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DIRITTO BANCARIO prof Calderazzi 1 lezione

Definizione di diritto bancario

Il diritto bancario ha differenti definizioni. Può essere visto come l’insieme delle norme che regolano un
sistema bancario, dove per sistema bancario indichiamo l’insieme delle banche operanti in un paese. Ma
può essere visto anche quella branca del diritto che attiene alla banca come istituzione e come soggetto
attivo e passivo dei rapporti giuridici. Secondo questa definizione si guarda non al sistema bancario ma ai
rapporti delle banche.

Peculiarità del diritto bancario

Da un lato il diritto bancario è rilevante per il contesto economico politico culturale che riveste la banca
nella collettività, ma è ugualmente importante in quanto è anche un laboratorio avanzato di soluzioni che
vengono utilizzate nel diritto commerciale. Il diritto bancario è una disciplina del tutto autonoma dal diritto
commerciale seppur inizialmente dipendente. Infatti il diritto bancario persegue interessi differenti che
hanno portato alla specialità della disciplina rispetto al diritto commerciale.

Diritto speciale

In considerazione alla natura degli interessi che il diritto bancario vuole tutelare, il diritto bancario è
diventato un diritto avente natura speciale. Questa specialità comporta una dettagliata regolazione che
porta ad avere una disciplina che è divenuta articolata capillare e pervasiva. Inoltre viene previsto anche un
potere di vigilanza che porta come conseguenza una diminuzione dell’autonomia privata delle parti che
operano nell’ambito del diritto commerciale.

La diminuzione dell’autonomia privata delle parti è dovuta dall’intervento della regolazione e dunque
dall’intervento dello stato da parte del legislatore e da parte dell’autorità di vigilanza con i regolamenti e
con la normazione secondaria.

L’intervento delle regole o norme pubblicistiche porta ad una alterazione del tradizionale concetto di
autonomia privata delle parti a favore di una maggiore tutela di interessi più generali che coinvolgono il
risparmiatore.

Questo avviene poiché da sole, le norme di diritto comune diventano insufficienti e perciò è compito della
norma regolare i diversi interessi eterogenei.

Attività bancaria

L’attività bancaria è differente da altri tipi di attività di impresa, ma è un attività che è soggetta a specialità.
Infatti mentre le imprese hanno come obiettivo ottenere un utile che sia il più elevato possibile, per la
banca questo obiettivo danneggerebbe gli interessi delle parti. Infatti le banche si occupano della
redistribuzione della ricchezza e inoltre le sue passività non sono rappresentati sono la patrimonio netto
ma ci sono anche i depositi (che sono debiti che la banca ha nei confronti del correntista). Perciò si rende
necessario un intervento pubblico.

Dunque l’attività bancaria ha bisogno di essere regolata per via della sua natura differente rispetto ad altre
imprese.

Inoltre il settore bancario possiede una rilevanza strategica per un paese e perciò si rende necessario ai fine
dell’analisi della disciplina la comprensione della norma contestualizzata nel periodo storico di riferimento .
Dunque nell’analisi dei tecnicismi giuridici del diritto bancario non si può prescindere dal momento storico
in cui la norma è stata adottata. In questo modo è possibile capire come mai una norma è variata.
Prospettive analisi diritto bancari

1. Attenzione alla valutazione delle molteplici prospettive microeconomiche: ogni banca è


un’impresa, il banchiere centrale è visto come un imprenditore. La disciplina del diritto bancario
regolamenta il soggetto cioè il banchiere centrale e l’attività ovvero l’attività bancaria.
2. Prospettiva macroeconomica-storica: si vede il contesto del paese e il quadro storico. Questo
implica che il sistema delle regole tecniche e finanziarie deve essere sempre concettualizzato

Un esempio di ciò è il Bail in. Il bail è stato recepito in seguito ad una direttiva europea e serve per ottenere
una gestione ordinata delle crisi delle banche al fine di evitare la perdita di fiducia del depositante nel
sistema bancario e dunque la corsa agli sportelli. Questa direttiva è stata recepita dopo il fallimento di
molte banche dunque il quadro storico è utile per analizzare la norma.

La prima prospettiva è dominata dal Diritto privato e al diritto dell’impresa ed è rivolta agli imprenditori e
all’attività di impresa. Questa prospettiva da sola è insufficiente. Infatti vi è la presenza di un interesse di
rilievo pubblico ovvero la tutela dei depositanti, la salvaguardia della fiducia neo sistema bancario ecc.

La seconda prospettiva diviene sempre più importante perché:

 Mondo bancario ricondotto all’evoluzione istituzionale sociale e politica. Quindi è in continuo


movimento.
 Si sono manifestate numerose crisi che hanno dimostrato l’esigenza di intervento con misure
sistemiche.

L’intervento pubblicistico si ha sia nella fase di accesso al mercato, con l’istituto dell’autorizzazione
dell’attività bancaria. Questa è concessa alla banca che vuole entrare nel mercato bancario previa
autorizzazione dalla Banca d’Italia. Infatti la Banca d’Italia si occupa di verificare la sussistenza dei requisiti
previsti per lo svolgimento dell’attività. Questo strumento rappresenta una forma di tutela del risparmio.

Inoltre la tutela del risparmio è garantita anche nella fase fisiologica o dell’esercizio dell’attività di impresa
ed è garantito anche nella fase patologica. Infatti mentre nella fase fisiologica si ha la tutela del risparmio
con i contratti bancari e finanziari che sono standardizzati e nel dotare di meccanismi di vigilanza, nella fase
patologica ovvero nell’insorgenza di una crisi, il legislatore ha l’obiettivo di limitare le perdite , preservare la
fiducia nel sistema bancario ed evitare la corsa agli sportelli. La tutela si manifesta assicurando la stabilità
del sistema bancario, la sua integrità, trasparenza ecc. Esempio Bail in che ha obiettivo di ottenere una
gestione ordinata delle crisi bancarie e il Recovery plan ovvero la dotazione da parte delle banche di piani di
risanamento credibili, che prevedano meccanismi di pianificazione degli interventi in caso di scenari avversi
per migliorare la capacità di recupero da parte della banche, e procedere in modo alternativo rispetto alla
liquidazione coatta amministrativa.

2 LEZIONE

La crisi economica ha contribuito come nel diritto dei mercati finanziari a cambiare la linea di pensiero per
la regolazione del diritto bancario. Infatti si è capito che l’investimento non ha un significato economico ma
ha anche un significato morale. Questa prospettiva è chiamata eticità del mercato.

L’investimento non ha solo un significato economico, ma anche morale: durante la crisi, infatti, ci è resi
conto che la perdita dei propri risparmi dovuta all’investimento non riguardava solo i grandi investitori (*
investitori istituzionali), ma anche i piccoli (* operaio azienda di yogurt che investe i propri risparmi in
obbligazioni della stessa azienda per politica aziendale) che i grandi investitori; il rischio dell’investimento si
riversa sull’investitore, sulle sue aspettative di una positiva allocazione del risparmio, sul suo affidamento
ad effettuare ulteriori investimenti derivanti dal guadagno finanziario realizzato. Queste esigenze sono sì
tutte connotate da profili di natura economica, tuttavia sono intimamente connesse al benessere della
persona (* con quell’investimento vorrei comprarmi una casa, un diritto costituzionalmente tutelato). In
considerazione delle peculiarità del sistema finanziario, questi bisogni assumono una portata più ampia,
che è sovraindividuale e globale, che è in grado di influenzare interessi più generali.

Infatti vi è il rischio che l’investimento si riversa sull’investitore, sulle sue aspettative di una positiva
allocazione del risparmio, sul suo affidamento nell’effettuare ulteriori investimenti con il guadagno
realizzato dall’operazione.

Queste esigenze hanno tutte carattere economico e sono interamente connesse al benessere della
persona.

In considerazione alle peculiarità esposte, questi bisogni assumono una portata più ampia che è
sovraindividuale e globale che è in grado di influenzare interessi più generali.

TUTELA DEL RISPARMIO E DEL RISPARMIATORE

La tutela del risparmio e del risparmiatore è una tutela inserita nella costituzione. Deve essere intesa come
una regola che impone:

 Razionalità mercato
 Dovere di informazione
 Dovere di correttezza nei confronti risparmiatore

Tuttavia il risparmiatore è irrazionale e lo fa ed esegue un investimento indipendentemente dalle regole.


Dunque la tutela del risparmio non è dunque razionalità del mercato.

la tutela del risparmio è una formula riassuntiva che contiene la garanzia delle diverse funzioni cui la
tutela del risparmio è preordinata.

Queste diverse funzioni trovano la loro garanzia nella tutela del risparmio.

ART 47 della COSTITUZIONE

La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla
l'esercizio del credito.

Questo è l’art47 primo comma.

INTERPRETAZIONE DELL’ART’47 DELLA COSTITUZIONE

Questo articolo è fatto in coerenza con l’idea dell’epoca dell’impresa bancaria finanziaria all’interesse
economico nazionale di crescita della potenza del paese ovvero il concetto di impresa bancaria del periodo
1948 cioè quando è entrata in vigore la costituzione.

L’idea dell’impresa bancaria è quella di ausilio alla potenza del paese. Questo ha portato l’idea che la banca
fosse un servizio pubblico assoggettato all’indirizzo politico. Questa idea era già un’idea pre esistente alla
Costituzione.

La repubblica da rilevanza all’art 47 COMMA 1 e pone il risparmio al centro e lo riconosce come diritto
importante. In passato non si poneva al centro la tutela del risparmio. Storicamente l’intervento
pubblicistico è immaginato a garanzia e protezione del sistema bancario nazionale cioè nell’interesse
nazionale. Dunque non emerge alcuna centralità del risparmio. Riceve tutela solo in quanto parte di un ciclo
economico del credito.

La lettura data nel tempo, invece, escludeva totalmente il risparmio e la tutela di esso, concentrandosi
invece sulla prospettiva della banca analizzata poc’anzi.
La prova di ciò è che l’art. 47 offre un “ombrello costituzionale” all’intero settore del credito, quindi si è
inserita la tutela del risparmio come espressione del ciclo economico del credito ( in altri termini, il
risparmio è tutelato dalla Costituzione in quanto facente parte del ciclo economico del credito).

Questo ha portato come conseguenza la prospettiva sia quella di regolazione dell’esercizio del credito e la
centralità del potere pubblico della regolazione dell’impresa bancaria. Non a caso le imprese bancarie
erano tutte imprese pubblicistiche in questo periodo.

In realtà non è vero che l’art 47 costituzionalizza l’esercizio dei poteri, ma funzionalizza il sistema del
credito alla tutela del risparmio. (non offre un ombrello costituzionale sotto il quale rientrano tutti i poteri)

L’attuale interpretazione è che l’art 47 riceve tutela costituzionale poiché il risparmio è un diritto che
appartiene alla libertà e ai diritti delle persone ed imprese. Dunque non rappresenta nessun potere di stato
e né di sviluppo di un paese.

Inoltre la banca non svolge attività ordinaria di impresa ma svolge un’attività speciale. L’esercizio
dell’attività bancaria consente il conseguimento di dimensioni fondamentali dei diritti quali:

 Accesso al credito
 Diritto ad un’abitazione
 Diritto alla proprietà
 Finanziamento alle imprese

Queste funzioni che possono essere conseguite grazie all’esercizio dell’attività bancaria.

Con il termine “repubblica”, per repubblica intendiamo non solo lo stato, ma un insieme di soggetti ed
istituzioni e si riferisce anche alle banche.

Con il termine “incoraggia e tutela il risparmio” intendiamo una prospettiva di tutela del singolo individuo
che investe il proprio risparmio e, indirettamente, così facendo rileva tale risparmio come fattore di crescita
del sistema economico.

La prospettiva cambia: dire che le banche contribuiscono all’evoluzione economica non è corretto;
l’evoluzione economica è solo il riflesso della tutela del singolo e, pertanto, l’evoluzione economica è una
conseguenza indiretta. Ma cosa cambia in termini pratici? Innanzitutto cambia lo strumento di tutela, in
quanto la negazione di un diritto fondamentale è una cosa ben diversa dal mancato sviluppo economico di
un Paese; inoltre, questa prospettiva serve a spiegare come leggere le norme (* norme di Basilea, ICAAP).
La protezione del risparmio è in stretta correlazione col principio di sana e prudente gestione, dove anche
quest’ultimo principio è strumentale alla realizzazione dell’interesse protetto dall’art. 47.

Anche il concetto di sana e prudente gestione è un concetto riassuntivo.

3 LEZIONE

La banca ha avuto un’origine italiana tardo medievale cristiana, anche se delle origini remote si
riscontrarono in Babilonia, Egitto, Grecia, Roma. Secondo gli studiosi i primi edifici bancari erano i templi, e
le prime banchieri erano i sacerdoti, i quali avevano a disposizione doni e d offerte che spesso prestavano a
chi avevano bisogno.

Alla fine del II millennio AC, l’attività economica della Mesopotamia si sviluppo con forza. E il potere
cominciò a passare nelle mani del re. In questo modo i palazzi, insieme a templi, iniziarono a custodire
depositi in natura.
Nel 2000 AC nel codice di Hammurabi, c’è anche traccia di una banca imperiale che concedeva prestiti con
sospensione del prestito o debito in particolari casi. Esempio era prevista la sospensione del prestito in caso
di avaria del raccolto.

Successivamente sotto il regno Babilonese con dominazione Persiana, si svilupparono le CASE


COMMERCIALI all’interno delle quali si svolgevano operazioni di varia natura.

Nell’antica Grecia, i centri religiosi persero la loro funzione finanziaria e si iniziarono a sviluppare la figura
del CAMBIAVALUTE ovvero colui che raccoglie depositi e concedeva prestiti. Lo stesso fenomeno si
manifestò anche nell’Antica Roma, dove gli stranieri e i liberti iniziarono l’attività di NUMMULARI ovvero di
cambi di valute, diventando vere e propri banchieri che erano chiamati ARGENTARI. Questa attività veniva
svolta negli ARGENTARIUS all’interno dei fori romani, che erano delle taverne dove all’interno vi erano dei
tavoli con affreschi di argilla sopra delle quali c’erano delle tabule (prima forma di registri contabili, bilanci,
abaco e pietra di paragone. La funzione di questa pietra era controllare quanto oro era contenuto nella
moneta per evitare contraffazioni e truffe.

Nell’impero romano l’attività dell’economia è prevalentemente agricola. In questo periodo è molto


sviluppato il diritto privato. In questo periodo dunque il diritto bancario non aveva ancora una propria
disciplina ad eccezione della disciplina dei cambi valutari.

Intorno all’anno 1000 nacque il diritto commerciale e si svilupparono tecniche mercantili e bancarie.
Furono i mercanti italiani a dare una spinta ed impulso all’attività bancaria, per cui la professione del
cambio valute diventò ben presto indispensabile. Con la crescita del settore i cambi valute si organizzarono
in corporazioni. Importante fu quella di Firenze denominata l’arte del cambio. In questo periodo dunque si
diffondono le prime regole per quanto riguarda il diritto commerciale e si ha la formazione delle prime
compagnie coloniali ma anche bancarie che ci occupavano del commercio del denaro e del finanziamento.

Le compagnie bancarie italiane godono di una posizione di prestigio nell’attività di finanziamento e


bancaria europeo almeno fino al 1200.

Nella prima metà del 1300 vi è una forte crisi finanziaria che porta al fallimento di queste compagnie. I
banchieri più solidi intervennero per regolare l’attività del cambia valute, il quale ora doveva versare una
cauzione a garanzia del creditore. Ogni crisi economica è dovuta a crisi bancarie.

Si capisce ben presto che c’era la necessita di cambiamento e rinnovamento e le compagnie bancarie
cambiarono struttura e fu previsto un frazionamento ovvero ciascuna banca doveva avere una propria
struttura e autonomia gestionale. Nel 1397 nacque per esempio il BANCO DEI MEDICI.

In questo periodo assistiamo ad una evoluzione del debito pubblico delle città medievali che porta alla
creazione delle prime banche pubbliche. Per esempio nasce la Cassa San Giorgio di Genova, che aveva il
compito di finanziare l’elevato debito pubblico. Quindi come conseguenza naturale si ha la nascita delle
banche pubbliche.

Nel frattempo si ha anche un altro problema oltre agli elevati debiti dei paesi, vi era il problema
dell’USURA. Ovvero i prestiti erano rimborsati a tassi molto elevati. Perciò si intervenne con la nascita dei
primi istituti ed organismi che concedevano piccoli prestiti con pegno. Queste istituzioni vennero chiamati
MONTI DI PIETA’ dove concedevano prestiti in cambio prendevano a garanzia un bene in pegno. Questi
prestiti erano senza tasso di interesse ed erano di importo molto piccoli. Questo faceva si che si
rispettavano i canoni cristiani del periodo che vietavano l’erogazione di prestiti con interessi. Tuttavia il non
applicare un tasso di interesse era un elemento di criticità. Si creavano costi di gestione che non venivano
coperti dai ricavi ovvero dagli interessi. Questo atteggiamento mise in pericolo i Monti di pietà . Perciò i
monti di pietà decisero di selezionare la clientela a cui erogare prestiti con pegni. Fino a questo periodo
emerge da subito la volontà delle famiglie più potenti ovvero i signori di affermare il proprio potere, ma
nello stesso tempo si voleva tutelare anche le classi meno abbienti e disagiate nell’ottenimento di un
credito.

Gli elementi che emergono fino al 400 sono:

 Elevati debiti pubblici che hanno causato fallimenti


 Affermazione di potere da parte delle famiglie più potenti
 Tutela delle categorie di popolazioni più deboli

4 LEZIONE

Nel 500 si ha un periodo di crescita economica in quanto si sviluppa la borghesia capitalista, quindi si ha un
periodo in cui l’economia cresce. Questo fenomeno porta al declino dei banchieri privati. Contestualmente
si ha la nascita di nuove istituzioni quali:

 Borsa
 Banche pubbliche
 Banche di emissione

Infatti la moneta che era disponibile non era più sufficiente, in quanto lo sviluppo economico intensificò
l’uso della moneta e il numero di persone che la domandavano. I principali clienti erano lo stato e il
mercato.

Nel 600/700 ebbero sempre maggiore importanza il ruolo delle banche pubbliche che ora avevano anche
funzioni monetarie ovvero creavano moneta. Infatti queste banche disponevano di sistemi di pagamento
che consentirono allo stato di soddisfare differenti esigenze.

Nella seconda metà del 700 erano conosciuti quasi tutti gli strumenti bancari dell’epoca. Con la rivoluzione
industriale la banca ha assunto un ruolo importante nel trainare l’economia.

Nella prima metà dell’800 il settore del credito ha assunto una posizione di egemonia in quasi tutti i paesi. Il
problema era che si lasciava così priva di assistenza le categorie meno abbienti e perciò si iniziarono a
diffondere le prime CASSE DI RISPARMIO

La cassa di risparmio è una tipologia di istituto di credito nato con la finalità di raccogliere il
piccolo risparmio, remunerandolo tramite l'esercizio del credito ipotecario e fondiario, o tramite
investimenti poco rischiosi, come quelli nei titoli di stato.

Infatti l’enorme crescita economica della seconda metà dell’800 e il costo dell’industrializzazione resero
imprescindibili le funzioni della banca. Le banche private non riescono più a soddisfare queste richieste di
finanziamento.

Le banche private dell’800 erano banche delle famiglie che svolgevano attività creditizia. Con l’aumentare
della domanda di credito, dovuto alla crescita economica e alla industrializzazione, fecero emergere
difficoltà nell’erogare crediti dalle banche.

Le conseguenze furono che alcune banche private incorporarono banche locali e la nascita delle prime
filiali. Nel primo caso si ha la nascita delle prime banche con forma societaria che hanno dimensioni
maggiori rispetto alle banche private. Queste banche permettono inoltre di ampliare le loro reti di rapporti
e anche altre forme di credito come il credito mobiliare, fondiario e cooperativo.

Durante il periodo napoleonico l’Italia si trovò a fronteggiare problemi finanziari che richiedevano nuove
misure. Infatti c’erano stati dei cambiamenti nel sistema italiano ma non nel sistema finanziario, vi era una
forte instabilità politica e vi erano inoltre anche numerose guerra e occupazioni militari che hanno portato
al fallimento di alcuni banchi pubblici antichi. Infatti per esempio nel 1916 il Banco San Giorgio fu messo in
liquidazione. Inoltre il sud non aveva pressoché beneficiato della nascita delle Casse di risparmio in quanto
si erano sviluppate solo a nord e al centro (esempio Cassa di risparmio di Milano 1923).

Furono attribuite importanti funzioni alle banche di risparmio che avevano il compito di contribuire alla
crescita e al finanziamento delle comunità locali, acquistando titoli di stato e concedendo credito ipotecario
a proprietari terrieri. Questa situazione ha rappresentato una vera e propria novità sul lato della raccolta,
infatti avevano come finalità la racconta del risparmio dai ceti meno abbienti e non quello di prestare.

Questa situazione però non va confuso con quella di assistenzialismo dei monti di pietà e questa politica
non entrava in conflitto con la politica delle banche private in quanto i segmenti della clientela erano
diversi. Infatti mentre le casse di risparmio avevano come obiettivo la raccolta di risorse finanziarie dai ceti
più deboli, le banche private da clienti con elevato standard.

A livello internazionale, il commercio internazionale rimaneva però prerogativa solo degli stati stranieri.

Il sistema bancario italiano in questo periodo si presentava in condizioni di arretratezza poiché:

1. Vi era frazionamento politico e questo influiva sulla posizione e localizzazione delle banche
2. Ritardo nello sviluppo industriale italiano
3. Carenza di capitali per l’investimento
4. Tassi di interesse più alti rispetto a quelli di altri paesi

Questa situazione inoltre rappresentava non solo una condizione di arretratezza ma anche una situazione di
forte squilibrio. Infatti sul sistema bancario rifletteva la diversa crescita dei diversi stai pre unificazione.

Dal 1861 con l’unificazione, il nuovo stato deve riordinare la legislazione frammentaria soprattutto in
relazione alla tecnologia dei soggetti bancari.

Le imprese bancarie non sono ancora regolamentate, ma assoggettate alla disciplina comune cioè
assoggettate alla disciplina di tutte le imprese. Dunque il diritto bancario coincideva con il diritto
commerciale e non era una disciplina unitaria e dotata di caratteri di specialità.

Era in vigore il codice civile che era un codice napoleonico , e quest’ultimo non avevano all’interno la
disciplina del diritto dell’impresa in quanto era contenuto nel codice del commercio del 1882.

Il codice di commercio non dava una definizione di impresa o di imprenditore come lo fa l’art 2082cc, ma
nell’art 3 elencava una serie di attività che avevano lo status di impresa, il cui soggetto è chiamato
imprenditore. In particolare nell’art 3 lettera 11 degli atti di commercio si specificava che anche la banca
era un’impresa.

Nell’art 177 del codice di commercio tuttavia si capiva che la banca in virtù della propria natura non poteva
avere una disciplina equiparata alle altre imprese e perciò imponeva alle banche di depositare presso il
tribunale del commercio, nei primi 8 giorni del mese, alla loro situazione riferibile al mese precedente
esposta secondo un modello stabilito con regio decreto e certificata conforme alla verità con dichiarazione
sottoscritta da almeno un amministratore e sindaco.

Questa norma rappresenta una prima forma di tutela e trasparenza dell’attività bancaria e inoltre si riferiva
a tutte le banche di emissione e casse di risparmio. Era previsto perciò un controllo pubblico su alcune
attività specializzate, ponendo le basi del pluralismo bancario.

Per pluralismo bancario intendiamo una pluralità di forme operative ed organizzative degli intermediari.
Infatti vi erano:

1. Istituti speciali
2. Società anonime che esercitavano il risparmio e il credito
3. Casse di risparmio
4. Casse rurali
5. Banche popolari
6. Istituti di credito fondiario
7. Consorzio credito per la realizzazione opere pubbliche
8. Istituto di credito per le imprese di pubblica utilità

Alcuni istituti sono stati creati per raggiungere determinate finalità e per ridurre i rischi eliminando i tassi di
rendimento.

Anche per gli istituti di emissione vi era una situazione confusa. Vi erano una pluralità di istituti di
emissione. Questi erano normale banche che potevano anche emettere moneta, attraverso una
autorizzazione governativa. Nel 1874 ci fu una drastica riduzione delle banche di emissione.
Successivamente nel 1887 inseguito alla crisi del mercato agricoli ed immobiliare, venne messa a dura
prova anche la solvibilità degli istituti di emissione. Si riflette sulla possibilità di dividere l’attività di
emissione dall’attività commerciale delle banche.

Nel 1893 con la legge n.449 fu istituita la banca d’Italia ma non era l’unica banca di emissione. Questa è il
frutto di unioni di diverse banche di emissione. Rimane insieme alla Banca di Roma. In questo stesso anno
anche la banca di Roma va in dissesto inseguito ad uno scandalo e rimane dunque solo la Banca di Italia.

Dal 1893 al 1926 la banca d’Italia effettua sia attività commerciale, sia attività di emissione. Tuttavia nel
1926 viene sancito il divieto della banca d’Italia di effettuare attività commerciale, dunque svolgendo tra le
altre funzioni che gli competono, anche quella di emissione di moneta cartacea (banconote). Un'altra
funzione che può svolgere per esempio è quella di prestare risorse a banche che sono illiquide ma non
insolventi. Questa funzione si chiama funzione di prestatore di ultima istanza.

Fino a questo momento le banche sono ancora assoggettate alla disciplina comune, tranne per alcuni
istituti che sono assoggettati a disciplina speciale come le banche di emissione. Si crea dunque una prima
forma di diversificazione della disciplina e inoltre si sviluppano nuove tipologie di imprese bancarie che
assumono una tipicità organizzativa che finisce per differenziarle dall’organizzazione comune. Infatti a tal
proposito nascono le banche popolari. Dunque già dalla fine del’800 e nei primi anni del 900 si pongono le
base per la nascita di uno statuto speciale per le banche a ragione dell’insufficienza delle norme di diritto
comune , poiché non garantivano una tutela del risparmiatore.

Nel 1920 vi era inoltre un aumento del fabbisogno di capitali e dunque un aumento della domanda di
credito. Questo perché gli stati dovevano sovvenzionare le guerre e questo creo un forte indebitamento nel
paese. Così si lo stato per finanziare il debito pubblico emetteva azioni ed obbligazioni che erano comprate
da banche e dai risparmiatori e inoltre si assiste anche alla nascita di altri istituti come il consorzio per
sovvenzioni su valori industriali nel 1915 che era gestito dalla Banca d’Italia che aveva l’obiettivo di
aumentare la domanda da parte delle imprese che avevano sostenuto la produzione bellica .

In questo periodo inizia il periodo dell’economia mista. Infatti lo stato inizia ad eseguire politiche di
regolazione ed esercita diretto controllo nelle attività economiche. Si configura perciò un nuovo rapporto
tra stato ed economia.

5 LEZIONE

Nel 1926 ci sono stati 2 importanti provvedimenti che hanno come conseguenza il creare per la prima volta
una forma di statuto speciale per l’impresa bancaria rispetto alle altre imprese. Inoltre diviene anche netta
la separazione tra l’attività bancaria tradizionale ovvero quella commerciale e l’attività di emissione della
moneta. L’attività di emissione viene riservata solo alla Banca d’Italia e nello stesso tempo si vieta alle altre
banche di avere la funzione di emettere moneta legale, e nello stesso tempo vieta alla Banca d’Italia lo
svolgimento dell’attività commerciale. Ora la banca d’Italia avrà funzione di prestatore di ultima istanza e
sarà inoltre dotata di poteri di vigilanza e quindi svolgerà attività di controllo. Questi provvedimenti sono
stati introdotti poiché il diritto comune non era in grado di tutelare il singolo risparmiatore.

Le novità sono:

1. Vengono introdotte pure norme organizzatorie volti a ridurre i rischi per il consumatore.
2. Viene introdotto un regime autorizzatorio per l’esercizio dell’attività bancaria con l’istituzione di un
apposito albo
3. Richiesti particolari requisiti patrimoniali
4. Viene stabilita una correlazione tra ammontare patrimonio ed entità massima del fido concedibile
5. Attribuiti poteri di vigilanza alla Banca d’Italia
6. Separazione tra attività di emissione e attività commerciale.

La crisi del 29 fece però emergere la debolezza dei provvedimenti dottati nel 1926. Il tema centrale che era
emerso è che i principali istituti bancari avevano partecipazioni nelle società industriali. Dunque le banche
avevano carattere misto. Questa configurazione rappresentava un pericolo alla stabilità delle banche.
Perciò era richiesto l’intervento pubblico che metteva le perdite a carico dello stato/erario. Furono istituiti
l’IRI e IMI. Nel 1936 fu costituito un comitato tecnico che aveva il compito di modificare le leggi del 1926
che portò alla relazione di un progetto. Questo piano proposta da Benduce era caratterizzato da un
mancato spirito di regista perché considerava fondamentale l’intervento dello stato sulle banche per
riqualificarle l’interno. Ritiene che solo un intervento pubblico rigoroso potesse riformare il sistema
economico.

Propose:

 Qualificazione di banca di Italia come ente di diritto pubblico


 Prevedeva la nomina di ispettorati per la difesa del risparmio e del credito
 Qualificazione di tutte le banche nazionali come enti pubblici
 Tutte le banche dovevano effettuare solo l’attività creditizia

Questo progetto ebbe numerose critiche e fu accusato di statalismo bancario. Nel progetto di legge finale ci
furono delle correzioni, le banche diventarono da enti di interesse pubblico diventarono enti di interesse
nazionale dunque mantenendo la loro veste giuridica di società anonima. Nacque la legge bancaria del
1936. Questa legge continua a mantenere l’idea che la banca è legata alla crescita economica dello stato
come servizio pubblico assoggettato all’indirizzo politico (stretta correlazione fra potenza economica ed
evoluzione dello stato)

ARTICOLO 1 LEGGE 1936

La raccolta del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono funzioni di interesse
pubblico regolate dalle norme del presente decreto. Tali funzioni sono esercitate da Istituti di credito e
Banche di diritto pubblico, da Casse di risparmio e da Istituti, Banche, enti ed imprese private a tale fine
autorizzati.

Questo articolo sancisce che la raccolta del risparmio e l’esercizio del credito sono funzioni di interesse
pubblico, quindi l’intervento pubblicistico verso il sistema bancario viene immaginato a garanzia e
protezione del sistema bancario nazionale.
La legge del 36 verrà abrogata solo con il TUB nel 1993. In questo periodo si afferma l’idea che il sistema
bancario soddisfa esigenze di interesse pubblico in quanto è attratto dalla sfera dell’attività pubblica ovvero
si raggiunge così un interesse supremo della nazione .

La legge del 36 non fu attuata mai in modo integrale. Per esempio l’ispettorato del per la difesa del
risparmio ed esercizio del credito non fu mai attuato dopo la caduta del regime fascista essendo una norma
di stampo fascista. Questa funzione inoltre si sovrapponeva con la funzione di vigilanza della banca d’Italia.

Nel 1948 entra in vigore la costituzione ed in particolare abbiamo l’articolo 47 che sancisce che la
repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme. Inoltre disciplina coordina e controlla
l’esercizio del credito. (vedi interpretazione articolo 47 lezione jolly)

Nel 1993 si è avviato in Italia un processo di privatizzazioni che ha investito anche il sistema bancario.
Emerge una disciplina derogatoria e focalizzata sulla relazione tra impresa privata e pubblica, ovvero tra
riserva di attività e libera imprenditorialità, nonché tra autonomia privata ed eterodirezione dell’attività. La
disciplina bancaria diventa sempre più stringente e vigilata. Nello stesso anno è entrato in vigore in TUB che
ha abrogato la vecchia legge bancaria del 1936

Un altro elemento che emerge è che l’Italia aderendo dapprima alla comunità europea ed inseguito alla
unione europea ha assorbito nel proprio ordinamento concetti lontani, come il concetto di consumatore.

Un'altra interferenza la si ha avuta con l’introduzione delle norme di Basilea sui requisiti patrimoniali che le
banche devono dotarsi per fronteggiare i rischi.

Un altro elemento è al crisi del 2007/08 che ha intensificato la normativa bancaria, creando uno stretto
legame tra crisi e legislazione bancaria. Questo ha avuto come effetto l’iperegolamentazione anche a livello
europeo della disciplina bancaria . Sono state introdotte norme sulla patrimonializzazione , sulla vigilanza,
sul meccanismo unico di vigilanza, sulle autorità di vigilanza a livello europeo (Sevif).

IL SISTEMA DEI CONTROLLI 6 lezione

Il Sistema bancario il sistema dei controlli rappresenta il polo di attrazione del pensiero del legislatore,
finalizzato al controllare e gestire i rischi ed assicurare il soddisfacimento del principio della sana e prudente
gestione. Il sistema dei controlli ha acquisito particolare rilevanza negli ultimi anni. Infatti negli ultimi anni il
legislatore ha posto maggiore attenzione al controllo di tipo interno ovvero un controllo di tipo
microprudenziale, insieme al già controllo di tipo macroprudenziale delle autorità di vigilanza. Questo è
accaduto poiché l’organizzazione bancaria è diventata sempre più complessa e questo ha portato ad una
più accentuata procedimentalizzazione del processo decisionale. Infatti tutte le decisioni vengono prese
attraverso delle procedure più o meno complesse. Inoltre nello stesso tempo anche l’attività bancaria è
diventata sempre più complessa e perciò ciascuna decisione deve rispettare tutti i procedimenti stabiliti.
Questo porta ad un controllo del processo decisionale della banca.

La parte in cui si parla del sistema dei controlli è contenuta all’interno della CIRCOLARE 285 della Banca
d’Italia nel TITOLO IV PARTE I del 2013: GOVERNO SOCIETARIO, CONTROLLI INTERNI, GESTIONE DEI RISCHI.

Cosa intendiamo per governo societario?

Tutte le decisioni che riguardano la società ovvero l’insieme di regole e norme che disciplinano la gestione
di una società, al fine di ottenere una gestione efficace ed efficiente.

La gestione dei rischi si misura con la capacità di interazione con gli organi societari, inoltre dal titolo
capiamo che c’è una stretta correlazione tra i sistemi dei controlli interni e la gestione dei rischi.
I presidi relativi al sistema dei controlli interni devono coprire ogni tipologia di rischio aziendale. Ciascuna
banca deve assicurare la completezza l’adeguatezza, la funzionalità e l’affidabilità dei sistemi di controllo
interno.

Ma le norme prescritte dalla Circolare 285 sono applicate in modo rigido?

In soccorso ci viene il principio della proporzionalità: ovvero le norme vengono applicate tenendo conto le
peculiarità delle banche. Alla banca d’Italia interessa solo la capacità delle banca di governare il processo di
gestione dei rischi.

Affinché il controllo interno sia completo e funzionale in modo da assicurare la sana e prudente gestione
deve essere sufficientemente integrato, cioè le banche nel controllare i rischi devono utilizzare gli stessi
sistemi di formulazione e monitoraggio dei rischi, ovvero che abbino una tassonomia comune. Un esempio
tipico è che alcune banche si sono dotati di sistemi come il tableau de board.

Il tableau de bord è un insieme di misure ad hoc collegate tra loro attraverso una serie di relazioni causa-
effetto. Ogni misura esprime un certo stadio del processo, in modo che gli indicatori, possono fornire un
quadro complessivo del funzionamento sistemico generale. Esso nasce per fornire, ai diversi livelli
organizzativi, informazioni di supporto al raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Il tableau de bord è uno strumento utilizzato nell’ambito dei sistemi di controllo di gestione evoluti, che
parte dalla rilevazione dei risultati finanziari, fino all’analisi più approfondita delle cause fisico-tecniche e
operative degli scostamenti riferiti ai risultati di ogni processo aziendale. Non deve riguardare solo
indicatori di tipo economico-finanziario, ma deve anche consentire di analizzare l’efficienza della gestione
aziendale e dei processi operativi, il livello di soddisfazione dei clienti, mettendo a confronto i dati finanziari
con gli indici di qualità erogata e percepita dal cliente.

QUAL È IL PERIMENTRO DEI RISCHI AZIENDALI

L’approccio dei sistemi di controllo è cambiato non è più basato sul controllo dei rischi volto alla
minimizzazione degli stessi. Questo approccio è chiamato CONTROLL BASED. Ma abbiamo un nuovo
approccio ovvero è contenere i rischi nei limiti stabiliti ovvero un approccio di RISK BASED.

Infatti la circolare n. 263 della banca d’Italia ha predisposto che le banche devono adottare il
cosiddetto risk appetite framework (RAF), che stabilisce i sistemi degli obiettivi del rischio . E’ l’approccio
complessivo che include le politiche, i processi, i controlli e le metodologie attraverso i quali viene definita,
comunicata, gestita e rivalutata la propensione al rischio della banca, coerentemente al massimo rischio
assumibile, al business model e al piano strategico.

Posto che la creazione di valore implica l’assunzione di rischi, la necessità è quella di adottare un sistema
efficiente e adeguato, tale da consentire alla banca di sostenere i rischi assunti con la dotazione
patrimoniale disponibile.

Questa diversa filosofia di rischio ha portato ad una diversa consapevolezza dei sistemi per la gestione del
rischio. Questa filosofia è cambiata dopo al crisi del 2007/08.

Dunque il sistema dei controlli non ha la finalità di eliminare o ridurre il rischio. La crisi ha dimostrato che
non serve limitare il rischio, in quanto assunzione di rischio è necessario ed indispensabile per qualsisia
attività economica e dunque non fa eccezione la banca, ma bisogna semplicemente porre un tetto massimo
ovvero fissarne un massimale di rischio che la banca può correre. Dunque non si limita a priori il rischio.

IL PRINCIPIO DI ADEGUATEZZA ORGANIZZATIVA 7 lezione


Nel nostro ordinamento è evidente il principio di adeguatezza organizzativa che però non si riferisce alla
sola attività bancaria ma a tutte le società, in quanto è presente nel diritto comune e dunque nel codice
civile. Esempi a tali proposito sono gli articoli 2403cc, art 2381cc

Art 2403 cc : DOVERI DEL COLLEGIO SIDNACALE

Il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei
principi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto
organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto
funzionamento.

Esercita inoltre il controllo contabile nel caso previsto dall'articolo 2409 bis, terzo comma.
Anche l’articolo 2381 che parla del ruolo del presidente del Cda, e degli organi esecutivi (comitato esecutivo
e amministratore delegato) parla di adeguatezza.

Ma anche nel sistema del diritto bancario abbiamo una correlazione tra la funzione di controllo e i principi
di adeguatezza organizzativa. Infatti anche nell’articolo 149 del TUF già prima della riforma vi era un
riferimento all’adeguatezza organizzativa.

La conclusione che possiamo trarre è che quello del principio dell’adeguatezza organizzativa è un principio
insito e immanente del diritto bancario, ma anche di tutti gli altri tipi di società.

L’adeguatezza organizzativa diventa essenziale e funzionale per la qualificazione del controllo.

Anche nella circolare 285 di banca d’Italia si assegna un collegamento tra i sistemi di controlli interni ed
organizzazione aziendale. La consapevolezza è che l’adozione di un sistema che sia proporzionato,
efficiente e razionale, rappresenta il presidio migliore sia per il perseguimento di obiettivi di vigilanza
pubblicista macro prudenziale, sia per la correttezza dei comportamenti di un impresa bancaria nei
confronti dei clienti e dei risparmiatori ovvero come il raggiungimento di obiettivi privatistici. Se questo è
vero è diventato imprescindibile monitorare i rischi organizzativi (ovvero i rischi provocati dalla inidoneità
della struttura aziendale). Questo rischio si contrappone al rischio strategico ed è un rischio insito in ogni
attività e quella bancaria non fa eccezione, ma si cerca di limitarlo.

Nell’organizzazione bancaria il rischio è particolarmente sensibile per via del livello elevato di
regolamentazione e quindi aumenta anche il rischio di non conformità.

Banca d’Italia e Consob hanno realizzato un regolamento congiunto in materia di regolamentazione ed


organizzazione degli intermediari adottato nel 2007. Viene dedicato una parte corposa al sistema
organizzativo dove viene definita l’adeguatezza organizzativa con la necessità di assicurare:

1. Sana e prudente gestione


2. Contenimento del rischio
3. Stabilità patrimoniale

SISTEMA DEI CONTROLLI ED INTERESSI TUTELATI

L’espressa previsione di un sistema di controlli interni nel settore bancario, previsione che nel diritto
commerciale non la troviamo così nel dettaglio, ci conferma l’insufficienza della tutela delle norme di diritto
comune per l’amministrazione della società. Dall’altro canto dimostra l’esistenza di diversi e più ampi campi
da tutelare rispetto al diritto comune, ovvero quei interessi che fanno capo all’art 47 della costituzione. Si
dimostra che l’intero sistema è intriso di poteri pubblici. L’intervento pubblicistico di tipo macroprudenziale
risponde alla medesima finalità.

L’intervento pubblicistico è sia nella fase di accesso al mercato nel rispetto di requisiti formali e sostanziali,
sia nella fase fisiologica e sia nella fase patologica. In tutte queste fasi l’interesse che si vuole tutelare è un
interesse costituzionalmente garantito ovvero la tutela del risparmio e del risparmiatore.

TIPOLOGIA DI CONTROLLO

 Interno: si divide in controllo all’intero della corporate governace e quelli aziendali. Quelli
all’interno della corporate governace sono finalizzati al rispetto dell’adeguatezza organizzativa e
abbiamo dunque il controllo dei sindacati sugli amministratori, il controllo degli amministratori non
esecutivi su quelli esecutivi e il controllo derivante dai comitati interni del Cda (comitato per la
remunerazione, comitato per le nomine , comitato per i rischi, comitati parti correlate. Il controllo
aziendale si divide in diversi livelli, abbiamo la funzione compliance, la funzione risk e la funzione di
internal audit. Le prime due funzioni sono dette di secondo livello, mentre la terza è detta di terzo
livello. I responsabili di queste aree sono dipendenti della banca ed interagiscono con il cda e con le
autorità di vigilanza.
 Macro: effettuato dalle autorità di vigilanza.

8 lezione

Quando parliamo di sistemi di controllo interno parliamo di un sistema in grado di coprire ogni tipologia di
rischio aziendale. La banca deve dimostrare si saper governare il processo di gestione dei rischi e non avere
un sistema che mira l’assenza dei rischi. La banca deve perciò predisporre di un insieme di norme, regole e
procedure e di risorse che prevengono, monitorano ed attenuano il rischio. Infatti si inizia con
l’individuazione del rischio, si procede ad una sua valutazione ed infine si procede al monitoraggio del
rischio.

Inoltre è cambiata l’organizzazione della banca. L’organizzazione è fortemente procedimentalizzata e


formalizzata. Tutto ciò è il risultato di un’affermazione recente. Infatti l’organizzazione bancaria è una
organizzazione gerarchica dove dal vertice alla base della piramide, vi sono diversi soggetti ognuna con
differenti funzioni.

La procedimentalizzazione di un processo consente di scomporre una decisione iniziale o finale sia


all’interno che all’esterno ed è uno strumento per la riduzione dei rischi.

Banca organi sociali (cda, collegio sindacale, azionisti ecc) e vi è la struttura aziendale (direzione, controllo
ecc). Mentre gli organi fanno riferimento alla corporate governance, la struttura aziendale fanno
riferimento a tutte le funzioni delle aziende.

COSA SIGNIFICA INTEGRATO

Nell’assetto organizzativo dell’impresa bancaria un sistema organizzativo si dice integrato se è in grado di


garantire un coordinamento tra tutte le sue parti. Anche la circolare 285 definisce in più punti la struttura
dei controlli interni e il fatto che deve essere integrato.

PARAMETRI DI INTEGRAZIONE

1. Collocare in una scala di valori la cultura del rischio: in tutte le parti dell’azienda.
2. Individuazione dei momenti di coordinamento: ovvero momenti di incontro tra le diverse funzioni
aziendali
3. Tassonomia comune : ovvero creare un linguaggio in comune sui rischi e controlli, ovvero
sull’utilizzo di metodologie comuni nella valutazione del rischio. La tassonomia comune consente e
agevola la circolazione di informazioni tra i soggetti coinvolti.

Il processo di integrazione tra i processi aziendali trova la sua manifestazione nel tableaux de board.

COSA E’ IL TABLEAUX DE BOARD

E’ un documento nel quale le diverse funzioni di controllo secondo le rispettive competenze, rendiconta :

 Attività di verifica
 Identifica le criticità
 Identifica possibili interventi correttivi
 Responsabilità e i rispettivi responsabili dei processi
 Tempistica del completamento

Questo documento è diviso in 3 parti che formano un documento unitario. Tuttavia ci deve essere
comunicazione fra le parti che sono : Risk, Compliance e Audit.

La banca a priori deve definire il suo livello di rischio (cornice di riferimento) che si intende raggiungere in
relazione a :

 Modello di business
 Obiettivi prefissati .

Questo si chiama RAF (RISK APETITE FRAMWORK) ed è un processo centrale nei sistema dei controlli dei
rischi.

Perciò si è in grado di valutare l’effettiva capacità di un’impresa bancaria all’assunzione del rischio e di
definire ex ante la strategia aziendale dei governi dei rischi.

Inoltre all’interno della circolare n.285 viene stabilito che l’organo che ha funzione di supervisione
strategica (amministratori non esecutivi del cda) il compito di rendere coerente il Raf con gli obiettivi di
rischio e le soglie di tolleranza in modo da valutare periodicamente la sua adeguatezza ed efficacia.

Un esempio di gestione del rischio è il RECOVERY PLAN

Il recovery plan è uno strumento che permette l’adozione degli intermediari di un piano di risanamento che
ha la finalità di definire le misure per il ripristino della situazione finanziaria della società, dopo che v’è stato
un deterioramento della stessa.

E’ uno strumento che non è facoltativo ma è obbligatorio per le banche.

E’ disciplinato nel TUB nel capo I BIS del titolo IV del 2015.

E’ uno strumento gestionale con finalità strategiche che descrive il processo che possiamo attivare solo se si
raggiunge una determinata soglia, e descrive il ruolo dei diversi attori coinvolti ove vi sono avvisaglie
mettendo in moto meccanismi da attivare.

Anch’esso è uno strumento per la tutela del risparmiatore ed è uno strumento che serve per evitare crisi
sistemiche di banche limitrofe.

ASPETTATIVE DI VIGILANZA SUI RECOVERY PLAN

Servono per valutare attuabilità del piano di risanamento in condizioni di stress e determinare quali sono gli
impatti che si hanno sul capitale, sulla liquidità e redditività ovvero determinare quali sono gli impatti
tecnici , ma anche quelli organizzativi e operativi degli stessi.
L’opzione del risanamento ovvero il recovery plan, diviene credibile quando l’attuazione del piano di
risanamento è in pieno controllo dell’intermediario, le opzioni indicate sono ragionevoli, nonché quando il
Framework di risanamento è idoneo a garantire una effettiva tempestività.

LE FUNZIONI AZIENDALI DI CONTROLLO 9 lezione

La funzione di controllo nel codice civile del 42 si manifesta nel potere attribuito al collegio sindacale per
tutelare gli azionisti di minoranza. Viene visto come unico organo essenziale e sufficiente a garantire il
controllo. Il codice civile nella sua stesura originale, non faceva distinzioni tra gli azionisti in quanto vi erano
solo società per azioni chiuse. Però successivamente si è notato che gli azionisti non avevano solo la finalità
di decidere nelle assemblee, ma potevano anche avere finalità di ottenere un dividendo in quanto azionista
risparmiatore. Perciò nel 1974 ci fu una riforma delle società per azioni e ci furono l’introduzione della
Consob, della società di revisione per tutelare l’azionista di minoranza (in quanto ci è una alterazione dei
meccanismi di funzionamento e gli azionisti di minoranza nelle quotate non partecipavano alle assemblee),
ma nello stesso momento si dava la possibilità con le azioni di risparmio e con altri strumenti come le
deleghe e il voto per corrispondenza all’azionista di perseguire le proprie finalità. Con l’istituzione della
Consob e della società di revisione, con la già presente banca d’Italia e ora anche con la vigilanza a livello
europeo, il controllo è diventato frammentato ed è effettuato da più soggetti.

Ma non sono solo aumentati i soggetti che vigilano, ma è cambiata anche la prospettiva di controllo: ora il
controllo non avviene solo ex post deve avvenire anche ex ante. Il controllo ex ante avviene attraverso un
sistema di controllo preventivo. Il soggetto che è destinatario del controllo è sempre l’azionista di
minoranza che deve essere tutelato, ma cambiando la prospettiva.

Il socio di minoranza viene tutelato attraverso il rispetto di una corretta gestione dell’attività di impresa.
Questo avviene anticipando la funzione di controllo garantendo un flusso di informazioni ed
implementando il numero di soggetti deputati al controllo.

Quindi si passa da un principio che prevedeva la tutela della minoranza al raggiungimento di una
correttezza gestoria in modo da tutelare ugualmente la minoranza.

Questa evoluzione delle funzioni di controllo che abbiamo nel diritto societario lo abbiamo ancora più
netta, nel diritto bancario. Questo perché l’impresa bancaria ha anche a che fare con i risparmiatori e gli
investitori, tutela che passa attraverso la sana e prudente gestione.

L’esercizio della funzione di controllo è essenziale per garantire la sana e prudente gestione e fare
emergere gli interessi che sono sottesi all’attività bancaria.

Il controllo nell’ambito bancario ha struttura e configurazione gerarchica. Al vertice della piramide ci sono
gli organi di corporate governance che detengono l’amministrazione, la gestione e il controllo, ma anche le
responsabilità e il rischio dei processi di gestione e controllo. Alla base della piramide ci sono diverse
tipologie di controllo che prevedono scambi di informazioni sia orizzontali che verticali.

Abbiamo 3 livello di controllo:

1) CONTROLLO DI PRIMO LIVELLO O DI LINEA: finalizzata ad assicurare la correttezza dello


svolgimento delle operazioni. Si divide in 2 tipi di controlli: CONTROLLI DI LINEA DI PRIMA ISTANZA
ovvero controlli sulle procedure, controlli informativi, e comportamentali che sono svolti da chi
mette in atto una determinata attività, e i CONTROLLI DI LINEA DI SECONDA ISTANZA ovvero i
controlli che sono effettuati da chi ha la responsabilità di supervisione. Si dividono in controlli di
seconda istanza funzionali se sono eseguiti da strutture aziendali indipendenti rispetto alla
struttura oggetto di controllo, e controlli di seconda istanza gerarchici se sono eseguiti da ruoli
aziendali gerarchicamente superiori a quelli predisposti.
I controlli di primo livello di prima istanza è il controllo per esempio del cassiere, che si accerta che chi
deposita o preleva è il soggetto titolare del conto , o abbia una delega per farlo. I controlli di seconda
istanza è il controllo del responsabile al cassiere che viene posto o da quello gerarchicamente superiore
oppure da una persona che è addetta solo al controllo di tale funzione.

2) CONTROLLO DI SECONDO LIVELLO O DI SECONDA LINEA: controlli sui rischi e sulla conformità.
Insieme ai controlli di terzo livello contribuiscono alla creazione della FAC (funzione aziendali di
controllo). Hanno come finalità:

 Assicurare la corretta gestione dei rischi operativi assunti


 Rispetto di limiti imposti alle funzioni
 Conformità delle norme applicata alla legge.

Sono svolte dal risk management e dalla compliance.

LA FUNZIONE COMPLIANCE

Introdotta dal comitato di Basilea nel 2005, che evidenziava il bisogno di introdurre una funzione che
verificasse la conformità dell’attività bancaria e delle sue numerose procedure. Così le disposizioni di
vigilanza, la circolare di Banca d’Italia, il regolamento congiunto tra banca d’Italia e consob hanno recepito
le disposizioni dettate dal comitato di Basilea. Si occupa del controllo di secondo livello e monitora il rischio
di non conformità alle norme. La circolare 285 identifica tale rischio di incorrere in sanzioni giudiziarie e
amministrative, perdite finanziarie rilevanti o danni di reputazione che possono avvenire come
conseguenza di violazioni di norme imperative o di autoregolamentazione. Questo rischio ha due
componenti: una regolamentare e una componente reputazionale.

Il rischio regolamentare porta ad una ipotesi di violazione di norme che si traducono in un danno alla
società sottoforma di rischio legale.

Il rischio reputazione rappresenta una conseguenza indiretta della violazione di norme e consiste nel danno
di immagine anche in termini di flussi reddituali mancati e di fiducia, dovuto dal non rispetto di norme e alla
diffusione della notizia.

Il rischio di non conformità alle norme è presente in tutti i livelli di organizzazione aziendale e la funzione
dunque opera in modo trasversale secondo l’approccio del risk based. La funzione compliance deve
assicurare che e funzioni interne siano adeguate ed idonee a prevenire il rischio. La funzione compliance
non si limita al controllo ma svolge una molteplicità di operazioni e attività che coinvolgono numerosi
soggetti. Svolgono anche una funzione di consulenza ex ante nell’elaborazione della normazione interna ed
effettua dunque un controllo preventivo. Infatti la banca al suo interno ha una serie di fonti di
autoregolamentazione come manuali, regolamenti interni, codici di comportamento, policy interne che
sono costruite all’interno e che riprendono la normazione primaria e secondaria, e disciplinano nel
dettaglio le funzioni aziendali tenendo conto del principio di proporzionalità. Dunque le funzioni stabilite
dalla circolare 285 possono anche non esserci o sono affidate ad un altro organo. Esempio non tutte le
banche hanno tutti i comitati endoconsigliari. Questi manuali dunque essere elaborati in collaborazione con
la funzione compliance e deve verificare inoltre se quello che già è stato fatto è conforme oltre a quello che
si sta facendo e si farà. Attraverso la funzione di consulenza ovvero coinvolgimento ex ante della funzione
di compliance , quest’ultima svolge anche una funzione di garanzia e una funzione informativa. La funzione
di garanzia si manifesta attraverso una continua identificazione di norme applicabili all’impresa, la
misurazione dell’impatto che queste hanno sui processi aziendali. La funzione di informativa si ha in quanto
la compliance deve comunicare con gli organi e le altre funzioni aziendali e dunque producono un flusso
informativo.
FUNZIONE RISK MANAGEMENT

Funzione che ha la finalità di presidiare, governare e gestire i rischi a cui la banca è o potrebbe essere
esposta. Questa è una funzione molto fondamentale per una banca. Il risk manager ovvero il responsabile
della funzione risk, deve dare una propria “opinion” sul risk delle operazioni intraprese dalla banca nonché
stimare l’effettiva rischiosità dell’operazione. Questa figura è essenziale in quanto il rischio ha una rilevanza
centrale. Svolge un ruolo preventivo sulla valutazione ex ante del margine di rischio a cui la banca può
esporsi, attraverso l’elaborazione di una strategia sul rischio. Ma svolge anche un ruolo successivo evitando
che il rischio si manifesta e nella sua eventuale gestione e monitoraggio. Contribuisce a formare il RAF e a
definire il livello massimo a cui banca può esporsi. Inoltre contribuisce ad elaborare insieme ai manager
delle politiche di governo del rischio e svolge nel continuo un’attività di gestione del rischio verificando
l’adeguatezza del procedimento di gestione del rischio. Coadiuva gli organi aziendali nella valutazione del
rischio strategico e deve coordinarsi con le altre funzioni e soprattutto con la compliance.

3) CONTROLLO DI TERZO LIVELLO: controlli di revisione interna con l’obiettivo di individuare violazioni
e procedure e valutare l’adeguatezza dei sistemi di controllo. I controlli di terzo livello sono eseguiti
dall’INTERNAL AUDIT

L’articolazione dei sistema di controllo non per perseguire l’attività imprenditoriale ovvero il suo corretto
funzionamento, tutelare l’interesse dell’imprenditore che è un interesse ultimo) ma quella di tutela del
risparmiatore nonché tutti quei diritti che l’attività bancaria intende tutelare.

INTERNAL AUDIT

Funzione di terzo livello consiste nel :

 Controllare il regolare andamento della operatività e dell’evoluzione dei rischi


 Valutare la completezza, affidabilità e adeguatezza della struttura organizzativa
 Controllare il piano aziendale di continuità operativa (controllo ultimo sulla governance, sulle spese
e costi, supervisione )

Se l’organizzazione aziendale fosse efficiente non dovrebbe controllare niente la funzione di audit.

FUNZIONE ANTIRICICLAGGIO

La prevenzione ed il contrasto alla realizzazione di operazioni di riciclaggio e di finanziamento al terrorismo


delineano l’obiettivo e la responsabilità della funzione antiriciclaggio, attraverso approcci metodologici
(identificazione, valutazione, gestione e monitoraggio del cliente) e la collaborazione con le altre funzioni
aziendali. Infatti Il riciclaggio di denaro proveniente da azioni illegali rappresenta uno dei più gravi fenomeni
criminali nel mercato finanziario ed è un settore di specifico interesse per la criminalità organizzata. Il
reinvestimento dei proventi illeciti in attività legali e la presenza di operatori e di organismi economici
collusi con la criminalità alterano profondamente i meccanismi di mercato, inficiano l’efficienza e la
correttezza dell’attività finanziaria e indeboliscono lo stesso sistema economico.

Questa funzione collabora con la FAC ed è una funzione autonoma ed è stata introdotta con un
provvedimento della Banca d’Italia inseguito alla direttiva IV ALM recepita anche dall’Ivass. Ha l’obiettivo di
monitorare e bloccare flussi di denaro illecito. Le operazioni di riciclaggio e finanziamento al terrorismo
sono motivi per cui si attiva questa funzione e si attivano per evitare ricadute di reputazioni e di immagine.
Indentifica le norme applicabili e una serie di procedure eventuali da indentificare l’attività di
antiriciclaggio. Esempio le banconote da 500 depositate più volte nell’arco di un mese, clienti che vanno
spesso alle cassette di sicurezza. Questi comportamenti fanno avviare un accertamento di questa
procedura.
10 LEZIONE

Dopo aver analizzato le funzioni aziendali di controllo, ora dobbiamo occuparci del ruolo del Cda nella
funzione dei controlli. Questa figura ha un ruolo preponderante nel sistema dei controlli interni all’interno
del sistema bancario.

Questa funzione di controllo, nel periodo della crisi finanziaria, come evidenziato da un team creato a livello
europeo per ricercare le ragioni della crisi e come mai le banche non sono state in grado di gestire i rischi,
ha evidenziato che spesso i cda non hanno compreso né la natura né l’entità dei rischi. Nel libro verde del
2010 della commissione europea è emersa l’incapacità dei cda degli istituti finanziari di comprendere e
controllare i rischi e addirittura in questo libro è stato scritto che le crisi finanziaria degli istituti finanziari è
legata all’incapacità del cda nell’individuare e gestire i rischi. Questa incapacità di individuare i rischi fa
riferimento all’incapacità di percepire e controllare i rischi che si manifestano. Questo è dovuto
principalmente ad un mal funzionamento del cda che ha come causa:

1. Mancata sorveglianza degli amministratori non esecutivi sugli amministratori esecutivo. Gli
amministratori non esecutivi infatti hanno dedicato poco tempo allo svolgimento dei loro compiti.
Si è evidenziato che ci lavorava tanto era solo l’amministratore delegato o il comitato esecutivo,
mentre gli amministratori non esecutivi si limitavano alla sola presenza, intascandosi il gestone di
presenza , acconsentendo ad ogni decisione di quelli esecutivi. In questo modo si stava affidando la
gestione della società ad un unico amministratore delegato.
2. Il ruolo di amministratore non esecutivo era considerato un ruolo secondario senza interazione
propositiva
3. I componenti del cda non provenivano da ambienti sufficientemente diversificati in base al genere,
origine sociale, culturale, e di istruzione.

Il cda era formato da componenti di età elevata tra i 65-75 anni, tutti residenti nella stessa città ovvero la
città dove la banca aveva la sede legale. I cda erano prevalentemente maschili.

Questi sono input che emergevano nel contesto della crisi finanziaria del 2007/08. La crisi perciò ha fatto
emergere queste criticità. Vi è richiesta la necessità di effettuare un cambiamento che va sotto
l’atte4nzione degli organi societari. Questi risultati vengono replicati e recepiti anche a livello comunitario
con due direttive: la direttiva n.36/2013 CRD4 , e la direttiva BRRD.

La direttiva n.36/2013 CRD4 assume un ruolo centrale fino all’allora sconosciuta composizione e
qualificazione delle governance. In questa direttiva emerge il principio che al fine di assicurare la sana e
prudente gestione bisogna evitare degli squilibri di rischio legati alla distinzione tra organo amministrativo e
di controllo.

Ci si è reso conto che per raggiungere la sana e prudente gestione ognuno deve fare il proprio ruolo.

Anche alcune best pratices consigliano ai comitati endoconsigliari come il comitato Risk di riunirsi con il cda
nell’espletare la loro funzione.

Anche la circolare 285 di banca d’Italia detta delle norme per la qualificazione del cda, al fine di realizzare
un efficiente controllo presidiando correttamente i rischi. La circolare 285 individua i seguenti aspetti:

1. Distinzione ruoli
2. Bilanciamento poteri
3. Equilibrata composizione di organi

La disciplina della governance non viene più immaginata come una disciplina di organi ma come una
disciplina di funzioni. Dunque la circolare 285 non parla degli organi ma parla di funzione di:
 Funzione di supervisione strategica
 Funzione di gestione
 Funzione di controllo

Nel codice civile abbiamo una importante norma ovvero l’art 1380 bis che sancisce che la gestione della
società spetta esclusivamente agli amministratori e c’è il divieto di interferenza dell’assemblea nella
gestione della società. Nel Tub non abbiamo norme specifiche sulla governance e perciò in mancanza della
disciplina speciale si applica la disciplina generale. Dunque il Tub nulla ci dice sulla composizione di un cda.
Tuttavia una complessa normazione l’abbiamo nelle disposizioni di vigilanza delle banche. Le banche non
possono scegliere in autonomia la composizione del cda ma deve attenersi alle decisioni in materia di
vigilanza. I principi che vengono sancite dalle disposizioni di vigilanza sulle banche sono riassunti in:

1. Principio della coerenza: la suddivisione del ruolo deve essere fatta in coerenza con le
responsabilità di ciascun componente.
2. Principio adeguatezza: il numero dei componenti deve essere adeguato alla complessità e alle
dimensioni della banca
3. I componenti devono essere consapevoli, poteri professionalità e competenze diversificate e
autonomia di giudizio.

Queste regole devono essere inserite nella policy interna della banca per individuare la composizione e
l’aspetto qualitativo di una composizione del cda. Questa predisposizione ti da certezze sulla trasparenza de
profili.

Anche la BCE ha pubblicato delle linee guida in merito alla composizione del cda delle banche significant
(cioè quelle banche che hanno importanza sistemica e che non vengono più controllate dalla banche
centrali nazionali, ma dalla Bce con il meccanismo di vigilanza unico). Le linee guida della Bce sono molto
rigide e richiede una adeguata competenza, professionalità ed esperienza (esempio devi avere 3 anni di
esperienza come amministratore, o essere professore universitario).

Le linee guida inoltre hanno introdotto come strumenti i questionari di valutazioni che vengono compilati
dai componenti del consiglio. Questi questionari hanno per oggertto domande le cui risposte sono anonime
circa una valutazione del proprio operato, dell’operato del presidente del cda e di altri amministratori ,
come alle problematiche che bisogna risolvere nel consiglio, e se un amministratore pensa di dedicare il
giusto tempo alla società ecc…

LEZIONE 11

IL CONSIGLIO DI AMMINISTARZIONE DELLA BANCA

La composizione degli organi sociale assume un ruolo importante e centrale per l’efficace svolgimento dei
compiti. La suddivisione dei compiti e delle responsabilità all’interno degli organi aziendali deve essere
coerente con il ruolo attribuito. Il numero dei componenti degli organi deve essere adeguato alle
dimensioni e alle complessità dell’assetto organizzativo della banca. Ciò sta a significare che non devono
essere in sovrabbondanza, poiché provocherebbe un eccesso di costi ed inefficienza organizzativa.

Le banche less significant non devono avere un elevato numero di consiglieri nel cda. I componenti devono
essere consapevoli dei poteri e delle responsabilità, dotati di professionalità e devono possedere
competenze diffuse e diversificate (differenti età, genere, provenienza geografica). Inoltre devono dedicare
tempo e risorse adeguate all’incarico assunto. Inoltre è richiesto che i consiglieri operino con autonomia di
giudizio.
Le modalità di nomina devono essere trasparenti e disciplinate da apposite policy che dettano norme sulla
composizione ottimale della governance. Queste policy tuttavia si rifanno alle linee guida Bce, alle linee
guida Eba, e alla circolare 285.

E’ richiesto che ogni banca deve dotarsi di forme di trasparenza nelle composizione del cda. Esempio nel
momento del rinnovo delle cariche, anche la lista concorrente deve rispettare i criteri e i requisiti dettati
dalla policy. Nel momento in cui la banca non rispetta una determinata policy deve motivare il motivo del
mancato rispetto.

STRUTTURA ALL’INTERNO DEL CDA

Nell’ambito del cda possiamo distinguere 3 organi:

 Presidente del cda


 Comitato esecutivo o amministratore delegato della banca: ovvero si tratta di organi delegati
 Altri amministratori non esecutivi: organo delegante.

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

Funzioni:

 Fissa ordine del giorno


 Convoca il consiglio di amministrazione
 Controlla il regolare svolgimento del cda cioè coordina i lavori
 Discute sugli argomenti dell’ordine del giorno
 Si occupa di fornire informazioni pre assembleari e preconsigliari nonché deve fornire in anticipo
tutta la documentazione necessaria (almeno 3 giorni prima)
 Sottoscrive il verbale, che è redatto dal segretario
 Ha funzioni di rappresentanza legale della banca nei confronti dei terzi. Firma gli atti e spende il
nome della società

Tutte queste informazioni circa le funzioni del presidente del cda sono contenute nel codice civile e valgono
anche per le società non bancarie.

Tuttavia come abbiamo visto, il diritto bancario è un alboratorio avanzato di soluzioni e perciò il legislatore
per regolare le funzione della banca, e dunque anche per il compiti del presidente e delle sue funzioni entra
nel dettaglio.

Le disposizioni circa al presidente del cda non sono contenute nel TUB che come abbiamo visto non
disciplinano la governance, ma nelle disposizioni di vigilanza bancaria ovvero la Circolare 285 e 263

Dunque oltre alle informazioni già riscontrate nel codice, nella circolare 285 è richiesto che il presidente del
cda bancario abbia competenze specifiche. Nelle linee guida della Bce è richiesto che abbia almeno 5 anni
di esperienza. Non deve svolgere alcun ruolo di amministratore esecutivo e non può compiere attività o
funzioni gestionali neppur agendo come amministratore di fatto. Questo implica che il presidente cda delle
banche non devono essere né amministratore delegato, né essere componente del comitato esecutivo.

Per amministratore di fatto intendiamo un amministratore che pur non essendo un vero amministratore ha
comportamenti concludenti. Questo nella disciplina delle società era responsabile degli atti compiuti nella
stessa misura di un amministratore formale.

La circolare 285 quindi sancisce che il divieto di ingerenza da parte del presidente nella gestione della
società. Questo principio vale solo per le banche e non per tutte le società. Infatti nelle altre società può
essere amministratore anche l’imprenditore ma alla banca è assolutamente vietato.
Quindi un presidente di un cda di una banca deve avere spiccate competenze, essere scelto tra i membri
del cda non esecutivi e non può svolgere atti di gestione della società neppur come amministratore di fatto.

Come mai vale questo divieto di ingerenza?

 Tutela risparmiatore
 Garantire una giusta dialettica
 Consente l’assunzione di decisioni informate da parte degli amministratori non esecutivi

Nelle banche come nelle società quotate un ruolo importante lo hanno anche gli amministratori
indipendenti e quelli non esecutivi. Il presidente del cda deve essere un organo super partes. Infatti questo
non può essere in alcun modo collocato nella funzione esecutiva gestoria della società. Questo
implicherebbe un netto contrasto nella coordinazione dei lavori. Infatti come potrebbe coordinare in modo
coretto e garantire un equilibrio e il bilanciamento dei poteri, se fosse non super partes?

Il fatto che il presidente non abbia poteri gestori non è una delegittimazione e una perdita di importanza
del presidente, ma solo una esigenza di tutela di interessi

La circolare 285 dunque modifica proprio il ruolo del presidente del cda di una banca , e cerca in questo
modo di evitare la commistione dei ruoli tra amministratori esecutivi, non esecutivi e il presidente.

La circolare 285 non fa distinzione di organi come avviene nel codice civile, ma fa una distinzione per
funzioni. Questo ha come ragioni:

 Contesto europeo: la tripartizione degli organi intesa come nel codice civile (cda, collegio sindacale
e assemblea) è prerogativa dell’Italia. Nessuno stato a parte il portogallo ha il collegio sindacale.
Dunque la circolare 285 recependo le direttive comunitarie ha inglobato questa situazione
 Predisposizione della governance bancaria, perciò il legislatore va nel dettaglio. La prospettiva
dunque cambia ora c’è una visione più netta.

La funzione di controllo non viene svolta solo dal collegio sindacale ma anche all’interno del cda. Il fatto che
si parla di funzioni non significa che il collegio sindacale sparisce. La circolare ne parla, ma da importanza
alle funzioni.

LE FUNZIONI INDICATE DALLA CIRCOLARE 285

1. SUPERVISIONE STRATEGICA
2. FUNZIONE DI CONTROLLO
3. FUNZIONE DI GESTIONE

SUPERVISIONE STRATEGICA

 Consiste nel determinare gli indirizzi e gli obiettivi strategici e la verifica della loro attuazione
 Definisce assetto complessivo del governo societario
 Approva assetto complessivo
 Verifica la sua completa attuazione
 Promuove azioni correttive a fronte di eventuali lacune
 Supervisione del processo di informazioni pubblico
 Assicura un efficace confronto con la funzione di gestione e con i responsabili delle gestioni
aziendali (compliance, audit, risk management)
 Verifica nel tempo le decisioni assunte sia della funzione che dei responsabili delle funzioni di
controllo aziendale.
 Assicura una didattica con i responsabili delle funzioni aziendali di controllo.

FUNZIONE GESTIONE

Si occupa dell’attuazione degli indirizzi strategici e della gestione aziendale. Per far ciò sono destinatari di
delega dal cda. La delega però deve essere precisa e deve individuare su quali posso decidere gli
amministratori destinatari di delega.

FUNZIONE CONTROLLO

Verifica la regolarità delle attività di amministrazione e l’adeguatezza degli assetti organizzativi e contabili
della banca . Effettua un controllo sulla funzione di supervisione e garantisce che le funzioni non si
sovrappongono.

Da quanto emerge sia dal codice civile sia dalle disposizioni di vigilanza bisogna garantire un sistema dei
controlli efficiente, che :

1. Deve distinguere in modo chiaro i compiti e i poteri di ciascuna funzione


2. Garantire una adeguata dialettica interna
3. Efficacia dei controlli interni.

LEZIONE 12

COME FUNZIONA L’ORGANIZZAZIONE INTERNA DEL CDA

Come abbiamo già visto, l’organizzazione interna di un consiglio amministrazione è rappresentato dagli
amministratori esecutivi e dagli amministratori non esecutivi. Tra quei esecutivi abbiamo il comitato
esecutivo che è un organo deliberativo collegiale formato da tutti gli amministratori esecutivi che delibera a
maggioranza, e gli amministratori delegati che è un organo monocratico e prende le decisioni
autonomamente. Una banca come ad una società per azioni può avere uno o più amministratori delegati.
Anche quando sono più di due, non costituiscono mai un comitato esecutivo. Un amministratore delegato
può anche aver ricevuto una sola delega e non molte ma già il fatto che l’abbia ricevuto diventa delegato.
Esempio delega alla comunicazione.

Sia gli amministratori delegati, sia il comitato esecutivo per diventare tali ovvero amministratori esecutivi
devono poter ricevere la delega dagli organi deleganti ovvero il cda ovvero gli amministratori non esecutivi.
Mentre gli amministratori esecutivi hanno potere di gestione e quindi compiere tutti gli atti necessari per
perseguire l’oggetto sociale, gli amministratori non esecutivi non hanno poteri gestori ma hanno poteri di
supervisione strategica. La scelta tra le due forma di amministrazione esecutiva dipende da differenti scelte
tra cui ricordiamo:

 Dimensione della banca

Nell’immaginario collettivo pensiamo che per ridurre i costi le banche piccole hanno un amministratore
delegato e le banche più grandi un comitato esecutivo. Tuttavia questo non è sempre vero in quanto alcune
grandi banche come Unicredit ha l’amministratore delegato, questo perché l’amministratore delegato
porta ad una rapidità decisionale che in un contesto come le piccole banche non è necessario avere come
alle banche piccole. Inoltre le banche popolari per esempio hanno un comitato esecutivo poiché essendo
più legate al posto, hanno differenti amministratori esecutivi del posto che conoscono la realtà del posto.
Quindi in questo caso i rappresentanti sono spartiti nella zone di maggiori aderenza. Tra i vantaggi
dell’amministratore delegato sta anche il raggiungimento di maggiori efficienza.
 Complessità organizzativa
 Complessità settore

Le recenti disposizioni di vigilanza spingono le banche ad avere come figura l’amministratore esecutivo per
una questione di riduzioni di costi.

Come abbiamo visto gli organi esecutivi sono destinatari di delega. Tuttavia è utile capire la sua
misurazione. E’ importate definire i poteri di delega perché su questo si basa l’operato degli amministratori
delegati e degli organi esecutivi. Bisogna definire i seguenti elementi:

 Contenuto
 Limiti
 Modalità di esercizio della delega.

Il potere di delega ha dei limiti tra cui ricordiamo che non è possibile delegare il progetto di redazione del
bilancio agli amministratori delegato e al comitato esecutivo. Perché se si desse questo potere è come
consegnare tutto nelle mani dell’amministratore delegato. Infatti già hanno il potere gestorio se si da pure
il potere di redigere il cda non avrebbe senso.

La delega inoltre deve avere contenuti dettagliati circa i compiti degli amministratori delegati e del
comitato esecutivo. Inoltre la delega come può essere fornita può anche essere ritirata.

Coloro che determinano i limiti il contenuto e le modalità di esercizio de potere di delega sono il consiglio di
amministrazione, che può sempre impartire direttive o avocarle a sé operazioni interessate da delega.

Sulla base delle informazioni ricevute valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e
contabile della società; quando elaborati, esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società;
valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione.

Quanto segue è stabilito nell’articolo 2381cc terzo comma.

Importantissimo è la comunicazione che ci deve essere tra amministratori esecutivi e non esecutivi
attraverso scambi di informazioni tra organo delegante e delegato ovvero attraverso un flusso informativo.
Qui ora si crea un problema rilevante di natura trasversale. La comunicazione deve avvenire tra le strutture
aziendali e tra gli organi di governance. Quindi deve avvenire tra amministratore delegato e organi
deleganti, ma anche tra comitati endoconsigliari e cda, e tra le funzioni aziendali di controllo e il cda stesso.
Individuati i soggetti destinatari della comunicazione e della circolazione del flusso informativo bisogna
capire :

 Quale tipologia di informazioni fornire e con quale frequenza


 Con quale canale bisogna fornire le informazioni o richiederla.

E’ opinione condivisa ormai che vi deve essere nell’ambito bancario una formalità dell’informazione. Le
informazioni per gli amministratori non esecutivi devono essere acquisite in consiglio. Anche se la circolare
285 spinge anche nel fare riunioni informali. Inoltre l’amministratore non esecutivo deve essere
destinatario delle informazioni. Qui si apre un altro problema. Egli deve essere destinatario di informazioni
in modo passivo ovvero deve solo riceverle oppure deve essere anche attivo nel ricercarle?

La risposta ai nostri problemi giunge sempre dall’articolo 2381cc ultimo comma. In passato era previsto il
dovere di vigilanza poi con la riforma del diritto societario del 2003 si è deciso di abrogarlo.
Gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato; ciascun amministratore può chiedere agli organi
delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società.

Con l’articolo 2381 cc ultimo comma ci vengono risolti alcuni problemi. Si sancisce diversi principi:

 L’amministratore sia esecutivo che non, deve agire in modo informato


 Ciascun amministratore può chiedere informazioni relative alla gestione della società.

Da questo articolo si evince un dovere di informazione che l’organo delegato ha nei confronti degli organi
deleganti. Questo dovere è di due tipi

1. Flussi informativi di natura tipica e costanti: è un dovere transitivo di informazione. E’ di tipo


standardizzato e fa riferimento all’organizzazione delle attività svolte. La legge stabilisce la sua
periodicità nel penultimo comma dell’articolo 2381cc

Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura
e alle dimensioni dell'impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la
periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della
gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro
dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate.

La legge fissa un termine minimo di periodicità ovvero di 6 mesi, ma sta allo statuto o alla policy interne
derogare tale limite diminuendolo. La legge stabilisce come limite 6 mesi in quanto è un compromesso tra
un eccesso di informazioni e tra l’assenza di informazioni. Questa informazione è obbligatoria per legge.

2. Flussi informativi atipici ed occasionali: informazioni che vengono ritenute necessarie dal momento
dello svolgimento dell’attività bancarie. Sono non standardizzate e sono aperiodiche. Esempio è al
informazione richiesta da un amministratore non esecutiva circa la violazione di obblighi di fedeltà ,
ad un amministratore esecutivo o ad un responsabile.

Sulla base di questa informazioni diventa difficile capire il ruolo dell’amministratore non esecutivo se è
l’informazione deve essere meramente passiva , o vi è un dovere di attivazione.

La corte di cassazione in più riprese ha sancito che l’amministratore non esecutivo ha un dovere di
attivazione.

ELEMENTI CRITICITA’

Incerta esistenza di potere di controllo individuale ulteriore rispetto a quello di acquisizione di informazioni
che è destinatario per legge l’amministratore non esecutivo.

E’ pacifico che se non arriva il tableau de board l’amministratore non esecutivo ha il dovere di essere
informato, ma è previsto il potere di attivazione negli altri casi? Quale è la sua ampiezza, inoltre quale è il
destinatario di tale potere.

Innanzitutto intendiamo potere di attivazione il potere che l’amministratore non esecutivo di richiedere
informazioni nei casi diversi da quelli stabili dalla legge. Questo potere è consentito in quanto l’articolo
2381 sancisce il dovere dell’amministratore ad essere informato dunque può richiedere anche informazioni
diverse da quelle stabilite dalla legge. Tuttavia questo articolo si presta a differenti interpretazioni. Secondo
altri infatti possono chiedere solo durante il cda al solo organo delegato. Questo è un problema attinente
all’ampiezza dei poteri e al destinatario del potere.

In ambito societario c’è una interpretazione restrittiva. Dunque l’amministratore deve agire in modo
informato ma tale potere può essere esercitato esclusivamente all’interno del cda. Dunque i flussi
informativi possono avvenire solo all’interno del cda. Questa è l’opinione prevalente della giurisprudenza
per quanto concerne le società non bancarie.

Nell’ambito della banche però il legislatore e la giurisprudenza presta maggiore attenzione alla faccenda. Vi
è dunque un trasferimento della norma nell’ambito del diritto bancario e vi è un atteggiamento critico e vi
è una maggiore severità nei confronti degli amministratori non esecutivi.

La circolare 285 sancisce in tal senso che i componenti non esecutivi sono chiamati a svolgere una funzione
di dialettica e di monitoraggio sull’attività esecutiva. Pone particolare attenzione alle skills tecniche che gli
amministratori non esecutivi devono possedere al fine di raggiungere la sana e prudente gestione. Questa
scrupolosa attenzione è più forte rispetto alle società non bancarie.

Dunque i componenti non esecutivi devono acquisire avvalendosi di comitati interni dove presenti, le
informazioni sulla gestione e sull’organizzazione aziendale dal management (la circolare 285 di banca di
Italia non intende il cda ma il direttore generale e le figure della funzione di controllo aziendale ), dalla
revisione interna e dalle funzioni di controllo aziendale. Inoltre per capire la severità della disciplina, la
circolare 285 impone anche disposizioni relative al tempo, e cerca di evitare che gli amministratori non
esecutivi abbiano pluralità di incarichi in altre società poiché esso è sinonimo di sottrazione di tempo.

Tuttavia che succede se non ci sono i comitati interni? L’amministratore non si può informare?

Questa norma dunque non esaurisce il dibattito esistente.

Come se non bastasse in tutto ciò vi è anche l’intervento della corte di cassazione che sancisce che il
mancato dovere di informazione comporta delle responsabilità.

Ricapitolando :

 Sono richieste skill tecniche per amministratori non esecutivi di una banca
 Limitazioni al numero di incarichi
 Non deve essere destinatario di una mera informazione passiva
 Deve essere informato ricorrendo al canale consigliare ( passaggio formale, condivisione
informazioni, non far perdere importanza al cda)
 Se non ci sono le risposte attese si può richiedere informazioni al management o alle Fac ma solo
ricorrendo al comitato interno (dibattuto questa cosa)
 Si crea equilibrio tra sollecitazione eccessiva informazioni ed informazione passiva.

COMITATI ENDOCONSIGLIARI

Sono comitati costruiti all’interno del cda. Sono stai previsti per la prima volta per le società quotate e solo
da pochi anni per le banche con la direttiva comunitaria del 2013 e con l’entrata in vigore nel 2014 di tali
comitati. Svolgono un ruolo di garanzia. I comitati interni sono formati dagli stessi membri del cda ad
esclusioni di quelli esecutivi. Servono per agevolare e snellire le procedure a carico del cda.

I principali comitati sono:

 Comitato nomine: si occupa degli aspetti riguardanti le nomine di alcuni soggetti come gli
amministratori vacanti in un consiglio di amministrazione attraverso il meccanismo della
cooptazione (non devono essere però cessati più della metà degli amministratori). Si occupano di
individuare gli elementi di una lista di amministratori che sarà sottoposta all’approvazione della
assemblea per la nomina, e si occupano di individuare sostituti dei responsabili Fac, oppure
individuare presidenti altri comitati interni. Questo comitato si limita ad individuare ma non a
nominare. Dunque svolgono funzioni di istruttoria, di proposta e di consulenza.
 Comitato remunerazione: si occupa delle politiche interne sulla remunerazione e di controllare le
politiche della remunerazione
 Comitato rischi: è formato da tutti amministratori di cui almeno la metà più 1 è formato anche da
amministratori indipendenti ovvero amministratori che non hanno legami e relazioni con la banca.
Il comitato rischi svolge una funzione di supporto all’organo con supervisione strategica in funzione
dei rischi e del sistema dei controlli interni. Risponde all’esigenza di rafforzare la governace della
banca consentendo di assumere in modo informato e consapevole le delibere riguardanti la
gestione dei rischi e il controllo interno. Compie tutte le attività strutturali alla determinazione del
RAF, approva obbiettivi di rischio, e le soglie di tolleranza del rischio e del RAF. Ha una funzione
propositiva nei confronti del cda e del FAC. Compie compiti di istruttoria (esamina preventivamente
il piano delle attività e le relazioni annuali delle FAC) e ne formula dei pareri che non sono
vincolanti nei confronti del cda. Tuttavia sono pareri molto importanti infatti se il cda decide di non
attuarli deve comunicarne il motivo, e l’operazione diviene soggetta al parere anche del collegio
sindacale. Ha poteri di verifica ovvero se il Fac si conforma alla linee guide indicate dalle policy e
dalla Bce.
 Comitato parti correlate: si occupano di esaminare le pratiche che hanno a che fare con le parti
correlate. Esempio se il coniuge o il figlio apre un c/c presso la banca questo comitato è
destinatario dell’informativa a riguardo. Controlla che sono state applicate le stesse condizioni per
una questione di natura e trasparenza.

I primi due comitati e l’ultimo sono comitati interni che sono previsti sono nelle banche grandi. Il comitato
rischio è sempre previsto anche nelle banche piccole.

COLLEGIO SINDACALE vs AMMINISTRATORE NON ESECUTIVI

Su certi versi svolge attività analoghe a quelle del comitato endoconsigliari. La differenza sostanziale sta che
il collegio sindacale è un organo di governace e sono soggetti differenti, invece i comitati endoconsigliari
sono amministratori non esecutivi. Le best practice vogliono che il presidente del collegio sindacale assista
alle riunioni del comitato rischi e possono anche riunirsi insieme. Anche con il collegio sindacale, i comitati
interni nonché con gli amministratori non esecutivi.

Al cda verranno sottoposti nell’ordine del giorno anche le attività dei comitati interni in particolare quelli
del comitato rischi, che illustrerà al cda il contenuto e sottoporrà proposte in merito. Non tutte le
informazioni prese dai comitati passano al cda in quanto i comitati svolgono funzioni filtro ,ma passeranno
solo gli elementi di maggiore criticità.
CONTROLLO ESOGENI LEZIONE 13

Dopo Aver ampiamente discusso sul sistema dei controlli interni, su come si organizzano e i meccanismi di
funzionamento, analizziamo i controlli di tipo esogeno ovvero i controlli effettuati dalle Autorità di
vigilanza.

La CRISI Bancaria europea aveva rivelato delle carenze dal punto di vista di trasparenza e di informazione e
di collaborazione fra le varie Autorità.
La Crisi aveva evidenziato la necessità di cambiare radicalmente in quanto era mancato un processo di
integrazione bancaria e finanziaria. Gli elementi che si erano evidenziati dalla Crisi erano che si era rivelato
come vi fossero:
- delle differenze radicali nelle normative dei diversi Paesi europei (normativa uniforme carente),
- e soprattutto, delle differenze di disuguaglianza di Vigilanza fra Stato e Stato.

Con la crisi finanziaria del 2007/08 si è capito che il sistema di vigilanza necessitava di una rivisitazione delle
istituzioni di vigilanza europee finanziarie che ha portato all’elaborazione di un ordinamento bancarie
dell’UE. Infatti un gruppo di studiosi che ha elaborato il Sevif, ha anche evidenziato che vi era un differente
corpus normativo tra i differenti paesi aderti all’Unione Europea e che le autorità di vigilanza era differenti.
La prima risposta dell’UE a ciò, fu la creazione di autorità di vigilanza finanziarie nell’ambito del Sevif ed in
particolare l’EBA.

Ha il compito di coordinare e far conciliare le regole e la prassi di vigilanza. Nonostante questa riforma, le
crisi sono tuttavia rimaste e in più si sono aggiunti come problemi anche gli NPL che hanno imposto un
intervento strutturale. Dunque la sola EBA non era più solo sufficiente ma servivano interventi mirati.
Dunque si è attribuita ad un'unica autorità europea il potere si supervisione diretta (quindi non solo mero
potere di regolamentazione) con la finalità di assicurare una regolazione che doveva essere non solo
uniformante ma anche unificante. Questa autorità è la BCE che ha ampliato le proprie competenze. Ora si
va dai compiti di definizione della politica Monetaria alla vigilanza bancaria. Con la crisi inoltre si è deciso di
adottare l’unione Bancaria che è formata da 3 pilastri.

Il PROCESSO di UNIONE BANCARIA si fonda su 3 PILASTRI.

1. Il 1° pilastro dell’Unione Bancaria è proprio il MECCANISMO UNICO EUROPEO DI SUPERVISIONE


BANCARIA (SSM – Single Supervisory Mechanism);
2. Il 2° pilastro dell’Unione Bancaria è il MECCANISMO UNICO DI RISOLUZIONE DELLE CRISI (SRM –
Single Resolution Mechanism), che è entrato in vigore nel 2016 ed ha la finalità di disciplinare la
prevenzione e la risoluzione delle Crisi delle Banche di rilevanza sistemiche. Al vertice di questo
meccanismo si trova il Single Resolution Board (SRB).
3. Il 3° pilastro dell’Unione Bancaria, ancora in fase di costruzione, è il SISTEMA UNICO EUROPEO DI
GARANZIA DEI DEPOSITI BANCARI.

Questo sistema che si fonda sui 3 pilastri è un sistema complesso; ha una formazione progressiva (ovvero si
forma nel tempo) e a struttura composita (perché formato da diversi componenti), in quanto interagisce
con una serie di Organi. Quindi è un sistema che si basa sulla necessità di avere un coordinamento tra le
funzioni che si intrecciano fra loro. Le relazioni possono essere principalmente di due tipi:

 Orizzontale: ovvero tra Bce e EBA


 Verticale: tra Bce e BCN

Il legislatore europeo distingue tra:


 REGULATION: non si riferisce alla sola regolamentazione ma anche a tutte le attività di controllo
che devono essere svolte in modo continuativo e di interventi di tipo autoritativo.
 SUPERVISION: fa riferimento ad un sistema complessi di poteri e funzioni regolamentari ed
operativi ripartite tra autorità europee e nazionali
 RESOLUTION: non intendiamo sola la risoluzione di crisi dichiarate, ma anche delle situazioni pre
critiche e dunque anche consiste anche nell’individuare una serie di interventi precoci per
intervenire in modo tempestivo ed efficace al fine di evitare crisi sistemiche bancarie.

Il 1° PILASTRO (SISTEMA UNICO Europeo DI SUPERVISIONE BANCARIA - SSM) dell’UE effettua la propria
indagine sulle cosiddette Banche significative, ovvero quelle Banche che, per una consistenza quantitativa o
qualitativa, hanno una rilevanza sovranazionale, al di là della territorialità di una nazione.
Dunque questa classificazione ci fa capire che esistonno2 tipi di banche : significant la cui supervisione è
della BCE e le banche less significant la cui supervisione è delle banche centrali nazionali.
Questo sistema esercita una serie complessa di poteri e funzioni che vengono ripartiti tra Autorità europee
ed Autorità nazionali.
Cioè vi sono:
 la regolamentazione europea della funzione di supervisione (svolta dalla BCE);
La BCE deve interagire con L’EBA ovvero deve coordinarsi orizzontalmente con essa, e inoltre lo deve fare
con le altre istituzioni europee per quanto riguarda il processo di imposizione delle regole primarie ovvero
regolamenti e direttive. Dunque deve anche coordinarsi con gli organi primari dell’ UE ovvero : consiglio
europeo , commissione europea , e parlamento europeo.

EBA VS BCE
BCE

Adotta gli atti regolamentari attuativi sia quelli che riguardano l’organizzazione della sua funzione di
supervisione, sia di disciplina dell’attività operativa. La regolamentazione della Bce è una regolamentazione
di tipo secondaria.

EBA

Adotta indirizzi precettivi ed attuativi dalle regole europee, dunque da gli indirizzi e verifica l’effettivo
adeguamento degli ordinamenti nazionali. L’EBA verifica che l’ordinamento si siano adeguati alle regole
fissate ma non va poi a vedere se quelle regole vengano applicate o meno: occorre quindi effettuare una
funzione di Supervisione operativa.
Eba stabilisce gli standard e la Bce assicura che le banche agiscano in modo uniforme.

 la Vigilanza o Supervisione operativa sulle Banche: verifica l’operatività delle regole fissate, il
riparto delle competenze avviene all’interno del sistema europeo delle banche centrali : le varie
competenze vengono ripartite fra le autorità nazionali ed europee. Le banche significant vengono
controllate dalla BCE, le banche significant dalla banca d’Italia. L’eba è formata invece dai
rappresentanti delle BCN , quindi la vigilanza viene svolta insieme alla Bce e alle banche nazionali.

Il centro gravitazionale del sistema rimane la BCE, alla quale possiamo dire che viene attribuito un ruolo
sovraordinato.
I COMPITI di SUPERVISIONE assegnati alla BCE sono diretti verso le Banche significative e sono:
1. poteri di amministrazione diretta, cioè l’autorizzazione dell’esercizio dell’attività bancaria,
2. poteri di valutazione in via preventiva delle operazioni (valutazione delle operazioni relative al
capitale);
3. poteri prescrittivi di determinati requisiti patrimoniali che devono avere le strutture aziendali;
4. poteri limitativi o impositivi, cioè limita o impone determinate operazioni;
Ricordiamo in tal senso che se una banca significant vuole fondersi deve ricevere l’autorizzazione della Bce
e viene concessa solo se vengono tutelati gli interessi. Questo avviene poiché alcune attività vengono
considerate rischiose e la banca centrale ha poteri limitativi.
5. poteri ablatori personali (stessi poteri della BdI), ovvero il potere di rimuovere gli esponenti
aziendali ritenuti non essere competenti;
Questo potere è detto anche potere di REMOVAL e deve essere motivato e può avvenire solo in caso di
amministratori di conflitto di interesse oppure amministratori che si sono rilevati non idonei. Questo è un
potere fortissimo che ha la Bce e che nel diritto societario non c’è, e la sua attribuzione è giustificato dalla
corretta tutela del risparmio.
6. poteri sanzionatori;
7. poteri revocatori delle autorizzazioni rilasciate

Questi poteri sono poteri attribuiti nell’ambito dell’esercizio dei poteri di vigilanza e dunque sono poteri
giustificati dall’attività di vigilanza. Questi poteri gli dispone nella stessa misura anche la banca centrale
nazionale ovvero anche la Banca d’Italia nei confronti delle banche less significant.

Possiamo dire che la BCE ha gli stessi poteri della BdI, però, ovviamente, a livello comunitario.
Però tutti questi poteri vanno visti alla luce dell’accezione del linguaggio della “Law Economics” e vanno
contestualizzati. E sono poteri molto più ampi perché sono tutti poteri posti in essere non solo per
regolamentare il mercato ma anche per svolgere quella funzione di controllo continuativa.
Attraverso questa ampia interpretazione, i poteri della BCE sono poteri smisurati, enormi.

POTERI STRUMENTALI

La Bce ha poteri strumentali che sono:

1. poteri informativi
2. poteri ispettivi

Questi poteri possono essere esercitati dalla Bce che può avvalersi anche delle banche centrali nazionali.
Esempio del potere informativo sono gli stress test, che sono accertamenti effettuati dalla bce a fini
precauzionali sulle banche e sulla loro capacità di resistere a condizioni di forte stress finanziario ovvero
condizioni di instabilità. Se c’è instabilità la Bce può richiedere alle banche in questione, maggiori requisiti
patrimoniali.

I MECCANISMI DI SUPERVISIONE concernono solo ai Paesi che aderiscono all’€. Vi è infatti una diversità:

 per i Paesi che utilizzano l’euro, sono Paesi sottoposti alla Supervisione della BCE (questo perché i
poteri della BCE riguardano essenzialmente la Politica Monetaria) rispetto alla quale l’EBA svolge un
ruolo diverso;
 per i Paesi che non utilizzano l’euro, l’EBA continua a svolgere il suo ruolo istituzionale di Vigilanza.

Il MECCANISMO DI SUPERVISIONE dell’UE non si applica ai Paesi non aderenti all’euro.

Bisogna precisare che i Paesi che non aderiscono all’euro non sono assoggettati automaticamente al
controllo di Supervisione della BCE, tuttavia, attraverso accordi specifici, possono decidere di sottoporsi al
MECCANISMO UNICO di SUPERVISIONE EUROPEA (Vigilanza): però, appunto, lo devono rendere noto
espressamente.

N.B.: Su tutti i Paesi c’è l’EBA, che vigila anche sui Paesi aderenti all’euro.
La BCE, sui Paesi aderenti all’euro, si è ulteriormente rafforzata: quelli che erano i poteri di Supervisione e
di Vigilanza che tradizionalmente ed istituzionalmente erano attribuiti all’EBA, nei Paesi aderenti sono
attribuiti anche alla BCE. Quindi, nei Paesi aderenti, il ruolo dell’EBA si è un po’ più indebolito perché è la
BCE che esercita la Supervisione.
L’EBA ha una funzione di esercitare una regolamentazione, per es. elabora le norme tecniche di attuazione,
elabora le linee guida, ecc. Il rischio di sovrapposizione tra BCE ed EBA è fortissimo e si supera con lo
scambio di informazioni, con la collaborazione, anche preventiva, tra le 2 Autorità. Nel Nostro
Ordinamento, si ha un’unica Autorità, la BdI, che racchiude le funzioni dell’EBA e della BCE.

Più definite e maggiormente distinguibili, tra BCE ed EBA, sono le FUNZIONI AMMINISTRATIVE di
SUPERVISIONE. Le competenze dell’EBA, infatti, sono circoscritte e riguardano:
1. accertamento e/o mediazione nel caso di violazione di diritti;
2. risoluzione di eventuali conflitti.
Rientra, invece, nel potere della BCE quello che viene definito il potere di intervento nei casi di emergenza
(potere tipico della Vigilanza).

Nel secondo caso (RAPPORTI BCE-AUTORITA’ NAZIONALI), i confini tra le rispettive competenze tra BCE e
BdI sono variabili (si parla di Confine a geometria variabile, anche se in realtà è la BCE che può mutare
qualcosa: le competenze possono essere spostate per decisione della BCE). Non c’è un criterio fisso e
rigido, è variabile.
Il criterio generale è quello che attribuisce alla BCE la Supervisione sulle c.d. Banche significative (i cui
diversi parametri sono in base alle dimensioni, dal patrimonio, ecc.) mentre alle Autorità Nazionali spetta la
Vigilanza sulle Banche non significative.
Questo non vuol dire che non ci deve essere uno scambio di informazioni. Ci sono una serie di procedimenti
che vengono co-gestiti.

Ci sono dei procedimenti di cooperazione, fatti da entrambi, o meglio, procedimenti co-gestibili, che si
articolano in 2 subprocedimenti, uno nazionale ed uno europeo.
Abbiamo anche tra le forme di cooperazione, tra BCE ed Autorità Nazionali, oltre ai procedimenti co-
gestibili:
- procedimenti di reciproca consultazione, fatti in funzione di un coordinamento preventivo;
- procedimenti di collaborazione operativa: le Autorità Nazionali mettono a disposizione le proprie
strutture ed il proprio personale per supportare l’attuazione delle decisioni della BCE.

IL SECONDO PILASTRO

Il meccanismo unico di risoluzione cerca di:

 prevenire le crisi bancarie


 curare precocemente
 trovare soluzioni e rimedi nel caso di insorgenza

Il MECCANISMO di RISOLUZIONE non indica solo una procedura che è ordinata al possibile risanamento di
una Crisi oppure una procedura diretta alla fuoriuscita dal mercato di un Istituto bancario, ma indica
un’INSIEME articolato di istituti giuridici diversi che possono essere utilizzati, da Autorità Nazionali o
dall’Autorità Europea, per gestire una varietà di situazioni.

La FINALITA’ è quella di assicurare la continuità delle funzioni essenziali della Banca riducendo al massimo
le perdite e salvaguardando la stabilità del sistema. Si riferiscono principalmente a due fonti:

 direttiva BRRD 2014 n 59


 regolamento Ue n 806/2014

Gli OBIETTIVI/PRINCIPI del MECCANISMO Europeo DI RISOLUZIONE delle CRISI:

 prevenzione e la cura “precoce” delle Crisi nonché la Resolution in senso stretto (ossia la soluzione
legale della situazione degli intermediari in crisi);
 utilizzazione degli strumenti di mercato con esclusione degli Aiuti di Stato (ad es. Bail-in);

Il bail in è l’applicazione di un principio generale societario secondo cui gli azionisti ovvero chi apporta
capitale di rischio in caso di perdita vendono addebitate a quest’ultimo. Prevede anche sistemi per step per
la partecipazione al rischio (prima gli azionisti, poi gli obbligazionisti ed eventualmente i depositanti sopra i
100 mila euro per la quota eccedente). Il finanziamento delle procedure è posto a carico del sistema
bancario europeo

 previsione/predisposizione di un regime giuridico speciale per il settore bancario (ad es. la


liquidazione coatta amministrativa nel Nostro Ordinamento o l’amministrazione straordinaria delle
grandi imprese in crisi);
 separazione istituzionale tra funzioni di supervisione e funzioni di gestione della crisi attraverso
l’istituzione del Sigle Resolution Board
 creazione sistema organizzativo integrato che prevede la costituzione del single resolution board e
l’autorità di risoluzione, in Italia questi compiti per le less significant sono fatti dalla banca di Italia

Gli ultimi due principi sono anche gli strumenti.

Nell’Ordinamento Italiano, l’attuazione della Direttiva 59/2014 è avvenuta nel 2015, prima con il D.Lgs.
72/2015, che ha recepito la Legge Comunitaria in materia di risoluzione del 2014) e poi con i D.Lgs.
180/2015 e 181/2015.
E la prima cosa da fare era individuare l’Autorità Nazionale di Risoluzione ed in BdI è stata istituita
un’apposita Unità di risoluzione e gestione delle Crisi.

Il comune denominatore tra il MECCANISMO di SUPERVISIONE ed il MECCANISMO di RISOLUZIONE


(meccanismi di prevenzione), previsti a livello europeo, è che prevedono un’attività amministrativa di
durata.
I MECCANISMI DI RISOLUZIONE non fanno interventi ad hoc, ma fanno interventi che prevedono un’attività
di amministrazione di durata, cioè intervengono per prevenire o risolvere le situazioni precritiche o critiche.
Cambia la prospettiva che si rifletteva nella visione micro (controlli endogeni) e nel controllo macro
(esogeno) ma le finalità del legislatore sono le stesse: non si vuole prevedere un sistema di vigilanza con
controllo a chiamata ma permanente ovvero di amministrazione attiva.
All’esterno il legislatore non si preoccupa solo di gestire le crisi ma anche di prevenirla. Il controllo dunque
non viene fatto ed eseguito con la sola prospettiva di punire, ma quello di prevenire ex ante.
La funzione di controllo interno o esterna, dunque è una funzione permanente e continua , che non deve
avere come obiettivo sanzionare, ma di capire in anticipo le situazioni di difficoltà

Questa attività di amministrazione di durata, inevitabilmente, instaura, in quanto necessita, rapporti


costanti tra a) le Autorità di Risoluzione Nazionali ed Europee ed anche tra b) le Autorità di Risoluzione e le
Banche interessate.
C’è, quindi, una distinzione forte tra Funzione di Supervisione e Funzione di Risoluzione, tanto forte che, in
ambito europeo, viene svolta da 2 Autorità diverse.
Sembrerebbe che le funzioni siano diverse ma, in realtà, le misure (funzioni) di prevenzione e di gestione di
precrisi, sono strettamente correlate all’organizzazione e alla gestione delle singole Banche.
La differenza tra la Funzione di Supervisione e la Funzione di Risoluzione non è proprio netta, non sono
sovrapponibili ma sono l’una in funzione dell’altra.
E’ difficile separare in maniera netta la supervisione dalla prevenzione e dalla soluzione di situazioni
precritiche.
Quando la Risoluzione viene in una fase antecedente, precritica e non critica, diventa difficile distinguerla e
separarla dalla Funzione di Supervisione.

STRUMENTI PER LA PREVENZIONE DI RISCHI DA PARTE DELL’AUTORITA’ DI VIGILANZA


 RECOVERY PLAN
 POTERE DI REMOVAL
 PRESCRIVERE CAMBIAMENTI ORGANIZZATIVI E DI STRATEGIE
 INVIARE AMMINISTRATORI PROVVISORI

RECOVERY PLAN
il meccanismo di risoluzione ha la finalità di lavorare molto su quella funzione di precauzione, ossia di
prevenire la crisi. Ed in questa funzione impone, obbliga, la predisposizione preventiva di un piano di
risanamento (cosiddetti Recovery Plans). Tali piani vengono di volta in volta aggiornati, per la situazione
patrimoniale, per la situazione politica, per la situazione economica, ecc..
I piani di risanamento, che attengono al Meccanismo di Risoluzione, sono anche strettamente correlati e
funzionali alla Funzione di Supervisione.

All’Autorità di Vigilanza spetta verificare l’idoneità del Recovery Plans: c’è un controllo di questi piani da
parte dell’Autorità Vigilante.
La Banca predispone questo piano “di salvataggio” nell’ipotesi in cui si verifichino delle situazioni
complicate e questo piano deve essere poi valutato dall’Autorità di Vigilanza.

IL POTERE DI REMOVAL
il potere, attribuito alla Banca d’Italia, di rimuovere gli esponenti aziendali delle banche vigilate, lasciando
alle medesime la designazione dei sostituti secondo le apposite regole statutari ovvero quando la loro
permanenza in carica sia di pregiudizio per la sana e prudente gestione della banca e non sia possibile
pronunciare la decadenza per perdita dei requisiti. Questo vale solo per le banche less significant perché
per le significant agisce la Bce.

POTERE DI CAMBIAMENTO DELLE DECISIONI STRATEGICHE ED ORGANIZZATIVE

Il piano strategico di una banca viene illustrato alla banca d’Italia , che può approvare il piano se ritiene di
aver ricevuto in modo chiaro corretto e veritiero le informazioni, respingerlo oppure modificarlo. La banca
di Italia e le autorità di vigilanza richiedono un interlocuzione costante su quelli che sono i movimenti di
ciascuna banca, perché la vigilanza deve avvenire in modo preventivo. Perciò vengono fissati incontri di
routine che servono a correggere eventuali problemi. La Bce può richiedere anche come alla banca di Italia
ispezioni in loco .

Possiamo dire che la funzione di supervisione si estende anche alle situazioni precritiche. non esiste né a
livello nazionale né a livello europeo una netta separazione tra funzione di regolamentazione (che spetta
all’eba) e funzione di supervisione (che spetta alla Bce). non esiste nemmeno una netta separazione tra
funzione di risoluzione e funzione di supervisione. tra il meccanismo di supervisione ed il meccanismo di
risoluzione non c‘è una netta differenza, soprattutto nella parte precritica.
RISOLUZIONE IN SENSO RISTRETTO

La situazione è diversa per quanto riguarda la Resolution in senso stretto, la quale si verifica quando:

1. la Banca è in accertato dissesto o in accertato rischio di dissesto;


2. non vi è nessuna prospettiva che il dissesto possa essere evitato attraverso alternative di mercato
(come la conversione di strumenti finanziari di capitale, un aumento di capitale, ecc.);
3. sussiste un interesse pubblico ad evitare il dissesto e l’applicazione delle conseguenti procedure
ordinarie di liquidazione, che comportano la cessione degli assets in modo disaggregato.

Gli STRUMENTI di intervento della Resolution in senso stretto sono:

1) VENDITA della società (alle soglie del default) che gestisce l’impresa: questo strumento è un
procedimento ablatorio reale (ossia un procedimento di espropriazione senza indennizzo delle
azioni della società bancaria insolvente, cioè l’Autorità di Risoluzione cede le azioni ad altre
Banche);

2) costituzione di una Banca ponte (BRIDGE BANK): questo è uno strumento che consente di conferire
a questa Banca il patrimonio e le azioni della società bancaria in crisi in attesa poi di collocarle sul
mercato; è una sorta di situazione temporanea;

3) SEPARAZIONE delle attività (crediti deteriorati, che gravano sulla società e che costituiscono il
problema reale delle nostre Banche) tra i Crediti deteriorati, che vengono conferiti ad un veicolo
finanziario appositamente costituito: tale società (veicolo finanziario) diventa lo strumento per la
Banca di liberarsi di tutti quei debiti che gravano sul proprio patrimonio;

4) BAIL-IN: questo strumento è un procedimento ablatorio obbligazionario perché obbliga, in maniera


forzosa, gli azionisti e gli obbligazionisti ed i titolari di depositi superiori a 100 mila € di sopperire
all’esposizione debitoria della Banca.

LEZIONE 14

AIUTI DI STATO

La disciplina degli aiuti di stato è inserita all’interno del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea
ovvero il trattato di Lisbona all’interno dell’art 107. Gli aiuti di stato sono vietati dall’Ue tranne in casi
particolari in cui sono consentiti. Il motivo perché sono vietati dipende dal fatto che l’UE ritiene che le
politiche di sostentamento da parte dello stato alterino il principio della libera concorrenza che è un
principio ritenuto fondamentale dall’Unione Europea.

Il divieto di concessione di aiuti di stato rappresenta uno dei principali strumenti che l’Ue ha a disposizione
per contrastare le politiche protezionistiche dei paesi dell’UE. Il legislatore ritiene che gli aiuti di stato sono
una vera e propria minaccia alla costituzione di un mercato unico, che è l’obiettivo per cui è nata l’UE. Nella
nostra ottica ovvero quella dell’italiano, è difficile da capire in quanto va in contrasto con le politiche di
assistenzialismo adottate in tempi recenti dal nostro paese.

La disciplina è contenuta nell’art 107 del TUFUE

ART 107 COMMA 1

Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui
incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto
qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la
concorrenza.

Il primo comma sancisce il divieto di aiuti stato, ma pone anche le basi per la disciplina. Infatti definisce
aiuti di stato gli aiuti concessi dallo stato mediante risorse dello stato sia direttamente ma anche
indirettamente (società controllate dallo stato, enti pubblici territoriali)

La parola aiuta di stato va intesa in senso ampio, non solo la concessione di risorse ovvero aiuti economici
alle imprese, ma anche delle rinunce a degli importi.

L’articolo 107 vieta gli aiuti di stato che presentano un carattere di selettività ovvero sono incompatibili con
il mercato quelli che aiutano sono talune imprese o funzioni. Se lo stato fa una politica generale che aiuta
tutte le imprese non si può parlare di aiuto di stato, ma abbiamo gli aiuti di stato quei aiuti che sono diretti
a far beneficiare degli aiuti solo alcune imprese o produzioni.

Sono incompatibili con il trattato solo gli aiuti che recono pregiudizio a talune imprese ovvero al commercio
e alla concorrenza.

Secondo la Corte Europea: se uno stato concede un aiuto di stato di natura finanziaria e questa rafforza la
posizione di un’impresa nei confronti dei concorrenti, questo crea un danno alla concorrenza.

Non tutte le misure effettuati dagli stati membri sono considerate nocive della concorrenza. Il trattato
prevede una serie di esenzioni al principio generale del divieto di concessioni di aiuti di stato. Alcune
esenzioni sono compatibili in modo automatico ovvero di diritto, altre sono subordinati alla valutazione
discrezionale della commissione Europea.

ARTICOLO 107 COMMA 2

Sono compatibili con il mercato interno:

 gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza
discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti;

Nel caso in cui vi siano degli Aiuti di Stato che vengono dati ai consumatori non ci troviamo in una
situazione di incompatibilità se, l’Aiuto, venga dato nella stessa misura a tutte quelle categorie che si
trovano in quelle condizioni: venga rispettata, cioè, una parità di trattamento all’interno delle categorie.

 gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi
eccezionali;
 gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che
risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli
svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di
Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che abroga la
presente lettera. Questo comma è stato superato.

Il senso dell’articolo 107 comma 2 è quello di porre un limite al divieto di concessione di aiuti di stato. L’UE
non è completamente insensibile al tema e l’articolo 107 comma 2 stabilisce dei limiti di diritto che si
attuano direttamente.

COMMA 3

Possono considerarsi compatibili con il mercato interno:


a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia
anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle
regioni di cui all'articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale;
b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse
europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro;
c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre
che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse;
d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le
condizioni degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contraria all'interesse comune;
e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione.

Questi sono aiuti che possono essere dichiarati compatibili in seguito ad una decisione adottata dalla
commissione. Questi aiuti vengono approvati solo se non alterino la concorrenza anche fra i paesi e fra le
imprese.

Inoltre viene dato un potere generale al consiglio su proposta della commissione di approvare altri
eventuali aiuti, purché ci sia una maggioranza qualificata. È una elencazione aperta.

Possiamo dividere gli aiuti in:

 Base regionale
 Base settoriale: aiuti e salvataggio di imprese in crisi
 Carattere orizzontale

Aiuto e al salvataggio delle imprese del settore bancario, rientrano negli aiuti a carattere settoriale .

ART 108 COMMA 1

La Commissione procede con gli Stati membri all'esame permanente dei regimi di aiuti esistenti in questi
Stati. Essa propone a questi ultimi le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento
del mercato interno.

Questo comma ci fa capire che la commissione europea sottopose sempre ad esame gli aiuti esistenti e in
questo modo effettua un’attività di monitoraggio, e inoltre contribuisce anche a definire le opportune
misure per ridurle nel tempo. Se un aiuto è stato concesso per aiutare una regione in condizione di disagio,
se cessa il disagio cessa anche parte degli aiuti statali.

COMMA 2

Qualora la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che
un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fondi statali, non è compatibile con il mercato interno a norma
dell'articolo 107, oppure che tale aiuto è attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve
sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato.

È previsto dunque un intervento della commissione qualora ritenga che l’aiuto è incompatibile, e la
commissione impone allo stato di comprimerlo e toglierlo.

Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale decisione entro il termine stabilito, la Commissione o
qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di giustizia dell'Unione europea, in deroga
agli articoli 258 e 259.

A richiesta di uno Stato membro, il Consiglio, deliberando all'unanimità, può decidere che un aiuto, istituito
o da istituirsi da parte di questo Stato, deve considerarsi compatibile con il mercato interno, in deroga alle
disposizioni dell'articolo 107 o ai regolamenti di cui all'articolo 109, quando circostanze eccezionali
giustifichino tale decisione.

Quindi vi è una apertura da parte della commissione se le richieste provengano dal consiglio, ma è richiesta
l’unanimità ed è difficile raggiungerla.

Qualora la Commissione abbia iniziato, nei riguardi di tale aiuto, la procedura prevista dal presente
paragrafo, primo comma, la richiesta dello Stato interessato rivolta al Consiglio avrà per effetto di
sospendere tale procedura fino a quando il Consiglio non si sia pronunciato al riguardo.

Tuttavia, se il Consiglio non si è pronunciato entro tre mesi dalla data della richiesta, la Commissione
delibera.

La commissione europea con l’entrata in vigore di questo trattato è stata in passato molto rigida al rispetto
della disciplina. Con la crisi del 2007/08 gli stati hanno ricorso all’intervento pubblico. Sempre più frequente
la commissione europea ha autorizzato gli aiuti di stato per il salvataggio imprese in difficoltà. Questo ha
messo a dura prova l’intero sistema di regole del divieto di aiuti di stato. Anche il settore bancario è stato
interessato da tutto ciò. Quindi per capire se anche le imprese bancarie potessero essere aiutate dagli stati
membri si è fatto ricorso all’art 107 comma 3 lettera c .

Perciò per far rientrare un numero massimo di ipotesi in questa situazione, l’UE ha elaborato nel 2014 delle
linee guida, in cui ha specificato che cosa si intendesse per imprese in difficoltà, salvataggio e
ristrutturazione. Si è cercato in tutti i modi di creare un sistema che potesse i margini di discrezionalità della
commissione ed allargare gli ambiti di applicazione. Quindi la lettera c o la lettera d vengono interpretate
come possibilità di aiuto e dunque una lettura meno rigida e più elastica rispetto a quella ante crisi. A
partire dal 2008 la commissione europea elabora tutta una serie di comunicazioni relative alle banche,
volte a valutare la compatibilità degli aiuti con le varie misure di sostegno del sistema bancario.

Quindi nella lettera c rientrano il salvataggio e la ristrutturazione di imprese bancarie per evitare una crisi
sistemica. Quindi le istituzioni fornivano comunicazioni alla commissione europea ed essa valutata se un
determinato provvedimento era o meno un aiuto di stato. Queste comunicazioni su quelle che sono le
misure necessarie come la ricapitalizzazione o le misure a sostegno delle attività deteriorate, garanzie sulle
passività ecc. Queste modalità costituiscono o meno aiuto di stato? Perciò alla commissione europea è
intervenuta.

Esempio con la comunicazione sulla ristrutturazione ha indicato quali devono essere le caratteristiche che
un piano di ristrutturazione deve possedere per ricevere un’esenzione per il divieto di aiuto di stato.

Poi ci sono state comunicazioni sul salvataggio, sulla ricapitalizzazione e dunque questi interventi sono stati
anche insistenti. Queste operazioni inoltre sono state molto rapide per evitare peggioramenti della
situazione. Ci sono stati paesi che hanno giocato in anticipo e in cui ci sono stati più salvataggi rispetto al
nostro paese, le stesse richieste fatte adesso potrebbero non essere accolte. Hanno avuto un vantaggio
quei stati che hanno agito prima e preventivamente. Attualmente si preferisce l’applicazione del Bail in

La Commissione è, attualmente, in una fase di transizione. Questo poiché, con il fenomeno della Crisi, c’è
stata una evoluzione della Commissione, che ha portato ad aprire spazi per una COMPATIBILITA’ degli AIUTI
STATALI, che si trova ora in una fase “repressiva” nella quale, attraverso l’applicazione della Direttiva
59/2014 attende per capire quali sono gli esiti e gli sviluppi concreti dell’applicazione di tale Direttiva.

COMMA 3
Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a
istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma
dell'articolo 107, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo
Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia
condotto a una decisione finale.

COMMA 4

La Commissione può adottare regolamenti concernenti le categorie di aiuti di Stato per le quali il Consiglio
ha stabilito, conformemente all'articolo 109, che possono essere dispensate dalla procedura di cui al
paragrafo 3 del presente articolo.

15 LEZIONE

LA TUTELA DEL CLIENTE: fa riferimento al rapporto tra consumatore e la Banca.

Nel diritto dei mercati finanziari e quindi anche nel diretti bancario, si presuppone una diversità tra le parti
contraenti e quindi asimmetria informativa. Abbiamo asimmetria informativa non solo quando si
sottoscrive un prodotto finanziario, ma anche quando si stipula un semplice contratto all’interno della
banca.

Tutte le volte che vi è una diversità di contraenti sotto il profilo informativo e sotto il profilo della
professionalità, il legislatore interviene prevedendo un controllo dall’esterno, un’autorità o delle regole che
impongono delle procedure per tutelare il contraente più debole nel contratto.

Quindi abbiamo un mercato bancario estremamente regolato perché le banche devono tutelare gli
interessi e proteggere dei soggetti. Il legislatore quindi ritiene che per le banche ci deve essere un maggiore
controllo perché non tutti i soggetti che gravitano intorno all’impresa bancaria possono in via autonoma
regolamentare i propri interessi. Questa esigenza è avvertita anche nel rapporto cliente-banca, anche
quando è il cliente che va a stipulare un contratto bancario; così il legislatore alza l’asticella dei controlli
nell’ambito bancario a benefici dei clienti.

Ne viene fuori che la norma contenuta nel codice civile diventa insufficiente e soprattutto finiscono per
tutelare il contraente più debole solo da un punto di vista formale (come per esempio avviene nella tutela
del cliente nel caso di clausole vessatorie che c’è una doppia firma). Dunque la soluzione del legislatore,
prima a livello comunitario, poi anche a livello nazionale, è stata quella di rendere le regole inderogabile,
ma poiché sono inderogabili devono necessariamente avere come contropartita il rispetto del principio
della trasparenza.

Dal 1992 abbiamo una legge in Italia che contiene norme sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi
bancari e finanziari. Quindi poiché le regole sono per le più inderogabili, a fronte di questa inderogabilità
vengono fissate delle norme a tutela del consumatore sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi
bancari e finanziari.

PRINCIPI GENERALI SULLA TUTELA DEL CLIENTE

L’esigenza di assicurare una tutela effettiva al contraente debole del rapporto ovvero il cliente , nasce
dall’insufficienza delle norme di diritto comune ovvero quelle del codice civile di tutelare in modo effettivo
il cliente . Come unica tutela se non vi fosse l’intervento del legislatore ci sarebbe solo gli articoli 1341 cc e
1342cc. Nel codice civile inoltre sono anche previsti degli articoli che riguardano e disciplinano la buona
fede ( impongono che le parti si debbano comportate in buona fede in tutte le fasi del rapporto anche nella
fase pre contrattuale ovvero comportarsi con lealtà e correttezza ) ovvero gli articoli 1337cc e 1375 , ma
non contribuiscono a creare una effettiva tutela del cliente . Queste norme rappresentano clausola generali
che vanno bene per tutti i tipi di contratti ma non per quei bancari . Quindi vi è la necessità di tradurre
queste norme in regole concrete . Dunque si è reso necessario l’intervento del legislatore ( prima
comunitario e poi nazionale ), che hanno contribuito alla elaborazione di un complesso di norme
inderogabili che sono volte a definire e regolare il contenuto dei contratti bancari, in modo da garantire una
tutela effettiva del cliente . Queste consistono nel introduzione di clausole , oppure vietando clausole che
favoriscono in modo eccessivo i comportamenti dei contraenti forti nel contratto . La prima categoria di
clienti a cui si è avvertita l’esigenza di tutela è quella dei consumatori ( esigenza di carattere personale o
imprenditoriale che merita tutte le attenzioni in tutti i settori economici ) . I clienti vanno tutelati non in
base alla attività che svolgono ma vanno tutelati a prescindere se si interfacciano con gli istituti creditizi .
L’ambito bancario ha individuato qualsiasi tutela per qualsiasi cliente .

In tal senso l Abi ha creato fonti di autoregolamentazione in materia di trasparenza della attività bancaria
attraverso un codice di autodisciplina . Dunque si è giunti al 1992 ad una legge sulla trasparenza dei
contratti bancari . Lo scopo non è solo quella della tutela del consumatore , ma anche la salvaguardia del
Mercato contro gli abusi della posizione dominante che le banche avevano beneficiato nei confronti della
clientela . Dunque la finalità di questa legge è io riportare sotto un profilo di uguaglianza le due parti del
rapporto . Sotto il piano giuridico lo sono , ma non lo erano sotto il piano sostanziale . Questa legge si
chiama : norme sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari . La finalità è la tutela
effettiva del pubblico risparmiatore – investitore . Con questa legge si viene a parlare di trasparenza in
materia bancaria . Si inizia a garantire al cliente una informazione chiara in materia di tassi, prezzi e di altre
condizioni applicate sul contratto, imponendo ai soggetti di rispettare comportamenti di trasparenza sulla
clientela . Anche il TUB ha recepito la legge n.154 / 92 nel titolo VI chiamato : trasparenza delle condizioni
contrattuali e dei rapporti con i clienti .

Ambito di applicazione :

Non si applica alle sole banche ma anche agli intermediari finanziari che devono però essere presenti sul
territorio italiano ( principio della territorialità )

Il mef può individuare altri soggetti che devono sottostare alla disciplina, con un proprio decreto
ministeriale come esempio le poste italiane .

Dunque possiamo generalizzare affermando che si applicano a tutte le operazioni bancarie finanziarie sia a
quelle connesse sia a quelle strumentali .

Articolo 115

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività svolte nel territorio della Repubblica dalle banche e
dagli intermediari finanziari (4).

2. Il Ministro dell’economia e delle finanze può individuare, in considerazione dell’attività svolta, altri
soggetti da sottoporre alle norme del presente capo.

3. Le disposizioni del presente capo, a meno che siano espressamente richiamate, non si applicano ai
contratti di credito disciplinati dai capi I-bis e II e ai servizi di pagamento disciplinati dal capo II-bis (5).

Tutte le norme sulla trasparenza costituiscono un dispositivo di norme derogabili solo se ci sono
disposizioni più favorevoli per il cliente , poi ci sono anche alcune disposizioni che sono inderogabili, per cui
la loro violazione da luogo a nullità a favore del cliente , che può essere rilevata dal cliente stesso o di
ufficio. La nullità come previsto dall’articolo 127 del tub è posta in essere solo se vi è una violazione di
norme a favore del cliente sulla trasparenza , mentre se riguardano la correttezza vi è solamente un
risarcimento del danno.
Le competenze in materia di trasparenza sono ripartite tra il comitato interministeriale del credito e del
risparmio ovvero il Cicr e la banca di Italia . Il primo delibera su iniziativa della banca di italiano della Consob

Come stabilito dall art 128 del tub sono previsti poteri informativi ed ispettivo alla banca di Italia al fine di
verificare il rispetto di norme fissate in materia di trasparenza . La banca di Italia dunque può acquisire
attimo documenti per lo svolgimento della sua attività .

In caso di irregolarità la banca di Italia può inibire al finanziatore la continuazione della sua attività o nei casi
più gravi ed urgenti puó disporre della sospensione ma per un massimo di 90 giorni . Queste sono le misure
inibitorie e sono regolate dall’art 128 ter del tub. È prevista anche una forma di pubblicità delle misure
inibitorie in quanto c’è anche un profilo di reputazione.

COME SI ATTUA LA TRASPARENZA VERSO LA CLIENTELA

Si attua attraverso la precisione dell’obbligo in capo alle banche di rendere noto in modo chiaro e
preventivamente le condizioni economiche applicate alla clientela . Queste condizioni devono essere
espose in tutti i locali aperti al pubblico ( devono riguardare i tassi di interesse e le altre condizioni relative
alla operazione o servizi offerti compresi anche gli interessi di mora e le valute applicate Alla operazione
per imputazione degli interessi ). Questo è definito nel comma 1 dell’art 116 tub . Inoltre come maggiore
tutele per il contraente è richiesta anche la pubblicazione del taeg medio applicato nei 12 mesi precedenti ,
al fine di fornire il più possibile una indicazione di valutazione chiara per il cliente .

Inoltre come precisato dal successivo comma (1bis ) le banche e gli intermediari devono rendere note gli
indicatori che assicurano la trasparenza delle informazioni alla clientela, devono fornire indicazione sull ISC
( indicatore sintetico di costo ) e gli strumenti di accesso ed internet relativi ai servizi bancari .

La fissazione delle condizioni però non vale come offerta rivolta al pubblico . È da ritenere una offerta al
pubblico se la offerte contiene gli elementi essenziali e perciò in questo caso la offerta è da considerarsi
proposta .

Questa qui però non è una offerta al pubblico , ma serve solo ai fini di pubblicità ovvero come solo e mera
valenza informativa.

Inoltre per garantire trasparenza e correttezza per cliente è previsto il divieto di ricorso al rinvio agli usi .
Questa è una esigenza che serve per assicurare una preventiva conoscibilità delle condizioni economiche
come sancito dall’ articolo 116 primo comma ultima parte .

Infatti in ambito contrattuale è adeguato rinviare agli usi e consuetudini ma non è possibile rinviare agli usi
quando si parla di trasparenza bancaria in quanto verrebbe meno il profilo di trasparenza . Sono nulle
clausole come interessi verso piazza , o le valute di uso . Tuttavia la tecnica del rinvio è consentita in ambito
di contratti bancari per tematiche differenti alla trasparenza ( es modalità esercizio contratto ecc )

Gli obblighi di pubblicità riguardano non solo i contratti Bancari ma anche in materia di titoli di stato come
stabilito dal secondo comma dell articolo 116:
Il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite la CONSOB e la Banca d’Italia, stabilisce, con riguardo ai
titoli di Stato:

a) criteri e parametri per la determinazione delle eventuali commissioni massime addebitabili alla clientela
in occasione del collocamento;

b) criteri e parametri volti a garantire la trasparente determinazione dei rendimenti;

c) gli ulteriori obblighi di pubblicità , trasparenza e propaganda, da osservare nell’attività di collocamento

IL CICR

Sono individuati i compiti del cicr ne terzo comma dell’articolo 116 in materia di trasparenza :

Il CICR:

a) individua le operazioni e i servizi da sottoporre a pubblicità ;

b) detta disposizioni relative alla forma, al contenuto, alle modalità della pubblicità e alla conservazione agli
atti dei documenti comprovanti le informazioni pubblicizzate;

c) stabilisce criteri uniformi per l’indicazione dei tassi d’interesse e per il calcolo degli interessi e degli altri
elementi che incidono sul contenuto economico dei rapporti;

d) individua gli elementi essenziali, fra quelli previsti dal comma 1, che devono essere indicati negli annunci
pubblicitari e nelle offerte, con qualsiasi mezzo effettuati, con cui i soggetti indicati nell’articolo 115
rendono nota la disponibilità delle operazioni e dei servizi.

4. Le informazioni pubblicizzate non costituiscono offerta al pubblico a norma dell’articolo 1336 del codice
civile.

Il cicr individua dunque la forma , il contenuto , le modalità di attuazione della pubblicità e le operazioni e
servizi da sottoporre a pubblicità ( esempio obblighi di predisposizione alla clientela di fogli da portare a
casa , di copie del contratto , documenti di sintesi )

CONTENUTO CONTRATTO

L’obbligo di preventiva pubblicazione delle condizioni economiche dei contratti bancari comporta che le
clausole di contenuto patrimoniale siano sottoposti ad un duplice limite:

1) Devono essere espressamente previste dal contatto . Non è consentivo il rinvio agli usi
2) Le clausole del contratto non devono essere più sfavorevoli di quelle indicate nella pubblicità

La violazione anche di un solo limite comporta la sottoposizione della clausola alla nullità . Dunque si attiva
un meccanismo chiamato di integrazione legale del contratto che prevede che in caso di nullità delle
clausole o anche di mancanza , per non lasciare lacune nel contratto bancario , si procede all’inserimento
automatico della clausola senza dover richiamare il cliente alla restipula del contratto . Questo rispetto una
esigenza di tutela del cliente ma anche di certezza del diritto ( ovvero certezza nei rapporti giuridici tra i
contraenti ). Questo è disciplinato dall’articolo 117 settimo comma del tub

Articolo 117 settimo comma


In caso di inosservanza del comma 4 e nelle ipotesi di nullità indicate nel comma 6, si applicano:

a) il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive,
dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro
dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più
favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell’operazione;

b) gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi al momento
della conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, al momento in cui l’operazione è effettuata
o il servizio viene reso; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto.

Dunque se nulla è indicato nel contratto il tasso di interesse applicato è quello dei bot o titoli equivalenti
indicati dal mef da cui si evince il tasso minimo di interesse e massimo , se non ci sono indicazione circa i
prezzi si attiene a quelli pubblicizzati , se non sono neppure pubblicati alla banca non è dovuto nulla per il
servizio bancario . Questo rappresenta un criterio di massima tutela del cliente .

POTERI DI INTERVENTO BANCHE SUI CONTRATTI POSTI IN ESSERE

Fa riferimento al potere di modificare unilateralmente le condizioni del contratto bancario da parte della
banca ovvero il potere di ius variandi .

È disciplinato dall’articolo 118 tub

1.Nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal
cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto
qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà di modifica unilaterale può
essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che
sussista un giustificato motivo

2.Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al
cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: ‘Proposta di modifica unilaterale del
contratto’, con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole
preventivamente accettato dal cliente. Nei rapporti al portatore la comunicazione è effettuata secondo le
modalità stabilite dal CICR. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal
contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tal caso, in sede di liquidazione del rapporto, il
cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate.

2-bis. Se il cliente non è un consumatore nè una micro-impresa come definita dall’articolo 1, comma 1,
lettera t), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, nei contratti di durata diversi da quelli a tempo
indeterminato di cui al comma 1 del presente articolo possono essere inserite clausole, espressamente
approvate dal cliente, che prevedano la possibilità di modificare i tassi di interesse al verificarsi di specifici
eventi e condizioni, predeterminati nel contratto (1).

3. Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono
inefficaci, se sfavorevoli per il cliente.

4. Le variazioni dei tassi di interesse adottate in previsione o in conseguenza di decisioni di politica


monetaria riguardano contestualmente sia i tassi debitori che quelli creditori, e si applicano con modalità
tali da non recare pregiudizio al cliente.
Qui il tub fa una distinzione : contratti a tempo indeterminato è possibile che ci sia lo ius variandi sulle
condizioni contrattuali sia in condizione peggiorativa che migliorativa , anche se è soggetta a limiti.

Nei contratti a termine cioè a durata determinata è possibile lo ius variandi ma solo sulle condizione
economiche diverse dal tasso di interesse . Quindi a quelli a tempo determinata la disciplina è più rigida .

Ad entrambe le forme serve un motivo iscritto giustificato , ovvero deve essere stabilito dal contratto e
approvato dal cliente ai sensi dell’articolo 1341cc , in quanto potrebbero aggravarsi i costi e rendere più
oneroso il contratto e il cliente ne deve essere consapevole

Inoltre, qualunque modifica che viene apportata dalla banca deve essere resa immediatamente visibile al
cliente, ovvero deve essere comunicato con la formula composta di modifica unilaterale del contratto, con
un preavviso congruo che il tub fissa a 2 mesi in modo per iscritto o attraverso un altro supporto durevole
purché sia accettato dal cliente. Inoltre, si concede facoltà al Cicr di determinare attraverso un decreto le
modalità della modifica.

L’articolo 118 del tub inserisce un meccanismo di automatismo: ovvero il perfezionamento del contratto lo
si ha attraverso la ricezione della proposta. Dunque, non serve che il cliente che riceva la modifica si rechi in
banca a confermare, basta solo l’atto di consegna della proposta per il perfezionamento. La modifica inoltre
si intende approvata ove il cliente non recede dal contratto entro la data che è stabilita all’interno della
proposta. Questa rappresenta un meccanismo tacito di approvazione. Il tub inoltre specifica che se il cliente
non è un consumatore o una microimpresa quindi è un soggetto che necessita tutela, si può modificare il
tasso di interesse anche nei contratti a tempo determinato.

Il tub nel terzo comma precisa che tutte le variazioni unilaterali che in realtà non seguono l’iter prescritto
sono da considerare inefficaci. Ma questo non avviene sempre ma solo se sono in senso peggiorativo per il
cliente qualsiasi tipo sia. Infatti, se le modifiche contrattuali sono migliorative ma non si è seguito l’iter
prescritto, sono considerate valide. Il motivo di questa distinzione è che viene meno, in caso di norme più
favorevoli, la ratio della norma 118 del tub circa la tutela del cliente contro variazioni unilaterali. Dunque, il
cliente è già tutelato ricevendo condizioni contrattuali migliori.

ARTICOLO 120 BIS TUB : DIRITTO DI RECESSO CONTRATTO BANCARIO

Il cliente ha diritto di recedere in ogni momento da un contratto a tempo indeterminato senza penalità e
senza spese. Il CICR individua i casi in cui la banca o l'intermediario finanziario possono chiedere al cliente
un rimborso delle spese sostenute in relazione a servizi aggiuntivi da questo richiesti in occasione del
recesso.

Questo articolo è stato introdotto nel Tub inseguito ad una riforma introdotta nel 2010. Questo articolo
disciplina il diritto di recesso da un contratto bancario a tempo indeterminato. Ovvero attribuisce al cliente
il diritto di recedere in qualsiasi momento senza incorrere in spese o penalità. Il diritto di recesso è un
istituto di carattere generale che è presente in più contratti. Solitamente il diritto di recesso nei contratti a
tempo determinato è sempre più rigido di quello a tempo indeterminato. Il recesso di un contratto a tempo
indeterminato è un recesso a mutum.

Solitamente il diritto di recesso è senza spese o penalità, tuttavia la norma impone una eccezione alla
regola: il Cicr può individuare della attività in cui è possibile per la banca chiedere un rimborso delle spese
sostenuti ma solo se riguardano servizi aggiuntivi forniti e richiesti dal cliente, il cui recesso comporta per la
banca l’insorgere di costi.

FORMA DEI CONTRATTI BANCARI

La forma dei contratti bancari è disciplinata dall’articolo 117 del Tub

1. I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti.

2. Il CICR può prevedere che, per motivate ragioni tecniche, particolari contratti possano essere
stipulati in altra forma.

3. Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo.

4. I contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i
contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora.

6. Sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la
determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che
prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati.

8. La Banca d'Italia può prescrivere che determinati contratti, individuati attraverso una particolare
denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato. I
contratti difformi sono nulli. Resta ferma la responsabilità della banca o dell'intermediario finanziario per la
violazione delle prescrizioni della Banca d'Italia.

E’ richiesta una forma scritti ai fini della validità del contratto ovvero ad Substantiam. Forma scritta non
intende necessariamente su di un foglio cartaceo ma anche conclusa con strumenti telematici informatici
con acquisizione della firma grafometrica. L’importante è che nel documento ci sia la firma per assicurare la
identicabilità.

ARTICOLO 125 TER: RECESSO CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO

1. Il consumatore può recedere dal contratto di credito entro quattordici giorni; il termine decorre dalla
conclusione del contratto o, se successivo, dal momento in cui il consumatore riceve tutte le condizioni e le
informazioni previste ai sensi dell’articolo 125-bis, comma 1. In caso di uso di tecniche di comunicazione a
distanza il termine è calcolato secondo l’articolo 67-duodecies, comma 3, del Codice del consumo.

2. Il consumatore che recede:

a) ne dà comunicazione al finanziatore inviandogli, prima della scadenza del termine previsto dal comma 1,
una comunicazione secondo le modalità prescelte nel contratto tra quelle previste dall’articolo 64, comma
2, del Codice del consumo;

b) se il contratto ha avuto esecuzione in tutto o in parte, entro trenta giorni dall’invio della comunicazione
prevista dalla lettera a), restituisce il capitale e paga gli interessi maturati fino al momento della
restituzione, calcolati secondo quanto stabilito dal contratto. Inoltre, rimborsa al finanziatore le somme
non ripetibili da questo corrisposte alla pubblica amministrazione.
3. Il finanziatore non può pretendere somme ulteriori rispetto a quelle previste dal comma 2, lettera b).

4. Il recesso disciplinato dal presente articolo si estende automaticamente, anche in deroga alle condizioni
e ai termini eventualmente previsti dalla normativa di settore, ai contratti aventi a oggetto servizi accessori
connessi col contratto di credito, se tali servizi sono resi dal finanziatore ovvero da un terzo sulla base di un
accordo col finanziatore. L’esistenza dell’accordo è presunta. E’ ammessa, da parte del terzo, la prova
contraria.

5. Salvo quanto previsto dai commi 1 e 2, ai contratti disciplinati dal presente capo non si applicano gli
articoli 64, 65, 66, 67-duodecies e 67-ter decies del Codice del consumo.

IL CONTRATTO DI CONTO CORRENTE BANCARIO E CONTO CORRENTE ORDINARIO

Il c/c bancario è disciplinato dall’articolo 1852 del codice civile all’articolo 1857.

Qualora il deposito, l'apertura di credito o altre operazioni bancarie siano regolate in conto corrente, il
correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito, salva l'osservanza del
termine di preavviso eventualmente pattuito.

Il c/c ordinario è disciplinato invece dall’articolo 1823 del codice civile

Il conto corrente è il contratto col quale le parti si obbligano ad annotare in un conto i crediti derivanti da
reciproche rimesse, considerandoli inesigibili e indisponibili fino alla chiusura del conto .

Il saldo del conto è esigibile alla scadenza stabilita. Se non è richiesto il pagamento, il saldo si considera
quale prima rimessa di un nuovo conto e il contratto s'intende rinnovato a tempo indeterminato.

DIFFERENZE

Nel c/c ordinario vengono registrate rispettive annotazioni, mentre in quello bancario no, i crediti sono
considerati inesigibili se non a scadenza nel c/c ordinario, mentre nel c/c bancario possono essere riscossi in
qualsiasi momento in quanto viene esaltata la sua funzione di strumento di riscossione e pagamento.

NATURA GIURIDICA DEL C/C BANCARIO

Per capire la natura giuridica dobbiamo distinguere due momenti:

 Momento gestorio, che è il momento in cui vengono conferiti gli incarichi alla banca del cliente
 Momento costitutivo di provvista, che è il momento necessario per l’esecuzione dell’incarico

Per capire la natura dobbiamo capire se i due momenti sono collegabili o autonomi.

La corte di cassazione afferma che il contratto di conto corrente è un contratto innominato misto con una
prevalente funzione di mandato. Adotta e predilige una concessione unitaria del contratto. La
giurisprudenza leva sul seguente aspetto: sull’impegno della banca a svolgere un servizio di cassa a favore
di un cliente o correntista, e fa rientrare il contratto nell’ambito del contratto di mandato. Invece il
rapporto di provvista è l’esecuzione del rapporto di mandato, dunque quello che predomina dei due
momenti secondo la corte di cassazione è il momento gestorio. Quindi secondo la corte il primo momento
è assimilabile ad un contratto di mandato. Tuttavia, la disciplina di tale contratto non è applicabile per
intero ma con le dovute eccezioni. Esempio nel contratto di mandato le somme conferite sono nelle
disponibilità del mandatario, mentre nel c/c sono a disponibilità del cliente ovvero del mandante, e tale
somme può prelevarle quando vuole.

La funzione di provvista invece la corte di cassazione la inquadra come un rapporto contrattuale regolato
dalle norme sul deposito, sull’apertura del credito o su altre operazione bancarie. I due momenti non sono
però in contrasto in quanto sono due momenti autonomi e vengono applicati in momento differenti.

Il contratto bancario è un contratto consensuale , ovvero si perfeziona con il consenso delle parti, cosa che
invece si contrappone con i contratti reali che si perfezionano con la consegna del bene.

Ai sensi dell’articolo 117 del tub , è prevista la forma scritta, pena nullità, e il cliente ai sensi del seguente
articolo riceverà anche un esemplare di contratto.

All’interno de contratto di c/c bancario assume importanza rilevanza l’impegno della banca a prevedere all’
attività di pagamento e riscossione che rientra nella nozione di servizi di pagamento.

Rispetto alle attività connesse queste devono essere specificate di volta in volta dal cliente, e il contenuto
viene specificato a mezzo di specifici ordini. Gli ordini impartiti dal cliente verso la banca rappresentano atti
unilaterali recettizi ovvero acquistano efficacia quando giungono a conoscenza delle banca e non
necessitano del consenso della banca in quanto vi è una presunzione di conoscenza. Questi ordini possono
assumere differenti forme (esempio bonifico).

Accanto alla stipula del contratto di conto corrente bancario possono essere stipulate altre convenzioni
accessorie (assegni ecc )ma sono convenzioni autonome. Il recesso da queste convenzioni o dai servizi
accessori non comporta il recesso dal contratto di conto corrente bancario.

Articolo 1853cc

Se tra la banca e il correntista esistono più rapporti o più conti , ancorché in monete differenti, i saldi attivi
e passivi si compensano reciprocamente, salvo patto contrario.

I rapporti di conto sono autonomi e, quindi, perché operi la compensazione tra due o più conti è necessario
che almeno uno di essi cessi: in tal caso il saldo si compensa con quello degli altri ancora aperti. Se, invece,
la compensazione agisse sui conti in corso verrebbe meno la loro autonomia giuridica.

Questo articolo ha destato problemi interpretativi.

Cosa succede in caso di fallimento? Se la banca potesse incaricare la compensazione eviterebbe la


revocatoria fallimentare.

16 LEZIONE

L’esecuzione degli ordini che vengono impartiti dal correntista nell’ambito dell c/c è subordinata alla
disponibilità di somme. Se io impartiscono un ordine alla banca per il pagamento ad un altro soggetto,
questo ordine viene soddisfatto a condizione che ci sia una reale disponibilità di somme, dunque in
mancanza non viene eseguito. La disponibilità può derivare a vario titolo basti pensare il deposito però ci
può anche essere un’anticipazione su crediti scontati o su merci- La disponibilità si può creare secondo
diverse modalità. La disponibilità può derivare dall’accredito di importi derivanti da assegni. In questo caso
la disponibilità del correntista non è immediata ma è accreditata con riserva di verifica e salvo buon fine,
ma la banca deve prima capire se l’assegno va a buon fine o meno, ovvero la somma non sarà accreditata
se prima la banca non avrà verificato l’incasso. La clausola salvo incasso si dice perciò che abbia una natura
sospensiva cioè non si verifica l’obbligo finché non ci sarà l’incasso. Questo comporta anche una
sospensione degli effetti. Dunque nel caso l’incasso effettivamente non c’è , non c’è la risoluzione del
rapporto, ma l’inefficacia del finanziamento concesso.

ART 1853cc

Se tra la banca e il correntista esistono più rapporti o più conti , ancorché in monete differenti , i saldi attivi
e passivi si compensano reciprocamente, salvo patto contrario

Dunque secondo l’art 1853 del codice civile, la compensazione può operare solo se tra la banca e il
correntista esistono più rapporti. Se c’è un unico conto non ci può essere la compensazione ma un
conguaglio contabile. Dunque il presupposto della compensazione è al reciproca autonomia dei
contrapposti rapporti di debito e credito. Questo invece si contrappone alla variazioni dei saldi derivanti da
prelevamenti e versamenti che però non costituiscono una compensazione. (se abbiamo un unico conto
corrente perciò abbiamo un unico rapporto e le variazioni costituiscono degli atti di gestione).

Tuttavia la dottrina ha stabilito che si può parlare di compensazione anche se abbiamo un unico rapporto.
Dunque da una interpretazione che in realtà è estensiva. Se si soffermiamo sulla natura giuridica del
contratto di conto corrente, abbiamo detto che questo ha una natura giuridica unitaria. Tuttavia se ciò è
vero la compensazione non potrebbe operare. Dunque se accettiamo questa convenzione consolidata della
giurisprudenza, dobbiamo anche dichiarare che sul contratto di conto corrente la compensazione non può
operare. Questo ha delle rilevanza per quanto riguarda l’assoggetta zione del correntista ad eventuale
procedura di fallimento.

Nella procedura di fallimento è prevista anche la procedura revocatoria attraverso la figura de curatore
fallimentare. Ovvero può rendere inefficaci determinati atti o fatti, ovvero come se mai fossero stati
compiuti. Esempio se si stipula un atto con un imprenditore bisogna stare attenti in che stato questo è,
perché l’efficacia del contratto si spinge fino ai 6 mesi precedenti o all’anno precedente. Questo perché
secondo il legislatore se un imprenditore prima della dichiarazione di fallimento fa determinati atti, si
presuppone che ci sia volontà fraudolenta.

La dichiarazione di fallimento vi è quando vi è lo stato di insolvenza. Lo stato di insolvenza è uno status, ma


non significa che lo è diventato da un giorno all’altro. Vuol dire che da tempo l’imprenditore era in
difficoltà e che da tempo si era sempre più aggravata la sua situazione. Inoltre il legislatore ritiene anche
che ci sono dei segnali di pre insolvenza ovvero di crisi , che si manifestano e durante questa fase
preliminare l’imprenditore può fare una serie di operazioni volto ad abbassare il suo patrimonio. Il
legislatore sa che ci può essere questa eventualità e in virtù del principio della Par conditio Creditorum , che
si ha con la dichiarazione di fallimento, i creditori devono essere trattati nello stesso modo e perciò è
ammessa l’azione revocatoria. La par conditio creditorum implica dunque l’uguaglianza dei creditori, ma se
un creditore è privilegiato da diritti reali di garanzia ha comunque questo la precedenza sui creditori che
non hanno la garanzia ovvero chirografari. A parità di condizioni supponendo che ci siano solo creditori
chirografari, questi devono essere trattati nello stesso modo. Inoltre con la dichiarazione di fallimento si
procede con lo spossessamento del patrimonio dell’imprenditore.

Articolo 56 della legge fallimentare

I creditori hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo
stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento.
Per i crediti non scaduti la compensazione tuttavia non ha luogo se il creditore ha acquistato il credito per
atto tra i vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell'anno anteriore.
Questa norma ci sta dicendo che il creditore non viene considerato nella procedura fallimentare, in quanto
può compensare , questa norma viene prevista per ragioni di rapidità di esecuzione della procedura
fallimentare.

Ora viene un problema :

Se diciamo che la compensazione ai sensi dell’art 1853cc opera solo quando i rapporti sono più di uno,
quindi escludiamo la banca solo se ha più rapporti.

Se definiamo che c’è la compensazione anche quando c’è un unico rapporto, significherebbe che la banca
verrebbe sempre esclusa dalla procedura fallimentare.

Dunque se diciamo che opera la compensazione dichiamo che la banca non entra nella procedura
fallimentare, se diciamo che non opera diciamo che la banca si insinua nella procedura fallimentare come
creditore chirografario. Dunque nel caso di procedura fallimentare si tende a non prediligere che la
compensazione avviene anche nel caso di un unico conto corrente, perché consente di tutela
maggiormente gli interessi impliciti della procedura fallimentare

Art 1856 CC

La banca risponde secondo le regole del mandato , per l'esecuzione d'incarichi ricevuti dal correntista o da
altro cliente .

Se l'incarico deve eseguirsi su una piazza dove non esistono filiali della banca questa può incaricare
dell'esecuzione un'altra banca o un suo corrispondente.

Questo articolo dunque rinvia alle norme sul mandato, in particolare alle norme relative alle obbligazioni
del mandatario. La diligenza richiesta da queste norme è una diligenza massima e non quella del buon
padre di famiglia, ma una diligenza che cambia in base alla natura della prestazione (diligenza
professionale). Quindi nell’ambito di questa diligenza professionale sussistono degli obblighi di
informazione (come richiamato delle norme dell’art 1856 sulle norme delle obbligazioni del mandatario).
Infatti in tal senso l’art 1710 del cc nel secondo comma stabilisce che Il mandatario è tenuto a rendere note
al mandante le circostanze sopravvenute che possono determinare la revoca o la modificazione del
mandato.

Tuttavia si è ritenuto che in ambito bancario la interpretazione deve essere ancora più estensiva dunque
non solo bisogna rendere note quelle sopravvenute ma anche quelle preesistenti alla conclusione del
contratto ma non erano note. Questo perché il legislatore sa bene che non si può applicare nell’ambito del
diritto bancario le semplici norme sul mandato, ma bisogna anche tutelare degli interessi particoalri. Da
una parte abbiamo quelli del correntista che va in banca a stipulare un contratto di conto corrente.

Un altro aspetto oltre alla diligenza, agli obblighi informativi, è l’applicazione dell’articolo 1711 del cc
secondo comma:

Il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non
possano essergli comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe
dato la sua approvazione.

Il mandatario non può eccedere i limiti fissati nel mandato. L’atto che esorbita dal mandato resta a carico
del mandatario, se il mandante non lo ratifica.

Si applica anche l’articolo 1712 nell’ambito degli obblighi informativi ovvero: Il mandatario deve senza
ritardo comunicare al mandante l'esecuzione del mandato.
La seconda parte dell’art 1856 stabilisce che la banca può incaricare altre banche per eseguire il mandato.
Qui viene richiamato l’articolo 1717cc sulla sostituzione del mandatario.

Il mandatario che, nell'esecuzione del mandato, sostituisce altri a se stesso, senza esservi autorizzato o
senza che ciò sia necessario per la natura dell’incarico, risponde dell'operato della persona sostituita .

Se il mandante aveva autorizzato la sostituzione senza indicare la persona, il mandatario risponde soltanto
quando è in colpa nella scelta.

Il mandatario risponde delle istruzioni che ha impartite al sostituto.

Il mandante può agire direttamente contro la persona sostituita dal mandatario.

Possiamo affermare che il mandatario non risponde dell’operato del sostituto, ma solo quando il
correntista ha dato espressa volontà della sostituzione, e la banca ha commesso colpa nella scelta, oppure
quando non essendo autorizzato, la sostituzione è essenziale per la natura dell’incarico. In mancanza di
queste due situazioni la sostituzione è possibile ma la banca risponde dell’operato del sostituto.

17 LEZIONE

Conto corrente intestato a più persone: art 1854cc

Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni
anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.

Quindi l’articolo 1854 prevede l’ipotesi che il conto corrente sia intestato a 2 o più persone. L’articolo
sancisce che entrambi i cointestatari sono considerati creditori e debitori in solido e che questi salvo
diversa pattuizione agiscono congiuntamente, tuttavia possono agire separatamente solo se c’è una loro
pattuizione. Quando le parti operano congiuntamente la banca è libera da qualsiasi responsabilità. Invece
se fanno operazione separate serve verificare se nel conto corrente cointestatario è stato così pattuito o
meno. L’articolo sancisce che qualsiasi sia la modalità per eseguire le operazioni, la responsabilità sempre la
stessa ovvero entrambi i cointestatari sono responsabili in solido.

Dunque, questo articolo separa le modalità di compimento e di esecuzione dai profili di responsabilità,
ovvero ci dice come operare nelle singole operazioni, fermo restando la responsabilità. Risponde anche al
principio generale sulle obbligazioni solidali.

Il conto corrente bancario nel fallimento

Con la dichiarazione di fallimento del correntista, ciò comporta lo scioglimento automatico del contratto di
conto corrente bancario così come previsto dall’art.78 delle legge fallimentare a meno che non viene
predisposto un esercizio provvisorio dell’attività di impresa.

I contratti di conto corrente, anche bancario, e di commissione, si sciolgono per il fallimento di una delle
parti.

Il contratto di mandato si scioglie per il fallimento del mandatario.

Se il curatore del fallimento del mandante subentra nel contratto, il credito del mandatario è trattato a
norma dell'articolo 111, primo comma, n. 1), per l'attività compiuta dopo il fallimento
Dunque, il fallimento del correntista comporta la cessazione del contratto bancario, tranne nell’ipotesi
prevista dalla legge fallimentare di esercizio provvisorio dell’attività di impresa, a meno che il curatore
fallimentare non intende sospendere l’esecuzione o sciogliere il contratto anche nel periodo provvisorio.

Cosa significa scogliere il rapporto giuridico?

Significa che si determina l’inefficacia di tutti gli atti posti in essere dopo la dichiarazione di fallimento.
Esempio se la banca esegue per conto del correntista un pagamento a terzi, quell’atto è considerato
inefficace. Altro esempio se dopo la dichiarazione di fallimento si confluisce sul conto una rimessa questa è
considerata inefficace.

Il fatto che un imprenditore sia dichiarato fallito, non impedisce che questo possa aprirsi una nuova
impresa (purché non sottragga beni all’azienda o liquidità, acquisiti durante la procedura fallimentare) e
aprire un conto corrente nuovo.

IL CONTRATTO DI SERVIZIO DELLE CASSETTE DI SICUREZZA

Questo è un altro tipo di contratto bancario. E’ disciplinato sia dal codice civile, sia dal Tub ma anche dal
TUF. Infatti nel Tub nell’articolo 1 tra le attività ammesse al mutuo riconoscimento abbiamo anche i servizi
delle cassette di sicurezza, mentre il Tuf prevede questo servizio di carattere accessorio denominandolo
come esercizio di locazione di cassette di sicurezza. Secondo il Tuf, è un servizio accessorio che si esula dalla
totalità dell’attività finanziaria. Infatti molte banche possono non offrire questo tipo di servizio che è
appunto un servizio che va ad di fuori delle normali operazioni tradizionali bancarie.

Questo servizio non rappresenta un vero e proprio contratto bancario, ma è un servizio che la banca offre
alla clientela. E’ disciplinato nel codice civile nella sezione dei contratti bancari nella seconda sezione
dall’articolo 1839cc all’articolo 1841cc. Quindi anche se non è un vero e proprio contratto bancario, la
scelta del legislatore è quello di inserire la disciplina accanto a quella dei contratti bancari.

Art 1839

Nel servizio delle cassette di sicurezza la banca risponde verso l'utente per l'idoneità e la custodia dei locali
e per l'integrità della cassetta, salvo il caso fortuito

Questo articolo ci individua la disciplina della responsabilità della banca verso il cassettista, ma non ci dice
nulla circa il contenuto delle cassette. Tuttavia è possibile ricavare quali sono i doveri a carico della banca
che offre questo tipo di servizio:

1. Predisporre di locali idonei a contenere cassette: Devono essere predisposte all’interno


dell’organizzazione bancaria in un posto che sia idoneo non facilmente raggiungibile. Solitamente si
trovano nella parte sotterranea della banca. La predisposizione della cassette di sicurezze in luogo
inidonei alla loro predisposizione (esempio all’entrata) da luogo ad una responsabilità verso il
cliente ed ad un risarcimento del danno
2. Prendere in custodia le cassette
3. Preservazione dell’integrità della cassetta

Questo articolo non ci dice nulla sul contenuto della cassetta di sicurezza. Il cassettista può decidere anche
di non riempirla proprio. L’attività che incombe sulla banca è un’attività che ha per oggetto locali e cassette
non oggetti da esso contenuti.

Le cassette di sicurezza sono disciplinate anche da delle norme bancarie convenzionali uniformi. Grazie a
queste norme e alla disciplina contenuta dal codice civile è possibile ricavarne una definizione del
contenuto delle cassette di sicurezza ovvero: accordo attraverso il quale la banca si obbliga verso il cliente
dietro pagamento di un canone a mettere a disposizione al cliente locali idonei all’espletamento del servizio
e a prendere alla custodia dei locali e preservare l’integrità delle cassette.

NATURA GIURIDICA DEL CONTRATTO

La banca non fa altro che mettere a disposizione un locale su cui posizionare le cassette di sicurezza. I beni
contenuti nella cassetta però non possono essere a disposizione della banca ma sono a disposizione del
cassettista. La banca si occupa di affidare la cassetta di sicurezza al cassettista dietro pagamento di un
corrispettivo e dunque ha fornire il servizio di custodia dei beni. Il cliente non è vincolato nel depositare
beni nella cassetta di sicurezza ed è libero anche di non mettere nulla.

Dunque quale è la natura giuridica di questo tipo di contratto?

Non è possibile farlo ricomprendere nell’ambito dei contratto di deposito di beni. In quanto il depositante e
il depositario sanno il contenuto dei beni in custodia in quanto è palese. Il depositante di volta in volta
decide di prendere o lasciare in custodia un determinato bene. Nelle cassette di sicurezza invece la banca è
del tutto ignara sul contenuto delle cassette di sicurezza, mette solo a disposizione del cliente. La
giurisprudenza è unanime nel ricomprendere questo tipo di contratto nell’ambito dei contratti di locazione
immobiliare.

Infatti secondo la corte di cassazione , essendo il codice non chiaro in tal senso su circa il contenuto, ha
stabilito che il contratto di servizio bancario di servizio delle cassette di sicurezza ha una natura locatizia. La
corte ha dato rilievo all’aspetto dell’idoneità dei locali, in quanto la custodia dei locali non costituisce una
prestazione qualificante del contratto ma un servizio accessorio di protezione. Qui data la natura complessa
del rapporto la corte ha individuato come fattispecie principale l’idoneità dei locali.

Inoltre questa ricostruzione trova conferma anche nel Tuf in quanto parla di locazione di cassette di
sicurezza.

Ma allora essendo qualificabile come contratto di locazione, la responsabilità della banca è assimilabile a
quella del locatore?

La risposta è no, in quanto la banca è esposta indubbiamente ad una responsabilità maggiore. La banca non
si limita a concedere in godimento i beni ovvero i suoi locali ovvero le cassette, ma si impegna anche a
svolgere attività di custodia ovvero prestazione di vigilanza continuativa dei locali, e a compiere tutte le
attività necessarie di collaborazione con il cassettista nel momento in cui vuole accedere alla cassetta di
sicurezza.

La giurisprudenza parla di contratto di locazione, ma forse è più coerente parlare di contratto di locazione
tipico ed unitario, oppure di un contratto di locazione con delle peculiarità, che ha una sezione autonoma
rispetto ad un normale contratto di locazione.

E’ un contratto consensuale ovvero si perfeziona con il consenso delle parti. E’ un contratto di durata
ovvero è protratto nel tempo, è di tipo oneroso in quanto è previsto da parte del cassettista il pagamento
di un corrispettivo, ed è prevista la forma scritta ai fini della validità. Se non c’è forma scritta il contratto
non è valido ( Ad substantiam) .

RESPONSABILITA’ DELLA BANCA NEL SERVIZIO DI SICUREZZA

Ha due obblighi

 Concessione in godimento di una cassetta di cui la banca deve garantire l’integrità esteriore
 Custodia di locali dove è disposta la cassetta (rientra anche il mantenimento dei vari ambienti).
Quando vengono violati questi obblighi insorge una responsabilità della banca. Il mantenimento dei locali
effettivamente idonei non è sufficiente, in quanto la banca è tenuta a porre in essere tutte quelle attività
per la salvaguardia della sicurezza e dell’integrità delle cassette di sicurezza. La violazione genera
responsabilità contrattuale verso il cassettista ed obbliga la banca a risarcire i danni di tale inadempimento.

La banca risponde sempre tranne nel caso del caso fortuito, per causa non a lui imputabile. Questo
rappresenta l’unico caso di esonero. Toccherà alla banca dimostrare il caso fortuito e la sua imprevedibilità.

Esempio : nel 1966 ci fu un alluvione a Firenze del fiume Arno, questo evento danneggiò le cassette
sicurezza delle banche e provocò ingenti danni, la corte di cassazione ha ritenuto che per esserci un
risarcimento e per classificare l’evento come caso fortuito , ci deve essere un evento che non è
normalmente prevedibile e l’alluvione nel contempo, visti i mezzi a disposizione non lo era.

Cosa succede in caso di furto?

Tipicamente costituisce l’evento che comporta per la banca il versamento di un risarcimento del danno al
cassettista, in quanto è considerato trai i rischi che la banca si assume nel momento in cui esegue il servizio,
salvo se riesce a dimostrare l’assoluta adeguatezza dei metodi di sicurezza. Il furto secondo la cassazione
non costituisce caso fortuito.

Tipicamente la banca nell’effettuare questo servizio si rivolge anche ad istituti di vigilanza e se avviene un
furto può essere imputabile ad infedeltà dell’istituto di vigilanza. E’ previsto l’applicazione dell’articolo
1228cc che stabilisce che Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell'adempimento
dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi , risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro. Questo però
non da luogo a responsabilità contrattuale ma quella extracontrattuale.

Il danneggiato dunque può procedere sia attraverso la responsabilità contrattuale e sia attraverso quella
extracontrattuale. La banca per tutelarsi da questa situazione ovvero dall’inadempimento degli istituti di
vigilanza, stipula appositamente delle polizze assicurative.

Clausole limitative della responsabilità

Una clausola limitativa della responsabilità sono clausole che impediscono l’inserimento nella cassetta di
sicurezza beni superiori ad un certo ammontare secondo la giurisprudenza sono da considerare nulle,
ovvero prive di efficacia , in quanto si limita la responsabilità che ha la banca ha nei confronti del
cassettista.

La clausola limitativa hanno solo la funzione di limitare le responsabilità che la banca può avere nel caso di
inadempimento degli obblighi contrattuali, ma non può avere per oggetto limitazione di contenuto della
cassetta di sicurezza.

Come si provano i danni se il contenuto è segreto?

L’onere della prova spetta al cassettista, e di solito viene fatta dal giudice in via equitativa.

Articolo 1840cc

Se la cassetta è intestata a più persone, l'apertura di essa è consentita singolarmente a ciascuno degli
intestatari, salvo diversa pattuizione.
In caso di morte dell'intestatario o di uno degli intestatari, la banca che ne abbia ricevuto comunicazione
non può consentire l'apertura della cassetta se non con l'accordo di tutti gli aventi diritto o secondo le
modalità stabilite dall'autorità giudiziaria.

La norma fissa che in caso di pluralità di intestatari di cassette di sicurezza, possono aprirle disgiuntamente
oppure pattuendo diversamente ma ciò deve essere concordato. Ad esempio, le parti possono stabilire che
uno degli intestatari non abbia diritto di aprire la cassetta ovvero possa procedervi solo in presenza di un
altro o di tutti gli altri cassettisti. In tal senso ci può anche essere una delega per l’apertura della cassetta e
che se ci sono più deleghe possono sempre operare disgiuntamente , salvo diversa pattuizione
(presunzione di agire in modo disgiuntivo)

Se muore il cassettista se la banca riceve comunicazione, non fa aprire la cassetta di sicurezza se non c’è
l’accordo degli eredi o secondo le modalità sancite dall’autorità giudiziaria (esempio il caso in cui l’erede è
un minore o controversie fra gli eredi), se non riceve avviso è possibile ancora aprirla attraverso l’altro
intestatario.

Cosa succede in caso di fallimento del cassettista

Il contratto non si scoglie automaticamente ma è deciso dal curatore fallimentare se procede allo
scioglimento oppure no.

Art. 1841

Quando il contratto è scaduto , la banca, previa intimazione all'intestatario e decorsi sei mesi dalla data
della medesima, può chiedere al tribunale l'autorizzazione ad aprire la cassetta. L'intimazione può farsi
anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento.

L'apertura si esegue con l'assistenza di un notaio all'uopo designato e con le cautele che il tribunale (ritiene
opportune.

Il tribunale può dare le disposizioni necessarie per la conservazione degli oggetti rinvenuti e può ordinare la
vendita di quella parte di essi che occorra al soddisfacimento di quanto è dovuto alla banca per canoni e
spese.

La norma è volta a tutelare la banca nel caso in cui il contratto sia scaduto e il depositario non abbia
provveduto a ritirare i beni custoditi (ovvero le parti non si siano accordate in altro modo, ad esempio nel
senso di rinnovare la stipula). L’apertura forzosa può anche essere fatta in altri casi come il fallimento se il
curatore ne tiene opportuno ecc. La apertura forzosa viene comunque fatta dinanzi ad un notaio.

ANTICIPAZIONE BANCARIA

L’anticipazione bancaria displicata dall’articolo 1846 del codice civile è una tipica operazione di
finanziamento garantita da pegno. Essa si caratterizza per il fatto che :

 Garanzia reale offerta dalla banca è costituita esclusivamente da titoli o merci il cui valore è
facilmente accertabile ( ad esempio azioni, obbligazioni, titoli rappresentativi di merce)
 Ammontare del credito concesso dalla banca è proporzionale al valore dei titoli o delle merci date
in pegno e si determina deducendo una percentuale, di regola non inferiore al 10% chiamata
scarto, dal valore di stima degli stessi fissato in comune accordo.

Il particolare collegamento funzionale che si determina fra il credito concesso dalla banca, e la garanzia
pignoratizia (ovvero la cosiddetta regola della proporzionalità) permane anche durante lo svolgimento del
rapporto.
Infatti, in deroga al principio dell’indivisibilità del pegno sancito dall’articolo 2799cc, il beneficiario
dell’anticipazione , anche prima della scadenza, può ritirare parter dei titoli o delle merci date in pegno in
proporzione alle somme rimborsate dalla banca , purché il credito residuo risulti sufficientemente
garantito, come sancito dall’articolo 1849cc.

La banca, a sua volta, ha diritto di ottenere un supplemento di garanzia, se il valore dei beni dati in
garanzia, diminuisce più di un decimo rispetto a quello iniziale. In mancanza la banca può procedere alla
vendita delle merci o dei titoli ed ha il diritto immediato al rimborso del credito residuo non soddisfatto col
il ricavato della vendita come sancito dall’articolo 1850cc. Anche questa norma costituisce una deroga ai
principi generali in tema i garanzie reali, che legittimano il supplemento di garanzia solo quando la cosa
perisca o si deteriori.

Proprio questo particolare regime di garanzia pignoratizia (proporzionalità, divisibilità e supplemento)


caratterizzano l’anticipazione bancaria rispetto al semplice mutuo o all’apertura di credito garantiti da
pegno di titoli o merci e ne fa uno strumento particolarmente idoneo per il finanziamento di operazioni su
titoli e merci.

In verità i rapporti tra apertura di credito, anticipazione bancaria e mutuo, hanno costituito in passato
vivace dibattito, il virtù del fatto che il codice non da una definizione di tale contratto. Secondo alcuni
giuristi hanno qualificato come tale contratto come una sottospecie del mutuo (Spinelli) dell’apertura di
credito (Messineo) o di entrambi (Ferri).

La dottrina ha prevalente sull’affermare la tipicità di tale contratto, però permane un potenziale parziale
contrasto tra correnti di pensiero. Infatti c’è chi considera l’anticipazione bancaria inserita in una disciplina
speciale applicabile ad ogni ipotesi di pegno di titoli e merci a garanzia di un credito bancario (Porzio) e chi
concepisce invece l’anticipazione bancaria come ad un autonoma e tipica operazione di finanziamento
bancario caratterizzata alla sovvenzione di operazioni su titoli e merci.

L’anticipazione bancaria di solito è regolata in conto corrente. Nella prassi insieme all’apertura di credito,
costituisce uno dei mezzi utilizzati per creare una disponibilità nell’ambito del conto corrente bancario.

TIPOLOGIE DI ANTICIPAZIONI BANCRIE

 Propria : l’anticipazione propria quando le merci o titoli sono costruiti in pegno regolare , la banca
dunque non può disporre delle cose ricevute in pegno ed alla scadenza dovrà restituire merci o
titoli. Deve prevedere inoltre per la custodia a spese del cliente (art 1848cc) e all’assicurazione delle
merci per conto e spese del cliente stesso (art 1847cc)
 Impropria: l’anticipazione è impropria quando i titoli o anche i depositi di denaro, sono costituiti da
pegno irregolare (art 1851cc). Il che si verifica quando gli stessi non sono stati individuati e è stata
conferita alla banca la facoltà di disporne. In questo tipo di anticipazione la proprietà dei titoli passa
dal cliente , alla banca. Alla scadenza dovrà restituire solo titoli dello stesso genere , per la parte
eccedente l’ammontare della somma ancora dovuta al cliente. Questa forma di anticipazione ha
avuto scarsa diffusione e attualemnte non è più prevista dalle norme bancarie uniformi.

ARTICOLO 1846cc

Nell'anticipazione bancaria su pegno di titoli o di merci (2), la banca non può disporre delle cose ricevute in
pegno, se ha rilasciato un documento nel quale le cose stesse sono individuate (3). Il patto contrario deve
essere provato per iscritto [2792].
1)Il contratto in esame è consensuale e ad esecuzione continuativa (1376 c.c.). Esso è definito anche
anticipazione semplice e si distingue dall'anticipazione bancaria in conto corrente, che si configura quando
la somma è messa a disposizione per il tramite di un conto corrente (1852 ss. c.c.).

2)In particolare, possono essere oggetto dell'anticipazione titoli rappresentativi di merci, o le merci stesse:
ciò che rileva è che si tratti di beni dei quali si può rapidamente accertare il valore, e questo al fine di poter
sempre verificare se permane la proporzione tra valore di tali beni e valore dell'anticipazione.

3)In tal caso il pegno è regolare ed il documento in cui vengono indicate le cose ha solo funzione
probatoria. Se, invece, il vincolo viene costituito su beni o titoli di cui alla banca viene data la facoltà di
disporre si ha pegno irregolare.

ARTICOLO 1847cc

La banca deve provvedere per conto del contraente all'assicurazione delle merci date in pegno se, per la
natura, il valore o l'ubicazione di esse, l'assicurazione risponde alle cautele d'uso (1).

(1) Per valutare se è necessario o meno procedere all'assicurazione, non si deve considerare solo il tipo
di beni dati in pegno ma anche altri elementi, ad esempio il luogo di custodia o il loro valore.
Quando la banca non vi provveda e si dimostra che vi era tenuta essa dovrà rispondere
dell'eventuale danno subito dai beni.
La norma è applicazione dell'obbligo di conservazione che grava sul creditore pignoratizio (2790
c.c.).

ARTICOLO 1848cc

La banca, oltre al corrispettivo dovutole (1), ha diritto al rimborso delle spese occorse per la custodia delle
merci (2) e dei titoli, salvo che ne abbia acquistato la disponibilità (3).

(1) Da ciò si desume il carattere naturalmente oneroso del contratto.

(2) Tra di esse vi sono quelle per la locazione dei locali in cui vengono riposte le norme (1571 c.c.) ovvero
quelle dovute per la custodia effettuata personalmente da addetti al servizio.

(3) L'ultima parte del dispositivo fa riferimento al pegno c.d. irregolare (v. 1846 c.c.).

In caso di pegno irregolare la banca non ha diritto alle spese per la custodia dei beni perché, di regola, non
provvede a custodirli ma li utilizza.

ARTICOLO 1849cc

Il contraente, anche prima della scadenza del contratto, può ritirare in parte i titoli o le merci dati in pegno
(1), previo rimborso proporzionale delle somme anticipate (2) e delle altre somme spettanti alla banca
secondo la disposizione dell'articolo precedente (3), salvo che il credito residuo risulti insufficientemente
garantito.

(1) Si tratta di una eccezione alla regola per cui il pegno è indivisibile (v. 2799 c.c.).

(2) La proporzionalità è necessaria al fine di evitare che il ritiro delle merci sia fatto al solo scopo di
diminuire la garanzia.

(3) Il corrispettivo e le spese sostenute per la custodia (v. 1848 c.c.).


La norma è volta ad agevolare la circolazione delle merci, evitando che rimangano immobilizzate, ciò che
potrebbe arrecare un pregiudizio al debitore. Nel contempo, viene tutelato anche l'interesse della banca a
mantenere intatta la garanzia.

ARTICOLO 1850cc

Se il valore della garanzia diminuisce almeno di un decimo rispetto a quello che era al tempo del contratto
(1), la banca può chiedere al debitore un supplemento di garanzia nei termini d'uso (2), con la diffida che, in
mancanza, si procederà alla vendita dei titoli o delle merci dati in pegno. Se il debitore non ottempera alla
richiesta, la banca può procedere alla vendita a norma del secondo e quarto comma dell'articolo 2797 (3).

La banca ha diritto al rimborso immediato del residuo non soddisfatto col ricavato della vendita

(1) Cioè al momento della sua conclusione. Il rapporto (che deve rimanere proporzionale) che corre tra il
valore dei beni dati in pegno e l'ammontare dell'anticipazione è definito scarto.

(2) Si tratta dei c.d. usi bancari, cioè delle pratiche adottate per consuetudine dalle banche.

(3) E' escluso, quindi, che la banca abbia il diritto di recedere dalla stipula, come accade in caso di apertura
di credito bancario (1845, 1373 c.c.): questo perchè nel contratto di anticipazione la banca ha sempre la
facoltà di vendere i beni dati in pegno.

La norma è volta a tutelare la banca mantenendo una sufficiente garanzia a suo favore ed accordandole
anche la facoltà di vendere i beni se tale garanzia viene meno.

ARTICOLO 1851cc

Se, a garanzia di uno o più crediti, sono vincolati depositi di danaro, merci o titoli che non siano stati
individuati o per i quali sia stata conferita alla banca la facoltà di disporre (1), la banca deve restituire solo la
somma o la parte delle merci o dei titoli che eccedono l'ammontare dei crediti garantiti (2). L'eccedenza è
determinata in relazione al valore delle merci o dei titoli al tempo della scadenza dei crediti [1846, 1848] (3)

(1) Si tratta delle ipotesi in cui si ha un pegno c.d. irregolare (v. 1846 c.c.).

(2) Cioè l'eccedenza rispetto al debito non soddisfatto.

(3) Se al momento della scadenza il valore delle merci o dei titoli è inferiore il debitore deve versare il
conguaglio.

Nel pegno irregolare la banca diviene proprietaria dei beni consegnati, di cui può disporre, ed è tenuta a
consegnare l'eccedenza rispetto al debito garantito e non soddisfatto, atteso che, altrimenti, subirebbe un
pregiudizio economico; il valore dei beni che non eccede, invece, compensa il debito che grava sul
depositario.

DEPOSITO DI TITOLI IN AMMINISTRAZIONE

Fra i servizi che le banche tradizionalmente prestano alla clientela rientrano anche quelli di custodia di titoli
e valori. Due sono le figure specificatamente regolate dal codice: depositi titoli in amministrazione e il
servizio delle cassette di sicurezza.

Il deposito titoli in amministrazione , la banca oltre a custodire i titoli ricevuti (deposito regolare), assume
l’incarico di provvedere all’esercizio di tutti i diritti inerenti ai titoli stessi. Con un unico contratto la banca
assume quindi la duplice veste di depositario e di mandatario per l’amministrazione dei titoli ricevuti in
deposito. Si è quindi in presenza di una formula contrattuale autonoma, anche se parte della dottrina crede
che l’operazione si risolva nel collegamento tra due negozi distinti attribuendosi talvolta prevalenza al
deposito. Oltre al deposito in amministrazione, le norme bancarie uniformi prevedono e regolano anche i
depositi a custodia chiusi. Nel secondo caso il deposito ha per oggetto plichi, cassette, valigie chiuse e
sigillati dal depositante, di cui la banca ignora il contenuto. Si tratta di forme di deposito scarsamente
utilizzate nella pratica.

Per quanto riguarda gli obblighi di amministrazione della banca è necessario distinguere:

 Atti di riscossione
 Normale tutela dei diritti sui titoli in deposito che non comportano scelte discrezionali e/o
erogazione di somme

Questi atti sono posti in essere dalla banca senza chiedere istruzioni al cliente. La banca deve perciò tenersi
informata sulle vicende dei titoli ricevuti in deposito (scadenza, interessi ecc).

Le somme riscosse vengono accreditate in conto corrente al depositante come previsto dal primo comma
dell’articolo 1838cc e dalle norme bancarie uniforme .

Per tutti gli altri diritti di amministrazione, la banca deve chiedere istruzioni in tempo utile al depositante. E’
inoltre tenuta a conseguire gli ordini dello stesso solo se ha ricevuto i fondi occorrenti. In mancanza di
istruzioni tempestive, la banca cura la evita dei diritti per conto del cliente (esempio diritti di opzione.)

Il depositante deve pagare i diritti di custodia e le commissioni stabilite dalla banca, nonché è tenuto a
rimborsare le spese sostenute dalla banca. Il regolamento di tale competenze avviene di regola in conto
corrente. E’ nullo il patto con il quale si esonera la banca dall’osservare l’ordinaria diligenza
nell’amministrazione dei titoli.

ARTICOLO 1838 cc

La banca che assume il deposito di titoli in amministrazione (1) deve custodire i titoli, esigerne gli interessi o
i dividendi, verificare i sorteggi per l'attribuzione di premi o per il rimborso di capitale, curare le riscossioni
per conto del depositante, e in generale provvedere alla tutela dei diritti inerenti ai titoli (2). Le somme
riscosse devono essere accreditate al depositante (3).

Se per i titoli depositati si deve provvedere al versamento di decimi [2329, 2342, 2344, 2489, 2491] o si
deve esercitare un diritto di opzione [2441], la banca deve chiedere in tempo utile istruzioni al depositante
e deve eseguirle, qualora abbia ricevuto i fondi all'uopo occorrenti. In mancanza d'istruzioni, i diritti di
opzione devono essere venduti per conto del depositante a mezzo di un agente di cambio.

Alla banca spetta un compenso nella misura stabilita dalla convenzione o dagli usi, nonché il rimborso delle
spese necessarie da essa fatte.

È nullo il patto col quale si esonera la banca dall'osservare, nell'amministrazione dei titoli, l'ordinaria
diligenza (4).

(1) Oggetto del contratto possono essere titoli di Stato ma anche azioni societarie, obbligazioni, titoli
rappresentativi di merci ecc.

(2) A seconda dell'oggetto (buoni del tesoro, cartelle fondiarie) i titoli di credito depositati possono
attribuire diversi, i quali, però devono essere indicati espressamente sul documento (992 c.c.).

(3) Di regola l'accredito avviene in un conto corrente bancario (1852 c.c.) dal quale la banca detrae anche le
somme che le spettano a titolo di compenso e rimborso spese.

(4) Sulla banca, comunque, grava l'obbligo di adottare la diligenza del professionista qualificato (v. 1176, 2
c.c.).
Tale particolare ipotesi di deposito bancario soddisfa, da un lato, l'interesse del depositante a porre al
riparo i titoli da eventi negativi nonché quello a ricavarne un lucro, atteso che li amministra un soggetto a
ciò deputato (v. 1834 c.c.); dall'altro, quello della banca di trarre un profitto dall'amministrazione.

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