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FABIO GRASSO

CENNI DI TECNICA
COMPOSITIVA SPECULATIVA

Saggi brevi by rosenfinger.com


Esercitazione di tecnica compositiva

In queste pagine si riporta un esempio di costruzione compositiva con tecniche


speculative e strumenti numerici.
Il fine è di mostrare come un meccanismo "deterministico" possa essere messo
al servizio di un pensiero creativo. Soprattutto all'inizio di un percorso di formazione
compositiva, momento in cui la mente può essere condizionata da molti tipi di
preconcetto, un approccio disordinato o non strutturato fatto di sole deliberazioni
arbitrarie rischia fortemente di non garantire un risultato che abbia significato,
organizzazione, coesione, articolazione interna, al livello di complessità e
sofisticatezza concettuale che consente di sfuggire a prevedibilità, semplicismo,
approssimazione, ripetitività e banalità. Solo la presenza di regole strutturanti assicura
libertà e indipendenza autentiche a una creazione, e ne giustifica l'esistenza: è difficile
che le regole derivanti solo da deliberazioni arbitrarie, quando l'esperienza di chi le
formula non è di così lungo corso, si rivelino efficaci in tal senso. Il meccanismo
strutturante fa da supporto alla deliberazione, stimolando e facendo crescere la
fantasia. Esso non deve diventare un totem, bensì deve essere sempre temperato
dalla sfera della deliberazione. Un meccanismo fondato su un principio anche
aleatorio, purché ben congegnato (la variabilità e la non prevedibilità provenienti
dall'origine aleatoria sono spesso valori aggiunti), può far scaturire "oggetti" che una
fantasia condizionata non riuscirebbe a concepire con atto deliberato; ma sta poi alla
componente della deliberazione stabilire quale uso fare di quegli oggetti ed
eventualmente quali aggiustamenti o modifiche apportarvi. Quanto più attraverso i
meccanismi si riusciranno a creare oggetti inattesi e interessanti, architetture
imprevedibili, trasfigurazioni inopinate di spunti ispiratori extramusicali al riparo dalla
scontatezza del descrittivismo, tanto più la fantasia ne trarrà giovamento ed
incrementerà la propria capacità di crearne di nuovi anche attraverso atti deliberati,
oppure di pensare a nuovi meccanismi con caratteristiche migliorate, in modo che
siano sempre più rispondenti alle aspettative, in un circolo virtuoso di reciproche
influenze positive.

Programmazione di 18 secondi.per quartetto d'archi


Si raccomanda di intendere il lavoro come mera esercitazione di tecnica compositiva di
non eccessiva complessità, volta all'ottenimento di un risultato di piccole dimensioni
decorosamente strutturato, ovviamente senza velleità artistiche particolari - si tratta
semplicemente di un esempio di un modo di procedere fra gli innumerevoli possibili, né
del resto si può compendiare in poche pagine ciò che va maturato in un pluriennale
lavoro di meditazione.

DELIBERAZIONI INIZIALI:
6 battute di 3/4 a 60 al quarto. Valore più rapido: semicroma di settimina
Densità cinetica sempre crescente, in due fasi:
fase 1: crescita non lineare
fase 2: crescita lineare o pseudo-lineare

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Altezze - Punto di partenza: una successione di 4 intervalli di ampiezza crescente con
ratio 1 semitono, a partire dalla 4a giusta, con centro su sol. Primo ramo ascendente
(4a giusta, tritono, 5a giusta, 6a minore - o intervalli omofoni), secondo ramo speculare
discendente. Si ottengono così blocchi di 9 note, una delle quali è ripetuta due volte
(nel primo blocco il do diesis), dunque 8 note diverse. Le 4 note non presenti nel primo
blocco (si bemolle - si - mi bemolle - mi, prese in questo ordine deciso arbitrariamente)
diventano il centro delle successive trasposizioni del blocco. Per l'ordine di lettura
all'interno dei blocchi si procede arbitrariamente, ma con un criterio logico plausibile.
Nella Figura 1 sono riportati i primi 5 blocchi di altezze ottenute attraverso il
procedimento descritto. La numerazione si interrompe una volta raggiunto il numero di
note necessarie per la compilazione della prima fase. Le note rimanenti servono per la
seconda fase, insieme a quelle dei blocchi di Figura 3. Le frecce indicano il percorso di
ordinamento della numerazione per i primi due blocchi (criteri analoghi valgono per
quelli seguenti). Leggere il testo sulla costruzione ritmica e vedere anche la Figura 2
più sotto per comprendere meglio il significato di questa numerazione.

Figura 1

Costruzione della prima fase, battute 1-4. Si decide che non ci devono essere
note simultanee fra diversi strumenti (e ogni strumento procede monodicamente,
senza bicordi)
Per il crescendo della densità cinetica non lineare e non predeterminato
esattamente si appronta una sequenza ritmica della durata di 12 quarti, che viene
riportata in entrate successive a canone (ritmico), a distanza di due quarti, nell'ordine
violino 1°, viola, violino 2°, violoncello. Dunque l'aumento della densità cinetica
(quantità di pulsazioni effettive) sarà conseguenza dell'aumento della densità fonica
(quantità di voci presenti), in virtù dell'assenza di coincidenze verticali. Le sequenze
devono terminare entro il 12mo quarto, ragione per cui le entrate successive alla prima
vengono troncate nel punto in cui si trovano al 12mo quarto.
La sequenza è costruita in termini di pulsazioni al quarto. Il trattino orizzontale
indica l'assenza di pulsazioni. Per ogni quarto si indicano 2 numeri: primo numero
(numeratore) = numero di pulsazioni effettivamente battute, secondo numero
(denominatore) = numero di pulsazioni in cui è diviso il quarto, massimo 7 per via della
deliberazione iniziale. Es.: 2/3 = 2 pulsazioni effettive su 3 = terzina di ottavi, di cui due
ottavi battuti. La decisione su quali pulsazioni di volta in volta debbano essere battute
viene lasciata all'arbitrio: le scelte devono essere tali da non generare simultaneità

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verticali. La sequenza dei 12 numeratori, costruita con una logica facilmente intuibile, è
quella riportata nella riga del violino 1°; gli altri strumenti la replicano parzialmente:

violino 1° 1 - - 1 - 2 - - 2 - 3 -
violino 2° 1 - - 1 - 2 - -
viola 1 - - 1 - 2 - - 2 -
vc 1 - - 1 - 2
Tabela 1

Dove c'è assenza di pulsazione resta la nota precedente prolungata. L'inserzione


o meno di una breve pausa al termine del prolungamento è lasciata all'arbitrio
(valutazione secondo criteri di opportunità musicale e strumentale, caso per caso).
Per i denominatori si utilizzano numeri da 1 a 7, in uno stralcio di permutazione
non ripetitiva.
Per permutazione non ripetitiva si intende una sequenza di n numeri permutati,
in cui ogni numero ricorre n-1 volte, ed è sempre seguito da un numero diverso ogni
volta. Dati quindi n numeri, una permutazione non ripetitiva conterrà n(n-1) elementi.
Nel caso di 7, 42 elementi, di cui, come si vede dalla tabella 2, 15 sono sufficienti allo
scopo.

Estraiamo dalla Tabella 1 i 15 numeri ottenuti dalle sovrapposizioni a canone


della sequenza di base, e li ordiniamo nella prima riga della Tabella 2 (lettura in
Tabella 1 dall'alto in basso e da sinistra a destra). Ad ognuno di essi associamo un
denominatore (seconda riga della Tabella 2), utilizzando lo stralcio di permutazione
non ripetitiva con numeri da 1 a 7; la prima disposizione è ricavata da un procedimento
aleatorio, la seconda ne è una retrogradazione con modifiche mirate, dovute al fatto
che, naturalmente, il denominatore deve essere sempre maggiore del numeratore o
uguale ad esso (non ci possono essere più pulsazioni di quelle disponibili).

1 1 1 1 2 1 1 1 2 2 2 1 3 2 2
1 3 2 6 4 5 7 5 4 6 2 3 6 5 3
Tabela 2

Restano ora da stabilire la distribuzione spaziale delle note, le dinamiche, i modi


di attacco. Delle dinamiche e dei modi di attacco diremo alla fine - per semplicità
saranno determinati attraverso una griglia elementare a posteriori, ma in meccanismi
più complessi anch'essi possono essere fatti scaturire insieme a note e ritmi dalle
strutture numeriche. Ci concentriamo sulla spazializzazione delle altezze, per la quale
decidiamo che nella prima fase le sequenze di note prese verticalmente, cioè
considerate nell'effettiva successione cronologica attraverso la loro distribuzione fra i 4
strumenti, non devono mai formare due o più intervalli ascendenti consecutivi. In altri
termini, ogni volta che si crea un intervallo ascendente, esso deve essere seguito da
uno o più intervalli discendenti - in caso di due note uguali consecutive si resta sulla
stessa altezza variando il modo di attacco e la dinamica. Questo per generare la
percezioni di moti discendenti che si susseguono e si intersecano irregolarmente
cadendo da altezze variabili. Questo genere di idea, descrivibile a parole in modo
approssimativo ma sufficientemente chiaro, un accadimento sonoro con determinate

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caratteristiche propriamente musicali e nitidamente immaginabili dall'orecchio interiore,
dovrebbe essere il punto di partenza per qualsiasi lavoro. La qualità, il nitore e
l'abbondanza di queste intuizioni attengono in ultima analisi al campo delle attitudini
congenite, su cui l'insegnamento della composizione può molto poco; tuttavia, come si
è detto all'inizio, l'affinamento della tecnica, oltre ad essere l'unico mezzo che
consente una buona realizzazione pratica delle idee, può aiutare, certo se non a
infonderla ove non sia innata, almeno a rendere più fervida l'immaginazione che tali
idee ha il compito di concepire.
Posto che si fissa al si con 5 tagli sopra il rigo della chiave di violino il limite
superiore dell'estensione globale della sezione, è importante notare che si lasciano
alla valutazione arbitraria caso per caso due fattori di grande importanza: la
determinazione dei registri da cui partono le "cadute" e il numero di intervalli
discendenti di cui esse si compongono. Questo perché costruire un meccanismo a
priori che tenga conto dei limiti di estensione degli strumenti e dell'eseguibilità degli
spostamenti potrebbe essere operazione troppo lunga e complessa in relazione alla
sua effettiva utilità (è in fondo una sorta di esame del rapporto costi - benefici, per
questa procedura la decisione arbitraria è largamente sufficiente, purché si cerchi, nel
rispetto dell'idea musicale di partenza, di evitare il più possibile la giustapposizione di
più cadute consecutive a partire dallo stesso registro e la reiterazione di troppe cadute
consecutive o ravvicinate con lo stesso numero di intervalli discendenti), e soprattutto
perché si vuole avere un margine di manovra per operazioni dettate dai suggerimenti
anche estemporanei del gusto musicale, nonché dal giudizio sulla fattibilità esecutiva
di determinati salti. Affidarsi a meccanismi per questi fattori significherebbe, con ogni
probabilità, o essere costretti ad apportarvi comunque parecchie modifiche in corso
d'opera, o, volendone rimanere schiavi, rischiare di scrivere qualcosa di antimusicale e
antistrumentale. È questo uno dei pericoli e dei difetti maggiori delle scritture moderne
e contemporanee che praticano la venerazione dell'algoritmo.
La Figura 2 riporta le note della prima fase, desunte dalla numerazione della
Figura 1 e disposte nei registri prescelti. Applicandovi i ritmi determinati dalle Tabelle 1
e 2, e riepilogati nelle prime 12 colonne della Tabella 3 (v. sotto), si ottengono le prime
4 battute.(v. realizzazione completa in Figura 4 più sotto).

Figura 2

Per la seconda fase (battute 5-6) facciamo proliferare i blocchi di Figura 1


continuando con le trasposizioni. Per determinarne i nuovi centri, osserviamo la
progressione dei centri dei blocchi 2, 3, 4 e 5; si bemolle, si, mi bemolle, mi.
Proseguiamo con questa progressione e otteniamo sol diesis, la, do diesis, re, fa
diesis, sol. Su quest'ultimo sol notiamo che siamo ritornati al centro di partenza, e che
tutte le note tranne il do hanno avuto l'opportunità di fungere da centro. Procedendo
con la realizzazione si constata la "fortunata" circostanza che la necessità di attingere
note da questo serbatoio si esaurisce proprio col blocco dell'ultimo sol. Dunque è
inutile portare avanti il processo di proliferazione fino ad includere anche il do fra i

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centri dei blocchi, come magari una considerazione solo teorica, disgiunta
dall'immediata verifica pratica, potrebbe indurre a fare. Fermandoci al blocco del sol
abbiamo dato origine a una fonte di materiale di notevole coerenza strutturale, in cui
tutti i centri sono note diverse, fuorché l'ultima che chiude il ciclo replicando la prima.
L'assenza del do fra i centri, più che un difetto, può essere vista come spunto per
sezioni successive, nelle quali, per compensazione, si potrà porre speciale enfasi su
funzioni di centralità da assegnare al do.
Ecco gli altri blocchi utilizzati per la seconda fase, da aggiungere a quelli non
numerati della Figura 1. Si tenga presente che fra il 14mo e il 17mo quarto per il violino
1° e il violoncello sono state arbitrariamente inserite/replicate alcune note suonate su
corde vuote, per enfatizzarne l'effetto timbrico.

Figura 3

Decidiamo ora di cambiare, rispetto alla prima fase, due delle metodiche
essenziali: le cadute avranno ora sviluppo orizzontale, cioè l'alternanza fra uno o più
intervalli discendenti consecutivi e un solo intervallo ascendente avrà luogo nell'ambito
dei singoli strumenti, senza tener conto delle combinazioni verticali. Inoltre il numero
complessivo delle pulsazioni ritmiche per quarto crescerà pseudo-linearmente: questo
significa che il numero di note attribuite ad ogni quarto cresce regolarmente con ratio
3, a partire dal 13mo quarto con 9 note, passando per le 12 del 14mo, le 15 del 15mo,
le 18 del 16mo, fino alle 21 del 17mo; tuttavia alcune di queste note. a causa degli
spazi saturati e del meccanismo numeratore/denominatore (v. sotto), saranno
verticalmente simultanee, diminuendo così il numero delle pulsazioni effettive. Ecco
che dunque per ogni quarto le note vengono disposte in modo tale che le pulsazioni
effettive crescano da un quarto all'altro con ratio linearmente decrescente 3, 2, 1, 0: 9
pulsazioni effettive per il 13mo, 12 per il 14mo (9+3), 14 per il 15mo (12+2), 15 per il
16mo (14+1), 15 per il 17mo (15+0). Qui dunque, a differenza della prima fase, la
densità cinetica è controllata direttamente, mentre quella fonica ne diviene variabile
dipendente, e le sue variazioni vengono accettate, quali che siano. Leggere la
conclusione per un ulteriore commento su questo processo.
Come si vede nelle colonne da 13 in poi della Tabella 3, la cui prima riga
enumera i 18 quarti dell'intero frammento, mentre le quattro righe sottostanti
rappresentano ciò che accade per ogni quarto nei quattro strumenti (nell'ordine
consueto dal violino 1° al violoncello), per l'attribuzione della quantità di note
(numeratori) a ogni singolo strumento si procede arbitrariamente, facendo però in
modo che la somma dei quattro strumenti equivalga ai valori voluti (9. 12. 15. 18, 21).
Per i denominatori (operazione successiva, non contestuale) si parte da 3 al violino 1°

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nel quarto 13, e si aumenta di un'unità procedendo dall'alto verso il basso e da sinistra
verso destra. La progressione va da 3 a 7, in ossequio alla deliberazione iniziale sul
valore più breve (semicroma di settimina), dopo il 7 si ricomincia da 3 e così via. Se
capita che il denominatore è minore del numeratore, lo si eguaglia ad esso, e si
procede con un'unità in più rispetto al numero che avrebbe dovuto esserci (ci si
comporta cioè come se quel numero non fosse stato cambiato). Tali denominatori
"corretti" sono marcati da un asterisco. In dettaglio: al quarto n. 16, violoncello, il
denominatore sarebbe dovuto essere 3, venendo dopo un 7. Non essendo ciò
possibile con numeratore 4, il 3 viene sostituito da un 4. Nella casella successiva,
quarto n. 17, violino 1°, ci si aspetta un 4, che dovrebbe venire dopo il mancato 3
precedente. Ma il numeratore è 7, dunque il denominatore diventa 7. Al violino 2° è ora
possibile inserire il 5 che viene correttamente dopo il mancato 4, e il resto della
progressione si conclude senza necessità di ulteriori sostituzioni.
La Tabella 3 riassume dunque tutto lo scheletro ritmico dei 18 secondi.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18
1/1 - - 1/2 - 2/4 - - 2/6 - 3/6 - 2/3 4/7 3/6 4/5 7/7* -
1/6 - - 1/5 - 2/2 - - 2/4 3/3 4/7 5/6 4/5 -
1/3 - - 1/5 - 2/4 - - 2/5 - 3/5 2/4 3/3 5/7 4/6 -
1/7 - - 1/3 - 2/3 2/6 3/5 5/5 4/4* 6/7 -

Quanto alle dinamiche e ai modi di attacco, ci limitiamo ad applicare un


semplicissimo e forse semplicistico schema, che pare tuttavia funzionare per un così
limitato episodio, e consente di non appesantire ulteriormente la trattazione.
Utilizziamo dunque come unico modo d'attacco l'arco in posizione ordinaria,
staccato sulle note più brevi della croma, sciolto sulle altre, e sciolto per tutti sull'ultimo
quarto.
Qui di seguito i criteri per le dinamiche - si tenga conto che un eccesso di
meccanicismo nella determinazione delle dinamiche, a scapito di decisioni su base
squisitamente musicale e strumentale, rischia di essere inconciliabile con un
ragionevole principio di eseguibilità
Fase 1 - Violino 1°: note più lunghe di una semicroma pp; semicrome o note più
brevi p se isolate, f e ff se contigue. Violino 2°: note più lunghe di una semicroma p o
pp o pp con attacco mf e dim. subito; semicrome o note più brevi f. Viola: note più
lunghe di una semicroma pp o pp con crescendo al f per tutta la durata; semicrome o
note più brevi f o ff. Violoncello: note più lunghe della croma pp o pp con attacco f e
dim. subito; crome o note più brevi ff o pp
Fase 2: si considera il quartetto come strumeno unico, quarto per quarto.
Quarti 13 e 15 pp, 14 f, 16-17 ff - discontinuità del crescendo dinamico rispetto
alla linearità di quello cinetico.

In conclusione, prima di mostrare il risultato finale, sottolineiamo come questa


esercitazione esamini accuratamente solo gli aspetti della proliferazione delle note,
della ritmica e della densità cinetica, trascurando o curando solo in parte svariate altre
sfere di interesse quali ad esempio la densità fonica o la definizione più precisa di
identità armoniche (attraverso l'analisi del materiale e l'individuazione di intervalli da
abbinare reiteratamente in funzione della creazione di campi armonici). D'altra parte in

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un frammento di queste dimensioni minuscole non tutti gli aspetti possono essere
seguiti allo stesso modo, né appare così auspicabile un controllo meccanico completo
su un numero eccessivo di parametri. Pur senza alcuna pretesa, il risultato ottenuto ha
una coesione armonica garantita dalle caratteristiche del materiale, mostra una
direzionalità cinetica assicurata dall'impianto dei ritmi, e rispecchia un'idea immaginata
a priori, quella dei moti discendenti. Forse potrà sembrare a qualcuno che il
background numerico qui presentato sia pletorico per un così breve frammento - e a
questo proposito, oltre a rimarcare che l'esplorazione e l'utilizzo di questo materiale
possono andare ben otlre quanto realizzato in questa sede, ribadiamo che il presente
scritto è solo un esempio destinato a chi inizia ad avvicinarsi a questo tipo di scrittura,
per far capire l'importanza del pensiero strutturante, ben sapendo che, dopo lunghi
periodi di frequentazione di questi metodi, l'approccio può essere molto più immediato,
e la produzione ben più rapida e cospicua.
Ma vi è un'ulteriore ragione per accogliere favorevolmente un apparato
costruttivo di una certa complessità, nei limiti della ragionevolezza. Una delle
argomentazioni con cui neofiti e pubblico medio motivano la loro diffidenza verso certo
repertorio del XX e XXI secolo è la sua presunta disgiunzione da immagini ispiratrici
concretamente descrivibili. Ebbene, dovremmo considerare, mutuando la terminologia
dalla genetica, che la connessione fra l'ispirazione e il suo prodotto può essere molto
più interessante e significativa se riguarda il "genotipo" (la struttura costitutiva latente)
di quel prodotto, piuttosto che il suo "fenotipo" (la sua manifestazione esteriore): solo
così può essere fugato ogni rischio di descrittivismo superficiale, atteggiamento di cui
già storicamente si è sempre avvertita la pericolosità, nella misura in cui spinge la
musica verso un deprimente ruolo ancillare o una vuota sudditanza nei confronti di
altre espressioni, ma che più che mai in questo contesto di pensiero e di linguaggio
finirebbe necessariamente per oscillare fra il banale e il ridicolo. Perciò più quel
genotipo è saggiamente arricchito, meglio può incarnare un'ispirazione e generarne di
nuove. È pretenzioso attribuire troppe valenza al trascurabile esito finale della
costruzione qui illustrata, ma è comunque possibile scorgervi spunti per riflettere su
come alcune idee extramusicali possano dare frutti musicali non attraverso tentativi
improvvisati di "descriverle" coi suoni, che inevitabilmente tenderebbero a privilegiare
la soluzione più regolare, ovvia e semplicistica, ma grazie a procedure speculative
capaci, oltre che di garantire coesione costruttiva, anche di suggerire formule cui un
modo di agire disinvoltamente incontrollato non farebbe pensare. Nel caso specifico,
una realizzazione non guidata di un passo a densità cinetica crescente non avrebbe
sortito con la stessa precisione l'effetto di accelerazione a ratio decrescente, idea che
infatti non era stata preventivata, e che può trovare un parallelo extramusicale nel
crescente affanno con cui negli incubi si cerca di accelerare l'andatura, e più ci si
sfrorza di farlo più ci si sente rallentati. Questo serve ad esemplificare quanto
precedentemente detto sul vantaggioso scambio di feedback fra l'ambito della fantasia
deliberante e quello della determinazione meccanica. Ciò che conta è, assodata
l'importanza degli meccanismi, non trasformarli da mezzo in fine, e saperli gestire col
dovuto distacco: nell'azione creativa la tecnica fornisce un indispensabile apporto alla
volontà ispirata e al soffio dell'immaginazione, ma non deve sopraffarli, e non può
surrogarli. La pausa coronata posta sul 18mo e ultimo quarto del nostro frammento al
posto di un'ulteriore intensificazione del cinetismo, tentazione potenzialmente suscitata
dall'impulso mentale alla prosecuzione di un automatismo aritmetico, e da quello

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grafico-visivo al riempimento completo di una tabella, vuole in fondo simboleggiare la
capacità di sapersi fermare, e soprattutto di vedere nel silenzio il momento di respiro
dialettico mai così fondamentale per un linguaggio che dovrebbe fare dell'evocatività e
del gesto folgorante la sua cifra stilistica più preziosa.

Fabio Grasso © 2015

Figura 4

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