inoltre, nella famiglia primigenio, solo il capo godeva
della libertà pulsionale, mentre tutti gli altri vivevano
in una condizione di repressione schiavistica.
Se è vero, quindi, che la civiltà si basa sulla rinuncia
pulsionale, sul ' disagio ' e sull'infelicità, è vero anche
che essa non ha alternative: questo infatti, e non altro, è
il cammino, certo doloroso e drammatico, dell'uomo, che
149
tuttavia gli permette di realizzare il proprio progresso cultu
rale-materiale, cioè di costituirsi in quanto uomo.
150
minano l'organizzazione del lavoro e la distribuzione della
ricchezza prodotta, e quindi non ha distinto fra dominio
sociale ed esercizio razionale dell'autorità "·
Non avendo visto ciò, Freud non ha visto nemmeno,
secondo Marcuse, che i vari modi del dominio portano a
forme storiche diverse del principio di realtà, e che, per
esempio, una società nella quale tutti i membri lavorano
normalmente per il proprio sostentamento rende neces
sari modi di repressione diversi da quelli di una società
nella quale il lavoro rappresenta il settore esclusivo di
un unico gruppo sociale. Analogamente, la repressione
avrà una portata e un 'intensità diverse a seconda che la
produzione sia finalizzata al consumo individuale o al
profitto, se prevalga la libera concorrenza o l'economia
pianificata, se la proprietà sia privata o collettiva ", ecc.
Queste differenze incidono sul contenuto specifico del prin
cipio di realtà, perché ogni forma di tale principio deve
essere disciplinata attraverso un sistema di istituzioni e
di rapporti, di leggi e di valori che trasmettano e impon
gano la necessaria ' modificazione degli istinti '_ Ecco per
ché il principio di realtà è diverso nelle diverse forme
sociali. E se è vero, dice Marcuse, che ogni forma di tale
principio esige sempre in qualche misura un controllo
repressivo degli istinti, è vero anche che le istituzioni sto
riche specifiche e gli specifici interessi del dominio intro
ducono controlli addizionali al di là e al di sopra di quelli
indispensabili all'esistenza di una comunità civile. « Que
sti controlli addizionali - precisa l'autore - che pro
vengono dalle specifiche istituzioni del dominio, costitui
scono ciò che noi chiamiamo repressione addizionale » 77•
In breve, Freud ha concepito il lavoro umano come
qualcosa di metastorico, a prescindere dalle condizioni
sociali e politiche in cui esso si svolge; non ha distinto
fra repressione fondamentale o di base (connessa alla modi
ficazione degli istinti e strettamente necessaria per il per-
25 lvi, p. 31.
" lbid.
n Ibid.
151
petuarsi della razza umana nella civiltà) e ' repressione
addizionale ' (connessa alle restrizioni rese necessarie dal
potere o dominio sociale) . Perciò Freud non ha capito
che sotto il dominio sociale il principio di realtà è diven
tato ' principio di prestazione ' . .
152
industriale avanzata. Infatti, quando deve spiegare in che
cosa Consista Palienazione, egli non riesce a indicare
altro che l'organizzazione industriale e burocratico-razio
nale del mondo moderno: « La meccanicità della linea di
montaggio, la routine dell'ufficio, il rituale degli acquisti
e delle vendite, sono staccati da ogni connessione con le
potenzialità umane. I rapporti di lavoro sono diventati
in ampia misura rapporti tra persone che non sono altro
che oggetti intercambiabili di manipolazione scientifica
e tecnica del rendimento » 31• Se l'alienazione consiste in
ciò, allora si capisce bene come la soppressione dell'alie
nazione e del principio di prestazione sia possibile solo
e soltanto con l'abolizione del lavoro (per lo meno quale
lo conosciamo nelle società moderne l.
Tale abolizione è però resa possibile, secondo Mar
cuse, dalla stessa società industriale, la quale, mentre ha
edificato uno spaventoso sistema di dominio fondato sul
principio di prestazione, ha posto le premesse per il suo
superamento (qualora, naturalmente, il potere socio-politico
sia sottratto alle oligarchie e ai gruppi dominanti ). Infatti,
la civiltà industriale avanzata, con l'aumento vertiginoso
della produttività e con la completa automazione dei pro'
cessi produttivi, ha reso possibile una drastica diminuzione
della giornata lavorativa e l'intercambiabilità delle funzioni
nelle poche ore necessarie per il lavoro. In queste condizioni
il quantitativo di energia istintuale richiesto dall'attività
lavorativa può essere cosl esiguo da far crollare un vasto
settore di limitazioni e modificazioni repressive. Di con
seguenza, il rapporto antagonistico tra principio del pia
cere e principio della realtà può essere modificato a favore
del primo; l'Eros e gli istinti di vita possono essere
lasciati liberi in una misura che non ha precedenti " .
In questa fase, Eros può celebrare i suoi trionfi, e
la civiltà può identificarsi interamente con il piacere.
Prometeo - l'eroe della fatica, della produttività e del
progresso per mezzo della repressione - non è pitt il
31 lvi, p. 83.
32 lvi, pp. 123-4.
153
simbolo della società; il suo posto viene preso da Orfeo
e Narciso. « Le immagini di Orfeo e di Narciso - dice
Marcuse - riconciliano Eros e Thànatos. Esse rievocano
l'esperienza di un mondo che non va dominato e control
lato, ma liberato - una libertà che scioglierà i freni alle
forze di Eros, che ora sono legate nelle forme represse
e pietrificate dell'uomo e della natura » . Queste forze non
produrranno più distruzione ma pace, non più terrore ma
bellezza. I poeti ne hanno percepito la vera natura ricor
rendo a immagini quali la redenzione del piacere, l'arre
sto del tempo, l'assorbimento della morte, il silenzio, il
sonno, la notte, il paradiso. Baudelaire ha reso perfetta
mente l'immagine di un mondo siffatto in due splendidi
versi: « Là, tout n'est qu'ordre et beauté, / Luxe, calme,
et volupté » 33 •
L'esperienza orfica e narcisistica del mondo è dunque
esattamente l'opposto del principio di prestazione. In
essa il contrasto tra soggetto e oggetto viene superato;
l'esistenza diventa appagamento che unisce uomo e natura,
in modo tale che la realizzazione dell'uomo è al tempo
stesso realizzazione, senza violenza, della natura. Marcuse
traccia il seguente quadro:
Nel fatto che si parli ad essi, che siano amati e curati, gli
alberi e i ruscelli e gli animali appaiono come quello che
sono - be1li, non solo per coloro che parlano con essi e li
guardano, ma in se stessi, ' oggettivamente ' . � Le monde tend
� la beauté ». Nell'Eros orfico e narcisistico, questa tendenza
si libera: gli oggetti della natura diventano liberi di essere
dò che sono. Ma per poter essere ciò che sono, devono
.dipendere dall'atteggiamento erotico: ricevono soltanto in
questo il loro telos. Il canto di Orfeo placa il mondo animale,
riconcilia il leone con l'agnello e il leone con l'uomo. Il
mondo della natura è un mondo di oppressione, crudeltà
e dolore, com'è il mondo umano; come quest'ultimo, esso
aspetta la sua liberazione. Questa liberazione è l'opera di
Eros. Il canto di Orfeo infrange la pietrificazione, fa muo-
154
vere le foreste e le rocce - ma le muove per farle partecipi
della gioia "·
159
Viene liquidato l'esperimento consiliare attuato in Baviera:
sotto la presidenza di Kurt Eisner (assassinato nel feb
braio 1919 da un nazionalista): la repressione viene con
dotta dalle forze della Prussia, del Wiirttemberg e da re
parti volont:ari bavaresi.
Le elezioni politiche svoltesi in Germania pochi giorni
dopo la liquidazione dello spartachismo danno la maggio
ranza relativa alla socialdemocrazia, ma questa, per go
vernal·e, ha bisogno dell'apporto di altri partiti. l social
democratici Ebert e Scheidemann vengono nominati ri
spettivamente presidente provvisorio della Repubblica e
cancelliere. Il governo è sostenuto da una coalizione com
posta dal Partito socialdemocratico, dal Centro e dal Par
tito democratico.
Viene approvata la nuova Costituzione tedesca (detta Co
srituzion� di Weimar, dalla località in cui tenne i propri"
lavori l'Assenìblea costituente). In base alla nuova Costi
tuzione, il presidente della Repubblica viene eletto diret
tamente dal popolo, nomina e può congedare il can
celliere, il quale è responsabile di fronte al parlamento
eletto a suffrllgio uhiversale segreto maschile e femminile
con sistema proporzionale. 11 presidente de1la Repubblica
può anche pone il veto contro leggi emanate dal .Par
lamento e sottoporle a referendum popolare. Può inoltre
sospendere i diritti civili e far ricorso alla forza armata
qualora « nell'Impero germanico la sicurezza pubblica e l'or
dine siano considerevolmente turbati e minacciati »- (art.
48). Una funzione consultiva ha il Consiglio federale,
formato dai rappresentanti dei diciotto Liinder in cui è
stato diviso il paese.
Viene costituita la Dap (Partito tedesco dei lavoratori) ..
di orient:amento social-nazionale e antisemita. Il suo leader
è il fabbro Anton Drexler; vi aderisce il caporale Adolf
Hitler.
Viene fondata la Terza Internazionale.
Il 28 aprile :viene creata la Spciet� delle Nazioni.
A "Milano MuSsoJini fonda i « fasci di combattimento » .
Il 2 8 giugno viene firmato il Trattato d i Versailles. La·
Germani-:! perde I'Alsazia-Lorena, data alla Francia; la Sarre,
trasformata in territorio libero per un quindicennio (durante
il quale la Francia ne avrebbe sfruttato le miniere di car-·
bone); Io Sch1eswig settentrionale, restituito alla Danimarca;
i territori orienta1i gi� facenti parte del regno polacco,
attribuiti alla Polonia, alJa quale viene garantito uno sbocco
al mare grazie a un ' corridoio • che isola la Prussia orientale
dal resto de1la Germania. Danzica viene trasformata in citt�
libera; l'alta Slesia, regione mineraria e industriale di grande
importanza, viene spartita poco dopo (1921) fra Polonia e
!60
Germania. Le colonie tedesche dell'Africa vengono spartite
tra la Francia, l'Inghilterra e l'Unione Sudafricana. La Ger·
mania perde altres} i possedimenti in Oceania. Inoltre, deve
consegnare la propria Bona da guerra, distruggere l'avia
zione e gran parte dei propri armamenti, abolire la co
scrizione obbligatoria e ridurre il proprio esercito a 100
mila uomini. Anche la flotta mercantile viene in gran parte
confiscata, cosl come i beni dei cittadini tedeschi residenti
nei paesi alleati. Da ultimo, la Germania deve dichiararsi
colpevole di aver scatenato la guerra, e impegnarsi a pagare
le riparazioni dei danni subiti dai paesi dell'Intesa. A ga
ranzi:a del pagamento de11e riparazioni, la Renania deve
essere occupata dalle truppe alleate.
Ernest Rutherford (1871-1937) riesce a disintegrare il nu
cleo atomico.
Walter Gropius ( 1 883-1969) fonda a Weimar il Bauhaus.
]. B. Watson ( 1878-1958): r.. psicologia dal punto di vista
di un behaviorista.
1920 In marzo, in Germania, putsch di Kapp, sventato da un
poderoso sciopero generale, ma anche dalla non collabo
razione dell'alta burocrazia e dell'esercito.
Le elezioni politiche tedesche svoltesi in giugno indebo
liscono gravemente i socialdemocratici e, più in generale,
la coalizione di governo (che passa dal 76% al 48% dei
voti)i si rafforza la destra nel suo complesso (che passa dal
15 al 29%). Le forze repubblicane non sono più in grado
di governare autonomamente. Viene costituito un governo
di minoranza, presieduto dal cattolico Fehrenbach, e so
stenuto dal Centro, dal Partito democratico e dal Partito
popolare.
La Dap (Panito tedesco dei lavoratori), di cui Hitler è
diventato uno dei maggiori esponenti, e che si è notevol
mente rafforzato grazie all'adesione di numerosi ex-combat
tenti e appartenenti ai corpi franchi, cambia la propria
denominazione in National-Sozialistische Arbeiter Pattei
(Nsdap). Il suo programma prevede l'abolizione del Trat
tato di Versailles, l'unione di tutti i tedeschi in una grande
Germania, la statizzazione dei trust, l'istituzione di un forte
potere centrale, ecc. Il punto 4 del programma recita: -« Cit
tadino dello Stato può essere solo chi appartiene alla co
munità popolare (Volksgenosse). Volksgenosse può essere
solo chi è di sangue tedesco, senza alcun riguardo alla
confessione religiosa. Nessun
·
ebreo quindi può essere
Volksgenorse » .
Lenin: L'estremismo malattia infantile del comunismo.
1921 Al X congresso del Pcus, Lenin lancia la Nuova Politica
Economica, che prevede l'abolizione dell'ammasso obb1iga
torio dei prodotti agricoli e la sua sostituzione con un'im-
161
posta alimentate in natura, versata la quale i contadini
avranno piena disponibilità del proprio prodotto, che po.
tranno vendere allo Stato o sul mercato libero (che viene
dunque in qualche misura ripristinato).
Rivolta dei marinai russi della base di Kronsradt, rocca
forte del bolscevismo, i quali reclamano il ripristino della
democrazia nell'ambito dell'organizzazione comunista. Re
pressione della rivolta.
Costituzione del Partito comunista d'Italia.
Mussolini fonda il Partito nazionale fascista.
Hitler diventa presidente della Nsdap.
Wolfgang KOhler ( 1<887-1%7) viene nominato direttore del
l'Istituto di psicologia dell'università di Berlino, che diventa
il centro della psicologia della Gestalt.
Ludwig Wittgenstein ( 1 889-1951): Tractatus logico-philoso
phicus.
Sigmund Freud ( 1 856-1939), Psicologia delle marre e ana
lisi dell'Io.
Ch. Chapli"' Il monello.
1922 Stalin viene eletto segretario generale del Pcus.
Marcia dei fascisti su Roma. Mussolini viene incaricato dal
re di costituire il nuovo governo.
In Germania il ministro degli esteri Walter Rathenau viene
assassinato da estremisti di destra.
Pubblicazione postuma di Economia e società di Max Weber.
John Dewey' Natura e condotta dell'uomo.
Hend Bergson (1859-1941): Durata e simultaneità. A pro
posito della teoria di Einstein.
James Joyce (1882-1941)' U/isse.
192.3 Francia e Belgio occupano militarmente la Ruhr, per ri
farsi, attraverso lo druttamento diretto delle miniere di
carbone, del mancato pagamento delle riparazioni da parte
della Germania. L'infiazione del marco raggiunge livelli ver
tiginosi: per acquistare un dollaro occorrono .3.760.000.000
di marchi.
Fallito tentativo di colpo di Stato di Hitler a Monaco.
Ernst Cassirer 0874-1945)' Filosofia delle forme simboliche.
Gyiirgy Lukacs (1885-197 1 ) ' Storia e coscienza di classe.
Karl Korsch (1886·1961 ) ' Marxismo e Filosofia.
Piano Dawes, accettato daJia Germania e dai suoi credi
tori, per il pagamento delle riparazioni. Evacuazione della
Ruhr da parte delle truppe francesi e belghe.
In Italia i fascisti assassinano Matteotti.
Il Labour Party ascende al potere in Inghilterra.
Radicali e socialisti vincono le elezioni in Francia, ma
socialisti non partecipano al governo (gabinetto Herriot).
Morte di Leni n .
1924 A Francoforte viene fondato l'Istituto per l a Ricerca So-
162
ciale (lnstitut fiir Sozialforschung), inizialmente diretto da
Karl Grunberg.
Thomas Mann: L: mont.tJgna incantata.
André Breton (1896-1966): Manifesto del surrealismo.
1925 In Italia il fascismo instaura la dittatura: scioglie tutti
i partiti e le organizzazioni sindacali, sopprime la libertà
di stampa, di parola e di riunione; crea il Tribunale spe
ciale per i reati politici; introduce la pena di morte; dà
facoltà alle autorità di inviare al confino qualunque citta
dino con semplice atto amministrativo.
In Germ:mia, Hindenburg viene eletto presidente del Reich.
John Dewey: Esperienza e natura.
Sigmund Fr�ud: Inibizione, sintomo e angoscia.
A Parigi: Expo. Arts. Dico.: padiglione « Esprit nouveau �
di Le Corbusier.
1926 Costituzione di un governo di Unione D.azionale in Fran
cia, presieduto da Poincaré e sostenuto dai partiti di centro,
che attua un programma di risanamento finanziario.
1927 Trotzki e Zinoviev vengono espulsi dal Pcus.
Esecuzione di Sacco e Vanzetti negli Statì Uniti.
Martin Heidegger (1889-1976): Essere e tempo.
Sigmund Freud: L'avvenire di un'illusione.
1928 Elezioni in Germania: forte affermazione dei socialdemo
cratici, che ritornano alla guida del governo, e sconfitta dei
partiti di centro e di destra.
Nei1'Urss, Trotzki viene arrestato e inviata in domicilio
coatto nell'Asia centrale, ad Alma Ata.
Alexander Fleming (1881-1955) scopre la penicillina.
Rudolf Carnap (1891-1970): La costruzione logica del mondo.
Arnold Schi:inberg compone la sua opera dodecafonica più
importante (Variazioni per orchestra opera 31).
Bertolt Brecht (1898-1956): L'opera da tre soldi.
Cb. Chaplin: It circo.
Primo film sonoro: Il cantante di iazz.
1929 Crollo di Wall Street, che dà inizio a una grave depres
sione economicll. in tutto il mondo (nel 1932 i disoccupati
saranno 30 milioni).
Trotzki viene espulso daiPUrss.
Circolo di Vienna: La concezione scientifica del mondo (ma
nifesto programmatico del neopositivismo logico).
l congresso internazionale di filosofia della scienza a Prags.
Sigmund Freud: Il disagio della civiltà.
Hans Kelsen ( 1881-1973 ) : Essenza e valore della democrazia.
Karl Mannheim (1893-1940): Ideologia e utopia.
In Germania viene sciolto il parlamento e vengono indette
nuove el'zioni, che danno questi risultati: i socialdemocra
tici mantengono sostanzialmente le loro posizioni, il Centro
guadagna mezzo milione di voti, i comunisti guadagnano
163
più di un milione di voti, gli altri partiti per \! •
samente; ma i veri vincitori sono i nazisti, che a
800 mila voti a quasi 6 milioni e mezzo.
Stalin decide la distruzione dei kulaki (contadini
come classe.
Primo ciclotrone all'università di California.
I Mostra internazionale di arte astratta a Parigi.
]osé Ortega y Gasset (1883-1955): La ribellione delle masse.
&
1930 Max Horkheimer diventa direttore dell'Istituto per la Ri
cerca Sociale di Francoforte.
1931 Karl Jaspers (1883-1961): La situazione spirituale del
tempo.
Cb. Chaplin: Luci della città.
Hindenburg viene ridetto presidente della Repubblica te
desca (con oltre 19 milioni di voti; ma Hitler � buon
secondo con 13 milioni e mezzo di voti).
Il 30 maggio Hindenburg destituisce il gabinetto Briining e
nomina cancelliere von Papen; il 4 giugno scioglie il par
lamento e indice nuove elezioni, che hanno luogo il 31 lu
glio. I nazisti ottengono una grande vittoria, con oltre 13
milioni e mezzo di voti. 8 milioni di voti vanno ai social
democratici, 6 milioni al Centro, 5 milioni ai comunisti;
gli altri partiti vengono polverizzati.
Il cartello deUe sinistre vince le elezioni in Francia.
1932 Max Horkheimer fonda la rivista dell'Istituto per la Ri
cerca Sociale, la « Zeitschrift fiir Sozialforschung ». Il primo
numero contiene contributi di Grossman, Pollock, LOwen
thal, Adorno, Fromm.
Negli ultimi mesi del 1932 Herbert Marcuse entra a far
parte dell'Istituto per la Ricerca Sociale.
Karl Jaspers: La filosofia dell'esistenza.
Henri Bergson: Le due fonti della morale e della religione.
Benedetto Croce (1866-1952): Storia d'Europa nel secolo
XIX.
1933 Incendio del Reichstag a Berlino. Hitler viene nominato
cancelliere del Reich. Nelle elezioni del marzo 1933, Hi
tler ottiene il . 44% dei voti e 288 seggi; con l'appoggio
del Partito tedesco-nazionale di Hugenberg i nazional-socia
listi hanno la maggioranza nel nuovo parlamento con uno
scarto di soli 16 voti. Hitler fa votare una « Legge per il
superamento della crisi del popolo e dello Stato ». Essa
stabilisce che anche i l governo, e non solo il parlamento,
può emanare leggi, le quali possono « a1lontanarsi dal testo
de1la Costituzione del Reich », cosl come il governo può
stipulare trattati internazionali senza la ratifica parlamen
tare. La legge - che segna la fine della democrazia - viene
votata da tutti i gruppi, esclusi i socialdemocratici e i co
munisti.
164
In maggio, a Berlino, rogo di 20 mila volumi « contrari allo
spirito tedesco ».
Con grande rapidità, nel corso del 1933 Hitler smantella
la Repubblica di Weimar. In giugno, viene soppresso il Par
tito socialdemocratico; in maggio, vengono sciolti i sinda
cati e costituito H Deutscher Arbeitsfront, posto alle di
pendenze della Nsdap� in luglio, vengono dichiarati illegali
tutti i partiti politici, esclusa la Nsdap, dichiarata « corpo
razione di diritto pubblico », e i suoi iscritti sottratti alla
giurisdizione ordinaria.
La Germania si ritira dalla Società delle Nazioni.
F. D. Roosevelt viene eletto presidente degli Stati Uniti
d'America. Egli inizia il New Deal: una serie di efficaci
interventi nell'economia e un complesso di incisive riforme
sociali. Il dollaro viene fortemente svalutato, per ridurre
il debito pubblico e facilitare le esportazioni; la disoccu
pazione viene combattuta con la creazione di un « esercito
del lavoro » e con grandiose opere pubbliche, fra le quali
la trasformazione agricola e industriale della vallata del
Tennessee; agli agricoltori vengono concessi massicci aiuti
statali; per i lavoratori viene istituito un sistema di assi
curazioni sociali. Il NQtional IndustriQl Recovery Act per
mette una po1itica di pianificazione industriale. L'insieme
di questi provvedimenti aumenta enormemente le spese fe
derali, e quindi il carico fiscale; ma rimette in moto l'eco
nomia e aumenta la produzione.
Primo microscopio elettronico.
F. Joliot (1900· 1955) e sua moglie I. Curie ( 1897-1956) sco
prono la radioattività artificiale.
André Malraux (1901-1976): La condizione umana.
Incontro fra Hicler e Mussolini a Venezia.
In giugno, Hitler fa. assassinate il capo delle SA, Rèihm, e
tutto il �uo staff, sorprendendoli nel sonno in un albergo
presso Monaco; molte altre esecuzioni si susseguono in tutta
la Germania. Hitler si è liberato cosl dell'ala ' movimen
tista ' e ' socialista ' della Nsdap, guadagnandosi la fiducia
dell'esercito e degli ambienti economici ancora diffidenti.
Il 2 agosto muore Hindenburg, e Hitler gli succede, cu
mulando le cariche di presidente del Reich e di cancelliere.
A Leningrado viene assassinato Kirov; l'assassinio è stato
prob3.bilmente ordito da Stalin. Inizia il grande terrore
staliniano, che culmina negli anni '36-38.
Rudolf Carnap: La .tintQSsi logica del linguQggio.
Karl Popper (n. 1902): Logica dell'indagine.
Henri Bergson: Il pensiero e il movente.
1934 Dopo un periodo trascorso a Ginevra (dove era stata fon
data una sede dell'Istituto per la Ricerca Sociale), Horkhei-
165
mer, con altri suoi collaboratori, si trasferisce negli Stati
Uniti.
1935 GOring annuncia la creazione dell'aviazione militare tedesca.
Inizio delle persecuzioni antisemite in Germania (leggi di
Norimberga).
L'Italia inizia la campagna etiopica.
La Società de1le Nazioni delibera le sanzioni contro l'Italia.
In Cina, Chang kai-schek diventa presidente della Repub
blica. Si conclude la • lunga marcia ' e viene fondata la Re
pubblica popolare dello Shensi.
Johan Huizinga ( 1872-1945): La crisi della civiltà.
1936 Viene stipulato il trattato di alleanza fra Germania e Ita
lia (asse Roma-Berlino).
L'Italia proclama l'impero, dopo essersi annessa l'Etiopia.
Incomincia la guerra civile in Spagna.
Il Fronte Popolare vince le elezioni in Francia.
Roosevelt viene ridetto presidente degli Stati Uniti.
In Russia, Zinoviev e Kamenev vengono processati e con
dannati a morte. Il principale capo d'accusa è costituito
dalla loro ' confessione ', estorta con la tortura.
Max Horkheimer cura la pubblicazione degli Studi sull'au
torità e la famiglia, che contiene, fra gli altri, contributi
dello stesso Horkheimer, di Marcuse e di Fromm.
L. Trotzki: La rivoluzione tradita.
John M. Keynes (1883-1946): Teoria generale dell'impiego,
dell'interesse e della moneta.
Ch. Chaplin, Tempi moderni.
Mostra ' dada ', di surrealismo, cubismo e arte astratta al
Museum of modern art di New York.
1937 Battaglia di Guadalajara in Spagna.
L'Italia si ritira dalla Società delle Nazioni. Mussolini an
nuncia la politica dell'autarchia. Viaggio di Mussolini in
Germania.
In Russia, Radek e Piatakov vengono processati c condan
nati a morte.
Taicot Parsons (1902-1979): La struttura dell'azione sociale.
Pablo Picasso ( 1881-1973): Guemica.
19.38 La Germania si annette l'Austria (Anschluss).
Conferenza di Monaco: Hitler ottiene i Sudeti.
Grandi persecuzioni antisemite in Germania: vengono di
strutti sinagoghe, negozi, abitazioni di ebrei; molti israeliti
vengono assassinati. Agli ebrei viene interdetta qualunque
partecipazione alla vita economica c culturale (è vietato
loro anche l'accesso ai cinematografi, ai teatri, alle confe
renze, alle mostre, ccc.).
Adorno si trasferisce dall'Inghilterra negli Stati Uniti, a
New York, dove si ricongiunge con Horkheimer e gli altri
membri dell'Istituto per la Ricerca Sociale.
166
In Russia, Bucharin e Rikov vengono processati e condan
nati a morte.
Negli Stati Uniti si produce il nylon) prima fibra intera
mente sintetica.
John Dewey: Logica, teoria dell'indagine.
Benedetto Croce: Lo storia come pensiero e come azione.
Jean-Paul Sartre (1905-1980): La nausea.
1939 Morte di papa Pio XI ed elezione di Pio XII.
Occupazione tedesca della Cecoslovacchia. Hitler proclama
il protettorato tedesco sulla Boemia e sulla Moravia.
Azione italiana in Albania.
Patto russo-tedesco di non-aggressione.
Inizia la seconda guerra mondiale con !"invasione tedesca
della Polonia. Danzica viene annessa al Reich .
.3 settembre: viene proclamato Io stato di guerra fra il Reich
e la Gran Bretagna, tra il Reich e la Francia.
Le truppe russe invadono la Polonia. L'esercito polacco,
investito dai tedeschi e dai russi, capitola.
L'Urss inizia la campagna contro la Finlandia.
Finisce la guerra civile in Spagna con la vittoria dei fran
chisti.
Bertolt Brecht (1898-1956) : Madre Coraggio e i suoi figli.
le uuppe tedesche occupano la Danimarca e iniziano l'oc
cupazione della Norvegia.
Le truppe tedesche entrano in Belgio, Olanda e Lussemburgo.
Il fronte francese viene infranto dai tedeschi presso Sedan.
L'esercito tedesco tonquista Bruxelles e Anversa.
Le truppe corazzate tedesche giungono ad Abbeville e ta
gliano in due lo schieramento alleato.
l tedeschi occupano Calais. A Dunkerque gli inglesi inco
minciano l'imbarco del loro rorpo di spedizione e di alcune
divisioni francesi.
Il Belgio si Arrende nl Reich senza condizioni.
Battaglia dell'Aisne, che segna la disfatta delttesercito fran
cese.
L'Italia dichiara guerra alla Francia e al Regno Unito.
I tedeschi occupano Parigi. Si forma il ministero Pétain,
che chiede l'armistizio.
Incomincia l'offensiva tedesca contro l'Inghilterra.
Germania, Italia e Giappone concludono un trattato di al
leanza e di mutua assistenza.
Incomincia la guerra itala-greca.
Roosevelt viene rieletto presidente degli Stati Uniti.
Trotzki viene assassinato a Città del Messico da sicari di
Stalin.
1940 Walter Benjamin si suicida dopo un vano tentativo di
attraversare la frontiera franco-spagnola, per sfuggire ai na
zisti.
167
Alfred J. Ayer (n. 1910): I fond•menti del/• conoscenz•
empirica.
Ch. Chaplin, Il gr•nde ditt•tore.
Arthur Koestler ( 1 905-1980): Buio a mezz.ogiorno.
Gli inglesi occupano Addis Abeba.
Le armate tedesche invadono la Russia (22 giugno), Ai
primi di settembre i tedeschi assediano Leningrado. Alla
fine di novembre l'offensiva tedesca si arresta sotto Mosca.
7 dicembre: i giapponesi attaccano Pearl Harbour.
8 dicembre: gli Stati Uniti e la Gran Bretagna dichiarano
guerra al Giappone.
11 dicembre: Germania e Italia dichiarano guerra agli Stati
Uniti.
1941 Horkheimer e Adorno si trasferiscono a Los Angeles. Ador
no inizia un intenso rapporto intellettuale con Thomas
Mann, che aiuta neUa stesura del Doktor Faustus, per la
parte musicale. Marcuse pubblica Ragione e rivoluzione.
Hegel e il sorgere della teoria sociale.
1942 l tedeschi lanciano una grande offensiva in Crimea. Rom
mel inizia l'offensiva in Cirenaica.
L'esercito inglese si ritira in Egitto. Capitola la guarnigione
inglese di Tobruk.
Ai primi di settembre, i tedeschi iniziano la battaglia per
la conquista di Stalingrado.
Nella regione di El Alamein l'esercito inglese scatena una
vittoriosa offensiva. Le truppe anglo-americane sbarcano in
Algeria e in Marocco.
Le truppe dell'Asse occupano la Tunisia.
Le truppe inglesi conquistano Bengasi.
Il 2 dicembre, a Chicago, Enrico Fermi ( 1901·1954) fa en·
ttare in funzione il primo reattore nucleare.
Joseph Schumpeter (188.3-1950): Capitalismo1 socialismo, de
mocrazia.
194.3 Churchill e Roosevelt si incontrano a Casablanca e pro
clamano che la resa dell'Asse dovrà essere incondizionata.
Gli inglesi occupano Tripoli.
A Staiingrado capitola la VI armata tedesca.
Gli Alleati conquistano Biserta e Tunisi; un mese dopo
sbarcano in Sicilia.
Il 25 luglio Mussolini, messo in minoranza al Gran Consi
glio, viene licenziato dal re e arrestato. Il generale Badoglio
viene nominato capo del governo.
In settembre, l'Italia firma l'armistizio con gli Alleati; i
tedeschi disarmano l'esercito italiano (essi controllano la pe
nisola fino a Napoli).
Mussolini fonda il Partito fascista repubblicano e assume
la carica di capo della Repubblica sociale italiana.
168
In ottobre, gli .Alleati liberano Napoli; il governo Badoglio
dichiora guerra alla Germania.
Jean-Paul Sartre: L'essere e il nulla.
1944 Gli Alleati sbarcano ad Anzio e a Nettuno.
Vittorio Emanuele III decide di abdicare. Il maresciallo
Bado�lio costituisce un nuovo governo con la partecipazione
dei partiti antifascisti.
Gli Alleati liberano Roma.
Incomincia il lancio, dalle rampe collocate in Germania,
delle V! e V2 sull'Inghilterra.
Le truppe sovietiche avanzano su tutto il fronte: liberano
Minsk e poi Vilno.
Il 25 luglio Hitler esce miracolosatnente illeso da un atten
tato organizzato da alti ufficiali nel suo quartier generale.
Gli �mericani sfondano le linee tedesche e si dirigono verso
la Bretagna, la Loira e Parigi.
Il 19 agosto Parigi insorge; il 23 agosto gli Alleati libe
rano Marsiglia e Grenoble.
·Gli Alleati penetrano in territorio tedesco presso Treviri.
I sovietici entrano in Cecoslovacchia e poi liberano Belgrado.
Grande successo americano nella battaglia delle Filippine.
194.5 I sovietici raggiungono l'Oder, a cento chilometri da Ber
lino.
Conferenza di Yalta (3-11 febbraio) tra Stalin, Churchill
-e Roosevelt, i quali pongono le basi del futuro assetto
internazionale, fondato sulla divisione delle sfere di in
fluenza fra Je grandi potenze vittoriose.
·Gli americani liberano Colonia e si attestano sul Reno.
Pochi giorni dopo superano il Reno e occupano Bonn.
Occupazione di Coblenza, Worms e Magonza.
Gli americani superano l'Elba e occupano Weimar.
I sovietici conquistano Vienna.
Il 22 aprile incomincia la battagJia di Berlino.
Mussolini viene giustiziato dai partigiani italiani (28 aprile).
Gli americani occupano Monaco.
Il comando delle armate tedesche in ltaHa e in Austria si
arrende senza condizioni.
Il 2 maggio la guarnigione di Berlino si arrende alle truppe
sovietiche. L'ammiraglio Doenitz annuncia che Hitler è
morto, e che egJi gli succede.
Il 6 agosto viene lanciata la prima bomba atomica su Hi
roshima; il 9 agosto viene lanciata la seconda bomba ato
mica su Nagasaki. Il lo settembre il Giappone si arrende.
Nella conferenza di San Francisco viene elaborato lo Sta
tuto delle Nazioni Unite.
Karl Popper: U socìetd o.perta t i suoi nemici.
1946 In Cina incomincia la guerra civile.
169
Churchill pronuncia il discorso di Fulton.
A Norimberga \·engono processati i gerarchi nazisti.
Ernst Cassirer: Il mito dello Stato (pubbl. postumo).
George Orwell ( 1 903-1950): La fattoria degli animali.
1947 L'India acquista l'indipendenza.
Il presidente degli Stati Uniti Truman (succeduto a Roose
velt, morto nel 194.5) dichiara di essere fermamente deciso
a opporsi ad azioni espansionistiche sovietiche, e garantisce
l'appoggio e l'aiuto degli Stati Uniti ai paesi minacciati
(dottrina Truman),
Gli Stati Uniti varano il Piano Marshall (da attuare nel
quadriennio 1948·51), per aiutare i paesi europei nella loro
opera di ricostruzione.
Si ricostituisce l'organizzazione internazionale dei Partiti co
munisti sotto la denominazione di Cominform, controli3.ta
e guidata dal Partito comunista dell'Unione Sovietica.
Horkheimer pubblica Eclisse della ragione e, in collabora
zione con Adorno, DitJlettica dell'illuminismo.
Thomas Mann: Doktor ftJustus.
Albert Camus (1913-1960): La peste.
Ch. Chaplin: Monsieur Verdoux.
1948 Colpo di Stato dei comunisti a Praga, cui segue il suicidio
del ministro degli esteri Masaryk.
Rottura fra Urss e Jugoslavia, Ja quale rifiuta di riprodurre
pedissequamente il modello economico-sociale sovietico. A
partire da questo momento, e negli anni successivi, nei
paesi dell'Est vengono imbastiti grandi processi, che si con
cludono spesso con condanne a morte, contro eminenti di
rigenti comunisti accusati di ' titoismo ' {Slansky e Clc:
mentis in Cecoslovacchia, Rajk in Ungheria, Gomulka i n
Polonia, ecc.).
In Cina le forze comuniste vittoriose proclamano la Re
pubblica popolare cinese.
1949 A Washington viene firmato il Patto Atlantico, alleanza
milit;&re fra Stati Uniti, Canada e 1.3 nazioni dell'Europa
occidentale.
Viene costituito .iJ Comecon (Consiglio di mutua assistenza
economica) fra l'Urss e i paesi comunisti dell'Europa orien
tale.
George Orwell, 1984.
1950 Scoppia la guerra di Corea (che terminerà nel 1953). I
rapporti fra Je due grandi potenze si deteriorano grave
mente e si apre un'epoca di gravi tensioni internazionali.
Negli Stati Uniti iniziano le persecuzioni " maccarthiste ".
Horkheimer e Adorno, dopo diciassette anni di esilio, ri
tornano in Germania. A Francoforte, essi ricostituiscono
l'Istituto per la Ricerca Sociale.
170
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negativa, Torino 1970).
Asthetische Theorie, Frankfurt a. M. 1970 (trad. it. Teoria
estetica, Torino 1975).
L'opera di Adorno è vastissima, e comprende, insieme
a molti libri, numerosissimi articoli, brevi saggi, ecc., rac
colti poi in volumi. Le principali raccolte sono le seguenti:
Prismen. Kulturkritile und Gesellscha/t, Berlin-Frankfurt a. M.
1955 ( trad. it. Prismi. S•ggi sulla critica della cultura, To
rino 1972); Dissonanxen. Musik in der verwalteten Welt,
Gottingen 1966 (trad. it. Dissonanze, Milano 1959); Noten
zur Literatur, 2 voli. Frankfurt 1958 e 1961 (trad. it. Note
per la letteratura, 2 voll., Torino 1979); Soziologische Schrif
ten, 2 voli., Frankfurt a. M. 1972 (trad. it. Scritti sociologici,
Torino 1976); Stichworte. Kritische Modelle, Frankfurt a. M.
1969 (trad. it. Parole chiare. Modelli critici, Milano 1974).
L'editore Suhrkamp ha pubblicato le Gesammelte Schriften
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cura di M. Horkheimer, Frankfurt a. M. 1963.
AA.VV., Ober Th. W. Adorno, a cura di K. Oppens, Frank
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è stata curata da Adorno e Scholem, Frankfurt 1955. Cfr.
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1 82
INDICE
Premessa 3
Cronologia 157
Bibliografia 171