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Urogallo.

Frontiere perdute

18

Non so che uccello sia l’Urogallo


e se l’ho visto, l’ho visto solo in una foto vista
sulla quarta di una certa rivista
So solo che vive solitario e libero
e so che la solitudine e la libertà
sono condizione di vita per chi
vuole alzare la testa sulla morte viva o morte morta…
[…]

Ruy Belo
Paulina Chiziane

Ballata d’amore al vento


Traduzione dal portoghese di Fabiana Tessari

Edizioni dell’Urogallo
Premi Nazionali per la Traduzione 2015
del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Titolo originale: Balada de Amor ao Vento,
AEMO, Maputo 1990/Caminho, Lisboa 2003
Copyright © 1990 Paulina Chiziane
By arrangement with Literarische Agentur Mertin
inh. Nicole Witt & K., | Frankfurt | Germany

Obra apoiada pela Direção-Geral do Livro e das Bibliotecas | Portugal


Opera sovvenzionata dalla Direção-Geral do Livro e das Bibliotecas | Portogallo

Traduzione dal portoghese: Fabiana Tessari


Copertina: Dario De Leonardis | Absolutezero Studio www.absolutezero.it
Revisione della traduzione: Ilaria Pernici
Impaginazione ed editing: Marco Bucaioni

isbn/ean: 978-88-97365-51-8

Per l’edizione italiana: copyright © 2017, Edizioni dell’Urogallo. Tutti i di-


ritti riservati. La riproduzione dell’opera è possibile nei limiti fissati nell’ac-
cordo del 18 dicembre 2000 fra s.i.a.e., a.i.e., s.n.s. e c.n.a, Confartigianato
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per la riproduzione a pagamento, a uso personale, dei libri fino a un mas-
simo del 15%, nell’ambito dell’art. 68, co. 3, 4 e 5 della legge 633/1944.

Edizioni dell’Urogallo
Corso Cavour, 39 | 06121 Perugia | www.urogallo.eu
Ballata d’amore al vento
Ai miei figli Domingos e Maria Salomé
Alla memoria di Fernando Chiziane
A Madalena Backstrom

amore
Sei il telaio
sul quale fabbrico la vita…

Leite Vasconcelos
1

H
o nostalgia del mio Save, delle acque azzurro-verda-
stre del suo fiume. Ho nostalgia del verde canna da
zucchero che oscilla al vento, dei campi di mille co-
lori in armonia, degli alberi di mango, degli anacardi e delle
distese di palme infinite. Come vorrei tornare nei boschi del-
la mia infanzia, arrampicarmi sugli alberi centenari come le
iguane e mangiare bacche nella freschezza e nella libertà del-
la pianura verde. Sono invecchiata e sento l’avvicinarsi della
fine del mio viaggio ma, ogni giorno che passa, il petto brucia
come una candela accesa nel mese di Maria, il passato scorre
come un rosario di ricordi che non sono nemmeno ricordi,
ma esperienze che si ripetono nel momento in cui chiudo gli
occhi colmando la barriera del tempo.
Fu a Mambone, nostalgica terra residente sulle rive del fiu-
me Save, che imparai ad amare la vita e gli uomini. Fu per
questo amore che mi persi, per ritrovarmi qui, in questa Mafa-
lala di case tristi, paradiso di miseria, dove la gente defeca nei
secchi anche davanti a tutti e le mosche vivono nel lusso nella
felicità della terra promessa.
Ho mai amato? È vero che l’amore esiste? Non so nulla
sulla verità dell’amore, ma c’è una cosa che mi è capitata, vi
dico. Fu una sorta di incantesimo, mistero, follia, questo è
stato.
Ho una figlia adulta che ancora studia sebbene abbia già
studiato molto. Un giorno mi disse che la terra è rotonda.
All’esterno è tutta verde e in profondità ha un centro rosso.
10 paulina chiziane

Come il melone. Che la terra è la madre della natura e tolle-


ra tutto per dare alla luce la vita. Come la donna. La donna
subisce i colpi della vita nel silenzio della terra. Nella dolce
amarezza secerne un liquido triste e viscoso come il melone.
Chi ha già viaggiato nel mondo della donna? Chi ancora non
lo ha fatto, che vada. Basta dare un colpo profondo, profon-
do, che dal centro rosso esploderà un fuoco pari all’eruzione
di un vulcano.
Ma che idee tristi mi affliggono oggi; sto solo delirando,
non fraintendetemi. Sto semplicemente ricordando, ricordan-
do. Sono divisa: una parte di me è rimasta al Save, un’altra è
qui in questa Mafalala sporca e triste, un’altra fluttua nell’aria,
in attesa di sorprese che la vita mi riserva. Perché ricordare il
passato se il presente è presente e il futuro è una speranza?
Spero che mi credano, ma il passato è ciò che genera il pre-
sente e il presente il futuro. Il passato ci perseguita e vive con
noi ogni presente. Io ho un passato, questa storia che voglio
raccontare.
Sarà una storia interessante? Ho i miei dubbi, poiché alla
fine non è nulla di nuovo. Ci sono molte donne che vivono
così. Deliro. La vita ha rivoluzionato il centro del mio mon-
do. Il mio volto in lacrime è viscoso come il melone. Sono in
esplosione violenta pari all’eruzione di un vulcano.

Tutto ebbe inizio nel giorno più bello del mondo, bellezza
caratteristica del giorno della scoperta del primo amore. Tutti
gli animali si ricoprivano di abbondanza, la terra era troppo
generosa. Nel villaggio si realizzava la festa di circoncisione
dei ragazzi già diventati uomini. Erano presenti giovani dai
luoghi più remoti, poiché non c’è niente di meglio che una
festa per il divertimento, l’esibizione e cattura di passioncel-
le. Io ero bella con la mia camicetta color limone, capulana
ballata d’amore al vento 11

proprio abbinata, abbellita con collane d’avorio e perline. Mi


disposi nella rete per essere catturata. E perché no? Ero già
signorina e avevo rispettato tutti i rituali.
Le donne affaticate correvano di qua e di là nella prepa-
razione del grande banchetto. L’aroma delle carni eccitava
l’olfatto, facendo sgorgare fiumi di saliva da tutte le bocche,
provocando gli stomachi e perfino le gengive sdentate già
immaginavano un pezzo di carne, succulento, tenero e senza
osso, mandato giù con tutta l’arte con l’aiuto di un sorso di
aguardente. Gli uomini stringevano la mano qua e là, mentre
gli altri preparavano i tavolini all’ombra degli anacardi.
I tamburi rullarono al segnale del vecchio Mwalo, e si ele-
varono inni e applausi. La porta della capanna si aprì lascian-
do uscire circa venti ragazzi dall’aspetto pallido e malaticcio,
provocato dalle dure prove dei riti di iniziazione.
I ragazzi già diventati uomini attraversavano le file come
eroi. Le vecchiette applaudivano spargendo fiori, denaro e
chicchi di mais che le galline si affrettavano a beccare. Io assi-
stevo allo spettacolo meravigliata quando scovai tra i ragazzi
un nuovo volto.
«Chi sarà? Rindau, conosci quello lì?»
«È il figlio di Rungo, quello che vive nel collegio dei sacer-
doti».
«Ah!»
Mi si era dissolto ogni dubbio. Era quello stesso ragazzo
di cui i vecchietti parlavano ieri sera e io, curiosa, sentii tutto.
Se avessero scoperto che avevo sentito tutto mi avrebbero
punito a volontà, poiché negli affari da uomini le donne non
si possono immischiare. Dissero che lui era stato notevole e
che si era comportato splendidamente anche nelle prove più
difficili.
Quell’immagine mi meravigliò. A prima vista, il mio cuore
vergine rabbrividì. Rimasi ipnotizzata, con gli occhi che inse-
12 paulina chiziane

guivano i passi di quello sconosciuto. Una voce spezzò l’in-


canto.
«Sarnau, Rindau, che fate lì sedute, vecchie?»
Restituii a Eni uno sguardo di disprezzo, rispondendo in
malo modo:
«È proibito restare seduta?»
«Ué, Sarnau, covare uova è da chioccia. Alza le chiappe da
lì, ho un segreto per te».
«Non mi alzo. Sto covando uova d’anatra. Sputa fuori que-
sto segreto e sparisci».
Già sapevo di che si trattava. Non so chi ha convinto Khelu
di essere maschio, ma lui vuole conquistare tutti. Eni si ingi-
nocchiò, mi cinse il collo con entrambe le mani, avvicinò le
labbra alle mie orecchie e svelò il segreto. Gridai a gran voce
che sparisse da lì. Eni prese il volo e finalmente potei contem-
plare il mio incanto, ma solo per poco tempo. Subito dopo un
gruppo di ragazze mi fece saltare da terra, trascinandomi fino
al retro della casa.

«Sarnau, oggi è il giorno per trovare fidanzati. Invece di stare


lì ad agitarti, mettiti in mostra, ondeggia, ancheggia, lascia che
le mosche inseguano le tue curve, ragazza. Guarda, io ho già
trovato un fidanzato… e che bellimbusto, amica!»
«Le mie congratulazioni, allora».
«E tu che aspetti? Scommetto che stavi guardando quell’ar-
rogante figlio di Rungo. Come si chiama? Ah, è Mwando. Al-
lora ti dico, ragazza, che stai perdendo tempo, quello sta stu-
diando per il sacerdozio».
Mi arrabbiai. Eni era andata incontro ai miei pensieri e mi
aveva ferito il modo in cui aveva fatto riferimento a quel gio-
vane così educato. Misi le mani sui fianchi e vomitai tutto un
linguaggio provocatorio, con l’intenzione di irritare la mia av-
ballata d’amore al vento 13

versaria, mentre questa, con uno sguardo beffardo, si limitava


solo a mormorare:
«Ué, Sarnau, non vale la pena tanta fanfara. Oggi è un gior-
no di festa e non sono per i battibecchi. Ho un vestito nuovo
che non voglio stropicciare».
La folla ci incitava alla lotta, ma vedendo che lo spettacolo
era perso poiché Eni non si abbatteva, tutti si rivoltarono con-
tro di me. Tutto il gruppo mi circondò e mi derise.
«Ma ancora non ve ne siete accorti? Sarnau è uno spiedino.
Senza curve sul petto, né sul sedere, è un ramo d’eucalipto,
donna proprio non è, wa, wa, wa!»
Mi arrabbiai. Finalmente i farabutti mi lasciarono in pace
e potei contemplare a volontà il mio idolo e preparare piani
d’approccio. Quel Mwando mi interessava, sissignore.
Mi avvicinai a lui, parlai con dolcezza e, con molta indiffe-
renza, rispondeva alle mie domande. Frustrati i miei tentativi,
tornai a casa, rattristata.
Per la prima volta il sonno mi è costato a venire. La mia
mente si deliziava con l’immagine che aveva appena scoperto.
Quello sguardo distante, penetrante, quella voce calma… e
volto giudizioso! Non era bello, in confronto a Khelu, quel di-
scolo, conquistatore, sempre pronto a causare qualche scara-
muccia e prendere a pugni tutti quanti. Mwando è un ragazzo
diverso, parla bene, dialoga bene e ha delle buone maniere!…
Mi sarò innamorata? Risi e mi rotolai sulla stuoia. Pensavo di-
vertita a tutto questo, poiché non mi era mai successo prima.
Mi addormentai sorridendo.

Nei giorni seguenti cercai Mwando. Mi nascondevo in tutte le


vie dove potesse passare. Iniziai ad andare in chiesa solo per
vederlo. Le poche volte che riuscii a incontrarlo parlò con me
sempre con la stessa indifferenza. Preparai un piano migliore
che misi subito in pratica.
14 paulina chiziane

Una bella domenica mi vestii con tutta la mia perizia, mi


agghindai bene e partii all’attacco. Entrai in chiesa con tutta
la solennità, mi sedetti davanti perché lui mi vedesse bene,
poiché ero carina solo per lui. Il prete disse tante cose che non
capivo. Il coro presentò una bella canzone e tra tutte le voci
sentivo solo Mwando. Poi il prete disse Amen, mi alzai pronta
all’attacco. O oggi, o mai più, dicevo tra me e me.
Costrinsi Mwando a fare una passeggiata fino alle rive del
fiume Save. Parlammo di molte cosette. Lui parlava dei suoi
piani per il futuro, poiché voleva diventare sacerdote, predi-
care il Vangelo, battezzare, cristianizzare. Addio ai miei piani,
al mio tempo perso, povera me, il ragazzo non vuole nulla da
me, pensa solo a diventare un sacerdote.
Le acque scorrevano tranquille, i pesciolini si bagnavano,
i campi di canna da zucchero fischiavano cullando il mio do-
lore. Sentivo la testa confusa e rimasi qualche momento senza
riuscire a parlare.
«Ti senti male, Sarnau?»
«Sì, un po’ indisposta».
Lasciai che lui mi accarezzasse e, a poco a poco, mi avvici-
nai a lui appoggiando la testa sul suo braccio senza che lui si
accorgesse della manovra.
«E tu, Sarnau, quali sono i tuoi progetti?»
«I miei progetti? Nessuno. Sono innamorata di un ragazzo
che non mi vuole».
«Non è possibile. Ma qual è l’uomo capace di disprezzare
una ragazza così bella e così buona?»
«E io posso piacerti, Mwando?»
«Sei meravigliosa. Sei l’unica persona nel villaggio che mi
tratta con rispetto. Tutte le ragazze mi disprezzano perché
vivo nel collegio. Mi piaci, Sarnau».
«E perché non me lo hai detto?»
«Ho paura. Il prete può punirmi».
ballata d’amore al vento 15

«Paura di cosa? Il prete non ha nulla a che vedere con que-


sto. Del resto già siamo stati tutti iniziati e i grandi non si
arrabbieranno».
«Tu non sai, Sarnau, ma il prete!…».
«Tranquillo, che non lo saprà mai»
All’improvviso tacemmo. Le mani si incontrarono. Arrivò
un abbraccio timido. Scambiammo odori, scambiammo ca-
lori. Dentro di noi fiorirono i prati. Gli uccelli cantarono per
noi, i canneti danzarono per noi, il cielo e la terra si unirono al
nostro abbraccio e intraprendemmo il primo viaggio celestia-
le nelle ali delle farfalle.
2

N
ella foresta avviene l’insolito. Tutti gli esseri viventi
sentono i segreti della natura e stanno facendo mera-
viglie. Le civette cantano al sole; i gatti neri miagola-
no intensamente alla luna piena. Tutte queste voci si uniscono
al ritmo del vento, che diffonde nel mondo un messaggio di
pace. I leoni e i vitelli, accoppiati, ruggiscono e muggiscono
in un coro di fratellanza. Le iene e le capre si abbracciano, si
perdonano, si riconciliano, gli uccelli vestono piumaggi colo-
rati. Il serpente, vicino al nido, chiude gli occhi, discreto, non
interromperà i baci degli uccellini che si amano, crescono e si
moltiplicano. Le piante e gli alberi si estendono in un verde
senza eguali, ricoprendosi di fiori. In tutto l’universo c’è un
momento di riflessione, di pace e di fraternizzazione: è arriva-
ta l’era dell’amore.
Mwando è attonito per la scoperta di quanto è insolito il
mondo. Come Adamo in Paradiso, la voce del serpente gli
suggerì la mela che gli strappò brutalmente la benda davanti
a tutti i misteri. Sì, sentì le labbra di una donna pronunciare
con sussurri il suo nome, risvegliandolo dal ventre fecondo
dell’innocenza. Mwando nacque. Sente il cuore battere con
forza, proprio come fa il primo amore. Per la prima volta si
mise davanti allo specchio e questo, complice, confermò la sua
presenza. Non gli piacque molto la sua immagine, ma si inna-
morò degli occhi neri, dormienti, assenti. Invidiò l’eleganza
dei galli e copiò il loro portamento. Curò alcuni perfeziona-
menti nella voce, facendola diventare accattivante, passionale.
18 paulina chiziane

Raddrizzò le spalle curve. All’andamento anomalo, irregolare,


sostituì una morbidezza, un ritmo, iniziando a usare un pas-
so orgoglioso, sovrano, caratteristico dei vincenti. La piega
dei pantaloni diventò ben marcata, la chioma pettinata mille
volte, i talloni sfregati con la pietra pomice e unti con olio di
palma gareggiavano in lucentezza con la luce del sole. Que-
ste trasformazioni non passarono inosservate ai compagni del
collegio, che spiavano ogni sua mossa, accompagnandolo con
sguardi beffardi che danzavano in tutti gli occhi.
«Ué, Mwando, sembra che il pulcino stia uscendo dall’uo-
vo».
«Perché?»
«Perché la bocca sta sotto il naso, e al gallo è cresciuta la
cresta».
«Non mi scocciate, avete capito?»
Mwando diventò il bersaglio dei dispetti dei suoi compagni
e, per questa ragione, decise di isolarsi, creando il suo mondo.
All’imbrunire, si sedeva da solo nel giardino della scuola, sali-
va fino all’universo conquistandolo e tutte le stelle si inseriva-
no al centro del suo mondo. Serrava le palpebre per sognare,
come il gallo che canta con gli occhi chiusi, assaporando con
delizia la sua stessa voce. Tuttavia, i compagni lo inseguivano
indirizzandogli provocazioni.
«Bravo, Mwando, canta, canta, il gallo canta per far canta-
re la gallina».
«Ma che cosa volete insinuare? Avanti, ditemi?!»
«Calma, ragazzino, il serpente lascia sempre traccia ovun-
que vada. Tutti noi lo abbiamo capito, solo il vecchio è cieco
e ancora non sospetta nulla».
«Salomão, se mi riparli così, ti spacco la faccia».
«E allora diremo il segreto al vecchio, e poi staremo a ve-
dere».
«Sparite!»
ballata d’amore al vento 19

Cercò il rifugio della stanza e si rinchiuse. Era frastornato.


Sentiva la sua devozione scossa dalla passione. Non riusciva a
fuggire agli inganni del serpente, Sarnau lo trascinava sempre
più negli abissi. Ma perché Dio non protegge i suoi figli più
devoti, e lascia i serpenti sparsi dappertutto, perché? «Ma io
voglio diventare sacerdote», diceva in lacrime, «io voglio di-
ventare sacerdote, indossare la tunica bianca, cristianizzare,
battezzare, ma lei mi trascina nell’abisso, nelle tenebre, ah,
come è bello stare accanto a lei. Se il sacerdote scoprisse la
mia passione mi caccerebbe dal collegio nella brezza dell’im-
brunire così come Adamo in Paradiso. Ma come Adamo no,
non succederà. Saprò trovare un nascondiglio in questo giar-
dino dell’Eden e nessuno mi scoprirà. Spero che quei male-
detti ragazzi non parlino. Penso che con loro non ci saranno
problemi perché di solito non fanno la spia».
Alla luce della candela gli occhi si perdevano nel vuoto,
finendo per convergere sopra il Gesù Cristo di bronzo appeso
sulla parete di calce. Allora si estasiava, chiedendo perdono e
comprensione per il suo dilemma al Cristo di metallo.
Non si possono servire due signori, questo insegna la Bib-
bia. Chiuse gli occhi e rise contraffatto, ridicolizzandosi. La
sua vita delle settimane passate lo fece ridere. Ora si sentiva
diverso. Gli venne un’ispirazione improvvisa. Prese carta e
penna e iniziò a scrivere: «I tuoi occhi hanno il fascino di una
poesia divina. Che peccato che tu non sappia leggere. Ti scri-
verei una lettera bella, lunga. Ti dedicherei tutte le parole che
accanto a te non riesco a pronunciare quando il tuo sorriso
strozza il suono della mia gola. Ti scriverei una poesia di suc-
co d’ananas e patata dolce al profumo di canho. Ti trascinerei
nei miei versi vagando nell’universo del sogno trasportati nel
guscio del girasole. Sarnau, tu mi hai aiutato a nascere, perché
se non avessi iniziato tu, non avrei mai avuto il coraggio di
dire qualcosa sul mio cuore. Hai disseminato in me il pro-
20 paulina chiziane

fumo delle acacie. Ascolto il canto dei galli da lontano. Sto


nell’abisso della solitudine, nel martirio della distanza, la do-
menica è lunga per…»
Non finì la frase, perché la porta si aprì improvvisamente e
il sacerdote fece capolino. Mwando prese un forte spavento e
iniziò a tremare. Non ebbe nemmeno il tempo di nascondere
il suo manoscritto.
«Che succede, ragazzo mio?»
Il sacerdote prese il foglio e lesse a voce alta. Mwando si
bagnava di lacrime.
«Ah ecco, eh? Avevo già capito tutto, riposa che domani
faremo i conti».

Il sacerdote si mise in guardia. Diverse volte aveva sentito


pettegolezzi sul comportamento dei ragazzi, ma non si era
lasciato influenzare dalle lingue da serpente, ma quella lette-
ra, quella lettera! Doveva scoprire la verità. Il serpente lascia
tracce ovunque vada, dice la gente, non c’è fumo senza fuoco.
Al momento del silenzio abbandonava il letto comodo, si infi-
lava la vestaglia e il cappuccio di lana e, con passi felini, sbir-
ciava le camere da letto dei ragazzi. In primo luogo si aggirava
tra le finestre per ascoltare, poi si nascondeva nel cespuglio
davanti all’entrata, in attesa per ore e ore. Andò alla ricerca
molte settimane senza risultato. Arrivò alla conclusione che
la lingua della gente non meritava fiducia. Si ridicolizzò per
il fatto di aver sacrificato il riposo prezioso in uno spionaggio
vergognoso, esponendosi alle correnti d’aria che avrebbero
potuto creare una di quelle complicazioni tropicali che nem-
meno i migliori medici possono curare.
Mentre padre Ferreira si rimproverava, due esseri umani
si abbracciavano al buio. Tutto sarebbe passato inosservato
se non fosse stato per il maledetto letto in ferro che cigolava
ballata d’amore al vento 21

disperatamente. Sembravano i cardini della finestra che scric-


chiolavano al vento, il sacerdote si avvicinò per chiuderla, ed
ecco che sentì dei gemiti di donna. Affinò l’udito e impallidì:
quei gemiti non gli erano nuovi.
«Cretino. Ora saprai che cos’è la furia di un leone! Il sacer-
dote riempì il petto d’aria, preparò i pugni e partì per la bat-
taglia. Aprì la porta con un calcio e, al buio, riuscì a scorgere
una sagoma che si nascondeva sotto il letto».
«Salomão, oggi ti ho beccato. Tutti quanti mi hanno già
parlato di te».
Lanciò un pugno furioso contro il ragazzo, ma esso si perse
nell’aria. Salomão, impaurito, si avvolse nelle lenzuola, schiarì
la voce e, con l’aria più innocente di questo mondo, chiese:
«Che succede, Padre?»
Il sacerdote s’infuriò ancor di più. Non permetteva che un
ragazzino maleducato si prendesse gioco di lui. Si precipitò
al buio contro il ragazzo che si scansava e, più agile, diede
un colpo e il vecchio cadde rumorosamente. Il ragazzo fuggì
come il vento nel cuore della notte.
«E adesso, Mwando!»
Il vecchio si alzò furioso, arrivò alla camera di questi che
dormiva un sonno profondo e gli diede un colpo così forte
che gli fecero male i pugni.
Mwando e Salomão furono espulsi dal collegio, ma la cuoca
non fu nemmeno rimproverata e tutti quanti sanno perché.

A Mwando non rimase altro che rassegnarsi. Si adattò facil-


mente ai lavori dei ragazzi della sua età. Tutte le sere ci incon-
travamo al fiume, facevamo lunghe passeggiate, ci arrampica-
vamo sugli alberi, raccoglievamo fiori, frutti, e tutto per noi
era un vero miracolo. Un giorno salimmo fino in cima al fico.
«Sarnau, di’ se non è bella la terra vista da questa al-
tezza».
22 paulina chiziane

«Vedo tutto meraviglioso. Tutto è bello quando le persone


si amano».
«Di’ se non è meravigliosa la bellezza dei campi; quel verde
è il campo di riso ancora minuscolo. Quello verde giallognolo
è il riso pronto da cogliere. Guarda quel mare verde con le
braccia di spighe di grano che si muovono così, ondeggiando,
come serpenti. Vedi laggiù, più in fondo? Un mantello verde
di diversi verdi. È la piantagione di manioca, arachidi, sesa-
mo».
«Sì, Mwando, tutto intorno a noi è verde, verde autentico».
«Guarda laggiù. Che cos’è?»
«Vedo una capanna».
«Non ti sembra un fungo fatto d’erba? E laggiù?»
«Una casa bianca col tetto rosso. È la casa del procuratore».
«Davanti c’è una scatolina bianca col coperchio rosso. Sì,
gli alberi e le capanne sembrano funghi, le mucche sembrano
caprette, i capretti formichine, e le formiche insignificanti. La
barca a vela è una farfalla all’orizzonte. È facile comprendere
perché è tutto bello agli occhi di Dio. Lui osserva dall’alto, e
tutto è bello visto dall’alto. Le braccia del Save sono belle con
le loro dita gigantesche e sembrano alberi con molti rami. Il
tronco è di un azzurro-verdastro, le mani di un verde scuro,
e le dita, scure anch’esse. Le foglie sono tutte verdi, verde
autentico».
Scendemmo ai piedi del fico e i campi ci offrivano fiori.
Mwando li coglieva, li baciava e poi me li regalava. Fece una
ghirlanda gialla, rossa, bianca, con gigli, cardi, buganvillee, e
mi incoronò regina dei prati, regina bella, regina scalza.
Oh sole, corri più veloce, tramonta, che il serpente mi ha
offerto la mela. Il sole non mi ascolta, cammina piano come
una mucca pigra. Oh nuvola, copri il sole, che il serpente mi
ha offerto la mela e Adamo è ansioso di morderla. La nuvola
non mi dà importanza, cammina veloce in direzione opposta.
ballata d’amore al vento 23

Vento, portami la nuvola per coprire il sole. Il vento è sordo e


fa solo quello che gli va.
Oh sole indiscreto, oh nuvola cretina, oh vento sordo, nes-
suno di voi mi spaventa, perché il prato ci protegge, il serpen-
te mi ha offerto una mela e Adamo la morderà anche sotto il
vostro naso. Andate, andate a lamentarvi con Dio che a me
non interessa, i prati saranno nostri complici.
La mela era ancora acerba e perciò faceva rabbrividire.
L’abbiamo morsa un po’ e non mi sembrò molto gradevole;
sentii il dolce-amaro dei semi e della polpa e, sotto di me, fluì
un rivolo di sangue, che le acque del Save lavarono.
Mwando diede il primo colpo. Il nostro sangue si unì. In
questo momento i defunti che stanno nel fondo del mare fe-
steggiano, perché io oggi sono donna.
«Sarnau, il nostro amore è il più bello del mondo».
«Sì, più verde di tutti i campi, più vasto di tutte le acque
del Save e dell’Oceano».
«È meraviglioso».
«Ora, Mwando, devi ringraziare la mia defunta protettrice
per il piacere che ti ha appena dato. Offrile denaro, tabacco
da sniffo e tessuto rosso».
Da tempo Mwando aveva giurato di non credere nelle
anime dell’altro mondo, ma in quel momento ruppe il giu-
ramento.
«Ho da offrirti cento scudi, molto tabacco e tessuto rosso.
Le darò grano e sorgo; le dirò che sono suo marito perché ho
dormito con la sua protetta. Voglio chiederle la benedizione
del nostro amore».
«Sei meraviglioso, Mwando, per questo ti amo, ti amo, mil-
le volte ti amo».
3

M
wando non ha ancora offerto nulla alla mia protet-
trice, ma io lo perdono, non ha ancora messo in-
sieme denaro, poverino. Ultimamente ci vediamo
raramente, lui dice di essere concentrato negli affari del padre
e spesso va in città. Dice che la madre e le sorelle sono molto
pigre e lui spesso deve cucinare, lavare la biancheria e tagliare
la legna, ma dove si è mai visto un uomo cucinare con delle
donne in casa? Salta spesso gli appuntamenti e, quando vie-
ne, ha poco tempo. Non vuole più passeggiare come prima,
ma io lo perdono, mi piace, ha molto lavoro a casa, poiché
le sorelle sono molto pigre. Ma sembra che mi eviti. Le sue
parole suonano false e mi nasconde sempre gli occhi quando
giustifica l’assenza. Sento che succede qualcosa di anormale,
che tenta di ingannarmi, ma no, ingannarmi non proprio, noi
ci amiamo, lui me l’ha promesso e non è un uomo di mezze
parole. Ah, il mio amore per lui cresce come le onde del mare.
Il mio corpo lo chiama, la mia anima grida il suo nome, il mio
sogno è lui solo, lo vedo ovunque, negli ortaggi dei campi, nel
muggire delle mucche, nel bagliore del sole, nel serpeggiare
dei pesci, nel profumo dei fiori, nel volo delle farfalle, nel ba-
cio dei piccioni, perfino nei fetori dello sterco. Oh, Mwando,
tu vivi in me, io vivo per te, Mwando, canta con il vento, ai
quattro venti, hai acquisito un cuore mondo, poiché dentro di
me c’è un posto dove abiti solo tu. Dentro di me fioriscono
i campi. Tutto in me è verde. Io sono la terra fertile dove un
giorno gettasti il seme. Il sole, la nube, il vento, tutti videro. Il
26 paulina chiziane

tuo seme divenne verde, verde autentico. Alla prossima ven-


demmia avremo abbondanza e mostreremo al mondo come è
bello il nostro amore.

«Sarnau, non ci vediamo da due mesi, ma questo è a causa del


lavoro intenso che ho avuto, non riposo mai, sai? Già ti ho
detto che le mie sorelle sono pigre e io devo fare tutto il lavoro
di casa. Sono stato tre volte in città per trattare degli affari del
vecchio, spero che tu mi comprenda».
«Così mi uccidi, io muoio di nostalgia».
«Anch’io ho avuto molta nostalgia, ma il lavoro, capisci?
Ascolta, amore mio, oggi è il giorno del nostro addio. Partirò
per molto lontano».
«Lontano? Dove? »
«Non so bene. È il vecchio che ha deciso. So che mi ami e
che soffrirai molto, ma ho un dovere da compiere».
«Vai in Africa del Sud? Ma non ci sono problemi. Io ti
aspetto. Ora più che mai ho ragioni per aspettarti».
«Quali ragioni?»
«Avremo un figlio, Mwando. Da quaranta giorni non vedo
la luna».
«È interessante. Penso che sia bello essere padre ma c’è
una cosa che non capisco. Le ragazze del tuo clan restano in-
cinte solo quando vogliono».
«Io ho voluto, Mwando. Desidero da impazzire questo fi-
glio».
«Tu mi ami e questo ti porta a volte a perdere la ragione.
Io ora partirò per non tornare mai più. Che ne sarà di te e del
bambino? Mi piacerebbe chiarirti bene il problema, so che
resterai turbata, ma comprendimi, è contro la mia volontà».
«Perché fai tutti questi giri di parole e non dici subito che
succede?»
ballata d’amore al vento 27

«Va bene, te lo dico. Non partirò per nessun posto. Mi


sposerò a breve con una ragazza che i miei genitori hanno
scelto per me».
«Ma questo non è un problema» – disse in lacrime.
«Io accetto di essere la seconda moglie, o terza, come vor-
rai. Se avessi dieci mogli io sarei l’undicesima. Lo stesso se
ne avessi cento, io sarei la centounesima. Quello che voglio è
stare al tuo fianco».
«Sarnau, il tuo desiderio non può essere realizzato. Non
sarai mai mia moglie, né la seconda, né la terza, né la centou-
nesima. Io sono cristiano e non accetto la poligamia».
«Oh, Mwando!»
Una terribile oscurità precipitò dentro di me. Scomparve-
ro le viscere e, dal pozzo enorme che era il mio intimo, germo-
gliarono parole vuote che la gola trasformò in grida isteriche.
Gli angoli delle mie labbra secernendo schiuma aprirono le
ali per drenare il dolore melodico e funebre, facendo da coro
al gracidare delle rane. Il mio cuore tuonava temporali, lampi
dorati strappavano il cielo del cervello e la pioggia degli occhi
precipitava veloce, preannunciando il diluvio del mio essere.
Tutti i sogni d’amore in un solo istante furono distrutti dal-
la forza della tempesta. Immersa in onde di sale, celebrai il
battesimo di fiele. Aiutami, mio Dio. Seminai amore in terre
sterili e nel campo di mais produssi spine.
Mwando mi raccolse con un abbraccio dal naufragio di-
luviale dove mi ero abbandonata, mi cullò sul suo petto co-
ronandomi di baci senza sale, stai calma Sarnau, prometto di
essere un buon padre, da me avrai tutto quello che vorrai,
sposarci proprio no, capisci Sarnau, è il desiderio dei miei
genitori e di tutti i defunti. Mi dibattevo con tutte le forze,
voglio amore, ho fame d’amore. Ma chi l’avrebbe detto che
questa storia d’amore sarebbe finita in un duello? La lancia è
caduta proprio al centro del cuore e il vincitore mostra l’arma,
28 paulina chiziane

trionfante. La sua voce tremava d’emozione, riuscì a rimuove-


re un ostacolo ed era libero di proseguire per il suo destino. E
lui, non avrà forse avuto ragione? Ognuno di noi segue il suo
destino, quello che è stato da molto tempo tracciato sul palmo
della sua mano.
«Addio, Mwando. Che tu sia felice, con quella felicità che
sognai sempre per me».
Tornai alla tranquillità della foresta e il canto della natura si
perdeva nell’eco dei miei sospiri. Cantai la melodia dei dispe-
rati sulle ceneri e le rovine dei miei sogni. Un serpente ci spia
e alza la testa pronto all’attacco.
«Sarnau, un mamba!»
Mi sollevò velocemente da terra, proteggendomi in un ab-
braccio frenetico.
«Siamo scampati da morte certa. Che significa ciò in que-
sto preciso momento? I tuoi defunti sono contro di me, hanno
mandato questo serpente per annientarmi, che significa ciò?»
«Benedetto sia questo mamba che voleva portarmi nel
mondo dell’aldilà dove avrei riposato da tutti i tormenti e tu
mi hai strappato dalla porta del paradiso».
«Sarnau, mi dispiace, io ti amo, io…»
Non gli lasciai finire la frase e partii frettolosa come il vento
verso l’infinito.

Il fuoco crepitava danzando la musica del vento, elevando le


fiamme fino al cielo. Tutti gli abitanti del sole si ritirarono
nei loro nidi confortevoli, io rimasi sola e perduta, lasciatemi
piangere, piangere. Eni presagì questa fine e mi disse spesso
di lasciare Mwando, ma come potevo dire di no alla voce del
cuore? Tutto per me è disperazione: lo sghignazzare delle stel-
le, il bubolare dei gufi, il frangersi delle onde al chiaro di luna,
la danza del fuoco, tutto mi rattrista.
ballata d’amore al vento 29

Mi piacerebbe sparire dalla superficie della terra, immer-


germi nelle acque profonde dell’Oceano Indiano, trascinata
dai miei tormenti. Io voglio morire, morirò, così l’amore e
l’odio non turberanno mai il mio riposo.
Gettarmi in mare? Mai. Salirò in cima al baobab e, quando
la prima civetta canterà, mi getterò a terra, spaccando la noce
di cocco della mia testa. Mi dissemineranno in terra nera al
canto dei galli all’alba, sarò irrigata di lacrime e germinerò un
fantasma. Nemmeno gettarmi dall’alto. Preferisco affondare
nelle acque stagnanti della laguna e essere il pasto dei pesci; il
mio sangue fermenterà le profondità perché le alghe crescano
più nutrite.
Come vorrei essere la stella sonnambula e vagare nell’in-
finito senza meta tutte le notti di luna piena. Mi piacerebbe
essere una lucciola, accendermi e spegnermi spensierata, sor-
volando le chiome nere degli anacardi.
Con passo dinoccolato mi immersi nell’oscurità della ca-
panna e mi distesi, mezza morta, sulla stuoia di paglia. Gli uc-
celli notturni cullarono la mia angoscia, mi addormentai con
malinconia, immergendomi poi in un sogno delizioso.
Mi vidi in un paesaggio di vallate e montagne, di alberi
maestosi che si accoppiavano con piante rampicanti dalle
foglie larghe. Un paesaggio d’amore in cui tutti gli esseri si
armonizzavano in balia della libertà, dove perfino le radici ab-
bandonavano i carceri di sabbia per oscillare al fresco sotto
le molteplici braccia degli alberi di fico. Le acque delle val-
late serpeggiavano in sincronia con la dolcezza delle brezze
mentre i bambù dondolavano in contrappunto. Mwando era
seduto al mio fianco nella fertilità del tappeto d’erba. L’avvici-
narsi del suo corpo adolescente mi portò al mondo delle illu-
sioni incontestabili, alla meraviglia del sogno e della fantasia.
Pronunciavo il suo nome per la centesima volta quando mi
risvegliai bruscamente.
30 paulina chiziane

«Sarnau, stavi sognando ad alta voce, questo porta sfor-


tuna».
«Perché hai interrotto il mio sogno? Era così bello, Rin-
dau».
«Che cosa?»
«Non c’entra niente con te. Dormi, che ti fa bene».

La mattina nacque ornata dal sole, con uccellini allegri, il ven-


to fresco e farfalle colorate, così uguale a tutte le altre fin dai
tempi del primo sole. Uguale a tutte le altre no, perché era
l’ultima. Il sole era più dorato, i campi profumatissimi, le ac-
que di un azzurro senza eguali e le farfalle più vistose. Tutto
era più bello, perché ultimo. Il mio viaggio terminava, la pas-
seggiata era stata breve e salata.
Lanciai sguardi d’addio a tutte le cose, tutto mi ispirava
alla partenza e sospirai: voglio portare agli abitanti delle te-
nebre la più bella immagine del regno del sole. Dirò loro che
ho abbandonato il sole per essere il sale, che amo la vita ma
preferisco le tenebre, il sonno e il riposo.
Camminai sulle nuvole, raggiante, ondeggiante, fino alla
riva del lago. Ancora una volta dissi addio a tutte le cose.
Mi immersi nelle acque stagnanti che giravano dolcemente
intorno ai miei piedi e camminai decisa. Il lago mi salì fino
alle spalle, fino alle mascelle, esitai alcuni momenti e riflettei
rapidamente: vado, voglio morire, voglio essere un fantasma
per tormentare quel Mwando durante tutte le notti di luna
piena. Il lago mi salì fino alle orecchie, addio tutto, addio
Mambone, addio Mwando, addio. Avanzai ancora di più, e
all’improvviso sentii la paura soffocarmi il petto, gridai, vo-
levo tornare indietro, lottai con gran forza ma le acque mi
ingoiarono e riuscii solo ad alzare il braccio in un gesto di
addio e disperazione.
ballata d’amore al vento 31

Tutto qui. Dal sonno mortifero che mi avvolse, sentii delle


voci distanti che aumentavano di volume. Saranno state voci
delle anime dall’altro mondo o degli spiriti delle acque? Le
voci si avvicinavano e le sentivo con maggiore chiarezza, agitai
le braccia e scoprii che non ero nel lago e il mio corpo giaceva
sopra la stuoia di paglia. Con uno sforzo tremendo dischiusi
le palpebre e mi vidi dentro la capanna circondata da mol-
te figure delle quali riuscii solo a riconoscere mia madre. La
curandeira, inginocchiata, annusava il mio corpo da parte a
parte, spazzando dolcemente gli spiriti maligni con la pelliccia
morbida della coda della iena.
«Che è successo? Dove sono?»
«Stavi per affogare e un pescatore ti ha salvato, gli spiriti
buoni ti proteggono, benedetti siano tutti i defunti».
Sì, i defunti mi hanno rifiutata, ancora non è arrivata la mia
ora, non sarò mai un fantasma.
Mi immersi nella malinconia dei disperati remando in onde
viscose e amare. Il millepiedi mi entro negli occhi, arrivò fino
al cuore, fece un nodo in gola e salì rapidamente verso il cer-
vello. Sentii le sue cento zampette sfiorarmi tutti i nervi.
«Sarnau, espelli il nodo del millepiedi, distruggi l’angoscia
che hai nel petto, Sarnau, distruggi il nodo».
La curandeira gridò tanto che la sua voce finì per fissarsi al
centro del cuore. Le lacrime disperate di mia madre mi fecero
tornare alla ragione, mi feci contagiare da esse e mi travol-
se un pianto convulso. Il nodo del millepiedi si frantumò in
un’esplosione violenta. Sentii movimenti strani nel ventre e le
cosce fradice di sangue. Il mio corpo inerte vibrò di spasmi di
dolore, ero persa, nessuno poteva fare niente per me. La testa
in un vortice martellava dolorosamente in tutte le vene.
Il fuoco acceso diffondeva un fumo purificante che spaven-
tava gli spiriti maligni. La curandeira lanciò gli ossetti, parlò
con i defunti che vaticinarono il mio destino: morirò in terre
32 paulina chiziane

lontane, dall’altro lato del mare e nessuno dei presenti accom-


pagnerà il mio funerale.
Nulla riuscirà a uccidermi. Né le acque stagnanti della la-
guna, né la profondità dell’Oceano Indiano, né il desiderio
degli stregoni, mio Dio, non sarò mai un fantasma. Vorrei tan-
to essere un fantasma!

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