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MODELLI TEORICI E METODOLOGIE

SI RICORDA CHE QUANTO PROPOSTO


È DA INTENDERSI ESCLUSIVAMENTE
COME UNA GUIDA PER LO STUDIO
AI FINI DI UNA BUONA PREPARAZIONE

EDUCAZIONE SOCIO-AFFETTIVA

(PSICOLOGIA UMANISTICA)

Al centro del processo educativo c’è la relazione insegnante-allievo, basata su autenticità,


comunicazione ed empatia.

Considera l’aspetto emotivo come centrale nello sviluppo della personalità ed educa con e
all’affettività.

Permette di raggiungere una maggiore conoscenza di sé, una rappresentazione di sé positiva e


realistica, l’instaurarsi di relazioni autentiche e gratificanti basate sul rispetto reciproco e
l’accettazione.

AMBITI

MODIFICA COMPORTAMENTI INADEGUATI O PROBLEMATICI

PREVENZIONE DISTURBI DI APPRENDIMENTO

DINAMICHE INTRA E INTERPERSONALI

SVILUPPO DI ABILITA’ EDUCATIVE

RISOLUZIONE DI CONFLITTI

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EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’

METODOLOGIE

 ASCOLTO ATTIVO: linguaggio dell’accettazione in cui si rispecchia non il contenuto ma


l’essenza, il sentimento, rispecchiamento senza valutazioni
 MESSAGGIO-IO: il docente comunica i propri sentimenti, il proprio vissuto
relativamente ad un comportamento messo in atto dall’allievo, no valutazione negativa
ma effetti su di sè
 METODO SENZA PERDENTI: cercare soluzioni soddisfacenti per entrambe le parti
 PROBLEM SOLVING: per dirimere controversie
 ROLE PLAYING: il cui oggetto è costituito dal comportamento di identificazione nel
ruolo, che comporta quasi sempre una immersione nella personalità di un altro
individuo; lo scopo è far sì che il soggetto-attore si renda conto di come tale ruolo possa
essere vissuto e di quali eventi emozionali o comportamentali emergano.
 CIRCLE TIME: discussione di gruppo su un argomento o problema; piccoli gruppi a
bassa gerarchia con l’insegnante che funge da facilitatore della comunicazione;
l’obiettivo è creare un clima amichevole, di reciproco rispetto e collaborativo. Ci si
riunisce 1-2 volte a settimana per qualche mese, in cerchio per circa 30 minuti.
 EDUCAZIONE CORPOREA: base e stimolo per l’apprendimento non basato solo sulla
parola ma sull’esperienza corporea di sé, degli altri e dell’ambiente (esercizi giochi di
rilassamento e di contatto)
 EDUCAZIONE ALL’IMMAGINAZIONE: immaginazione guidata e lavoro sui sogni
 PARENT EFFECTIVENESS TRAINING: addestramento e trasferimento di conoscenze
per promuovere abilità comunicative ed educative, abilità di controllo e monitoraggio

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delle stesse, gestire bambini problematici o disabili, con lo scopo di rendere i genitori
agenti di cambiamento e co-terapeuti.

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INTERVENTO NELLA CRISI

(PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA)

La psicologia dell’emergenza si rivolge alle persone colpite da una catastrofe, da un lutto, da un


trauma, ma anche ai soccorritori, cioè alle persone che per prime intervengono sul luogo del
disastro e che sperimentano anch’esse, insieme ai sopravissuti, sentimenti quali impotenza,
angoscia, ansia, disperazione.

Quando un individuo subisce un trauma, vive una situazione di stress o di sovraccarico


emotivo. E’ ormai dimostrato che buona parte dei soccorritori professionisti, (operatori sanitari
dell’area critica, vigili del fuoco, polizia, protezione civile) che intervengono in occasione di
avvenimenti gravi, subiscono uno stato di stress acuto. Questo stato determina un insieme di
reazioni naturali come ad esempio disturbi del sonno, ricordi intrusivi, irritabilità, aggressività,
depressione, difficoltà di concentrazione che possono durare alcuni giorni o settimane.

Generalmente l’individuo tende a riassorbire in modo autonomo queste reazioni; se però non
ci riesce e non vengono curate, si può sviluppare anche uno stato di stress post-traumatico
difficile da guarire.

Lo stress cumulativo nei soccorritori può portarli a commettere errori e a mettere in pericolo
il loro stesso equilibrio psichico. E’ fondamentale, quindi, non minimizzare gli effetti di un
avvenimento traumatico: ognuno reagisce in base alla propria storia personale e al proprio
vissuto.

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Un intervento di sostegno rapido ed efficace, unitamente ad un’ attività di prevenzione


dell’insorgere del disagio esistenziale attraverso percorsi di formazione psicologica, può
evitare nei soccorritori l’insediamento di traumi gravi.

AMBITI

SITUAZIONI DI CRISI ED EMERGENZA

METODOLOGIE

 DEBRIEFING: 1983, MITCHELL Intervento psicologico-clinico strutturato e di gruppo


condotto da uno psicologo esperto in situazioni di emergenza, che si tiene a seguito di
un evento potenzialmente traumatico allo scopo di eliminare o alleviare le conseguenze
emotive dello stesso.
La tecnica classica è rivolta a gruppi omogenei di soccorritori, si svolge in sette fasi
successive tra la 24 e le 96b ore dopo l’evento quando esso è psicologicamente
strutturato ma non ancora cristallizzato.

Successivamente si è diffuso anche per le vittime come prevenzione del Post Traumatic
Stress Disorder, ma i dati insufficiente indicano di fare molta prudenza e di usarlo invece
come primo momento di elaborazione gruppale dei vissuti emotivi legati all’evento,
inserendolo in un quadro più ampio di intervento sulla crisi.

Fasi: INTRODUZIONE ALLA SITUAZIONE

DISCUSSIONE E RICOSTRUZIONE FATTI

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DISCUSSIONE SU PENSIERI E COGNIZIONI

DISCUSSIONE SU EMOZIONI

DISCUSSIONE SUI SINTOMI

FORNIRE INFORMAZIONI

CONCLUSIONE

 GIOCHI PSICOLOGICI: basati sulla comunicazione non verbale dei propri stati d’animo.
 ROLE PLAYING

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TEORIA DELL’APPRENDIMENTO SOCIALE (BANDURA)

Il comportamento è influenzato da caratteristiche personali (cognitive e biologiche) e sociali


(ambiente) in una causazione reciproca triadica. L’apprendimento avviene per osservazione,
modellamento e imitazione e su di esso hanno un peso le aspettative sul futuro, le convinzioni
di autoefficacia e il locus of control. Importanza dell’agenticità umana.

AMBITI

PREVENZIONE DI COMPORTAMENTI A RISCHIO (nella sessualità e nell’abuso di alcool e


droghe,in quanto modifica la percezione del rischio): si usa un approccio puro in cui i peer
vengono selezionati dagli adulti e non partecipano alla progettazione.

SVILUPPO DELLE LIFE SKILL (decision making, problem solving, comunicazione efficace,
pensiero critico e creativo,buone relazioni interpersonali, autoconsapevolezza, empatia,
gestione emozioni e stress): si usa un approccio misto in cui i peer partecipano si occupano
della fase attuativa dopo una breve formazione.

GESTIONE E RISOLUZIONE PROBLEMI EDUCATIVI

METODOLOGIE

 PEER EDUCATION: strategia che permette un passaggio di conoscenze, emozioni ed


esperienze da parte di giovani appartenenti ad un gruppo ad altri di pari status inteso
come età, background e interessi. Processo per cui giovani istruiti e motivati e dotati di
influenza normativa nel gruppo di appartenenza intraprendono attività educative

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informali ed organizzate coi loro pari al fine di sviluppare conoscenze, credenze e abilità.
Il peer viene scelto all’interno del gruppo in cui dovrà intervenire. funziona perché c’è
condivisione linguistica valoriale, perché c’è credibilità su aree significative, perché
permette interazioni immediate e fornisce un modello da imitare facilmente fruibile.
 PARENT TRAINING COMPORTAMENTALI: metodo di Parent Education per genitori di
bambini con ritardo mentale o disturbi di attenzione e iperattività o della condotta o per
genitori in situazioni di svantaggio. Si tratta di 1 o 2 incontri settimanali di 1-2 ore
almeno una volta a settimana, in cui si insegnano ai genitori tecniche di parenting:
maggiore stabilità e coerenza, interventi educativi più efficaci, miglior rapporto coi figli,.
Superamento tensioni, maggiore consapevolezza della propria funzione, attraverso
tecniche di modellamento, osservazione etero e auto, rinforzo, role-playing, shaping…
 TOKEN ECONOMY: rinforzatore simbolico che prevede il rispetto di regole
precedentemente negoziate e che viene sottratto all’emissione di comportamenti
inadeguati. Consente l’acquisizione di abilità di vario tipo (riduce l’impulsività, migliora
il decision making e problem solving, aumenta l’autonomia comportamentale…). Il token
deve essere: leggero e trasportabile, attraente ma non troppo, proporzionato al compito,
con contraffattibile, non accessibile altrimenti.
 FORMAZIONE IN AULA o A DISTANZA: lezione/simulazione
 SHAPING: strategia volta allo sviluppo di comportamenti nuovi non presenti nel
repertorio comportamentale; si attua tramite il rinforzo sistematico di approssimazioni
comportamentali sempre più vicine a quelli desiderati (es. per facilitare la
comunicazione in un ragazzo che parla poco si può sviluppare un percorso che lo porti
passo passo all’obiettivo finale).
 PROMPTING: strategia di facilitazione dell’apprendimento tramite indicazioni verbali o
gestuali e utilizzo di stimoli discriminativi (col fading vengono gradualmente tolti).
 COSTO DELLA RISPOSTA

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MODELLO BIO-PSICO-SOCIALE

(PSICOLOGIA DELLA SALUTE)

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal 1986 con la Carta d’Ottawa [1], propone un
concetto di Salute che coincide con uno stato di benessere fisico, psicologico e sociale. La salute
non è più un obiettivo isolato ma è una risorsa per la vita quotidiana; essa è determinata da una
molteplicità di fattori biologici, psicologici e sociali che s’influenzano e determinano
reciprocamente. L’individuo sociale o gruppo diviene protagonista attivo del proprio benessere
e “Il principio generale per il mondo intero, per le nazioni, le regioni o le comunità deve essere
il sostegno reciproco: dobbiamo avere cura gli uni degli altri, della nostra comunità e
dell’ambiente naturale” (OMS - Carta di Ottawa per la Promozione della Salute, 1986).

Il modello che riassume questa prospettiva è quello Biopsicosociale; esso propone una visione
sistemica e globale della salute che si fonda sulla consapevolezza che l’organismo umano può
essere rappresentato come un sistema facente parte di sistemi più ampi come la famiglia
d’origine, la comunità d’appartenenza, lo status socioeconomico, il contesto culturale a loro
volta composti di sottosistemi in costante e reciproca interazione. Questa nuova prospettiva ha
reso evidente i limiti del modello Biomedico che si fonda, principalmente, su due principi: il
riduzionismo biologico e, quindi, la riduzione di qualsiasi altro livello d’analisi nello studio
dell’uomo ad un substrato biologico e allo schema eziologico classico. Quest’ultimo considera
la lesione organica come causa principale d’ogni processo patogenetico.

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La visione eco-sistemica, alla base del modello Biopsicosociale, restituisce alla persona un ruolo
sociale, riconosce l’importanza della possibilità che l’individuo o il gruppo possa soddisfare i
propri bisogni, realizzare i propri desideri e modificare l’ambiente in cui vive. Lo stato di
benessere, di conseguenza, non è responsabilità esclusiva del settore sanitario o educativo ma
comprende anche la responsabilità e quindi l’abilità a rispondere, il volere dell’individuo stesso.

Passaggio da ottica preventiva a promozionale.

AMBITI

TERAPIA DEL DOLORE

DISTURBI ALIMENTARI

STILI DI VITA A RISCHIO

POTENZIAMENTO SOSTEGNO SOCIALE

EDUCAZIONE ALLA SALUTE

CONTROLLO FATTORI PSICOLOGICI DELLA MALATTIA

APPLICAZIONE NUOVI METODI DIAGNOSTICI

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SVILUPPO DI COMUNITA’ (PSICOLOGIA DI COMUNITA’)

Se per comunità si intende un gruppo sociale (comunità locale, scuola, organizzazione,


associazione), nel quale relazioni, legami affettivi, vicinanza e solidarietà sono gli aspetti
prevalenti, si può intendere lo sviluppo di comunità sia come una strategia di intervento sociale
sia come l’obiettivo dell’intervento stesso. Fare sviluppo di comunità significa considerare la
comunità come attore di cambiamento sociale. L’approccio sistemico considera l’individuo
come parte di una complessità che egli contribuisce a costruire: per questo si stabilisce una
forte interdipendenza tra benessere individuale e salute del sistema sociale a cui appartiene.

I progetti di sviluppo di comunità si propongono di:

- migliorare la consapevolezza dei soggetti di una comunità in relazione ai propri bisogni e


problemi, ma anche a capacità e a risorse inespresse

- sostenere la circolazione e lo sviluppo delle competenze dei diversi soggetti, attraverso la


partecipazione alla vita comunitaria

- favorire le relazioni all’interno della comunità, promovendo una cultura di integrazione di


risorse e competenze.

AMBITI

COMUNITA’ LOCALE, caratteristiche microsociali e macrosociali delle comunità, analisi e


valutazione dei problemi e delle risorse delle comunità locali e delle istituzioni-organizzazioni
come comunità (scuola, associazioni..), la comunità come soggetto sociale competente

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PROGETTAZIONE PARTECIPATA, la partecipazione e il coinvolgimento come strumenti di


cittadinanza attiva ed esercizio di empowerment, la responsabilità sociale, il lavoro di gruppo
e il gruppo di lavoro come strumento di cambiamento sociale

LAVORO DI GRUPPO e gruppi di lavoro, dinamiche dei gruppi, il gruppo come strumento di
cambiamento sociale, il lavoro di gruppo, il processo di gruppo

COSTITUZIONE E SVILUPPO RETI SOCIALI, senso delle reti sociali per lo sviluppo comunitario,
dalla costruzione al consolidamento delle reti, la costruzione di coalizioni nella comunità

BISOGNI DI CATEGORIE SPECIFICHE DI CITTADINI, in relazione a ADOLESCENTI e GIOVANI: i


luoghi di aggregazione giovanile, le forme di partecipazione possibile, il rapporto con le realtà
adulte formali e informali; in relazione a CITTADINI che abitano in contesti di edilizia popolare:
la responsabilità sociale, la contrattazione e mediazione sociale, la progettazione partecipata;
in relazione ai MINORI: sostegno alle famiglie in difficoltà, reti di solidarietà tra famiglie, reti
tra servizi in relazione all’affido.

RUOLI DI RAPPRESENTANZA, ruolo e funzioni del rappresentante degli studenti e dei genitori
all’interno della comunità scolastica.

METODOLOGIE

La metodologia di lavoro si basa su un modello partecipato che coinvolge la comunità locale e


le differenti realtà che la compongono,in tutte le fasi di realizzazione del progetto.

 PROGETTAZIONE PARTECIPATA e LAVORO DI GRUPPO, inteso sia come luogo


educativo di crescita personale sia come organismo alla base di qualsiasi cambiamento

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sociale. Attraverso discussioni di gruppo, focus group, simulazioni, problem solving si


strutturano progetti strettamente connessi a interessi ed esigenze dei partecipanti.
 GRUPPI DI SELF HELP
 RICERCA-INTERVENTO, intesa come processo di presa di coscienza dei soggetti della
comunità rispetto alle proprie condizioni di vita, a limiti e potenzialità, a valori e
desideri. Tale processo di conoscenza è fortemente connesso all’azione, poiché mentre
si conosce si crea interazione e azione. Agisce in un processo circolare e usa il gruppo
come strumento di lavoro prevedendo il contributo di tutti. Tre fasi: costituzione
gruppo di lavoro a partire dall’identificazione di un bisogno, attuazione ricerca (ipotesi
di lavoro, raccolta dati, analisi, report), realizzazione intervento (applicazione operativa,
valutazione in itinere e follow-up). Può essere applicata su piccoli gruppi
(individuare comportamenti e azioni efficaci per un obiettivo, es. stili leadership), a
problemi macrosociali (migliorare la qualità della vita della collettività individuando le
cause di comportamenti devianti, es. modificare abitudini alimentari o razziste),
controllo di risultati raggiunti da interventi o servizi.
 SENSIBILIZZAZIONE e FORMAZIONE, come strumenti in grado di favorire
consapevolezza sociale e cultura della partecipazione oltre che migliorare competenze
connesse al processo di progettazione partecipata
 CONSULENZA, intesa come possibilità offerta ai vari soggetti per rileggere la propria
storia, le proprie dinamiche, la propria organizzazione al fine di introdurre
cambiamenti.

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