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Il video ufficiale di Lazarus anticipa di un giorno l'uscita di Blackstar, il nuovo album di David
Bowie. L'artista britannico si conferma "regista" assoluto del proprio immaginario tra
accentramento e disseminazione, narrazione e decostruzione.
Di Michele Faggi
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Proprio come nel video di Lazarus, David Bowie si conferma ancora una volta abilissimo tessitore eContent award 2015 – Indie-eye
di fili che utilizza maestranze e collaborazioni per costruire il proprio mondo creativo e
transmediale. Un Bowie autore anche di immagini, come si diceva da questa parte, regista
assoluto. Sono abbastanza chiare a questo proposito le dichiarazioni di Johan Renck, già dietro
l’obiettivo per il video di Blackstar: “si potrebbe solo sognare la collaborazione con una mente
come questa […]. Intuitivo, ludico, misterioso e profondo…Non ho più il desiderio di realizzare
alcun video sapendo che non sarà più così speciale e soddisfacente come in questa esperienza.
Sostanzialmente ho toccato il sole”
Al netto dello spessore mitologico e iconico dell’artista e quindi di un timore reverenziale che
manderebbe in corto-circuito chiunque, in questa vampirizzazione dell’autore nominale c’è una
continuità combinatoria e allo stesso tempo “autoritaria-autoriale” che Bowie non ha mai smesso
di esercitare, sostanzialmente riallocando e riposizionando i segni (assorbiti o generati ha poca
importanza) ma anche le esche di un personale lessico letterario/biografico sottoposto a due
processi opposti: accentramento e disseminazione.
È una continuità eretica con il proprio passato, reinventato come se fosse un continuo sabotaggio.
Del resto le celebrities di The Stars are (out) Tonight non sono un’invenzione della Sigismondi se si
considera che sui desideri di uno di loro Julien Temple aveva sviluppato tutta la long form di
Jazzin’ for Blue Jean, storia molto più simmetrica e tassello di un’infinita serie di “scary Zoom F1
monsters”, succubi che attentano alla propria immagine riflessa e la svuotano per riempirla di
nuovo.
Ai Doppelgänger, ai vampiri, ai serial killer, al pierrot “turchese” di Ashes To Ashes che officia la
cerimonia esequiale degli anni settanta, si sostituisce adesso la vecchiaia, accennata dalla
crepuscolare Where are we now? e assolutamente in primo piano nelle versioni clownesche che
vedono Bowie giocare con il popeye Fleischeriano nel video di Blackstar e con un Caligari stanco e
a sua volta controllato come un burattino in questa nuova clip girata in 4:3, formato televisivo
ottantiano per eccellenza.
Ancora una volta, l’attenzione al gesto “puro” che Bowie ha acquisito dalle lezioni di Etienne
Decroux, Jean-Louis Barrault e Marcel Marceau, filtrate dall’esperienza con Lindsay
Kemp, ritornano con quel Moonwalk straordinario verso l’oscurità; una sovrapposizione grottesca
a tragica tra le origini e la morte, non proprio una resurrezione della carne. PARTNERS
Lazarus: tracce
David Bowie è John Merrick nella versione teatrale di The Elephant Man (Regia Jack Hofsiss –
Agosto 1980)
Brian Duffy – parte di un set di foto realizzate nel 1979 per l’artwork di Lodger
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Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker e un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana. È un
critico cinematografico regolarmente iscritto al SNCCI. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è
occupato di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e new media. Produce audiovisivi
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