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M. GIOVE G. ROGNONI
M. COLANINNO D. DI MARCO
MARIANNA GIOVE GIUSEPPINA ROGNONI
Letture, scritture,
immagini per il biennio
Narrativa Epica
Poesia
Narrativa Letture
, scrittu
&Poesia re, imm
agini pe
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POESIa
nio
poesia
ISBN 978-88-421-0895-5
ISBN 978-88-421-0883-2
Editori Laterza
Questo volume, sprovvisto del talloncino a fronte (o op- Volume Progettazione e produzione
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Colori compositi
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P per l, analisi
strumenti
del testo poetico
PREREQUISITI CONTENUTI
• possedere un lessico di base Scheda 1 Cos’è il testo poetico
• capire il contenuto di un testo accompagnato da Laboratorio P1 Scrittori, poeti e cantanti
introduzione, note e commenti definiscono la poesia
• cogliere e selezionare le informazioni in base alla Scheda 2 Capire una poesia: la parafrasi
funzione e all’importanza Laboratorio P2 G. Leopardi, Alla luna •
P3 S. Quasimodo, Nostalgia della Sicilia
OBIETTIVI
Scheda 3 Verso e ritmo
Comprendere Laboratorio P4 S. Penna, Mi nasconda la
• la differenza fra prosa e verso notte e il dolce vento • P5 S. Penna, Già mi
• l’origine e le caratteristiche principali della poesia parla l’autunno
• i rapporti fra poesia e musica Scheda 4 Rima e strofa
• le specificità del linguaggio poetico Laboratorio P6 V. Cardarelli, Sera di Liguria
• il contenuto denotativo e connotativo di un testo • P7 U. Saba, Trieste • P8 G. Carducci,
poetico Traversando la Maremma toscana
• le varietà storiche e di registro della lingua poetica Scheda 5 Figure retoriche
• le scelte stilistiche di un autore Laboratorio P9 G. Pascoli, Prima del
temporale • P10 G. Pascoli, Lavandare
Analizzare
Scheda 6 Comprendere la poesia:
• la struttura sintattica di un brano poetico
il commento
• le scelte lessicali Laboratorio P11 U. Foscolo, A Zacinto •
• il verso e il ritmo P12 G. Ungaretti, Fratelli
• la rima e lo schema metrico
Scheda 7 In sintesi: come si analizza
• l’uso figurato del linguaggio un testo poetico
• i rapporti interni ed esterni al testo
• le parole-chiave, i campi semantici e i motivi por-
tatori del tema
• il messaggio complessivo di un testo poetico
Approfondire
• operare approfondimenti sul contesto storico, sul-
la biografia o sulla poetica dell’autore
• operare confronti fra brani e autori diversi
• interpretare il testo in relazione al contesto storico-
culturale
• rispettare i criteri di organizzazione dei contenuti
e correttezza formale
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Scheda 1
1. Prosa e verso
Se guardiamo all’etimologia del termine, il verso (dal latino versus, «che torna indietro») si differenzia
dalla prosa (prorsus, «che va avanti») proprio perché è un discorso che non prosegue fin dove finisce il
rigo del foglio, ma con cadenze regolari va a capo. I segmenti di testo così evidenziati si dicono versi.
Questa distinzione determina una serie di conseguenze importanti:
• la poesia si presenta come un discorso frammentato, fatto di brevi frasi che esprimono la soggettività
del poeta;
• le parole sono disposte nel verso secondo una successione di accenti più o meno regolare, che impri-
me al testo un certo ritmo;
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• le parole collocate all’inizio o alla fine del verso sono in posizione di rilievo; tale posizione spesso è evi-
denziata da corrispondenze di suoni, come la rima;
memo La poesia: • le parole sono disposte nel verso secondo un ordi-
ne che non sempre coincide con quello comune;
• è espressione della soggettività dell’indi- • la misura più concentrata del verso porta a utilizza-
viduo [ P scheda 1]; re meno parole rispetto al discorso in prosa, ma con
• sceglie e dispone le parole in modo diver- maggiori sfumature di significato, o a volte con più
so dal linguaggio quotidiano [ P scheda 2]; significati insieme (si parla dunque di polisemia,
• dà importanza all’aspetto ritmico e melo- ‘molti significati’).
dico delle parole [ P schede 3 e 4];
• comunica contenuti e concetti densi di si- Sono queste le caratteristiche fondamentali della
gnificato, che vanno interpretati [ P sche- poesia, che impareremo a riconoscere e analizzare
de 5 e 6]. nel presente laboratorio.
Scheda 1
Cos’è il testo poetico
a. stile alto
1. l’oggetto b. stile medio
c. stile umile
3. Musica e poesia
Le leggende antiche attribuivano l’origine della poesia a personaggi avvolti nel mito: uno di essi, Orfeo,
era spesso rappresentato con la lira in pugno, nell’atto di suonare incantando uomini, animali e persino
elementi naturali. La poesia anticamente era infatti recitata con l’accompagnamento musicale di stru-
menti a fiato o a corda.
Sappiamo che anche i primi componimenti dei poeti medievali italiani nacquero con una veste musi-
cale e Dante stesso – secondo una testimonianza di Boccaccio – «sommamente si dilettò in suoni e can-
ti nella sua giovinezza». Alcune sue composizioni furono musicate da amici e collaboratori (uno di essi,
Casella, viene ricordato da Dante nel Purgatorio). Insomma, Dante si comportava a volte come un
moderno paroliere: sceglieva alcuni componimenti più «orecchiabili» e li affidava ai suoi collaboratori
perché vi adattassero una linea melodica. Sicuramente, nella fase di composizione, i poeti medievali
tenevano presenti gli effetti ritmici e melodici delle parole, che il canto poteva arricchire e valorizzare.
Successivamente, con la nascita del libro a stampa (1455), il distacco fra poesia e musica si accen-
tuò: la poesia scritta e stampata si rivolse a un pubblico di lettori, piuttosto che di ascoltatori, capaci di
apprezzare la raffinatezza delle parole e l’importan-
za degli argomenti trattati; ciò determinò una mag- La poesia, memo
gior cura formale della parte scritta. • come la musica, va-
Nelle schede seguenti, analizzeremo dunque la lorizza l’aspetto ritmico-melodico delle pa-
poesia dapprima nei suoi aspetti linguistici (lessico, role;
sintassi, ecc.) e poi in quelli ritmici e musicali. La trat- • come forma particolare di scrittura, cu-
tazione andrà necessariamente distinta in lezioni suc- ra la scelta, la disposizione e il significato
cessive, ma occorre sempre ricordare che tali aspetti delle parole.
in una poesia sono compresenti e inseparabili.
In poesia è raro che le parole siano disposte secondo l’ordine previsto dalla sintassi (soggetto, pre-
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dicato, complemento), si utilizzano spesso termini astratti in luogo dei concreti, si modifica il significa-
to delle parole secondo le esigenze del poeta.
Leopardi si riferisce al monte Tabor, un colle vicino la casa paterna che egli aveva scelto come luo-
go delle sue riflessioni, perché silenzioso e solitario («ermo»). Il significato e il valore emotivo di que-
sto verso è dato anche dalla disposizione e dalla scelta delle parole.
Se dicessimo «Quest’ermo colle mi fu sempre caro» ristabiliremmo l’ordine normale delle parole,
ma il risultato non sarebbe lo stesso. Quelle parole, disposte in quel modo, imprimono al verso un rit-
mo pacato e trasmettono una sensazione di calma, di familiarità, comunicandoci innanzitutto che quel
vincolo affettivo è esistito da sempre («Sempre caro»).
Anche la scelta delle parole è importante. Se dicessimo: «Questo colle solitario mi è sempre piaciu-
to» o «Come mi piace questo colle solitario» ridurremmo a zero la suggestione del verso creata dagli
aggettivi «caro», «ermo» e «questo»:
• caro indica una predilezione, una vicinanza affettiva: il colle è sì un elemento del paesaggio, ma
soprattutto un luogo che ricorda al poeta particolari stati d’animo o momenti della sua vita;
• ermo vuol dire «solitario» (dallo stesso aggettivo vengono le parole «eremo» ed «eremita»): comuni-
ca quindi un’idea di raccoglimento interiore, di pace;
• questo indica un oggetto vicino nel tempo o nello spazio: indica dunque che il colle è una presenza
concreta, vicina a chi parla, ma anche legata ai suoi sentimenti.
Queste scelte particolari sono fondamentali per esprimere il senso della poesia e determinarne il mes-
saggio, che è formulato in un preciso «codice» letterario.
Dunque, la poesia:
• è scritta in VERSI;
• non segue LESSICO e SINTASSI comuni;
• segue un RITMO e un SUONO particolari;
• ha un CONTENUTO denso di significati;
• comunica un MESSAGGIO in un codice letterario.
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P
,
Strumenti per l analisi
del testo poetico
Come primo approccio al mondo della poe-
laboratorio sia, ti presentiamo alcune definizioni che poe-
ti, scrittori, autori di varie forme d’arte (cinema, musica, ecc.) hanno dato
della poesia. Ti accorgerai che è difficile trovare un parere unanime, ma che
tutti sono concordi su una cosa: la poesia è per definizione impossibile da
definire.
P1
Scrittori, poeti e cantanti
definiscono la poesia
Dante Alighieri [La poesia] non è nient’altro che una vena anch’io, e qualche volta ne dico delle
creazione fantastica composta secondo le regole curiose... ma quando le cose vanno bene». 25
della retorica e della musica. (De vulgari eloquen- Per capire questa baggianata del povero Ren-
tia, II, IV, 2) zo, bisogna sapere che, presso il volgo di Milano,
e del contado ancora più, poeta non significa già,
Alessandro Manzoni Renzo ringraziò la guida, e come per tutti i galantuomini, un sacro ingegno,
tutti quegli altri che avevan prese le sue parti. un abitator di Pindo, un allievo delle Muse; vuol di- 30
«Bravi amici!» disse: «ora vedo proprio che i ga- re un cervello bizzarro e un po’ balzano, che, ne’
lantuomini si danno la mano, e si sostengono». discorsi e ne’ fatti, abbia più dell’arguto e del sin-
5 Poi, spianando la destra per aria sopra la tavola, e golare che del ragionevole. Tanto quel guastame-
mettendosi di nuovo in attitudine di predicatore, stieri del volgo è ardito a manomettere le parole,
«gran cosa», esclamò, «che tutti quelli che rego- e a far dir loro le cose più lontane dal loro legitti- 35
lano il mondo, voglian fare entrar per tutto carta, mo significato! Perché, vi domando io, cosa ci ha
penna e calamaio! Sempre la penna per aria! che fare poeta con cervello balzano? (I promessi
10 Grande smania che hanno que’ signori d’adoprar sposi, cap. XIV)
la penna!».
«Ehi, quel galantuomo di campagna! volete Federico García Lorca Ma cosa vuoi che ti dica del-
saperne la ragione?» disse ridendo uno di que’ la Poesia? Cosa vuoi che ti dica di queste nubi, di
giocatori, che vinceva. questo cielo? Guardare, guardare, guardarle, guar-
15 «Sentiamo un poco», rispose Renzo. darlo e nient’altro. Capirai che un poeta non può dir
«La ragione è questa», disse colui: «che que’ nulla sulla Poesia. Lasciamo dire pure ai critici e ai 5
signori son loro che mangian l’oche, e si trovan lì professori. Ma né tu né io né alcun altro poeta sa
tante penne, tante penne, che qualcosa bisogna cos’è la Poesia. Sta qui; guarda. Ho il fuoco nelle mie
che ne facciano». mani. Lo sento e lavoro con lui perfettamente, ma
20 Tutti si misero a ridere, fuor che il compagno non posso parlare di lui senza letteratura.
che perdeva. La poesia è qualcosa che va per le strade. Che 10
«To’» disse Renzo: «è un poeta costui. Ce n’è si muove, che passa al nostro fianco. Tutte le cose
anche qui de’ poeti: già ne nasce per tutto. N’ho hanno il loro mistero, e la poesia è il mistero che
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• Spiega con parole tue la definizione di Dante, e in particolare il riferimento alle regole di compo-
sizione della musica [ P scheda 1, § 3].
A partire dall’Ottocento e per tutto il Novecento si afferma invece l’idea che la poesia sia frutto del-
la libera creatività individuale, e dunque indefinibile e sfuggente a ogni classificazione.
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• Spiega con parole tue il significato dell’affermazione del poeta spagnolo García Lorca: «Ho il fuo-
co nelle mie mani. Lo sento e lavoro con lui perfettamente, ma non posso parlare di lui senza letteratu-
ra».
• Ricerca fra le definizioni riportate altre affermazioni a sostegno di questa seconda tesi.
La questione è stata riproposta dallo scrittore Franco Fortini che, in un’intervista del 1993, distingue
i due aspetti del problema: da un lato c’è la poesia come tecnica, insieme di regole di composizione; dal-
l’altro c’è la poesia come criterio di valore, che attribuiamo a tutte quelle creazioni letterarie che solle-
citano i nostri sentimenti, ci emozionano, appagano il nostro senso estetico.
• Quali sono i due significati principali della parola «poesia» secondo lo scrittore Franco Fortini?
Secondo te, di quale dei due ci occuperemo in particolare nel presente laboratorio?
Analizza le varie accezioni della parola poesia Le affermazioni di Fortini mettono in eviden- s
za le varie accezioni con le quali la parola «poesia» è stata interpretata nel corso del tempo. Da un lato
esiste una definizione «ufficiale» di poesia, come modalità espressiva che utilizza in maniera particola- t
re il ritmo e il suono, la disposizione e la scelta delle parole. Dall’altro lato esiste anche un’idea «comu- e
ne» di poesia, più diffusa a livello popolare, che attribuisce ai poeti capacità di inventiva e di espressio- p
ne fuori dal comune, tanto da distinguerli dal resto degli uomini.
Questa idea emerge dal brano dei Promessi sposi in cui Renzo, reduce dai tumulti scoppiati a Mila-
2
no per il rincaro del pane, rilascia incautamente dichiarazioni «rivoluzionarie» in un’osteria. Dalle paro-
le di Renzo, giovane semplice e popolano, vien fuori l’idea che il poeta sia uno spirito eccentrico, «bal-
zano», singolare. Manzoni interviene subito a chiarire meglio le affermazioni del suo personaggio, spie-
gando che presso il popolo milanese «poeta» significava piuttosto «cervello bizzarro» e non «sacro
ingegno», seguace delle Muse (divinità protettrici delle arti, che avevano sede sul monte Pindo). Il popo-
lo, conclude Manzoni, a volte si diverte a stravolgere le parole, perché i poeti non hanno nulla a che fare
con la follia. Ma sarà proprio così?
• Come ti sembra il tono delle affermazioni di Manzoni a proposito della concezione di poesia secon-
do il popolo milanese?
I poeti del Novecento si sono invece sottratti al tentativo di definire con precisione la poesia. Due
esempi di questa tendenza sono contenuti nelle affermazioni di Eugenio Montale e di Vittorio Sereni.
Rileggile e rispondi alle seguenti domande.
Infine, anche autori di musica o di cinema, come il cantautore Francesco De Gregori o il regista e
attore Roberto Benigni, hanno provato a definire a modo loro la figura del poeta e il ruolo della poesia.
Rileggi le loro affermazioni e rispondi alle domande seguenti.
• Che cosa significa secondo te l’affermazione che esistono «poeti brutti e poeti buoni»?
• Che cosa significa che per fare una poesia occorre una sola cosa, cioè «tutto»?
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Scheda 2
Cercare le parole: questa è la prima raccomandazione del professor Attilio De Giovanni (interpretato da
Roberto Benigni nel film La tigre e la neve, del quale abbiamo trascritto una scena), che impartisce lezio-
ni di poesia a una classe di studenti attenti e divertiti. Farsi obbedire dalle parole, entrare in sintonia con
esse, oppure litigarci, a costo di non usarle per anni. Il poeta, infatti, sceglie le parole più vicine al pro-
prio gusto e alla propria sensibilità, che abbiano un suono e un significato per lui particolari.
Ma chi si propone di analizzare una poesia deve innanzitutto semplificare le sue parole e le sue fra-
si. Per questo la versione in prosa è la prima operazione da compiere sul testo di una poesia. Perché la
poesia va certamente letta e apprezzata così com’è scritta, a volte anche nella sua complessità; ma va
innanzitutto spiegata in termini semplici, perché risulti accessibile e significativa. E non sia come «par-
lare a un muro».
1. Significante/significato
La poesia, come ogni atto comunicativo, è un insieme di segni (le parole) organizzati secondo le rego-
le di un codice (il linguaggio letterario). Il linguaggio letterario è quindi la chiave di accesso che con-
sente la codificazione (la scrittura) e la decodificazione (la lettura, l’interpretazione) del messaggio poe-
tico. Questo messaggio è trasmesso dalle parole.
Ogni parola risulta dall’unione di:
• significante: è la forma esterna, concreta del segno linguistico, cioè l’insieme di suoni (fonemi) e di
lettere (grafemi) che insieme compongono la parola; ad es. la parola luna è scomponibile nei grafemi
/l/u/n/a/ oppure può essere trascritta nei fonemi che ne indicano la corretta pronuncia: [lúna];
• significato: è il contenuto interno, l’immagine mentale alla quale la parola rinvia; quando ad esem-
pio noi pronunciamo la parola luna pensiamo al satellite naturale della terra visibile in cielo di notte.
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2. Denotativo/connotativo
Riprendiamo l’esempio della parola luna. Tutti noi conosciamo il significato proprio della parola, ma sap-
piamo anche che essa è utilizzata con significati diversi in particolari modi di dire: espressioni come chia-
ro di luna, luna nel pozzo, volere la luna, abbaiare alla luna, ecc. ci suggeriscono di volta in volta parti-
colari sfumature di significato della parola luna, come «astro caro agli innamorati», «desiderio irraggiun-
gibile», ecc. La parola, cioè, ci fa venire in mente significati particolari che si sono aggiunti nel corso del
tempo a quello proprio originario. Ogni parola, dunque, custodisce un duplice significato:
• denotativo: il significato reale, oggettivo della parola (= che cos’è per tutti);
• connotativo: il significato figurato, soggettivo della parola (= che cosa può essere per me).
3. Diacronia/sincronia
Il discorso poetico utilizza un linguaggio «altro», diverso dalla pratica quotidiana; e ciò è ancor più evi-
dente per le poesie scritte nei secoli passati, in una lingua lontana da quella utilizzata oggi.
Ogni lingua, infatti, si differenzia in base a:
• diacronia (= «attraverso il tempo»): è l’insieme delle varietà linguistiche dovute al passare del tem-
po; la lingua di Dante Alighieri, per fare l’esempio più ovvio, è certamente diversa da quella attuale;
• sincronia (= «nello stesso tempo»): è l’insieme delle varietà linguistiche compresenti in un determi-
nato momento; può dipendere dal livello di cultura di una persona, dalla sua provenienza geografica
(pensa ai poeti che scrivono in dialetto), dalla situazione (familiare, ufficiale, ecc.) in cui si esprime.
Per comprendere le varietà di una lingua sul piano diacronico (cioè storico) ci si può avvalere del-
le note a margine del testo, di un buon vocabolario, dell’ausilio dell’insegnante. Ma è bene anche comin-
ciare ad acquisire un proprio vocabolario del linguaggio poetico, annotando le parole e le espressioni
più ricorrenti in poesia, che spesso gli scrittori riprendono da autori passati presi come modello.
4. Stile e registro
La lingua ha tante varietà anche sul piano sincronico: due scrittori contemporanei parleranno in modo
diverso in base alla loro formazione culturale, alle loro idee, a ciò che intendono comunicare. Ad esem-
pio, ciascuno di noi si esprimerà diversamente se parlerà con i suoi coetanei, con i suoi familiari, oppu-
re con uno sconosciuto, o ancora se lo farà in forma parlata o scritta, rivolgendosi a un potenziale pub-
blico di lettori. L’insieme delle scelte espressive adoperate in funzione della situazione comunicativa
si chiama registro. Osserva degli esempi di registro:
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R L,amore
R L’amore 841
l’autore
Gaio Valerio Catullo
Gaio Valerio Catullo visse probabilmente fra l’84 e il 54 a.C. e morì
all’età di trent’anni. Era originario della Gallia Cisalpina (corrisponden-
te alle regioni dell’Italia settentrionale, fra il Po e le Alpi), proveniente da una agiata famiglia
veronese. Ma la sua patria di adozione divenne Roma, dove completò i suoi studi di retorica
(l’arte di parlare bene), e dove conobbe, nel 62 a.C., la donna cantata nei suoi versi d’amore.
Lesbia è un nome letterario [ approfondisci Il nome della donna, p. 842] dietro cui si nascon-
de l’identità della nobildonna romana Clodia, una donna colta e indipendente, che amava la
letteratura, i divertimenti, le danze. Da quel che sappiamo direttamente dalle poesie di Catul-
lo, la vicenda d’amore attraversa fasi alterne: grandi passioni e grandi litigi, amore e odio,
fino al momento della separazione. Lesbia, a detta di Catullo, si concede a troppi amanti e
ama troppo l’indipendenza; la passione diventa insopportabile e il poeta decide di allontanar-
si da Roma, compiendo un viaggio in Bitinia, nell’Asia Minore, nel 57 a.C. Lì, fa visita alla
tomba del fratello, morto anni prima (a questo episodio si ispirerà anche Ugo Foscolo quan-
do dedicherà un sonetto al proprio fratello morto: U2). Dopo pochi anni, in difficoltà eco-
nomiche, Catullo morì nella sua villa di Sirmione.
Il Liber («libro») di Catullo è composto da 116 carmi («componimenti poetici»), dei quali
la maggior parte affronta argomenti di vita privata e l’amore per Lesbia. Nel definire la passio-
ne Catullo è un innovatore del linguaggio: egli utilizza prevalentemente il verbo «amare», di-
stinguendolo dal «voler bene»: i continui ripensamenti di Lesbia lo spingono a voler bene di
meno, ma ad amare sempre di più. Amore significa infatti passione irresistibile, e si identifi-
ca con la vita stessa: «Viviamo, Lesbia mia, e amiamo» afferma il poeta in uno dei primi com-
ponimenti della raccolta.
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11. altereremo i conti: confonderemo il numero dei baci: secondo una male, perché il numero poteva essere utilizzato in formule di malocchio
credenza degli antichi Romani, tenere il conto esatto dei baci portava (anche oggi si dice che porti male contare i soldi al tavolo da gioco).
approfondisci
Il nome della donna
Nella poesia d’amore latina la donna era spesso cantata con uno pseudo-
nimo (falsum nomen) che serviva a nascondere la sua identità. Questo perché, gene-
ralmente, si trattava di amori clandestini, spesso per donne già sposate, che avrebbero
suscitato scandalo nella società romana se fossero stati rivelati. La scelta del nome in codi-
ce da utilizzare nei versi avveniva secondo precisi criteri. Catullo ad esempio scelse di chia-
mare l’amata Clodia con lo pseudonimo di Lesbia per due motivi: il primo, che i due nomi
avevano uguale numero di sillabe e dunque erano interscambiabili nei versi; il secondo, che
il nome Lesbia ricordava la poetessa Saffo di Lesbo, della quale entrambi erano ammirato-
ri (Catullo ne tradusse alcune poesie dal greco).
Nella poesia provenzale del XII secolo, le stesse ragioni di discrezione imposero ai poe-
ti cortesi di utilizzare un nome in codice (senhal, ‘segnale’, ‘pseudonimo’) per tutelare l’o-
norabilità delle nobili signore alle quali dedicavano i loro versi d’amore.
Anche i poeti volgari italiani ripresero questa consuetudine. Ad esempio, Dante dà notizia
che la donna amata dal suo amico Guido Cavalcanti, Giovanna (o monna Vanna), era chiama-
ta anche Primavera, per alludere alla sua bellezza. Dante, però, introduce una novità. Egli
spiega il nome Primavera come «colei che aveva preceduto» (= «prima verrà») Beatrice, così
come il predicatore Giovanni Battista aveva preceduto la venuta di Cristo. Insomma, lo pseu-
donimo Primavera conferma indirettamente la natura divina di Beatrice.
Con Dante ha inizio la cosiddetta interpretazione del nome, che corrisponde alle doti e
alle qualità della donna che lo porta: Dante interpreta il nome Beatrice come «colei che dà
la beatitudine»; ugualmente Petrarca interpreta il nome Laura associandolo a una serie di
parole di suono simile tutte di significato positivo (l’aura «l’aria»; l’aurora «l’alba»; l’au-
ro «l’oro»; il lauro «la corona dei poeti»).
Nell’Ottocento sarà Giacomo Leopardi a utilizzare nomi fittizi per cantare le vicende di
figure femminili così esemplari da risultare dei simboli: celebre è il caso di Silvia sotto cui
si nasconde l’identità di Teresa Fattorini [ S4], morta adolescente per un male incurabile.
Nel Novecento Gabriele d’Annunzio assegna all’attrice da lui amata Eleonora Duse il
nome mitologico Ermione [ S6], a testimoniare una volontà di distinguersi e di allonta-
narsi dalla realtà quotidiana. Eugenio Montale userà più volte pseudonimi sotto cui sono
adombrate donne reali: con il nome di Clizia è cantata la studiosa americana Irma Brandeis,
Volpe è la sensuale scrittrice Maria Luisa Spaziani, Mosca (per via delle grandi lenti degli
occhiali) la moglie Drusilla Tanzi, alla quale è dedicata la raccolta Xenia [ R9].
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R L’amore 843
La struttura del testo Il testo può essere suddiviso in tre parti. Nella prima (vv. 1-3) il poeta rivol-
ge un’esortazione alla sua donna perché goda della vita, amando e disinteressandosi delle chiacchiere
dei soliti vecchi brontoloni. Nella seconda parte (vv. 4-6) si rivela il vero motivo di quell’invito: la vita è
breve e quando la luce del giorno si spegne una notte perpetua attende l’uomo. Il rimedio a questo inesora-
bile destino è indicato nella parte conclusiva (vv. 7-13): baciarsi mille e mille volte, senza tenere mai il con-
to dei baci; qualche invidioso infatti, conoscendone il numero preciso, potrebbe approfittarne per lanciare
contro di loro il malocchio, un incantesimo maligno che interrompa la favola del loro amore.
Il tema e i motivi Per quanto ciò possa sembrare strano, l’amore non è uno dei temi più diffusi nel-
la letteratura latina. Per di più, una relazione extraconiugale tra un uomo e una donna sposata, come
quella tra Catullo e Lesbia, sarebbe stata motivo di scandalo nella società romana. Il poeta cerca dunque di
tenere il suo amore al riparo dalle «chiacchiere» delle malelingue e da occhi indiscreti che possano «guar-
dare male» gettando il malocchio [ memo].
Nei versi successivi, però, si capisce qual è il vero ostacolo che impedisce il godimento di una vita spen-
sierata: la brevità della vita umana. È questo un motivo* diffusissimo della letteratura antica, nella quale
l’uomo appare consapevole della precarietà della sua esistenza rispetto all’eternità del tempo cosmico. Se il
sole può tramontare e risorgere ciclicamente, così non è per l’uomo al quale, al termine della giornata della
vita, tocca dormire un’unica buia notte. Queste riflessioni filosofiche si uniscono alla particolare situazione
storica in cui vive Catullo (sono gli anni che porteranno all’assassinio di Cesare e alla fine della repubblica
a Roma), accentuando nelle coscienze dell’epoca un senso di tristezza e di attesa angosciosa della fine.
Una notte senza fine, mille baci senza fine Ma in questa poesia di Catullo non c’è traccia di in-
felicità né di autocommiserazione. La reazione anzi è spigliata e scanzonata: con una serie di iperboli*
il poeta chiede continuamente baci alla sua donna. Guai a tenerne il conto! I due amanti cadrebbero subito vit-
time dell’invidia di qualcuno, o del tempo stesso che, contando i nostri baci, conta anche i momenti che ci re-
stano da vivere.
attività
Comprendi
1. Esegui la parafrasi del testo, tenendo contro di quanto detto nelle note e nel commento.
2. Spiega il significato della metafora* prolungata dei vv. 4-6:
...........................................................................................................................................................
3. Perché secondo te il poeta tiene il suo amore lontano da sguardi indiscreti? Segna la risposta che
ritieni più opportuna e motiva la tua scelta:
a. perché teme che il suo amore clandestino sia scoperto
b. per timore delle dicerie della gente
c. per timore del malocchio e dell’invidia
d. per sottrarsi al tempo che passa
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4. Quali figure retoriche di sintassi* e di pensiero* sono contenute nei vv. 7-9?
...........................................................................................................................................................
5. Ritrova nel testo le parole relative ai motivi* tipici della letteratura latina e completa la tabella:
motivo testo
Approfondisci
6. Leggi la scheda approfondisci qui sotto e confronta la poesia di Catullo con uno dei testi riporta-
ti, rilevando analogie e differenze.
approfondisci
Un motivo della poesia d’amore
e della musica leggera: i baci
Le molte migliaia di baci che Catullo chiedeva alla sua amata Lesbia per ingannare
la morte e confondere gli invidiosi sono diventate un motivo ricorrente nella poesia d’a-
more.
Il motivo si ritrova chiaramente in una quartina di Patrizia Valduga [ R11], accentua-
to dalla caratteristica sensualità della sua poesia:
Baciami; dammi cento baci, e mille:
cento per ogni bacio che si estingue,
e mille da succhiare le tonsille,
da avere in bocca un’anima e due lingue.
R L’amore 845
Un distico malinconico Si tratta di uno dei distici* (coppia di versi) più noti della letteratura lati-
na. È inserito nella terza parte del libro di Catullo, che contiene componimenti brevi, spesso di tono irri-
verente (contro i propri avversari) o malinconico e sofferto come questo.
Fine di un amore Siamo ormai nella fase della rottura del «patto» d’amore fra Catullo e Lesbia,
che lascia il poeta nel più profondo sconforto. Eppure, egli ha smesso di «voler bene» («odio»), ma non
di «amare» («amo»): la forte attrazione per la donna non è cessata, e questo è il suo tormento maggiore. Egli
si domanda come ciò possa accadere, non sa darsi una risposta, ma sente che dentro di lui è così.
Amore e odio Si può amare e odiare la stessa persona contemporaneamente? Il poeta ci suggeri-
sce di sì, accostando in un’antitesi* i sentimenti opposti per eccellenza, l’amore e l’odio. Anche la
nostra esperienza personale ci dice che talvolta è proprio così: amiamo una persona, ne siamo fortemente
attratti, ma a volte proviamo fastidio per certi suoi comportamenti, modi di fare o di pensare. La straordina-
ria sopravvivenza di questo motivo* nella letteratura contemporanea e persino nella musica leggera ci dà
una conferma. Il poeta cileno Pablo Neruda (1904-1973) scriveva in un sonetto del 1924: «Ti amo solo
perché io te amo, / senza fine io t’odio, e odiandoti ti prego». E in un noto successo del 1971 Mina canta-
va: «ti odio e poi ti amo e poi ti amo / e poi ti odio e poi ti amo... / non lasciarmi mai più».
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Comprendi
1. A chi si rivolge secondo te il poeta in questa poesia? A un amico? A Lesbia? A se stesso? Da che
cosa lo capisci?
Analizza
2. Qual è la figura retorica su cui si basano i due versi?
...........................................................................................................................................................
Approfondisci
3. L’amore è sintesi di tutti gli opposti. Perciò racchiude anche il suo contrario, l’odio. Sei d’accor-
do? Esprimi un tuo parere in proposito e dai una tua definizione di questo sentimento.
Amor è uno desio che ven da core L’amore è un desiderio che nasce nel cuore a cau-
per abondanza di gran piacimento sa di un grande piacere («piacimento») e gli occhi
e li occhi in prima generan l’amore generano da principio l’amore e il cuore lo alimen-
4 e lo core li dà nutricamento. ta («dà nutricamento»). È ben vero che talvolta
(«alcuna fiata») qualcuno («om») s’innamora
Ben è alcuna fiata om amatore senza vedere l’oggetto del suo amore, ma quel-
senza vedere so ’namoramento, l’amore che stringe con passione nasce dalla
1. desio: desiderio. metafora* che indica come la passione cresce e dunque un’esperienza che riguarda tutti, indi-
2. piacimento: è il piacere soggettivo, avver- si alimenta all’interno dell’uomo. stintamente).
tito dai sensi dell’uomo che s’innamora, attrat- 5. Ben è alcuna fiata om amatore: è ben ve- 6. senza vedere: il poeta allude polemicamen-
to dalla bellezza oggettiva della donna. ro che qualche volta (fiata) ci si innamora (om co- te ad alcuni testi di poeti provenzali, in cui si rac-
4. nutricamento: alimento, nutrimento: è una me nel francese ha valore impersonale, indica conta di uomini innamorati senza aver mai avu-
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R L’amore 847
ma quell’amor che stringe con furore visione degli occhi: poiché gli occhi trasmettono
8 da la vista de li occhi à nascimento. al cuore tutto ciò che percepiscono, sia le qualità
buone sia quelle cattive («bono e rio»), così come
Che li occhi rapresentan a lo core sono in natura; e il cuore, che accoglie («è con-
d’onni cosa che veden bono e rio, cepitore») tutto ciò («zo»), comincia a immagina-
11 com’è formata naturalemente; re e a provare piacere di quel desiderio. E questo
è l’amore che risiede tra gli uomini.
e lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e piace quel desio:
14 e questo amore regna fra la gente. da Rime, XIX
to occasione di vedere la donna ama- more, quindi la donna. ni trasmesse dagli occhi.
ta. – ’namoramento: l’oggetto d’a- 12. di zo: di tutto ciò, delle immagi-
l’autore
Giacomo da Lentini
Davvero poche sono le notizie biografiche riguardanti questo poeta nato
a Lentini, in Sicilia, del quale si hanno notizie certe solo dal 1233 al 1240.
Fu notaio a Palermo, alla corte dell’imperatore di Svevia Federico II, e con il titolo «il Nota-
ro» si firma a chiusura di alcuni suoi componimenti. Dante lo cita come autorevole rappre-
sentante della scuola siciliana nel XXIV canto del Purgatorio, elogiando la qualità delle sue
poesie e la varietà delle forme metriche utilizzate. Di lui restano 38 componimenti, fra cui
alcuni sonetti*, forma metrica di cui è considerato l’inventore.
Rispondere per le rime Il sonetto* fu scritto da Giacomo da Lentini in risposta a una «tenzone» (nel
Due-Trecento è così chiamato lo scambio di componimenti, a mo’di botta e risposta, tra due poeti su un
argomento specifico) con Pier della Vigna e Jacopo Mostacci. Quest’ultimo aveva posto ai poeti della corte
siciliana di Federico II (di cui Giacomo da Lentini è l’esponente più illustre: approfondisci La lirica delle ori-
gini, p. 850) un interrogativo sulla natura del sentimento dell’amore: esso infatti sembra invisibile, eppure fa
sentire gli effetti del suo potere. Pier della Vigna aveva confermato la realtà dell’amore, sostenendo che ha un
potere tanto maggiore proprio in quanto esercita una forza di attrazione misteriosa ma irresistibile. Giacomo
risponde a entrambi, riprendendo i loro ragionamenti e persino lo schema metrico e le rime finali dei due so-
netti. Da questa antica consuetudine deriva il nostro modo di dire «rispondere per le rime».
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Gli occhi in prima Ciò che consente al cuore di innamorarsi è il senso della vista. Nel testo com-
paiono sei parole appartenenti al campo semantico* della vista («occhi» per ben tre volte, due voci del
verbo «vedere» e poi il sostantivo «vista»), per ribadirne l’importanza: un amore «senza vedere» è impos-
sibile, così come è impossibile senza immaginazione e desiderio.
Ma ciò comporta una conseguenza importante, che sarà poi tipica della letteratura successiva: l’amore
diviene un fenomeno immaginativo e non solo istintivo e fisico. La lirica d’amore italiana sarà una poesia
con pochi riferimenti concreti e realistici (persino l’identità delle donne è a volte incerta o addirittura imma-
ginaria), e con una forte idealizzazione della bellezza femminile.
attività
Comprendi
1. Ricostruisci il contenuto delle affermazioni di Giacomo da Lentini, distinguendole per strofa:
strofa contenuto
2. Quali sono le funzioni attribuite agli organi della vista e del cuore?
...........................................................................................................................................................
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R L’amore 849
Analizza
5. La scuola siciliana si contraddistingue per la ricerca di uno stile molto raffinato e musicale. Indi-
vidua nel sonetto:
amore-core vista
desio, ............, ............., ............, ............, ............, occhi, ............, ............, vista de li occhi ............,
piace ...............................................................................
Approfondisci
7. Nel verso conclusivo, Giacomo da Lentini afferma che l’amore che regna fra le persone è quello
che nasce dall’immaginazione e dal desiderio, che è stato cioè interiorizzato. Ti proponiamo alcu-
ne possibili interpretazioni di questa affermazione; scegli quella con la quale concordi e quella che
non condividi e commentale in un breve testo argomentativo sul tuo quaderno:
a. l’amore è un fatto puramente illusorio, in quanto nasce e si alimenta con l’immaginazione, ma non
si realizza mai;
b. l’amore vero non è semplice attrazione fisica, ma deve coinvolgere le persone nel loro intimo, veni-
re dal cuore;
c. l’amore vero regna quando la persona amata viene interiorizzata, diventa cioè un ideale completa-
mento di noi stessi (quella che noi oggi definiamo «l’anima gemella»);
d. l’amore vero nasce dalla vista, ma deve poi trasformarsi in un sentimento puro e astratto, di cui è
possibile parlare solo in poesia.
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• al centro della poesia c’è la donna (domina = ‘signora’), che il poeta loda e ama senza
aspettarsi alcuna ricompensa;
• la donna è collocata in una sfera sociale e spirituale più alta di quella del poeta amante;
• a lei il poeta deve un servizio incondizionato, come quello del vassallo al suo signore.
In Italia, i temi e le forme della poesia provenzale sono in parte ripresi dalla «scuola sici-
liana», formatasi presso la corte dell’imperatore e re di Sicilia Federico II di Svevia nella
prima metà del Duecento. Si tratta di una cerchia ristretta di notabili, fra cui lo stesso Fede-
rico II, che discutevano del sentimento d’amore dando vita talvolta a dispute, dette «tenzo-
ni», in cui le opinioni dei diversi poeti erano esposte in versi. La donna era sognata, ammi-
rata, celebrata e servita dal poeta innamorato, il quale assumeva nei suoi confronti un atteg-
giamento di devota e totale sottomissione. I poeti della scuola siciliana ebbero il merito di
introdurre e perfezionare la forma del sonetto.
Alla fine del Duecento a Firenze si afferma la scuola poetica del «dolce stil novo», chia-
mata così da uno dei suoi poeti più rappresentativi, Dante Alighieri. I due aggettivi riguar-
dano le principali caratteristiche di questa poesia:
I punti fondamentali della nuova concezione d’amore sono così espressi dal maestro del-
lo Stilnovo Guido Guinizelli:
Poeti come Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia e il giovane Dante Alighieri approfondi-
rono questa teoria, portandola verso sviluppi anche contrastanti. In Guido Cavalcanti la
consapevolezza della superiorità della donna mette l’uomo di fronte ai suoi limiti e l’amo-
re diventa perciò un’esperienza traumatica e dolorosa [ R4]; in Dante Alighieri, la donna
manifesta la sua natura divina e l’amore si traduce in una esperienza di beatitudine [ R5].
Beatrice, la donna amata da Dante, non ha soltanto la parvenza ma è a tutti gli effetti una
donna-angelo: sarà lei che nella Commedia [ Z] lo aiuterà a risalire dall’Inferno fino al
Paradiso e alla visione di Dio, del quale rappresenta la grazia.
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R L’amore 851
Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira, Chi è questa donna che passa, che ognuno la guar-
che fa tremar di chiaritate l’âre da con meraviglia, che fa vibrare l’aria («âre») di
e mena seco Amor, sì che parlare splendore e porta con sé («mena seco») il dio
4 null’omo pote, ma ciascun sospira? Amore, al punto che nessuno («null’omo») riesce
a parlare, ma tutti sospirano? O Dio, che cosa sem-
O Deo, che sembra quando li occhi gira, bra quando si gira a guardare! Lo dica Amore, che
dical’ Amor, ch’i’ nol savria contare: io non lo saprei («savria») riferire: mi pare una
1. Chi è questa che vèn: l’inizio del sonetto nile. 6. savria: saprei; è una forma antica di condi-
ricalca formule espressive della Bibbia, quasi a 3. seco: con sé, accanto a sé, ma potrebbe zionale, come il successivo «poria» (‘potreb-
confermare la natura divina della figura femmi- anche significare in sé, dentro di sé. be’).
l’autore
Guido Cavalcanti
Guido Cavalcanti nacque a Firenze intorno alla metà del XIII secolo
da una ricca famiglia aristocratica ed ebbe fama di uomo colto e lette-
rato, ma dal carattere schivo e difficile (così lo ricorda Giovanni Boccaccio in una delle novel-
le del Decameron). Nella Vita nova [ R5 approfondisci La «Vita nova»] Dante parla di lui
come «primo amico» e a lui dedicò e inviò alcuni sonetti. Partecipò alla vita politica della
città, lacerata dalle ostilità prima fra Guelfi e Ghibellini, e poi all’interno della stessa parte
guelfa divisa in Bianchi e Neri. Nel giugno del 1300, proprio per arrestare gli scontri sempre
più violenti, il Consiglio dei Priori (la più alta carica del Comune di Firenze) allontanò dalla
città i principali capi dei due opposti partiti, tra cui anche Guido; fra i priori c’era il suo ami-
co Dante, costretto a prendere una drammatica decisione nell’interesse superiore della patria.
Guido fu esiliato a Sarzana, una zona malarica al confine tra la Toscana e la Liguria, nella
quale ben presto si ammalò. Rientrato in città, morì il 29 agosto 1300.
La sua raccolta di Rime comprende 36 sonetti*, 11 ballate* e 2 canzoni*.
Una poesia cittadina Guido Cavalcanti descrive la figura femminile, non più riverita nell’ambien-
te aristocratico della corte [ R3 approfondisci La lirica delle origini], ma ammirata mentre passa per le
vie di Firenze.
Il testo L’apparizione della donna provoca reazioni straordinarie nello spazio circostante (l’aria
vibra) e negli uomini che la osservano senza parlare, sospirando (I quartina). Neanche il poeta è in gra-
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R L’amore 853
do di descrivere la bellezza e l’umiltà della donna, al cui cospetto tutte le altre appaiono superbe (II quarti-
na). Ogni virtù di gentilezza e persino la bellezza si inchinano a lei come fosse una dea (I terzina): per que-
sto il poeta si dichiara incapace di comprenderne a pieno il mistero sovrannaturale (II terzina). Nel sonetto*
è descritta una situazione tipica della poesia stilnovista, di cui Cavalcanti riprende parole e motivi.
Motivi stilnovistici Tutto questo riguarda la donna. L’uomo, invece, di fronte a una tale bellezza
sfolgorante appare in atteggiamenti fissi, che sono motivi tipici della poesia tradizionale. Esaminiamo
anche questi. L’innamorato guarda («mira») passare la donna come impietrito, incapace di parlare e di
descrivere in modo adeguato la sua bellezza. È il motivo dell’ineffabile («qualcosa che non si può dire»):
l’unica espressione consentita all’innamorato è quella dei «sospiri», che lo riducono quasi in fin di vita,
abbandonato dai suoi spiriti vitali. Tale motivo è ripetuto più volte nel testo, con una serie di variazioni. Nel-
la prima quartina, alla comparsa della donna tutti ammutoliscono; nella seconda quartina il poeta si rifiuta
ancora di parlare, cedendo la parola al dio Amore; ancora nella prima terzina il poeta ribadisce che la bel-
lezza della donna non si può esprimere, poiché essa stessa è dea della bellezza; nell’ultima terzina conclu-
de ammettendo l’inadeguatezza delle sue facoltà mentali.
Mente, non cuore Al poeta mancano l’altezza di ingegno («mente») e l’ispirazione divina («salu-
te») necessarie per poter comprendere appieno il mistero soprannaturale della donna. Ma gli manca
soprattutto il cuore. La parola infatti è del tutto assente dal componimento e ciò rappresenta un’eccezione
rispetto alla poesia dello Stilnovo. In questo modo Cavalcanti intende distinguersi dagli altri colleghi poeti,
svelando non il lato piacevole e sentimentale della passione, ma quello troppo razionale e distruttivo.
attività
Comprendi
1. Elenca i termini del vocabolario stilnovista presenti nel testo dandone una spiegazione.
2. Sottolinea nel testo tutte le espressioni relative al motivo* dell’ineffabile e poi spiega con parole
tue in che cosa consiste.
Analizza
4. La figura retorica adatta a esaltare le doti della donna è l’iperbole*. Spiega in che cosa consiste e
rintracciane degli esempi nel testo.
...........................................................................................................................................................
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5. L’amore per i poeti medievali si colloca fra estremi opposti: o passione che soggioga l’uomo o ele-
vazione spirituale che lo avvicina a Dio; o avventura esaltante che nobilita l’animo, o esperienza di-
struttiva dei sensi. Dai una tua personale definizione di questo sentimento, accogliendo o confutan-
do una delle tesi esposte da Giacomo da Lentini [ R3] e da Guido Cavalcanti.
approfondisci
La «Vita nova»
La Vita nova è l’opera in cui Dante racconta la storia più significativa del-
la sua giovinezza: l’amore per Beatrice, incontrata per la prima volta a Firenze al-
l’età di nove anni e poi rivista esattamente nove anni dopo. Il libro appartiene al genere del
prosimetro (prosa + verso): è strutturato cioè in modo da alternare testi poetici a brani di pro-
sa che servono da introduzione e da commento. Il titolo Vita nova allude al significato ecce-
zionale di questa esperienza e in particolare al rinnovamento interiore verificatosi nell’ani-
mo del poeta dopo questo incontro. La presenza di Beatrice modifica completamente la sua
vita precedente e determina l’inizio di un’esperienza nuova, illuminata da un sentimento d’a-
more che lo spinge a celebrare le virtù celestiali della donna, capace di renderlo migliore e di
avvicinarlo a Dio. È evidente il significato simbolico* che Dante attribuisce alla donna:
R L’amore 855
1. gentile e... onesta: i due aggettivi hanno va- 3-4. ch’ogne lingua... guardare: chiunque (par) in tutta la sua grazia come una creatura
lore complementare e si riferiscono entrambi al- riceva il saluto di Beatrice è colto da un turba- (cosa) scesa dal cielo in terra per testimoniare il
le virtù della donna: il primo riguarda la qualità mento che lo rende incapace di parlare e di miracolo della potenza e della benevolenza di
interiore dei suoi sentimenti, il secondo l’aspetto guardare. Dio.
esteriore dei suoi atteggiamenti. – pare: va in- 5. si va: procede, avanza. 9. sì piacente: talmente bella. – mira: contem-
teso come «si manifesta in modo evidente» e 6. benignamente... vestuta: con un atteggia- pla, guarda con ammirazione.
non «sembra». mento dolce e comprensivo, Beatrice è rivestita 10. che dà... occhi: infonde, trasmette attra-
2. donna mia: Beatrice è signora (secondo l’e- di umiltà, espressione del bene interiore. Si trat- verso gli occhi.
timologia latina di domina «signora, padrona») ta di una metafora* per sottolineare le virtù mo- 11. che ’ntender... prova: che può conoscere
del suo cuore. – altrui saluta: porge il suo sa- rali della donna. e comprendere soltanto chi la prova per diretta
luto agli altri, alla gente. 7-8. e par... mostrare: Beatrice si manifesta esperienza.
l’autore
Dante Alighieri
Dante Alighieri, nato a Firenze nel 1265 da una famiglia della piccola
nobiltà, partecipò fin da giovane alla vita politica della sua città, lacera-
ta da grandi contrasti interni. A Firenze, infatti, dopo la sconfitta dei Ghibellini, sostenitori
dell’imperatore, erano saliti al potere i Guelfi, sostenitori del papa, a loro volta divisi in due
fazioni: i Bianchi e i Neri. Nel 1285 Dante sposò Gemma Donati, alla quale era stato già pro-
messo in tenera età (secondo la consuetudine dell’epoca) e dalla quale ebbe tre figli (Iacopo,
Pietro e Antonia, ai quali va forse aggiunto un figlio naturale, Giovanni).
Ma al centro della sua poesia d’amore c’è la figura di Beatrice (da identificarsi con la figlia
di Folco Portinari), che Dante incontrò per la prima volta nel 1274 e celebrò nella sua poesia
fino e oltre la data della sua morte, avvenuta nel 1290. Le vicende dell’amore di Dante per
Beatrice sono narrate nell’opera giovanile, la Vita nova, ma Beatrice è presente come guida
spirituale anche nell’opera della maturità, la Commedia [ Z].
All’inizio del Trecento Dante prese parte alla vita politica della sua città, schierandosi dal-
la parte dei Guelfi bianchi e ricoprendo numerosi incarichi. Quando la fazione dei Guelfi neri
prese il sopravvento a Firenze, Dante fu condannato da un tribunale in contumacia, cioè in
sua assenza (si trovava a Roma per un’ambasceria presso il papa), e costretto all’esilio (1302).
Cominciò per il poeta un lungo peregrinare per le varie corti d’Italia: a Verona ospite di Bar-
tolomeo della Scala, a Treviso, a Padova, nel Casentino, in Lunigiana. Durante questi anni di
esilio compose il Convivio, la Monarchia, il De vulgari eloquentia («La lingua volgare») e si
dedicò al suo capolavoro, la Commedia, che aveva già avviato a Firenze. Ospite a Ravenna
di Guido da Polenta fu incaricato di recarsi a Venezia in qualità di ambasciatore, ma durante
il viaggio lo sorprese una febbre malarica. Ricondotto a Ravenna, morì nel settembre del 1321
(e lì tuttora c’è la sua tomba) assistito dal conforto di un’altra Beatrice: la figlia Antonia, che
con quel nome aveva preso gli ordini religiosi.
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Il macrotesto: la «Vita nova» Il sonetto Tanto gentile è tratto dalla Vita nova [ approfondisci
La «Vita nova», p. 854]. Nel capitolo XXVI, il poeta ha appena ricordato nelle righe scritte in prosa in
quante occasioni Beatrice sia stata capace di suscitare con la sua sola presenza sentimenti di elevazione spi-
rituale anche in persone che non la conoscevano direttamente. Per quanti non hanno mai potuto vederla,
affinché possano conoscere di lei ciò che si può esprimere a parole, Dante abbandona la prosa per la poesia
e comincia il sonetto («Allora dissi questo sonetto, lo quale comincia: Tanto gentile»).
La struttura Il sonetto* è costituito da due quartine* a rima incrociata* (ABBA, ABBA) e da due
terzine* a rima invertita* (CDE, EDC). Le quattro strofe sono occupate ciascuna da un periodo.
Il testo Nella prima quartina Dante descrive le virtù interiori ed esteriori di Beatrice, che si mani-
festano nel suo saluto e nel suo sguardo; gli effetti straordinari del suo passaggio provocano la paralisi
dei sensi: gli occhi non osano guardare, la lingua è incapace di esprimersi (ritorna qui il motivo dell’ineffa-
bile, «ciò che non si può esprimere»: R4 e R7 memo).
Nella seconda quartina, la donna passando fra le lodi unanimi dei presenti rivela la sua natura di mira-
colo divino.
Nelle terzine si mostrano ancora gli effetti straordinari della sua vista e della sua bellezza, che infonde
pensieri di una dolcezza inesprimibile e fa sospirare gli uomini.
«Gentile» e «onesta» Per la comprensione letterale del testo, occorre tener presente la distanza
che separa la lingua di Dante da quella attuale. Basta considerare il primo verso, per avere un esempio
di come le parole vadano interpretate in senso diverso da quello comune:
• «gentile» indica una caratteristica dell’animo e non un semplice comportamento educato [ memo, p.
855];
• «onesta» indica la manifestazione esteriore di questa gentilezza, cioè la grazia dei gesti, dei comporta-
menti e non un carattere giusto e rispettoso della legge;
• «pare» significa «si manifesta in modo evidente», e non «sembra».
Epifania e miracolo Proprio il verbo «pare» individua il campo semantico* fondamentale del com-
ponimento, quello della vista («guardare», v. 4; «mostrare», v. 8; «mostrasi» e «mira», v. 9; «occhi»,
vv. 4 e 10). Il tema centrale di tutto il componimento è infatti quello dell’epifania, cioè dell’apparizione di
una creatura sovrannaturale inviata dal cielo sulla terra.
Dante riprende in parte un motivo* già caratteristico della poesia d’amore del Duecento, quello della vista
che dà origine all’amore [ R3]. Ma non si ferma qui: in più gli attribuisce un significato religioso. Attra-
verso il verbo mirare giunge alla parola miracolo. Beatrice è dunque un prodigio divino, che si impone alla
vista e all’ammirazione di tutti.
La «loda» Di fronte a questo miracolo, l’amore di Dante si accontenta semplicemente di celebrare con
parole adeguate la bellezza della donna. Questo genere di poesia è definito da Dante stesso «poesia del-
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R L’amore 857
la loda». Nel capitolo XVIII della Vita nova, Dante si era riproposto di riporre la sua beatitudine «in quelle pa-
role che lodano la donna mia». E all’inizio del XXVI, introducendo il sonetto Tanto gentile, afferma di voler
«ripigliare lo stilo de la sua loda». La ripresa è segnalata anche dalla presenza del verbo «laudare» al v. 5 del
sonetto.
attività
Comprendi
1. Individua i periodi in cui è suddiviso il componimento, poi, con l’aiuto delle note a margine, ese-
gui sul quaderno la parafrasi.
2. L’apparizione di Beatrice avviene in un’atmosfera miracolosa. Individua gli elementi che concor-
rono a creare questo effetto.
...........................................................................................................................................................
3. Con l’aiuto delle note a questo e al precedente componimento, assegna a ciascuna parola del voca-
bolario stilnovista il suo significato:
Analizza
5. Individua le ripetute consonanze* che legano le rime delle strofe.
Approfondisci
8. Ritrova parole, motivi e temi comuni al sonetto di Cavalcanti Chi è questa che vèn [ R4]. Individua
le somiglianze e le differenze che emergono soprattutto nella concezione dell’amore dei due poeti.
R L’amore 859
1. capei d’oro: i capelli biondi di Laura sono 2. mille dolci nodi: l’espressione ha un dupli- (vago lume) ardeva in modo straordinario (oltra
paragonati all’oro per colore e luminosità attra- ce significato; sul piano reale i «nodi» sono i misura).
verso una metafora* – a l’aura sparsi: sciolti capelli scomposti dal vento, sul piano simboli- 4. ch’or... scarsi: luce di cui ora sono privi. Il
al vento. L’espressione richiama per omofonia, co* sono i nodi d’amore di cui il poeta è prigio- tempo trascorso dal primo incontro ha reso gli
cioè per l’identico suono, il nome della donna niero. occhi di Laura meno luminosi.
amata dal poeta (l’aura = Laura). 3. vago... ardea: la luce splendente degli occhi
l’autore
Francesco Petrarca
Francesco Petrarca nacque nel 1304 ad Arezzo, dove suo padre Ser
Petracco – notaio fiorentino – era stato mandato in esilio. In seguito la
famiglia si trasferì in Francia a Carpentras, un piccolo centro presso Avignone, dove in que-
gli anni risiedeva la curia papale. Qui Francesco si avviò agli studi di diritto che continuò con
il fratello Gherardo a Bologna (all’epoca il più prestigioso centro universitario per gli studi
giuridici). Alla morte del padre, nel 1326, tornò ad Avignone, dove la presenza della ricca
biblioteca pontificia gli permise di dedicarsi alla sua principale passione: lo studio e la raccol-
ta dei classici latini.
Ad Avignone, il 6 aprile del 1327, giorno di venerdì santo, Petrarca racconta di avere per la
prima volta incontrato Laura, la donna che è al centro della sua raccolta di liriche, il Canzonie-
re, morta probabilmente nel 1348 durante un’epidemia di peste. Nel 1330, di fronte a necessità
economiche, prese gli Ordini minori; scelta che, col solo obbligo di mantenere il celibato, gli
portava delle rendite senza svolgere tutti i doveri legati al culto (una carriera ecclesia-
stica che consentì a molti intellettuali dell’epoca di potersi dedicare agli studi). Entrò
quindi al servizio del cardinale Giovanni Colonna e per lui compì numerosi viaggi in
Europa, ritirandosi quando possibile nei silenzi della Valchiusa, alle spalle di Avigno-
ne. Nel 1341 a Roma in Campidoglio, venne incoronato poeta durante una solenne ce-
rimonia. Dal 1353 al 1361 soggiornò a Milano presso la corte dei Visconti dove rico-
prì importanti incarichi diplomatici; fu poi a Padova e a Venezia e infine si stabilì sui
Colli Euganei, ad Arquà, dove rimase fino al 1374, anno della sua morte.
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approfondisci
Il «Canzoniere»
Petrarca scrisse la maggior parte delle sue opere in latino, e da queste si
attendeva la consacrazione poetica. La sua fama, invece, è rimasta legata all’attività
poetica in lingua volgare, raccolta nel Canzoniere. Petrarca aveva scelto per il Canzonie-
re il titolo latino Rerum vulgarium fragmenta («Frammenti di cose scritte in lingua volga-
re») quasi a voler avvertire il lettore del loro carattere frammentario, di minore importanza
rispetto alle opere latine. In realtà lavorò alle sue rime dal 1348 fino alla morte, con ben nove
edizioni. L’edizione definitiva del Canzoniere comprende 366 componimenti poetici.
La prima importante novità del Canzoniere è nella sua struttura: esso non è una sempli-
ce raccolta di poesie ma un’opera unitaria, una sorta di romanzo narrato attraverso le liriche.
I componimenti raccolti sono infatti 366: il primo sonetto ha il valore di introduzione, i rima-
nenti 365 costituiscono una sorta di «diario» giornaliero in cui il poeta racconta la sua storia
d’amore per Laura, amata per tutta la vita, anche dopo la morte della donna, avvenuta nel
1348. Il Canzoniere infatti si divide tradizionalmente in due sezioni: «in vita» e «in morte» di
madonna Laura. Petrarca racconta di aver conosciuto Laura (probabilmente la gentildonna
francese Laura de Noves, moglie del marchese Ugo de Sade) il 6 aprile del 1327, venerdì san-
to, nella chiesa di Santa Chiara ad Avignone. La morte della donna avverrà un altro 6 aprile,
nel 1348, per un’epidemia di peste. Non per questo il poeta rinuncerà a cantare il suo amore
per lei: anzi, l’immagine della donna, serbata per sempre nel ricordo, apparirà sempre immu-
tabile, rievocata in un’atmosfera quasi di sogno.
Qui sta l’altra importante novità della poesia di Petrarca: la sua vicenda d’amore è pove-
ra di particolari concreti, tutta vissuta nell’interiorità del poeta. Questa che oggi ci sembra
una consuetudine, un dato normale, non lo era al tempo di Petrarca. Egli per primo mette al
centro della poesia il suo «io», con le sue debolezze, i dubbi, le speranze e le delusioni. L’a-
more per Laura è infatti un’esperienza tormentata: alla dolcezza del sentimento e all’ammi-
razione per la bellezza della donna si contrappone il senso di colpa per una passione consi-
derata indegna dall’uomo maturo, che cerca di pentirsi avvicinandosi a Dio.
Tutto questo è raccontato in un linguaggio poetico molto vago ed evocativo: la sua lingua
assai scelta e il suo stile raffinato diventarono un modello per i poeti dei secoli successivi, che
addirittura nelle loro composizioni ne copiarono interi versi. Questo fenomeno (diffuso an-
che in Europa, almeno fino alla fine del XVI secolo) è noto col termine di petrarchismo.
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R L’amore 861
Ritratto di Laura
[da F. Petrarca, Canzoniere, Trionfi; Clip Art
Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze]
Il ritratto di Laura
Della straordinaria bellezza di Laura non sono rimaste testimonianze diret-
te, a parte i versi di Petrarca. Ma proprio nel Canzoniere l’autore ci informa
che un ritratto di Laura era stato eseguito da Simone Martini (1284-1344),
pittore trasferitosi ad Avignone presso la curia papale e lì divenuto amico del
poeta. Il ritratto di Laura (perduto) fu molto lodato dal poeta, che a esso de-
dicò due sonetti del Canzoniere (LXXVII e LXXVIII): in essi Petrarca affer-
ma che Simone ha ritratto l’immagine di Laura andando a ispirarsi direttamente in cielo.
Successivamente l’immagine della donna comparve in
molte illustrazioni aggiunte alle edizioni del Canzoniere,
rappresentata secondo i canoni estetici e l’abbigliamento
dell’epoca.
Più curioso è notare come un pittore del Cinquecento,
Lorenzo Lotto (1480-1556), si ispirò alla descrizione di
Laura contenuta nella canzone Chiare, fresche e dolci ac-
que (Canzoniere, CXXVI) per il soggetto di un suo qua-
dro. Il dipinto fu prima intitolato Danae (la principessa che,
secondo il racconto mitologico, fu amata da Zeus trasfor-
mato in una pioggia d’oro) e poi Allegoria della castità o
Sogno di fanciulla.
La donna riposa in uno scenario naturale, accostata a un
tronco d’albero, ricoperta da una pioggia di fiori sparsi dal
dio Amore sul suo grembo, proprio come Petrarca ricorda
la sua Laura nei boschi di Valchiusa.
Lorenzo Lotto, «Allegoria della castità»
(o «Sogno di fanciulla»), 1505 ca.
[National Gallery, Washington]
Il macrotesto Il sonetto* appartiene alla sezione «In vita di madonna Laura» del Canzoniere [
approfondisci «Il Canzoniere», p. 860]. In esso si avverte lo scorrere del tempo, che trascina via con sé
la bellezza esteriore della donna, ma non intacca il sentimento interiore del poeta.
Il testo Questi ricorda la bellezza della donna, con i biondi capelli mossi dal vento, gli occhi sfavil-
lanti (I quartina), il viso che lascia appena intuire un timido rossore ma che basta a scatenare nel poeta
la scintilla dell’amore (II quartina), la sua andatura e la sua voce che paiono appartenere a un angelo (I ter-
zina), tutte qualità straordinarie che la fanno assomigliare a un «sole» luminoso, a uno «spirto celeste». Per
questo, la freccia scoccata da Amore ha provocato nel cuore del poeta una ferita difficile da rimarginare,
nonostante il tempo sia passato e la corda dell’arco (la bellezza di Laura) si sia ormai allentata (II terzina).
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L’aura (v. 1) è dunque un senhal* [ R1 approfondisci Il nome della donna], un nome in codice che richiama
l’identità della donna, lasciando intendere che per Petrarca ella rappresenta l’aria che respira, la vita stessa.
Passato e presente Lo scorrere del tempo è evidente anche dall’uso dei tempi verbali, che si alter-
nano fra il ricordo e il presente. Nel testo prevalgono gli imperfetti descrittivi («erano... avolgea...
ardea... avea... era... sonavan»), che proiettano in un passato molto vago il ricordo della bellezza di Laura;
seguono tre verbi al passato remoto («arsi... fu... vidi»), isolati e puntuali, che sottolineano il momento pre-
ciso dell’innamoramento, che Petrarca spesso rievocherà come un punto fermo della sua vita. Infine i due
verbi al presente («son... sana») riportano il discorso al momento attuale («or»), in cui il poeta sperimenta
gli effetti dello scorrere del tempo: la bellezza è fragile e transitoria, ma il sentimento d’amore nei confron-
ti della donna è costante, e il tempo non lo ha scalfito.
attività
Comprendi
1. Quali espressioni contenute nel sonetto dimostrano che l’immagine di Laura è filtrata attraverso la
memoria e il punto di vista del poeta?
...........................................................................................................................................................
2. Ci sono elementi del paesaggio naturale che fanno da sfondo alla visione della donna? Se sì, qua-
li? Se no, perché secondo te?
...........................................................................................................................................................
Analizza
4. Analizza di seguito lo schema metrico del sonetto, riconoscendo le rime* e la consonanza* presen-
te nelle terzine.
...........................................................................................................................................................
5. Il sonetto è caratterizzato dalla presenza di tre metafore*; spiegale svolgendo in termini più sem-
plici la similitudine abbreviata:
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R L’amore 863
«Erano i capei d’oro a l’aura sparsi» capelli biondi come il colore dell’oro ......................
«e ’l vago lume oltre misura ardea» ...................................................................................
«i’ che l’ésca amorosa al petto avea» ...................................................................................
6. Un tratto caratteristico della poesia di Petrarca è l’uso della figura retorica dell’antitesi*, per rap-
presentare la natura contraddittoria dell’amore. Completa la tabella sottostante associando alle
parole indicate le corrispondenti contrarie presenti nel testo:
Approfondisci
7. Confronta la lirica di Francesco Petrarca con i sonetti di Guido Cavalcanti [ R4] e di Dante Alighieri
[ R5], evidenziando elementi comuni e differenze. Puoi aiutarti completando la tabella sottostante:
sintesi del contenuto il poeta mostra ............. il poeta mostra ............. il poeta rievoca ............
..................................... ..................................... .....................................
..................................... ..................................... .....................................
doti morali della donna umiltà, ......................... gentile, ........................ pietosi color, ................
..................................... ..................................... .....................................
Mi perderei
nel tuo paese castano,
Maria del Carmen. memo
L’aggettivo ineffabile
Mi perderei
significa «che non si
5 nei tuoi occhi disabitati,
può dire, indescrivibile». Deriva dal verbo
suonando la tastiera
latino fari che significa «dire, parlare».
della tua ineffabile bocca.
Difatti l’infante è il bambino che non sa
Nel tuo abbraccio perpetuo
ancora parlare.
sarebbe castano il vento
10 e avrebbe la brezza
il velluto del tuo volto. 2. paese castano: la donna è paragonata a un paese: è «castano» per
Mi perderei associazione col colore degli occhi e dei capelli della donna.
5. occhi disabitati: continua la metafora* del paese: gli occhi sono
nei tuoi seni palpitanti, «disabitati» perché selvaggi, o forse non ancora occupati dall’amore.
nelle profonde oscurità 6-7. suonando.. bocca: la bocca della donna è paragonata a una tastie-
15 del tuo corpo soave. ra di pianoforte; suonare la tastiera è dunque sinonimo di baciare. – inef-
fabile: che non si può esprimere a parole; il motivo della bellezza ineffa-
Mi perderei bile della donna è da sempre molto diffuso in poesia [ R4 e R5].
nel tuo paese castano, 9-11. sarebbe castano... volto: ogni elemento naturale assumereb-
Maria del Carmen. be le caratteristiche della donna: il vento porterebbe i colori e la delica-
tezza (velluto) del suo volto.
14. profonde oscurità: il corpo della donna è come un mistero profon-
da Poesie d’amore, Tea, Milano 1998 do in cui perdersi.
l’autore
Federico García Lorca
Federico García Lorca nacque nel 1898 in Spagna, a Fuente Vaqueros,
una cittadina nei pressi di Granada, figlio primogenito di un ricco pro-
prietario terriero. Trasferitosi a Madrid dopo la laurea in Legge, frequentò i circoli culturali del-
la capitale, incontrando tra gli altri il pittore surrealista Salvador Dalí, il poeta Rafael Alberti e il
regista cinematografico Luis Buñuel. Amante della letteratura e del teatro, suonava il pianofor-
te e la chitarra flamenca, disegnava e dipingeva, rivelando in ogni ambito doti straordinarie.
Nel 1928 pubblicò la sua prima raccolta di liriche, Romancero gitano, poi nell’anno suc-
cessivo, trasferitosi negli Stati Uniti, compose i versi di Un poeta a New York, dedicato ai neri
e agli emarginati d’America, e il Poema del canto profondo. Ritornato in Spagna nel 1932, si
dedicò alla messa in scena e alla scrittura di opere teatrali. Scoppiata in Spagna la guerra civi-
le, fu arrestato per aver fondato l’Associazione degli intellettuali antifascisti e fucilato a Viz-
nar, vicino a Granada, nel 1936 [ T11]. Solo nel 1954 l’intera produzione letteraria di García
Lorca fu raccolta e pubblicata a Madrid.
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R L’amore 865
Il testo Se Maria del Carmen, la donna a cui è dedicata questa canzone, fosse un paese, il poeta si per-
derebbe nel suo abbraccio, assaporando ogni delizia della sua bellezza: gli occhi freschi e ingenui, la boc-
ca sorridente, le braccia e il volto delicato, il seno palpitante, le «oscure profondità» del suo corpo magnifico.
Il corpo della donna Ci troviamo di fronte a un ritratto di donna diverso da quello spirituale e idea-
lizzato tipico della letteratura medievale [ R3 guida alla lettura]: qui in primo piano c’è il «corpo»
della donna, descritto in tutta la sua prorompente fisicità. Il poeta ne esalta la bellezza e il mistero, passan-
do dagli occhi (come sempre specchio dell’anima e prima porta di accesso del sentimento: R3) fino alle
parti più sensuali e intime.
Metafore e motivi Non si tratta però di una semplice descrizione realistica. Il poeta anzi fa ricorso
a una serie di metafore* molto particolari e insolite: la donna paragonata a un paese, la bocca come una
tastiera di pianoforte, il volto morbido come il velluto. Inoltre, compaiono motivi* tipicamente letterari,
ripresi addirittura dalla poesia medievale: il sorriso della donna è «ineffabile», cioè indescrivibile, il suo
mistero è oscuro e profondo.
Il colore castano Su tutto poi spicca una notazione di colore che accompagna l’intera lirica: il
castano degli occhi e dei capelli della donna si trasferisce sul paese, sul vento, sulla poesia stessa che
si intitola Canzone castana. Il carattere scuro e passionale della donna, come il colore bruno-rossiccio del-
le castagne, impregna di sé ogni cosa: i luoghi, l’aria, le parole.
attività
Comprendi
1. Quali particolari del corpo della donna sono elencati dal poeta? Quali sono descritti realisticamen-
te? Quali attraverso metafore* o soltanto allusi? Rispondi alle domande negli spazi sottostanti:
...........................................................................................................................................................
...........................................................................................................................................................
2. Spiega il significato del termine «ineffabile», anche in riferimento alle poesie dello Stilnovo che
conosci.
...........................................................................................................................................................
3. Completa la tabella alla pagina seguente, specificando il significato proprio, denotativo*, e quello
figurato, connotativo*, che le parole assumono nella poesia:
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Analizza
4. Individua l’anafora* presente nel componimento e spiega in che cosa consiste questa figura retorica.
...........................................................................................................................................................
5. Come detto, la donna è descritta nei suoi aspetti sensuali, cioè che catturano e coinvolgono i sen-
si del poeta. Suddividi le parole in base al campo semantico* interessato, completando la tabella
sottostante:
vista udito olfatto tatto gusto
C’è un aggettivo che può essere inserito in ogni colonna, perché indica una sensazione di piacere
riferita ai vari sensi. Esso rappresenta dunque, la sintesi finale della bellezza della donna. Sai indi-
viduarlo?
...........................................................................................................................................................
R L’amore 867
lettuali e artisti dell’epoca, fu scarcerato e sposò la donna. Ma, a causa delle forti pressioni da parte del
governo turco, fu costretto ad abbandonare la patria e trascorse il resto della sua vita in esilio. La moglie
e il figlio però non poterono seguirlo. Questo testo risale al 1943, durante il periodo della prigionia.
Amo in te memo
l’avventura della nave che va verso il polo
Passione indica un sen-
timento forte, in partico-
amo in te
lare un amore sensuale, appunto passionale.
l’audacia dei giocatori delle grandi scoperte
Può indicare anche un interesse, una predile-
5 amo in te le cose lontane
zione (la passione per la musica, ecc.).
amo in te l’impossibile
Nel significato proprio derivato dal latino
entro nei tuoi occhi come in un bosco
indica sofferenza (la Passione di Cristo),
pieno di sole
patimento.
e sudato affamato infuriato
10 ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne. 2. polo: indica le regioni estreme della terra; ma è anche il punto car-
dinale che guida il viaggio della nave: allo stesso modo, la donna è stel-
Amo in te l’impossibile la polare per il poeta.
ma non la disperazione. 4. audacia: coraggio, sfrontatezza.
9. sudato affamato infuriato: il poeta è stanco, affamato e in preda
all’impeto della passione.
da Poesie d’amore, Mondadori, 10. ho la passione del cacciatore: la ricerca d’amore è come una cac-
Milano 1963 cia appassionante.
l’autore
Nazim Hikmet
Nazim Hikmet nacque a Salonicco, allora parte dell’Impero turco, nel
1902; tra il 1921 e il 1928 soggiornò a Mosca, entrando in contatto con
la cultura sovietica d’avanguardia. Visse in Turchia ma a causa delle sue idee politiche, che
si opponevano alla dittatura del generale Kemal Atatürk, nel 1938 fu condannato a 28 anni di
carcere. Nel 1950 fu liberato, lasciò il paese turco e si trasferì in Russia, dove morì a Mosca
nel 1963. Le principali raccolte della sua vasta produzione di poesie sono In quest’anno
(1940) e Poesie d’amore (1933-62). Ha scritto anche opere teatrali come Ma non è mai esi-
stito Ivan Ivanovic (1956), satira del burocratismo staliniano, e un romanzo autobiografico, I
romantici, pubblicato postumo in Francia nel 1963.
Il testo Il testo può essere suddiviso in tre parti. Nella prima (vv. 1-6) l’amore per la donna è visto co-
me una continua sfida per l’innamorato. Nella storia d’amore con lei egli rivive l’avventura dei viaggi per
mare, il coraggio di osare, l’ansia di continue scoperte. Per questo il suo amore appare proiettato verso traguar-
di lontani e impossibili da realizzare. La seconda parte (vv. 7-11) è come un intermezzo descrittivo, nel qua-
le si rappresenta una scena di caccia in una foresta. Il poeta è l’animale cacciatore, pronto a mordere la carne
della preda. La donna è la preda inseguita e puntata con lo sguardo. Lo scenario è una radura soleggiata, nel-
la quale l’amante-cacciatore si aggira spinto da una sete inestinguibile e da una fame ardente. I due versi con-
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Immagini e motivi L’amore del poeta si esprime attraverso immagini molto concrete e dense di
passione. La nave che si lancia nel mare oceanico, il giocatore che sfida la sorte, la foga del cacciatore
comunicano immediatamente l’intensità del sentimento. La donna è rappresentata attraverso motivi* più o
meno originali: è tradizionale quello degli «occhi» attraverso i quali si fa breccia la passione; più particola-
re quello della «carne» pronta a essere aggredita dai morsi dell’amante.
L’allegoria del desiderio La scena centrale della poesia è un’allegoria* che rappresenta l’amore
come una caccia che non ha mai fine. Ma non per questo il poeta ha perso la speranza di ottenere l’a-
more della donna. Anzi, proprio questa tensione senza fine, questa ricerca delle cose lontane e impossibili
prolungano la passione all’infinito, mantenendo sempre vivo il desiderio.
attività
Comprendi
1. Quali sono le «cose lontane» che il poeta paragona alla ricerca della sua donna?
...........................................................................................................................................................
2. A quali figure viene paragonato l’innamorato? Che cos’hanno secondo te in comune queste figu-
re?
...........................................................................................................................................................
Analizza
3. Ritrova nel testo l’anafora* presente e spiega in che cosa consiste questa figura retorica:
...........................................................................................................................................................
Approfondisci
5. Hikmet è uno scrittore di cultura e tradizione «orientale». Noti somiglianze e/o differenze nella
rappresentazione dell’amore, nella concezione della donna, nell’uso di immagini e motivi, rispet-
to agli autori di tradizione «occidentale» che hai letto o conosci? O rispetto alla tua personale idea?
Puoi approfondire il tema effettuando anche una ricerca sul ruolo della donna e dell’amore nella
società occidentale e orientale. La poesia rispecchia la società? Motiva la tua risposta.
3R_Colaninno.qxp 7-02-2008 18:18 Pagina 869
R L’amore 869
l’autore
Eugenio Montale
Eugenio Montale nacque nel 1896 a Genova e lì si diplomò in ragione-
ria. Alla scoppio della prima guerra mondiale venne richiamato alle ar-
mi e partecipò al conflitto, combattendo in trincea, in Trentino. Dopo il congedo rientrò a
Genova e, seguendo le proprie inclinazioni letterarie e musicali (cantava da baritono), entrò
in contatto con gli ambienti intellettuali della città. Nel 1925 pubblicò la sua prima raccolta
di poesie, Ossi di seppia [ U6 approfondisci «Ossi di seppia»], che ebbe inizialmente una
tiepida accoglienza. Nello stesso anno prese posizione contro il fascismo, firmando il Ma-
nifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Benedetto Croce. Trasferitosi a Firenze nel
1926, s’inserì rapidamente nella vita culturale della città e lavorò in una casa editrice, fre-
quentando il famoso caffè «Giubbe Rosse», dove si riunivano molti intellettuali di quegli
anni.
A Firenze Montale incontrò Drusilla Tanzi, la donna che divenne poi sua moglie, e Irma
Brandeis, una giovane studiosa americana con cui ebbe una relazione di alcuni anni; queste
due donne influirono molto sulla sua vita e sulla sua poesia. Nel 1939 veniva pubblicata la
seconda raccolta di poesie, Le occasioni. Alla fine della guerra Montale si trasferì a Milano,
assunto dal «Corriere della Sera». Nel 1956 apparve la terza raccolta di poesie, La bufera e
altro. Nel 1962 sposò Drusilla Tanzi, che gli era sempre rimasta accanto ma che morì un an-
no dopo. Divenuto ormai noto in tutto il mondo, ricevette importanti riconoscimenti nazio-
nali e internazionali, culminati nel 1975 con l’assegnazione del premio Nobel per la lettera-
tura. Qualche anno prima, nel 1971, era stata pubblicata la quarta grande raccolta montalia-
na, Satura, che conteneva anche le precedenti poesie di Xenia (dedicate alla moglie e pub-
blicate nel 1966).
Morì a Milano nel 1981 partecipando fino all’ultimo, nonostante l’aggravarsi del suo sta-
to di salute, al dibattito culturale italiano.
approfondisci
«Satura»
Satura (1971) è una delle ultime raccolte di Montale e comprende anche
le sezioni di Xenia dedicate alla moglie Drusilla Tanzi morta qualche tempo prima
(gli xenia erano nell’antichità i doni fatti agli ospiti che andavano via: così Montale con
la sua poesia rende l’ultimo delicato omaggio alla moglie scomparsa). Gli argomenti sono
spesso attinti dalla quotidianità, il tono è disincantato, satirico, di irrisione e rifiuto verso un
mondo che il poeta non capisce più e nel quale ha perso i suoi punti di riferimento.
La raccolta: gli «Xenia» La lirica appartiene a una delle ultime raccolte pubblicate da Montale,
Xenia. Il titolo intende ricollegarsi alla consuetudine latina di fare doni agli stranieri (chiamati xenia)
che andavano via dopo essere stati ospiti in casa. In questo caso il dono è quello dei versi; l’ospite che non
è più su questa terra è la moglie del poeta Drusilla Tanzi, scomparsa nel 1963. La donna, a causa di una for-
te miopia, portava grossi occhiali ed era affettuosamente soprannominata Mosca dal poeta [ R1 approfon-
disci Il nome della donna].
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R L’amore 871
Il testo Il testo, composto da versi liberi*, può essere suddiviso in due parti introdotte da un’afferma-
zione che si ripete quasi identica («Ho sceso...», vv. 1 e 8).
Nella prima parte (vv. 1-7) il poeta ricorda quando la donna, per via della debole vista, scendeva le sca-
le reggendosi a lui: un’azione abituale ripetuta milioni di volte che ora, senza la sua compagna, non ha più
senso. Nella sua solitudine il poeta ripensa a quel gesto e al lungo cammino della vita: quella vissuta insie-
me sembra passata in fretta, quella da vivere da solo è ormai un penoso stillicidio. Non c’è più voglia di illu-
dersi, la vita ha svelato già le sue «trappole» e i suoi inganni.
Nella seconda parte (vv. 8-12) il ricordo è interpretato alla luce dell’esperienza presente: la grave miopia
che obbligava la donna ad appoggiarsi al braccio del marito la rendeva apparentemente debole, ma in realtà
il suo sano senso pratico le consentiva di «guardare» oltre le apparenze.
La situazione appare quindi rovesciata: era il poeta a reggersi alla donna, al suo carattere forte che lo gui-
dava nelle difficoltà della vita.
Il cammino della vita Con una metafora* molto comune il poeta paragona la vita a un cammi-
no, nel quale si intrecciano i diversi aspetti dell’esistenza. Questo contrasto emerge dalle frequenti anti-
tesi* («un milione» / «il vuoto»; «breve» / «lungo»; «vede» / «offuscate») presenti nel testo. La vita appare
così come un percorso accidentato, da affrontare insieme, reggendosi e sostenendosi a vicenda per sfuggi-
re alle «trappole», agli «scorni», all’aspetto ingannevole delle apparenze.
Le pupille In questa vita Montale non trova più un senso e una direzione perché ha perso il faro, la
sua guida. Mosca infatti era capace di gettare uno sguardo lucido e lungimirante sulla realtà, nonostan-
te le sue «pupille... offuscate». Ma la parola «pupilla» [ memo] richiama anche la dolcezza del ricordo
del poeta, per il quale la donna era quanto di più caro e prezioso egli avesse.
Comprendi
1. Riassumi il contenuto delle due parti, sintetizzando il messaggio trasmesso dal poeta.
2. Gli occhi di Drusilla Tanzi, moglie di Montale, sebbene offuscati da una grave miopia, erano una gui-
da per il poeta. Che cosa erano in grado di cogliere? Quale senso profondo della vita percepivano?
...........................................................................................................................................................
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Analizza
3. La poesia si apre con un’iperbole*: individuala e spiega in che cosa consiste questa figura retorica.
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4. Osserva il livello metrico della poesia: ci sono versi regolari? Ci sono rime*? E assonanze*?
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5. «Pupille» è una parola-chiave del componimento: che significati rappresenta per Montale?
...........................................................................................................................................................
...........................................................................................................................................................
Approfondisci
6. La poesia ci invita a riflettere sui tanti gesti quotidiani che spesso compiamo con noncuranza. Pen-
sa a qualcosa che compi meccanicamente ogni giorno (andare a scuola, parlare con gli amici, guar-
dare la televisione, ecc.) e rifletti sul valore di quei gesti. Quale particolare significato assumono?
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R L’amore 873
l’autore
Valerio Magrelli
Valerio Magrelli è nato a Roma nel 1957. È docente presso l’Università
di Pisa di Letteratura e lingua francese, dalla quale ha tradotto poeti
importanti come Stéphane Mallarmé, Paul Verlaine e Paul Valéry. Ha esordito con la raccol-
ta di poesie Ora serrata retinae (1980), cui sono seguite Nature e venature (1987) ed Eserci-
zi di tiptologia (1992) poi riunite, con aggiunte, in Poesie e altre poesie (1996). Collabora a
quotidiani e riviste (nel 1999 è uscito il volumetto Didascalie per la lettura di un giornale
1999) e ha ultimamente pubblicato il testo narrativo Nel condominio di carne (2003). Ha cura-
to l’antologia Poeti francesi del Novecento e dirige una collana di poesia contemporanea.
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Struttura del testo Il testo è in versi liberi*, raggruppabili in tre strofe: due di 5 versi, una centra-
le di 4 (endecasillabi* e settenari*).
Il testo: il dono e la cura La prima parte (vv. 1-5) si concentra su un oggetto della vita quotidia-
na: una tazza rossa ricevuta in dono dalla quale ogni giorno il poeta berrà per placare la sua sete.
Nella seconda parte (vv. 6-9) Magrelli afferma che avrà cura di questo oggetto e sarà pronto a ripararlo se
cadendo si infrangerà. Andando in pezzi quell’oggetto, simbolo di un rapporto d’amore, si infrangerebbe in-
fatti anche la lunga catena di baci degli innamorati e il poeta stesso si sentirebbe «distrutto» dal dolore.
Nell’ultima parte (vv. 10-14) egli si dichiara disponibile a proseguire la sua paziente opera di restauro
ogniqualvolta le crepe dell’usura minacceranno di rompere l’orlo o il manico della tazza.
Una poesia su una tazza? Protagonista di questa lirica è un oggetto in apparenza «poco poetico»,
legato all’uso quotidiano: una tazza. Ma si capisce subito che essa rappresenta qualcos’altro: è simbolo*
di un rapporto sentimentale, che potrà appagare ogni desiderio d’amore a patto che si conservi intatto nel tem-
po. Ogniqualvolta si manifesteranno le prime incrinature, che inevitabilmente si fanno breccia nei sentimen-
ti, il poeta sarà sempre pronto a ricostruire i pezzi di questa storia d’amore, per non interrompere un lungo rap-
porto di affetto.
La fragilità dell’amore Un’interpretazione della poesia in questa direzione è per altro confermata
da due citazioni che Magrelli inserisce all’inizio dei versi: la prima è dell’inglese W.H. Auden, tratta
da un lungo poema nel quale accanto a una serie di immagini che riguardano lo scorrere del tempo, si leg-
ge: «e la crepa nella tazza apre / un sentiero alla terra dei morti»; la seconda è di R.M. Rilke [ U4], che
utilizza il paragone «come quando una crepa / attraversa una tazza» per rendere l’idea delle cose che espo-
ste all’usura del tempo si consumano. L’amore è come questo fragile recipiente, del quale la donna fa dono
all’uomo, a patto che lui se ne prenda cura, proteggendolo dalle crepe del tempo.
Lo scorrere del tempo L’idea del passare del tempo è espressa anche da una serie di metafore*
che richiamano la catena di eventi, lo scorrere delle cose: la «lunga collana» di perle, la catena di «baci
ininterrotti», le tessere del «mosaico» pazientemente accostate l’una accanto all’altra.
attività
Comprendi
1. Alla luce del commento letto, che cosa rappresenta secondo te il colore rosso della tazza?
...........................................................................................................................................................
R L’amore 875
3. Nei vv. 6-7 da che cosa si capisce lo stretto legame fra l’uomo e l’oggetto?
...........................................................................................................................................................
Analizza
4. Il testo è in versi liberi*, ma si individuano anche misure tradizionali. Trova esempi di:
settenari: v. ..., 7, ...
endecasillabi: v. ..., 4, ...
Che particolarità ha il v. 10? .............................................................................................................
5. È possibile anche individuare alcune assonanze* e consonanze*:
assonanze: perle : ... ...; ... ... : mosaico
consonanze: uno : ... ...; ... ... : ... ...
Approfondisci
6. L’idea fondamentale della poesia è la necessità di conservare intatti i propri sentimenti dal passa-
re del tempo. Il tema è analogo a molte altre poesie, soprattutto d’amore. Confronta questa poesia
con il carme del poeta latino Catullo [ R1] e individua anche un motivo in comune.
...........................................................................................................................................................
l’autrice
Patrizia Valduga
Patrizia Valduga è nata a Castelfranco Veneto nel 1953 e vive a Milano. Ha
tradotto i sonetti di John Donne, Stéphane Mallarmé, Paul Valéry, ed è sta-
ta compagna del poeta Giovanni Raboni [ T9]. Ha pubblicato le raccolte Medicamenta (1982),
Medicamenta e altri medicamenta (1989), Donna di dolori (1991), Requiem (1994), Corsia degli
incurabili (1996), Cento quartine e altre storie d’amore (1997), Quartine. Seconda centuria (2001).
La struttura Cento quartine e altre storie d’amore raccoglie cento quartine* di endecasillabi* in
rima*, che riportano le battute di un dialogo immaginario fra due amanti.
Il testo: l’invito dell’uomo Nella prima quartina, a parlare è l’uomo che invita la donna ad ascol-
tare il richiamo dei sensi senza farsi troppi problemi: per lui l’amore è un combattimento fisico, e non
uno scontro di intelligenze.
La risposta della donna La donna dapprima manifesta la sua paura ad affidarsi totalmente tra le
braccia di un uomo di cui teme il fascino: accetterà di farsi coinvolgere in notti d’amore appassionate
solo quando l’amante avrà trovato la chiave di accesso al suo «cervello», per lei importante fonte di piace-
re al pari del corpo.
L’amore è una lotta Nelle due quartine si fronteggiano due opposti punti di vista, uno per così dire
tipicamente «maschile», l’altro «femminile». L’uomo vive la passione senza sensi di colpa, liberando-
si degli scrupoli di coscienza con modi sbrigativi («Tu mandali a dormire...»). L’autrice esprime questa men-
talità attraverso una metafora* molto comune fin dalla letteratura antica, quella dell’amore come «combat-
timento» dei corpi.
L’amore è una porta La donna vive un maggior coinvolgimento emotivo e mentale; per lei la pas-
sione più totale sarà possibile solo quando il compagno sarà riuscito a entrare in sintonia col suo «cervel-
lo». Il punto di vista femminile è più complesso e meno impulsivo. L’autrice utilizza per questo una metafo-
ra* più difficile, quella della «porta» del piacere che gli innamorati devono varcare per accedere insieme al-
la passione.
R L’amore 877
sempre sostenuto, soprattutto nelle parole della donna: compaiono infatti un’allitterazione* («in notti tan-
to nere») e un iperbato* che, invertendo l’ordine normale del discorso, riproduce la complessità del pen-
siero femminile («la porta che resiste del piacere»).
attività
Comprendi
3. Riassumi in breve le posizioni espresse dai due interlocutori sull’amore, completando la tabella:
per lui... per lei...
Analizza
4. Attribuisci all’uomo o alla donna (o a entrambi) le caratteristiche sotto riportate, motivando la tua
scelta come nell’esempio:
Approfondisci
6. In un’intervista del 2000 Patrizia Valduga ha dichiarato: «Non so mai di che cosa parlerò nei miei
versi [...] che vengono fuori da soli. Scrivere non è per me un mestiere: come quando si sta talmen-
te male che bisogna prendere qualcosa [...] scrivere per me è dunque davvero una medicina». Par-
tendo dalla poesia letta e da questa citazione, scrivi un testo argomentativo seguendo le afferma-
zioni riportate nella seguente scaletta:
R L’amore 879
l’autrice
Wislawa Szymborska
Wislawa Szymborska è nata a Kornik, in Polonia, nel 1923. La sua prima
poesia è del 1945, e la prima raccolta Per questo viviamo del 1952. Fra gli
anni Cinquanta e Sessanta diresse la rivista Vita letteraria, ma perse l’incarico dimettendosi dal
Partito comunista con il quale era entrata in contrasto. Cominciarono anni di gravi conflitti so-
ciali all’interno della Polonia, sfociati con lo sciopero del sindacato indipendente Solidarność
(«Solidarietà») e la proclamazione del colpo di Stato del generale Wojciech Jaruzelski. La Szym-
borska si legò agli ambienti dell’opposizione, rifiutando un premio statale per la raccolta Gente
sul ponte (1986) e ricevendone invece uno organizzato da Solidarność. Dopo la proclamazione
della Repubblica democratica polacca, la Szymborska ha pubblicato La fine e l’inizio (1993) e
nel 1996 ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura. Oggi vive a Cracovia.
In Italia, soprattutto dopo il conferimento del Nobel, sono state pubblicate alcune sue rac-
colte o antologie che hanno contribuito a far conoscere la sua poesia: Vista con granello di
sabbia (1993), 25 poesie (1998), Taccuino d’amore (2002), Posta letteraria, ossia come
diventare (o non diventare) scrittore (2002).
Della sua opera ha detto: «Preferisco il ridicolo di scrivere poesie al ridicolo di non scri-
verle».
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Come comincia un amore: il colpo di fulmine Tutti noi speriamo che prima o poi ci possa
capitare il «colpo di fulmine». Ma esiste davvero l’«amore a prima vista»? È quello che si chiede la
poetessa osservando due giovani innamorati talmente presi dall’intensità del loro sentimento che gli attri-
buiscono un carattere di unicità: pensano che sia stato «un sentimento improvviso», una scintilla che ha fat-
to accendere i loro cuori. Ma la poetessa, consapevole che la vita assume molto spesso la forma del dubbio,
oppone a questa «certezza» la sua «incertezza», e si domanda se le cose siano davvero andate così.
Il caso e il destino Gli innamorati sono sicuri di non essersi mai visti prima? A questa domanda
possono rispondere solo le strade, le scale, i corridoi per i quali già le loro vite si erano incrociate tan-
te volte, come in un gioco di combinazioni (I e II strofa).
Gli innamorati infatti non lo ricordano, ma già da tempo il caso stava giocando con le loro vite, facendo
incontrare i loro cammini in circostanze fortuite: ponendoli faccia a faccia in qualche porta girevole, facen-
doli urtare tra la folla, mettendoli in contatto per un numero di telefono sbagliato (III e IV strofa).
Poi lentamente il caso si è trasformato in destino, che si divertiva ad allontanarli e riavvicinarli dileguan-
dosi proprio nel momento cruciale. Dapprima il destino si è manifestato attraverso segnali impercettibili,
difficili da interpretare: una foglia volata da una spalla all’altra, un oggetto perduto e raccolto da terra, una
palla finita fra i cespugli e ripresa, ingressi e luoghi attraversati in tempi diversi, valigie accostate insieme
in un deposito bagagli, persino sogni uguali ma poi dimenticati al mattino (V, VI e VII strofa). I due inna-
morati erano più vicini di quanto non credessero, e la loro storia non è mai iniziata: è solo continuata, per-
ché il libro della vita è sempre aperto a metà, non si sfoglia mai dalla prima pagina (VIII strofa).
Il libro degli eventi Il mondo, per la Szymborska, è rappresentato dalla metafora* del libro aper-
to: un libro fatto non di caratteri chiari, bensì indecifrabili, che non si può mai cominciare a leggere dal-
l’inizio, perché gli eventi scorrono continuamente e si concatenano gli uni agli altri. Così, una foglia mossa
dal vento può essere il primo insignificante evento che fa nascere un amore; così il caso che governa la nostra
vita è sempre pronto a trasformarsi in destino. Gli innamorati, che vivono sensazioni nuove e spensierate,
credono di vivere tutto per la prima volta, di guardare il mondo con occhi nuovi, pensano che la loro storia
sia unica e irripetibile. Ma la poetessa, che sa leggere nei «segni, segnali» impercettibili dei mutamenti in
corso, sa che non è così.
La forma dubitativa Secondo la Szymborska nel mondo non esistono certezze. L’unico approccio
possibile alla realtà è la forma del dubbio. Si spiega così l’utilizzo frequente della forma interrogativa
(nel testo compaiono ben sei punti di domanda), di un tono spesso dubitativo («forse», vv. 28 e 39; «chissà»,
v. 33), di verbi che esprimono possibilità, e non certezze («Vorrei chiedere... Li stupirebbe molto sapere»).
attività
Comprendi
1. Riassumi brevemente il contenuto delle otto strofe di cui è composta la poesia, completando la
tabella alla pagina seguente:
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R L’amore 881
2. Riepiloga tutti gli eventi fortuiti in cui, secondo la poetessa, i due si erano già visti e incontrati.
3. Spiega la differenza fra «caso» e «destino».
Analizza
4. «È bella una tale certezza / ma l’incertezza è più bella»: quale figura retorica di sintassi dispone
in maniera incrociata gli aggettivi e i sostantivi in questi due versi?
...........................................................................................................................................................
5. «Il caso stava giocando con loro / [...] gli tagliava la strada / e soffocando una risata / si scansa-
va con un salto»: quale figura retorica compare in questi versi, in cui il caso assume comportamen-
ti tipicamente umani?
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6. Spiega il significato di questa metafora*, «il libro degli eventi / è sempre aperto a metà»:
...........................................................................................................................................................
Approfondisci
7. Secondo te esiste l’amore a prima vista? Condividi il pensiero della poetessa? Motiva le tue risposte.
8. Rileggi quante più poesie di questo modulo e completa la sottostante tabella riassuntiva:
R l,amore
in sintesi
i concetti i brani
L’amore è il sentimento più importante della vita di un uomo: per R1 Godiamoci la vita,
questo, fin dalle origini, esso è stato identificato con la vita stessa, o Lesbia mia
giungendo addirittura a includere il suo sentimento opposto, l’odio. R2 Odio e amo
I poeti medievali cantano l’amore come un’esperienza soprattutto in- R3 Amor è uno desio
teriore, che ha sede nel cuore (centro vitale dell’individuo) e coinvol- che ven da core
ge l’immaginazione e il desiderio. La donna è la figura ideale verso R4 Chi è questa che vèn,
cui si concentrano tutti i pensieri, le parole e gli sguardi dell’innamora- ch’ogn’om la mira
to. Essa può rimanere inconoscibile, e l’amore può trasformarsi nel peg- R5 Tanto gentile e tanto
gior tormento; oppure viene paragonata a un essere divino, e l’amore onesta pare
diviene fonte di serenità e beatitudine; oppure ancora è solo un’imma- R6 Erano i capei d’oro
gine della memoria, ma non per questo l’amore perde la sua intensità. a l’aura sparsi
Nella letteratura straniera, questa forte idealizzazione del sentimento R7 Canzone castana
amoroso non esclude l’esaltazione della sua carica erotica e passio- R8 Amo in te
nale. Alcuni poeti accentuano la natura sensuale del rapporto con la
donna, che appare come una inebriante scoperta del corpo femmini-
le o come un’avventura, una perenne caccia del desiderio.
Nel Novecento, il sentimento è analizzato nella sua dimensione pri- R10 Ricevo da te questa
vata e intima. Assume per questo sfumature più delicate e riflessive. tazza
I poeti si interrogano sul senso di una storia d’amore che sta nascen- R9 Ho sceso, dandoti
do, sulla vita di coppia che deve affrontare le insidie del tempo; o su il braccio, almeno
una storia finita che lascia l’uomo da solo alle prese con il dolore del un milione di scale
lutto e le delusioni della realtà.
L’amore visto dalle donne è osservato da una prospettiva nuova: tal- R12 Amore a prima vista
volta ironica e capace di insinuare il dubbio nelle certezze degli inna- R11 Quartine d’amore
morati; talvolta intima e passionale, capace di avviare un dialogo ser-
rato con il partner maschile.
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R L’amore 883
R l,amore
musica
Una personalità eclettica Franco Battiato, catanese di origini, è una delle personalità più ecletti-
che nel panorama della musica italiana degli ultimi decenni: ha infatti spaziato dalla musica beat degli
anni Sessanta a quella etnica e rock, dalla classica alla leggera, fino a quella sperimentale con l’impiego di
strumentazioni elettroniche.
È anche un affermato pittore, e recentemente si è imposto come regista di film. Apartire dal 1994 si è avval-
so nella stesura delle sue canzoni della collaborazione del filosofo Manlio Sgalambro, coautore anche di que-
sto testo.
La complessità del testo Il testo, in effetti, non risulta di immediata e facile comprensione, pro-
prio perché intriso di riferimenti a più discipline (storia, geografia, fisica, astronomia, ecc.).
Nella prima e nella terza strofa, l’uomo innamorato, che si esprime in prima persona («Io sì, che avrò
cura di te»), elenca una serie di propositi attraverso i quali, nel presente e nel futuro, vuole prendersi cura
in modo totalizzante della donna amata. Vuole innanzitutto proteggerla da ogni forma di male («Dalle ingiu-
stizie e dagli inganni del tuo tempo / dai fallimenti... / dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore / dalle ossessio-
ni delle tue manie»), poi trasferirla in un luogo senza tempo dove renderla eternamente giovane («Supererò
le correnti gravitazionali, / lo spazio e la luce per non farti invecchiare»). La scrittura fa uso di tipici artifi-
ci poetici, come l’iperbole* («Supererò le correnti gravitazionali, / lo spazio e la luce per non farti invec-
chiare»), la metafora* e la similitudine* («Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto»).
Tutte le immagini tendono ad esaltare la devozione (la «cura») dell’uomo verso la donna di cui è inna-
morato, secondo una consuetudine tipica della poesia medievale italiana (Battiato, in una canzone del
1999 dal titolo Medievale, ha persino ripreso il testo di un poeta fiorentino del Duecento).
Indietro nel tempo... Nella strofa centrale l’innamorato appare smarrito nello spazio («Vagavo per
i campi del Tennessee / (come vi ero arrivato, chissà)») e nel tempo. La citazione del Tennessee, richia-
ma infatti alla memoria la storia degli Indiani d’America. Nel XVIII secolo il territorio del Tennessee fu la
prima vera frontiera geografica tra i coloni, desiderosi di occupare le fertili pianure del Nordamerica, e gli In-
diani, che furono costretti a retrocedere verso ovest: qui si consumarono sanguinose battaglie, simbolicamen-
te rievocate dai «fiori bianchi» destinati ai caduti. Dunque, l’autore sottolinea come la sua esistenza abbia un
senso e una direzione solo se sostenuta dalla donna amata: solo la forza del pensiero d’amore è in grado di ri-
portarlo al presente, lontano da ricordi dolorosi, sulle ali veloci del sogno («Più veloci di aquile i miei sogni /
attraversano il mare»).
Fuori dal tempo... Nell’ultima strofa, la prepotenza del sentimento d’amore si afferma nuovamen-
te: l’autore e la sua donna appaiono in preda a un’esperienza irresistibile dei «corpi» e dei «sensi»: la
passione infatti coinvolge le percezioni sensoriali dell’innamorato («silenzio», «profumi», «luce»), fino a
fargli superare i limiti del tempo, dello spazio, della morte stessa («Supererò le correnti gravitazionali, / lo
spazio e la luce per non farti invecchiare. / E guarirai da tutte le malattie»).
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R L’amore 885
attività
1. Con quali propositi l’innamorato intende prendersi cura della donna che ama?
2. Perché l’autore predilige nella prima e nella terza strofa l’uso dell’indicativo futuro?
R l,amore
arte
R14
Il Bacio
Francesco Hayez
Un bacio struggente tra due amanti è il soggetto di questo quadro. I due personaggi, vestiti in abiti medie-
vali, sono raffigurati in una particolare situazione: è il momento dell’addio furtivo, che prelude alla par-
tenza del giovane dal cappello piumato. Al riparo da sguardi indiscreti, con i volti parzialmente celati, i
due si abbandonano l’un l’altra e il loro bacio suggella una promessa di eterno amore.
L’immagine è immediata, e sembra essere stata colta «dal vivo», quasi fosse una fotografia: il giovane ha
già un piede sulla scala, pronto a partire o a fuggire se qualcuno lo scoprisse; con un gesto tenero e posses-
sivo, tiene tra le mani il viso dell’amata, baciandola lungamente.
L’intimità della scena è sottolineata dai morbidi passaggi chiaroscurali e dalla luce che dolcemente illu-
mina la veste azzurra della ragazza. L’ambiente, sullo sfondo, è solamente accennato: una porta aperta, una
parete, una scala.
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R L’amore 887
Il sentimento assume in questa opera un valore centrale, dominante; l’artista ha saputo tradurre in
immagine l’idealizzazione dell’amore, e l’ha descritto per suscitare in chi guarda la consapevolezza
del valore di questo sentimento. Nulla sappiamo dei due giovani, né del motivo per cui si devono sepa-
rare: il pittore non vuole raccontarci la loro storia, ma indicare come l’amore sia un’esperienza preziosa, uni-
versale.
Il quadro, molto famoso, ebbe ai suoi tempi un successo grandissimo tanto da far affermare ad un critico
che «quando ti fermi e lo guardi a lungo, quei visi e quegli atti parlano al tuo cuore, e quasi dimentichi di
essere innanzi ad una fredda tela».
attività
a. Auguste Rodin (scultore francese, 1840-1917), Il Bacio, 1889 [ Z2 Clip Art «Il bacio» di Rodin]
b. Gustav Klimt (pittore austriaco, 1862-1918), Il Bacio, 1907-8
c. Jean-Honoré Fragonard (pittore francese, 1732-1806), Il bacio rubato, 1788
Confronta questi o altri dipinti e sculture (puoi cercarli su Internet) con Il Bacio di Francesco Hayez
e discutine in classe.