16 RICORDI TRISTE E CIVILT
cannot L’intellettuale d’estrazione umanistica, a
cui tiriferisci, 8 una quantité négligeable. Si rassegner’
a scomparire.
MARAINE Insomma hai una visione catastrofica del
futuro,
carsott Perché? Tu hai una visione catastrofica
della vita, perché sai di dover morire? La nostra vita
ha avuto un inizio e avrala sua fine, e cosi anche la sto-
ria della specie umana, E probabile che questa storia,
per noi cosf importante, non sia altro che una parente-
si: un ciclo, come @ appunto la nostra vita.
Le citta
Quando penso a una citta, penso a due tipi di citta.
Una citta medievale, o appena uscita dal medioevo,
senza troppe tozri ¢ con molti fienili. La gioia e la sco-
perta di vivere insieme sgretolano le mura e prometto-
no traffici, commerci e prosperita. Non @ necessario
che la citta sia costruita sulla cima di un colle 0 che i
panni di chi la abita siano lavati in un fiume. In que-
ste cittA i carri passano lasciando impronte e solchi nel,
fango, ea luce di un astro oggi cos{ superfluo come la
luna diffonde un chiarorg pari a quello di decine di mi-
sliaia di lampioni a gas. I. una luce che fa sospirare la
malmaritata, e permette di stanare i ladri acquattati
Qualehe volta fa scintillare nel buio una lama, non si
sadi chi, Se poi la citta 2 immersa nella nebbia e negli
acquitrini, e attraversata da canali e navigli,allora le
ronde di notte girano con fracasso in lieta mascherata.
In queste citta le epidemie, le guerre, le pesti, gli asse-
die i saccheggi arrivano e se ne vanno come calamit&
naturali, piombando dal cielo come Ja grandine. Fini-
tala burrasca, i carri ricominciano a passare lasciando
impronte e solchi nel fango. Se queste citt’ sono nor-
diche, qualcuno le percorte ugualmente a piedi scalzi
come Moll Flanders per le vie di Londra. Oppure se ne
‘pud cogliere un particolare: una donna che bercia, due
uomini avvolti nel mantello, un cane che si lecea. Al-
ora ci accorgiamo che non stiamo pensando pid a una
citta, ma stiamo guardando un quadro di Bellotto. Ed
ecco che il quadro si confonde, si annebbia, investito
da un vento che lo percorre da cima a fondo risue-18 RICORDI TRISTT E CIVILT
chiando tutte quelle immagini in una tromba daria.
Quando la citt’ ci viene restituita, essa 2 gi diventa-
ta un huogo spettrale come il villaggio dei Demoni di
Dostoevskij, la citt’ nella quale penso di avere vissuto
piti a lungo che altrove.
Se penso a una cittd moderna, penso al momento in
cui ci siamo accorti di una cittd moderna per Ja prima,
volta. Penso a una poesia di Baudelaire. E una poesia
famosa. Parigi.si sta svegliando, ma non @ piti la citta,
di una volta. E un immenso opificio di esistenze ag-
glomerate, affumicate e infelici. E una citta industria-
Jee operaia. Da questa cittd dipendono tutte le alere
che io riesco ad immaginare per lo spazio di un secolo,
dal canto di quel gallo che lacera la foschia «comme un
sanglot» fino agli spari della seconda guerra mondiale.
Citta da grandi narratori, citta anonime e misteriose,
dove qualcuno poteva ancora camminare farfugliando
con se stesso lungo il marciapiedi coi pantaloni schiz-
zati dal fango. Citta mostruose belle, angosciose ¢
toccate da quella dalcezza, da quella letizia con la qua-
le il volto della natura ci sorride prima di salutarci;
Trieste, dove un inquieto giovanotto perbene zoppica
sulle viuzze in salita e s’innamora della donna sbaglia-
ta; Buenos Aires, dove strani esseri, nel rione Palermo,
percortono labirinti e biblioteche e vivono fuori da tat-
to € al centro di tutto; New York, dove un omino col,
bastone celebra con grande ilarit’ la propria solitudine
di piccolo ebreo anonimo e escluso. Da queste cite’, a
poco a poco, sono andati seomparendo i tetti. Inoltre
queste cit non sono piti citta da narratori. E arduo.
prestare credito a qualcuno che ci raceonta oggi di un
altro che prende il tram o che guarda lo scorrere di un
fiume appoggiato al parapetto. Non si prova pitt aleu-
na gioia a prendere il tram nelle citt’ di oggi né a se-
dersi sulla panchina di un parco: quella gioia sottile, so-
litaria, che pud coesistere anche con la pi nera delle
disperazioni.
Le cittd antiche e le citta di oggi non rientrano nei
miei schemi immaginari. Le citi antiche le lascio vo-
um err7a 19
lentieri alla loro noia tutta egizia o tutta persiana. Del-
Te citta di oggi non penso nulla perché & finito il tem-
po in cui una citta poteva essere colta in un momento
dindolenzao di riposo. A occhio e croce, direi che tut-
tele citta di oggi assomigliano molto a dei garages, spes-
so improvvisati, o inadatti a contenere tutti gli auto-
veicoli in manovra o in parcheggio. Penso infine che
dalle citta di oggi bisognerebbe fuggire, e andare a vi-
vere in campagna. Ma vivere in campagna oggi non &
vivere in campagna, 2 solo sfollare lontano dalle citta.
E quando le citta sono bombardate, molti non posso-
no, o non se la sentono, di abbandonare la propria ca-
sae il proprio lavoro.La storia di via Fani
Nel 1978 lavoravo a un allestimento del Don Gio-
anni di Moliére con la compagnia di Carlo Cecchi. Exa
tuno spettacolo organizzato dal Teatro Regionale To-
scano. Le prove si svolgevano a Siena. Passai a Siena
un paio di mesi o forse pit: imesi, frail marzo e il mag-
gio, in cui fu sequestrato e ueciso Aldo Moro.
Ritornai a Roma quando i fatti di via Fani, la stra-
26, il sequestro, le lettre, le trattative, si erano gid con-
sumati uno per uno. Quello che poi si sarebbe chiama-
to il Partito Armato aveva ottenuto due successi: 1)
aveva spiegato la propria forza al di la di azioni occa-
sionali, spesso inesplicabili, dimostrandosi capace di
condizionare la vita politica italiana; 2) questa forza si
presentava non solo nella sua brutaliti ma anche come
una forza interlocutoria, duttile, disponibile alla trat-
tativa, aspirante a essere riconosciuta come una realt
politica «ufficiale». Si badi che sull’obiettivo di via Fa-
ni non c’era discussione: era stato colpito il leader di
‘un progetto politico perché leader di quel progetto, non
perché leader di uno schieramento politico. Ma anche
in questo senso il successo del Partito Armato era sta-
to duplice, Si guardi lo schema della manovra. Di pun-
to in bianco, si sabotava un progetto politico con le ar-
mi ¢ la strage; nello stesso tempo, per le solite vie di
cortidoio cosi «italiane», frequentate sempre da sco-
nosciuti, si chiedeva il riconoscimento di un’identita
politica «fuori dalle amin. La violenza, nell’azione di
via Fani, non silimitava alle armi; essa si esprimeva an-
che nella parallela apertura di trattative che facevano